lunedì 5 ottobre 2020

5 ottobre - in memoria di Jules Bianchi

Tanti piloti ci hanno lasciati nel corso degli anni, ma non ho dubbi su quale sia quello che mi ha colpita maggiormente a livello personale.
Da un lato c'è la questione "affettiva": Jules Bianchi era il "piccolo" eroe venuto dalle retrovie che con i suoi risultati stava annientando i vecchi pregiudizi esistenti nei suoi confronti (lo skarsonehhhh rakkomandatohhhh imposto da Nicolas Todt, giusto per intenderci), che forse un giorno avrebbe potuto avere un futuro migliore.
Dall'altro lato c'è tutto il tempo che poi ha impiegato per andarsene definitivamente, oltre nove mesi, passati sempre con un po' di speranza anche quando tutto ci diceva di non sperare. Un tempo lungo abbastanza da logorare almeno in parte il rapporto che avevo con il motorsport. Non allontanarmi, questo no, piuttosto l'opposto, prendere a cuore situazioni che in un altro momento mi avrebbero lasciata più indifferente.

L'incidente di Jules Bianchi è quello che ha scavato un solco, nel mio immaginario, tra gli appassionati di motori e i non appassionati, perché è difficile spiegare a chi non ha la stessa passione tua quanto qualcosa possa colpirti. Per i non appassionati si trattava solo di un pilota morto, facendo qualcosa che lo esponeva al pericolo. Uno da commemorare il giorno della sua morte, magari, e poi da dimenticare dando per scontato che chiunque avesse dimenticato.
La lontananza da questo punto di vista con il resto del mondo mi ha avvicinata di più alla vita da "fandom" e a suo tempo a Tumblr perché era il luogo in cui era più facile sentirsi a casa in certi momenti... peccato che anche quella fosse una delusione, anche perché i piloti contavano finché erano percepiti come giovani e fighi. Infatti la morte di Justin Wilson, poi, è passata molto in secondo piano ed è stata definita come poco importante.

Non sempre approvo il modo in cui viene ricordato, sembra che il suo talento (riconosciuto in modo postumo), il suo legame con la Ferrari (ai tempi oggetto di critiche e accuse) e le sue amicizie (tipo quella con Charles Leclerc) siano tutto ciò che conta di lui, sminuendolo almeno in parte per quello che era. Il lato umano viene messo da parte sempre e comunque, facendo certe ricostruzioni.
Personalmente preferisco ricordarlo per le sue poche inquadrature, per le sue occasionali interviste, per quella top-ten e per il suo numero incredibile di Q2 tenuto conto di che cosa guidava.
Del suo incidente mi colpisce il fatto che Martin Brundle, vent'anni prima, nello stesso tratto e in condizioni analoghe, sia scampato a un incidente molto simile. Stando a quello che dichiarava Brundle nell'inverno 1994/95, una speranza mi è rimasta anche dopo avere smesso di sperare in tutto il resto. Spero con tutta me stessa che nei suoi ultimi istanti di lucidità, Bianchi non si sia reso conto di che cosa gli stesse accadendo.


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