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martedì 1 luglio 2025

Ho visto il documentario "Andrea Moda Formula, la scuderia più folle di sempre": la mia recensione

Avevo ovviamente sentito parlare del documentario sull'Andrea Moda uscito lo scorso anno, tuttavia non avendo dimestichezza con le varie piattaforme (ovvero non avendo abbonamenti vari) non ho avuto occasione di vederlo fintanto che non è passato in TV su Motor Trend, nella serata del 30 Giugno. Il documentario, della durata complessiva di più di due ore, era uscito a puntate, mentre nella sua versione televisiva è stato trasmesso integralmente a partire dalle 22.15.
Ero molto curiosa di vederlo, da appassionata di storie di Formula 1 vintage e di piccoli team. Ne avevo sentito parlare su Zuckerbook nel corso dei mesi e adesso che l'ho visto ovviamente ne parlo anche io stessa.
Prima di partire vorrei complimentarmi con Zoofactory, produttore di "Andrea Moda Formula, la scuderia più folle di sempre" per avere deciso di fare conoscere la storia di questa piccola squadra, che ha fatto parlare di sé nel corso del 1992 e che fa tuttora parlare di sé.


Tutto nasce dall'idea di Andrea Sassetti, un piccolo imprenditore marchigiano produttore di scarpe (con la passione per i motori derivante dai trattori che da bambino vedeva nelle campagne dalle sue parti) il cui brand Andrea Moda è divenuto di punto in bianco celebre e fonte di grosse entrate economiche. E che cosa c'è di meglio da fare, quando si ha improvvisamente un'enorme disponibilità economica? Ovviamente comprarsi una squadra di Formula 1! Del resto, cosa potrà mai andare storto?
E in effetti va proprio così: Sassetti acquista gli asset della scuderia Coloni, i test si svolgono in una zona industriale del marchigiano, e salta i gran premi di Sudafrica e Messico perché 1) non ha pagato la tassa di iscrizione, 2) le monoposto della stagione precedente della Coloni non sono costruite da Andrea Moda e ciascun costruttore deve costruire le proprie monoposto.
Bene ma non benissimo. I piloti Enrico Bertaggia (amico della famiglia Antonelli che in seguito avrebbe deciso che Kimi doveva essere il middle name di "AKA") e Alex Caffi decidono di scappare a gambe levate e al loro posto vengono ingaggiati Roberto Moreno e Perry McCarthy.
I due sono entrambi lungamente presenti nel documentario. Moreno parla esattamente come il mio tecnico di computer di fiducia di origini brasiliane, mentre McCarthy ha quel tono eccessivamente entusiasta che hanno certi professori madrelingua durante le lezioni di lingue straniere, direttamente proporzionale alla loro volontà di incentrare le lezioni sul parlare di tematiche leggere in lingua o alla traduzione di testi di canzoni pop, piuttosto che su lunghi pipponi a proposito di argomenti colti.

Le nuove monoposto sono progettate dalla Simtek Research, in base a un progetto del 1990 per la BMW, che poi ha rinunciato all'intenzione di entrare in Formula 1. Quindi non è che siano proprio all'avanguardia, in più possiamo affermare che la squadra stessa non sia propriamente all'avanguardia.
A quanto pare, sembra che Bernie Ecclestone proponga a Sassetti di entrare con una sola macchina, ma questo rifiuta perché "la Ferrari corre con due macchine". Inutile dire che i mezzi a disposizione sono un po' diversi, ma nevermind. In Brasile, McCarthy non ha ancora la Superlicenza, mentre Moreno può scendere in pista. Percorre appena tre giri, ma intanto la nera vettura marchigiana è uscita dalla pitlane! Non si prequalifica, ma questi sono dettagli, accadrà molto spesso di non prequalificarsi, anzi pressoché sempre. Piccolo dettaglio: non siamo più ai tempi in cui c'erano trentanove macchine, adesso ce ne sono solo trentadue, di cui trenta passano in qualifica. In estrema sintesi, le Venturi, la seconda Footwork e la seconda Fondmetal hanno la certezza quasi matematica di potere almeno passare alla sessione di qualifica, in cui ventisei piloti su trenta si procacceranno una posizione in griglia.
In Spagna anche McCarthy riesce a salire in macchina e a percorrere... quindici metri. Le cose non cambiano nell'immediato futuro ed essere secondo pilota dell'Andrea Moda sembra leggermente peggio che essere secondo pilota in un top team!

A Montecarlo, poi, succede un evento che ha del miracoloso: su sei piloti presenti alle prequalifiche, Moreno strappa il terzo tempo e supera brillantemente il primo scoglio a spese della Venturi di Ukyo Katayama (mentre McCarthy non è pervenuto per palese inguidabilità del mezzo, ma questo non lo diciamo per non perdere la magia del momento).
Incredibile ma vero, in qualifica Robertone nostro ottiene una gloriosa ventiseiesima piazza, che nonostante problemi tecnici nella fase finale della sessione rimane imbattuta dalle Brabham, da una Fondmetal e da una March. La gara dura appena dodici giri: Judd non fornisce nuovi motori, quindi non ci sono speranze. Il motivo per cui non fornisce nuovi motori è che a quanto pare la squadra è indietro con i pagamenti.
La gara di Moreno finisce in fumo, ma può dire di avere disputato una gara con l'Andrea Moda, cosa che non è mai accaduta prima nella storia e che mai più succederà. Segnalo che, secondo quanto detto nel documentario, Moreno avrebbe girato "più veloce delle Ferrari", cosa che tuttavia stride con il quarto e l'ottavo posto in griglia ottenuti da Jean Alesi e Ivan Capelli.
Il documentario racconta un retroscena curioso: una certa Valerie Jorquera che lavorava per la Elf, avrebbe fornito carburante più performante, lo stesso che potevano permettersi i top team, secondo Moreno in cambio di un profumo di Chanel.
Inoltre prima del GP di Montecarlo il team aveva fatto un test serio dopo avere affittato un kartodromo, il che ha contribuito all'essere pronti per affrontare le stradine del Principato.

Si tratta di un acuto che non viene ripetuto, si va di nuovo in pista con il solo Moreno, non ci si prequalifica, in Francia il camion del team non riesce ad arrivare a causa delle strade bloccate per uno sciopero su scala nazionale degli autotrasportatori francesi... Viene intervistato l'allora camionista del team, che racconta l'accaduto, e a tale proposito è doveroso specificare che anche altre squadre hanno avuto problemi logistici a portare il proprio materiale a quel gran premio, ma Andrea Moda è stata l'unica squadra le cui monoposto non sono arrivate.
Poi si va in Gran Bretagna, a casa di McCarthy... ecco, per McCarthy sarebbe stato meglio andarsene direttamente a casa. Per la sua macchina non ci sono gomme nuove, perché è quello quello che succede quando si è indietro con i pagamenti alla Goodyear. Quindi cosa si fa? Ma ovviamente si montano sulla macchina le gomme usate di Moreno. Da pioggia. In Inghilterra piove spesso, ma non in questa occasione. McCarthy completa il giro di prequalifica ai due all'ora, ma è già tanto per gli standard a cui è stato abituato.
Nel successivo evento in Germania, Perry completa un giro, ovviamente valevole dell'ultimo tempo in prequalifica, ma non si ferma alle operazioni di peso e viene escluso dall'evento, cosa che comunque non cambia l'andazzo.

Non viene citato nel documentario, ma al GP d'Ungheria una Brabham prossima al fallimento schiera una sola monoposto, facendo sì che solo cinque vetture prendano parte alle prequalifiche. In questo caso Moreno quindi si prequalifica, ma ovviamente ha il trentesimo tempo al sabato e non va in griglia.
Con il fallimento della Brabham a partire dal GP del Belgio non ci saranno più le prequalifiche. Anche questo non è citato, così come non è citato che l'incidente di Erik Comas riduce da trenta a ventinove i piloti che tentano di qualificarsi: 28/29esimo tempo.
Sono tuttavia altri i fatti che spiccano del weekend belga, l'inizio della fine per l'Andrea Moda. Dal punto di vista agonistico, Moreno racconta di come la sua macchina non curvasse per problemi di sterzo. Tutto questo passa comunque in secondo piano quando Sassetti viene arrestato nel paddock a causa di una vicenda legata a fatture non pagate, per la quale viene accusato di avere falsificato dei documenti. Viene rilasciato due giorni dopo e, secondo quanto riferisce, sarebbe un complotto di Bernie Ecclestone nei suoi confronti.

Curiosità: questo gran premio è lo stesso nel quale Michael Schumacher conquista la prima vittoria in Formula 1, cosa che viene anche citata nel documentario. Questa considerazione la aggiungo io: trovo tutto ciò estremamente poetico dal punto di vista etimologico, non sarà che le stelle si sono allineate e hanno voluto mandare un messaggio subliminale? Una cosa tipo: "non è meglio che torni a produrre scarpe?"
Il danno, comunque, ormai è fatto e per l'Andrea Moda è finita: al GP d'Italia, la squadra non viene accettata e viene radiata per avere danneggiato la reputazione della Formula 1. È definitivamente la fine e il sogno di Sassetti di fare il team owner svanisce mestamente.
Le due monoposto rimarranno in suo possesso per anni, saranno esposte a fiere e sagre marchigiane e le guiderà lui stesso occasionalmente sul circuito di Misano. Una delle due pare essere stata confiscata per un provvedimento giudiziario, mentre l'altra secondo Sassetti è sparita. Secondo quanto riportato dal video, è stata ridipinta dal suo nuovo proprietario come una Williams con livrea Rothmans... che detto sinceramente mi pare un'idea abbastanza malsana.

In sintesi, il documentario racconta la vera storia dell'Andrea Moda, allontanando certe leggende metropolitane quali presunti operai del calzaturificio improvvisati come meccanici in Formula 1. Ciò non trova alcun riscontro nel documentario.
Detto questo, ho trovato molto avvincente questo racconto di una scuderia di Formula 1 nata praticamente in un capannone nelle campagne e di come quello che è stato dipinto per anni come il peggiore team della storia fosse in realtà una squadra che ha avuto sfortuna e che ha avuto tutti contro. Ritengo tuttavia che sia molto facile arrivare a questa conclusione, se si intervistano solo il fondatore, i vertici del team e soggetti che dal team non hanno subito alcun danno. Ci sono infatti testimonianze da parte di Ivan Capelli, Nigel Mansell, Stefano Domenicali giusto per citare i soggetti più altisonanti.
Si menzionano spesso mancati pagamenti e non sono sicura che i fornitori dell'Andrea Moda condividerebbero il ritratto totalmente positivo e favorevole che viene tracciato durante la narrazione. Allo stesso modo, trovando abbastanza semplicistica l'accusa di complotto contro una squadra che stava "cambiando la Formula 1" e che spaventava (qualificandosi mezza volta? chissà che terrore incutevano...) sarebbe stato bello sentire anche qualcuno che contestasse questa accusa, invece di limitarsi a elevare l'ipotesi di complotto a verità ineluttabile.

Per quanto riguarda Sassetti, non conosco il personaggio se non per quanto riguarda la sua breve esperienza in Formula 1. Sostiene di essere sempre stato pulito e gli do fiducia, non avendo mezzi per farmi un'idea. Però deve essere una persona molto sfortunata, a questo punto, dato che ha avuto guai con la legge in almeno altre due occasioni, tra cui una condanna per bancarotta.
In più, la faccenda dello sterzo danneggiato del GP del Belgio è stata raccontata, anche in altre sedi e pare anche dallo stesso McCarthy in un modo diverso dal "ahahah, che team rustico, Moreno guidava e la macchina non curvava, pura poesia!" Pare che la monoposto di McCarthy venisse utilizzata in primis per avere pezzi di ricambio per quella di Moreno e che, di conseguenza, il piantone malfunzionante sia stato consapevolmente montato sulla macchina di Perry e questo sia stato mandato in pista, dove ha avuto un incidente all'Eau Rouge.
Quello che posso dire è che una volta sono rimasta con il volante bloccato a bordo della Punto dei miei genitori mentre ero in un tratto rettilineo della provinciale e non è stata una bella esperienza percorrere i quindici chilometri che mi separavano da casa con il volante che praticamente non girava. Penso che sia decisamente peggio se succede su una monoposto di Formula 1 all'Eau Rouge-Radillon.
Se quanto si racconta in altre sedi è vero, ammetto di non approvare molto la scelta di ometterlo. Se è falso, mi aspetterei invece che venisse smentito, come sono state smentite altre dicerie.

Tornando a noi, a questo punto non mi resta che esprimere il mio parere su questo documentario: a mio parere è ottimo e si sarebbe meritato di passare su un canale ben più altisonante di Motor Trend. L'ho trovato molto un documentario per nerd, ma d'altronde bisogna essere molto nerd per interessarsi all'Andrea Moda.
Mi è parso molto ben fatto e contenente video piuttosto interessanti. Il grande lavoro di ricerca che c'è stato dietro appare molto evidente e il prodotto finale è molto godibile. Nonostante fosse stato ideato per essere visto in tre puntate, la visione completa non è pesante, nonostante la durata superiore alle due ore.
L'unico lato che non ho apprezzato, è la totale assenza di contradditorio e l'immagine estremamente candida che viene data di una squadra che, palesemente, ha avuto grossi problemi di gestione e organizzazione, dettati in gran parte dall'inesperienza nel settore e dall'eccessiva ambizione del suo fondatore... Ma dato che ho faticato perfino a comprendere la santificazione a oltranza di Ayrton Senna da parte del famoso documentario di Asif Kapadia, ritengo si possa capire se ho dei dubbi sul glorificare senza alcuna esitazione il "che bello debuttare in Formula 1 perché sì".


sabato 28 giugno 2025

Ho visto "F1 - il film": la mia recensione

25 Giugno 2025: esce "F1, il film", in cui Brad Pitt e Damson Idris interpretano la parte di un veterano tornato alle competizioni e di un debuttante, nonostante la loro età non li renda molto credibili in tali ruoli.
Due giorni più tardi sono andata a vederlo al cinema insieme ai miei amici, uno dei quali da un anno mi aveva proposto di andare a vederlo. Siamo andati a cena alle sette di sera come dei nonni, per essere al cinema per lo spettacolo delle 20.30, e il biglietto è costato la non proprio modica cifra di 13,90 euro. L'autore della proposta ha anche preso una bibita spendendo in totale 20,90 euro, il che significa che ha pagato sette euro una Fanta. Non sono riuscita a capire se la cassiera si sia rivolta a noi dandoci del lei perché tecnicamente sarebbe la cosa più normale tra sconosciuti adulti che si incontrano a una cassa per un pagamento, oppure perché ci considerava vecchi per i suoi standard.
Ci è stato assegnato un posto accanto a dei ragazzini che hanno ruminato dei popcorn per tutta la durata del film, quindi fino all'incirca alle 23.30, e che prima del film si erano lamentati per il fatto che, essendo stato girato nel 2023/24, non ci sarebbero state inquadrature di "Aka", hanno chiamato Antonelli così. Segnalo anche che tra il primo e il secondo tempo, in bagno ho visto una ragazza in maglietta della Ferrari.
Ma il film, vi chiederete? È così eclatante come lo descrivono quelli che non hanno mai guardato un gran premio in vita loro? O è così terribile come lo descrivono invece quelli che la Formula 1 la seguono? Andiamo a scoprirlo.

LA TRAMA // Sonny Hayes è Martin Donnelly, ma siccome essere protagonisti di un botto devastante da soli non è stylish, ha un grave incidente, sempre e comunque da solo, mentre insegue la McLaren di Ayrton Senna per la vittoria al GP di Spagna 1993, mentre sopraggiunge una Benetton con la livrea di fine anni '80.
Per effetto delle ferite riportate, diviene un Jos Verstappen che non ci ha creduto abbastanza. Avrebbe potuto generare un discendente che potesse prendersi le soddisfazioni che a lui sono mancate, ma non avendo figli decide di farlo lui stesso, lasciandoci nel dubbio: non sarebbe stato meglio se si fosse semplicemente auto-abbandonato in autogrill?
Divenuto uno squattrinato giocatore d'azzardo che vive a bordo di un camper perché non possiede più una casa, fa l'eroe alla 24 Ore di Daytona in cui il suo team vince solo grazie a lui, poi ottiene un ingaggio per tornare in Formula 1 dopo trent'anni, nella squadra Apex GP, che è alla terza stagione ed è una sorta di Caterham piena di debiti, che non ha ottenuto alcun punto, ma ha la certezza della vittoria imminente. Per qualche motivo, in un mondo in cui ci sono piloti disposti a sborsare milioni per gareggiare in Formula 1, i piloti scappano a gambe levate dalla suddetta squadra, nonostante questa squadra addirittura li paghi.
Scappano tutti ma non lui: Joshua Pearce rookie ultratrentenne, con la madre costantemente al seguito e di cui viene millantata a ogni soffio di evento la giovane età nonostante ci siano quattro piloti contati più vecchi di lui. Descritto come estremamente talentuoso, è in realtà un pilota piuttosto scarso, ma avremo modo di vedere che Hayes non è da meno quando a nove gran premi dalla fine della stagione viene messo in pista a caso per risollevare le sorti della Apex.
Hayes e Pearce si esibiscono in una serie di prodezze memorabili. In Gran Bretagna si speronano a vicenda durante un duello acceso per la penultima posizione, dopo che Hayes ha ignorato un ordine di scuderia, dopodiché utilizzano il termine "pavone" per insultarsi. In Ungheria Hayes si rifiuta di ripartire dai box perché gli hanno messo gomme dure anziché morbide. Quando gli mettono gomme morbide e va in pista, si mette a speronare chicchesia (Kevin Magnussen, Valtteri Bottas e Sergio Perez) per spianare la strada a Pearce e provoca bandiere gialle e safety car al fine di farlo entrare in zona punti. Poi pretende dalla direttrice tecnica degli aggiornamenti che, a quanto dicono, non rispettano gli opportuni standard di sicurezza.
A Monza, quando scoppia un improvviso temporale monsonico, Hayes convince la squadra a tenere Pearce sulle gomme da asciutto. Pearce nel frattempo risalito secondo per non essersi fermato tenta una manovra folle nei confronti di Max Verstappen, esce di pista venendo scagliato in aria, finisce fuori dal circuito, la macchina prende fuoco e viene soccorso dallo stesso Hayes per poi finire in ospedale.
Mentre Pearce è infortunato, Hayes dopo essere stato insultato dalla madre di lui, combina un po' meno danni di prima, ottiene punti, ma no problem, Pearce torna dopo tre gran premi di stop - Olanda, Giappone e Messico - e tra i due c'è subito un incidente al ritorno di Joshua in Belgio (il calendario è molto ballerino), seguito da insulti e spintoni. Mi stavo un po' preoccupando del fatto che non ci fosse ancora stata una rissa, ma per quanto non sia stata particolarmente cruenta ci siamo messi in pari.
A Las Vegas, per iniziativa della direttrice tecnica, che nel frattempo ha una love story con Hayes (con mia delusione, perché speravo nella ship Hayes x madre di Pearce, visto che sono entrambi sessantenni), i due piloti si giocano a poker il ruolo di prima guida. Sì, succede proprio quello che ho scritto. A carte vince Pearce, ma la cosa diviene irrilevante dato che in gara Hayes ha il solito incidente, stavolta un gran botto con Sergio Perez, finisce in ospedale e il titolare del team - un suo vecchio avversario di nome Ruben - gli impone uno stop forzato dopo avere scoperto i danni permanenti riportati quando era ancora un Donnelly qualsiasi al volante della Lotus del 1990 in Spagna nel 1993.
Un investitore che non ne sa mezza di Formula 1 organizza una mezza spy story per danneggiare il team e costringere Ruben a venderglielo, ma il piano viene sventato da Hayes che va ad Abu Dhabi e disputa l'ultimo gran premio della stagione. Qui i due compagni di squadra partono dall'ultima fila come solito, ma risalgono nelle posizioni di vertice rallentando deliberatamente chiunque, restando però in pista verso fine gara con gomme ormai logore.
Hayes sperona Russell e si butta a muro per provocare una redflag al giro 55 di 58. Riesce a tornare ai box quindi può ripartire e lui e il suo compare hanno a disposizione gomme nuove e tre giri per battere i loro avversari. Si riparte dopo un giro di formazione per tre giri...
...
...
...wait, wait, wait. Questo è un errore bello grosso: il 55 viene completato rientrando, il giro di formazione vale come 56 in quanto dovrebbe essere ridotto un giro, quindi le tornate rimanenti dovrebbero essere due, ma chi se ne frega tanto è fentasi.
I due superano Charles Leclerc e si mettono a caccia di Lewis Hamilton. In teoria Pearce dovrebbe vincere e Hayes arrivare secondo, ma quando se la vedono brutta, Pearce va addosso a Hamilton perché Hayes possa finalmente vincere un gran premio ed essere acclamato come un eroe, per poi finire a vagare nel deserto a guidare mezzi che sembrano usciti dalla Extreme E.

La trama in estrema sintesi, riassunta in una frase: non importa se sei la squadra più scarsa e hai i due piloti più scarsi della griglia, se i tuoi piloti sono i più scorretti della storia e organizzi una ventina di mini-crashgate nell'arco temporale di pochi gran premi, magari riesci anche a vincerne uno barando, allora verrai acclamato come un eroe.

IL MIO PARERE SUL FILM // le scene di gara sono molto belle, quando non scadono in incidenti nonsense, ma siamo al livello Racing Without Plot. La trama non ha un fondamento logico, basti pensare che Hayes viene ingaggiato come pilota di Formula 1 sulla base che Louis Chiron e Philippe Etancelin vi hanno gareggiato a 50+ anni, senza considerare che ciò sia accaduto circa tre quarti di secolo fa. A ciò si aggiunge il fatto che la Apex venga presentata come una sorta di Caterham, ciò nonostante le telecronache sono *interamente* incentrate su di essa, al punto che non abbiamo nemmeno idea di chi abbia vinto il mondiale.
Il fatto che, al posto del solito eroe che smaschera i kattivihhhh che barano e poi vince, ci sia un eroe che vince barando avrebbe potuto rendere originale la trama, se si fosse dato al film un tono dark, un'atmosfera noir o se si fosse basata questa scelta su una qualsiasi idea sensata che potesse supportare questa scelta, come per esempio un protagonista desideroso di rivalsa perché in precedenza danneggiato deliberatamente dal mondo della Formula 1.
Per non parlare del fatto che Hayes e Pearce vengono dipinti come due grandi campioni senza che *nulla* li qualifichi come tali. E che in un campionato in cui perfino le violazioni più minime comportano penalità, essenzialmente questi due, Hayes in particolare, vadano avanti a sportellate, incidenti dettati dalla foga e addirittura incidenti deliberati senza subire la minima ripercussione. Pearce riceve addirittura i complimenti di Toto Wolff per la propria performance subito dopo avere speronato Hamilton per fare in modo che la Apex vincesse un gran premio con Hayes.
Quasi tutto, nella trama, riesce ad apparire come prevedibile, a parte l'errore di conteggio dei giri ad Abu Dhabi. I miei momenti preferiti? Sicuramente durante il film mi ha impressionato quello in cui inquadrano Gunther Steiner, perché ha un'espressione tale da sembrare sul punto di chiedere: "per caso volete in prestito Pietro Fittipaldi? Perché ce l'abbiamo ancora nello scantinato per ogni evenienza e sicuramente guiderebbe meglio di quei due."
Venendo invece ai dialoghi veri, mi è piaciuto questo tra una ragazza random e Joshua Pierce a un concerto che precede il GP di Las Vegas:
"Sei un pilota?"
"Sì."
"Per che squadra corri?"
"Apex."
"Mi presenti Carlos Sainz?"
Effettivamente ha molto senso che, incontrando uno sconclusionato come Pearce, una fangirl gli chieda se sia possibile incontrare il figonehhhh beliximohhhh di turno. Però, riflettendoci oggi, sarebbe ancora più bello se quella ragazza volesse fondare un team e il Sainz che vuole conoscere sia il padre, dato che ha la stessa età di Brad Pitt quindi sarebbe perfetto per la Formula 1!


lunedì 9 giugno 2025

Ho visto "Le Mans" (film del 1971): la mia recensione

Molti anni fa, quando stilavo ancora i buoni propositi per l'anno nuovo, avevo messo nella mia lista guardare il film "Le Mans". Guess what? Non avevo mai guardato Le Mans, ma a inizio giugno ho deciso che, per avvicinarmi alla 24 Ore, sarebbe stato più che opportuno colmare la mia lacuna.
L'ho fatto, ho visto lo storico film del 1971, che contiene una lunga serie di riprese effettuate durante l'edizione del 1970 della 24 Ore di Le Mans, circondate da una tram-... ecco, non sono sicura di poterlo affermare.
In sintesi, il film rispecchia molto bene la sua citazione più celebre: RACING IS LIVE, EVERYTHING BEFORE OR AFTER IS JUST WAITING. Difatti vediamo ottime scene di gara, direi un quantitativo enorme di ottime scene di gara, ma la trama che vi ruota intorno è appena accennata.
I dialoghi sono per gran parte del film quasi inesistenti, se non si escludono le voci degli annunciatori o quelli dei membri dei team che parlano, e per arrivare a un dialogo passa almeno un terzo di film. Come si suol dire, is just waiting.

Nella sfida Porsche vs Ferrari, il personaggio interpretato da Steve McQueen, è un pilota Porsche rimasto coinvolto in passato in un incidente nel quale ha perso la vita un suo collega. La (bellissima) vedova di costui è presente a Le Mans, parla poco ma sfoggia una serie di espressioni tristi e pare unita da un rapporto di amicizia a uno dei piloti della Ferrari.
Su un'altra Ferrari c'è un vecchio rivale del protagonista, con il quale viene occasionalmente visto scambiare qualche parola. Questo, in gara, dopo uno scroscio di pioggia, ha una sbinnata. Sia l'amico della vedova sia il protagonista escono di strada, il primo nel tentativo di evitare di colpire l'auto in testacoda, il secondo distratto dalle fiamme che si innalzano dal luogo in cui è divampato l'incendio della macchina guidata dal primo.
L'amico della vedova è riuscito a uscire dall'auto prima che questa prendesse fuoco, ma è rimasto comunque gravemente ferito. La vedova è molto scossa, ma viene rincuorata dal protagonista al centro medico dove entrambi i piloti sono stati condotti.
Dopo il ritiro, il protagonista viene assegnato a un'altra delle Porsche, uno dei cui piloti ha annunciato alla moglie di volere lasciare le competizioni dopo la gara. Dopo la foratura a due minuti dal termine dalla Ferrari che era in testa, due Porsche si ritrovano 1/2, con il protagonista sulla seconda. Terzo c'è il vecchio rivale su una Ferrari e il protagonista si concentra sul parare il fondoschiena al compagno di squadra leader piuttosto che mettere a repentaglio la posizione di entrambi nei confronti del rivale.

In sintesi, di questo film ho apprezzato molto sia il realismo delle scene di gara, sia l'assenza dei classici cliché tipo avversari che si odianohhhh a random (bonus se innamorati della stessa donna che alla gine si metterà insieme chi dovesse prevalere), oppure una vittoria del protagonista quando questo non aveva alcuna speranza, cose che solitamente si vedono nei film sull'automobilismo.
Ciò che ho apprezzato di meno è il fatto che l'aspetto umano sia appena accennato e che, di fatto, non sappiamo pressoché nulla dei vari personaggi, se non le poche informazioni che ci vengono fornite come dato di fatto.
Secondo me, con una maggiore caratterizzazione dei personaggi e con qualche dialogo in più, che ne consentisse un'introspezione, il film sarebbe stato più coinvolgente e avrebbe potuto apparire interessante anche ai non appassionati di motori. Dubito fortemente che, così com'è, possa essere apprezzato da chi non è un nerd dell'automobilismo.



domenica 8 giugno 2025

"Adrenalina Blu, la leggenda di Michel Vaillant": quando cinema, fumetto e motorsport si fondono

Ho scoperto questo film nel 2012/2013 e l'ho visto alcune volte, in passato, ma era da parecchio tempo che non lo rivedevo. Ho deciso di riguardarlo adesso, per due ragioni principali: la prima accertarmi se il mio giudizio di un tempo sia ancora valido, la seconda raccontarvelo.
"Adrenalina Blu, la leggenda di Michel Vaillant" è un film francese del 2003 tratto liberamente dal fumetto Michel Vaillant e contiene alcune riprese girate alla 24 Ore di Le Mans del 2002. La vicenda inizia con un incubo della signora Elisabeth Vaillant, nel quale il figlio Michel, gareggiando a Le Mans con la vettura color blu francese del team di famiglia, resta coinvolto in un grave incidente con un'auto rossa numero 13, del team Leader, storico avversario del team Vaillant, e resta intrappolato tra le fiamme.
Il team Vaillant, al momento, non è impegnato in endurance e Michel è impegnato in un rally sul ghiaccio, nel quale in combutta con i suoi compagni di squadra rallentano deliberatamente l'avversario Bob Cramer, il quale, in seguito, a una premiazione minaccia il navigatore di Michel, un certo David Wood, irlandese, sposato con la rallista Julie. Alla suddetta premiazione, Steve Warson, il fedele zerbino americano di Michel, si mette a flirtare con un'altra rallista, la belga Gabrielle Spangenberg.
Poco dopo, Michel si reca in visita ai suoi familiari, in cui suo padre gli comunica che, grazie a un accordo con la Peugeot, avranno un motore per Le Mans nella squadra gestita dal fratello maggiore di Michel. Poco dopo viene annunciato che il team Leader, assente da anni dalle competizioni motoristiche, farà il proprio ritorno in gara proprio a Le Mans, sotto la guida di Ruth Wong, la figlia del defunto e disonesto fondatore, e che ha accettato di gareggiare con il numero 13, mettendo in tavola tutti gli elementi che renderebbero possibile il realizzarsi dell'incubo della signora Elisabeth.
David Wood, nel frattempo viene scelto come uno dei compagni di squadra da Michel a Le Mans, ma durante una gara di rally, dopo avere accusato problemi con la macchina ed essere stato speronato da Cramer, esce di strada insieme al proprio navigatore, che esce illeso dall'incidente. David, invece, dopo essere riuscito a uscire dalla vettura, muore nell'esplosione della stessa. Al funerale, il gioco di sguardi tra Michel e la signora Julie fa intuire un possibile coinvolgimento sentimentale tra i due, dato che il film è iniziato da appena mezz'ora e proseguirà per un'altra ora e dieci.
Dato che siamo in un universo in cui la 24 Ore di Le Mans pare essere disputata interamente da piloti di rally, Michel convincerà il fratello team principal Jean-Pierre, a ingaggiare Julie come rimpiazzo per David. Schiereranno quindi due vetture, una guidata da Michel, Julie e il navigatore italiano di Wood, mentre sull'altra macchina ci saranno Steve, Michel e un giapponese.

Nel periodo che passa in attesa della 24 Ore, come facilmente prevedibile cresce la vicinanza tra Michel e Julie. Come ugualmente facilmente prevedibile abbiamo delle avvisaglie in cui scopriamo che la signorina Wong del team Leader è la kattivahhhh di turno, che Cramer corre per lei e che la macchina esplosa di Wood era stata sabotata. Nel frattempo c'è chi tenta di impedire la partecipazione del team Vaillant a Le Mans causando un incidente al camion della scuderia che trasporta le macchine per le qualifiche.
In una scena trashissima, ovviamente, le vetture verranno guidate su strada in direzione del circuito scortate da un elicottero, fermandosi peraltro da un benzinaio. La reazione della signorina Ruth nel vedere le macchine arrivare in pista lascia intendere che non ne sia soddisfatta e infatti ordina subito dopo alla sua assistente di trovare un modo per impedirne la partecipazione. Questa tenta un nuovo sabotaggio, ma viene colta sul fatto da Steve.
La notte prima della gara, Ruth Wong seduce il pilota americano e va a letto con lui per procurarsi un alibi, mentre la sua assistente rapisce Henri Vaillant, padre di Michel e Jean-Pierre. Ruth informa Michel che suo padre morirà, a meno che il team Vaillant non accetti di essere deliberatamente sconfitto da Leader alla 24 Ore.
Quando manca poco più di mezz'ora al termine del film, inizia la gara. Nessuno sa del rapimento del signor Henri, a parte Michel e Steve, i quali in attesa di delineare un piano per scoprire dove si trovi, hanno una guida estremamente attendista, al punto che Michel perde deliberatamente la leadership conquistata azzeccando il timing corretto per il passaggio alle gomme da pioggia durante un'acquazzone. Nel corso della notte, Michel confida a Jean-Pierre l'accaduto e, dopo essersi fatto sostituire al volante da Julie che si spaccia per lui, scopre che il padre è rinchiuso in uno stabile accanto al circuito.
Sorpreso dall'entourage di Ruth, viene rapito a propria volta e costretto a guidare al posto di Cramer, rimasto ferito dopo che un piccione l'ha colpito sul casco. La Wood gli comunica che adesso, per rivedere vivo il signor Henri, deve spacciarsi per Cramer e vincere la gara.
Nel frattempo, poco prima che inizi lo stint in cui Julie si spaccerà per Michel, uno dei compagni di squadra di Cramer la raggiunge e, vedendola con il casco di Vaillant in testa, la scambia per lui e lo mette in guardia da Cramer, riferendo che a suo tempo ha sabotato la macchina di David.
La signora Elisabeth giunge nel box e chiede dove sia il marito, così Jean-Pierre si inventa una scusa. Frattanto, correndo al posto di Michel, decisa a vendicare il marito, Julie giunge a ridosso della leader numero 13, che crede guidata da Cramer e inizia a penderlo a sportellate, nel tentativo di farlo uscire di strada. Dopo numerosi contatti, le due vetture hanno un violento incidente, la Vaillant si è ribaltata e la dinamica è stata tale e quale a quella del sogno della signora Elisabeth.
Michel tira fuori Julie dalla macchina prima che questa esploda, poi si reca insieme a Steve e alla stessa Julie nell'edificio in cui suo padre è rinchiuso. È ormai giorno inoltrato quando riescono a liberarlo. L'entourage della signorina Wong, tuttavia, inizia a sparare e Steve riceve un colpo a un braccio proprio quando dovrebbe tornare sul circuito e prendere parte all'ultimo stint di gara, sostituendo Gabrielle.
Al momento c'è un testa l'altra Leader, che nessuno si è filato di striscio per tutto il film, ma la gioia di Ruth dura poco, non solo perché la macchina ha problemi, ma anche perché si ritrova davanti il signor Henri nel paddock. Intanto Michel scende in pista spacciandosi per Steve, si trova in seconda posizione e si lancia all'inseguimento della Leader superstite, forando però nelle fasi conclusive.
Pochi metri prima del traguardo la Leader ormai prosegue ai due all'ora emanando fumo e ammutolendosi. Il pilota scende e tenta di spingerla fino al traguardo, mentre la signorina Ruth inveisce contro di lui, mentre la Vaillant con una ruota a terra, riesce a portare a termine la gara vincendola. Sceso dalla macchina, Michel si rifugia in un bagno dove si scambia di nuovo di posto con Steve, il quale sale sul podio insieme a Gabrielle e al giapponese. Mentre questo festeggia con lo champagne, Steve e Gabrielle limonano, mentre Michel e Julie si abbracciano sotto al podio.

Il giudizio che posso dare è quello di chi ha visto il film senza avere mai letto il fumetto. Non posso sapere, quindi, se la trama sia in linea con questo. Mi auguro di sì, non per altro, ma perché la storia, di per sé, è molto fumettistica. Michel è un pilota che vince su qualsiasi macchina e in qualunque categoria, sempre seguito dai suoi fedeli gregari. Il mondo delle corse è nettamente diviso in buonihhhh vs kattivihhhh, dove i buoni sono quelli che hanno come unico obiettivo la vittoria di Michel (o più in generale, amici e parenti) e i kattivihhhh sono pronti a qualsiasi azione, generalmente in netto contrasto con il codice penale, pur di ottenere il proprio scopo, al punto da rapire i parenti degli avversari e minacciare di ucciderli se non saranno soddisfatti del risultato finale. Una simile trama può essere accettata solamente se si accetta di essere in un mondo fumettistico e non nel mondo reale.
L'innalzarsi della tensione, in corso d'opera, mi è piaciuto, così come ho apprezzato il sogno premonitore e l'escamotage con cui questo sia stato tradotto in qualcosa di concreto. Mi sembra tuttavia che, nel vedere tutto dal punto di vista dei protagonisti, o al massimo dei krudelihhhh antagonistihhhh, si sia perso per strada quello che potrebbe accadere nella realtà se le due macchine che occupavano la prima e seconda posizione uscissero di pista prendendo fuoco dopo una serie di contatti multipli. Mondo reale o fumetto che sia, mi sembra che certi aspetti siano rimasti senza una conclusione.
In sintesi, a rivederlo adesso il film mi è piaciuto, anche se probabilmente non lo metterei in una classifica dei miei film preferiti, come invece avrei fatto ai vecchi tempi. A mio vedere si tratta di un prodotto assolutamente godibile, a condizione di accettare l'idea che siamo in un fumetto e, di conseguenza, possono accadere cose che nel nostro mondo sarebbero assolutamente ridicole, oppure prive di logica.

sabato 7 giugno 2025

Ho visto il film del 1970 "Le Mans, scorciatoia per l'inferno" /// la mia recensione

Qualche giorno fa, mentre girovagavo senza meta su Youtube, mi è sbucato fuori nei film suggeriti "Le Mans, scorciatoia per l'inferno", produzione italiana orientata al mercato internazionale. Il titolo americano era in origine "Le Mans, shortcut to hell", ma poi è uscito come "Summer love", titolo che non c'entra assolutamente nulla né con quello originale né con la trama. A onore del vero, tuttavia, nemmeno il titolo originale ha a che vedere con la trama. Le Mans - seppure citata - non c'entra nulla con l'ambientazione e il film è ambientato in Formula 1, nonostante la Formula 1 di per sé non venga mai menzionata.


LA TRAMA // ex pilota British, ritirato dalle competizioni a seguito del coinvolgimento in un devastante incidente, partecipa a un'intervista in un salotto televisivo, insieme a un ingegnere convinto che le corse automobilistiche siano utili al progresso tecnologico e un sociologo(?) che invece le considera un inutile rischio. L'ex pilota, protagonista di un mai meglio precisato incidente risalente ad "anni fa a Le Mans", che sembrerebbe essere il disastro del 1955, sostiene di non volere parlare della ragionr per cui ha deciso di ritirarsi. L'argomento cadrà nel dimenticatoio perché allo spettatore medio probabilmente interessa di più vedere case da ricchi nelle cui piscine troviamo donne in costume.
La wag dell'ex pilota non apprezza l'idea che il marito voglia rientrare nel mondo delle competizioni, stavolta come costruttore, ma questo fa di testa sua, si mette in società con un vecchio ingegnere con baffi stile Vittorio Emanuele, che ha un passato come co-pilota nel 1907, quando i piloti avevano un meccanico a bordo. Decide di ingaggiare un giovane pilota biondo che piace molto alle donne e che, tanto per cambiare, viene detestato dagli avversari.
Le scene di gara sono tante, con vere riprese di gran premi del 1970, compreso l'incidente tra Jackie Oliver e Jacky Ickx al gran premio di Spagna, con tanto di incendio e commissari che dall'altro lato del circuito cercano di domarlo con degli idranti, mentre nel mezzo la gara continua come se niente fosse con le monoposto che passano accanto ai commissari di percorso. Sono tante anche, specie nella prima parte del film, le scene in cui c'è gente che fuma a caso nei posti più disparati, compreso l'ex pilota adesso team owner nella stanza d'ospedale in cui il pilota biondo è ricoverato a seguito di un incidente.
Questo se ne va poi in Marocco, dove vediamo una corsa di cavalli e poi un demolition derby che si svolge verosimilmente sulla pista sterrata dove hanno corso i cavalli. Ci sono macchine che si ribaltano, perfino qualcuno che guida con il cofano interamente alzato... Qui il team owner va a raccattare il giovane biondo.
Mentre assistiamo alle tensioni tra il team owner e la sua wag, sembra che il giovane provi un interesse per la signora, giusto perché un love triangle non deve mai mancare. In questo caso rimane completamente accennato, al punto tale che l'utilità per la trama sembra del tutto inesistente. Proseguono nel frattempo inquadrature di gare e addirittura si vede Jean-Pierre Beltoise in primo piano, nei pressi di personaggi secondari!
Le belle scene motoristiche, tuttavia, sono decontestualizzate: non capiamo mai davvero quali siano i risultati, tranne quando scopriamo che il giovane biondo è giunto secondo alla penultima gara che viene mostrata e ha ambizioni di vittoria a Monza. A Monza effettivamente vince, superando un altro pilota un metro prima del traguardo, mentre nel frattempo il team owner e la sua signora ritrovano la loro sintonia.

LE MIE IMPRESSIONI // belle scene di gara, anche se la scelta di inserire le immagini dell'incidente Ickx/ Oliver a Jarama l'ho trovata eccessiva, specie in assenza del benché minimo dubbio sulle condizioni di sicurezza dei tempi - e neanche, a dire il vero, considerazioni quali "si corre con un incendio a bordo pista e commissari ugualmente a bordo pista perché siamo very uominy" che avrebbero potuto giustificare tale decisione. La trama mi è sembrata un po' labile e interamente basata su trope visti e rivisti nei film motoristici: il pilota d'esperienza che fa da guida al giovane, le corse che allontanano il protagonista dalla donna amata, l'evento in location esotica... anche se, a onore del vero, la scena con i fantini marocchini è una sorpresa positiva proprio in quanto totalmente out of context.

martedì 29 aprile 2025

Ho visto "Alboreto" (documentario indipendente 2025): le mie impressioni

Qualche giorno fa, in occasione del suo anniversario di morte, è uscito su un canale youtube chiamato @benjiconstant un documentario dedicato a Michele Alboreto, che a quanto ho capito è interamente fanmade. L'avevo già adocchiato nei giorni scorsi e, come spesso accade quando vedo un documentario, ho deciso di parlarvene, oltre che di consigliarvelo.
Il documentario, come spiegato nella descrizione, è un "collage" realizzato tramite video reperibili su Youtube che vengono citate nei credits. Alla luce del fatto che tali video siano in gran parte provenienti da "canali non ufficiali", vi consiglio di guardarlo quanto prima, perché ho forti dubbi sulla lunga permanenza di questo video.
Al di là di queste sottigliezze, possiamo entrare nel vivo e partire con il recap di quanto ho visto nel 99 minuti di durata del documentario.

Si parte da Las Vegas 1982. Del resto è la prima vittoria di Alboreto in Formula 1, non poteva mancare, così come non poteva mancare il podio al cospetto di Diana Ross. L'inizio a mio vedere è un po' macchinoso: si parte con la telecronaca che annuncia come Keke Rosberg, John Watson e Niki Lauda siano ancora in lotta per il titolo, cosa alla quale non verrà data alcuna spiegazione (ve la do io, ed è che Lauda, pur escluso dalla classifica, aveva fatto ricorso per una squalifica avvenuta millemila mesi prima e, se avesse vinto la gara e vinto il ricorso, avrebbe potuto vincere il mondiale).
Si fa a questo punto un passo indietro, con la presenza della moglie, conosciuta all'età di sedici anni, e con il fratello. C'è una piccola digressione all'epoca delle formule minori e perfino una premonizione: in una breve intervista ai tempi della Formula 2(?) compare Alboreto con un outfit profetico: indossa infatti un maglione rosso. E parla anche di Alain Prost in McLaren, giusto per non farsi mancare nulla.

Si torna al 1982, ovvero al GP Las Vegas al quale un'intera stagione fa da contorno. La parte dedicata alla Tyrrell non è eccessivamente lunga, seppure compaia ovviamente anche la seconda vittoria, conquistata a Detroit nel 1983.
La parte più importante, alla quale viene dedicato maggiore spazio, sono gli anni in Ferrari, squadra alla quale approda nel 1984 e in cui resterà per cinque stagioni. Conquisterà tre vittorie, la prima delle quali nel 1984 a Zolder, dopo essere partito per la prima volta dalla pole position, dove conclude con 40+ secondi di vantaggio sul secondo classificato Derek Warwick.
Se nel 1984 c'è una sola vittoria all'attivo, le cose vanno meglio nel 1985, stagioni sulla quale c'è il maggiore approfondimento in assoluto, non solo delle gare vinte. Viene dedicato parecchio spazio al GP di Montecarlo, in cui Michele era secondo alle spalle della Lotus di Ayrton Senna e, dopo il ritiro di costui per un guasto al motore, leader. Uscito vincente da un duello con Prost, la necessità di un pitstop l'ha fatto precipitare terzo dietro all'altra Lotus di Elio De Angelis e a seguito di un'intensa rimonta risale secondo.

Arrivano due vittorie, a Montreal e al Nürburgring. In Canada fa anche doppietta insieme a Stefan Johansson. È il principale avversario di Prost e potrebbe giocarsi il mondiale. In Ferrari, tuttavia, decidono di cambiare fornitore di turbine, sospettando il loro fornitore tedesco di essere in combutta con Porsche, motorista della McLaren, e autore di sabotaggi. L'inseguire il #NonCieloDikono potrà sicuramente soddisfare molti cuggggini insaider, ma si rivela un flop e il mondiale viene vinto anzitempo dalla McLaren e da Prost.
Gli anni seguenti va molto peggio. La Ferrari non vincerà più una gara fino alla fine del 1987, ma a ottenere due vittorie consecutive sarà Gerhard Berger. L'avventura di Alboreto alla Rossa si conclude nel 1988, stagione dominata dal duo Prost/ Senna con la McLaren. Quando Senna cozza su un doppiato al GP d'Italia, poche settimane dopo la morte di Enzo Ferrari, il duo Berger/ Alboreto fa doppietta. Michele è ormai in rotta con il team e pare gli venga data la comunicazione fasulla che sta esaurendo la benzina, in modo che non intacchi la leadership di Berger.

Tra il 1989 e il 1993, Alboreto gareggia per Tyrrell, Lola Larrousse, Arrows/ Footwork - restando protagonista di un notevole schianto a Imola - e Lola Scuderia Italia. Viene dato pochissimo spazio a questi anni (eccetto il citato incidente), tranne per il 1993 in cui proprio non ne viene dato nessuno.
Nel 1994 c'è il passaggio in Minardi, l'interesse per la sicurezza dopo il tragico GP di San Marino e, dopo che nello stesso gran premio ha perso una ruota in pitlane, la decisione di entrare ai box a 50 kmh perché ritiene che la successiva imposizione di 80 kmh sia comunque ancora troppo pericolosa.
C'è un solo arrivo a punti, a Montecarlo, dopodiché l'addio alla Formula 1, spaziando in altre categorie. Ho apprezzato il fatto che, oltre DTM ed endurance venga menzionato il breve periodo trascorso in Indy Racing League, anche se molto out of context dato che non si parla dello split.

Insieme all'ex compagno di squadra della Formula 1 Johanssen e a Tom Kristensen, Alboreto vince la 24 Ore di Le Mans nel 1997, all'età di quarant'anni. Continua a gareggiare in endurance sia in Europa sia negli States, con la vittoria a Sebring nel 2001.
Solo qualche mese più tardi, il 25 aprile, perde la vita al Lausitzring durante un test con Audi. Il documentario sceglie di raccontare questa parte tramite estratti di telegiornali dell'epoca, oltre che con interviste rilasciate ai tempi da personaggi del motorsport.
Si conclude così questo viaggio nella storia di Michele Alboreto. Vi consiglio assolutamente di vedere questo documentario (dimenticavo: è in inglese, con parti in italiano), che personalmente ho apprezzato. Se posso menzionare un lato stonato, tuttavia, è l'avere dedicato davvero pochissimo spazio agli anni trascorsi in squadre non altolocate della Formula 1.


sabato 18 gennaio 2025

Ten laps to go (film del 1936): la mia recensione

Continua la mia ricerca sui film motoristici vintage, stasera ne ho visto uno americano del 1936 intitolato "Ten laps to go", uscito anche con il titolo "King of the Speedway", prodotto da Fanchon Royer, nome che personalmente non essendo esperta di cinema non mi diceva nulla, ma che facendo una piccola ricerca risulta essere una donna.
Il film è di durata molto breve, poco più di un'ora. Ciò nonostante riesce a racchiudere una quantità notevole dei cliché che nei quasi novant'anni a venire si sono visti nei film motoristici e nelle fan fiction motoristiche in cui la presenza femminile si limita ad avere un ruolo sentimentale. In compenso comprende scene di gara vintage, di un'epoca molto remota... giusto per intenderci, vediamo vetture girare sull'ovale con tanto di meccanico caricato a bordo, letteralmente si respira un'altra epoca.

Nonostante ciò, la storyline ci dice che non importa se sia il 1936 o il 2025, il protagonista sarà il Best Drivahhhh Evahhhh e il suo avversario sarà il Kattivo. Tra i due c'è un odio feroce perché sì. Qui ci superiamo, perché il film inizia con una rissa tra i due dopo che il Kattivo ha criticato il meccanico del protagonista. Le leggi della fisica non vengono smentite in macchina, ma fuori, basta infatti una lieve spintatella per fare stramazzare l'altro a terra.
Dopodiché troviamo il Best Drivahhhh a pranzo al bar, dove litiga con la barista che lo accusa di mettere in pericolo la vita del suo meccanico, con il quale è fidanzata. Bella donna non più giovanissima = partner dell'aiutante del protagonista, ruolo aggiudicato come da prassi. Il Best Drivah, intanto, firma un autografo a un appassionato, il quale gli dice che spera che non morirà nella gara imminente. Il Best Drivahhhh, per nulla turbato, invita ad andare a cena con lui la bella figlia del team owner, appena conosciuta.
A cena incontrano il Kattivo che sembra mettere gli occhi su di lei. Mi aspettavo l'ennesimo cliché del triangolo amoroso, ma non c'è. Peccato, sarebbe stato divertente. Invece qui protagonista e meccanico cappottano, il protagonista rischia di perdere l'uso delle gambe e il meccanico, per amore della cameriera con cui si sta per sposare, decide di andare a lavorare nelle competizioni di midget car, dove il meccanico non viene caricato a bordo.
La figlia del team owner, che alla cena era stata indispettita quando il protagonista aveva annunciato pubblicamente un imminente matrimonio in realtà inesistente, solo perché quel gossip finisse sui giornali, litiga con lui ancora una volta quando questo in ospedale sostiene di non volerla vedere.

Nelle midget car tutti si ritrovano: il team owner cerca un pilota affinché guidi la sua macchina, il protagonista si rifiuta perché psicologicamente traumatizzato dal suo incidente, il Kattivo ordisce un kompl8 mandando due complici a rubare il progetto della macchina - una spaistory! - e trovando un pilota che si offra di guidare per il team owner allo scopo di sabotarlo. Dopo un inseguimento, il protagonista salva la situazione.
Irrompe a causa dei due complici e, dopo essere uscito vincente da una rissa due contro uno in cui i suoi due avversari erano armati, recupera il progetto che si trova dentro un mobile del soggiorno, e che purtroppo non è stato dimenticato in una copisteria di Maranello. Poi si dirige verso la pista e così a random, a dieci giri dalla fine, comunica al team il sabotaggio, fa fermare il pilota sabotatore e, infilato un casco in testa, sale in macchina in abiti borghesi con tanto di cravatta al collo. Nonostante non gareggi da tempo immemore, come nelle migliori trame rimonta, vince la gara e ottiene finalmente l'amore della figlia del team owner.


In sintesi: la solita solfa del protagonista che affronta un Kattivo pronto a tutto e in cui l'amore alla fine trionfa, a condizione di vincere la gara, sta iniziando un po' a stancare, però il film in sé è godibile ed essendo del 1936 non ha *copiato* la solita solfa, ma l'ha anticipata.

domenica 5 gennaio 2025

6000 km di paura: film del 1978 ambientato al rally del Kenya

Pellicola italiana del 1978, "6000 km di paura" è reperibile su Youtube e si tratta dell'ultimo film motoristico che ho visto, proprio oggi, e di cui intendo parlare stasera. È ambientata al rally del Kenya e prevede sia un buon numero di scene si gara, sia un buon numero di animali esotici, in particolare enormi branchi di elefanti, oppure giraffe che attraversano la strada. Il film è incentrato rivalità tra due compagni di squadra, il veterano Paul Stark, sposato con la propria navigatrice Sandra, e il giovane Joe Massi, che gareggia insieme a un navigatore keniota che risponde al nome di Alì e ricopre un ruolo di numero due all'interno del team, ruolo che inizia a stargli stretto. Come un Heinz-Harald Frentzen qualsiasi, inoltre, è stato in precedenza lasciato dalla fidanzata Sandra, che appunto si è sposata con il suo rivale.
Uscito seriamente infortunato da un incidente al rally di Montecarlo, Joe è pronto per tornare al volante soltanto pochi mesi più tardi, quindi si reca in Kenya dove conosce una giornalista della quale si innamora, sempre seguita da una fotografa che invece si mette insieme ad Alì.

Paul Stark, tuttavia, non tollera la presenza del giovane compagno di squadra ed escogita uno stratagemma per farlo licenziare. Per Massi sembra non esserci niente da fare, ma viene in tempi record ingaggiato da un'altra squadra, che ingaggia anche il suo meccanico. Riceve inoltre delle avance da parte di Sandra, che gli propone di rimettersi insieme, essendo disposta a lasciare il marito per lui, ma Joe rifiuta.
Le varie tappe del rally sono spesso un susseguirsi di Joe e Paul che si ritrovano a tu per tu l'uno con l'altro, cercando di ostacolarsi a vicenda, entrambi determinati a raggiungere la vittoria... che a dire il vero sembra stabilmente nelle mani di un altro pilota, ma who kers, l'importante è prendersi a sportellate come se non ci fosse un domani.
L'ultima tappa vede i due impegnati ancora una volta in un confronto serrato, il pubblico ai bordi della strada si sporge pericolosamente, tanto che Alì mette in guardia Joe. Al contempo anche Sandra dice a Paul di fare attenzione, ma il disastro è dietro l'angolo.
Per non investire un bambino, Paul finisce in una scarpata e la macchina prende fuoco. Le scene finali alternano i festeggiamenti per il vincitore con la scena delle fiamme e di Joe e Alì che, scesi dall'auto, guardano l'incendio, Joe ripensando ai propri trascorsi con Sandra.

Il film è stato una piacevole scoperta e l'ho trovato coinvolgente, nonostante le dinamiche tra i personaggi non abbiano nulla di nuovo o di particolarmente innovativo. Ho apprezzato anche il fatto che si svolga in Kenya, location abbastanza inusuale per un film in generale e ancora di più per un film sul motorsport.
Il finale mi ha lasciata un po' spiazzata. Mi dicevo: manca un minuto alla fine del film, perché il protagonista e il navigatore se ne stanno così imbambolati? Perché nessuno dei due si getta tra le fiamme per salvare gli avversari, come vorrebbe la prassi? O perché non si passa direttamente al funerale degli avversari?
Niente, il film finisce proprio così, con i due che assistono imbambolati alla scena della macchina che va a fuoco, poi partono i titoli di coda. Possiamo dedurre che i coniugi Stark siano morti, ma non possiamo averne la certezza. Obiettivamente, non mi sembrava un film adatto a un finale aperto.



sabato 4 gennaio 2025

Hot Laps/ Formula 3 - i ragazzi dell'autodromo (film 1993): il motorsport... in un film erotico?!?!?!?

Stasera vi parlo di un film sull'argomento motori che, se avete figli, vi consiglio di NON vedere con i vostri bambini. Se vivete insieme ad altri familiari, inoltre, vi sconsiglio vivamente di guardare insieme a loro: potrebbe essere leggermente imbarazzante. Sono incappata in questo film durante una ricerca sui film ambientati nel mondo dell'automobilismo e avendolo trovato su Youtube (in versione inglese, anche se si tratta di un film italiano) ho pensato: questo lo vedo e poi ne parlo sul blog. Il titolo italiano è "Formula 3, i ragazzi dell'autodromo", quello internazionale "Hot Laps"... e se non si giudica un film dalla copertina, quell' "hot" del titolo abbinato alla copertina stessa, sulla quale svetta un fondoschiena femminile e un seno di un paio di taglie più grande rispetto al reggiseno dentro al quale si trova, schiarisce molto le idee.
In effetti, il film viene presentato come un thriller erotico ambientato nel mondo dell'automobilismo. Mi sono detta: chissà se oltre a seni e natiche c'è anche un po' di automobilismo e un po' di brivido...

Abbiamo un pilota/ team owner. Sono gli anni '90 quindi è assolutamente legittimo andare per i trenta e gareggiare in Formula 3. Costui è biondo, indossa una tuta rossa ed è il Kattivohhhh. Ha una partner/ complice che sbatte le tette in primo piano ogni tre per due. Di fatto ha affittato un autodromo per testare la macchina (pare sia Vallelunga, dai titoli di coda), viene avvicinato dal protagonista, il quale è un Pilota Emergente che lo informa di conoscere un trucco per migliorare la sua monoposto. Chissà come, gli viene proposto di guidarla.
Pilota Emergente se ne va in giro con la giacca di pelle senza maglia sotto, ha al lobo sinistro un orecchino che al giorno d'oggi gli costerebbe la squalifica per safety issues, piace alla donzella con le tette al vento e, in quanto tale, è il Protagonista Figo(C) di turno. Dato che ha fatto tempi interessanti, si conquista anche l'odio del Kattivohhhh.
Il proprietario del bar del circuito, che ha un passato da pilota di Formula 3, decide tuttavia di ingaggiarlo per guidare quella che era stata la sua monoposto di un tempo. Il bar è gestito dalla figlia di questo ex pilota, che matura un'avversione nei confronti del Pilota Emergente che in realtà nasconde attrazione.

Il Pilota Emergente fa installare un airbox che cambia radicalmente i risultati e, su quella che pare essere una monoposto di oltre un decennio prima, fa tempi interessanti. Il Kattivohhhh gli sguinzaglia dietro la complice, nella speranza di carpirgli segreti andando a letto con lui, in vista della gara che permetterà al vincitore di qualificarsi per il campionato internazionale di Formula 3. Il Pilota Emergente, un incontro erotico e l'altro con la signorina dalle tette al vento, si innamora anche della figlia barista dell'ex pilota che l'ha ingaggiato. Questa lo ricambia, ma non vuole fidanzarsi con un pilota che potrebbe morire da un momento all'altro in un incidente.
I due rivali si qualificano entrambi, nonostante il Kattivohhhh abbia ribaltato un bidone d'olio per fare sbinnare il suo avversario. Questo però fa il secondo tempo, perché è il protagonista.

Alla vigilia della gara finale, il Kattivohhhh manda la complice a distrarlo nella solita maniera, la vettura intanto viene sabotata ma non da lui come potremmo credere, quanto dalla barista. Il Pilota Emergente, tuttavia, ha un asso nella manica, ha smontato l'airbox miracoloso sostituendolo con un altro, quindi riesce a sistemare la macchina in tempo per partire dalla pitlane.
Risalito fino a ridosso del Kattivohhhh che scattava dalla pole, lo affianca e viene speronato. Recuperando magicamente il tempo perduto, lo raggiunge, ma niente da fare, l'altro taglia il traguardo per poi essere squalificato seduta stante per avere innescato il contatto. Il Pilota Emergente vince a tavolino e corona i suoi sogni d'amore con la barista, la quale ha accettato l'idea di mettersi insieme a un pilota.
In sintesi: una trama che di motoristico ha solo un vago copia e incolla e che di thriller non ha nulla. Di cinema erotico non me ne intendo, ma qui si vedono essenzialmente seni e natiche a random, con una trama erotico/ sentimentale incongruente con se stessa, che fa acqua da tutte le parti.


giovedì 26 dicembre 2024

Blonde Comet: il film del 1941 che ha anticipato le fan fiction sul motorsport con protagonista femminile

Un grande classico delle fan fiction sulla Formula 1 o sul motorsport in generale è una protagonista badass, pilota vincente, la quale si innamora di un rivale che dopo diverse schermaglie finisce per ricambiarla. Io stessa ho scritto una fan fiction così, in passato, pensando che la trama fosse originale. E invece niente, ho trovato una trama che segue questo archetipo anche in un film (reperito su youtube in versione originale in inglese) datato abbastanza da iniziare al Gran Premio di Tripoli. In questo evento fa clamore soprattutto la protagonista femminile, Miss Beverly che gareggia con lo pseudonimo di Blonde Comet. Giunta al quarto posto, una settimana più tardi ottiene una terza piazza a Montecarlo, per poi disputare un altro evento a Donington nel quale conclude quarta e durante il quale il commentatore se ne esce con un "anything can happen and usually does"... probabilmente era un antenato di Murray Walker.
A quel punto Miss Beverly decide di tornarsene in America... perché la regola numero uno dei film americani è, ovviamente, che tutti i migliori piloti che gareggiano in altri continenti vengono dagli States, anche se siamo nel 1940.

Negli States, frattanto, un pilota di nome Jim Flynn ha chiuso una strada a random con l'aiuto del suo meccanico, per poterci testare la vettura con cui intende gareggiare su un dirt track. Miss Beverly, che sopraggiunge a bordo di un'auto con la quale sta trainando una monoposto, affiancata da una donna più matura il cui ruolo non viene mai chiarito, ma che potrebbe essere una governante o una dama di compagnia, toglie le transenne improvvisate per passare.
Tra Beverly e Jim è subito scontro, con i due che scoprono di prendere parte alla stessa gara. Il meccanico di Jim si invaghisce della donna che accompagna "Blonde Comet", mentre scopriamo che alla gara parteciperà anche un esordiente soprannominato Texas per la provenienza, il quale è un amico di Jim e del meccanico.
Della protagonista femminile, invece, scopriamo che è figlia di un ex pilota ora nel business degli pneumatici e che gareggia per promuovere le gomme del padre. Il fatto di non avere mai gareggiato sullo sterrato non la ferma ed ecco che vince la gara, battendo il protagonista maschile.

Le scene di gara sono molto belle e anche piuttosto crude. Dopo un lungo duello con l'avversario Red Stewart, il texano è coinvolto in un incidente e lo troviamo mentre, agonizzante, passa a migliore vita. Quando vede Jim aggredire Red per avere innescato l'incidente, Beverly decide che sotto sotto Jim le piace. Quando Beverly mette i soldi che mancano alla colletta organizzata per pagare il trasporto nel nativo Texas la salma dell'amico defunto, Jim decide che sotto sotto Beverly gli piace.
I due partecipano insieme anche alla gara successiva, nella quale il meccanico erroneamente espone un cartello con scritto "I love you" a Jim anziché il numero di giri mancanti, messaggio che aveva in realtà scritto per l'accompagnatrice di Miss Beverly.
In una gara funestata da incidenti, in uno dei quali mi pare di capire sia deceduto Red Stewart, Jim vince battendo "Blonde Comet". Con i risultati ottenuti, entrambi si conquistano un posto alla Cinquecento Miglia di Indianapolis. Entrambi usano le gomme del padre di Beverly, tale Cannonball Blake, che compare accanto a Barney Olfield, un pilota dei primi decenni del Novecento che interpreta se stesso.

In una Indy 500 che inizia in maniera piatta, tanto che il commentatore prima dice che la gara è tranquilla, poi osserva di avere gufato una volta in cui iniziano gli incidenti, a gara ormai inoltrata Miss Beverly si ritrova in testa risalendo dalla seconda posizione dopo un incidente del precedente leader.
Nel frattempo a causa di una foratura(?) che causa danni ulteriori alla monoposto, Jim rientra in pitlane dove è costretto al ritiro. Al contempo Beverly rientra a propria volta simulando un malore affinché Jim possa prendere il suo posto e terminare la gara. Flynn inizia una forsennata rimonta e taglia il traguardo in prima posizione, con i due che quindi ottengono una shared win.
A cena, quella sera, Cannonball e Oldfield parlano delle gomme e del loro successo, chiedendosi che fine abbiano fatto i due piloti. Nella scena finale, Jim chiede a Beverly di ritirarsi dalle competizioni perché non sarebbe molto contento di avere una moglie pilota, Beverly inizialmente sostiene che essere pilota è il suo lavoro, poi si rende conto che Jim le ha chiesto di sposarlo e i due si baciano prima dei titoli di coda. Non scopriremo mai se Beverly continuerà a gareggiare, però sappiamo che si è fidanzata con il protagonista maschile, ragione per cui è stato necessario un film di un'ora e sette minuti in cui le auto e le gare facevano da contorno.

Impressioni finali? Devo dire che in generale mi è piaciuto abbastanza e ve lo consiglio specie se l'idea di vedere un film molto datato e in bianco e nero può sembrarvi intrigante, però devo dire che alcuni passaggi mi sono sembrati abbastanza stonati o incoerenti. Il fatto che io stia per scrivere un lungo poema in proposito, non è da considerarsi una stroncatura, ma solo una riflessione sulle cose che non mi hanno convinta.
In primo luogo, sono abbastanza perplessa di fronte al fatto che, mentre Jim quantomeno ha un meccanico che lavora sulla sua macchina, non succede niente del genere per Beverly. La monoposto di costei sembra non avere bisogno di alcun intervento, almeno prima di Indianapolis dove c'è una piccola crew, e non c'è nessuno che ci lavori su.
In secondo luogo, a parte la colletta per organizzare il funerale di Texas e un vago accenno al fatto che l'avversario muoia alla gara successiva, sembra che nessuno sia *minimamente* turbato dalla morte dei propri colleghi. Va bene, erano gli anni '40 e il fatto che ci fossero incidenti mortali era assolutamente probabile, ma non c'è una persona che sia una che mostri un po' di umanità da questo punto di vista.

In terzo luogo... seriamente, ritengo assurda la modalità dello switch tra i due protagonisti a Indianapolis, neanche tanto perché Miss Beverly ceda la macchina all'amato. L'avrei capito se fosse accaduto in un modo che non mettesse a repentaglio il risultato, oppure se fosse stata *davvero* impossibilitata a guidare. Ma è assolutamente assurdo che, a pochi giri dalla vittoria che ha lungamente inseguito e che sarebbe un trionfo per gli pneumatici di famiglia, si tiri indietro a random perché decide che il suo avversario le piace. Non vi è alcuna spiegazione logica a tutto ciò e non viene fornita successivamente.
In quarto (e ultimo) luogo, questi corrono negli anni '40, senza radio, senza distacchi segnalati, senza posizioni... eppure sanno di default che questo in gara si è schiantato ed è morto, che questo ha problemi con una gomma e quant'altro. Passi che nel 1941 si potesse essere indifferenti alla morte e decidere che tra la vittoria a Indy e il matrimonio con il protagonista maschile era più importante il matrimonio, ma la telepatia diffusa e galoppante magari anche no!


mercoledì 25 dicembre 2024

The Young Racers/ i diavoli del Grand Prix (film 1963): la mia recensione

Ieri ho scoperto un film sulla Formula 1 che non avevo mai visto e di cui, a dire il vero, non avevo mai sentito parlare, intitolato "The young racers", titolo italiano "I diavoli del grand prix", uscito nel 1963. Al momento lo potete trovare su Youtube sia in inglese sia in italiano. Il film non parla di un pilota sessantenne che ritorna alle competizioni per fare da mentore a un giovanissimo debuttante ultratrentenne, né presumo siano mai state fatte invasioni di podio per fare le riprese, ma ci sono diverse scene di gara, risalenti al 1962, di Montecarlo, Belgio, Francia e Gran Bretagna.
Nell'immagine di copertina c'è un tizio che bacia sul collo una bionda mentre sullo sfondo si vedono monoposto incidentate. Una scritta avverte: "un po' di morte ogni giorno, tanto amore ogni notte". Tutto lascia pensare di essere di fronte a una love story melensa... e non lo è. Nel film ci sono anche sottotrame romantiche, questo sì, ma non costituiscono il fulcro della vicenda.

Nonostante il film sia intitolato "The young racers", al giorno d'oggi si potrebbe chiamare piuttosto "V3KkYaCç1 al volante". L'attore che interpretava il protagonista Stephen Children (Mark Damon) all'epoca aveva circa trent'anni, mentre quello che interpretava il co-protagonista Joe Machin (William Campbell) ne aveva addirittura quaranta!
Stephen è un ex pilota americano che si è reinventato come scrittore, che giunge a Montecarlo, dove ha una fidanzata, tale Monique, che tuttavia sta baciando al parc fermé il pilota vincitore del gran premio, ovvero Joe, che guida la Lotus ed è ovviamente a sua volta americano.
Questo è sposato con la figlia di un nobile decaduto da lui aiutato a saldare i propri debiti, ha un fratello che sta sempre al sup seguito e sembra che il fratello sia attratto dalla signora. Joe non si fila la moglie neanche di striscio, è attratto da una torera(?) spagnola con la cui ha una relazione clandestina e in presenza di Stephen e della segretaria di quest'ultimo si mette a inveire contro Monique dicendole di fatto che deve lasciarlo in pace perché tra loro è stata solo una botta e via.

Infuriato dal fatto che Monique l'abbia lasciato per uno a cui non frega nulla di lei, decide di scrivere un libro nel quale screditare Joe, sia come pilota - viene tacciato di essere scorretto in pista - sia come uomo, raccontando delle sue relazioni extraconiugali. Per tale ragione, lo avvicina sostenendo di essere interessato, genericamente, a scrivere un libro sul motorsport, per il quale potrebbe essere il soggetto ideale.
Approfittando della conoscenza con il team principal della Lotus, che risale a un incontro a Sebring ai tempi in cui era ancora pilota, gli chiede di essere ingaggiato come pilota di riserva... e questo accetta, dopo avergli chiesto se conosca la pista di Spa Francorchamps. Come un Michael Schumacher qualsiasi al cospetto di Eddie Jordan, Stephen risponde: "sì, certo, ho visto la piantina". Viene mandato in pista, dove impressiona positivamente, e viene ingaggiato come riserva.
Il pilota titolare è un certo Madison, che come un Carlos Sainz qualsiasi finisce in ospedale per un intervento di appendicite e successivamente in un buco di trama. Stephen viene quindi promosso a seconda guida del team.

Il pilota/scrittore ha la possibilità di conoscere meglio Joe e di raccogliere informazioni negative su di lui. Vediamo Machin appartarsi in un cimitero con la torera(?), sappiamo che la moglie ne è perfettamente al corrente e Stephen ha materiale per il proprio libro.
Al contempo, tuttavia, Joe inizia a considerarlo un confidente, si rivela un uomo tormentato e offre spunti di riflessione interessanti. Uno di questi dà i brividi, perché Joe sostiene che il pubblico desideri vedere incidenti e che in molti sarebbero eccitati nel vederlo morire.
In sintesi, tra Stephen e quello che vedeva come nemico giurato inizia a svilupparsi una sorta di bromance, con i due che nel privato sembrano andare molto d'accordo e in pista formano una partnership geniale che, grazie al team work, riesce a battere facilmente gli avversari, i quali sono nello specifico Bruce McLaren e un pilota della Ferrari immaginario. Dopo un quinto posto all'esordio, infatti, Stephen giunge secondo dietro al compagno di squadra nel successivo gran premio, formando con lui un duo degno dei migliori Nico Hulkenberg/ Kevin Magnussen.

Poi il plot twist: un certo Sir William, la cui giovane moglie l'ha in passato cornificato con Joe, racconta a quest'ultimo del piano di Stephen, riferendogli che il pilota/scrittore vuole innescare un incidente come vendetta per il tradimento di Monique, della quale a onore del vero sembra non importargli più da almeno tre quarti d'ora di film.
Stephen ammette con Joe le sue intenzioni iniziali e, dopo avere realizzato che l'intento di Sir William è spingere indirettamente lo stesso Joe a innescare un incidente, cerca di metterlo in guardia ma l'altro non vuole sentire ragioni e, durante l'ormai imminente gran premio, ingaggia contro lui un duello piuttosto agguerrito, nel quale tra una cosa e l'altra McLaren ne approfitta per portarsi in testa.
Quando Stephen ha un incidente e viene disarcionato dalla vettura, Joe si fa da parte per non investirlo e, così facendo, finisce per schiantarsi violentemente e cappottare, con la macchina che prende fuoco.

Ritroviamo il co-protagonista in ospedale, assistito dal fratello, con il quale ammette che la sua carriera è finita e che da anni guidava con paura, dopodiché c'è uno sbalzo temporale e ritroviamo Stephen al bar insieme alla propria segretaria, con la quale nel frattempo si è sposato.
I due vengono raggiunti prima dalla moglie di Joe, con la quale questo si è riconciliato mettendosi alle spalle le amanti del passato, e poi dallo stesso Joe che ha riportato conseguenze fisiche permanenti, ha un'andatura zoppicante e sostiene che adesso è titolare di una squadra.
Scopriamo che dopo l'incidente i due sono tornati amici, che Stephen ha scritto effettivamente un libro su Joe e che questo, pur ammettendo di non condividerne una parte dei contenuti, si fa autografare. Il film finisce così, con il trionfo della bromance... e non posso lamentarmi, l'amicizia nata a caso tra avversari è il sogno di ogni fangirl che si rispetti!

Il mio giudizio finale è che il film sia assolutamente godibile. Ho letto qualche commento in giro e le vicende personali sono state tacciate di essere troppo semplicistiche e banali. Io non le giudico tali, e già il fatto che il lato umano del co-protagonista venga scoperto dal suo avversario anziché dalla ragazza acqua e sapone e di aspetto nella media cioè gran gnocca di turno è già un passo avanti notevole.
Ho apprezzato molto anche il giudizio critico nei confronti degli appassionati di motori, tacciati di essere spesso desiderosi di vedere incidenti anche gravi. Io stessa ho trattato spesso questa tematica nei miei racconti di fantasia ispirati al motorsport.
Sono tuttavia molto perplessa di fronte a due aspetti, ovvero che 1) la trama sia incentrata su un tizio che diviene pilota di Formula 1 a caso e va più forte di Bruce McLaren e chiunque altro ci sia sulla griglia, co-protagonista escluso, 2) in una delle epoche più mortali del motorsport, le controversie personali vengano gestite lanciandosi letteralmente l'uno contro l'altro durante um gran premio. Questo però non intacca la godibilità del film (e la ship Stephen/Joe, ottimo duo).


sabato 18 maggio 2024

Ho visto il documentario "Villeneuve - Pironi" trasmesso oggi pomeriggio su TV8 al posto delle solite puntate di Masterchef: le mie impressioni

Carissimi appassionati di motori a cui non importa nulla di cuochi vari, oggi è stata una grande giornata per noi: TV8 ha avuto come tematica la Formula 1 per qualcosa come sei ore di fila senza che apparisse Masterchef se non in qualche spot occasionale e, dopo le qualifiche del gran premio, ha trasmesso il documentario "Villeneuve - Pironi" prodotto da Sky nel 2022 e finora mai trasmesso sulla TV dei poveri, ma solo su quella a pagamento. L'ho visto commentandolo nel frattempo in chat con Antonio di @MotorStories anche se è stata un'impresa non semplice dato che, a causa di un incendio accaduto la scorsa settimana a un ripetitore telefonico del mio paese, il 4G non riceve quasi per niente dal lato dell'appartamento in cui ci sono cucina e soggiorno, uniche stanze in cui ci sono televisori, ma solo nella mia stanza da letto, dove verosimilmente si aggancia a un altro ripetitore.
Ammetto le mie perplessità iniziali, il film non mi ha convinta molto nelle sue prime battute... seguitemi per scoprire se ho cambiato idea.


Per prima cosa a lasciarmi perplessa è la copertina: non so se avete la stessa sensazione mia, ma questi due sono pressoché irriconoscibili, queste foto sono ritoccate con quantitativi massicci di Photoshop, o in alternativa sono state scattate a due tizi a caso presi a random dalla strada.
Poi mi ha lasciata perplessa il fatto che fin dall'inizio fosse tutto un inquadrare continuamente alberi, reti, cancelli e staccionate, poi di nuovo alberi, ancora alberi e un susseguirsi di cose a caso. A onore del vero anche la suddivisione in capitoli non mi convinceva granché, ci saranno cinque o sei "atti" in due ore di documentario, ma i primi due duravano cinque minuti scarsi ciascuno.
Il primo presentava Gilles Villeneuve. Quindi eccolo apparire da giovane con capelli lunghi e basette, pilota di motoslitte e poi di Formula Atlantic, culminando con il debutto in Formula 1 il suo passaggio in Ferrari; era sempre accompagnato dalla moglie, dai figli che avranno passato più tempo sui circuiti che non a scuola.
Il secondo atto presentava Didier Pironi a partire da una sua foto d'infanzia in cui sembra Max Verstappen bambino, per poi procedere con inquadrature di endurance e della Ligier, ma soprattutto una tizia non identificata della TV italiana inquadrata sul palco di Sanremo che poi in una scena seguente dice di avere avuto una relazione con lui.

A seguire la vicenda diventa molto collage, con un vago tentativo di cronologia storica nel quale vengono tuttavia invertiti cronologicamente il GP di Spagna e Montecarlo 1981, nonché vari interventi che sembrano messi insieme molto a caso. Segnalo tuttavia inquadrature vintage di Alan Jones e John Watson nonché stralci di interviste di Jackie Stewart, Alain Prost e pure Bernie Ecclestone!
E incredibile ma vero, c'è voluta mezz'ora di film per arrivare a una carrellata di incidenti di Villeneuve, così come, seppure intravisti inizialmente, non sono mai stati narrati nel dettaglio né il duello con René Arnoux, né il giro su tre ruote: la mente pensante che ha delineato la storyline deve avere dedotto che avevamo visto scene simili centinaia di volte e che ci voleva altro per non fare un copia e incolla di cose già viste e lungamente dibattute.
Nel frattempo mentre in occasione della pubblicità si vedevano spot di Masterchef, io e l'autore di MotorStories in chat scherzavamo sugli algoritmi che palesemente spiano i nostri discorsi, culminando nel momento in cui, ovviamente a pubblicità terminata, è arrivata in primo piano un'inquadratura gigante dello sponsor Candy sul casco di Pironi, sponsor che gli algoritmi dei social ci piazzano in bacheca in ogni dove dopo le nostre conversazioni passate sulla Tyrrell e su Derek Daly.

Ma sto divagando, quindi procediamo, perché si passa al mondiale 1982, ed è molto grossa come frase perché lo sciopero del Sudafrica neanche viene citato - e vi vorrei ricordare che Villeneuve ci ha suonato il pianoforte a quell'evento, a giudicare dalle foto della serata standosene praticamente in canottiera e mutande, non mi sembra un dettaglio da poco - così come non vengono citate gare né viene dato segno che il campionato sia in qualche modo iniziato, ma si vaneggia piuttosto della conquista del titolo mondiale.
A quel punto si parla della polemica di Imola - sì, finalmente si tornano a vedere delle monoposto, che già non si vedevano da un po' - citando anche il fatto che alcuni team non fossero presenti all'evento. Un po' più di alcuni, secondo i miei standard, essendo oltre la metà, ma va bene così.
Per quanto mi riguarda non entro nei dettagli della polemica in quanto 1) se avessi un euro a ogni polemica tra i piloti adesso sarei una ricca spettatrice del GP di Miami (no scherzo, Miami no, sarei spettatrice di quello di Montecarlo), 2) sto recensendo il film, non esprimendo giudizi su eventi in pista, che sinceramente riassumerei come in ogni epoca storica con un "che rottura le polemiche in Ferrari, datemi qualcosa di stylish tipo la Tyrrell sponsorizzata Candy". Ed effettivamente compare Michele Alboreto sul podio: gli algoritmi sempre con noi!

A questo punto siamo molto vicini alla morte di Gilles, che avverrà in qualifica a Zolder al gran premio seguente, e ho iniziato seriamente a chiedermi, se mancava ancora un'ora di film e gli eventi erano sfiorati e messi da parte ogni due minuti contati, come sarebbe stato possibile che un film incentrato su due piloti proseguisse ancora per un'ora dopo la morte di uno dei due.
Ero già pronta a una stroncatura, lo ammetto, ma ho dovuto tornare sui miei passi perché da quel momento in poi il documentario diviene estremamente coinvolgente e assume quell'atmosfera romantica del motorsport di un tempo che non tornerà mai (e c'è anche chi osa dire che chi non ha vissuto gli eventi vintage in diretta non può essere emotivamente coinvolto dal motorsport vintage).
La parte sulla morte di Gilles non è affatto frettolosa come la parte in cui era in vita, ed è molto toccante, specie quando parlano i suoi familiari, che già erano comparsi in precedenza e che hanno continuato a comparire in altri momenti fino alla fine, e il "dopo" mi sembra comunque ben amalgamato.
La narrazione procede con il proseguo del mondiale e non si fa in tempo a riprendersi dalla morte di Villeneuve che arriva di colpo un'altra disgrazia. Infatti in Canada, proprio dopo che la vettura di Pironi resta ferma sulla griglia, si innesca un incidente a catena in cui il povero Riccardo Paletti muore praticamente sul colpo, in una scena davvero agghiacciante.
Si arriva in seguito all'incidente in cui Pironi rimane gravemente infortunato in Germania e devo dire che a mio parere questa parte è stata realizzata benissimo considerato che non esiste nessun video dell'incidente di Didier, ma solo del prima e del dopo. Perfino l'abuso delle inquadrature di alberi, che ci tormenta fin dalle prime battute, stavolta è ben azzeccato.
L'unico piccolo appunto che posso fare, in generale, è che dopo avere mostrato disgrazie su disgrazie una dietro l'altra, mi stupisce che non ci sia un vero e proprio pensiero critico sulla sicurezza ancora molto discutibile degli early 80's. Ma forse sono io che chiedo troppo e dovrei riassumerla con un "al tempo dei very uominy non ci si preoccupava di tutto ciò".

Poi, all'improvviso, ecco comparire inaspettata una svolta romance: viene messa da parte la moglie di Pironi già apparsa in precedenza, la quale racconta che dopo l'incidente si sono allontanati e poi lasciati, e compare un'altra donna, un'amica di gioventù di Didier reincontrata in ospedale in quanto lei aveva seri problemi di salute, divenuta poi la sua fidanzata (o moglie? non mi pare sia stato specificato se si siano mai sposati o meno) la quale ha raccontato di serate passate insieme a guardare le stelle al telescopio. E c'è gente che perde tempo a guardare i film romantici, quando il motorsport offre molto di più!
In seguito il documentario si focalizza sulla nuova carriera di Pironi come pilota di motonautica, sull'incidente in cui è morto alcuni anni più tardi e sui due figli gemelli nati pochi mesi dopo che la signora del telescopio ha deciso di chiamare Didier e Gilles.
La parte conclusiva mostra infine Jacques Villeneuve durante la sua carriera di pilota - o per meglio dire, di pilota di Formula 1, di quanto accaduto oltreoceano non si parla affatto - che racconta di come abbia sempre cercato di allontanarsi dall'immagine del padre per costruirsene una personale. Infine compare uno dei figli di Pironi, divenuto ingegnere e che lavora per la Mercedes in Formula 1, che in un'occasione sale sul podio come rappresentante del team al fianco di Lewis Hamilton.

Giudizio complessivo: a mio vedere il documentario parte decisamente male, per poi riservare un plot twist e divenire improvvisamente ben fatto e coinvolgente quando finalmente abbandona la parte in cui i fatti vengono solo accennati e messi lì a random e inizia ad avere una struttura narrativa lineare.
Lo consiglio indubbiamente agli appassionati di Formula 1 vintage (e agli appassionati di alberi, perché questo film è pieno di alberi!), mentre sinceramente non so se consigliarlo a gente che conosce solo la Formula 1 contemporanea oppure a gente che la segue sporadicamente: finirebbero a mio parere per perdere il filo, non avere la più pallida idea di cosa il documentario stia raccontando e finire per lasciar perdere ben prima che il documentario inizi effettivamente a raccontare invece che ad accennare.
Concludo con un cordiale ringraziamento ad Antonio per la bella chattata fatta vedendo il film. Peccato per la linea e speriamo che i "sabotatori" decidano di darmi un po' di tregua.


sabato 11 maggio 2024

FUORIGIRI/ Serie di VHS dei primi anni '90: recensione dell'episodio su Prost

Ringraziando ancora una volta @MotorStories per avermi fatto scoprire "Fuorigiri", serie di VHS sul motorsport risalente al 1993, mi appresto oggi a parlare di un altro episodio stanato su Youtube. Il titolo di questa puntata è "Alain Prost, vivere per vincere" e parla di un certo quattro volte campione del mondo dal caratteristico naso alla francese. Anzi, parla di un tre volte campione del mondo, perché è stato prodotto quando ancora il quarto titolo non solo non era stato vinto, ma il mondiale doveva verosimilmente ancora iniziate.
Quindi preparatevi psicologicamente ad essere scaraventati all'inizio del 1982, perché il documentario inizia con la vittoria al GP del Sudafrica. Che fosse la sua terza stagione in Formula 1 e che la Renault, dove stava dal 1981 e con cui aveva già vinto gare, fosse il suo secondo team, non ha alcuna importanza.

A onore del vero non mi sentirei di criticare questa mossa, non perché eliminare parti della carriera di un pilota di default sia incoraggiante, ma perché quantomeno viene riconosciuto abbondantemente come la carriera di Prost sia stata piuttosto incoraggiante anche ben prima del ritorno in McLaren: almeno il 1982 e il 1983 ci sono!
Del 1982 c'è addirittura il GP di Montecarlo, di cui però viene mostrato solo l'incidente di Prost e non quella situazione pittoresca arrivata nei cinque minuti seguenti. Unico scopo dell'evento, lanciare una velata critica a Prost tacciandolo di essere uno scarso in caso di pioggia.
Si parla poi di René Arnoux che lascia la Renault, di Prost che lotta per il titolo nel 1983 del clamoroso incidente innescato con l'avversario Nelson Piquet al GP d'Olanda, di quest'ultimo che diviene campione e di come Prost lasci la Renault per presunte vicissitudini personali che non vengono citate nel documentario e quindi non cito nemmeno io perché non sono una malalingua.

Poi arriva il 1984 e il titolo perso per mezzo punto contro Niki Lauda, con il solito accenno a Montecarlo, al fatto che se la gara fosse continuata avrebbe vinto Ayrton Senna, ma i punti del secondo posto sarebbero bastati a Prost per vincere il mondiale invece i mezzi punti della vittoria per la gara terminata anzitempo no.
A dire il vero penso che si traggano conclusioni non del tutto scontate. Non sappiamo per certo che Senna avrebbe vinto o che Prost sarebbe arrivato secondo, magari potevano pure ritirarsi entrambi, così come non abbiamo la certezza che senza bandiera rossa in quel momento non capitasse altro che comportasse comunque una bandiera rossa prima dei tre quarti di gara.
La retorica "favoritismo punito dal karma" non mi piace molto, perché stiamo parlando nientemeno che del terzo mondiale di Lauda e ridurre Lauda a colui che doveva salvarehhhh il mondohhhh dal maleficohhhh Prost e poi levarsi di mezzo senza essere citato neanche per sbaglio, magari anche no!

Poi viene il 1985, la lotta per il titolo con Michele Alboreto, con l'assegnazione del campionato in anticipo, poi il 1986, il secondo titolo vinto contro le Williams in quello storico evento ad Adelaide che ha il culmine con la foratura di Nigel Mansell. La stagione seguente le Williams sono imprendibili, mentre la McLaren torna al vertice nel 1988.
La coppia Prost/ Senna è protagonista del duello per il titolo che va a favore di Senna, mentre la situazione precipita nel 1989. Il documentario è abbastanza soft nel descrivere gli eventi - esattamente come quello su Senna - e di fatto li sintetizza così: nel 1989 Prost mette fuori Senna, nel 1990 Senna mette fuori Prost in maniera analoga. Personalmente oserei dire che il secondo incidente è stato un tantino più azzardato, visto che dietro c'era un'intera griglia che sopraggiungeva, ma questi sono dettagli sui quali, avendo essi portato al podio di Roberto Pupo Moreno, posso tranquillamente soprassedere!

Nel 1990 Prost è in Ferrari a fare coppia con Mansell, il quale viene tacciato in Portogallo di avere ostacolato Prost di proposito al via, per poi andare in seguito a vincere la gara. Devo dire che l'accusa nei confronti di Mansell è meno infamante di quanto sembri: accusarlo di intenzionalità significa definirlo un individuo dotato di intelletto mentre è al volante, qualità che non sempre gli viene riconosciuta!
Comunque sia, il mondiale finisce, si passa al 1991 e alle polemiche con la Ferrari, che comportano il licenziamento del nostro francese preferito (senza offesa per Jean Alesi, che non è protagonista di questo filmato quindi non deve allargarsi troppo). Prost fa dei test con la Ligier, nel 1992, ma non prende parte al mondiale. Finisce così, con il suo imminente ritorno per il 1993 con la Williams.
Nonostante abbia criticato la Ferrari e sia stato messo alla porta, non viene tacciato di essere il malehhhh assolutohhhh. Già detto e ridetto, ma credo sia doveroso puntualizzarlo un'altra volta: il target medio dei primi anni '90 a cui è dedicata questa serie è di gran lunga intellettualmente superiore della tifoseria trash contemporanea, con tanto che la tifoseria di un tempo sapeva comunque essere trash.