sabato 2 settembre 2017

Uno Schlesser è per sempre, una pineapple pizza no

Non abbiamo fatto nemmeno in tempo ad accantonare il Gran Premio del Belgio che è già ora di parlare dell’imminente Gran Premio d’Italia e, per fare le cose con stile, ho deciso di partire il nostro viaggio alla riscoperta dei gran premi passati da un’edizione che sicuramente è passata alla storia. Il caso ha voluto che quell’edizione fosse esattamente la prima edizione del GP di Monza disputata dopo la mia nascita e che, di conseguenza, ci tocchi ripercorrere nientemeno che gli ultimi ventinove anni di storia del GP italiano, per intenderci quello che nel mondo viene preceduto da lunghe disquisizioni sulle specialità culinarie del posto, in primo luogo la pineapple pizza. Ora, seppure anche catalogare la pizza come un piatto tipico milanese sia qualcosa che va oltre l’immaginazione, ritengo tollerabile che l’individuo random che vive nel deserto dell’Arizona possa avere le idee poco chiare su che cosa provenga da dove e sul fatto che l’Italia non sia solo un minuscolo disegno su una carta geografica, ma l’ananas? L’ananas sulla pizza no, per favore... Se proprio glielo volete mettere, almeno non spacciatelo per un piatto tipico italiano.

Ora dimentichiamoci delle pizze con l’ananas e concentriamoci sul 1988. Era quella famosa stagione in cui la McLaren Honda dominava e vinceva tutte le gare tranne una e quel “tranne una” fu proprio quella di Monza. Il pilota più celebre del weekend è citato perfino nella pagina di Wikipedia inglese in cui viene definito il termine “tifosi”, abbinato ai Ferrari-fan italiani: si tratta di Jean-Louis Schlesser, che aveva già fatto un’apparizione in Formula 1 nel 1983 al volante di una RAM, non qualificandosi, e che a Monza ’88, alla vigilia del proprio quarantesimo compleanno, si guadagnò un posto sulla griglia di partenza, mentre sostituiva Mansell assente per malattia. Sarebbe passato inosservato se non fosse che, a due giri dalla fine, Ayrton Senna, leader della gara, si apprestava a doppiarlo. Schlesser perse il controllo della vettura e i due vennero a contatto. Senna fu costretto al ritiro e la Ferrari fece doppietta con Gerhard Berger e Michele Alboreto nella prima edizione del GP d’Italia dopo la morte di Enzo Ferrari. Chiuse il podio Eddie Cheever, altrimenti detto “l’americano di Roma”, sulla Arrows.

Il podio del 1989 era così composto: Alain Prost, Gerhard Berger, Thierry Boutsen, ovverosia McLaren sul gradino più alto, con Ferrari e Williams a fare da contorno. Quello del 1990: Ayrton Senna, Alain Prost, Gerhard Berger; McLaren, Ferrari, McLaren, stavolta niente Williams a fare da contorno, ma la Williams attendeva dietro l’angolo che arrivasse il proprio momento, vincendo quattro edizioni dietro fila tra il 1991 e il 1994, due volte con Nigel Mansell al volante, due volte con al volante Damon Hill e il suo bel numero 0 sulla vettura.
La McLaren collezionò due secondi posti, in quegli anni - Senna arrivò secondo sia nel 1991 sia nel 1992 - e due terzi posti, negli anni successivi grazie nientemeno che a Michael Andretti nel 1993 #EpicWin e a Mika Hakkinen nel 1994. La Ferrari, che aveva rimediato due terzi posti nel 1991/92, autori di tali risultati Prost e Alesi, e migliorò con due secondi posti nel biennio 1993/1994, una volta con Alesi e una volta con Berger.
Facendo un passo indietro, l’edizione del 1991 fu quella in cui Nelson Piquet celebrò il suo 200esimo gran premio in carriera, mentre sempre per quanto riguarda la Benetton, in quel weekend vi approdò Michael Schumacher, che curiosamente con la vettura color arcobaleno a Monza non vide mai nemmeno la luce del podio. Nel 1994, peraltro, non c’era neanche per via di quella faccenda del race-ban dovuta ai casini combinati a Silverstone.

Una delle edizioni più ricordate del Gran Premio d’Italia è sicuramente quella del 1995, per intenderci, quella in cui sulle tribune c’era uno striscione che recitava qualcosa come “è meglio un Alesi oggi che cento Schumacher domani”, striscione che immagino fosse completamente sparito l’anno seguente, ma questo non è un argomento di cui dobbiamo dibattere.
Lo scontro per il titolo era Michael Schumacher vs Damon Hill e, tra i due, di scontri ce n’erano stati anche nel vero senso della parola. Non erano ancora finiti e uno doveva andare in scena proprio quel giorno, non senza che Taki Inoue avesse guadagnato un momento di popolarità. Che cosa c’entrava Inoue con i due piloti che si contendevano la vittoria? Apparentemente niente, ma la legge del caso fa sì che anche i piloti più improbabili possano avere a che fare l’uno con l’altro. Quando giunse il momento di doppiare Inoue, per MSC tutto filò liscio. Per Hill, che gli stava negli scarichi, un po’ di meno e andò a finire che si dimenticò di frenare e terminò la propria gara nel retrotreno di quella di MSC. Quest’ultimo, inveendo contro Hill, cercò di raggiungere la vettura dell’avversario, prima di essere fermato dai commissari. In seguito i due si ritrovarono d’accordo nel dare la colpa del fattaccio a Inoue!
Se pensate che il *drama* fosse terminato, vi sbagliate di grosso, perché doveva ancora iniziare. Con grande gioia del pubblico, dopo il ritiro di Schumacher e Hill, in testa alla gara c’era nientemeno che la Rossa di Jean Alesi, seguito dal compagno di squadra Gerhard Berger. Nell’aria si respirava l’odore di una possibile doppietta. Poi accadde l’inimmaginabile: dalla vettura di Alesi si staccò il camera-car, che andò a colpire la vettura di Berger, che ruppe una sospensione. Berger out, rimase il solo Alesi, almeno finché anche lui non fu costretto al ritiro a sette giri dalla fine, facendo sfumare anche la possibilità di vedere una sola Ferrari sul gradino più alto del podio. Adesso preparate i coriandoli: sul gradino più alto del podio ci salì nientemeno che uno dei piloti che ricordo con più piacere della Formula 1 anni ’90 e mi auguro che anche qualcuno di voi possa provare le stesse sensazioni. Parlo di Johnny Herbert, all’epoca seconda guida della Benetton, che vinse davanti alla McLaren di Mika Hakkinen e - mi auguro che abbiate conservato qualche coriandolo per l’enormità di quanto sto per scrivere - a una Sauber, che vide per la prima volta la luce del podio. A guidarla era Heinz-Harald Frentzen. Prometto che prima o poi pubblicherò un intero post dedicato a questo gran premio incredibilmente pittoresco.

Non so se cento Schumacher tutti insieme avrebbero vinto l’edizione del 1996 tutti insieme, né visto che Alesi non stava in Ferrari nel 1996, se avrebbe potuto vincere lui stesso, sta di fatto che MSC divenne il fan-favourite riportando la Ferrari alla vittoria. Alesi era in Benetton e giunse secondo, mentre terzo fu Hakkinen su McLaren. Curiosamente Alesi chiuse in seconda posizione anche nel 1997, in una gara vinta da David Coulthard su McLaren in cui Frentzen conquistò un altro podio, stavolta per la Williams.
Poi, nel 1998, giunse anche la doppietta in una gara in cui Mazzoni si sgolò abbastanza, specie alla luce del fatto che, proprio mentre Coulthard si ritirava per un guasto al motore, Michael Schumacher superava Hakkinen per la leadership della gara. Alla fine vinse non davanti a Hakkinen, che arrivò quarto, ma davanti al compagno di squadra Eddie Irvine e a Ralf Schumacher con la Jordan, che nel gran premio precedente aveva conquistato la storica doppietta di Spa 1998.
Il risultato della Jordan fu migliorato di gran lunga l’anno successivo, quando Frentzen portò la sua gialla vettura nientemeno che sul gradino più alto del podio. Sul podio con lui c’erano Ralf Schumacher, che all’epoca correva per la Williams, e Mika Salo, che era in Ferrari a sostituire MSC assente per l’infortunio di Silverstone. Fu l’ultima apparizione di Salo sul podio. Il suo connazionale Mika Hakkinen, quel giorno, fu pubblicamente deriso dall’opinione pubblica italiana mentre piangeva per i fatti suoi dopo il ritiro, perché a quanto pare se i cyborg finlandesi hanno delle emozioni è obbligatorio ridicolizzarli per questo. #NoComment. #IStandWithHakkinen.

L’edizione 2000 fu tutta da dimenticare: ci fu una collisione allo start e un commissario di pista fu colpito da una ruota che si era staccata da una delle vetture coinvolte, morendo sul colpo. Fu quel famoso gran premio in cui Michael Schumacher ottenne la 41esima vittoria in carriera, tante quante ne aveva ottenute Senna, e scoppiò a piangere in conferenza stampa, dove era giunto insieme a Hakkinen e RSC, secondo e terzo classificato quel giorno.
Anche l’edizione 2001 non viene ricordata con molta allegria, non era un bel periodo per il motorsport, visto che il giorno precedente era avvenuto l’incidente di Alex Zanardi al Lausitzring. Curiosamente il gran premio fu vinto da Juan Pablo Montoya, pilota Williams, che prima di passare in Formula 1 aveva preso proprio il posto lasciato vacante da Alex Zanardi al team Ganassi in Indycar. Fu la sua prima vittoria in carriera e avvenne davanti a Rubens Barrichello (poi vincitore delle edizioni 2002 e 2004) e all’altra Williams di Ralf Schumacher, che curiosamente aveva ottenuto la prima vittoria in carriera proprio qualche mese prima, su suolo italiano, a Imola.
2002 e 2004 furono due doppiette Ferrari con Barrichello davanti a Michael Schumacher (tenetevi in mente il dettaglio di Barrichello vincitore davanti al compagno di squadra a Monza, perché ne riparleremo), intervallate da una semplice vittoria di MSC nel 2003 davanti alla Williams di Montoya, in cui Barrichello terminò al terzo posto. Sul gradino più basso del podio nel 2004 c’era Jenson Button, mentre due anni prima, nel 2002... OH MY LEOPARD! C’era Eddie Irvine, che all’epoca si mostrava in tutto il suo splendore fatto di tuta verde della Jaguar, capelli biondo platino e, quando non mostrava i capelli, casco leopardato.
Poi venne il 2005, venne l’anno in cui la Ferrari generalmente non cavava un ragno dal buco e venne Juan Pablo Montoya che vinse indossando i colori della McLaren, precedendo le Renault di Fernando Alonso e Giancarlo Fisichella.

Il Gran Premio d'Italia 2006 passò alla storia già prima di essere disputato: si pensava che al termine del weekend Michael Schumacher avrebbe annunciato il proprio ritiro dalle competizioni e la Ferrari avrebbe ufficializzato l'ingaggio di Kimi Raikkonen per la stagione successiva.
Andò proprio così, non prima che Mazzoni riportasse una gufata clamorosa della "stampa inglese" (o che se la inventasse lui stesso, dato che non ne ho mai trovato menzione su nessun'altra fonte): si vociferava che MSC sarebbe tornato con la Mercedes, insieme a Ross Brawn, quando la Mercedes avesse acquistato un team. Poi rilevò la Brawn GP e non la McLaren, ma tutto il resto era corretto.
Per onore di cronaca Schumacher vinse proprio davanti a Raikkonen, ormai prossimo a lasciare la McLaren, con Robert Kubica che fece vedere alla Sauber la luce del podio al suo secondo gran premio in carriera. In conferenza stampa MSC disse che lasciava la Formula 1 per sempre, ma che non avrebbe mai lasciato la Ferrari. Non andò proprio così, ma all'epoca chi poteva prevederlo?
Fu la novantesima vittoria di Michael Schumacher in Formula 1, la penultima della sua carriera. Un anno dopo, al posto suo in Ferrari, c'era Kimi Raikkonen, che dovette accontentarsi soltanto del terzo gradino del podio. Davanti a lui Fernando Alonso e Lewis Hamilton, piloti McLaren, i favoriti nella lotta per un titolo che poi proprio il ferrarista avrebbe vinto. Fu un gran premio fatto di polemiche a proposito della spy-story, sul quale preferirei non aggiungere altro.

Poi venne il 2008. Venne uno di quei weekend da what the f*ck. Venne una Toro Rosso in pole position, contro tutte le aspettative. La guidava Sebastian Vettel, giusto per stare in tema di "f*ck", e trascorse tutta la gara davanti alla McLaren di Heikki Kovalainen. Terzo, sul podio insieme a loro, c'era Robert Kubica, ancora pilota della BMW. Fu il podio più "giovane" di sempre e, in realtà, Vettel fu anche, per l'epoca il più giovane vincitore di sempre e il più giovane pilota ad essere mai salito sul podio.
Avrebbe vinto altre due edizioni, al volante della Redbull, nel 2011 e nel 2013. Nessuna Redbull sul podio nel 2009, invece: la Brawn GP fece doppietta, con Rubens Barrichello vincitore davanti a Jenson Button, come avevo anticipato, e la Ferrari di Raikkonen a completare il podio. Nessuna Redbull sul podio nemmeno nel 2010 e nel 2012, edizioni vinte rispettivamente da Fernando Alonso su Ferrari e da Lewis Hamilton su McLaren.
Nel 2010 di Ferrari sul podio ce n'erano due, dato che Felipe Massa era arrivato terzo dietro alla McLaren di Jenson Button, che si classificò secondo nel 2011, quando di Ferrari sul podio ce n'era comunque una, quella di Fernando Alonso che arrivò terzo anche nell'edizione vinta da Hamilton, preceduto al traguardo da sorprendente Sauber guidata da Checo Perez. #MexicanPower! <3
La Ferrari si migliorò nel 2013, quando Alonso giunse in seconda posizione alle spalle di Vettel, con un podio completato dalla Redbull di Mark Webber, che era ormai a fine carriera in quanto al termine di quella stagione avrebbe "lasciato questo mondo", come dice Mazzoni.

Dal 2014 in poi, nessun pilota che non indossasse una tuta della Mercedes riuscì a vincere il Gran Premio d'Italia.
Lewis Hamilton ottenne due vittorie e un secondo posto, vincendo sia l'edizione del 2014 sia quella del 2015, mentre l'ultima edizione finora disputata vide la vittoria di Nico Rosberg, secondo classificato nel GP d'Italia 2014. Il podio lo completava, in terza posizione, Sebastian Vettel, secondo classificato nel 2015. Facendo un passo indietro, nelle due gare vinte da Hamilton, la Williams di Felipe Massa si era piazzata in terza posizione.
Bottas, suo compagno di squadra alla Williams e attuale pilota Mercedes, giunse quarto in entrambe le occasioni, piuttosto distaccato nel 2014, in scia allo stesso Massa nel 2015, con il quale fu protagonista di un intenso duello per il gradino più basso del podio. Massa commentò via radio "sono troppo vecchio per queste cose".
Un anno fa, in occasione del gran premio di Monza, annunciò il proprio ritiro dalla Formula 1, sostenendo che lo faceva lì perché era lì che aveva scelto proprio quella location perché era lì che nel 2006 Michael Schumacher aveva annunciato il proprio ritiro. Proprio come MSC, Massa non era destinato a rimanere in pensione, infatti ce lo ritroviamo ancora in pista. Non è presente stabilmente, ma anche Jenson Button, che annunciò il ritiro nella stessa occasione, è stato visto in gara quest'anno.

Buone notizie per chi segue le gare sulla Rai: l'evento sarà trasmesso in diretta e le premesse per assistere a qualcosa di interessante ci sono tutte.

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Milly Sunshine