domenica 11 marzo 2012

Io come appassionata di Formula 1 prima che come blogger...

Tra una settimana potrò finalmente commentare il primo gran premio della stagione, ma in attesa che arrivi quel momento forse è il caso di raccontarvi qualcosa di me. Lo so, questo è un blog che parla di Formula 1, ma appunto ho intenzione di parlarvi del mio rapporto con la F1. ;-) Ovvero di come e quando ho iniziato a seguirla... e del perché ho continuato, naturalmente. ^^ Suppongo che la cosa non vi interessi particolarmente, ma dopotutto qualcuno potrebbe incuriosirsi e chiedersi chi sono.

Ho più o meno la stessa età di Sebastien Buemi: sono nata qualche mese prima, il giorno in cui fu disputato il gran premio del Messico del 1988. Eh sì, la F1 è in qualche modo riconducibile anche alla mia nascita! :-P
Quando ho iniziato a seguirla? Non saprei, se devo essere sincera, trovare uno specifico momento con esattezza. Ero talmente piccola che la mia memoria dell’epoca non era molto sviluppata, comunque eravamo nei primi anni ’90.
Il primo ricordo che ho, relativo alla Formula 1, è mio padre seduto sul divano che guarda il telegiornale, c’è un servizio sulla Formula 1, viene inquadrata una Benetton e quando il team viene nominato io ripeto «Benetton». Era quella gialla e verde, sponsorizzata Camel. Presumo che fosse il 1991.
Ho continuato a seguire la F1 anche negli anni successivi, e qualche piccolo ricordo ce l’ho anche se non sono mai riuscita a ricondurlo a singoli gran premi. Per esempio so per certo che una volta io, mia madre e mia nonna stavamo guardando una gara davanti alla TV del salotto e io chiesi a mia madre come mai inquadravano solo tre vetture per tutto il tempo (queste erano una McLaren, una Benetton e una Ferrari). Poi un’altra volta mi sorpresi, mentre guardavo il dopogara stavolta a casa mia, insieme ai miei genitori, che i piloti (non ricordo chi fossero, solo che uno dei tre era Schumacher e portava una tuta gialla) lanciassero i loro cappelli giù dal podio durante la premiazione.
La prima gara che ricordo di avere visto per intero (di cui non ho solo frammenti di memoria, ma qualcosa di più, tanto che sono riuscita a scoprire di quale si trattasse e ho riconosciuto quando l’ho finalmente rivista qualche tempo fa) è quella che in Brasile aprì la stagione 1994. Avevo cinque anni e mezzo all’epoca, di lì a due mesi ne avrei compiuti sei, e ricordo che il pomeriggio successivo mi misi a parlare del gran premio con la mia maestra d’asilo, che probabilmente non ne sapeva mezza di Formula 1. Infatti quando le dissi che aveva vinto Schumacher, fece un’espressione strana, come a chiedersi: «E questo chi sarebbe?»

Se ho iniziato a seguire la Formula 1 è perché mio padre ci guarda (o meglio, ci prova: poi si addormenta davanti alla TV, come solito) e anche i miei parenti. La domenica andavo (e vado tuttora) sempre a pranzo da mia nonna e quando c’era qualche gran premio i miei parenti accendevano la TV per vederselo... mi sono appassionata così.
Devo ammettere che ho parecchi vuoti sulla F1 del passato, quella che in linea teorica potrei avere visto... per esempio del 1996 non ricordo pressoché nulla (e anche rivedendo gare dell’epoca proprio non ho ricordi di averle mai viste prima). Penso che questo sia dovuto anche al fatto che in quel periodo i miei parenti più che alla Formula 1 pensavano al motociclismo, ho dei ricordi di quando Valentino Rossi gareggiava in 125 e io mi rompevo le scatole all’inverosimile quando a casa dei miei nonni tutti o quasi guardavano le gare del motomondiale (di cui non sono particolarmente appassionata). ^^
Dal 1998 in poi i miei ricordi si fanno più precisi. O meglio, dal 1999, perché in effetti del 1998 non ricordo gli eventi più eclatanti (vedi il gran premio di Spa, che ho visto poco tempo fa), mentre del 1999 sì. Per esempio ricordo perfettamente che una volta c’era Barrichello in qualche buona posizione sulla Stewart, ricordo l’incidente in cui Schumacher si ruppe una gamba a Silverstone, ricordo che Frentzen vinse un paio di gran premi, ricordo che Salo stava per vincere una gara, ma che poi cedette la vittoria a Irvine -.- e soprattutto lo sconvolgente gran premio d’Europa che venne vinto da Johnny Herbert dopo una serie innumerevole di colpi di scena, oltre che la mia soddisfazione quando Schumacher rientrò dopo l’infortunio. Ricordo inoltre la mia felicità quando scoprii che Barrichello sarebbe stato il nuovo compagno di squadra di Schumacher al posto di Irvine, che non mi era mai piaciuto particolarmente, seppure sperassi che vincesse il titolo, unicamente perché era il compagno di squadra di Schumacher (ecco, questa è una cosa che al giorno d’oggi non accadrebbe più: se il mio pilota preferito non può vincere il titolo - cosa molto probabile purtroppo - di sicuro non spero che lo vinca il suo compagno di squadra, ma questo è un argomento che affronterò più avanti).

Ricordo che per tutta la prima media (anno scolastico 1999/2000) io e la mia compagna di banco parlammo spesso di Formula 1. Lei era proprio una tifosa di Eddie Irvine, e ricordo che disse che lo tifava solo perché lo riteneva un uomo attraente... Ecco, chiariamo subito una cosa: io non sono questo tipo di fan. Ecco, io non provo attrazione per quarantenni dal mento storto, tanto per fare un esempio! ;-) Quando ho iniziato a seguire la Formula 1 quei pochi piloti di cui conoscevo l’esistenza (e di cui uno corre ancora in F1 – ogni riferimento a quarantenni dal mento storto non è quindi casuale) non ce li avevo in mente per il loro aspetto ma per la vettura che guidavano. Ci tenevo a specificare quindi che non ho mai tifato un pilota perché lo ritenevo attraente, né tanto meno ho un parametro di giudizio diverso per i pochi piloti che ritengo attraenti. ^^
Ma torniamo al 2000. In quel periodo è iniziata la scia di successi di Michael Schumacher, mio idolo d’infanzia nonché pilota che speravo di vedere sul gradino più alto del podio... e spesso le mie speranze si realizzavano. Poi verso il 2004 mi sono accorta che non sarebbe durata per sempre: nonostante stesse dominando il mondiale e che tale mondiale stesse diventando di una noia mortale (la stagione 2004 è la più noiosa che ricordo), ero convinta che presto si sarebbe ritirato dalle competizioni e che sarebbe stato qualcun altro a imprimere il proprio nome nella storia della Formula 1, iniziando un periodo altrettanto lungo di dominio. Devo dire che su questo mi sbagliavo, nessun pilota è stato un dominatore incontrastato...
Ricordo che nel 2004 ritenevo che i piloti che avrebbero avuto modo di ottenere grandi successi in futuro fossero Alonso e Button, in contrasto all’opinione generale, che riteneva che Raikkonen e Montoya avrebbero presto riportato la McLaren sul tetto del mondo. Veniamo a Raikkonen e Montoya, appunto... Sarò sincera: Raikkonen non mi ha mai colpita più di tanto. So che per molti di voi sarà sconvolgente, con questo non intendo adeguarmi alle critiche che sono state fatte nei suoi confronti nel suo ultimo anno in Ferrari, però io in Raikkonen non ci trovo molto. Come dire, è un pilota che non mi colpisce... la sua presenza o assenza in F1 non credo che cambierà molto il mio modo di vedere le cose. Per quanto riguarda Montoya, invece, quello è veramente uno dei piloti che non ho mai sopportato. Ci tengo a specificare una cosa: all’epoca della Williams era visto come uno dei più grandi rivali di Schumacher, che come ho già detto era il mio pilota preferito. Toglietevi dalla testa che io dica che non ho mai sopportato Montoya per questo. Sì, è vero, all’epoca in cui Hakkinen era il principale rivale di Schumacher lo criticavo, ma avevo 11-12 anni. Adesso che ne ho il doppio ritengo che Hakkinen sia stato uno dei più grandi piloti della sua epoca. Per quanto riguarda Montoya, il fatto che siano passati dieci anni o quasi dal periodo in cui lo detestavo, non cambia il mio modo di vedere le cose. Come pilota non era poi così male e a volte veniva anche criticato per incidenti che non era stato lui a provocare, però credo che dote che più aveva sviluppata era quella di combinare disastri e fare danni... Insomma, una specie di Hamilton in versione 2011, ma elevata all’ennesima potenza, per intenderci! Con tutto il rispetto per Hamilton che, me ne rendo conto, non merita neanche lontanamente di essere paragonato a Montoya. Altra cosa che non mi piace particolarmente di Montoya è che, da quando la McLaren l’ha cacciato e nessun altro team l’ha ingaggiato, ogni volta in cui è possibile non fa altro che dire che è felice di essere fuori dalla Formula 1. Riassumendo, sono passati quasi sei anni da quando Montoya ha lasciato la F1, ma non ne ho mai sentito la mancanza nemmeno per un singolo giorno.

Anno 2005: il mondiale si decide tra Alonso e Raikkonen. Vi ho già detto che Raikkonen non mi è mai piaciuto... Beh, ecco, potete tranquillamente immaginare chi speravo che vincesse quel mondiale... ç_ç Quello che conta è che comunque se lo sia meritato, quello che penso ora non ha nulla a che vedere con quello che è accaduto nel 2005. ;-)
Anno 2006: mentre correvo il serio rischio di diventare una fan di Alonso, è sbucato fuori colui che mi ha salvata da questo triste destino. Il ritiro di Schumacher era ormai nell’aria e sapevo che difficilmente sarebbe stato in pista oltre la fine del 2006. Mi è piaciuta quella sua ultima stagione in Ferrari, ma in qualche modo sentivo che non avrebbe vinto il titolo. Ho vissuto la sua rimonta un po’ con gli occhi fuori dalle orbite, ormai vedevo il mondiale saldamente nelle mani della Renault... Ma oltre a vedere la rimonta di Schumacher, nel corso della stagione ho visto anche qualcos’altro. Lo dirò sinceramente: quando Felipe Massa correva per la Sauber, lo vedevo come uno dei tanti signori nessuno che avrebbe passato la sua carriera a metà classifica. Nel 2006, quando ho avuto modo di fare più attenzione a lui, dentro di me è scattata una molla che mi ha detto che sarebbe stato lui il pilota che mi avrebbe fatta emozionare in futuro.
Non potrò mai dimenticare la mia soddisfazione dopo il gran premio di Turchia. Potere guardare negli occhi la gente che avevo intorno e dire «vedi, tu non avresti scommesso un centesimo su una vittoria di Massa, ma ha vinto ed è questo che conta»... Della tuta rossa che indossava poco mi importava, io non ero una tifosa Ferrari in origine e per quel poco che mi ero legata al team dipendeva dal fatto che Schumacher vi fosse andato dieci anni prima e vi fosse rimasto, però mi è entrato nel cuore e non credo che ne uscirà mai. Non dimenticherò mai nemmeno il gran premio del Brasile, quando vinse con la tuta verde indosso e fece il giro d’onore con la bandiera brasiliana al vento. Prendetemi per idiota, ma se ci ripenso mi commuovo.
Anno 2007: Alonso era passato in McLaren, il team che avevo detestato sul finire degli anni ’90 e nei primi anni ’00, Hamilton aveva debuttato dimostrando di non essere meno valido di Alonso, Raikkonen e Massa erano compagni di squadra in Ferrari... Ho creduto in Felipe finché mi è stato possibile, quando ho capito che il titolo si decideva tra gli altri tre ho sperato che lo vincesse Alonso. ç_ç Hamilton non mi attirava particolarmente, Raikkonen non mi aveva mai attirata e credevo che una sua vittoria del titolo portasse al suo compagno di squadra uno status di numero due. Comunque alla fine quando Raikkonen ha vinto il titolo non è che mi sia dispiaciuto così tanto. Ricordo quel giorno del 2007, io e la mia migliore amica (che avevo fatto interessare io alla Formula 1 e che nel 2005 aveva contratto la Raikkonen-mania) sull’autobus che ci avrebbe portate all’università. Mancava una settimana al gran premio del Brasile e le dissi: «Raikkonen è a 7 punti da Hamilton e a 4 da Alonso... non so perché, ma mi viene da pensare che il mondiale possa vincerlo lui.» La mia amica era scettica, e una settimana dopo mi scriveva via sms che si era messa a esultare, non appena si era resa conto che Kimi era campione del mondo.

Il 2008 è stato l’anno in cui tutti i miei sogni sono stati sul punto di diventare realtà. Non so se vi sia mai capitato che nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo sul vostro pilota preferito e voi vedevate improvvisamente che avevate ragione voi, che se le cose fossero andate bene avrebbe potuto capitare quello che a molti sarebbe sembrato un miracolo. Ho scaricato da Internet il gran premio del Brasile del 2008 e quando me lo sono rivista dopo oltre tre anni non sono riuscita a fare a meno di piangere per tutto il tempo. Ho opinioni contrastanti su quella stagione, da un lato continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se la pioggia fosse aumentata soltanto due minuti più tardi, permettendo a Glock di conservare la propria posizione, dall’altro al giorno d’oggi mi dico che se in Ferrari ci arrivi come numero due vuol dire che lo resterai per sempre e che, se per una serie di fortuiti eventi stai per vincere il mondiale, capiterà sempre un intoppo. Questo intoppo potrà arrivare in forma di una gomma smarrita al gran premio d’Europa o come bocchettone del rifornimento rimasto incastrato durante il rifornimento a Singapore, ma arriverà sempre e comunque. Questa considerazione, comunque, l’ho fatta parecchio tempo dopo, ma adesso mi rendo conto pienamente che se quel pit-stop a Singapore fosse andato bene, di sicuro Massa avrebbe terminato la gara almeno tra i primi otto, e a quel punto non avrebbe fatto differenza se Hamilton fosse arrivato quinto o sesto ai fini della classifica. L’unica cosa positiva di quella stagione, in ogni caso, è che Hamilton ha vinto il titolo e se lo meritava quanto Massa.
Anno 2009: mi dicevo che il peggio era passato e che le cose non avrebbero potuto far altro che migliorare, prima di rendermi conto che “i team con i diffusori stavano dominando il mondiale ingiustificatamente e che la Formula 1 aveva perso credibilità”. Ah, dimenticavo: mi sono accorta perfettamente che i tre team con i diffusori avevano risultati diversi l’uno dall’altro, ovvero la Brawn GP dominava, la Toyota stava a metà classifica e che la Williams non si era ripresa affatto dal suo lento e progressivo declino che quest’anno la farà presumibilmente precipitare ai livelli della Caterham, inoltre l’unico team che reggeva il passo della Brawn GP era la Redbull che non aveva i diffusori. Dal punto di vista di Felipe non mi preoccupavo comunque più di tanto: sapevo che non avrebbe vinto il titolo, ma comunque stava facendo bella figura, almeno in confronto al compagno di squadra ex campione del mondo e ai piloti della McLaren... insomma, era comunque qualcosa che sarebbe stato positivo per il suo futuro.
Quello che credevo il peggiore degli incubi ha preso vita nella seconda sessione di qualifiche del gran premio d’Ungheria, non so se potete immaginare come mi sono sentita nei giorni in cui le uniche notizie che trovavo dicevano che probabilmente Felipe non sarebbe mai più potuto ritornare in F1. Ho vissuto la seconda parte della stagione 2009 in modo abbastanza apatico. Per me non era che un’attesa del grande momento, quello in cui - ormai ne avevo avuto la conferma - Felipe sarebbe ritornato in Formula 1. E quando questo momento è arrivato, ho capito che il peggiore degli incubi era un altro, ed era un ex campione del mondo spagnolo supportato da un main sponsor spagnolo. Da quel giorno non vedo l’ora che Massa lasci la Ferrari; e se c’è stato un momento in cui ho rischiato di diventare una fan della Rossa, ho capito che questo non accadrà mai il giorno in cui un ordine di scuderia ha impedito a Felipe di ottenere quella che probabilmente sarebbe stata la sua unica vittoria dopo l’infortunio, per giunta ad un anno di distanza da tale infortunio. So che gli ordini di scuderia ci sono sempre stati e ci saranno sempre, ma ci sono mille modi per applicarli (ad esempio un inversione di posizioni al primo giro - pratica che non ritengo particolarmente scandalosa) e dire a un pilota «Fernando is faster than you» dopo due terzi di gara, senza che il pilota più “faster” lo dimostrasse facendo da solo un sorpasso è sicuramente il modo peggiore. Prendetemi pure per antisportiva (tanto l’avrete già pensato, dato che non lecco il culo alla Ferrari per il semplice fatto che è italiana - e prima che mi diciate che non sono degna di essere italiana, fatevi un esame di coscienza chiedendovi se la Minardi, italiana, vi è mai sembrata qualcosa di più che una carretta, e se vi siete impegnati a non insultare Badoer, italiano, per i suoi risultati quando andò a sostituire Massa), ma è stata una soddisfazione, per me, il gran premio di Abu Dhabi del 2010.

La stagione del 2011 non so dire se mi sia piaciuta più o meno, in generale, di quella precedente. L’ho vista un po’ come un’imitazione (non del tutto riuscita, per fortuna) della stagione 2004. Inoltre mi sono pure persa la seconda metà del gran premio del Canada, quello in cui “nonno” Schumiiii ha dimostrato che non è quel paracarro che sembra in un buon 70% dei gran premi stagionali...
Ma non si può avere tutto dalla vita e speriamo di avere una stagione 2012 combattuta.

A questo punto, prima che mi chiediate voi che cosa ci trovo nel tifare piloti che hanno basse probabilità di vittoria (domanda più che lecita, che molto tempo fa mi è stata posta anche da un fan di Kovalainen), vi do una risposta: tifare per qualcuno, a mio parere, è una cosa che viene dal cuore e che non dipende dal colore della tuta che un pilota indossa. È questa per me l’essenza del seguire la Formula 1, l’emozione che mi dà. Tutti abbiamo dei sogni, quello che conta è crederci, no? Lo so, la loro realizzazione non dipende dal fatto che ci crediamo o no, ma perché dovremmo privarci autonomamente dell’emozione che il crederci ci regala?
Comunque sia andata a finire, non mi pentirò mai di avere passato incollata al televisore, con il cuore che mi rimbalzava in gola, quegli ultimi giri del gran premio del Brasile del 2008 in cui bastava un minimo dettaglio esterno (la pioggia o il logoramento delle gomme della Toyota di Glock) a cambiare radicalmente l’esito di un mondiale. Seppure anche i mondiali 2006 e 2007 siano stati molto emozionanti per me, quello del 2008 resterà sempre imbattibile. Questo, per me, è seguire la Formula 1: magari versare lacrime quando un sogno si infrange, ma non pentirmi mai di avere passato la domenica pomeriggio con il televisore sintonizzato su Raiuno piuttosto che dentro al camerino di un grande magazzino e a provarmi paia di jeans o di essermi alzata alle otto di mattina dopo quattro ore di sonno (sì, anch’io il sabato sera faccio le ore piccole, come molte ragazze “normali” a cui la F1 non piace) il giorno del gran premio d’Australia, quando magari se non ci fosse stato il gran premio mi sarei alzata alle undici e mezza.

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