mercoledì 18 luglio 2018

Tre anni dopo - parte seconda



Fino a qualche anno fa, la maggior parte delle persone con cui avevo a che fare, in parte nella *real life* e in parte molto più elevata sul web (la maggior parte delle persone che seguono la Formula 1 con cui ne parlo nella *real life* non sono talmente affezionati da parlarne con la frequenza con cui ne parlerei io, in genere discorsi a tematica F1 escono in occasioni circoscritte, come ad esempio parlando di un gran premio appena avvenuto o imminente), mi sembravano convinte al cento per cento che nella Formula 1 contemporanea fosse molto difficile avere incidenti seri e fosse impossibile che si verificassero incidenti mortali.
L'ho sempre trovata una sensazione illusoria e, ancora più illusoria, l'ho trovata intorno al 2011, nell'epoca in cui mi sono messa a guardare vecchi gran premi trovati su Youtube o su altri siti web. Un telecronista di Eurosport(?), subito dopo il cappottamento di Barrichello a Imola '94, fece un gran giro di parole a proposito di quanto il fatto che ne fosse uscito solo con ferite lievi dimostrasse il progresso che la sicurezza aveva fatto.
Credo che quella sia stata la dimostrazione lampante che, in primo luogo, non sempre quello che succede oggi è indicatore di quello che succederà domani, ma soprattutto che forse è proprio quando sembra che la situazione sia sotto controllo che non si interviene laddove si potrebbe intervenire.

Non saprei dire quante volte mi sia capitato, nel corso degli anni, di vedere un incidente e di pensare che il pilota non potesse essere sopravvissuto, anche in circostanze in cui i piloti ne uscirono completamente illesi.
Poi magari trovavo sempre il fenomeno di turno che diceva che era chiaro che non fosse nulla di grave... ma non è che quando succede qualcosa di grave sia *sempre* così lampante.
Ho sempre pensato che, per quanto l'incremento della sicurezza sia stato lampante, non era *impossibile* che qualcuno morisse al volante di una Formual 1, come invece molti sostenevano. Per dirla come va detta, una vettura che si schianta con l'anteriore contro un muro è più resistente che vent'anni fa. Con le vetture odierne Schumacher probabilmente non si sarebbe fratturto una gamba e con le vetture odierne Panis probabilmente non se le sarebbe fratturate entrambe. Però, appunto, è questo forse il principale risultato della maggiore solidità delle vetture: la diminuzione degli infortuni che non mettono a rischio la vita del pilota (cosa comunque positiva, ma appunto, non eliminano al cento per cento altri tipi di rischio come a volte sentivo dire).

Avevo sempre pensato che esistesse la possibilità non troppo remota che un giorno qualcuno potesse morire al volante di una Formula 1.
Quello che però, nel corso degli anni, non ero mai arrivata a comprendere in pieno, era che potesse succedere in un'epoca in cui gli appassionati possono percepire una maggiore vicinanza con il mondo dei motori. Anche solo vent'anni fa seguire la Formula 1 significava prevalentemente guardare i gran premi in TV, leggere i risultati sul giornale, sentire notizie al telegiornale...
Si sentiva parlare dei piloti di prima fascia, gli altri erano tutti dei signori nessuno e, per giunta, anche la personalità dei piloti di prima fascia non era molto chiara. Non dico che la prima cosa che saltava all'occhio dei piloti era la vettura che guidavano, ma quasi.
Al giorno d'oggi è diverso. Farsi un'idea di chi siano i piloti come persone è molto più facile di un tempo, il web e i profili social ci avvicinano alla Formula 1 molto di più che un tempo.
Al giorno d'oggi quello che succede in Formula 1 lo viviamo molto più da vicino. Se qualcuno fosse morto vent'anni fa, se ne sarebbe parlato occasionalmente. Al giorno d'oggi, a distanza di anni, le sue foto comparirebbero almeno occasionalmente sulle nostre bacheche dei social, a condizione di seguire profili inerenti al motorsport.

Per quanto fossi realista non avevo mai pensato che un giorno potesse capitarmi di perdere a questo modo uno dei piloti per i quali avevo maggiore coinvolgimento e che, vista la sua età, per me rappresentava il futuro diversamente da altri che magari rappresentavano il passato.
Per quanto fossi consapevole che un giorno, all'improvviso, la F1 per come la conoscevamo avrebbe potuto cambiare da un momento all'altro, per quanto tante volte avessi avuto una brutta impressione vedendo un incidente, credo che forse il fatto che fosse stato inizialmente *censurato* sia stato ancora peggio, per me (tra parentesi, il video l'ho visto fin dai primi giorni, e gradirei mandare a f****** quelli che sostengono che chiunque l'abbia visto abbia un certo gusto per il macabro, credo che gli appassionati siano liberi di vedere un video di un incidente, se sentono il bisogno di capire che cosa sia successo, tanto più che se non fosse stato scelto di censurarlo, TUTTI avrebbero potuto vedere quello che era successo e probabilmente sarebbe stato mostrato anche nei telegiornali, cosa avvenuta regolarmente in tutti i casi precedenti, che io sappia /// inoltre, tra parentesi, ho visto video di incidenti motoristici ben più macabri).

Non mi sono mai illusa, fin dal giorno dell'incidente, che quello che era accaduto a Jules Bianchi potesse avere un happy ending. MAI. Solo, ancora una volta, essere consapevole di qualcosa a livello teorico è diverso che averne la certezza matematica.
E' accaduto tutto in un attimo. Prima ero sul sito della banca insieme a mia madre, a controllare gli ultimi movimenti del suo conto corrente (non sa usare computer o smartphone), un attimo dopo lei è uscita dalla mia stanza e io sono andata su GPUpdate per controllare a che ora iniziasse la gara di Iowa Corn di Indycar. Collegata alla notizia principale c'era una sua foto.
Prima ancora di leggerlo, già sapevo.
Sapevo che per assurdo una delle poche volte in cui desideravo fortemente che un pilota arrivasse in F1 era stata quella e che sarebbe stato meglio se non ci fosse mai arrivato.
Sapevo che da quel giorno tutti si sarebbero dichiarati suoi fan, anche quelli che lo schifavano, anche quelli che pensavano che scherzassi quando dicevo che tifavo Marussia.

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Milly Sunshine