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giovedì 17 luglio 2025

In ricordo di Jules Bianchi (03.08.1989 - 17.07.2015) nel suo decimo anniversario di morte

È strano pensare a come certi piloti ci restino nel cuore, ma solo per le ragioni sbagliate. È strano pensarci proprio oggi, che sono trascorsi dieci anni esatti dal 17 luglio 2015, il giorno della morte di Jules Bianchi, un intero decennio, eppure sembra ancora dietro l'angolo, sensazione che spero durerà il più a lungo possibile, perché almeno vorrà dire che nessuno ha subito la sua stessa sorte, almeno non nello stesso campionato.
Credo sia difficile far capire che cosa questo pilota abbia significato per me, così come che cos'abbiano significato anche altri, in tutti questi anni in cui sono stata un'appassionata di Formula 1, ma almeno gli altri sono vivi e forse risulta più comprensibile, perché sono percepiti più come umani che come una sorta di creature mistiche da menzionare una volta all'anno, anzi due, perché di fatto morire dopo nove mesi di coma significa avere due anniversari di morte, l'uno il 5 ottobre e l'altro il 17 luglio.

Penso sia stato ai tempi in cui era terzo pilota della Force India che è nato tutto. Erano i tempi in cui tutti detestavano Felipe Massa ("il vero campione del mondo 2008", sarebbe stato descritto, di lì a qualche anno, prima dell'approdo di Lewis Hamilton in Ferrari), il cui manager era Nicolas Todt. E allora ecco che, in modo totalmente random, tutti accusavano Jules Bianchi di essere un raccomandato con un posto in Formula 1 grazie al suo manager.
Spoiler alert, i piloti titolari della Force India erano quel Paul Di Resta che oggi fa commenti soporiferi per la televisione britannica e quel Nico Hulkenberg il cui recente podio con la Sauber è stato la versione meno "da poveri" dei punti di Bianchi con la Marussia.
Io ero una fangirl di Massa, ai tempi in cui non si parlava d'altro che di Nicolas Todt che apparentemente distribuiva posti in Formula 1 a piloti ritenuti incapaci dal tifoso medio, ma solo se non c'era altro da dire su di loro, perché mettiamo che un pilota fosse seguito da Todt Jr, ma fosse anche molto propenso agli incidenti e amico del Presidente del Venezuela, allora non si parlava del suo manager - sì, l'ho scritto, anche Pastor Maldonado era uno dei "piloti di Todt".

Il mio sogno nel cassetto era che qualcuno, un giorno, potesse mettere a tacere quegli hater. C'era un solo modo in cui poteva succedere, pensavo, ed era che Bianchi arrivasse in Formula 1 e che la sua storia una volta giunto nella massima categoria mettesse quei fanboy nella condizione di doversi rimangiare le proprie parole.
E poi, dato che si vociferava di un suo possibile futuro in Ferrari, un giorno, c'era sempre quell'opzione: che finisse per indossare quella tuta rossa che generalmente costringe il fanboy medio a cambiare radicalmente punto di vista, dato che averla indossata semplicemente per dei test non era abbastanza, anzi, era un furtohhhh nei confronti dei piloti più meritevoli, quelli che un giorno al volante della Rossa avrebbero potuto contrastare il dominio di Sebastian Vettel.
Poveri illusi, non sapevano ancora che la Ferrari aveva solo un modo per interrompere il dominio di Vettel, ovvero ingaggiarlo. Una coppia Vettel/ Bianchi, comunque, l'avrei trovata top, solo per fare venire l'orticaria ai fanboy.

L'occasione è arrivata con la piccola Marussia, uno dei "nuovi team", quelli che uscivano puntualmente in Q1 al sabato e che non avevano chance di prendere punti la domenica. Era già stato annunciato Luiz Razia a fare coppia con Max Chilton, poi lo sponsor di Razia si è tirato indietro, la Ferrari è stata annunciata come fornitore di motori per la stagione successiva e Bianchi, scartato dalla Force India che a Di Resta ha affiancato Adrian Sutil, è divenuto il nuovo pilota della Marussia.
Ricordo a tale proposito un articolo pieno di veleno nei suoi confronti, sul sito derapate.it, nel quale gli davano del raccomandato che rubava il volante ai piloti meritevoli, il tutto mentre Razia sarebbe stato un pilota pagante e l'altro titolare Chilton, era visto come uno dei peggiori della griglia.
Lo scrivo perché certi fatti mi sono rimasti impressi, e non mi sembra di avere mai sentito qualcuno dire "ho cambiato idea e ho rivalutato i suoi risultati", né prima del GP del Giappone 2014, né tra questo e il mese di luglio 2015, e neanche a posteriori.

Pilota vivo => tifoso medio hater.
Pilota in coma => tifoso medio pronto a divenire fan.
Pilota morto => tifoso medio fan sfegatato.

Le piccole soddisfazioni sono arrivate con un misero tredicesimo posto in Malesia 2013, quella volta in cui Vettel si è tirato i piatti con Mark Webber catalizzando tutta l'attenzione. Roba da poco, si può dire, ma non troppo, perché per la prima volta la Marussia ha battuto la Caterham in classifica piloti, grazie a quel risultato. Valeva la decima posizione nel mondiale costruttori, quindi l'ultima che valeva la ripartizione degli introiti dei diritti televisivi.
Poi è arrivato il 2014, risalente a inizio stagione ho trovato un topic su Forum Autosport nel quale veniva criticato per non fare la differenza rispetto a Chilton, che era considerato uno scarso, quindi doveva essere uno scarso lui stesso. Credo che quel nono posto ottenuto al GP di Montecarlo sia stata la giusta risposta alle critiche, in un'epoca in cui le critiche rimanevano comunque limitate ai forum, ai social network e ai siti gestiti a livello meno giornalistico... in estrema sintesi, non era la bolgia da cui siamo circondati al giorno d'oggi, ma di qualcosa in cui il singolo individuo rimaneva solo ed esclusivamente un singolo individuo e non un role model.

Sono poche le performance che mi sono arrivate dritte fino al cuore e quei punti conquistati alla quinta stagione di una squadra che fino ad allora non aveva mai visto la top-ten sono a mio avviso una piccola poesia meritevole di essere considerata parte della storia.
Forse esiste una regola non scritta secondo cui le performance eroiche sono controbilanciate dall'esatto opposto e la gara seguente si è conclusa con un tamponamento di Chilton, arrivato a cannone giusto per interrompere il proprio record di pilota con più gran premi finiti consecutivamente dopo io debutto travolgendo il proprio compagno di squadra.
Qualcos'altro di positivo è successo: delle Q2, qualche momento di spessore come una P10 provvisoria a un certo punto al GP di Gran Bretagna, prima di scivolare nuovamente nelle retrovie... e una Marussia nona in classifica costruttori, davanti perfino a una squadra di maggiore prestigio come la Sauber.

Poi i rumour, l'idea che sarebbe stato lui a prendere il posto di Fernando Alonso, che di punto in bianco era in aria di addio alla Ferrari a fine stagione. Non sarebbe stato lui, perché poi al sabato, giorno delle qualifiche del GP del Giappone, è stato annunciato che Vettel avrebbe lasciato la Redbull.
Non sarebbe stato lui in ogni caso, perché l'indomani è uscito di pista su un rivolo d'acqua alla stessa curva di Sutil, finendo contro al trattore che rimuoveva la Sauber incidentata, la dinamica alla quale, per una questione di centimetri, Martin Brundle era scampato nello stesso tratto di pista, in simili condizioni meteo, esattamente vent'anni prima.
Allora è stato così che all'improvviso, di punto in bianco, tutti l'avrebbero voluto in Ferrari. È stato così che anche molti suoi hater hanno iniziato a prepararsi a diventare suoi tifosi postumi, come sarebbe accaduto ufficialmente nove mesi più tardi.

Immagine generata con ChatGPT

Chiedo scusa per la schiettezza con cui mi sono espressa in questo post, ma penso sia arrivato il momento giusto per dire certe cose, per far notare come la questione Nicolas Todt sia stata usata per screditare Jules Bianchi per tutto il tempo della sua carriera in Formula 1 e poi accantonata, di comodo, dopo la sua morte.
L'atteggiamento ambivalente nei suoi confronti - il non dire "mi sbagliavo a criticarlo" invece che "l'ho sempre ammirato" - è una delle cose che trovo più irritanti. Una delle, ho detto. L'altra è considerarlo una sorta di profeta venuto ad annunciare la futura venuta di Charles Leclerc, o il fare coincidere quest'ultimo con la figura di Bianchi sulla base dell'amicizia tra le loro famiglie e una presunta somiglianza fisica (che personalmente avevo notato le vedendo le foto di Leclerc ai tempi dell'Alfa Romeo).
Sia chiaro, non ho nulla contro il menzionare il legame tra Bianchi e Leclerc, se succede in maniera pertinente, ma ho moltissimo contro il considerare Bianchi non come un pilota e una persona a sé stante, ma solo ed esclusivamente in funzione di Leclerc, che ai tempi in cui Bianchi conquistava quel risultato eroico a Montecarlo neanche sapevamo chi fosse.




mercoledì 2 aprile 2025

Quando i fan deliranti si augurano incidenti mortali memando(?) su veri incidenti mortali

In questi ultimi giorni ho notato che si è parlato tanto di un/una tiktoker che avrebbe fatto un video molto sgradevole, dando a costui/costei anche troppo spazio. Tuttavia, come sempre, quando ci sono pagine famose che scrivono allo scopo di fare tante interazioni, ci sono state tante interazioni, alcune delle quali mi hanno lasciato perplessa.
Non sono su tiktok e non ho visto il video, ma è stato raccontato così: il filmato dell'incidente in cui morì Jules Bianchi, con la scritta in sovrimpressione che il prossimo weekend a Suzuka dovrebbe accadere la stessa identica cosa anche a Lando Norris.

Non so se l'ho mai raccontato, ma quando ero in prima media - sì, avevamo undici anni - io e la mia compagna di banco di tanto in tanto parlavamo di Formula 1. Era la mia epoca "tifosa da bar" quindi non disdegnavo di augurare disgrazie ai piloti che non mi piacevano, ma erano disgrazie quali rotture del motore e vittoria del Benehhhh Assolutohhhh o cose simili. L'altra ragazzina menzionò ipotetici incidenti e disse: "speriamo che (pilota che non le piaceva) muoia".
Per fortuna ai tempi non esistevano i social e l'unica persona che sentì quelle parole fui io. Ma le trovai maledettamente stonate. Tutto ciò che posso dedurre e che non avesse mai visto un incidente mortale. Perché va bene, ero una tifosa da bar, ma mai e poi mai avrei desiderato vedere qualcuno morire di nuovo.
Credo che, oltre a non dare alla vita il valore che danno ai like e alle condivisioni (perché poi uno che augura la morte a un pilota mettendoci come sfondo l'incidente in cui è morto un altro pilota dovrebbe ricevere like e condivisioni, o commenti che non siano "fatti curare"?), certi soggetti non si rendano conto che il motorsport non è un film e che i piloti non sono personaggi di fantasia.

La cosa che mi lascia basita, tuttavia, è che tra le reazioni viste sulle millemila pagine con seguito che ne hanno parlato, è che ci sia chi giustifichi un simile atteggiamento con affermazioni tipo "è normale insultare i piloti", "succede anche ad altri", "Norris guida la migliore macchina pur non essendo il migliore pilota, quindi se lo merita".
Forse non si rendono conto che il problema non è Norris, né qualsiasi altro pilota, chiunque fosse quello preso di mira sarebbe la stessa cosa. Premesso che l'insulto a mio vedere dovrebbe sempre evitato, c'è comunque modo e modo di insultare. Augurare a un pilota di morire perché... non ti piace come guida? non ti sta simpatico? sta in testa alla classifica piloti e non concepisci la correlazione tra questo e i risultati ottenuti nei primi due gran premi? non mi sembra un comportamento edificante e ragionevole. Ma addirittura arrivare a farlo PUBBLICANDO IL VIDEO DI UN *VERO* INCIDENTE MORTALE?!?!?! E magari cercare di buttarla in "era un meme"?
Penso che a tutto debba esserci un limite e che il "normale insultare i piloti" sia interpretato in maniera molto sbagliata.

Aggiungo con alcune considerazioni: 1) chi ha fatto quel post è un bimbominchia/ una bimbaminchia incapace di comprendere che il motorsport non è un reality show o una serie televisiva, 2) non trovo Norris affascinante, ma molte ragazzine a quanto pare sì, mentre Bianchi era un bel ragazzo, quindi non mi stupirei che chi ha scritto il post sia un incel che sfoga così il proprio odio nei confronti di chi ha/ aveva più successo di lui, 3) quelli che invocano incidenti mortali, molto probabilmente se dovesse avvenire la morte che invocavano, poi finirebbero per mettersi la foto del defunto come avatar come se fosse una sorta di badge per gli autoproclamati influencer.


sabato 5 ottobre 2024

Dedicato a Jules Bianchi, dieci anni dopo

Anche se nel corso degli anni gli incidenti che a prima vista destavano preoccupazione erano sempre meno, non avevo quella sensazione, comune a molti, che nessuno potesse più morire in Formula 1, sia fanboy vintage secondo cui era troppo sicura quindi poco emozionante, sia ragazzini che non avevano mai visto nessuno morire se non nei vecchi video su Youtube. Ho sempre saputo che il disastro poteva essere dietro l'angolo, forse pronto a colpire in quei pochi punti di vuoto in cui non si era intervenuto, ma era un concetto vago: la morte, in un momento non definito, chissà dove e chissà quando, avrebbe bussato alla porta. Poteva essere l'indomani, poteva essere dopo anni. Di certo, quel 5 ottobre 2014, non avrei mai pensato che fosse giunto il momento.
Non avrei nemmeno mai immaginato che il pilota sarebbe stato Jules Bianchi, per ironia della sorte un pilota che avevo tanto sperato potesse arrivare in Formula 1. Avevo sperato che mettesse a tacere la gente che lo denigrava a random e, incredibile a dirsi, aveva fatto anche questo in grande stile, mettendo in top-ten una macchina dei nuovi team.

Quell'incidente è stato un duro colpo per me, quindi qualcuno mi vorrà scusare se parlo di lui e non di anniversari più importanti, cosa per la quale sono stata in passato criticata. Non obbligo altre persone a pensare a quel GP del Giappone con la mia stessa sensibilità, ma vorrei semplicemente che se qualcuno non è interessato a questo post semplicemente evitasse di leggerlo, invece di venire a dirmi che ho sbagliato a scriverlo.
Così come vedo appassionati che, giustamente, ricordano i piloti della loro generazione che non ci sono più, a distanza di decenni, credo di avere il diritto di ricordare un pilota della mia generazione, nel decimo anniversario dell'incidente che l'avrebbe portato alla morte dopo nove mesi di coma.
Amo il motorsport, anche se è pieno di storie tristi e senza lieto fine. Sono molto appassionata anche di vicende e piloti venuti prima della mia nascita. Non si può pretendere, tuttavia, che io riesca a mettere da parte quello che è stato il giorno che ho vissuto come più triste in assoluto come appassionata di Formula 1, e nel quale un ragazzo della mia età è venuto a mancare.


Sono passati dieci anni, ma non dimenticherò mai quelle ore trascorse in attesa di novità, poi al pomeriggio tornare con frequenza a controllare se ci fossero nuove notizie. Quando c'erano, non erano positive.
Poi, fuori contesto, ma incredibilmente incastrata nei drammi di quel giorno, è arrivata la notizia della morte di Andrea De Cesaris in un incidente stradale sul Raccordo Anulare. Perché evidentemente noi appassionati di motori siamo condannati alla sofferenza e quel giorno non ce n'era ancora stata abbastanza.


mercoledì 17 luglio 2024

Indycar 2024: #10 e #11 Iowa Speedway

In un sabato pomeriggio di luglio del 2015 mi stavo chiedendo a che ora si sarebbe svolta la gara di Indycar di quella sera. Il nome dell'evento era "Iowa Corn 300", ai tempi. Non possedevo uno smartphone a quell'epoca, quindi finché non entravo in internet dal computer o non accendevo la televisione non avevo idea di quello che stesse succedendo nel mondo. Alla mattina non avevo ancora fatto né una cosa né l'altra e il mio primo accesso a internet era stato nel primo pomeriggio per una commissione per conto di mia mamma. A quel punto non restava altro da fare che andare su GPUpdate, un sito olandese(?), che poi è stato assorbito da motorsport punto com, e che da circa dieci anni utilizzavo come principale fonte di informazione.
Mi piaceva per come era strutturato e mi dispiace che non ci sia più. C'erano parecchie versioni in diverse lingue, sezioni dedicate a squadre e piloti con relative foto, poi in homepage i link alle ultime news e in cima alla pagina l'immagine di copertina della notizia più importante del giorno.
C'erano anche gli orari delle gare delle principali categorie. Quelli dell'Indycar su versione inglese - quella di default, se ben ricordo - erano in orario USA Eastern Time, ma bastava andare su una qualsiasi altra versione europea per trovare l'ora di partenza nel nostro fuso orario. Era quello che intendevo fare, quel primo pomeriggio, andare a verificare l'orario della gara, se sarebbe stata alla sera, oppure nella notte italiana.
Allora, in quel primo pomeriggio di luglio, sono andata su GPUpdate. L'immagine in homepage era una foto di Jules Bianchi, e poteva avere un solo significato.
Nel 2015 la gara dello Iowa si è svolta a notte inoltrata. Ho seguito in livetiming la gara di Indylights, vinta proprio dal suo ex compagno di squadra Max Chilton, che a un certo punto aveva perso la leadership a vantaggio di Ed Jones, ma chr è riuscito a tornare in testa, guadagnandosi un incredibile popolarità, anche se destinata a esaurirsi in tempi brevi dopo il suo successivo passaggio in Indycar.
Il periodo rimane lo stesso, anche se adesso di gare di Indycar su questo circuito ce ne sono due. Ho scelto di raccontarvele proprio oggi, 17 luglio, nono anniversario della morte di Bianchi, proprio perché per me questo circuito, così lontano da Jules, rimane nel mio immaginario legato al suo ricordo.

SATURDAY RACE - nella sera dello Iowa Speedway, Colton Herta (Andretti) scattava dalla pole position, in una gara che iniziava con un incidente che coinvolgeva varie vetture: sia David Malukas (Meyer Shank) sia Christian Lundgaard (Rahal) sono finiti in testacoda e il primo dei due ha coinvolto loro malgrado Romain Grosjean e Agustin Canapino (entrambi Juncos).
Herta è rimasto in testa per tutto il primo stint, con la prima sosta avvenuta in regime di safety car causata una vettura che procedeva lenta. Scott McLaughlin (Penske) è uscito dai box in prima posizione, con Herta a inseguire, ma il peggio doveva ancora avvenire. In occasione della seconda sosta, avvenuta in regime di bandiera verde, proprio mentre era ai box, è uscita una safety car... a causa di un incidente di Alex Palou (Ganassi), leader del campionato.
Palou si trovava comunque nelle retrovie a causa di un problema nella sosta prececente, ma non è certo stato il modo migliore di terminare la gara! Per Herta la gara era ancora lunga, invece, ma i suoi avversari si sono fermati ai box in regime di safety car e, diversamente da lui, non hanno perso un giro.
Non restava a quel punto che l'ultimo stint, nel quale Will Power (Penske), uno dei diretti avversari di Palou nella rincorsa al titolo, già a sua volta arretrato da una penalità per eccesso di velocità nella pitlane, ha terminato - non proprio, ha proseguito giusto per procacciarsi un'altra penalità - la propria gara in un incidente con Pietro Fittipaldi (Rahal), in cui è finito coinvolto anche Ed Carpenter che, come in occasione degli eventi disputati su ovale, era al volante su una vettura del proprio team.
McLaughlin è andato a vincere precedendo Pato O'Ward (Arrow McLaren) e Josef Newgarden (Penske), mentre ha chiuso giù dal podio Scott Dixon (Ganassi) la cui quarta posizione era comunque un buon risultato al confronto di quello ottenuto da alcuni dei diretti avversari!
Rinus Veekay (Carpenter), Santino Ferrucci (Foyt), Kyle Kirkwood (Andretti), Alexander Rossi (Arrow McLaren), Marcus Ericsson (Andretti) e Marcus Armstrong (Andretti) hanno completato la top-ten, mentre Herta ha concluso la gara soltanto undicesimo.
Nolan Siegel (Arrow McLaren), Felix Rosenqvist (Meyer Shank), Kyffin Simpson (Ganassi), Sting Ray Robb (Foyt), Graham Rahal (Rahal) e Katherine Legge (Coyne) hanno preceduto al traguardo Power, ultimo dei piloti a vedere la bandiera a scacchi.
Oltre ai piloti già citati si sono ritirati anche Jack Harvey (Coyne), che l'indomani non ha gareggiato per problemi fisici che si portava dietro già dall'inizio del fine settimana ed è stato sostituito da Conor Daly, e Linus Lundqvist (Ganassi).

SUNDAY RACE - diversamente dal giorno precedente, la gara si è svolta di giorno, con la pole position conquistata proprio dal vincitore del giorno precedente McLaughlin. Ha leaderato per tutto il primo stint, poi in occasione del primo giro di pitstop un incidente - Canapino è andato a sbattere - ha scombinato la situazione: Palou e Power sono riusciti a portarsi 1/2 grazie alle tempistiche delle loro soste, con McLaughlin che era stato il primo di loro a rientrare relegato in terza posizione. In occasione della seconda sosta, Power è passato in testa di overcut e ha vinto davanti a Palou e a McLaughlin.
Il risultato, dalla quarta posizione in poi, recita testualmente: Dixon, Herta, O'Ward, Newgarden, Rahal, Veekay, Grosjean, Ferrucci, Lundqvist, Malukas, Siegel, Rossi, Kirkwood, Lundgaard, Simpson, Armstrong, Fittipaldi, Robb, Carpenter, Ericsson, Legge, con Canapino, Rosenqvist e Daly ritirati. Tuttavia non si sono ritirati solo questi tre, ma anche quattro piloti rimasti coinvolti in un pazzesco incidente all'ultimo giro.




Miglior attore protagonista Robb che, ritrovandosi davanti Rossi che rallentava avendo finito la benzina, l'ha speronato decollando come un Dario Franchitti qualsiasi per le strade del Kentucky, anche se obiettivamente per Darione si trattava del giro d'onore, e come bonus, il giorno in cui ha spiccato il volo sopra a Kosuke Matsuura erano passati appena sei giorni dal suo precedente cappottamento nella gara precedente.
E niente, ecco apparire le incredibili immagini di Robb in volo, con la scritta PRAY.COM visibile sulla carrozzeria della monoposto. Diciamo che appariva alquanto appropriata! (Da una breve ricerca ho scoperto che si tratta di un suo sponsor personale ed è un'applicazione a tematica religiosa divenuta popolare trasmettendo la messa in streaming ai tempi del lockdown.)
L'incidente ha successivamente coinvolto Carpenter e Kirkwood, con Carpenter che si è ritrovato letteralmente sopra a Kirkwood. Qualcuno ha osservato che il cupolino potrebbe avere salvato qualche testa. Altri hanno replicato con fermezza che non è sicuro che senza cupolino ci fossero gravi conseguenze, il che è una prova che il cupolino non serve. Mi stavo preoccupando, era da un po' che non leggevo questo tipo di sillogismo.


giovedì 5 ottobre 2023

5 Ottobre 2014

Era il 3 Ottobre ed era venerdì. Quel pomeriggio in ufficio, nel mio primo posto di lavoro, i miei due colleghi per qualche motivo si ritrovarono a parlare del loro lavoro dei sogni.
Lei gli chiese: "Quale sarebbe il tuo lavoro ideale?"
Lui rispose: "Pilota di Formula 1."
Quella risposta mi stupì. Lavoravamo insieme da quasi un anno e mai una volta l'avevo sentito parlare di Formula 1 o di corse automobilistiche in generale.
Peraltro era da tutto il giorno che parlava di un weekend alle terme(?) che aveva programmato per fare una sorpresa a sua moglie e mi venne da pensare che lui, il gran premio previsto per quel fine settimana neanche l'avrebbe guardato.
Io non pensavo ad altro. Quando uscii alle 17,30 corsi a casa e mi misi a passare l'aspirapolvere perché temevo che altrimenti mia madre me lo facesse fare il giorno dopo, a un orario inopportuno perché sovrapposto alle qualifiche.
Volevo disporre totalmente del mio tempo, quel fine settimana, incentrarlo sulla visione del gran premio.
Qualifiche in differita sulla Rai, gara in diretta su qualche sito non propriamente legittimo, quello era il mio piano.
Così iniziavo ad aspettare che fosse sabato e che venissero le 14.00.

Era il 4 Ottobre ed era sabato. Avevo deciso di andare in discoteca anche se la mattina dopo c'era il gran premio alle otto.
Avevo indossato un paio di scarpe che non avevo mai messo prima. Avevano delle cuciture che mi davano fastidio, me ne accorsi durante la serata.
Andai in bagno, per mettermi dei cerotti per evitare che i piedi mi si riempissero di vesciche.
Facevo un po' il countdown del tempo che mancava al gran premio, fregandomene del fatto che avrei dormito poche ore.
Rievocavo le 13.50, quando era iniziata la telecronaca - in differita - di Mazzoni.
Ai tempi non avevo lo smartphone, ma un cellulare anteguerra. Per essere sul pezzo con le ultime news dovevo accendere il computer oppure beccare un telegiornale.
Non avevo acceso il computer e, fino a quel momento, neanche la TV. Niente spoiler, avevo pensato, credendo che il momento clou fosse alla fine delle qualifiche.
Invece no, il momento clou, quello che spiazzava, era arrivato prima ancora che le vetture scendessero in pista, con una notizia bomba di mercato. Non mi aspettavo di sentire che un pluricampione del mondo stava per lasciare il team con cui aveva vinto quattro mondiali.
Le implicazioni erano chiare e l'impressione era che qualcosa stonasse. C'erano pezzi che non si incastravano, ma non potevo fare altro che evitare altri incastri.
Rimaneva comunque un weekend di gara. Non restava altro da fare, al momento, che pensava alla domenica mattina e alle otto che sarebbero arrivate di lì a qualche ora.

Era il 5 Ottobre, infine, ed era domenica, erano le otto, con le voci di mercato che si spegnevano, come invece non si spegnevano le luci della safety car, pronte a lasciare spazio alla bandiera rossa.
Venti minuti dopo le vetture si sarebbero riallineate dietro la safety car e diversi giri dopo si spegnevano anche le luci della safety car. La pioggia si era placata, iniziava la vera gara.
Sembrava uno di quei giorni già scritti, in cui la seconda guida di turno che si atteggiava a potenziale campione del mondo sarebbe stato ridicolizzato dal compagno di squadra, l'unico capace di essere preso sul serio. Ci fu un momento, in effetti, che pensai andasse davvero così, che fosse quello il succo della giornata.
Una volta deciso l'affare della leadership, si passava a quelle che vedevo come cose serie, come il contorno che non era solo un contorno. Poi ci fu quel pensiero, che ricordo con chiarezza. Arrivò più avanti, quando la pioggia aveva ripreso a cadere, i giri di soste venivano ultimati e ogni tanto il sentore che qualcosa stesse per accadere si faceva vivo: "ora sto iniziando a divertirmi".
Era raro che non mi succedesse, nel vedere un gran premio. Sono sempre stata capace di emozionarmi anche per il dettaglio che a molti sembra inutile. Non so nemmeno cosa mi divertisse, quella mattina, non me lo ricordo, probabilmente un dettaglio da nulla. O forse quel meteo incerto che poteva cambiare le carte in tavola.

C'eravamo noi, nelle nostre case, sui nostri divani, davanti ai televisori - oppure, nel mio caso e forse di parecchi altri, seduti sul letto con computer portatile sulle gambe in incrociate - che guardavamo il gran premio inoltrato, ancora ignari di cosa ci aspettava.
C'eravamo ancora noi, spaccati inesorabilmente in due sottogruppi, che non sapevamo che stavamo per diventare una cosa sola, mentre la pioggia controllata si faceva diluvio e una pagina oscura della storia del motorsport stava per essere scritta.
Le anime innocenti non mi avevano mai convinta con la loro teoria secondo cui in Formula 1 c'era un livello di sicurezza tale per cui nessuno poteva morire. Però, nonostante tutto, li capivo, semplicemente non erano mai stati messi di fronte alla realtà. Quando la realtà precipitò addosso a tutti noi, anime innocenti o meno, allora non ci furono più distinzioni.
Quella che era sempre stata un'ombra che stava sempre in agguato, da qualche parte, era una certezza. La verità è che prima o poi ci sarà sempre un prossimo incidente mortale. Il progresso della sicurezza serve per rimandare questo momento il più a lungo possibile, o almeno così funzionava.

L'incidente di Jules Bianchi e la sua morte mi portarono a suo tenpo a farmi delle domande dell'integrità del mondo della Formula 1 e, a distanza di anni, pur ritenendo corretti tutti i miei dubbi, inizio seriamente a temere che, pure in assenza di altri morti - per fortuna, il livello di integrità si sia di gran lunga abbassato.
Onde evitare fraintendimenti, ci tengo a specificare che ritengo siano stati fatti progressi dal 2014 a oggi, molti progressi. Se non altro, negli anni immediatamente successivi, la Formula 1 ha dimostrato di avere imparato almeno qualcosa dai propri errori.
Però, altrove, mi sembra ci sia un decadimento che personalmente trovo molto difficile da accettare. Si può discutere della poca moralità del "si corre a ogni costo in nome dei soldi, anche mettendo in conto la possibilità di incidenti gravi", ma se non altro posso riconoscere alla Formula 1 di quei tempi di avere avuto quantomeno la decenza di essersi limitata a strizzare un occhio al passato e non a un futuro ai limiti della distopia motoristica.
Se in quei giorni l'incidente era visto come un rischio che poteva essere accettato in nome delle ragioni economiche, pensiero sicuramente poco etico, al giorno d'oggi sembra sempre più visto come qualcosa di auspicabile, qualcosa da spettacolarizzare a ogni costo, qualcosa che deve essere desiderato e cercato e che magari esso stesso è alla base di introiti - questo lo trovo davvero raccapricciante, oltre che irrispettoso di chi in passato è stato vittima di questo sport.


Il 5 Ottobre 2014, stesso giorno in cui Jules Bianchi ebbe il devastante incidente per il quale morì dopo nove mesi di coma, Andrea De Cesaris perse la vita in un incidente in moto a Roma. Aveva 55 anni.
Un tempo, durante gli anni finali della sua carriera, Murray Walker lo definì come "il pilota che ha vinto più gare di tutti, senza vincerne nessuna". Era una gaffe, ma mi piace considerarla una metafora.



lunedì 17 luglio 2023

:-(((


In questo giorno non posso dimenticarti, così come non posso dimenticarti nemmeno in tutti gli altri.

03.08.1989 - 17.07.2015 🇫🇷

mercoledì 5 ottobre 2022

It's the end of the world as we know it, otto anni dopo

Otto anni fa era tutto diverso. Me lo ricordo, un giovedì mattina di ottobre. All'epoca lavoravo da un'altra parte e iniziavo presto (nel senso, all'orario in cui la maggior parte della gente inizia a lavorare invece che in tarda mattinata), ma lavoravo vicino a casa, quindi andavo via poco prima. Quando finivo di prepararmi in fretta, a volte accendevo il computer e andavo a cercare notizie di Formula 1, se c'era un gran premio imminente, in modo da non dovere aspettare il tardo pomeriggio/ prima serata quando venivo a casa. Quel giovedì mattina di ottobre si faceva un gran parlare del presunto split a fine stagione tra la Ferrari e Fernando Alonso. Era successo tutto all'improvviso, che i rapporti non fossero più cordiali come ai tempi di "siete dei geni" era nell'aria, ma tutto ci si poteva aspettare tranne un addio imminente. O meglio, questo è quanto compariva dall'esterno, mentre noi eravamo ancora del tutto ignari di ciò che sarebbe accaduto, lui trattava con la McLaren e in Ferrari stava per accasarsi Sebastian Vettel.

Otto anni fa era tutto diverso, nel senso che era ancora epoca di totale alonsocentrismo. Non che chi considerava Alonso un idolo totale ai tempi abbia smesso - alcuni hanno addirittura abbandonato il loro tifo ferrarista per lui, altri si comportano da vedovi, o almeno hanno continuato a comportarsi come tali per poi diventare in seguito vedovi di Vettel - ma non parlo della tifoseria. Parlo proprio del fatto che, in quel lontano 2014, in scia agli anni precedenti, sembrava proprio passare il concetto che non potesse esistere una Ferrari senza Alonso. Per quello, quando quella sera scrissi un post su quello che stava per accadere - lo split - mi venne in mente la canzone dei R.E.M. e lo intitolai "it's the end of the world as we know it". Mi sembrava di essere di fronte a qualcosa che avrebbe segnato una grossa linea di demarcazione, che avrebbe mutato in qualche modo le dinamiche della Formula 1. Esageravo. Esageravo molto, ma a mia discolpa posso dire che esageravo come tanti altri, solo, su qualcosa di diverso.

Si faceva un gran parlare della McLaren Honda, ai tempi, la reunion tra il team e il suo storico fornitore di motori, quel binomio vincente che aveva accompagnato Ayrton Senna alla conquista di tre titoli mondiali un quarto di secolo prima. Era una novità accolta con entusiasmo, un po' come se bastasse mettere i motori Honda sulla McLaren per tornare ai fasti di un tempo. C'era anche chi si esaltava alla prospettiva che fosse Fernando Alonso - in coppia con Jenson Button, mandando Kevin Magnussen a fare altro - colui che avrebbe riscritto la storia del team, con successi a ripetizione. Io esageravo pensando che lo split tra Alonso e la Ferrari potesse stravolgere la Formula 1 (e nemmeno prendevo in considerazione l'idea che Vettel potesse lasciare la Redbull, quel giovedì sera). Altri esageravano, e di gran lunga, il fatto che la McLaren Honda sarebbe salita sul tetto del mondo strappando alla Mercedes che stava dominando la stagione il ruolo di prima della classe. La realtà era molto diversa, è un po' lo immaginavo nel mio post.


Questo era il post di quella sera e, a posteriori, un titolo esagerato ha finito per rappresentare, in maniera del tutto casuale, quello che stava davvero per succedere. Il mondo della Formula 1 che eravamo abituati a conoscere stava davvero per finire, in più di una sfaccettatura. Basta solo leggersi la classifica di oggi: in testa c'è Max Verstappen, sulla cui vettura svetta il numero 1 (non mi sembra il momento opportuno per dibattere di come sia avvenuta l'assegnazione di quel mondiale), che sta andando a prendersi un secondo mondiale (non mi sembra il caso di parlare di budget cap e delle relative polemiche in questo post), idolo degli olandesi e di una certa parte dei driverstosurvivers. Noi c'eravamo, c'eravamo quando aveva diciassette anni appena compiuti e si apprestava a scendere in pista per la prima volta in un evento ufficiale, il 3 ottobre 2014. C'eravamo quando si faceva un gran parlare del fatto che avesse solo diciassette anni e di quanto fosse un salto nel buio mettere un diciassettenne al volante di una Formula 1.

Nel mentre, quando i rumour facevano (erroneamente) il nome di Jules Bianchi come potenziale sostituto di Alonso in Ferrari, il tifone Phanfone si abbatteva sul Giappone e si avvicinavano a Suzuka le devastanti condizioni meteo di quella domenica 5 ottobre. Ventidue piloti si sarebbero allineati sulla griglia di partenza, in quella piovosa domenica d'autunno. Ventuno di loro sarebbero tornati a casa vivi. Saremmo così arrivati, ancora una volta, alla fine di quel mondo della Formula 1 che avevamo imparato a conoscere, di quel fanbase ancora spaccato in due, due generazioni di appassionati destinante irrimediabilmente a fondersi l'una all'altra. Prima di quel giorno, da un lato c'era la generazione di chi aveva già conosciuto la morte in un weekend di gara, dall'altro chi era troppo giovane per vederla come un'esperienza che in qualche modo lo toccava. C'era chi si spaventava per gli incidenti di un certo livello, chi pensava che tutto si sarebbe risolto bene sempre e comunque.

C'eravamo noi e c'erano loro, ma eravamo destinati a diventare una cosa sola. Anche noi, che tante volte avevamo sussultato in preda al terrore, convinti di avere appena assistito alla morte di qualcuno, avremmo capito che *tutto* è imprevedibile. Quella mattina, mentre guardavo il gran premio del Giappone, seduta sul letto in camicia da notte, al buio con il computer portatile sulle ginocchia, su un sito di str**ming ill*gale (diversamente da come faccio oggi che vedo sempre le gare in TV, ai tempi facevo così per le differite), avevo appena iniziato a pensare che il gran premio, tutto sommato, fosse anche abbastanza divertente. Stavo commentando la gara sul forum che modero, di fatto stavo facendo liveblogging da sola perché nessun altro stava commentando a parte me in quei momenti. Quando la pioggia aumentò e Adrian Sutil andò a sbattere, ci scherzai su, perché accadeva spesso che quello specifico pilota andasse a sbattere. In quel momento, per me, uscire di pista sotto al diluvio era semplice routine.




Molto probabilmente lo era davvero. Sutil uscì illeso dall'incidente, un giro più tardi se ne stava dietro un muretto, quando anche Bianchi uscì nello stesso tratto. Come era capitato vent'anni prima a Martin Brundle, uscito di pista in condizioni analoghe in quel punto della pista riuscendo a evitare all'ultimo un trattore che rimuoveva la monoposto incidentata di Gianni Morbidelli e investendo un commissario di percorso (che sopravvisse riportando fratture), il pilota della Marussia si ritrovò di fronte il trattore che rimuoveva la vettura di Sutil. Solo, non lo evitò, colpendolo e incastrandosi sotto. Morì dopo nove mesi di coma, ma il suo destino era già segnato fin dal momento dell'impatto. Da allora la Formula 1 ha fatto tanti passi avanti, come virtual safety car o safety car sempre presenti se ci sono trattori o bandiere rosse quando servono, ma a mio avviso sta iniziando a fare passi indietro e questo mi spaventa parecchio, se devo essere sincera, perché non ho idea di dove ci porterà.

Virtual safety car, safety car e bandiere rosse ormai sono viste solo ed esclusivamente in funzione dello spettacolo. Gli incidenti non vengono più mostrati finché non è chiaro che il pilota stia bene (al massimo viene inquadrata gente sulle tribune che balla mentre viene mandata musica dance a palla), e questo può avere i suoi lati positivi, ma la mia impressione è che si sia arrivati a una situazione in cui la "censura" può essere sfruttata a proprio vantaggio. Se qualcuno dovesse farsi male o morire, basterà non fare vedere le immagini, per non turbare gli appassionati e per non turbare i ragazzini innocenti. Così, i ragazzini innocenti, dall'alto del loro piedistallo continueranno a inneggiare alla morte degli avversari dei loro idoli o, genericamente, alla morte dei piloti che non apprezzano. Sì, il mondo della Formula 1 che conoscevamo è finito da tempo e in tanti cercano di non vedere gli strascichi di quello precedente. Otto anni sono tanti, ma non abbastanza per fingere che la storia non possa ripetersi, con altre varianti.

Se c'è una cosa che il motorsport mi ha insegnato, in trent'anni o giù di lì che seguo le competizioni, è che si può fare tanto per allontanare la morte, ma il suo spettro vi aleggerà sempre. Nessun incidente mortale sarà mai l'ultimo in assoluto. Tutto quello che il motorsport può fare è premunirsi per ritardare quello successivo il più possibile, con la consapevolezza che la sicurezza nel motorsport è come il delitto perfetto nel giallo classico: qualcosa di studiato ad arte, nel minimo dettaglio, al di sopra di ogni sospetto... poi niente, per far crollare il castello di carte basta un granello di polvere fuori posto. È quello che accadde quel giorno e che qualcuno, in cuore suo, si augura di potere provare l'emozione di vivere, anche tra i driverstosurvivers. Loro non sanno cosa si prova. Pensano che se un Ferrari junior muore basta prenderne uno che gli somiglia e inquadrarlo in penombra per avere l'illusione di non avere perso niente. Odio tutto questo, ma spero possano provare questa illusione il più a lungo possibile, perché vorrà dire che non è (ancora) morto nessun altro.


domenica 17 luglio 2022

In ricordo di Jules Bianchi // 03.08.1989 - 17.07.2015

È il 17 luglio 2022  sono passati esattamente sette anni da quando Jules Bianchi ci ha lasciati. In questo post per ricordarlo avrei potuto parlare della dua carriera in Formula 1 oppure del fatto che esistessero (remote) possibilità di vederlo in Ferrari un giorno, oppure potrei scadere nel trash e utilizzare il suo legame con Charles Leclerc per parlare di quest'ultimo (d'altronde oggi come oggi Bianchi sembra essere considerato solo qualcuno che aveva la funzione di annunciare la venuta del predestinatohhhh). Invece no, vi racconto di quella volta in cui, il 9 luglio 2011, ha vinto una gara di GP2 a Silverstone. Era una feature race, avvenuta dopo una sessione di qualifiche bagnate ed è stata l'unica vittoria di Jules Bianchi ***in*** GP2. Non l'unica ***al volante di una*** GP2, ma l'unica valevole per il vero e proprio campionato di GP2.


In GP2 Bianchi ci ha corso nel 2010 e nel 2011, classificandosi terzo in entrambe le stagioni. Ai tempi oltre al campionato che andava dalla primavera fino a fine stagione, c'era anche la GP2 Asia Series. Nel 2011 si è svolta nel periodo febbraio/marzo con un totale di due eventi e proprio nell'Asia Series ha ottenuto una vittoria nella gara inaugurale a Yas Marina, battendo Romain Grosjean, poi divenuto campione sia della serie asiatica sia del vero e proprio campionato di GP2. Nella main series, tuttavia, la vittoria gli era sempre sfuggita, nonostante le tre pole position ottenute nel 2010 e alcuni piazzamenti a podio. La sua quarta pole nel campionato di GP2 è arrivata proprio in Gran Bretagna nel 2011, in una gara iniziata con la pista bagnata dopo un acquazzone e proseguita con il sereno e con l'asfalto che si asciugava.

Come se già avesse realizzato le proprie ambizioni e stesse gareggiando al volante di una Ferrari, il pitstop del pilota della Lotus ART color verde Caterham non è arrivato esattamente nel momento in cui doveva arrivare. Rientrato con un giro o due di ritardo per passare dalle gomme da bagnato a quelle da asciutto, dopo essere stato leader nel primo stint si è ritrovato d nuovo leader, ma con un inseguitore negli scarichi. Si trattava di Christian Vietoris, con il quale verso metà gara è stato protagonista di un duello piuttosto acceso e intenso. Superato da Vietoris a quella curva Copse di cui ormai parlano anche muri, si è ripreso subito la posizione. Non è finita lì e nel corso dello stesso giro c'è stato un altro duello ruota contro ruota, con nuovo sorpasso di Vietoris culminato in un ulteriore controsorpasso di Bianchi, che ha confermato la propria leadership.


Nella parte restante di gara è riuscito ad allungare portando il proprio vantaggio ad alcuni secondi. Vietoris si è dovuto accontentare di finire runner up mentre sul gradino più basso del podio è salito una nostra conoscenza, ovvero Marcus Ericsson. A guardare tutta la zona reverse grid, di nostre conoscenze ce ne sono state parecchie: quarto Romain Grosjean (poi vincitore della sprint race avvenuta la domenica mattina), quinto Sam Bird, sesto Dani Clos, settimo Stefano Coletti e infine Giedo Van Der Garde. La top-ten è stata conclusa da Alvaro Parente ed Esteban Gutierrez. L'indomani Bianchi si è classificato in quinta posizione e, per quanto sia stata la sua unica vittoria stagionale, è salito sul podio diverse altre volte negli appuntamenti ancora restanti del campionato, confermandosi appunto terzo classificato a fine stagione.

Nel 2012, parallelamente al suo ruolo di Friday Driver con la Force India, Jules Bianchi ha gareggiato in World Series by Renault, dove ha ottenuto tre vittorie e si è classificato secondo nella stagione alle spalle del campione Robin Frijns. Nel 2013 è stato ingaggiato dalla Marussia, con la quale è rimasto fino al suo tragico incidente al GP del Giappone 2014. Rumour mai ufficialmente confermati, ma nemmeno smentiti, sostengono che proprio in quel fine settimana avesse firmato un contratto con la Sauber per il 2015 (non si sa se per guidarla effettivamente o per fare la fine fatta da Van Der Garde). Non sapremo mai come sarebbe andata, ma sappiamo quello che è stato fino a ottobre 2014. Oggi ho scelto di raccontarvi della GP2 in Gran Bretagna perché a mio parere i ricordi positivi devono essere condivisi e tramandati.


R.I.P. Jules Bianchi. <3
Per sempre indimenticabile,  sempre nei nostri ricordi.


martedì 5 ottobre 2021

Seven years have gone so fast, wake me up when September ends

Quello che sto per raccontare sembra una storia appartenente a un'altra vita e in effetti un po' è così. La storia inizia con una serata passata in discoteca, la notte prima di un gran premio. Ricordo distintamente che indossavo un paio di decolleté nere con il cinturino, quel tipo di scarpe che abbinate a un paio di jeans attillati li rendono meno casual e un po' più eleganti. Me lo ricordo distintamente perché era la prima volta che le mettevo e a un certo punto della serata andai in bagno a mettermi dei cerotti nei piedi perché c'erano delle cuciture che mi davano fastidio. Ricordo distintamente anche che quella serata, quando ogni tanto pensavo al motorsport mi sentivo inca**ata con il mondo, perché c'era qualcosa che mi dava la sensazione che i meriti dei piloti non venissero mai riconosciuti fino in fondo, a meno che non facessero parte di quella ristretta cerchia che sta nelle zone che contano e che, a seconda della tuta che indossa, può essere vista bene o male e vedere la propria reputazione cambiare da un gran premio all'altro.

Non c'era ancora l'ufficialità, ma era ormai ufficioso che Sebastian Vettel avrebbe preso il posto di Fernando Alonso in Ferrari, dopo la conferma arrivata quel giorno che Daniil Kvyat ne avrebbe preso il posto in Redbull. Ironia della sorte, proprio in quel weekend aveva debuttato Max Verstappen come pilota del venerdì, una sorta di monito per quello che sarebbe stato appunto il futuro del Russo di Roma, ben meno roseo di quanto poteva apparire in quei giorni. Anche quei giorni forse appartengono a un'altra vita: un diciassettenne arrivato direttamente dalla Formula 3 Europea disputava una sessione di prove libere nel weekend con il meteo peggiore dell'intera stagione. Certe cose, a pensarci a posteriori, sono un po' da strapparsi i capelli... ma ai tempi non ci pensavamo. E se ci pensavamo, magari ci chiedevamo se fosse normale mettere al volante un diciassettenne in un simile fine settimana, non se fosse normale anche tutto ciò che c'era intorno. Se non altro almeno questo coincide con quello che succederebbe oggi: qualunque condizione meteo, secondo alcuni, sarebbe buona per un gran premio.

Ero inca**ata con il mondo un po' come le fangirl che si aspettano che i loro favoriti delle retrovie vengano promossi in un top team a caso, dove a volte il caso non sarebbe poi così tanto un caso. Mi sentivo come tanta gente che ho preso per i fondelli in altri momenti, forse, e chissà, magari prendevo per i fondelli quella gente proprio perché ero stata come loro. Guardavo a tutto quello che succedeva, dall'altro al basso. Non seguivo solo le gare dei front runner, non seguivo soltanto le gare del midfield, per me era tutto un unico contesto, di cui facevano parte sia i piloti che lottavano per il mondiale, sia di quelli che non potevano essere messi in luce secondo gli standard mainstream, quegli standard mainstream secondo cui al di fuori di pochi nomi non ci sono altri piloti che contano, non ci sono piloti che un giorno potrebbero fare il salto di qualità e non ci sono predestinati da potere considerare alla pari dei piloti più altolocati di loro.

La notte prima del gran premio ricordo di essermi chiesta più di una volta perché Jules Bianchi non fosse considerato abbastanza da potere guidare una vettura migliore di quella che aveva, una vettura che, in ogni caso, ancora non lo sapevo ma sarebbe stato destinato a non potere guidare mai. Andai a casa in tardissima serata, lasciai un po' di cose in giro perché l'ordine non è il mio forte, mi preparai per andare a letto e mi addormentai in attesa della sveglia. Quando c'erano i gran premi, ne mettevo due, di sveglie, per non rischiare di perdermeli, non ero una persona da differite ai tempi, cercavo sempre un modo per vedere le dirette. Guardai la gara al buio, in camicia da notte, seduta sul letto con il computer portatile sulle ginocchia. Ci fu addirittura un momento in cui pensai che tutto sommato, nonostante tutto, stava iniziando a diventare una bella gara. Poi tutto iniziò a precipitare, anche se era ancora troppo presto per accorgersene.

La triste fine di Jules Bianchi, se non altro, mi ha definitivamente aperto gli occhi su quanto nulla sia mai da dare per scontato e soprattutto su quanto anche qualcosa di in apparenza ininfluente possa cambiare radicalmente il destino. La sua traiettoria si incrociò direttamente con quella della gru che stava rimuovendo la monoposto incidentata di Adrian Sutil. Quella gru era in movimento. Se fosse partita pochi secondi prima o pochi secondi dopo avremmo potuto assistere a storie diametralmente opposte. Avrebbero potuti essere travolti anche gli operatori, oppure Bianchi avrebbe potuto evitarla per un soffio. Credo che questo faccia capire, fino in fondo, che a volte ci sembra di avere tutto esattamente sotto controllo, ma basta qualsiasi cosa affinché il fatto di avere tutto controllo diventi solo una sensazione totalmente illusoria.

Non so dire se dopo sia davvero cambiato qualcosa, nel motorsport. Forse sì, ma ho la sensazione che non sia cambiato nulla nella mente di molti tifosi. Ci sono driverstosurvivers che affermano senza mezzi termini che Bianchi non ha rallentato abbastanza quindi la colpa della sua morte è soltanto sua. Poi ci sono persone che hanno la sua foto nell'avatar dei loro profili social, ma che nonostante tutto si lamentano del fatto che i piloti non sono very uominy se non si corre in situazioni meteo in cui non è abbastanza sicuro correre. Infine c'è il 99% dei tifosi che, pur sapendo benissimo che cosa successe sette anni fa, vive in un mondo illusorio che sembra costruito ad arte per far dimenticare in fretta, oppure per non far pensare ai momenti neri della storia recente, un mondo illusorio al quale anch'io penso di avere creduto in passato.

Viviamo in un contesto in cui nel sondaggio di Liberty Media viene chiesto agli appassionati se gli piacerebbe avere gare con un maggior numero di incidenti spettacolari (tanto si possono sempre censurare per salvare le anime pure dei driverstosurvivers), ma soprattutto ho l'impressione che viviamo in un contesto in cui se qualcuno muore può essere rimpiazzato senza problemi ed essere equiparato a una figura astratta che anticipava la venuta di un suo opportunamente scelto successore. Perché ormai, a questo punto, mi sembra palese che si sia scelto di intraprendere esattamente questa strada, più o meno consciamente. Credo che quello che, nella nostra individualità, possiamo cercare di fare sia cercare di tenere gli occhi aperti e di distinguere la vera realtà da quella illusoria dalla quale siamo fin troppo spesso circondati. Perché alla fine le illusioni se ne vanno, prima o poi, e ci resta solo l'amarezza della verità.


sabato 17 luglio 2021

In memoria di Jules Bianchi, sei anni dopo

Quando te ne sei andato, non ufficialmente, avevo appena iniziato a pensare che quella gara fosse divertente. C'era quello che veniva glorificato di solito e che pensavo fosse buona norma glorificare, qualcosa che ho capito troppo tardi di quanto fosse stonato. Non si dovrebbe correre un gran premio durante un tifone, anche se è cool e fa tanto Formula 1 del passato, quella Formula 1 in cui però quantomeno l'assetto poteva essere totalmente stravolto e in cui comunque c'erano polemiche in caso di condizioni meteo proibitive.
Quando te ne sei andato, sia non ufficialmente a ottobre, sia ufficialmente a luglio, ero inca**ata con il mondo, non mi spiegavo come fosse stato possibile. Invece oggi me lo spiego. È una spiegazione amara, ma è pur sempre una spiegazione. Sono grata al mondo della Formula 1 per il modo in cui negli ultimi decenni ha migliorato la sicurezza, nonostante i gravi errori di quel giorno di ottobre. Perché alla fine quegli errori sono stati il frutto di un modo di pensare che aveva tanti lati positivi, ma anche una pecca.
La sicurezza negli anni '90 è stata migliorata partendo dal presupposto di evitare di *ripetere* certi errori del passato, ovvero di fatto di evitare che qualcuno morisse o si infortunasse gravemente nello stesso modo in cui era già successo ad altri. Questo ha permesso un grande passo avanti, ma è stato sottovalutato un aspetto: le situazioni di pericolo che non avevano *ancora* fatto danni. E se non altro da questo punto di vista, negli ultimi anni vedo un progresso.


Non so se ci siano progressi in tutto il resto. So che te ne sei andato perché ai tuoi tempi la bandiera rossa era da evitare... e adesso, se devo essere totalmente sincera, anche per questo trovo fuori luogo il fatto che le bandiere rosse vengano usate per "generare spettacolo". Ma è solo una delle tante cose fuori luogo che ti riguardano. Ho già letto di un sacco di gente che oggi ti vorrebbe in Ferrari perché eri amico di Leclerc. Ho l'impressione che ti ricordino solo per questo, che il senso della tua esistenza, per loro, sia stato il tuo legame con il loro idolo cool.


martedì 25 maggio 2021

Commento al Gran Premio di Montecarlo 2021 // MONACO IS BACK!

Esistono due tipi di ferraristi brasiliani: quelli che nel gran premio di casa hanno risultati sfacciatamente superiori alla loro media personale e quelli che se il gran premio di casa non esistesse vi otterrebbero lo stesso numero di punti. Questa domenica, però, non si correva in Brasile ma a Montecarlo e il Predestinatohhhh più fucsiahhhh di tutti i tempi si apprestava a ricevere un glorioso premio alla carriera: il Gufo d'Oro. Rimaneva solo da stabilire se a consegnarglielo dovesse essere Massa o Barrichello, di cui tra parentesi era il compleanno, ed era anche presente sul posto per accompagnare il figlio pilota di Formula Regional by Alpine. Su una cosa, nel pre-gara, in cui è comparso in qualità di ospite d'onore, il Sommo Feli era stato chiaro: pronosticava una sua pole, dopo due sessioni di prove libere da mondialehhhh in tascahhhh. E in effetti ci ha azzeccato in pieno, in pieno proprio come il suddetto predestinatohhhh ha preso un muro subito dopo avere ottenuto la pole position.
Voce fuori campo: "Cra, cra, cra."
Feli: "Cosa sta succedendo? Chi mi ha rubato l'idea? C'è per caso un ex ferrarista che sta ottenendo prestazioni di spessore a caso grazie alla rana portafortuna che guida al posto suo?"
Predestinatohhhh: "Penso di conoscere quell'ex ferrarista. Domani, durante l'inno nazionale, per consolarmi del fatto che la mia macchina non si è accesa nemmeno per andare in griglia, mi abbraccerà il modo spassionato."
La rana: "Leclettel vibes."
Procediamo con ordine, anche se davanti ai nostri occhi si presentava una griglia di partenza completamente in disordine: il nulla cosmico sulla prima casella della griglia, poi a seguire Verstappino, il vampiro famelico, Carlito, Trollando, il Pokemon, i due best friend forever Hammi&Sebby incredibilmente destinati a essere una cosa sola, un peperoncino messicano che sembrava vagamente fuori zona e infine l'Uomo Pantene a completare i primi dieci. Seguivano poi Oki, Dani-Smile, Strollino, Iceman, Multi-L, il Minuscolo Samurai, il Divino Imperatore di Faenza, Enstone, Woking, Enstone, Maranello, Woking e di nuovo Enstone, la marmotta del Quebec, Manzotin e infine il Piccolo Principe che, oltre i colori del casco, sembra condividere con il Sommo Feli anche la comprensione del circuito di Montecarlo (mentre nonostante la sua natura principesca, è totalmente diversa da quella di Britney Bitch - ospite occasionale in cabina di commento con il Vanz nella giornata di domenica). Non esattamente, a dire la verità, perché di schianti ne ha collezionati due (uno dei quali nelle libere del sabato mattina che gli ha impedito di qualificarsi) e nessuno di questi alla Sainte Devote. Vista la gara semi-piatta altrui, ho avuto modo di studiare la gara dei piloti Haas e credo che tutto ciò meriti di essere osservato in modo approfondito nelle prossime occasioni. Al primo giro il Piccolo Principe ha superato Manzotin e il loro gap si è mantenuto irrisorio finché non sono iniziati i doppiaggi. A quel punto di botto è salito a otto secondi. Poi poco prima di metà gara il Piccolo Principe ha avuto un problema momentaneo di motore che gli ha fatto perdere una trentina di secondi, tanto che Manzotin rientrato ai box gli è uscito davanti e in seguito il Piccolo Principe, uscito dai box, con la vettura nuovamente efficiente come prima del problema (dove efficiente è un eufemismo perché nessuna Haas dovrebbe essere definita tale) era dietro al compagno di squadra di oltre venti secondi. Ha finito la gara in zona DRS (e pare con un congelamento di posizioni da quanto segnalano le sue fangirl). Di quei venti secondi, undici li ha recuperati a un certo punto nel corso di due giri contati. Quindi metà di quel gap è stato colmato in due giri, l'altra metà nella somma dei giri precedenti e successivi, cioè una trentina. Questo apre un dubbio esistenziale: se ci sono dei tratti di gara in cui i due girano su tempi non troppo diversi l'uno dall'altro, cosa succede nei giri in cui Manzotin inizia ad andare improvvisamente drammaticamente più lento del Piccolo Principe? Si trasforma in momenti alterni in un nonno con il cappello che va a fare la spesa alle sette di mattina?
Marmotta del Quebec: "E intanto io ho doppiato entrambihhhh!!!11!!!1!!!11!!! Ce l'ho enormehhhh!!!111!!111!!!"
Voce fuori campo: "Perché stiamo parlando di questa gente e non del predestinatohhhh?"
Predestinatohhhh: "Non è necessario parlare di me in questa occasione."
Va beh, facciamolo ugualmente. Dicevamo che il Predestinatohhhh ha fatto la pole e subito dopo si è schiantato. Il team temeva un problema al cambio, ma ha deciso di non sostituire niente per non incappare in eventuali penalità sulla griglia. Chi ha fatto l'errore più grave? C'è chi dice il pilota, c'è chi dice la squadra. Io sono per la maggiore gravità dell'errore della squadra, voi traete le vostre conclusioni, io non voglio influenzare nessuno.
Verstappino si è tenuto la seconda posizione divenuta prima per via del nulla cosmico presente davanti a lui, inseguito da un vampiro famelico molto vampiro e poco famelico. O per meglio dire, non è che Bo77as dormisse, anzi, per tutto il weekend è stato più veloce del compagno di squadra, ma la Mercedes non sembrava particolarmente impressionante in questo fine settimana. La gara del vampiro famelico è proseguita fino al momento dell'unico pitstop: a quel punto una ruota non si smontava più e tutto ciò che è stato possibile fare è stato infilare la vettura dentro al box allo stesso modo in cui in genere il vampiro famelico infila i propri canini nelle bottiglie di vodka.
Saint Carlito: "E io sono secondohhhh!!11!!1!!!11!! quindi non me ne importa un fico secco del mio Yd0l0!!111!!11!!!"
Verstappino: "Komehhhh sei kattivohhhh. Sei senza kuorehhhh, komehhhh ti permettihhhh di abbandonarehhhh il tuo idolohhhh dopo che quando eravamo compagni di squadra mi hai rotto le pa**e 24/7 parlandomi di lui? Guarda che non mi sono dimenticato di quando mi rubavi il biberon per far vedere al tuo Yd0l0 che eri figo."
Saint Carlito: "E io non ho dimenticato che per vendicarti volevi che tuo padre picchiasse mio padre. Trovo tutto ciò inaccettabile. Quindi fai bene attenzione, perché potresti sentire i miei ruggiti alle tue spalle."
Verstappino: "Prova a ruggire e picchio Trollando."
Saint Carlito: "Noooohhhh, Trollando nohhhh, è un bambino pikkolohhhh, deve essere tutelato, protetto e invitato nel mondo degli adulti sbevazzando like a boss sul podio."
Trollando è risalito in top-3 con grande gioia di quelli che non fanno altro che rimarcare di quanto Dani-Smile non sia al suo livello, mentre nelle posizioni di minore spessore capitavano fatti di un certo rilievo.
Gangster Hammi: "Ora vado ai box e ve lo metto in quel posto a tutti."
Pokemon: "Non riuscirai a undercuttarmi, perché io sono il più figo di tutti."
Sebby: "Rana, che ca**o fai, togli subito le tue zampette intralcianti dal volante!"
La rana: "Non scherzare, adesso li overcuttiamo."
Sebby: "What?"
La rana: "Fidati di me. Ecco, vedi, adesso usciamo dal box davanti al Pokemon."
Pokemon: *ruggito*.
La rana: "Bimbo, non mi fai paura."
Pokemon: "Tu sì."
La regia: "Che scena triggerante, una rana che supera un pokemon! Qualcuno pensi ai bambini!"
Strollino: "Ehi, sono qui che salto su un cordolo. Inquadrate me piuttosto."
Per fortuna i bambini si sono salvati da una scena terrificante, un duellohhhh culminato in un sorpassohhhh, in cui la vettura che superava non era rossa ma guidata da un ex ferrarista in compagnia di una rana. Sebby ne ha approfittato per terminare la gara in quinta posizione (quarto è passato Checo quando ha overcuttato chiunque), regalandoci un team radio in cui diceva cose strane.
Sebby: "Ring a ding."
Voce fuori campo: "Sembra il titolo di una suoneria di Crazy Frog."
La rana: "Coincidenze? Io non credo..."
Tornando a Checo, che ho citato poco fa, gran parte della sua gara ha avuto come obiettivo quello di avvicinarsi a Trollando, senza però arrivare a superarlo. Si è accontentato quindi di un quarto posto che, dopo le premesse del sabato, non era neanche male. Ho già parlato dell'Aston Force parlando di rane, adesso non resta che parlare anche di Strollino: ha rimandato la sosta fino verso fine gara e ha overcuttato un po' di vetture, mentre chiudevano la zona punti gli Okinazzi, con l'Uomo Pantene sempre negli scarichi di Oki senza tuttavia essere mai vicino abbastanza per effettuare un sorpasso.
Come spesso succede in occasione di gare sui circuiti cittadini, molte persone si sono lamentate dell'assenza di duellihhhh e sorpassihhhh, sostenendo che questo circuito deve essere soppresso, altri invece hanno elogiato le gare di Formula 2 in cui invece di sorpassi se ne sono visti. Farò la voce fuori dal coro, in questo momento: il problema non è il circuito di Montecarlo su cui è "impossibile" sorpassare. Anzi, la difficoltà di sorpasso dovrebbe rendere i sorpassi ancora più belli ed emozionanti che sui circuiti che li facilitano. Il problema è di tipo "culturale": per il pilota che insegue, spesso è più conveniente rimanere dietro, piuttosto che infilarsi laddove c'è spazio, è meglio un risultato sicuro piuttosto che un azzardo. La domanda che dovrebbero porsi quelli che stanno in alto non è: eliminiamo il GP di Montecarlo per fare contenti quelli che lo trovano noioso? È piuttosto: perché da ormai troppo tempi cerchiamo in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote a chi, rimanendo entro certi limiti di decenza, vuole osare? Altrimenti, in alternativa, servono le Marussia e le Caterham. Era il 25 maggio 2014, esattamente sette anni fa, quando Bianchi si infilava tra la vettura di Kobayashi e le barriere della Rascasse, superandolo. Le loro vetture venivano lievemente a contatto. Fu un sorpasso meraviglioso, di quelli da saltare sulla sedia. Pensate che potremmo mai vedere un sorpasso simile per la prima posizione? E soprattutto, che se avvenisse un sorpasso simile per la prima posizione, non sarebbero invocate penalità per il pilota che ha effettuato il sorpasso? Ecco, chi sta in alto dovrebbe chiedersi: è possibile fare in modo che i duelli che avvengono talvolta nelle retrovie possano avvenire anche nelle posizioni della classifica in cui la gente li vuole vedere? Con questo pensiero vi saluto.

RISULTATO: 1. Max Verstappen (Redbull), 2. Carlos Sainz (Ferrari), 3. Lando Norris (McLaren), 4. Sergio Perez (Redbull), 5. Sebastian Vettel (Aston Martin), 6. Pierre Gasly (Alpha Tauri), 7. Lewis Hamilton (Mercedes), 8. Lance Stroll (Aston Martin), 9. Esteban Ocon (Alpine), 10. Antonio Giovinazzi (Alfa Romeo), 11. Kimi Raikkonen (Alfa Romeo), 12. Daniel Ricciardo (McLaren), 13. Fernando Alonso (Alpine), 14. George Russell (Williams), 15. Nicholas Latifi (Williams), 16. Yuki Tsunoda (Alpha Tauri), 17. Nikita Mazepin (Haas), 18. Mick Schumacher (Haas), Rit. Valtteri Bottas (Mercedes), Dns. Charles Leclerc (Ferrari).

lunedì 5 ottobre 2020

5 ottobre - in memoria di Jules Bianchi

Tanti piloti ci hanno lasciati nel corso degli anni, ma non ho dubbi su quale sia quello che mi ha colpita maggiormente a livello personale.
Da un lato c'è la questione "affettiva": Jules Bianchi era il "piccolo" eroe venuto dalle retrovie che con i suoi risultati stava annientando i vecchi pregiudizi esistenti nei suoi confronti (lo skarsonehhhh rakkomandatohhhh imposto da Nicolas Todt, giusto per intenderci), che forse un giorno avrebbe potuto avere un futuro migliore.
Dall'altro lato c'è tutto il tempo che poi ha impiegato per andarsene definitivamente, oltre nove mesi, passati sempre con un po' di speranza anche quando tutto ci diceva di non sperare. Un tempo lungo abbastanza da logorare almeno in parte il rapporto che avevo con il motorsport. Non allontanarmi, questo no, piuttosto l'opposto, prendere a cuore situazioni che in un altro momento mi avrebbero lasciata più indifferente.

L'incidente di Jules Bianchi è quello che ha scavato un solco, nel mio immaginario, tra gli appassionati di motori e i non appassionati, perché è difficile spiegare a chi non ha la stessa passione tua quanto qualcosa possa colpirti. Per i non appassionati si trattava solo di un pilota morto, facendo qualcosa che lo esponeva al pericolo. Uno da commemorare il giorno della sua morte, magari, e poi da dimenticare dando per scontato che chiunque avesse dimenticato.
La lontananza da questo punto di vista con il resto del mondo mi ha avvicinata di più alla vita da "fandom" e a suo tempo a Tumblr perché era il luogo in cui era più facile sentirsi a casa in certi momenti... peccato che anche quella fosse una delusione, anche perché i piloti contavano finché erano percepiti come giovani e fighi. Infatti la morte di Justin Wilson, poi, è passata molto in secondo piano ed è stata definita come poco importante.

Non sempre approvo il modo in cui viene ricordato, sembra che il suo talento (riconosciuto in modo postumo), il suo legame con la Ferrari (ai tempi oggetto di critiche e accuse) e le sue amicizie (tipo quella con Charles Leclerc) siano tutto ciò che conta di lui, sminuendolo almeno in parte per quello che era. Il lato umano viene messo da parte sempre e comunque, facendo certe ricostruzioni.
Personalmente preferisco ricordarlo per le sue poche inquadrature, per le sue occasionali interviste, per quella top-ten e per il suo numero incredibile di Q2 tenuto conto di che cosa guidava.
Del suo incidente mi colpisce il fatto che Martin Brundle, vent'anni prima, nello stesso tratto e in condizioni analoghe, sia scampato a un incidente molto simile. Stando a quello che dichiarava Brundle nell'inverno 1994/95, una speranza mi è rimasta anche dopo avere smesso di sperare in tutto il resto. Spero con tutta me stessa che nei suoi ultimi istanti di lucidità, Bianchi non si sia reso conto di che cosa gli stesse accadendo.


venerdì 21 agosto 2020

A volte ritornano, anche se non dovrebbero

Questo post non ha nulla a che vedere con le mie impressioni su quali piloti delle serie minori vorrei vedere in Formula 1 nel 2021. Con l'attuale quantità ridotta di volanti e un mondiale 2020 così anomalo, non vorrei nessuna promozione in Formula 1, in modo che il maggior numero di piloti attuali, anche rimescolati, possano rimanere in griglia per l'ultima stagione di questa era. In più, non mi piace questa fissa per i piloti delle Academy più rinomate (Ferrari in primis, Redbull poi) come se gli altri piloti non esistessero.

La giornata di ieri è stata una di quelle in cui c'era chi voleva fare polemica per nulla. Tra relazioni immaginarie tra piloti e principesse e quant'altro, non si sa come, il twitter world si è ritrovato a dibattere di chi tra i piloti junior Ferrari debba andare ad occupare il posto di Giovinazzi o di Grosjean. Abbiate pazienza, ma non è il momento per commentare questo aspetto (lunga vita a Pantene e RoGro, è tutto quello che mi sento di dire), voglio focalizzarmi su altro: la convinzione generale è che quel volante sarà assegnato a Mick Schumacher ma che spetti ex-equo a Robert Shwartzman e Callum Ilott (quest'ultimo nessuno lo considerava finché nin era in testa al campionato ma nevermind). Il punto centrale, tuttavia, è che al momento attuale non ci sia alcun indizio sul debutto imminente di qualcuno di costoro. Quali indizi? Sessioni di prove libere al venerdì, come quelle che hanno preceduto a suo tempo il debutto di Leclerc o di Giovinazzi. In Alfa spesso e volentieri le fa Kubica. Quindi probabilmente in quel terzetto c'è qualcuno nel loro radar, ma ancora parecchio lontano. Sarei pronta a ipotizzare che non vedremo né Schumacher né Shwartzman prima almeno del 2022 e che Ilott non lo vedremo mai.

Non ho capito bene come sia uscita la polemica, ma ieri il mondo social è esploso sul fatto che Schumacher stia rubando il volante a Shwartzman nonostante i suoi risultati in Formula 1 lasceranno desiderare, il tutto mentre i due sono compagni di squadra nello stesso team di Formula 2. Questo di per sé è anche un piccolo passo avanti, perché Shwartzman viene amato nonostante sia sponsorizzato da SMP, che dovrebbe avere a che fare con i petrolieri russi che fino a poco tempo fa erano disprezzati al punto tale da odiare i piloti russi in maniera indiscriminata, anche se sono molto preoccupata per la crescente idolatria a sfondo Nuovohhhh Predestinatohhhh della Formula 2. Il povero Ilott in tutto ciò non ha un ruolo ben preciso: a seconda dei suoi risultati è il benehhhh assolutohhhh o il nulla cosmico, e in realtà tutto il terzetto viene un po' osannato o demonizzato in base all'ispirazione del momento. Non trovo costruttivo nulla di tutto ciò, ma mentre già non trovavo la cosa costruttiva, ho avuto un terribile deja-vu... perché c'è stato uno che ha affermato che Schumacher spodesterà gli altri due perché il suo manager è Nicolas Todt.

Lo sapevo.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.
Solo che non avevo capito quando e con chi sarebbe accaduto, quando questa storia sarebbe riaffiorata.
Negli altri casi, a quanto pareva, non era il momento, questa storia andava alla ricerca del pilota perfetto.

Mick Schumacher è un Ferrari Junior, ex campione di F3 Europea, imparentato con un passato vincitore del GP di Macao. Senza che ci sia alcunché che porti a pensare a un suo debutto imminente in Formula 1, si dibatte dei suoi futuri risultati in Formula 1 e di chi meritasse il suo presunto volante più di lui. Perché, tra tante ragioni? Per il suo manager, Nicolas Todt.
È tutto così paradossalmente analogo a quello che succedeva qualcosa come otto o nove anni fa da lasciarmi senza parole.

venerdì 17 luglio 2020

Cinque anni senza Jules Bianchi

Per ogni storia che viene scritta ce ne sono tante che rimangono solo fantasie e che ogni tanto infestano la nostra mente, non facendoci prendere sonno alle quattro di notte quando siamo disturbati dal rumore del ventilatore del vicino di casa e poi scivolando via lentamente, quando si fa giorno e la storia scritta si fa sempre più lontana, ma non per questo rimane meno reale. So che le fantasie sono destinate a rimanere tali, ma possono comunque finire nero su bianco.

Me lo chiedo, a volte, come sarebbe se tu fossi ancora tra noi, cosa direbbe la gente di te, che cosa penserebbe, che cosa scriverebbe sui social come commento ai tuoi tweet e che cosa scriverebbe ai tuoi eventuali tifosi. Penso che tutto dipenda da dove saresti collocato. Le fantasie, a volte, sono destinate a scomporsi in più fantasie minori. Una di queste è la più semplice: che cosa potrebbe succedere se tu fossi al volante di un'Alfa Romeo oppure di una Haas? Due destini in apparenza molto simili, ma che potrebbero avere reazioni diverse.

La Haas è la scuderia di quelli che combinano casini, niente e nessuno le toglierà più questa reputazione. È il team del team principal che impreca come uno scaricatore di porto, i cui piloti fanno cose strane, oppure capitano loro cose strane. Il mondo ha etichettato entrambi come piloti che non dovrebbero stare in Formula 1 e, chissà, forse direbbe la stessa cosa di te se tu fossi lì, al posto di uno di loro. Incompreso come un Kmag qualsiasi, sarebbero lontani i giorni in cui qualcuno vedeva qualcosa in te.

L'Alfa Romeo è percepita in maniera decisamente più soft, è il team degli ex ferraristi o dei ferraristi del domani, al massimo qualcuno direbbe che è ora che tu te ne vada, per essere sostituito da Robert Shwartzman, considerato all'unanimità come colui che un giorno potrà salvare il mondo. Molto potrebbe dipendere dalle peripezie che avrebbero potuto condurti in Alfa Romeo, perché ci sono diversi modi di arrivarci e non voglio stare a scomporre ulteriormente questa fantasia.

Perché poi c'è quella più importante e suggestiva, perché se in Ferrari ci fossi tu, alla fine ti darebbero del clown come a tutti gli altri, ti insulterebbero per il mondiale che non vincerai quest'anno, per quelli che non vincerai in futuro e per quelli che non avresti vinto in passato. Non so cosa penserei di te come pilota se ci fossi tu, quello che so è che ormai, a trent'anni, se tu fossi lì saresti visto come qualcuno da mettere da parte. Il pensiero che, se ci fosse stata una Ferrari con te, probabilmente al giorno d'oggi potrebbe già esserci una Ferrari senza di te, rende un po' meno difficile l'idea che non sia mai esistita una Ferrari con te.

In tutto questo, però, l'unica storia che viene scritta è una storia di cui da cinque anni non fai più parte, anche se in realtà tante cose sono rimaste simili a prima, compreso il campionato di Indycar che gareggia all'Iowa Speedway proprio in questi giorni, proprio come cinque anni fa, quando te ne sei andato. Tante cose sono simili, compresa l'idolatria postuma "perché eri un futuro campione", come se non avessero detto il contrario prima o che se fosse l'unica determinante che dava un senso alla tua vita. Insomma, è una storia senza di te, ma ti stai perdendo solo cose già viste.


lunedì 25 maggio 2020

F1 The Golden Days: GP Monaco 2014

Questi giorni dovevano essere quelli del Gran Premio di Montecarlo, quello che ormai da diversi anni si sovrapponeva alla Indy 500 e che nel 2021 dovrebbe svolgersi una settimana prima della Indy 500.
Se vi dico Montecarlo, so cosa mi risponderete, so che cosa potrebbe venirvi in mente: la noiahhhh, il fascinohhhh, la vittoria di Panis, Massa che si schianta alla Sainte Devote, la vittoria della Ferrari che manca(va) dall'ormai lontano 2001, la curva più lenta e quella più veloce del mondiale, o da un punto di vista più "guida turistica", il fatto che si tratti di un circuito tortuoso (cit.) composto dalle anguste stradine del Principato (sempre cit.)...

Forse, però, non vi vengono in mente i duellihhhh e i sorpassihhhh, perduti nella piattezza monegasca, in cui davvero a volte solo il fascino e la location storica contribuiscono a salvarci da un clima da Ungheria 2004.
Eppure qualche momento si salva, qualche istante che trabocca epicità può rimanere, ogni volta in cui qualcuno si è infilato quasi tra i muri nel tentativo di strappare una posizione. Oppure, in assenza di epicità, di solito c'è qualcuno che si stampa contro il suddetto muro, ma è così che funzionano le cose laddove ci sono muri.
Non tutti i duellihhhh e i sorpassihhhh vanno a buon fine, come ben sapranno anche Michael Schumacher e Jean Alesi, che ricordo nel 1993(?) venire a contatto l'uno con l'altro mentre Schumacher tentava di superare Alesi alla Rascasse.

Sì, parlo di quella famosa curva in cui sorpassanohhhh solo gli eroihhhh, là dove forse ciò che contribuisce a far riuscire il sorpasso è la legge del caso: chi si infila lì è destinato a verniciare muri, però a volte non succede.
È lì che ricordo una scena epica, sempre per quella legge del caso: quella scena epica, in realtà, non doveva nemmeno apparire sugli schermi televisivi e non sarebbe mai arrivata in mondovisione se non fosse stato per un caso davvero fortuito.
Non che sia servito a molto: così come arrivano in mondovisione, certe scene vengono messe da parte.

Immaginate una vettura che ne affianca un'altra laddove non c'è quasi il posto per riuscire a passare, mentre le inquadrature sono tutte per un cubetto di ghiaccio che si trova lì nei pressi dopo varie peripezie.
Striscia contro l'altra vettura, forse anche più di una volta, passa laddove non sembrava destinata a passare.
Poi le telecamere se ne vanno, vanno a inquadrare le scene clou dell'evento, cose tipo duelli a distanza tra modelli fescion, uno dei quali sta duellando anche contro un presunto moscerino che gli è entrato in un occhio, cose tipo tortore di passaggio, a volte, per non farsi mancare niente...
Niente "you have to leave the space, all the time you have to leave the space" urlati via radio... oppure, anche se urlati via radio, destinati a non essere trasmessi.

A volte guardando un duello al limite ti viene da pensare "questo sorpasso dovrebbe essere incluso nella top-10 dei sorpassi più belli del secolo".
Solo che i sorpassi più belli del secolo vengono scelti tra quelli che hanno determinato una vittoria, ci sono sorpassi di serie A e di serie B, eppure forse aveva ragione Jacques Villeneuve quando diceva che dovrebbero inquadrare anche le vetture che stanno più indietro per rendere le gare interessanti. Molti non la penserebbero come lui, vista la convinzione che quello che succede dietro distragga dalle cose che contano davvero, ovvero i duellihhhh e i sorpassihhhh per la vittoria, specie se vinti da vetture rosse, cosa che in realtà non succede poi così spesso incrementando la noiahhhh percepita.

I ricordi rimangono, eppure a volte non rimane nulla, perché quel sorpasso di cui ho parlato è quello avvenuto nell'edizione del 2014 tra Jules Bianchi e Kamui Kobayashi, l'uno sulla Marussia, l'altro sulla Caterham.
Ironia della sorte, è stato verosimilmente quel sorpasso a determinare quale dei due team dovesse ottenere punti quel giorno e, di conseguenza, chi tra la Marussia e la Caterham fosse destinata alla sopravvivenza (per il momento) e chi al fallimento.
Eppure le cronache non narrano altro di come, proprio quel giorno, Nico Rosberg e Lewis Hamilton (rispettivamente vincitore e secondo classificato) abbiano iniziato a tirarsi addosso tutti i pezzi del migliore servizio di piatti di proprietà di Toto Wolff.


sabato 5 ottobre 2019

Quando i sogni di una fangirl si scontrano con un destino incompiuto

"E poi ti ho perduto nell'alba gelata di ottobre
Non c'era giorno migliore" 
- Laura Pausini, "Frasi a metà" 

Il venerdì, a quei tempi, era per me un giorno bellissimo. Non solo era l'ultimo giorno di lavoro della settimana, ma spesso il mio capo, che di fatto aveva un contratto da collaboratore esterno, al venerdì non veniva al lavoro. Per quanto ai tempi nutrisse una certa stima nei miei confronti, almeno come segretaria, ero felice di non averlo intorno. Era nella scrivania accanto alla mia, alle 8.30 quando arrivavo al lavoro lo trovavo già intento a imprecare al telefono, e il pomeriggio consisteva nell'attendere con pazienza il momento in cui sarebbe andato via. Per fortuna si fidava di me abbastanza da andarsene abbastanza presto, ma era sempre bello quando mancava per l'intera giornata: di fatto facevo le stesse cose, ma generalmente non avevo mal di testa.
Alle 17.00 uscii dal lavoro e andai a casa. Lavoravo a tre passi da casa, ai tempi. Alle 17.15/17.20 ero già arrivata. Mi misi a fare un po' di pulizie, pensando che mia madre ne sarebbe stata soddisfatta. Quando arrivò a casa mi chiese come mai mi fossi messa a fare le pulizie quel tardo pomeriggio quando c'era tutto il giorno seguente. Dentro di me pensai che il giorno seguente il mio principale pensiero sarebbero state le qualifiche della Formula 1. Ero su di giri come non mai, mentre si avvicinava quel weekend, per vari motivi. Quello personale era che l'azienda per la quale lavoravo ai tempi stava andando a rotoli ed esserne lontana almeno per due giorni era comunque positivo. Quello non personale era appunto il gran premio imminente, con ogni suo strascico. Si parlava di Alonso che stava per lasciare la Ferrari e c'era qualcosa che, inconsapevolmente, mi stava facendo vedere la luce.

Poi arrivò il sabato. Arrivarono quelle qualifiche viste in differita, che a pensarci bene mi avrebbero consentito tranquillamente di fare le pulizie alla mattina, oppure nel pomeriggio dopo la replica sulla Rai. Arrivò Mazzoni che dichiarò che Kvyat avrebbe preso il posto di Vettel in Redbull nella stagione seguente.
Rimasi folgorata dal significato che quell'affermazione aveva. Fare due più due era facile anche per me, che non avevo pensato, fino a quel momento, nemmeno per un attimo, che Vettel potesse prendere il posto di Alonso in Ferrari se questo se ne fosse andato. Era capitato tutto molto in fretta: fino a poco tempo prima si parlava di Alonso in Ferrari vita natural durante, non del fatto che volesse andare via, e comunque non avevo fatto quel pensiero. Non mi ero chiesta se Vettel avrebbe lasciato la Redbull alla fine di quella stagione e per andare dove e, anche se l'avesse fatto, erano più altre le destinazioni a cui avrei pensato: in McLaren, per esempio, dove c'era Button del cui ipotetico ritiro si parlava da anni, dove c'era Magnussen che non convinceva al punto tale da spingere il team a confermarlo per la stagione a venire, oppure in Williams, che all'epoca stazionava intorno alla terza piazza nella classifica costruttori e in cui c'era Massa di cui, ugualmente, si parlava da anni di un ipotetico ritiro, in cui c'era Bottas che avrebbe potuto passare a un altro team... Ci rimasi malissimo, per Kvyat in Redbull, perché aveva un significato solo e non era il significato che avrei gradito sentire quel giorno.

Credo che sia opportuno, a questo punto, un piccolo disclaimer. Probabilmente in questi anni sarò sembrata al limite del borderline, nell'esprimere attaccamento altalenante nei confronti di squadre o piloti, nel prendermi a cuore le sorti di molti diseredati, nello smentire affermazioni poco sensate...
Il fatto è che non sono borderline. Semplicemente non sono nata ferrarista e non ho mai vissuto la Ferrari come qualcosa che dovevo tifare per forza. Ho sempre provato più attaccamento per l'individuo che per la squadra e soprattutto più attaccamento per lo sport in sé che per la squadra. L'avere iniziato a seguire altri campionati, qualche anno prima di quei giorni, ha contribuito ad aprirmi la mente. Mi capita anche adesso di guardare qualcosa di nuovo, di tanto in tanto, di guardare campionati che seguo soltanto occasionalmente oppure campionati minori in cui ci sono anche tanti esordienti di cui non ho mai sentito parlare prima di iniziare a seguire un certo campionato. Il primo campionato di Indycar che seguii, in un modo o nell'altro, anche se non con l'attenzione attuale, era quello del 2012. Vinse Ryan Hunter-Reay, dopo che Will Power era stato in testa alla classifica durante la stagione. Prima di iniziare a seguire il campionato di Indycar, perdonatemi per l'ignoranza, non avevo la più pallida idea di chi fossero RHR e Power, conoscevo solo Barrichello, Sato, Bourdais e Wilson che erano stati in Formula 1, oltre che Kanaan, Castroneves e Ana Beatriz perché partecipavano alla Desafio das Estrelas. Ovviamente non tifavo nessuno, soprattutto tra i piloti che potevano vincere il titolo. Se parlavo con qualcuno di Indycar, a questi non importava un fico secco del fatto che non tifassi nessuno. Era un bel progresso, considerando che relativamente alla Formula 1 chattando con dei ragazzi che avevo conosciuto su un forum che visitavo ogni tanto mi dissero che il forum che moderavo era ridicolo perché avevo scelto come immagine profilo una foto di Massa in tuta verde e di conseguenza "non era un forum su cui si parlava di piloti seri".

Cresciuta in un'epoca in cui la gente faceva l'associazione Ferrari = santihhhh subitohhhh, McLaren = kriminalihhhh (tranne Suzuka 1990, là evidentemente il mondo funzionava al contrario) era sorta in me la consapevolezza che la scelta fosse tra loro, oppure tra i loro piloti. Non sono mai stata vicinissima alla Ferrari, ai tempi. Tifavo Felipe Massa perché aveva qualcosa che mi attirava e credo che sia stato lui a farmi capire che i piloti e il team non sempre si completano a vicenda. Massa e la Ferrari avrebbero dovuto lasciarsi molto prima, sarebbe stato meglio per tutti, era questo che pensavo, anche se non sarebbe stato un avversario della Ferrari, anche se non avrebbe mai più potuto pensare di lottare per un mondiale. Ma dopotutto era meglio ottenere risultati da Williams in Williams piuttosto che ottenere risultati da Williams (non quella del 2014) in Ferrari. Fu un piacere vederlo ricostruirsi un'immagine positiva, ma sapevo che la Formula 1 è un mondo che va avanti in fretta.
Quando fu chiaro che Alonso se ne sarebbe andato, mi misi a lavorare in fretta, prendendo per accurati dei rumour che non lo erano. Si vociferava che Jules Bianchi potesse essere il suo successore e ne sarei stata molto felice. Era il leader dei team dei poveri, era quello che aveva portato la Marussia sul tetto del mondo, era quello che si era infilato tra Kobayashi e le barriere della Rascasse invece di limitarsi a sbraitare alla radio che Kobayashi avrebbe dovuto smettere di ostacolarlo, come invece succedeva davanti o ai piloti che lottavano per il podio.
Mi sarebbe dispiaciuto molto vedere un pilota come lui lasciare il team che avevo "adottato", ma sapevo che, se era per la Ferrari, ne valeva la pena. Ero affezionata sia a lui sia al team per il quale gareggiava, ma a maggior ragione nel suo caso avevo sempre saputo che ci sarebbe stato dell'altro, prima o poi.

La notte tra sabato e domenica andai a ballare, pronta a dormire pochissimo. Non avevo visto le qualifiche in diretta, ma la gara sì e non mi importava dormire poche ore, c'era sempre tempo per tornare a dormire.
Pensavo ancora a Kvyat. Pensavo alla Redbull che promuoveva i piloti del proprio junior team, mentre la Ferrari non faceva altrettanto, magari talvolta abbandonandoli a se stessi. Pensavo che comunque c'era ancora speranza, che forse un giorno Bianchi avrebbe preso il posto di Raikkonen e che potevo ancora essere la persona più felice del mondo. Chissà, magari poteva addirittura vincere con una Ferrari a Montecarlo, un giorno, o qualsiasi altro gran premio. Non mi importava che potesse essere una seconda guida, un'unica vittoria, un giorno, mi sarebbe bastata, ne ero certa.
Poi venne la domenica, che con le sue condizioni meteo proibitive sembrava dopotutto una domenica normale. Il mio pensiero era che, se Massa avesse vinto quella gara, avrebbe battuto il record di vittorie intercorse tra una vittoria e l'altra (record che invece ha battuto Raikkonen l'anno scorso), ma che quello scenario era impossibile. Le Marussia e la sola Caterham ancora in pista erano nelle retrovie, ignorate da tutto e da tutti, tranne il momento in cui durante il giro dei pitstop, nella prima parte di gara, Bianchi era stato tra gli ultimi a rientrare risalendo per un attimo fino al terzo posto. Avevo addirittura fatto uno screenshot e l'avevo postato su Twitter.
Poi Sutil finì fuori e tutto continuò come se niente fosse. Poco dopo le inquadrature della zona dell'incidente riportavano come didascalia il nome di Bianchi invece del suo. Nei distacchi lo si era visto precipitare giù.

Quello che accadde dopo appariva quasi come irreale. Si iniziava a parlare della dinamica dell'incidente, quella dinamica alla quale Martin Brundle era sopravvissuto vent'anni prima, in condizioni analoghe, nello stesso tratto del circuito, per avere avuto la freddezza di premere sull'acceleratore nel tentativo di deviare la traiettoria della propria monoposto.
Ciò che mi spaventò davvero non fu il sentire parlare della dinamica. Dire che una vettura aveva colpito un trattore poteva significare tutto o niente. Poteva essere un contatto di striscio, oppure poteva avere impattato contro una ruota del trattore stesso... Anche la bandiera rossa di per sé non significava molto, se non che era impossibile proseguire oltre e che essendo stato completato il 75% della gara era stato deciso di chiuderla lì, specie in condizioni di visibilità sempre più basse.
Però l'ho detto, mi ha sempre colpito di più l'aspetto umano. Quando vidi i primi tre classificati nella sala dietro al podio, compresi fino in fondo che non c'era niente di positivo nell'aria. Rosberg era l'unico girato verso la telecamera e aveva uno sguardo sconvolto. Hamilton e Vettel erano girati dall'altra parte, entrambi a contemplare il nulla per un periodo di tempo che sembrava infinito. Allora, in quel momento, compresi fino in fondo che dopotutto avere un volante in un top-team non era così importante e che diamo sempre per scontate troppe cose, quando guardiamo un gran premio: che nessuno si farà male, che nessuno morirà, che a nessun pilota di età inferiore ai quarant'anni venga mai da pensare che non glielo fa fare nessuno di continuare a gareggiare quando non sa nemmeno se tornerà sempre a casa vivo.

Purtroppo non solo il destino di Bianchi era quello di non guidare nemmeno la Sauber che a quanto pareva l'aveva ingaggiato per il 2015, ma era anche quello di essere lui quello che non sarebbe tornato a casa vivo. Fregatura nella fregatura, non gli toccò nemmeno una morte rapida, e passarono nove mesi tra il momento in cui chiuse gli occhi e quello in cui il suo cuore smise di battere. Era il 17 luglio, 17 come il suo numero di gara, 7 come il numero che per sua dichiarazione avrebbe scelto se fosse stato disponibile. Era un particolare piuttosto creepy (ma, al giorno d'oggi, è ancora più creepy pensare al fatto che quel 17.07 si è ripetuto, essendo l'orario - cfr. comunicato ufficiale FIA - in cui lo scorso 31 agosto è avvenuto l'incidente che è costato la vita ad Anthoine Hubert in Formula 2).
Il non avere mai saputo quello che sarebbe successo altrimenti mi ha impedito, nel corso degli anni, di avere una posizione ben precisa nei confronti della Ferrari. È il team che forse l'avrebbe ingaggiato, o forse il team che per questioni commerciali ha detto, dopo la sua morte, che l'avrebbe fatto.
Non è stato facile, in questi anni, pensare al suo destino incompiuto. Tante cose non sono state facili, nemmeno vedere Alex Rossi, colui che doveva prendere il suo posto alla Marussia, vincere la Indy 500 nel 2016. Me lo chiesi: ma se questo era semplicemente la sua riserva, quale futuro avrebbe potuto avere lui?

Non ho mai creduto che un giorno potesse diventare uno dei nomi di primo livello della Forula 1, ma ho sempre pensato che un giorno potesse darmi qualche gioia. Ho finito per affezionarmi al suo pupillo Leclerc, oppure ho VOLUTO farlo, perché avevo l'illusione che quel destino incompiuto fosse stato, seppure indirettamente, completato. Poi quattro settimane fa, seduta da sola nel soggiorno di casa di mia nonna, ho visto Leclerc vincere il gran premio d'Italia e ho finalmente capito che si trattava soltanto di una stupida illusione: un destino incompiuto rimane sempre un destino incompiuto, senza che ci siano "rimpiazzi".
Ci sono piloti ai quali sono stata affezionata che gareggiano ancora da qualche parte e sono ancora affezionata a loro, ma spero che non ce ne saranno mai altri, tra quelli nuovi.
Ho visto un pilota al quale tenevo tanto sopravvivere a un incidente solo per poi vedere, qualche anno più tardi, un altro pilota al quale tenevo fare una fine così triste. E alla fine la cosa più triste è che magari la prossima volta sarà qualcuno a cui non tenevo così tanto, che magari ignoravo... ma che in fondo, una prossima volta, ci sarà sempre, per quanto lontana nel tempo.