Quel giorno alle 14,42 il tempo si fermò per un attimo.
Si fermò, ma io non me ne accorsi subito. La regia, come da buona tradizione,
si stava perdendo le cose più importanti. Immagino che fosse impegnata a
inquadrare qualche sponsor (dopotutto presumo che vi siate accorti che una
delle cose inquadrate più spesso è il nome di una compagnia petrolifera
asiatica che nel corso degli anni ha sponsorizzato prima la Sauber, poi la BMW,
poi la Mercedes, ma che io non cito in quanto non è sponsor del mio blog).
Se adesso, a distanza di un anno, parlo di quel pomeriggio del 25 luglio 2009, è perché credo che difficilmente dimenticherò quanto accadde durante le qualifiche all’Hungaroring. E non è una questione che riguarda semplicemente il fatto che sia capitato a uno dei miei piloti preferiti. Non ho problemi ad ammetterlo, Massa è stato negli ultimi anni il mio pilota preferito. Ma credo che un incidente così mi avrebbe lasciata spiazzata anche se avesse riguardato chiunque altro.
Fino a quel 25 luglio avevo sempre catalogato l’incidente di Robert Kubica a Montreal (stagione 2007) sotto l’etichetta di “incidente più sconvolgente degli ultimi anni”. Me lo ricordo più che bene, quell’incidente. Me la ricordo, quella BMW che sembra rimbalzare da un lato all’altro della pista. Me li ricordo, gli istanti successivi. Me lo ricordo, quello che pensavo. Ve lo dico chiaramente, pensavo che per Kubica non ci fossero speranze di sopravvivenza dopo uno schianto del genere. Non potete immaginare che sollievo anche solo quando nei primi momenti si pensò che potesse cavarsela con una frattura o qualcosa del genere. E ne uscì pressoché illeso, al punto tale che se il gran premio successivo anziché essere la settimana dopo fosse stato due settimane dopo, probabilmente avrebbe potuto prendervi parte.
Oltre a quell’incidente, ve ne fu un altro che mi colpì, anche se non agli stessi livelli. Spagna 2008, la Mclaren di Kovalainen la vedemmo conficcarsi nelle barriere di protezione dopo un forte impatto successivo alla rottura di una sospensione. Anche in quel caso rimasi in apprensione per un po’. E anche lì mi sorpresi nello scoprire che Heikki era uscito illeso. O almeno, illeso a livello fisico, perché secondo me le conseguenze di quell’incidente ancora se le porta addosso e continuerà a portarsele addosso nel corso degli anni. Da lì in poi non è più stato lo stesso, mi pare. Prima non era fenomenale, ma era indubbiamente mille volte più competitivo che dopo. Anche se la sua unica vittoria è arrivata dopo (ma del resto senza una serie di fortuiti episodi, riguardanti gomme e motori altrui, non sarebbe certo arrivato oltre il terzo posto, nonostante l’ottimismo palesato a fine gara in cui sembrava che in ogni caso avrebbe vinto lui – sì, aspetta e spera).
Altri incidenti (recenti) che mi hanno colpita a questi livelli non me ne ricordo. E poi sono arrivate le qualifiche del gran premio d’Ungheria del 2009. Le qualifiche in cui all’inizio si poteva pensare che l’unico dato ancora da svelare fosse chi avrebbe prevalso tra le Redbull e le Brawn GP, o chissà, magari sarebbero state le McLaren ad avere la meglio (o meglio, la McLaren di Hamilton, viste le considerazioni che ho appena fatto sui risultati di Kovalainen).
Come al solito l’attenzione della regia era altrove, in quel momento. E, mentre la Q2 era sul punto di finire, andò a inquadrare una Ferrari incidentata che, di per sé, non era neanche particolarmente distrutta e, per quello che si vedeva inizialmente, non lasciava presagire alcunché di particolarmente sconcertante.
Notai il casco giallo e verde: si trattava di Massa, il pilota che mi aveva fatto tanto emozionare negli ultimi anni. Il pilota per cui avevo incrociato le dita tante volte, il pilota per cui avevo imprecato contro il motore rotto in Ungheria un anno prima, il pilota per cui avevo imprecato contro il disastroso via anticipato a Singapore, il pilota per cui ero stata col fiato sospeso e poi imprecato contro le gomme della Toyota di Glock in Brasile, il pilota per cui avevo sperato che la Ferrari vincesse, il pilota per cui avevo imprecato contro gli scarsissimi risultati della Ferrari nella prima parte del 2009, il pilota per cui mi sembrava che si stessero aprendo delle prospettive un po’ migliori, con il lento miglioramento della vettura e che al momento era alla portata di ottenere comunque un risultato in classifica che non fosse così male se paragonato al mezzo di cui disponeva: non avevo dubbi che sarebbe stato lui a piazzarsi dopo i due della Brawn e i due della Redbull, alla fine.
Notai che si trattava di Massa e imprecai mentalmente contro il fatto che passare in Q3 era la sua portata e che con quell’incidente la possibilità di una buona posizione sulla griglia di partenza era svanita nel nulla. Insomma, mi era sembrato un normale incidente, di quelli come ne ho visti tanti in 18 anni che seguo la Formula 1. Il mio pensiero, in un primo momento, fu quindi qualcosa che suonava come: “Oh, no, che due scatole, Massa poteva ottenere una buona posizione sulla griglia di partenza, e invece…”
L’inquadratura migliorò. La monoposto era praticamente conficcata nelle barriere di protezione. Ma anche questo ormai non mi sconvolgeva più di tanto. Il primo collegamento che mi fu spontaneo fare fu quello con il gran premio di Gran Bretagna di dieci anni prima. L’incidente in cui Michael Schumacher si fratturò una gamba, insomma. Ma in dieci anni la tecnologia aveva fatto progressi enormi, mi dissi. “Speriamo che non si sia rotto niente” pensai.
Ma della dinamica dell’incidente ancora non si sapeva molto, se non quello che si vedeva dai primi replay ripresi da lontano e il mio pensiero, più si andava avanti, più era “speriamo che non si sia fatto nulla di grave”. Nel frattempo era andata in onda la pubblicità, quei soliti due o tre minuti tra una sessione e l’altra delle qualifiche. Poi iniziarono le interviste, me la ricordo, quell’intervista in cui Barrichello dichiarava che aveva avuto dei problemi tecnici che gli avevano impedito di fare un buon tempo e che per quel motivo era stato escluso, perché dal retrotreno si era staccato qualcosa…
Quel qualcosa era l’ormai celebre molla che, si sarebbe scoperto successivamente, aveva colpito il casco di Massa. Ma per il momento l’unica cosa che si era capita era che Felipe era rimasto immobile, sia mentre andava a schiantarsi contro le barriere sia dopo. Sapere questo mi bastava. Seguivoo la Formula 1 da abbastanza tempo per fare questa considerazione: i piloti coinvolti in un incidente, qualsiasi siano le conseguenze fisiche, dal primo momento che sono coscienti danno un segnale. Ma Felipe, appunto, continuava a non muoversi. Ciò significava che non era cosciente.
L’avevo pensato per Kubica un paio d’anni prima e mi ritrovai a pensarlo anche per Massa. Quando la ragione dell’incidente fu chiara, lo pensai ancora una volta. Pensai che per Felipe non potevano esserci speranze di sopravvivenza, dopo un incidente del genere. Non mi sembrava una possibilità così remota, in fin dei conti. E onestamente credo di non essere stata la sola a pensarlo, quel giorno.
Mi sarebbe piaciuto tanto spegnere il televisore per non sentire quello che avrebbero potuto dire sulle vere conseguenze dell’incidente. Ma allo stesso tempo qualcosa mi disse che dovevo sapere. Non potevo spegnere la TV senza sapere cos’era successo a Felipe, qualsiasi fossero le conseguenze di quanto gli era accaduto.
La TV rimase accesa anche se la mia voglia di vedere come sarebbero finite le qualifiche era notevolmente calata. Le guardai comunque fino alla fine, quando venne fatta la F1. Ricordo che alla fine ci fu un po’ di confusione, con il sistema che avrebbe dovuto rilevare i tempi che era saltato e che ci volle un po’ per scoprire quale fosse il risultato. Una scena che, dopotutto, sarebbe stata anche un po’ comica, se si fosse trattato di una qualifica come tutte le altre, in cui non vi erano stati incidenti o gli incidenti avevano avuto conseguenze pressoché nulle oppure lievi. Ma quella non era una qualifica come tutte le altre, o almeno io non la percepii come tale.
Sulle conseguenze, inizialmente, non diedero alcun particolare preoccupante. Ciononostante non ero convinta di quello che dicevano. Non credevo che Felipe ne fosse uscito pressoché illeso. Quel pomeriggio, tramite il televideo Mediaset, scoprii che aveva dovuto sottoporsi a un intervento all’arcata del sopracciglio sinistro. E quella sera, mentre ero in macchina con i miei genitori, mia madre accese la radio e per caso, su R101 in quel momento c’era Ultimo Minuto, con le notizie del TG Com. Le condizioni di Felipe si erano aggravate, dissero.
Ricordo che il giorno dopo, verso le due, quando mancava circa una decina di minuti all’inizio della gara e ancora non ero andata ad accendere la TV, mio padre mentre eravamo a tavola, dato che non aveva visto le qualifiche, mi chiese cos’era capitato esattamente a Massa. Disse che, stando a quando aveva sentito lui, Felipe era in fin di vita. La mia prima reazione fu fiondarmi davanti al televisore. Accesi. Fortunatamente i telecronisti Rai stavano dando notizie lievemente migliori, anche se al momento ancora non si sapeva quali sarebbero state le vere conseguenze.
Il resto ormai lo sappiamo e mi riempie di felicità il fatto di avere ritrovato Felipe sulla griglia di partenza nel 2010. Era uno dei motivi per cui ero impaziente che iniziasse la stagione 2010. E che gli andasse meglio della stagione 2009… non che ci voglia molto, comunque!
Chiudo con una mia riflessione personale: c’è qualcuno che dice che Massa non è più quello del 2008, che è palesemente inferiore ad Alonso, che è un pilota finito… Credo che queste persone cambierebbero lievemente il loro giudizio, se si rendessero conto che anche la Ferrari del 2010 non è più quella del 2008 e che Alonso non è esattamente il primo sfigato trovato per la strada ma un pilota che ha vinto due titoli.
Se adesso, a distanza di un anno, parlo di quel pomeriggio del 25 luglio 2009, è perché credo che difficilmente dimenticherò quanto accadde durante le qualifiche all’Hungaroring. E non è una questione che riguarda semplicemente il fatto che sia capitato a uno dei miei piloti preferiti. Non ho problemi ad ammetterlo, Massa è stato negli ultimi anni il mio pilota preferito. Ma credo che un incidente così mi avrebbe lasciata spiazzata anche se avesse riguardato chiunque altro.
Fino a quel 25 luglio avevo sempre catalogato l’incidente di Robert Kubica a Montreal (stagione 2007) sotto l’etichetta di “incidente più sconvolgente degli ultimi anni”. Me lo ricordo più che bene, quell’incidente. Me la ricordo, quella BMW che sembra rimbalzare da un lato all’altro della pista. Me li ricordo, gli istanti successivi. Me lo ricordo, quello che pensavo. Ve lo dico chiaramente, pensavo che per Kubica non ci fossero speranze di sopravvivenza dopo uno schianto del genere. Non potete immaginare che sollievo anche solo quando nei primi momenti si pensò che potesse cavarsela con una frattura o qualcosa del genere. E ne uscì pressoché illeso, al punto tale che se il gran premio successivo anziché essere la settimana dopo fosse stato due settimane dopo, probabilmente avrebbe potuto prendervi parte.
Oltre a quell’incidente, ve ne fu un altro che mi colpì, anche se non agli stessi livelli. Spagna 2008, la Mclaren di Kovalainen la vedemmo conficcarsi nelle barriere di protezione dopo un forte impatto successivo alla rottura di una sospensione. Anche in quel caso rimasi in apprensione per un po’. E anche lì mi sorpresi nello scoprire che Heikki era uscito illeso. O almeno, illeso a livello fisico, perché secondo me le conseguenze di quell’incidente ancora se le porta addosso e continuerà a portarsele addosso nel corso degli anni. Da lì in poi non è più stato lo stesso, mi pare. Prima non era fenomenale, ma era indubbiamente mille volte più competitivo che dopo. Anche se la sua unica vittoria è arrivata dopo (ma del resto senza una serie di fortuiti episodi, riguardanti gomme e motori altrui, non sarebbe certo arrivato oltre il terzo posto, nonostante l’ottimismo palesato a fine gara in cui sembrava che in ogni caso avrebbe vinto lui – sì, aspetta e spera).
Altri incidenti (recenti) che mi hanno colpita a questi livelli non me ne ricordo. E poi sono arrivate le qualifiche del gran premio d’Ungheria del 2009. Le qualifiche in cui all’inizio si poteva pensare che l’unico dato ancora da svelare fosse chi avrebbe prevalso tra le Redbull e le Brawn GP, o chissà, magari sarebbero state le McLaren ad avere la meglio (o meglio, la McLaren di Hamilton, viste le considerazioni che ho appena fatto sui risultati di Kovalainen).
Come al solito l’attenzione della regia era altrove, in quel momento. E, mentre la Q2 era sul punto di finire, andò a inquadrare una Ferrari incidentata che, di per sé, non era neanche particolarmente distrutta e, per quello che si vedeva inizialmente, non lasciava presagire alcunché di particolarmente sconcertante.
Notai il casco giallo e verde: si trattava di Massa, il pilota che mi aveva fatto tanto emozionare negli ultimi anni. Il pilota per cui avevo incrociato le dita tante volte, il pilota per cui avevo imprecato contro il motore rotto in Ungheria un anno prima, il pilota per cui avevo imprecato contro il disastroso via anticipato a Singapore, il pilota per cui ero stata col fiato sospeso e poi imprecato contro le gomme della Toyota di Glock in Brasile, il pilota per cui avevo sperato che la Ferrari vincesse, il pilota per cui avevo imprecato contro gli scarsissimi risultati della Ferrari nella prima parte del 2009, il pilota per cui mi sembrava che si stessero aprendo delle prospettive un po’ migliori, con il lento miglioramento della vettura e che al momento era alla portata di ottenere comunque un risultato in classifica che non fosse così male se paragonato al mezzo di cui disponeva: non avevo dubbi che sarebbe stato lui a piazzarsi dopo i due della Brawn e i due della Redbull, alla fine.
Notai che si trattava di Massa e imprecai mentalmente contro il fatto che passare in Q3 era la sua portata e che con quell’incidente la possibilità di una buona posizione sulla griglia di partenza era svanita nel nulla. Insomma, mi era sembrato un normale incidente, di quelli come ne ho visti tanti in 18 anni che seguo la Formula 1. Il mio pensiero, in un primo momento, fu quindi qualcosa che suonava come: “Oh, no, che due scatole, Massa poteva ottenere una buona posizione sulla griglia di partenza, e invece…”
L’inquadratura migliorò. La monoposto era praticamente conficcata nelle barriere di protezione. Ma anche questo ormai non mi sconvolgeva più di tanto. Il primo collegamento che mi fu spontaneo fare fu quello con il gran premio di Gran Bretagna di dieci anni prima. L’incidente in cui Michael Schumacher si fratturò una gamba, insomma. Ma in dieci anni la tecnologia aveva fatto progressi enormi, mi dissi. “Speriamo che non si sia rotto niente” pensai.
Ma della dinamica dell’incidente ancora non si sapeva molto, se non quello che si vedeva dai primi replay ripresi da lontano e il mio pensiero, più si andava avanti, più era “speriamo che non si sia fatto nulla di grave”. Nel frattempo era andata in onda la pubblicità, quei soliti due o tre minuti tra una sessione e l’altra delle qualifiche. Poi iniziarono le interviste, me la ricordo, quell’intervista in cui Barrichello dichiarava che aveva avuto dei problemi tecnici che gli avevano impedito di fare un buon tempo e che per quel motivo era stato escluso, perché dal retrotreno si era staccato qualcosa…
Quel qualcosa era l’ormai celebre molla che, si sarebbe scoperto successivamente, aveva colpito il casco di Massa. Ma per il momento l’unica cosa che si era capita era che Felipe era rimasto immobile, sia mentre andava a schiantarsi contro le barriere sia dopo. Sapere questo mi bastava. Seguivoo la Formula 1 da abbastanza tempo per fare questa considerazione: i piloti coinvolti in un incidente, qualsiasi siano le conseguenze fisiche, dal primo momento che sono coscienti danno un segnale. Ma Felipe, appunto, continuava a non muoversi. Ciò significava che non era cosciente.
L’avevo pensato per Kubica un paio d’anni prima e mi ritrovai a pensarlo anche per Massa. Quando la ragione dell’incidente fu chiara, lo pensai ancora una volta. Pensai che per Felipe non potevano esserci speranze di sopravvivenza, dopo un incidente del genere. Non mi sembrava una possibilità così remota, in fin dei conti. E onestamente credo di non essere stata la sola a pensarlo, quel giorno.
Mi sarebbe piaciuto tanto spegnere il televisore per non sentire quello che avrebbero potuto dire sulle vere conseguenze dell’incidente. Ma allo stesso tempo qualcosa mi disse che dovevo sapere. Non potevo spegnere la TV senza sapere cos’era successo a Felipe, qualsiasi fossero le conseguenze di quanto gli era accaduto.
La TV rimase accesa anche se la mia voglia di vedere come sarebbero finite le qualifiche era notevolmente calata. Le guardai comunque fino alla fine, quando venne fatta la F1. Ricordo che alla fine ci fu un po’ di confusione, con il sistema che avrebbe dovuto rilevare i tempi che era saltato e che ci volle un po’ per scoprire quale fosse il risultato. Una scena che, dopotutto, sarebbe stata anche un po’ comica, se si fosse trattato di una qualifica come tutte le altre, in cui non vi erano stati incidenti o gli incidenti avevano avuto conseguenze pressoché nulle oppure lievi. Ma quella non era una qualifica come tutte le altre, o almeno io non la percepii come tale.
Sulle conseguenze, inizialmente, non diedero alcun particolare preoccupante. Ciononostante non ero convinta di quello che dicevano. Non credevo che Felipe ne fosse uscito pressoché illeso. Quel pomeriggio, tramite il televideo Mediaset, scoprii che aveva dovuto sottoporsi a un intervento all’arcata del sopracciglio sinistro. E quella sera, mentre ero in macchina con i miei genitori, mia madre accese la radio e per caso, su R101 in quel momento c’era Ultimo Minuto, con le notizie del TG Com. Le condizioni di Felipe si erano aggravate, dissero.
Ricordo che il giorno dopo, verso le due, quando mancava circa una decina di minuti all’inizio della gara e ancora non ero andata ad accendere la TV, mio padre mentre eravamo a tavola, dato che non aveva visto le qualifiche, mi chiese cos’era capitato esattamente a Massa. Disse che, stando a quando aveva sentito lui, Felipe era in fin di vita. La mia prima reazione fu fiondarmi davanti al televisore. Accesi. Fortunatamente i telecronisti Rai stavano dando notizie lievemente migliori, anche se al momento ancora non si sapeva quali sarebbero state le vere conseguenze.
Il resto ormai lo sappiamo e mi riempie di felicità il fatto di avere ritrovato Felipe sulla griglia di partenza nel 2010. Era uno dei motivi per cui ero impaziente che iniziasse la stagione 2010. E che gli andasse meglio della stagione 2009… non che ci voglia molto, comunque!
Chiudo con una mia riflessione personale: c’è qualcuno che dice che Massa non è più quello del 2008, che è palesemente inferiore ad Alonso, che è un pilota finito… Credo che queste persone cambierebbero lievemente il loro giudizio, se si rendessero conto che anche la Ferrari del 2010 non è più quella del 2008 e che Alonso non è esattamente il primo sfigato trovato per la strada ma un pilota che ha vinto due titoli.
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Milly Sunshine