Visualizzazione post con etichetta F1 anni '90. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta F1 anni '90. Mostra tutti i post

mercoledì 13 agosto 2025

GP Ungheria 1995: le peripezie di Taki Inoue

13 Agosto 1995, una data che entrerà nella storia. All'Hungaroring, Damon Hill scatta dalla pole position affiancato dal compagno di squadra David Coulthard. Non saranno loro a enttare nella storia, né lo sarà Michael Schumacher che parte dalla terza piazza, affiancato alla Ferrari di Gerhard Berger, né Mika Hakkinen che sulla McLaren è quinto con accanto a sé l'altra Ferrari di Jean Alesi.
Eviterei a questo punto di illustrare tutta la griglia di partenza, concentrandomi sui fatti. Le Williams mantengono le posizioni 1/2, mentre Hakkinen dopo pochi giri è costretto al ritiro per un guasto al motore. Dopo tredici giri, su un totale di settantasette, Schumacher si inserisce tra le due Williams dopo un sorpasso su Coulthard, affermando: "Ce l'ho enormehhhh!!!111!!11!!" Davidone non si scompone: "Anch'io ce l'ho enorme." Lettori malpensanti, stanno solo discutendo dell'ampiezza delle loro mascelle.
Più o meno mentre accade tutto ciò, si scatena l'apoteosi, l'evento che passerà alla storia del motorsport e che anche anche adesso viene ricordato con grande partecipazione.

Taki Inoue, pilota della Footwork, che viaggia in questo momento in una diciottesima piazza abbastanza rispettabile dietro al compagno di squadra Max Papis, si ritira per un guasto al motore. Sceso dalla macchina, corre a prendere un estintore...
...
...
...e niente, viene investito da un mezzo dei commissari sopraggiunto sul posto e viene messo a terra.
Non è il primo incidente strano che gli capita. A Montecarlo, per esempio, alla fine di una sessione di prove libere è rimasto fermo lungo il tracciato, si è slacciato le cinture e poi è stato sbalzato fuori dalla monoposto quando la safety car, che stava facendo un giro dimostrativo, gli è finita addosso.
Non raggiungerà più questi livelli di poesia, ma si farà comunque notare di lì a un mese quando gli Schumill si spalmeranno tra di loro - curiosamente davanti a un pannello pubblicitario della Candy - subito dopo che li aveva rallentati durante un doppiaggio. Aggiungo che alcuni anni fa commentando l'episodio durante una telecronaca della GP2, Hill ha parlato del fatto, citandolo come "un pilota giapponese", vedo che ha lasciato molto il segno se gli ex colleghi neanche sanno come si chiama!

Il trittico Hill/ Schumacher/ Coulthard rimane nelle prime tre posizioni nel proseguire di questa giornata falsata dal fatto che poco dopo la metà della percorrenza Alesi sia costretto al ritiro da un guasto. In sintesi, avevamo due Ferrari in pista, adesso ne abbiamo una soltanto, quella di Berger, che porta il numero 28 e di conseguenza non è stylish come quella di Alesi.
Nelle fasi finali della gara, Berger è quinto, alle spalle di uno che se fosse pilota Ferrari negli anni '90 anziché negli anni 2000 porterebbe il numero 28 come uno sfigato qualsiasi. Essere quarto a bordo di una Jordan, però, è tanta roba. Quando dopo settantatré giri di gara il motore della Benetton di Schumacher si ammutolisce e gli Hillthard si ritrovano 1/2, ecco che Rubens Barrichello risale al terzo posto e inizia a viaggiare verso il podio.
Michelone probabilmente lo informa: "Se io fossi un pilota Ferrari del 1995 anziché del 1996 porterei il numero 27 e sarei il più stylish di tutti". Rubinho non è particolarmente toccato da queste parole, c'è di peggio nella vita, tipo la macchina che inizia a rallentare a poche curve dal traguardo.

Barrichello non salirà sul podio, ma in compenso ci andrà Berger, tentando di ristabilire l'ordine naturale delle cose. Johnny Herbert, nel frattempo, porta la Benetton a punti cogliendo una quarta piazza, davanti alla Sauber del nostro eroe Heinz-Harald Frentzen. L'ultimo punto disponibile se lo aggiudica la Ligier, nonostante il ritiro di Martin Brundle mentre si trovava in bassa zona punti. Abbiamo quindi un altro eroe da festeggiare, dato che sesto giunge Olivier Panis.
Barrichello viene classificato settimo e dietro di lui si classificano le due Minardi. Se fossimo nel 2003 anziché nel 1995, Luca Badoer conquisterebbe un punto dato che giunge ottavo. Se fosse un pilota Ferrari, però, guiderebbe una macchinina a pedali anziché una monoposto, quindi non avrebbe né il 27 né il 28. Dietro al suo compagno di squadra Pedro Lamy, arriva infine un'altra Sauber, guidata da Jean-Christophe Boullion.
Si conclude così una storica giornata che ha solo fatto da contorno alle struggenti peripezie di Takachico Inoue detto Taki.


martedì 1 luglio 2025

Ho visto il documentario "Andrea Moda Formula, la scuderia più folle di sempre": la mia recensione

Avevo ovviamente sentito parlare del documentario sull'Andrea Moda uscito lo scorso anno, tuttavia non avendo dimestichezza con le varie piattaforme (ovvero non avendo abbonamenti vari) non ho avuto occasione di vederlo fintanto che non è passato in TV su Motor Trend, nella serata del 30 Giugno. Il documentario, della durata complessiva di più di due ore, era uscito a puntate, mentre nella sua versione televisiva è stato trasmesso integralmente a partire dalle 22.15.
Ero molto curiosa di vederlo, da appassionata di storie di Formula 1 vintage e di piccoli team. Ne avevo sentito parlare su Zuckerbook nel corso dei mesi e adesso che l'ho visto ovviamente ne parlo anche io stessa.
Prima di partire vorrei complimentarmi con Zoofactory, produttore di "Andrea Moda Formula, la scuderia più folle di sempre" per avere deciso di fare conoscere la storia di questa piccola squadra, che ha fatto parlare di sé nel corso del 1992 e che fa tuttora parlare di sé.


Tutto nasce dall'idea di Andrea Sassetti, un piccolo imprenditore marchigiano produttore di scarpe (con la passione per i motori derivante dai trattori che da bambino vedeva nelle campagne dalle sue parti) il cui brand Andrea Moda è divenuto di punto in bianco celebre e fonte di grosse entrate economiche. E che cosa c'è di meglio da fare, quando si ha improvvisamente un'enorme disponibilità economica? Ovviamente comprarsi una squadra di Formula 1! Del resto, cosa potrà mai andare storto?
E in effetti va proprio così: Sassetti acquista gli asset della scuderia Coloni, i test si svolgono in una zona industriale del marchigiano, e salta i gran premi di Sudafrica e Messico perché 1) non ha pagato la tassa di iscrizione, 2) le monoposto della stagione precedente della Coloni non sono costruite da Andrea Moda e ciascun costruttore deve costruire le proprie monoposto.
Bene ma non benissimo. I piloti Enrico Bertaggia (amico della famiglia Antonelli che in seguito avrebbe deciso che Kimi doveva essere il middle name di "AKA") e Alex Caffi decidono di scappare a gambe levate e al loro posto vengono ingaggiati Roberto Moreno e Perry McCarthy.
I due sono entrambi lungamente presenti nel documentario. Moreno parla esattamente come il mio tecnico di computer di fiducia di origini brasiliane, mentre McCarthy ha quel tono eccessivamente entusiasta che hanno certi professori madrelingua durante le lezioni di lingue straniere, direttamente proporzionale alla loro volontà di incentrare le lezioni sul parlare di tematiche leggere in lingua o alla traduzione di testi di canzoni pop, piuttosto che su lunghi pipponi a proposito di argomenti colti.

Le nuove monoposto sono progettate dalla Simtek Research, in base a un progetto del 1990 per la BMW, che poi ha rinunciato all'intenzione di entrare in Formula 1. Quindi non è che siano proprio all'avanguardia, in più possiamo affermare che la squadra stessa non sia propriamente all'avanguardia.
A quanto pare, sembra che Bernie Ecclestone proponga a Sassetti di entrare con una sola macchina, ma questo rifiuta perché "la Ferrari corre con due macchine". Inutile dire che i mezzi a disposizione sono un po' diversi, ma nevermind. In Brasile, McCarthy non ha ancora la Superlicenza, mentre Moreno può scendere in pista. Percorre appena tre giri, ma intanto la nera vettura marchigiana è uscita dalla pitlane! Non si prequalifica, ma questi sono dettagli, accadrà molto spesso di non prequalificarsi, anzi pressoché sempre. Piccolo dettaglio: non siamo più ai tempi in cui c'erano trentanove macchine, adesso ce ne sono solo trentadue, di cui trenta passano in qualifica. In estrema sintesi, le Venturi, la seconda Footwork e la seconda Fondmetal hanno la certezza quasi matematica di potere almeno passare alla sessione di qualifica, in cui ventisei piloti su trenta si procacceranno una posizione in griglia.
In Spagna anche McCarthy riesce a salire in macchina e a percorrere... quindici metri. Le cose non cambiano nell'immediato futuro ed essere secondo pilota dell'Andrea Moda sembra leggermente peggio che essere secondo pilota in un top team!

A Montecarlo, poi, succede un evento che ha del miracoloso: su sei piloti presenti alle prequalifiche, Moreno strappa il terzo tempo e supera brillantemente il primo scoglio a spese della Venturi di Ukyo Katayama (mentre McCarthy non è pervenuto per palese inguidabilità del mezzo, ma questo non lo diciamo per non perdere la magia del momento).
Incredibile ma vero, in qualifica Robertone nostro ottiene una gloriosa ventiseiesima piazza, che nonostante problemi tecnici nella fase finale della sessione rimane imbattuta dalle Brabham, da una Fondmetal e da una March. La gara dura appena dodici giri: Judd non fornisce nuovi motori, quindi non ci sono speranze. Il motivo per cui non fornisce nuovi motori è che a quanto pare la squadra è indietro con i pagamenti.
La gara di Moreno finisce in fumo, ma può dire di avere disputato una gara con l'Andrea Moda, cosa che non è mai accaduta prima nella storia e che mai più succederà. Segnalo che, secondo quanto detto nel documentario, Moreno avrebbe girato "più veloce delle Ferrari", cosa che tuttavia stride con il quarto e l'ottavo posto in griglia ottenuti da Jean Alesi e Ivan Capelli.
Il documentario racconta un retroscena curioso: una certa Valerie Jorquera che lavorava per la Elf, avrebbe fornito carburante più performante, lo stesso che potevano permettersi i top team, secondo Moreno in cambio di un profumo di Chanel.
Inoltre prima del GP di Montecarlo il team aveva fatto un test serio dopo avere affittato un kartodromo, il che ha contribuito all'essere pronti per affrontare le stradine del Principato.

Si tratta di un acuto che non viene ripetuto, si va di nuovo in pista con il solo Moreno, non ci si prequalifica, in Francia il camion del team non riesce ad arrivare a causa delle strade bloccate per uno sciopero su scala nazionale degli autotrasportatori francesi... Viene intervistato l'allora camionista del team, che racconta l'accaduto, e a tale proposito è doveroso specificare che anche altre squadre hanno avuto problemi logistici a portare il proprio materiale a quel gran premio, ma Andrea Moda è stata l'unica squadra le cui monoposto non sono arrivate.
Poi si va in Gran Bretagna, a casa di McCarthy... ecco, per McCarthy sarebbe stato meglio andarsene direttamente a casa. Per la sua macchina non ci sono gomme nuove, perché è quello quello che succede quando si è indietro con i pagamenti alla Goodyear. Quindi cosa si fa? Ma ovviamente si montano sulla macchina le gomme usate di Moreno. Da pioggia. In Inghilterra piove spesso, ma non in questa occasione. McCarthy completa il giro di prequalifica ai due all'ora, ma è già tanto per gli standard a cui è stato abituato.
Nel successivo evento in Germania, Perry completa un giro, ovviamente valevole dell'ultimo tempo in prequalifica, ma non si ferma alle operazioni di peso e viene escluso dall'evento, cosa che comunque non cambia l'andazzo.

Non viene citato nel documentario, ma al GP d'Ungheria una Brabham prossima al fallimento schiera una sola monoposto, facendo sì che solo cinque vetture prendano parte alle prequalifiche. In questo caso Moreno quindi si prequalifica, ma ovviamente ha il trentesimo tempo al sabato e non va in griglia.
Con il fallimento della Brabham a partire dal GP del Belgio non ci saranno più le prequalifiche. Anche questo non è citato, così come non è citato che l'incidente di Erik Comas riduce da trenta a ventinove i piloti che tentano di qualificarsi: 28/29esimo tempo.
Sono tuttavia altri i fatti che spiccano del weekend belga, l'inizio della fine per l'Andrea Moda. Dal punto di vista agonistico, Moreno racconta di come la sua macchina non curvasse per problemi di sterzo. Tutto questo passa comunque in secondo piano quando Sassetti viene arrestato nel paddock a causa di una vicenda legata a fatture non pagate, per la quale viene accusato di avere falsificato dei documenti. Viene rilasciato due giorni dopo e, secondo quanto riferisce, sarebbe un complotto di Bernie Ecclestone nei suoi confronti.

Curiosità: questo gran premio è lo stesso nel quale Michael Schumacher conquista la prima vittoria in Formula 1, cosa che viene anche citata nel documentario. Questa considerazione la aggiungo io: trovo tutto ciò estremamente poetico dal punto di vista etimologico, non sarà che le stelle si sono allineate e hanno voluto mandare un messaggio subliminale? Una cosa tipo: "non è meglio che torni a produrre scarpe?"
Il danno, comunque, ormai è fatto e per l'Andrea Moda è finita: al GP d'Italia, la squadra non viene accettata e viene radiata per avere danneggiato la reputazione della Formula 1. È definitivamente la fine e il sogno di Sassetti di fare il team owner svanisce mestamente.
Le due monoposto rimarranno in suo possesso per anni, saranno esposte a fiere e sagre marchigiane e le guiderà lui stesso occasionalmente sul circuito di Misano. Una delle due pare essere stata confiscata per un provvedimento giudiziario, mentre l'altra secondo Sassetti è sparita. Secondo quanto riportato dal video, è stata ridipinta dal suo nuovo proprietario come una Williams con livrea Rothmans... che detto sinceramente mi pare un'idea abbastanza malsana.

In sintesi, il documentario racconta la vera storia dell'Andrea Moda, allontanando certe leggende metropolitane quali presunti operai del calzaturificio improvvisati come meccanici in Formula 1. Ciò non trova alcun riscontro nel documentario.
Detto questo, ho trovato molto avvincente questo racconto di una scuderia di Formula 1 nata praticamente in un capannone nelle campagne e di come quello che è stato dipinto per anni come il peggiore team della storia fosse in realtà una squadra che ha avuto sfortuna e che ha avuto tutti contro. Ritengo tuttavia che sia molto facile arrivare a questa conclusione, se si intervistano solo il fondatore, i vertici del team e soggetti che dal team non hanno subito alcun danno. Ci sono infatti testimonianze da parte di Ivan Capelli, Nigel Mansell, Stefano Domenicali giusto per citare i soggetti più altisonanti.
Si menzionano spesso mancati pagamenti e non sono sicura che i fornitori dell'Andrea Moda condividerebbero il ritratto totalmente positivo e favorevole che viene tracciato durante la narrazione. Allo stesso modo, trovando abbastanza semplicistica l'accusa di complotto contro una squadra che stava "cambiando la Formula 1" e che spaventava (qualificandosi mezza volta? chissà che terrore incutevano...) sarebbe stato bello sentire anche qualcuno che contestasse questa accusa, invece di limitarsi a elevare l'ipotesi di complotto a verità ineluttabile.

Per quanto riguarda Sassetti, non conosco il personaggio se non per quanto riguarda la sua breve esperienza in Formula 1. Sostiene di essere sempre stato pulito e gli do fiducia, non avendo mezzi per farmi un'idea. Però deve essere una persona molto sfortunata, a questo punto, dato che ha avuto guai con la legge in almeno altre due occasioni, tra cui una condanna per bancarotta.
In più, la faccenda dello sterzo danneggiato del GP del Belgio è stata raccontata, anche in altre sedi e pare anche dallo stesso McCarthy in un modo diverso dal "ahahah, che team rustico, Moreno guidava e la macchina non curvava, pura poesia!" Pare che la monoposto di McCarthy venisse utilizzata in primis per avere pezzi di ricambio per quella di Moreno e che, di conseguenza, il piantone malfunzionante sia stato consapevolmente montato sulla macchina di Perry e questo sia stato mandato in pista, dove ha avuto un incidente all'Eau Rouge.
Quello che posso dire è che una volta sono rimasta con il volante bloccato a bordo della Punto dei miei genitori mentre ero in un tratto rettilineo della provinciale e non è stata una bella esperienza percorrere i quindici chilometri che mi separavano da casa con il volante che praticamente non girava. Penso che sia decisamente peggio se succede su una monoposto di Formula 1 all'Eau Rouge-Radillon.
Se quanto si racconta in altre sedi è vero, ammetto di non approvare molto la scelta di ometterlo. Se è falso, mi aspetterei invece che venisse smentito, come sono state smentite altre dicerie.

Tornando a noi, a questo punto non mi resta che esprimere il mio parere su questo documentario: a mio parere è ottimo e si sarebbe meritato di passare su un canale ben più altisonante di Motor Trend. L'ho trovato molto un documentario per nerd, ma d'altronde bisogna essere molto nerd per interessarsi all'Andrea Moda.
Mi è parso molto ben fatto e contenente video piuttosto interessanti. Il grande lavoro di ricerca che c'è stato dietro appare molto evidente e il prodotto finale è molto godibile. Nonostante fosse stato ideato per essere visto in tre puntate, la visione completa non è pesante, nonostante la durata superiore alle due ore.
L'unico lato che non ho apprezzato, è la totale assenza di contradditorio e l'immagine estremamente candida che viene data di una squadra che, palesemente, ha avuto grossi problemi di gestione e organizzazione, dettati in gran parte dall'inesperienza nel settore e dall'eccessiva ambizione del suo fondatore... Ma dato che ho faticato perfino a comprendere la santificazione a oltranza di Ayrton Senna da parte del famoso documentario di Asif Kapadia, ritengo si possa capire se ho dei dubbi sul glorificare senza alcuna esitazione il "che bello debuttare in Formula 1 perché sì".


giovedì 1 maggio 2025

Come il GP di San Marino 1994 si inserisce in un contesto di grossi problemi di sicurezza

Imola, 1 Maggio 1994 // la morte di Roland Ratzenberger nelle qualifiche del giorno precedente è storia recente, difficile ignorarla. Si parla di sicurezza che manca, ma quasi solo per far notare come in Formula 1 arrivino piloti troppo inesperti, come si facciano entrare squadre troppo povere. Nessuno può immaginare che di lì a qualche ora anche Ayrton Senna, tre volte campione del mondo al volante della plurititolata Williams, squadra che ha vinto i titoli dei due anni precedenti, perderà la vita, nel giorno in cui avrebbe dovuto riaprire il mondiale.
I fatti del weekend - iniziato con Rubens Barrichello sopravvissuto a un violento schianto alla Variante Bassa - non sono un caso, si inseriscono in una serie di incidenti che già si erano susseguiti fin dagli albori della stagione. Anche la partenza viene segnata da un brutto incidente: la vettura di J.J.Lehto, che parte dalla terza fila, rimane ferma sulla griglia di partenza, cosa che, in circostanze ottimali, dovrebbe tramutarsi in aborted start. Ciò non accade, Lehto viene schivato da tutti i piloti, ma non da Pedro Lamy, che giunto con la visuale ostruita gli cozza contro (una dinamica molto simile a quella che dodici anni prima è costata la vita a Riccardo Paletti). I piloti se la cavano senza danni seri, ma i detriti volati sulle tribune hanno ferito diversi spettatori, pare uno dei quali in modo grave.
Entra la safety car, il che non è troppo comune ai tempi, le monoposto procedono allineate dietro la vettura di sicurezza e, alle 14.17, dopo avere completato il primo giro dopo il restart, Ayrton Senna esce di pista e quello che succede dopo è storia nota, così come diviene finalmente di comprensione pubblica il fatto che ci sia ancora tanto da fare per ridurre i rischi al minimo possibile.

AI generated - Chat GPT

Seppure non ha innescato incidenti, vorrei segnalare un gravissimo problema di sicurezza relativo alle procedure, che avrebbe potuto avere conseguenze serie: a seguito dell'incidente di Senna, viene deciso di fare intervenire l'elicottero direttamente in pista, e incredibilmente ci manca poco che una monoposto colpisca i mezzi di soccorso.
Erik Comas, che ha danneggiato la vettura nelle prime fasi di gara, è stato lungamente ai box durante i giri con la SC. Giunto all'uscita della pitlane, siccome la gara era stata redflaggata, si trova giustamente il semaforo rosso e, ignaro di cosa fosse accaduto, si appresta a fare ciò che i piloti facevano in quelle circostanze: attendere il semaforo verde per uscire e verosimilmente andare a schierarsi in griglia in attesa della seconda partenza.
A quanto pare, il semaforo diventa verde e Comas esce in pista... e se mi è permesso un parere, un simile errore di comunicazione non è meno grave che se fosse accaduto un incidente. Non è spiegabile che venga dato via libera fuori dalla pitlane in una simile situazione, così come che, in un'epoca in cui già si usa la radio, il team non abbia avvisato il pilota che ci sono mezzi di soccorso e addirittura un elicottero in pista.

Un ultimo notevole incidente si verifica nei giri conclusivi del gran premio, quando i meccanici della Minardi fissano male una delle ruote sulla vettura di Michele Alboreto. Non ci sono limiti di velocità in pitlane e la ruota schizza via, colpendo alcuni meccanici di Ferrari, Lotus e Benetton, che vengono feriti non gravemente. Questo episodio porterà in seguito a mettere limiti di velocità nella pitlane per motivi di sicurezza.
In generale, dopo l'evento di Imola, vengono prese delle nuove misure, ma ciò non impedisce, comunque, che continuino a verificarsi incidenti seri nel proseguire della stagione. A Montecarlo, nella prima giornata, Karl Wendlinger è vittima di un grave incidente innescato da un cedimento meccanico, e finirà in coma. La Sauber, come contromisura, ritira dall'evento anche l'altra macchina, per ragioni di sicurezza.
Dopo quel gran premio, in una sessione di test privati, Lamy riporta gravi ferite alle gambe ed è costretto a rinunciare al resto della stagione che stava disputando con la Lotus. Subito dopo è la volta del GP di Spagna, in cui Andrea Montermini, che fa il proprio esordio al volante di una Simtek, a riportare fratture alle gambe in un serio incidente.

In pista va male, ma non va meglio nella corsia dei box. Al GP di Germania, la vettura di Jos Verstappen prende malamente fuoco nel box della Benetton durante il rifornimento. Una delle cose che trovo più irritanti è che al giorno d'oggi questo incidente venga spesso sbeffeggiato da detrattori del pilota, o del figlio di costui, o della squadra, o del team principal Flavio Briatore, o si lasci intendere che, se il sistema di rifornimento utilizzato era illegale, allora è assolutamente auspicabile che pilota, meccanici e fotografi lì presenti rischino di andare tutti a fuoco: è quel "karma" che viene citato ogni tre per due (a mio parere a sproposito, ma non sono esperta di religioni orientali, quindi lascio la parola a quelli che fanno uso smodato del termine, loro saranno sicuramente molto informat-... ah no).
A mio avviso proprio questo episodio dovrebbe aprire gli occhi, altro che causare compiacimento: un sistema per rifornire più velocemente ha finito per provocare un incendio, è l'ennesimo esempio di come il risultato sia stato spesso messo davanti alla sicurezza.

A Hockenheim sono passati due mesi dall'ultimo incidente serio avvenuto fino a quel momento e, ancora una volta, si arriva a vivere finalmente qualche mese di calma. L'ultimo incidente serio della stagione passa totalmente in sordina: del resto del GP del Giappone negli anni a venire si parlerà di come sia stata l'ultima gara corsa su tempi aggregati, come da regolamento dei tempi in caso di bandiera rossa, non di come si sia arrivati a quella bandiera rossa.
A Suzuka diluvia e la gara viene interrotta al 13° giro, quando prima la Footwork di Gianni Morbidelli e poi la McLaren di Martin Brundle finiscono fuori per aquaplaning nello stesso tratto di pista. Morbidelli esce di pista su un rivolo d'acqua, sopraggiunge un trattore per rimuovere la monoposto. Un giro più tardi arriva anche Brundle, finisce fuori nella stessa maniera e, ritrovandosi di fronte al trattore, tenta una mossa disperata per evitarlo, investendo tuttavia un commissario di percorso che riporta la frattura di una gamba (per ironia della sorte, la dinamica di questo incidente è un'anticipazione di come, vent'anni dopo, due decenni senza incidenti mortali giungeranno a conclusione: sarà proprio nello stesso tratto di pista che Jules Bianchi colpirà un trattore venuto a rimuovere la monoposto incidentata di Adrian Sutil nell'edizione 2014).


mercoledì 30 aprile 2025

Come una serie di avvisaglie non hanno aperto gli occhi abbastanza prima del GP di San Marino 1994

AI generated - ChatGPT
Il 30 Aprile 1994 ho perso la mia "innocenza motoristica" quando per la prima volta, per me, il motorsport ha smesso di essere solo un mix di monoposto colorate e di piloti che, a fine gara, sbevazzavano champagne buttando cappelli giù dal podio. La triste fine di Roland Ratzenberger ("un pilota giovane", la risposta di mio padre al mio chiedere delucidazioni su chi fosse il pilota morto, mentre la TV mostrava i replay dell'incidente) è stata la prima giornata terribile della storia della Formula 1 che ho vissuto. Era troppo presto per capire, vivevo ancora il motorsport come se fosse un film, probabilmente senza capire che a morire fossero persone vere. Allo stesso modo in cui io non capivo pienamente cosa fosse successo, penso che in tanti non avessero capito pienamente che lo spettro della morte, che si riteneva così lontano dai circuiti, in realtà era ben presente, si era solo nascosto molto bene.
Alla fine, se certe cose possono succedere per caso, non è che dipenda tutto dal caso. Una serie di importanti modifiche regolamentari ha preceduto la stagione 1994 e ha portato con sé una serie di conseguenze. Già in precedenza c'era stata a mio avviso molta fortuna. A ripensare al 1994 trentun anni dopo, più che stupirsi per due incidenti mortali viene quasi da stupirsi dei tanti sopravvissuti.

Nei test prestagionali J.J.Lehto ha riportato un infortunio al collo, verosimilmente il primo incidente veramente serio dell'anno. Avrebbe dovuto disputare la stagione con la Benetton, ma ha perso i primi due gran premi stagionali, Brasile e Pacifico. Tornato in pista proprio nel corso del weekend del GP di San Marino, più avanti nel corso della stagione sarebbe stato declassato a riserva per non essersi ripreso pienamente dall'infortunio riportato nel pre-season.
Un episodio simile è accaduto a Jean Alesi: il pilota della Ferrari ha avuto un incidente in una sessione di test avvenuta tra il primo e il secondo gran premio della stagione. Ha riportato un infortunio al collo (ricordo che, intervistato sulla Rai nel 2009, in relazione all'incidente avuto in moto da Michael Schumacher e alle sue lesioni e potenziali tempi di recupero, Alesi ha detto che in quell'incidente del 1994 ha riportato una microfrattura a una vertebra) dovendo saltare i GP del Pacifico e di San Marino.
Sebbene in quel caso la causa sia stata una manovra decisamente ottimista di Eddie Irvine, anche nell'evento di Interlagos si è avuto un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti. Il pilota della Jordan, infatti, ha speronato la Benetton di Jos Verstappen, il quale è finito sull'erba ed è rimbalzato piovendo addosso alla McLaren di Martin Brundle, con anche la Ligier di Eric Bernard coinvolta, ma con un ruolo molto minore.
Brundle ha rischiato parecchio in quell'incidente, essendosi praticamente preso una ruotata sul casco. Ha in seguito dichiarato di avere perso conoscenza e di non avere ricordi di quell'incidente. Questa era la premessa e, come si può notare, c'erano già state diverse circostanze in cui ci si era appigliati alla fortuna, prima del GP di San Marino.

Non che non fosse accaduto negli anni precedenti, sia chiaro. La leggenda metropolitana secondo cui la Formula 1 era sicura perché non era più morto nessuno dal 1986 non teneva conto del fatto che di incidenti seri ce n'erano stati vari, ma semplicemente non c'erano state conseguenze gravi. O per meglio dire, non c'erano stati *morti*, perché comunque ci sono stati piloti che in quell'arco temporale hanno visto la loro carriera finire a causa di incidenti (nel caso di Philippe Streiff - incidente nei test nel 1989 - restando addirittura paralizzato).
Il progresso della sicurezza sicuramente c'era stato, ma a mio avviso spesso la semplice fortuna è stata bollata come "progresso della sicurezza", giungendo a sottovalutare una serie di fattori. Nel 1994, con il cambio regolamentare, la situazione è di gran lunga peggiorata. Le vetture non erano adatte ai circuiti e la bolla pronta a esplodere è esplosa. Quando l'ha fatto, tuttavia, l'ha fatto in modo soft, illudendo ancora una volta che si fossero fatti passi in avanti enormi.
Venerdi 29 Aprile una vettura arrivata a troppa velocità ha preso un "sausage kerb", ha spiccato il volo e si è ribaltata sulle barriere. I soccorritori hanno girato la vettura senza delicatezza alcuna, il che paradossalmente ha consentito un intervento immediato sul pilota che, incosciente, rischiava di venire soffocato dalla propria lingua. Il bilancio è stato molto clemente: una frattura al setto nasale, un'altra a un polso, qualche costola incrinata.
Il pilota in questione non solo è sopravvissuto, ma ha gareggiato fino al 2011 in Formula 1 portando a casa undici vittorie, e ha avuto due figli divenuti piloti. Ancora oggi è in attività: quando manca un mese al suo 53° compleanno, Rubens Barrichello gareggia in Stock Car Brasil, dove uno dei suoi avversari è il suo figlio maggiore Eduardo.

Facilissimo fare due più due: era innegabile che potessero esserci incidenti molto pesanti. Però, se Rubinho ne era uscito con conseguenze molto soft, allora significava che la morte e gli infortuni potenzialmente mortali o invalidanti appartenevano al passato.
Invece no, non è andata così. Se Barrichello, da pilota più giovane in griglia è rimasto a lungo abbastanza da diventare per un certo periodo anche il più vecchio (stagione 2009), purtroppo Roland Ratzenberger non solo non ha avuto la stessa fortuna, ma appena un giorno più tardi non ha avuto scampo. Arrivato in Formula 1 non più giovanissimo (aveva trentatré anni, anche se l'età "ufficiale" ai tempi era trentuno) era comunque destinato a rimanere per sempre giovane.
Era un backmarker, gareggiava per una squadra esordiente, aveva anche mancato la qualifica in Brasile, mentre a Okayama si era qualificato ultimo e aveva concluso la gara ultimo. La mattina dopo c'era chi affermava che bisognerebbe fare più attenzione a chi si fa entrare in Formula 1, che nulla succede per caso e che, in estrema sintesi, la colpa è sempre del morto.
Non era così e il fatto che Ayrton Senna abbia fatto la stessa fine l'indomani ha forse aperto definitivamente gli occhi sui temi legati alla sicurezza. Questa, però, è un'altra storia e ne parleremo domani.


giovedì 20 marzo 2025

In ricordo di Eddie Jordan (30.03.1948 - 20.03.2025) ripercorriamo la storia del suo team

Eddie Jordan è entrato in Formula 1 con il suo team nel 1991, dopo diversi anni di esperienza nelle categorie minori. Era l'epoca in cui c'erano moltissime vetture che ambivano a entrare in griglia, con tanto di prequalifiche, quindi grandi probabilità di non andare in griglia, per una squadra neoentrante. Il team irlandese con base a Silverstone, tuttavia, ha dimostrato ottimi risultati nella sua prima stagione, con la sola mancata prequalificazione di Andrea De Cesaris al gran premio inaugurale.
Accanto al veterano italiano, vi era Bertrand Gachot, già passato per scuderie quali Onyx, Rial e Coloni. I due sono stati un'ottima coppia che si è tolta anche discrete soddisfazioni nella parte centrale della stagione, con cinque arrivi a punti consecutivi in Canada, Messico, Francia, Gran Bretagna e Germania, doppia zona punti nella prima e nell'ultima occasione citate. In totale sono stati ottenuti due quarti, due quinti e tre sesti posti, mentre nel gran premio seguente, in Ungheria, Gachot ha conquistato il giro più veloce... un'ultima soddisfazione prima di finire in carcere (la storia la conoscete, quindi evito di ripeterla) ed essere sostituito da, in ordine cronologico, Michael Schumacher, Roberto Moreno e Alessandro Zanardi.
Non sono arrivati altri punti, ma il risultato finale è stato quinto posto nel mondiale costruttori dietro a McLaren, Williams, Ferrari e Benetton. Niente male!
La stagione 1992, con motori Yamaha anziché Ford e la coppia di piloti Stefano Modena/ Maurizio Gugelmin, invece, non è stata all'altezza della precedente, con un solo punto conquistato dal pilota italiano giungendo sesto in Australia. Alla fine il risultato nel mondiale costruttori è stato solo l'undicesimo posto, bissato poi nel 1993.

La terza stagione della Jordan, stavolta con motori Hart, ha visto il debutto di una giovanissima promessa, Rubens Barrichello (al contempo Nico Hulkenberg si iscriveva in prima elementare - questa è una citazione colta), che peraltro a Donington viaggiava verso il terzo posto quando è stato costretto al ritiro e per lungo tempo non si è tolto soddisfazioni. Accanto a lui a inizio stagione abbiamo visto Ivan Capelli, poi sostituito da Thierry Boutsen, Marco Apicella, Emanuele Naspetti e infine Eddie Irvine nei due gran premi finali.
Barrichello e Irvine hanno chiuso 5/6 in Giappone, gara d'esordio dell'irlandese che si è subito messo in mostra sdoppiandosi anche da Ayrton Senna, che era leader della gara. Questo non è stato particolarmente convinto dalle performance di Eddie, tanto che a fine gara è andato a cercarlo ai box per lamentarsi del fatto e ha completato l'opera tirandogli un pugno sul mento, ma quello che conta è passare alla storia!
Irvine ha imparato a tenersi lontano dai guai nel futuro imminent-... ah no. Nel primo GP della stagione seguente, in Brasile, ha pensato bene di speronare Jos Verstappen lanciandolo in testa a Martin Brundle e procacciandosi tre gare di ban. Sostituito da Aguri Suzuki nel GP del Pacifico, è stata poi la volta di De Cesaris negli eventi successivi, dove avrebbe rimediato un quarto posto a Montecarlo. Rubinho, invece, nella natia Sao Paulo si è procacciato un quarto posto - uno dei pochi risultati memorabili di Interlagos per poi cogliere il suo primo podio nella gara seguente a T.I. Aida con un terzo posto, una piccola soddisfazione prima del sausage kerb di Imola e del devastante cappottamento.
Sia Barrichello sia Irvine hanno conquistato punti in varie occasioni in seguito, quattro quarti posti per Rubens, nonché la pole al GP del Belgio, tre piazzamenti in top-6 per Irvine, con un quinto posto nel mondiale costruttori, prima del passaggio ai motori Peugeot per la stagione seguente. Sarebbero rimasti fino al 1997.

Nel 1995 i piloti erano ancora Barrichello e Irvine, mentre nel 1996 quest'ultimo è passato in Ferrari, venendo sostituito da Brundle. In entrambe le stagioni, la squadra ha conquistato il sesto posto costruttori, con svariati piazzamenti a punti, ma vedendo il podio solamente nel GP del Canada 1995, con Barrichello e Irvine rispettivamente secondo e terzo alle spalle del vincitore Jean Alesi. Nel 1996, Brundle è passato alla storia per un altisonante incidente nel GP d'Australia, oltre che per avere lasciato la Formula 1 alla fine della stagione.
Giancarlo Fisichella ha fatto coppia con il debuttante Ralf Schumacher nel 1997. I due, al GP d'Argentina, viaggiavano verso un probabile doppio podio nel gran premio numero 100 della storia della squadra, nonché nel gran premio numero 600 della storia della Formula 1. Visto che il leader Jacques Villeneuve concluse con un piccolo gap nei confronti di Irvine chissà, avrebbe potuto essere doppietta, se i due non fossero venuti a contatto, con il ritiro di Fisichella. Ralf ha ottenuto comunque un terzo posto, l'italiano ha dovuto aspettare Canada e Belgio per salire sul podio, giungendo terzo e secondo.
La stagione è stata nel complesso positiva, con un quinto posto nel mondiale costruttori, ma qualche incidente fuori luogo: Fisichella e Ralf, infatti, sono venuti a contatto anche al GP del Lussemburgo al Nurburgring, dove alla partenza i due hanno violato la regola aurea "se proprio devi avere un incidente, che non sia con il tuo compagno di squadra". Il giovane Schumacher ci ha tenuto a violare anche la seconda regola aurea "se hai avuto un incidente, temi per la tua incolumità quando incontrerai il tuo avversario, ma pensi di chiedere a tuo fratello di difenderti, vedi almeno di non andare a schiantarti contro quest'ultimo", cozzando sopra a Michael nel loro gran premio di casa.

Nel 1998 sono arrivati i motori Mugen Honda ed è arrivato il campione del mondo 1996 Damon Hill al fianco di Ralf Schumacher. La stagione è iniziata con delle difficoltà, poi verso metà campionato sono arrivati i primi piazzamenti nella bassa top-6... tutto regolare. Fino a questo momento, almeno, perché poi è giunta l'apoteosi: il 30 agosto 1998, in un caotico evento in Belgio, Damon e Ralf hanno conquistato una storica doppietta, non senza polemiche, a causa di un congelamento di posizioni deciso dalla squadra.
Ralf ne ha approfittato per conquistare anche un terzo posto nel successivo gran premio a Monza, prima di lasciare la Jordan per la Williams alla fine della stagione. Il risultato finale è stato un quarto posto nel mondiale costruttori, che sarebbe stato migliorato in un terzo posto nella stagione seguente, grazie alle ottime performance di Heinz-Harald Frentzen.
Nella stagione che ha segnato la fine della carriera di Hill, il quale ha conquistato solo sporariche posizioni nella bassa top-6, HHF ha ottenuto due vittorie in Francia e a Monza, una pole position al GP d'Europa, dove la sua gara è finita al grido di "è fermo Frentzen!", oltre che quattro altri piazzamenti a podio in precedenza. Avrebbe potuto giocarsi il mondiale con Mika Hakkinen e Eddie Irvine, anche se alla fine ha dovuto accontentarsi di un terzo posto nel mondiale piloti.
L'anno seguente Frentzen ha conquistato due terze piazze in Brasile e negli Stati Uniti, per il team un sesto posto nel mondiale costruttori grazie anche agli altri punti conquistati da Heinz e a quelli ottenuti dal nuovo compagno di squadra Jarno Trulli. Quelli di Frentzen sarebbero stati gli ultimi podi della squadra per lungo tempo, anche se a livello di mondiale costruttori le cose non sono peggiorate nei due anni seguenti: quinta nel 2001 e sesta nel 2002, adesso con motori Honda denominati solamente Honda.

Frentzen e Trulli hanno fatto coppia anche per il 2001, anche se Heinz ha lasciato il team in corso d'opera, venendo sostituito prima da Ricardo Zonta, già comparso al suo posto in precedenza per un'indisposizione fisica, nonché da Jean Alesi, che ha successivamente lasciato la Formula 1 a fine stagione. Nel 2002, invece, è tornato Fisichella, dopo alcune stagioni alla Benetton. Al suo fianco ha esordito invece Takuma Sato, autore dei suoi primi punti a fine stagione in Giappone, che sarebbe stato rimpiazzato per il 2003 da Ralph Firman.
Il fornitore di motori è cambiato nuovamente, divenendo Ford, ed è accaduto l'evento eroico a cui nessuno credeva più. Al GP del Brasile, numero 700 nella storia della Formula 1, nonché numero 200 per la Jordan, è arrivata inaspettatamente quella vittoria di Fisichella sfuggita cento gran premi prima, quando la gara è stata interrotta anzitempo per le terribili condizioni meteo e due incidenti occorsi a Fernando Alonso e Mark Webber. Un errore di cronometraggio ha attribuito inizialmente la vittoria a Kimi Raikkonen, ma il successivo ricalcolo della classifica finale ha assegnato la vittoria a Giancarlo, la sua prima, ma l'ultima per il team Jordan, che solo grazie all'estensione della zona punti ai primi otto avvenuta a partire da quella stagione ha conquistato ulteriori punti con un settimo posto di Fisichella e un ottavo di Firman, mentre non ha ottenuto punti Zsolt Baumgartner, che ha brevemente sostituito lo stesso Firman.
La squadra ha chiuso nona nel mondiale costruttori davantu alla sola Minardi, così come nelle stagioni seguenti. Nel 2004 Nick Heidfeld ha ottenuto due piazzamenti in bassa top-8 e una volta c'è riuscito Timo Glock, durante una sostituzione one-off di Giorgio Pantano, al quale è subentrato verso fine stagione.

Nel 2005, con motori Toyota la coppia di piloti era costituita dagli esordienti Tiago Monteiro e Narain Karthikeyan e la possibilità di fare punti quasi inesistente. Poi è arrivata Indianapolis, con sei vetture schierate in griglia, il podio di Monteiro e il quarto posto di Karthikeyan. Il pilota portoghese è ricordato non solo per il suo terzo posto con festeggiamenti cringe, quanto anche per avere ottenuto un ottavo posto al GP del Belgio, suo sedicesimo arrivo al traguardo consecutivo, ai tempi un record. È stato l'ultimo punto per la scuderia fondata da Eddie Jordan, nonché l'ultima bandiera a scacchi consecutiva vista da Monteiro, il quale nell'evento seguente è stato costretto al ritiro.
A onore del vero, nel 2005 la squadra non era più di proprietà di Eddie Jordan, anche se non vi era stato ancora il rebranding quindi è arrivata alla cifra tonda di 250 gran premi, ma era già stata acquisita dal gruppo Midland, il quale avrebbe gareggiato come Midland nella stagione seguente, innescando una serie di cambi di denominazione che hanno portato il team di Silverstone ad avere quattro nomi diversi in quattro anni consecutivi: Jordan nel 2005, Midland nel 2006, Spyker nel 2007 e Force India nel 2008.
Per circa un decennio la squadra è stata di proprietà di Vijay Mallya, per divenire in seguito Racing Point dopo l'acquisizione da parte di Lawrence Stroll, denominazione con la quale ha conquistato la vittoria del GP di Sahkir 2020 con Sergio Perez. Successivamente è divenuta Aston Martin, ma con questo nome insegue ancora la vittoria. Curiosamente è di nuovo verde, come lo era la Jordan degli esordi, quando era sponsorizzata 7UP.


La storia di questa squadra è un ricordo di vecchi tempi che non torneranno più, quelli in cui un team attivo nelle categorie minori poteva entrare in Formula 1 e arrivare a occupare posizioni di rilievo, sia in classifica piloti sia nella classifica dei team più tamarri. Non che fosse sempre così, ma evidentemente era possibile per chi fosse abbastanza accorto da non cadere nelle mani del truffatore di turno.
Anche se da vent'anni il marchio Jordan era uscito di scena, è bello sapere che quella squadra, con altre denominazioni, ha continuato a esistere, con occasionali exploit che ricordano vagamente quelli dei vecchi tempi, e probabilmente esisterà ancora a lungo, anche se il nome Aston Martin non ha quel fascino tamarro che potevano avere i vari Force India e Racing Point di turno.
Non c'è più un team Jordan e adesso non c'è più nemmeno il suo fondatore, venuto a mancare all'età di settantasei anni a causa di un tumore, ma la storia è scritta e resterà impressa nella memoria collettiva. Allora guarderemo dietro di noi, sussurrando un #FreeGachot, poi vedremo Frentzen fermo e Monteiro che esulta sul podio, accanto a due imbambolati Schumacher e a Barrichello. Forse quel festeggiamento non ci sembrerà più così tanto cringe e il nostro solo rimpianto sarà che sia stato Monteiro e non un personaggio pittoresco come Karthikeyan a salire su quel podio.
Addio Eddie Jordan, e grazie per averci regalato questa bellissima storia.


martedì 13 agosto 2024

Vicende vintage dimenticate: un peso, una misura - il prequel del GP di Gran Bretagna 1994

Un paio di giorni fa, parlando con Antonio di @MotorStories (canale Youtube che vi invito a visitare) siamo giunti a una conclusione comune, ovvero al fatto che molte pagine di Formula 1, specie sui social, non fanno altro che scopiazzarsi le une con le altre. Personalmente non la trovo una cosa molto elegante; è ovvio che certi argomenti sono talmente tanto nazionalpopolari che capiterà che più pagine ne dibattano, ma se arriviamo al livello di "Mercedes rosa" (a proposito, quante polemiche di anni recenti di cui si è discusso per mesi sono poi state dimenticate a random?) allora forse sarebbe meglio semplicemente fare un repost o una citazione.
Detto questo, è uscito il discorso che mi piace andare a cercare fatti di cui nessuno parla. Non è semplice, blog e siti motoristici, per non parlare di canali Youtube, sono pieni di eventi di storia recente o lontana del motorsport e trovare qualcosa di cui pochi dibattono è insidioso. Eppure mi è venuta d'aiuto un'allusione trovata su Forum Autosports, in un topic di molti anni in cui erano menzionate polemiche vintage. C'era un argomento che nessuno o quasi si è filato, nel topic, mi ci sono caduti sopra gli occhi e ho pensato: questo è da approfondire. Ed eccoci qui, parlando per certi versi del GP di Gran Bretagna 1994 e di quel polemico giro di formazione che poi avrebbe portato (insieme alla gestione della cosa da parte di pilota e soprattutto team - ma non è su questo aspetto che voglio focalizzarmi) non pochi problemi per Michael Schumacher.
Ero seriamente convinta che non fosse mai accaduto niente di così platealmente analogo... e invece, tenetevi forte, perché una cosa simile era accaduta qualche gran premio prima ed era stata totalmente ignorata. Mi direte, a questo punto: due pesi, due misure, certamente quell'altra volta non era Schumacher che superava il pilota di casa a bordo di una Williams. E invece sì, siamo di fronte a un clamoroso caso di "un peso, due misure".


Era il 27 marzo, primo gran premio della stagione, a Interlagos, e Ayrton Senna si apprestava a partire dalla pole position. Prima, però, c'era il giro di formazione, nel corso del quale, appunto, Schumacher l'ha superato così alla cazzum, come testimoniato dallo screenshot soprastante, che ho screenshottato personalmente andando a verificare quanto avevo letto nel topic di cui sopra, dopo avere trovato il video del gran premio integrale su Dailymotion. Chissà, magari prima o poi me lo rivedrò, ma questo è un altro discorso.
La manovra è stata forse leggermente meno plateale e altisonante di quella vista poi in Gran Bretagna con Damon Hill, ma rimane un fatto inequivocabile: il sorpasso c'è stato, non vi è stata alcuna penalità e tutto è proseguito così come se niente fosse. Devo ammettere che questa disparità di visione non mi stupisce neanche più di tanto. È capitato in innumerevoli occasioni che ci fosse disparità di giudizio in situazioni molto simili e ci sta benissimo che in Brasile non ci sia stata alcuna penalità, mentre in Gran Bretagna sì, non sarebbe niente di diverso da quello che succede in molte occasioni, specie considerato che cinque secondi di stop and go, se scontati regolarmente, non avrebbero condizionato il risultato finale (quando Schumacher ha effettivamente scontato la penalità, da secondo che era ha continuato a ritrovarsi secondo) e non sarebbero rimasti nella memoria collettiva (così come probabilmente vi sarebbero rimasti molto meno se la stessa direzione gara non avesse avuto millemila sbalzi d'umore contraddicendosi su squalifica sì, squalifica no e quant'altro).
La cosa che mi stupisce maggiormente è che manca totalmente quella fase di mezzo. "È capitato un episodio controverso che non è stato penalizzato, ma ha focalizzato l'attenzione sul fatto che quanto accaduto non dovrebbe accadere." Senna si è lamentato di quanto accaduto in Brasile? No. La Williams ha presentato qualche genere di reclamo? Nemmeno. Gli addetti ai lavori hanno discusso dell'evento? No. Nemmeno a posteriori, dopo i fatti di Silverstone, qualcuno ha detto: era già successo a Interlagos.

A questo punto dovrei trovare una conclusione a questo articolo, ma il mio pensiero è che, a conti fatti, una conclusione non c'è se non che, quando ci presentano situazioni simili, il mio pensiero non è un complotto, ma proprio l'inesistenza stessa di complotti. Per dire, l'episodio del Brasile e quello della Gran Bretagna, se fossero complotti, andrebbero l'uno a favore e l'altro contro lo stesso pilota, il che non ha alcun senso logico.
Quando parlo di "inesistenza di complotti" non intendo dire che sia tutto lineare e senza intoppi, ma semplicemente che spesso e volentieri quelli che sembrano complotti sembrano essere più che altro frutto della volontà di... come si traduce "spice things up" in italiano? Perché il concetto che mi viene in mente è quello, un volere rendere a tutti i costi le cose meno prevedibili, che ha un effetto ben diverso da quello sperato.
A conti fatti o il non applicare penalità in Brasile o l'applicarla in Gran Bretagna è qualcosa che non si incastra, indipendentemente dal fatto che una penalità avrebbe potuto o meno cambiare l'esito della gara. Mi viene da chiedermi se il teatrino allestito dalla Benetton dipendesse dal fatto che nulla era successo in Brasile quindi pensassero di poterla scampare, ma penso che non sia comunque rilevante ai fini delle mie valutazioni, se dovessi commentare quest'ultimo aspetto (e, se proprio volete sapere come la penso, posso comprendere dal punto di vista "spirituale" il pilota che non si ferma, ma non la squadra che non espone un cartello con scritto "fermati subito, altrimenti dobbiamo scappare tutti in Messico").


sabato 11 maggio 2024

FUORIGIRI/ Serie di VHS dei primi anni '90: recensione dell'episodio su Prost

Ringraziando ancora una volta @MotorStories per avermi fatto scoprire "Fuorigiri", serie di VHS sul motorsport risalente al 1993, mi appresto oggi a parlare di un altro episodio stanato su Youtube. Il titolo di questa puntata è "Alain Prost, vivere per vincere" e parla di un certo quattro volte campione del mondo dal caratteristico naso alla francese. Anzi, parla di un tre volte campione del mondo, perché è stato prodotto quando ancora il quarto titolo non solo non era stato vinto, ma il mondiale doveva verosimilmente ancora iniziate.
Quindi preparatevi psicologicamente ad essere scaraventati all'inizio del 1982, perché il documentario inizia con la vittoria al GP del Sudafrica. Che fosse la sua terza stagione in Formula 1 e che la Renault, dove stava dal 1981 e con cui aveva già vinto gare, fosse il suo secondo team, non ha alcuna importanza.

A onore del vero non mi sentirei di criticare questa mossa, non perché eliminare parti della carriera di un pilota di default sia incoraggiante, ma perché quantomeno viene riconosciuto abbondantemente come la carriera di Prost sia stata piuttosto incoraggiante anche ben prima del ritorno in McLaren: almeno il 1982 e il 1983 ci sono!
Del 1982 c'è addirittura il GP di Montecarlo, di cui però viene mostrato solo l'incidente di Prost e non quella situazione pittoresca arrivata nei cinque minuti seguenti. Unico scopo dell'evento, lanciare una velata critica a Prost tacciandolo di essere uno scarso in caso di pioggia.
Si parla poi di René Arnoux che lascia la Renault, di Prost che lotta per il titolo nel 1983 del clamoroso incidente innescato con l'avversario Nelson Piquet al GP d'Olanda, di quest'ultimo che diviene campione e di come Prost lasci la Renault per presunte vicissitudini personali che non vengono citate nel documentario e quindi non cito nemmeno io perché non sono una malalingua.

Poi arriva il 1984 e il titolo perso per mezzo punto contro Niki Lauda, con il solito accenno a Montecarlo, al fatto che se la gara fosse continuata avrebbe vinto Ayrton Senna, ma i punti del secondo posto sarebbero bastati a Prost per vincere il mondiale invece i mezzi punti della vittoria per la gara terminata anzitempo no.
A dire il vero penso che si traggano conclusioni non del tutto scontate. Non sappiamo per certo che Senna avrebbe vinto o che Prost sarebbe arrivato secondo, magari potevano pure ritirarsi entrambi, così come non abbiamo la certezza che senza bandiera rossa in quel momento non capitasse altro che comportasse comunque una bandiera rossa prima dei tre quarti di gara.
La retorica "favoritismo punito dal karma" non mi piace molto, perché stiamo parlando nientemeno che del terzo mondiale di Lauda e ridurre Lauda a colui che doveva salvarehhhh il mondohhhh dal maleficohhhh Prost e poi levarsi di mezzo senza essere citato neanche per sbaglio, magari anche no!

Poi viene il 1985, la lotta per il titolo con Michele Alboreto, con l'assegnazione del campionato in anticipo, poi il 1986, il secondo titolo vinto contro le Williams in quello storico evento ad Adelaide che ha il culmine con la foratura di Nigel Mansell. La stagione seguente le Williams sono imprendibili, mentre la McLaren torna al vertice nel 1988.
La coppia Prost/ Senna è protagonista del duello per il titolo che va a favore di Senna, mentre la situazione precipita nel 1989. Il documentario è abbastanza soft nel descrivere gli eventi - esattamente come quello su Senna - e di fatto li sintetizza così: nel 1989 Prost mette fuori Senna, nel 1990 Senna mette fuori Prost in maniera analoga. Personalmente oserei dire che il secondo incidente è stato un tantino più azzardato, visto che dietro c'era un'intera griglia che sopraggiungeva, ma questi sono dettagli sui quali, avendo essi portato al podio di Roberto Pupo Moreno, posso tranquillamente soprassedere!

Nel 1990 Prost è in Ferrari a fare coppia con Mansell, il quale viene tacciato in Portogallo di avere ostacolato Prost di proposito al via, per poi andare in seguito a vincere la gara. Devo dire che l'accusa nei confronti di Mansell è meno infamante di quanto sembri: accusarlo di intenzionalità significa definirlo un individuo dotato di intelletto mentre è al volante, qualità che non sempre gli viene riconosciuta!
Comunque sia, il mondiale finisce, si passa al 1991 e alle polemiche con la Ferrari, che comportano il licenziamento del nostro francese preferito (senza offesa per Jean Alesi, che non è protagonista di questo filmato quindi non deve allargarsi troppo). Prost fa dei test con la Ligier, nel 1992, ma non prende parte al mondiale. Finisce così, con il suo imminente ritorno per il 1993 con la Williams.
Nonostante abbia criticato la Ferrari e sia stato messo alla porta, non viene tacciato di essere il malehhhh assolutohhhh. Già detto e ridetto, ma credo sia doveroso puntualizzarlo un'altra volta: il target medio dei primi anni '90 a cui è dedicata questa serie è di gran lunga intellettualmente superiore della tifoseria trash contemporanea, con tanto che la tifoseria di un tempo sapeva comunque essere trash.

venerdì 10 maggio 2024

FUORIGIRI/ serie di VHS uscita nei primi anni '90: recensione dell'episodio su Senna

Ho già parlato nei giorni scorsi di FUORIGIRI, serie di VHS a tematica motorsport risalente agli anni '90, e come avrete intuito, mi sono dedicata al dare la caccia agli episodi reperibili su Youtube, cercando anche informazioni relative alla cronologia. Il secondo episodio della serie (o almeno così mi è parso di capire), intitolato "il magico Senna", è dedicato al nostro brasiliano preferito, ma non vi sarà alcuna menzione alla performance di Ayrton a Donington nel 1993, per un semplice motivo cronologico: questo documentario è stato prodotto prima di Donington, si interrompe infatti al 1992.
Rispetto all'episodio inaugurale su Nigel Mansell, a mio vedere il livello qualitativo (non legato ai contenuti) è migliorato: invece della voce narrante sopraffatta dal suono dei motori e della musica a random, stavolta è totalmente udibile e a mio parere ne esce un risultato decisamente positivo.

Credo sia la prima volta nel corso della mia esistenza che vedo un seppure breve documentario su Senna prodotto ai tempi in cui era ancora in vita e devo ammettere che per tale ragione non mi aspettavo fosse riconosciuto in apertura come "uno dei migliori piloti di sempre". Però ho ricordato che il video è degli anni '90, quando i tifosi erano very uominy e avrebbero accettato senza indignarsi di sentire descrivere in tale maniera anche un pilota che non tifavano, magari si sarebbero indignati, ma quella definizione non sarebbe diventata il problema peggiore della loro esistenza di cui parlare per intere settimane.
La narrazione si apre con Montecarlo 1984, ovviamente senza menzionare benché minimamente l'altro exploit, quello di Stefan Bellof sulla Tyrrell, e puntualmente con quella solita vaga aria del mondo intero coalizzato contro Senna... perché va bene tutto, sicuramente vedere un rookie vincere una gara sulla Toleman non faceva gli interessi di nessuno se non di Senna e della Toleman, ma magari parlarne senza volerlo vedere come un attacco personale nei suoi confronti sarebbe segno di maturità.

Nevermind, Senna ha fatto altri due podi con la Toleman, ma vuoi mai menzionarli se non ci si può romanzare in proposito? E infatti ce lo ritroviamo sulla Lotus, dove vince in Portogallo 1985, dove vincerà un'altra gara nella stessa stagione, dove vincerà di nuovo nel 1986 e dove nel 1987 otterrà la prima vittoria a Montecarlo, prima di andare a fare coppia con Alain Prost in McLaren.
I due si scontrano tre volte per il mondiale, sempre in Giappone. Si scontrano in senso metaforico, intendo. Una volta, quantomeno, nelle altre due occasioni volano piatti e centrotavola vari, anche in pista durante le gare. Negli anni '90 i produttori di documentari erano very uominy e scrivevano narrazioni degne dei very uominy che avrebbero visto i documentari stessi.
Il modo in cui viene narrato è più o meno questo: nel 1989 Senna deve vincere la gara per rimanere in lotta per il titolo, ma Prost lo sportella e finiscono fuori; nel 1990, con Prost in Ferrari, adesso è lui che deve vincere, con Senna che lo sperona, ma adesso spostiamoci nel 1991 e proseguiamo con la storyline. Proprio così, senza riempire la metà del documentario di polemiche.

Specifico, nel frattempo è stato citato il GP di Phoenix con Jean Alesi sulla Tyrrell e il relativo duello, mentre per il 1991 si parla di Gerhard Berger, compagno di squadra di Senna in McLaren. La vittoria ceduta platealmente all'ultima curva in Giappone non viene raccontata come grande slancio di affetto e generosità, ma quasi come una costrizione alla quale Senna si piega mettendo bene in mostra cosa stia succedendo.
Se il 1991 è stato caratterizzato dal duello con Mansell poi insabbiato e fuori gioco anzitempo, il 1992 è l'anno in cui Nigel sulla Williams svetta su tutto e su tutti, ma ci rimasta un'unica chicca. Mettete a letto i leclerchini, perché Senna viene definito come "il predestinato" in quanto eguaglia il record di cinque vittorie a Montecarlo di Graham Hill. Ecco, a maggior ragione mettete a letto i leclerchini, perché quando il loro idolo avrà vinto cinque edizioni del gran premio del Principato loro si spera avranno già iniziato da tempo a lavorare e a versare contributi pensionistici.

Montecarlo 1992 e la storica vittoria contro Mansell approfittando di una foratura e successivo cambio gomme di quest'ultimo, opponendogli una strenua resistenza, è di fatto l'evento conclusivo di questo episodio, che si conclude ben prima della sesta vittoria di Senna a Montecarlo e con la considerazione che un giorno potrebbe eguagliare i cinque titoli conquistati da Juan Manuel Fangio. :-(((
In generale non mi è dispiaciuto, anche se penso che altre questioni avrebbero potuto essere approfondite, invece che tagliate fuori totalmente. Diversamente che nel documentario su Mansell, stavolta di parla del GP del Portogallo 1989, ma la rissa del 1987 non viene minimamente citata.
Allo stesso modo pur arrivando al 1992 non vi è alcuna traccia di quella volta che quel giovane promettente in tuta gialla di cui mi sfugge il nome l'ha buttato fuori e Senna gli ha fatto la predica davanti alle telecamere... non sarebbe stato brutto, se si fosse parlato anche di questo!



domenica 5 maggio 2024

FUORIGIRI/ serie di VHS degli anni '90: recensione dell'episodio su Mansell

Carissimi appassionati in trepidante attesa di vedere il GP di Miami con il suo porto finto, nell'attesa vi informo che, grazie a un post di @MotorStories, ho scoperto l'esistenza di una serie di VHS usciti intorno al 1993 a proposito di vari campioni del motorsport. Ha parlato nello specifico del primo numero, intitolato "Nigel Mansell, il leone d'Inghilterra", di cui possedeva la cassetta. Ho fatto una ricerca su Youtube, scoprendo che alcuni numeri sono stati pubblicati "non ufficialmente" e che il video su Mansell è uno di questi. Quindi ho deciso di guardarlo e di condividere le mie impressioni in proposito, iniziando dalla sorpresa nello scoprire che durava solo ventotto minuti, sigla compresa: mi sarei aspettata una narrazione più lunga.

La narrazione si apre con gli appuntamenti conclusivi del mondiale 1985, nei quali Mansell conquistava le sue prime due vittorie in Formula 1, a Brands Hatch e a Kyalami, nonché con qualche accenno ai suoi anni precedenti: Nigel, infatti, era in Formula 1 dal 1981 e, dopo quattro stagioni alla Lotus, di cui viene citato solo l'episodio della vettura spinta a Dallas, è passato alla Williams.
Nel 1986 e 1987 è stato protagonista di un acceso duello per il titolo con il compagno di squadra Nelson Piquet, stagioni che si sono concluse l'una con il titolo di Alain Prost su McLaren, l'altra con il titolo dello stesso Piquet. Si passa subito al 1988, senza raccontare, per il momento, la foratura di Adelaide che ha portato al titolo di Prost, così come l'incidente di Suzuka che un anno dopo ha messo fine anzitempo alle speranze ormai ridotte al lumicino di Mansell: le vicissitudini di quei finali di stagione verranno tuttavia narrate in un momento successivo, per parlare di come spesso la sfortuna si sia messa in mezzo.
Nel 1989 è avvenuto il passaggio in Ferrari e viene dato peso a come Nigel sia entrato nel cuore dei tifosi. Si parla delle sue vittorie, di cui l'immancabile Ungheria 1989, nonché del mondiale 1990 quando, compagno di squadra di Prost, ha maturato la decisione d'impulso di ritirarsi dalle competizioni; un dettaglio che, a mio avviso, in epoca posteriore è stato un po' tralasciato.
Anziché il ritiro, il ritorno in Williams: un 1991 passato all'inseguimento della McLaren di Ayrton Senna (ma con il celebre sorpasso in Spagna), un mondiale terminato nella sabbia a Suzuka dopo un testacoda, infine il 1992 (il documentario è del 1993), anno del titolo mondiale, ma che viene liquidato in un paio di minuti, nel corso dei quali, tuttavia, si fa notare come Mansell sia stato così amato per le tante occasioni sfumate e perché il pubblico "ama i perdenti".

A questo proposito, mi sento di dire che il pubblico sia cambiato progressivamente nel corso delle ultime tre decadi, di come al giorno d'oggi personaggi come Mansell non riceverebbero a mio vedere lo stesso apprezzamento di un tempo, proprio perché attualmente esiste la convinzione che solo ed esclusivamente il migliore meriti non solo di essere tifato, ma anche di non ricevere insulti gratuiti.
Altro aspetto: il filmato si focalizza solo ed esclusivamente sulle vicende 1) sportive, 2) che avvengono in pista. Nonostante l'introduzione post-sigla dica che i piloti vivono in modo fuori dagli schemi, nulla della vita oltre la pista di Mansell sembra trapelare, a parte le inquadrature della moglie molto acqua e sapone, l'accenno all'esistenza di tre figli e la passione per il golf. Forse far coincidere la figura del pilota con il concetto di vita folle anche fuori dai circuiti e poi iniziare con Mansell è stato un passo un po' avventato, o molto più probabilmente l'introduzione era pensata per attirare l'attenzione.
Sulla questione delle "vicende in pista", intendo dire che ci si ferma proprio alla pista e non vengono citati episodi polemici. In altre circostanze avrei gradito, ma nel caso di Mansell, gli episodi polemici suoi sono stati piuttosto frizzanti: non viene minimamente citata la rissa con Senna nel 1987, né l'incidente con quest'ultimo in Portogallo 1989 dopo avere già ricevuto bandiera nera, il tutto in contrasto con gli abbracci smielati scambiati in altri momenti e con il (citato) famoso passaggio ai box a Silverstone nel 1991.

Mansell scarrozza Senna,
Prost sullo sfondo could never XD

Concludo con una piccola nota critica a livello di assemblaggio e produzione: si discute tanto di quanto era bello il rumore dei motori di un tempo, e posso anche concordare, però magari sarebbe meglio farlo sentire al massimo della sua potenza quando non c'è la voce narrante e, nelle parti parlate, far risaltare di più la voce.
A maggior ragione, la musica come colonna sonora ci sta, ma a mio vedere sarebbe meglio non esagerare nelle parti parlate, appunto. Chi racconta deve essere ben udibile, la musica ci può stare, ma a mio vedere sarebbe meglio utilizzarla nei momenti di massimo climax, non sempre.

martedì 30 aprile 2024

La docuseries su Roland Ratzenberger pubblicata da Levay Film in occasione del suo trentesimo anniversario di morte: la mia recensione

In occasione del trentesimo anniversario di morte di Roland Ratzenberger, avvenuta il 30/04/1994, è stato pubblicato da "Levay Film Production" un documentario a puntate della durata complessiva di circa un'ora. Gli episodi sono usciti tutti i lunedì del mese di aprile, con l'ultimo pubblicato ieri in tarda serata. Personalmente ho divorato tutti gli episodi e l'ho trovata molto avvincente, soprattutto perché racconta eventi poco noti, specie nella sua prima parte. Il primo episodio è incentrato infatti sui primissimi anni di carriera, con tanto di interventi di gente che con lui ci ha avuto a che fare, tra cui compagni che lo descrivono come un pilota estremamente competitivo nei confronti dei propri avversari, con alcuni dei quali pare non avesse esattamente rapporti idilliaci.
In sintesi, il ritratto che emerge di Roland nei primi anni di carriera appare piuttosto diverso da quello che sembra essere stato in una fase più inoltrata.

Il secondo e il terzo capitolo del documentario riguardano la sua carriera nelle formule minori e sulle vetture a ruote coperte, prima in Europa, dove ha ottenuto buoni risultati nei campionato a ruote coperte, ma di fatto non è riuscito a fare il salto di qualità sulle monoposto, poi in Giappone, periodo che ha segnato la sua svolta.
In concomitanza con il periodo giapponese, inoltre, viene dedicato spazio alla sua carriera in endurance; e a questo proposito il suo compagno di squadra del 1993 Mauro Martini afferma che sono stati loro due ad alternarsi al volante, con Naoki Nagasaka che ha fatto soltanto brevissimi stint in quanto riconosciuto non sufficientemente competitivo... faccenda su cui indagare!
Infine è venuta la Simtek, squadra che ha dato la possibilità a Ratzenberger di arrivare finalmente in Formula 1, quello che era ormai da anni il suo obiettivo.

La quarta parte del documentario è quella che tratta gli eventi più conosciuti, e in essa fanno la propria comparsa anche David Brabham, i rispettivi ingegneri di gara e altri personaggi legati alla Simtek. Viene narrata la prima qualificazione di Ratzenberger al GP del Pacifico e di come abbia terminato la gara "vicino alla zona punti", che credo sia un anacronismo e che si intendesse vicino alla top-ten, dato che mai nella sua storia la Simtek si è avvicinata alla top-6.
Poi si passa a San Marino, all'incidente di Rubens Barrichello che al venerdì ha dato l'illusione che la Formula 1 fosse ormai relativamente sicura, alle qualifiche del sabato, infine all'incidente, con tanto di racconto anche di uno spettatore che è stato testimone oculare dell'incidente e che il giro precedente aveva filmato il testacoda nel quale verosimilmente Ratzenberger aveva danneggiato l'ala anteriore che poi ha ceduto.

Il documentario si conclude con la consapevolezza immediata di quanto fosse grave la situazione e di quanto non ci fosse nulla da fare. Quando si accenna alla morte di Ayrton Senna il giorno dopo, mi è sembrato che lo si faccia in modo un po' "ambivalente". Mi spiego meglio, si lascia intendere che la morte di Senna ha messo totalmente in ombra quella di Ratzenberger, ma che questi due tragici eventi saranno per sempre legati.
Per quanto sia una riflessione forse banale e scontata, credo che al giorno d'oggi nulla sia troppo banale e scontato, considerando che esistono una sorta fazioni in polemica (dopotutto l'analfabetismo funzionale dilaga tanto), quella convinta che Ratzenberger sia stato dimenticato perché è morto il giorno prima di Senna e quella convinta che, se non fosse morto il giorno prima di Senna, nessuno saprebbe della sua esistenza quindi venga ricordato più di quanto dovrebbe.

Personalmente non amo queste sterili polemiche. Penso che ciascuno ricordi i piloti a proprio modo, che questo documentario meriti di essere visto e che, qualunque sia il vostro ricordo di Roland Ratzenberger, la visione di questa docu-serie sia compatibile con esso.
Per quanto mi riguarda, Ratzenberger è stato il primo pilota che ho visto morire in diretta televisiva, durante la mia prima infanzia. Non sapevo chi fosse e ingenuamente ricordo di avere pensato che, se non sapevo chi fosse quando era in vita, non ne avrei sentito la mancanza adesso che non c'era più.
È un pensiero che può funzionare quando non hai ancora sei anni, ma che non funziona dopo. Anzi, è un pensiero totalmente slegato dalla realtà, perché il 30 aprile di trent'anni fa è stato proprio lui il pilota che ha avuto la sventura di farmi conoscere un lato dell'automobilismo che ai tempi non conoscevo ancora nemmeno per sentito dire. Una parte di me ricorderà sempre Ratzenberger, così come ricorderà Senna.
Non necessariamente uno per volta, non necessariamente neanche contemporaneamente.
Non importa come si ricorda. L'importante è ricordare.


mercoledì 17 aprile 2024

Ho rivisto il documentario "Senna" del 2011: le mie impressioni

Ho visto per la prima volta il documentario "Senna" diretto da Asif Kapadia, nell'ormai lontano 2011, poco tempo dopo la sua uscita. Ricordo di averlo guardato successivamente insieme a un'amica che ai tempi seguiva la Formula 1 in maniera diciamo occasionale e senza una grossa conoscenza del passato del motorsport. Non ricordo se poi l'avevo visto altre volte, oltre a quelle due, ma ho deciso di riguardarlo perché, non avendone mai parlato sul blog (e del resto ai tempi non esisteva ancora il blog), ho pensato che fosse il caso di scrivervi una breve recensione.

In sintesi, il documentario è un collage di filmati di motorsport d'epoca, con qualche filmato privato occasionale, nel quale vengono mostrati, in sintesi, i seguenti eventi:
- il GP di Montecarlo 1984, avvenuto poco dopo l'esordio di Ayrton Senna in Formula 1, e nel quale ha conquistato il podio;
- la sua prima vittoria con la Lotus al GP del Portogallo 1985;
- gli anni in McLaren e in particolare gli incidenti con Alain Prost in Giappone 1989 e 1990 e le polemiche con Jean-Marie Balestre;
- il passaggio in Williams e gli eventi del GP di San Marino 1994.

Devo dire che ho trovato il film molto evocativo e ho trovato specie l'ultima parte molto ben fatta e coinvolgente. Prodotta in un'epoca in cui era la prassi mostrare scene di incidenti mortali con rispetto, da un lato senza sensazionalismi dall'altro senza indignazione da parte di orde di teenager ignari del concetto di dovere filtrare in prima persona cosa si vuole guardare o no, è esattamente quello che succede nel documentario.
Purtroppo non mi sento di dire lo stesso della parte precedente, in cui ho notato la tendenza contemporanea a dividere il mondo in benehhhh assolutohhhh e malehhhh assolutohhhh e in cui tutto quello che succede - dove per "tutto" intendo in senso letterale - si rivela essere un complotto contro il benehhhh assolutohhhh.

In più, contrariamente a quanto successo in altri documentari (per esempio il documentario su Michael Schumacher uscito su Netflix un anno e mezzo fa, in cui avevo elogiato il non scadere mai in una certa retorica), devo ammettere di non apprezzare per niente né quel clima da "trionfo della giustizia divina" con cui vengono presentati i successi di Senna, né come questo presunto trionfo della giustizia divina venga fatto coincidere con la sua religiosità.
Anche perché, se il successo in pista dovesse dipendere dalla spiritualità di un pilota, pare che Rikki Von Opel sia divenuto un monaco buddista, dopo la fine della sua carriera di pilota; quindi credo che questa teoria possa essere facilmente smentita!

Altra cosa che mi lascia un po' perplessa è come eccetto Prost nessun altro pilota presente venga pressoché menzionato o preso minimamente in considerazione. È un po' come se Senna non avesse mai avuto avversari eccetto nel 1989/1990 e, a onore del vero, anche i suoi stessi risultati non vengono particolarmente approfonditi, quando non ci sono polemiche a fare da contorno. Anzi, quando non ci sono a fare da contorno polemiche nelle quali è coinvolto Prost, oppure Balestre, oppure entrambi. Per dire, non c'è neanche la predica fatta a Schumacher* indossando il famoso maglioncino color salmone - anche se il colore caratteristico delle polemiche compare sulla maglia che Senna indossa alla riunione dei piloti con Balestre per discutere dei coni che delimitano la pista in Germania 1991.

Andando oltre i contenuti, ricordo che la mia amica a cui ho fatto vedere il documentario l'ha trovato a suo tempo molto interessante e per nulla noioso, nonostante avesse una conoscenza soltanto sommaria degli eventi. In generale, inoltre, ricordo che a quei tempi ha avuto molto apprezzamento soprattutto da persone che non avevano una conoscenza totale o lineare del periodo raccontato. A mio parere un enorme punto di forza del film di Kapadia è l'essere apprezzabile non solo ai fanboy incalliti di Senna, alle persone che seguivano la Formula 1 tra fine anni '80 e inizio anni '90 o che hanno maturato una passione postuma per quell'epoca storica.

Quest'ultimo aspetto, a mio parere, va a compensare di gran lunga i lati negativi: è importante riuscire a trasmettere qualcosa e questo documentario, senza ombra di dubbio, trasmette molto. Pur non avendone apprezzato certe scelte e ritenendo discutibile l'inserirvi quasi solo eventi altisonanti al fine di generare indignazione (cosa che purtroppo a distanza di tredici anni attualmente va per la maggiore) ed elevando il protagonista a personaggio che ha il diritto innato di non ricevere mai nemmeno la critica più velata (anche questo va molto di moda attualmente), ritengo che invece da questo aspetto si sia lavorato molto bene.


*: piccola curiosità, una delle critiche che ricordo ai tempi della sua uscita era la quasi totale assenza nel documentario di accenni al duello Senna vs Schumacher. Di fatto si vede appena il GP del Brasile 1994, mentre viene citato il sospetto di Senna sul traction control della Benetton osservandola e ascoltandola durante il GP del Pacifico dove si era ritirato per un incidente al via. Ho fatto questo accenno estemporaneo più che altro per menzionare che a T.I. Aida si gareggiava il 17 aprile 1994 e che, di conseguenza, oggi sono passati esattamente trent'anni.

mercoledì 27 marzo 2024

Il primo gran premio visto non si scorda mai... o almeno ci si prova!

Come si sceglie il primo gran premio visto nella propria esistenza? Voglio dire, è chiaro che non si sceglie a posteriori, ma come comportarsi se si è vista, almeno occasionalmente, la Formula 1 fin da quando si ha memoria? Quando si aveva un'età tale in cui non si riconoscevano circuiti e Paesi del mondo, in cui non si associava un gran premio a uno specifico giorno e in cui si memorizzava solo qualche immagine, senza poi ricordarsela, anni e anni dopo, inserita in un contesto?
È esattamente quello che è successo a me. I miei genitori e i miei parenti non è che siano/ fossero appassionati accaniti di Formula 1, da non vivere se si perdono/ perdevano una gara, però essenzialmente fin da quando ho memoria ricordo che, almeno quando non c'era niente da fare, specie quando si era a qualche pranzo domenicale la Formula 1 si guardava. Poi se si doveva fare altro a un certo orario, può anche essere che alle due e mezza non si stesse più vedendo la gara, però a quei tempi andavamo a pranzo dai miei nonni ogni domenica, quindi ricordo l'abitudine di vedere la Formula 1, così come in qualche occasione ricordo qualifiche guardate da mio padre al sabato se non era a lavorare, oppure scene di gare viste a casa.

Il mio primo ricordo in assoluto è una Benetton con livrea Camel e la sua ala anteriore. Doveva essere un servizio di un telegiornale, forse sportivo. Può essere che si commentassero dei test, ma non ne sono sicura. Non saprei dire se in quel servizio si menzionasse la forma non arrotondata dell'ala, oppure se stessero inquadrando una Benetton con l'ala rotta.
Quando ero agli albori di questo blog, inoltre, ho scritto vari post a proposito di una scena con una McLaren con livrea Marlboro, una Benetton con livrea Camel e una Ferrari a distanza ravvicinata, che ricordavo essere 1/2/3 dalla domanda che avevo fatto a mia madre mentre trasmettevano quelle immagini, guardando la TV in soggiorno dai nonni. Però non erano 1/2/3 e agli albori di questo blog ho ipotizzato che ci fosse un leader, probabilmente su Williams, ormai lontano anni luce dai piloti che lo inseguivano.
Dalla visione del GP d'Ungheria 1993 mi era sembrato di riconoscere qualcosa, ma un anno o due fa ho visto un extended highlight maturando la convinzione che non fosse quella gara. Inoltre ricordo un podio in cui chiesi ai miei genitori come mai i piloti lanciassero i cappelli giù dal podio. Ricordo qualcuno in tuta blu e Michael Schumacher in tuta gialla che sbevazzava champagne. Vari podi del 1993 potrebbero essere compatibili con simili immagini e addirittura vedendo il podio del GP di Spagna ho avuto un senso di déja-vu.
Tuttavia chi vuole vedere un ufo a tutti i costi, può arrivare a scambiare la luna piena per un ufo. Quindi va bene, ho ricordi vividi di Ayrton Senna in McLaren, così come della Benetton con la livrea che aveva fino al 1993, ma avevo cinque anni, forse neanche compiuti, non sapevo nemmeno dell'esistenza dell'Ungheria e chissà, magari neanche che esistesse la Spagna, quindi se dovessi metterci la mano sul fuoco e dire che quei gran premi li ho guardati non lo farei. In sintesi, ho deciso che nessuno di questi può avere per me lo status di "primo gran premio".

Per arrivare a un ricordo chiaro, dobbiamo spostarci al mio ultimo anno di scuola materna. Quando le bambine con cui giocavo andavano a casa, poi tendenzialmente stavo da sola magari a inventarmi storie mentali (c'erano già le basi per quella che sarei diventata in futuro) oppure andavo a chiacchierare con le insegnanti. Per qualche astruso motivo, mi misi a raccontare del gran premio visto il giorno precedente a casa dai nonni - dove spesso andavo anche a cena la domenica sera - e quando arrivò mia nonna a prendermi, dovetti lasciare la narrazione in sospeso.
La maestra, che per questioni professionali non poteva dirmi che non le fregava minimamente di quello che le avevo narrato e che neanche sapeva chi fosse la gente di cui stavo parlando, mi chiese: "ma allora chi ha vinto, Senna?" Io le risposi che aveva vinto Schumacher, e lei esclamò: "Ah". Questo monosillabo probabilmente significava "non ho la più pallida idea di chi sia", ma ai tempi non me ne rendevo conto. Chissà, forse pensavo che tutti, nessuno escluso, guardassero i gran premi. Immaginavo proprio un mondo meraviglioso, quando ero bambina.
Perché Senna presunto vincitore? Perché era stato impegnato appunto per un duello per la vittoria. E perché Schumacher? Semplice, perché il duello era stato tra loro due ed era finito con Senna che finiva in testacoda e si ritirava.

Ho iniziato a scandagliare la storia della Formula 1 degli anni '90, nel corso dei mid-2000s, alla ricerca di una simile gara, che non sapevo collocare e che tendevo a pensare di avere visto dopo un pranzo e non prima o dopo una cena (non saprei se prima o dopo, obiettivamente, perché a casa dai nonni d'inverno penso si cenasse non più tardi delle 18.30). Volevo identificare questa gara, anche se ricordavo solo il vincitore e il testacoda di Senna.
Tuttavia, a logica, doveva essere molto semplice: c'era Schumacher che vinceva una gara e Senna era ancora vivo. In sintesi, c'erano soltanto quattro gran premi in cui ciò poteva essere accaduto e infine sono riuscita a identificare il GP del Brasile 1994. Perché ne parlo oggi? Perché era il 27 marzo... e sono passati esattamente trent'anni.
Questa è per me la mia "prima gara", anche se sono sicura di averne viste altre prima. Però certi ricordi sono davvero troppo lontani nel tempo e di difficile identificazione, se non impossibile. Già di Interlagos 1994 ricordo dai tempi solo del duello tra Schumacher e Senna e il ritiro di questo, senza avere ricordi dell'epoca di quel famoso incidente in cui Eddie Irvine di fatto lanciò Jos Verstappen in testa a Martin Brundle mentre si apprestavano a doppiare Eric Bernard(?).



giovedì 29 febbraio 2024

Il 29 febbraio nella storia della Formula 1

Di solito gli altri anni a quest'ora febbraio lascia posto a marzo, quest'anno no, perché abbiamo anche il 29 febbraio! Per tale ragione ho deciso di dedicarvi un post apposito, per parlare di che cosa sia successo in Formula 1 in data 29 febbraio. Poca roba, essendoci un 29 febbraio solo ogni quattro anni, possibilità ridotte che avvenga nel corso del weekend e ancora più ridotte possibilità che nel suddetto weekend si svolga un gran premio. Direi di specificare che, se le mie fonti e i miei calcoli sono corretti, il giovedì delle free practice del GP del Bahrein sarà solo la terza volta nella storia della Formula 1 in cui ci saranno delle sessioni che si svolgono in questa inconsueta data. Le due precedenti? Il GP del Sudafrica 1980 e il GP del Sudafrica 1992, che si sono svolti in anni bisestili il 1° marzo. Entrambe le occasioni si gareggiava di sabato, quindi il 29 febbraio ci sono state le seconde sessionidi qualifica dei due eventi in questione.

Prima del 1996, infatti, d'abitudine c'erano due sessioni di qualifiche, una al venerdì e una al sabato, i cui tempi andavano tutti nello stesso calderone e, indipendentemente dalla sessione di qualifica in cui era stato ottenuto, il miglior tempo di ciascun pilota andava a contribuire alla griglia di partenza - lo spiego perché magari c'è chi è finito sul mio blog non perché ne sappia di Formula 1 vintage, ma perché attirato dal 29 febbraio.
Ho detto una sessione al venerdì e una al sabato, ma se di sabato si gareggiava, allora le qualifiche avvenivano di giovedì e di venerdì, cosa appunto accaduta per il Sudafrica 1992 primo gran premio della stagione. Piloti quali Paul Belmondo, Andrea Chiesa e Giovanna Amati hanno "conquistato" il 29 febbraio la loro prima mancata qualificazione.
È andata molto meglio in casa Williams, invece, con Nigel Mansell che ha ottenuto la prima pole stagionale battendo di oltre sette decimi il tempo di Ayrton Senna su McLaren, per non parlare dei distacchi di chi stava dietro.

Facendo un salto indietro di dodici anni, la stessa cosa accadeva anche nel 1980, con la sola differenza che non era il primo gran premio della stagione, ma il terzo, avvenuto dopo Argentina e Brasile. Erano tempi antichi, in cui il mondiale iniziava addirittura a gennaio, ma nei primi mesi dell'anno i gran premi erano piuttosto radi, e soprattutto il mondiale finiva a settembre/ ottobre, non certo a dicembre come succederà quest'anno.
Torniamo a noi: non sono riuscita a trovare la data precisa, ma ragionevolmente - avendo tempi ottenuti in qualifica al giovedì - è avvenuto il venerdì 29 febbraio un incidente nelle prove libere nel quale Marc Surer di è fratturato una gamba (curiosità: anche due anni più tardi, in un incidente sempre a Kyalami, si sarebbe nuovamente infortunato).
La sessione di qualifiche si è conclusa con la pole position di Jean-Pierre Jabouille al volante di una Renault, con cui sarebbe anche stato lungamente in testa alla gara l'indomani, ma non siamo qui per parlare di storie di iella avvenute il 1° marzo. Mi limito a osservare come sia stata l'ultima pole position ottenuta in Formula 1 da Jarier.

Cambiando argomento, il 29 febbraio avverrà anche una volta ogni quattro anni, ma non è che in quel giorno specifico nessuno nasca. Quindi è interessante andare a scoprire se ci sia mai stato qualche pilota nato il 29 febbraio nella storia della Formula 1.
C'è stato e si tratta di Masten Gregory, classe 1932, con presenze in Formula 1 tra il 1957 e il 1965. Il pilota americano ha ottenuto in totale tre piazzamenti a podio, di cui all'esordio al GP di Montecarlo 1957 con la scuderia Centro Sud. Vincitore della 24 Ore di Le Mans 1965 (insieme a Jochen Rindt e, secondo voci di corridoio, Ed Hugus che però non risulta tale per le statistiche - storia che vi ho raccontato l'anno scorso), ha continuato a gareggiare in endurance fino ai primi anni '70. Dopo la fine della sua carriera è divenuto imprenditore ed è deceduto per un infarto nel 1985 mentre si trovava in Toscana.

Non sono riuscita a reperire null'altro legato alla Formula 1 che abbia a che vedere con il 29 febbraio, ma mi sembra comunque un risultato sostanzioso. Vedremo domani/ diciamo oggi, dato che siamo già a mezzanotte passata, se qualcosa si aggiungerà con le prove libere del Bahrein.


martedì 7 novembre 2023

L'ultimo podio della Royal Couple trent'anni dopo

7 Novembre 1993: il mondiale arriva alle sue ultime battute, è il giorno del GP d'Australia. Il campionato ha visto una netta supremazia della Williams e Alain Prost ha vinto il titolo con un certo numero di gran premi d'anticipo, collezionando anche le ultime vittorie della sua carriera, arrivando in totale a 51, un numero che sembra inarrivabile. Ad Adelaide è il suo ultimo gran premio, ma gli tocca inseguire e non uno qualsiasi, ma il suo avversario storico, Ayrton Senna, che vince la numero 41, nella sua ultima gara con la McLaren, la stagione seguente andrà a prendere proprio il posto di Prost alla Williams.
È il loro ultimo gran premio insieme, i due arrivano dal Giappone dove già Senna ha vinto la sua numero 40. Sul podio, tra i due, regnava il gelo più totale... e dopotutto Suzuka era Suzuka! Fossimo stati in epoca Drive to Survive chissà cos'avrebbero combinato i loro tifosi. Sto provando a immaginare le prese per i fondelli, i tifosi dell'uno dare all'altro dello scarso... che orrore!
Dopo anni di tensione e feroci scontri per il titolo, dove scontri è da intendersi in senso letterale. Eppure, questa loro ultima volta insieme, sul podio non c'è più alcuna tensione e i due si scambiano addirittura un abbraccio, quando Senna invita Prost insieme a lui sul gradino più alto del podio.
Io sono troppo giovane per ricordarmi di loro come avversari - qualche gran premio quando ancora c'era Prost l'ho sicuramente visto, ma ero troppo piccola per capirne le dinamiche - però devo ammettere che questa scena la trovo molto dolce e commovente. <3 Davvero un ottimo finale per i loro lunghissimi anni in Formula 1 insieme! 🇧🇷🇧🇷🇧🇷🇫🇷🇫🇷🇫🇷🇫🇷


Quello che non potevamo sapere, quel giorno, era che anche per Senna quello era l'ultimo podio in Formula 1, che la numero 41 sarebbe rimasta la sua ultima vittoria, che non avrebbe mai raggiunto Prost, ma che altri avrebbero raggiunto loro, nel corso degli anni.
All'inizio è stato Michael Schumacher, poi Sebastian Vettel, dopodiché Lewis Hamilton, infine al giorno d'oggi Max Verstappen.
Questa è la statistica, aggiornata all'ultimo gran premio:

Hamilton 103
Schumacher 91
Vettel 53
Verstappen 52
Prost 51
Senna 41

Ebbene, chiunque abbia superato quota 41, frapponendosi tra Prost e Senna, poi ha superato anche quota 51. È quello che Max ha fatto due giorni fa, vincere la numero 52, passare oltre. Solo due giorni fa, mentre oggi si celebra il trentesimo anniversario dell'ultimo podio insieme, per la Royal Couple.
I due, sono di nuovo vicini, senza più nessuno in mezzo a loro e trovo meraviglioso che sia successo proprio ora. Per quanto non mi faccia impazzire l'idea di Verstappen che scala le statistiche, ciò che succede a fin di bene va sempre visto anche da una luce positiva!

venerdì 3 novembre 2023

Akihiko Nakaya e la Superlicenza negata

Oggi è il 3 novembre, ovvero il compleanno di Akihiko Nakaya, classe 1957, che a un certo punto della sua carriera è andato vicino al diventare pilota di Formula 1 con la Brabham. Correva l'anno 1992, Nakaya aveva all'epoca trentacinque anni, ma per i tempi era plausibile che un trentacinquenne potesse esordire in Formula 1, specie se un team di fondo classifica cercava piloti random da mettere al volante.
Il team stava infatti vivendo un periodo di grande declino, tanto che non sarebbe nemmeno riuscito a terminare la stagione, ma facciamo un passo indietro e torniamo a gennaio, quando sembrava che Nakaya fosse sul punto di andare ad affiancare Eric Van Der Poele e gareggiare per la non più prestigiosa scuderia, dove gareggiare rischiava seriamente di essere un eufemismo, perché voleva dire essere in grado di qualificarsi.

Se credete che il più grande ostacolo per Nakaya sia stato qualificarsi per dei gran premi, tuttavia, vi sbagliate di grosso, dato che si è visto negare la possibilità di fare il proprio esordio in Formula 1: non gli è stata concessa la Superlicenza, in quanto è stato ritenuto che non avesse un palmares adeguato a prendere parte al mondiale di Formula 1.
Siete sorpresi? Io sì, e molto. Erano gli anni '90, ovvero un'epoca in cui sono state concesse superlicenze a piloti dal curriculum pressoché nullo, mentre questo povero disgraziato non ha potuto andare a scaldare il sedile della Brabham perché, testualmente, la Formula 3000 giapponese non era una categoria abbastanza considerata per potere accedere alla Formula 1.
In compenso il volante è poi andato a Giovanna Amati, che dall'alto alla sua partecipazione alla Formula 3000 internazionale, miglior risultato un settimo posto in gara in quattro stagioni, si è vista aprire le porte del campionato di Formula 1.

Piccola premessa: la carriera della Amati è stata molto rivalutata nel corso degli anni e sembra sia riconosciuta come un'eroina del motorsport, quindi non voglio dire niente di negativo nei suoi confronti. Può essere che fosse in realtà talentuosissima e che abbia sempre guidato per vetture non performanti anche prima di arrivare in Formula 1, tant'è che, risultati messi nero su bianco, non avere conquistato nemmeno un punto in quattro anni di Formula 3000 lo è valsa la Superlicenza, quindi forse nel caso di Nakaya non sarebbe stato così scandaloso chiudere un occhio...
Perché, sia chiaro, Nakaya prima della Formula 3000 aveva gareggiato per due anni nella Formula 3 giapponese, ottenendo varie vittorie, piazzamenti a podio e vincendo anche il campionato nel 1988! E nel 1991, dopo due stagioni non proprio entusiasmanti, aveva finalmente ottenuto una vittoria ad Autopolis e diversi piazzamenti a punti, classificandosi sesto in classifica piloti.

Non siete convinti? È legittimo. Lasciate che vi dica, tuttavia, che il pilota che si è classificato settimo in quel campionato, non solo è successivamente arrivato in Formula 1, ma ha anche, nell'ordine, gareggiato per la Ferrari, ottenuto vittorie, andato vicino a vincere un titolo e contribuito a un mondiale costruttori. Ebbene, questo Nakaya a cui è stata negata la Superlicenza nel 1992, nel 1991 era lì lì con Eddie Irvine come risultati, e non importa essere estimatori fanatici del folletto irlandese per farsi venire qualche dubbio che almeno si potesse pensare di concedere la Superlicenza in deroga a quel disgraziato di Nakaya!
Non per altro, ma perché in Formula 3000 giapponese ci correvano anche piloti che hanno avuto risultati di spessore e che in Formula 1 ci sono arrivati. E in Formula 1 c'è arrivata, in quell'epoca storica, anche gente che aveva un palmares sicuramente inferiore a quello di questo pilota, poi divenuto campione di categoria nel JTCC nel 1993.