martedì 5 ottobre 2021

Seven years have gone so fast, wake me up when September ends

Quello che sto per raccontare sembra una storia appartenente a un'altra vita e in effetti un po' è così. La storia inizia con una serata passata in discoteca, la notte prima di un gran premio. Ricordo distintamente che indossavo un paio di decolleté nere con il cinturino, quel tipo di scarpe che abbinate a un paio di jeans attillati li rendono meno casual e un po' più eleganti. Me lo ricordo distintamente perché era la prima volta che le mettevo e a un certo punto della serata andai in bagno a mettermi dei cerotti nei piedi perché c'erano delle cuciture che mi davano fastidio. Ricordo distintamente anche che quella serata, quando ogni tanto pensavo al motorsport mi sentivo inca**ata con il mondo, perché c'era qualcosa che mi dava la sensazione che i meriti dei piloti non venissero mai riconosciuti fino in fondo, a meno che non facessero parte di quella ristretta cerchia che sta nelle zone che contano e che, a seconda della tuta che indossa, può essere vista bene o male e vedere la propria reputazione cambiare da un gran premio all'altro.

Non c'era ancora l'ufficialità, ma era ormai ufficioso che Sebastian Vettel avrebbe preso il posto di Fernando Alonso in Ferrari, dopo la conferma arrivata quel giorno che Daniil Kvyat ne avrebbe preso il posto in Redbull. Ironia della sorte, proprio in quel weekend aveva debuttato Max Verstappen come pilota del venerdì, una sorta di monito per quello che sarebbe stato appunto il futuro del Russo di Roma, ben meno roseo di quanto poteva apparire in quei giorni. Anche quei giorni forse appartengono a un'altra vita: un diciassettenne arrivato direttamente dalla Formula 3 Europea disputava una sessione di prove libere nel weekend con il meteo peggiore dell'intera stagione. Certe cose, a pensarci a posteriori, sono un po' da strapparsi i capelli... ma ai tempi non ci pensavamo. E se ci pensavamo, magari ci chiedevamo se fosse normale mettere al volante un diciassettenne in un simile fine settimana, non se fosse normale anche tutto ciò che c'era intorno. Se non altro almeno questo coincide con quello che succederebbe oggi: qualunque condizione meteo, secondo alcuni, sarebbe buona per un gran premio.

Ero inca**ata con il mondo un po' come le fangirl che si aspettano che i loro favoriti delle retrovie vengano promossi in un top team a caso, dove a volte il caso non sarebbe poi così tanto un caso. Mi sentivo come tanta gente che ho preso per i fondelli in altri momenti, forse, e chissà, magari prendevo per i fondelli quella gente proprio perché ero stata come loro. Guardavo a tutto quello che succedeva, dall'altro al basso. Non seguivo solo le gare dei front runner, non seguivo soltanto le gare del midfield, per me era tutto un unico contesto, di cui facevano parte sia i piloti che lottavano per il mondiale, sia di quelli che non potevano essere messi in luce secondo gli standard mainstream, quegli standard mainstream secondo cui al di fuori di pochi nomi non ci sono altri piloti che contano, non ci sono piloti che un giorno potrebbero fare il salto di qualità e non ci sono predestinati da potere considerare alla pari dei piloti più altolocati di loro.

La notte prima del gran premio ricordo di essermi chiesta più di una volta perché Jules Bianchi non fosse considerato abbastanza da potere guidare una vettura migliore di quella che aveva, una vettura che, in ogni caso, ancora non lo sapevo ma sarebbe stato destinato a non potere guidare mai. Andai a casa in tardissima serata, lasciai un po' di cose in giro perché l'ordine non è il mio forte, mi preparai per andare a letto e mi addormentai in attesa della sveglia. Quando c'erano i gran premi, ne mettevo due, di sveglie, per non rischiare di perdermeli, non ero una persona da differite ai tempi, cercavo sempre un modo per vedere le dirette. Guardai la gara al buio, in camicia da notte, seduta sul letto con il computer portatile sulle ginocchia. Ci fu addirittura un momento in cui pensai che tutto sommato, nonostante tutto, stava iniziando a diventare una bella gara. Poi tutto iniziò a precipitare, anche se era ancora troppo presto per accorgersene.

La triste fine di Jules Bianchi, se non altro, mi ha definitivamente aperto gli occhi su quanto nulla sia mai da dare per scontato e soprattutto su quanto anche qualcosa di in apparenza ininfluente possa cambiare radicalmente il destino. La sua traiettoria si incrociò direttamente con quella della gru che stava rimuovendo la monoposto incidentata di Adrian Sutil. Quella gru era in movimento. Se fosse partita pochi secondi prima o pochi secondi dopo avremmo potuto assistere a storie diametralmente opposte. Avrebbero potuti essere travolti anche gli operatori, oppure Bianchi avrebbe potuto evitarla per un soffio. Credo che questo faccia capire, fino in fondo, che a volte ci sembra di avere tutto esattamente sotto controllo, ma basta qualsiasi cosa affinché il fatto di avere tutto controllo diventi solo una sensazione totalmente illusoria.

Non so dire se dopo sia davvero cambiato qualcosa, nel motorsport. Forse sì, ma ho la sensazione che non sia cambiato nulla nella mente di molti tifosi. Ci sono driverstosurvivers che affermano senza mezzi termini che Bianchi non ha rallentato abbastanza quindi la colpa della sua morte è soltanto sua. Poi ci sono persone che hanno la sua foto nell'avatar dei loro profili social, ma che nonostante tutto si lamentano del fatto che i piloti non sono very uominy se non si corre in situazioni meteo in cui non è abbastanza sicuro correre. Infine c'è il 99% dei tifosi che, pur sapendo benissimo che cosa successe sette anni fa, vive in un mondo illusorio che sembra costruito ad arte per far dimenticare in fretta, oppure per non far pensare ai momenti neri della storia recente, un mondo illusorio al quale anch'io penso di avere creduto in passato.

Viviamo in un contesto in cui nel sondaggio di Liberty Media viene chiesto agli appassionati se gli piacerebbe avere gare con un maggior numero di incidenti spettacolari (tanto si possono sempre censurare per salvare le anime pure dei driverstosurvivers), ma soprattutto ho l'impressione che viviamo in un contesto in cui se qualcuno muore può essere rimpiazzato senza problemi ed essere equiparato a una figura astratta che anticipava la venuta di un suo opportunamente scelto successore. Perché ormai, a questo punto, mi sembra palese che si sia scelto di intraprendere esattamente questa strada, più o meno consciamente. Credo che quello che, nella nostra individualità, possiamo cercare di fare sia cercare di tenere gli occhi aperti e di distinguere la vera realtà da quella illusoria dalla quale siamo fin troppo spesso circondati. Perché alla fine le illusioni se ne vanno, prima o poi, e ci resta solo l'amarezza della verità.


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Milly Sunshine