martedì 29 aprile 2025

Ho visto "Alboreto" (documentario indipendente 2025): le mie impressioni

Qualche giorno fa, in occasione del suo anniversario di morte, è uscito su un canale youtube chiamato @benjiconstant un documentario dedicato a Michele Alboreto, che a quanto ho capito è interamente fanmade. L'avevo già adocchiato nei giorni scorsi e, come spesso accade quando vedo un documentario, ho deciso di parlarvene, oltre che di consigliarvelo.
Il documentario, come spiegato nella descrizione, è un "collage" realizzato tramite video reperibili su Youtube che vengono citate nei credits. Alla luce del fatto che tali video siano in gran parte provenienti da "canali non ufficiali", vi consiglio di guardarlo quanto prima, perché ho forti dubbi sulla lunga permanenza di questo video.
Al di là di queste sottigliezze, possiamo entrare nel vivo e partire con il recap di quanto ho visto nel 99 minuti di durata del documentario.

Si parte da Las Vegas 1982. Del resto è la prima vittoria di Alboreto in Formula 1, non poteva mancare, così come non poteva mancare il podio al cospetto di Diana Ross. L'inizio a mio vedere è un po' macchinoso: si parte con la telecronaca che annuncia come Keke Rosberg, John Watson e Niki Lauda siano ancora in lotta per il titolo, cosa alla quale non verrà data alcuna spiegazione (ve la do io, ed è che Lauda, pur escluso dalla classifica, aveva fatto ricorso per una squalifica avvenuta millemila mesi prima e, se avesse vinto la gara e vinto il ricorso, avrebbe potuto vincere il mondiale).
Si fa a questo punto un passo indietro, con la presenza della moglie, conosciuta all'età di sedici anni, e con il fratello. C'è una piccola digressione all'epoca delle formule minori e perfino una premonizione: in una breve intervista ai tempi della Formula 2(?) compare Alboreto con un outfit profetico: indossa infatti un maglione rosso. E parla anche di Alain Prost in McLaren, giusto per non farsi mancare nulla.

Si torna al 1982, ovvero al GP Las Vegas al quale un'intera stagione fa da contorno. La parte dedicata alla Tyrrell non è eccessivamente lunga, seppure compaia ovviamente anche la seconda vittoria, conquistata a Detroit nel 1983.
La parte più importante, alla quale viene dedicato maggiore spazio, sono gli anni in Ferrari, squadra alla quale approda nel 1984 e in cui resterà per cinque stagioni. Conquisterà tre vittorie, la prima delle quali nel 1984 a Zolder, dopo essere partito per la prima volta dalla pole position, dove conclude con 40+ secondi di vantaggio sul secondo classificato Derek Warwick.
Se nel 1984 c'è una sola vittoria all'attivo, le cose vanno meglio nel 1985, stagioni sulla quale c'è il maggiore approfondimento in assoluto, non solo delle gare vinte. Viene dedicato parecchio spazio al GP di Montecarlo, in cui Michele era secondo alle spalle della Lotus di Ayrton Senna e, dopo il ritiro di costui per un guasto al motore, leader. Uscito vincente da un duello con Prost, la necessità di un pitstop l'ha fatto precipitare terzo dietro all'altra Lotus di Elio De Angelis e a seguito di un'intensa rimonta risale secondo.

Arrivano due vittorie, a Montreal e al Nürburgring. In Canada fa anche doppietta insieme a Stefan Johansson. È il principale avversario di Prost e potrebbe giocarsi il mondiale. In Ferrari, tuttavia, decidono di cambiare fornitore di turbine, sospettando il loro fornitore tedesco di essere in combutta con Porsche, motorista della McLaren, e autore di sabotaggi. L'inseguire il #NonCieloDikono potrà sicuramente soddisfare molti cuggggini insaider, ma si rivela un flop e il mondiale viene vinto anzitempo dalla McLaren e da Prost.
Gli anni seguenti va molto peggio. La Ferrari non vincerà più una gara fino alla fine del 1987, ma a ottenere due vittorie consecutive sarà Gerhard Berger. L'avventura di Alboreto alla Rossa si conclude nel 1988, stagione dominata dal duo Prost/ Senna con la McLaren. Quando Senna cozza su un doppiato al GP d'Italia, poche settimane dopo la morte di Enzo Ferrari, il duo Berger/ Alboreto fa doppietta. Michele è ormai in rotta con il team e pare gli venga data la comunicazione fasulla che sta esaurendo la benzina, in modo che non intacchi la leadership di Berger.

Tra il 1989 e il 1993, Alboreto gareggia per Tyrrell, Lola Larrousse, Arrows/ Footwork - restando protagonista di un notevole schianto a Imola - e Lola Scuderia Italia. Viene dato pochissimo spazio a questi anni (eccetto il citato incidente), tranne per il 1993 in cui proprio non ne viene dato nessuno.
Nel 1994 c'è il passaggio in Minardi, l'interesse per la sicurezza dopo il tragico GP di San Marino e, dopo che nello stesso gran premio ha perso una ruota in pitlane, la decisione di entrare ai box a 50 kmh perché ritiene che la successiva imposizione di 80 kmh sia comunque ancora troppo pericolosa.
C'è un solo arrivo a punti, a Montecarlo, dopodiché l'addio alla Formula 1, spaziando in altre categorie. Ho apprezzato il fatto che, oltre DTM ed endurance venga menzionato il breve periodo trascorso in Indy Racing League, anche se molto out of context dato che non si parla dello split.

Insieme all'ex compagno di squadra della Formula 1 Johanssen e a Tom Kristensen, Alboreto vince la 24 Ore di Le Mans nel 1997, all'età di quarant'anni. Continua a gareggiare in endurance sia in Europa sia negli States, con la vittoria a Sebring nel 2001.
Solo qualche mese più tardi, il 25 aprile, perde la vita al Lausitzring durante un test con Audi. Il documentario sceglie di raccontare questa parte tramite estratti di telegiornali dell'epoca, oltre che con interviste rilasciate ai tempi da personaggi del motorsport.
Si conclude così questo viaggio nella storia di Michele Alboreto. Vi consiglio assolutamente di vedere questo documentario (dimenticavo: è in inglese, con parti in italiano), che personalmente ho apprezzato. Se posso menzionare un lato stonato, tuttavia, è l'avere dedicato davvero pochissimo spazio agli anni trascorsi in squadre non altolocate della Formula 1.


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Milly Sunshine