Questa è la
prima long fiction sulla Formula 1 che ho scritto e pubblicato su un forum
(ormai semi-abbandonato, ma sono cose che capitano) dedicato al mio pilota
preferito Felipe Massa.
I nomi delle
protagoniste (Milù, Federica, Claudia, Iole, Serena e Graziana) sono gli stessi
di noi ragazze del forum...
Il
titolo che avevo messo originariamente era “Saturday Afternoon Dream”, ma poi
non vedendo il senso di un titolo in inglese in una storia scritta in italiano,
ambientata in Italia, con personaggi italiani (a parte Felipe che è brasiliano,
e comunque non c’entra un bel nulla con l’inglese) ho preferito cambiarlo.
E, sì, c’è un
motivo per cui, seppure ho scritto questa fanfic nel 2010, ho deciso di postarla oggi.
SOGNO DEL
SABATO POMERIGGIO
(Saturday
Afternoon Dream)
Soltanto nei
sogni possono arrivare momenti in cui si viene proiettati da un luogo all’altro
in un istante. Si tratta di qualcosa di irreale.
A volte i
sogni si confondono con la realtà. Quindi ciò che è irreale può diventare
reale. O almeno si può immaginare che lo sia.
1.
La colonnina
del mercurio era salita in modo esagerato, negli ultimi giorni. O meglio, nelle
ultime settimane. E il calore delle due e un quarto del pomeriggio era tale da
far fondere l’asfalto, in quel pomeriggio d’estate.
– Ma non c’è
la radio su questa macchina? – domandò Federica.
– No, non c’è
– rispose Milù, scuotendo la testa. – Non c’è nessun optional, su questa
macchina. E se vuoi ascoltare qualcosa, ti dovrai accontentare del rumore del
motore.
Le due erano
a bordo di una vecchia Punto carica di ammaccature, immatricolata nel lontano
1998, undici anni prima, e stavano percorrendo una strada provinciale per nulla
affollata.
– Mia mamma
ha detto che siamo pazze ad andarcene in giro a quest’ora con questo caldo –
disse Milù.
Federica
concordò: – In effetti potevamo fare qualcosa di meglio, a quest’ora poi… Il
sabato pomeriggio non è fatto per andare in giro in macchina, soprattutto
quando…
Milù frenò
di colpo. Maledetto gatto, non stava passando nessuno, proprio in quel momento
doveva attraversare di scatto la strada.
–
Quell’animale ha manie suicide – scherzò la ragazza.
– Probabile
– concordò Federica. – Piuttosto, non saremo in ritardo?
– Ma no,
quale ritardo? Claudia ci aspetta per le due e mezza.
– Però
dobbiamo passare a prendere Iole e Serena, che abitano nelle due parti opposte
della città. E poi dovremo trovare parcheggio…
–
Tranquilla, ce la faremo. Io sono un genio del parcheggio!
Milù guardò
davanti a sé con aria indifferente. Era tutt’altro che un genio del parcheggio,
ma non le sembrava il caso di dirlo a Federica in quel momento. Era la prima
volta che la caricava in macchina e non voleva spaventarla. Proprio per quello
aveva cercato di rendere le frenate il più dolci possibile, riuscendovi sempre
tranne nel momento del passaggio del gatto. In quel momento soltanto la cintura
di sicurezza aveva potuto trattenere Federica a stretto contatto con il sedile.
– Piuttosto,
tu che hai sentito Cla, perché ha organizzato questo raduno improvviso? Proprio
oggi, poi…
Milù,
lievemente imbarazzata, cercò invano una risposta plausibile. Non trovandola,
fu costretta a dire la verità.
– È un po’
strano da spiegare. Vedi, Claudia mi ha detto che aveva uno strano
presentimento, e che oggi, verso le due e mezza, dovevamo trovarci, perché si
sentiva che sarebbe successo qualcosa.
– Qui i casi
sono due – decretò Federica. – O era ubriaca, oppure è una veggente.
– Quale
delle due ritieni più probabile?
– Ti dirò
che non mi immagino Cla ubriaca… ma nemmeno veggente.
In quel
momento dalla borsa di Milù, in bilico sul cruscotto, uscì la voce di
Basshunter che cantava “Boten Anna”.
– È la tua
suoneria? – domandò Federica.
– Sì,
proprio quella – rispose Milù. – Potresti guardare chi è che mi sta chiamando?
Federica
cercò dentro la borsa dell’amica il cellulare. Un Nokia a sportellino, nero con
rifiniture grigie, piuttosto malmesso, per via delle continue cadute.
– Ma
cambiare cellulare no? – chiese Federica, quando si accorse che la parte
posteriore e lo sportellino stavano attaccate per puro caso.
– Sì, dovrei
comprarne uno nuovo… ma non ho avuto tempo di questo periodo per pensare al
cellulare.
– Sì, certo,
capisco. Comunque è Iole che ti sta chiamando.
Fece per
passare il cellulare a Milù, che però le disse: – Non posso fermarmi proprio
ora per strada. Rispondi tu.
– Okay, come
vuoi.
Rispose.
– Ehi, ciao,
Iole, sono Fede…
– Ma che ci
fai al telefono di Milù?
– Siamo per
strada. Passiamo a prenderti tra poco.
– Ma siete
già state a prendere Sere?
– No,
passiamo prima da te e poi andiamo da lei.
– Ho capito.
L’ho sentita mezz’ora fa. Era un po’ scocciata dal dovere andare da Cla proprio
oggi pomeriggio a quest’ora. Insomma, alle due c’era ben altro da fare…
– Piuttosto,
tu sei ancora in casa?
– No, sono
uscita già da un po’, perché avevo dei giri da fare.
– Ah, quindi
non sai come sta andando…
– No. E a
causa della bella idea di Cla lo scopriremo tra una vita.
– Ha detto a
Milù che oggi accadrà qualcosa…
Mentre
Federica parlava al telefono, Milù confermò: – Che accadrà qualcosa e che
dovremo essere tutte insieme quando accadrà.
Federica
ripeté il messaggio a Iole, che dall’altro capo del telefono replicò: – Ma che
cosa significa? Che cosa dovrebbe accadere? E dove?
– Non so,
aspetta che lo chiedo a Milù.
Ma Milù non
aveva risposte.
– Mi
dispiace, non ha aggiunto altro. Nemmeno lei sa che cosa deve succedere. Sente
solo che succederà qualcosa.
In realtà
aveva aggiunto qualcos’altro, ma forse non era il caso di parlarne per
telefono. Iole si sarebbe soltanto messa a ridere. Non poteva parlarle di sogni
premonitori altrui, quando lei stessa non credeva nei sogni premonitori.
Federica
ripeté di nuovo le parole di Milù e sentì Iole che esclamava: – Secondo me
Claudia è impazzita all’improvviso.
– Secondo me
siamo più pazze noi che la stiamo assecondando – scherzò Federica.
– Su questo
non ho dubbi – concordò Iole. – Va beh, dai, adesso ti lascio, che mi si sta
scaricando la batteria.
– Va bene,
siamo lì tra un po’.
– Tra un po’
quanto? Claudia ha insistito perché non tardassimo.
– Non
tarderemo. Dieci minuti e siamo lì.
– Anche
cinque – disse Milù.
E Federica:
– Milù dice che arriveremo tra cinque minuti. Io non mi fido più di tanto. Tu
ci stai aspettando in strada?
– Eccome che
vi sto aspettando in strada. Sono davanti al cortile e proprio adesso ho dovuto
schivare il pallone con cui stanno giocando i figli dei miei vicini. Che cosa
ci fanno in cortile alle due del pomeriggio con quaranta gradi all’ombra non lo
so, ma va bene lo stesso… Del resto anche noi potremmo starcene a casa con il
ventilatore acceso… Va beh, mi consolo pensando che tra poco arriverete e mi
rinfrescherò con il condizionatore della macchina.
Federica
rise.
– Aspetta e
spera! Su questo veicolo antiquato non c’è niente di niente. Puoi solo
abbassare i finestrini, e con la manopola, neanche col pulsante!
– Ma che
macchina ha Milù? Una Ford Modello T?
Le due ragazze
risero.
– No, ha una
Punto senza optional – disse Federica, quando riuscì a tornare seria. – Al
posto degli optional, però, ha varie ammaccature.
– Ah,
capisco… Senti, ora la batteria è davvero scarica, devo lasciarti, Fede, a
dopo.
– A dopo.
Federica riattaccò
e infilò di nuovo il cellulare di Milù dentro la borsa.
– Ma quanta
roba hai qui dentro? – le domandò, incuriosita.
– Varia, tra
cui molta che non mi serve adesso.
– L’avevo
notato. Piuttosto, vedo delle Tic Tac Lemon-Mint, posso prenderne una?
– Fai pure
come se fossi a casa tua!
– Grazie
mille.
– Di niente.
Milù non
distoglieva gli occhi dall’asfalto e dalla strada, ma dentro di sé non poteva
negare di avere la mente confusa. Che cosa si era messa in testa Claudia? Le
sarebbe piaciuto tanto saperlo. Le aveva telefonato la notte precedente, verso
le quattro, Milù, che aveva dimenticato
il cellulare acceso, era stata risvegliata dalla voce di Basshunter e dalla
suoneria di “Boten Anna”.
– Per
fortuna ti ho trovata – le aveva detto Claudia, non appena le aveva risposto. –
Federica, Iole e Serena hanno tutte il cellulare spento.
– Mi sembra
anche normale! – aveva esclamato Milù. – Ti rendi conto di che ore sono?
– Non ci ho
fatto caso, ma mi pare le quattro o giù di lì – aveva risposto Claudia, come se
fosse la cosa più normale del mondo mettersi a fare telefonate alle quattro del
mattino. – Per fortuna ti ho trovata. Ma le altre proprio non potevano tenere
il cellulare acceso?
Milù
confermò, con sarcasmo: – Eh, avrebbero proprio dovuto farlo. Casomai in piena
notte tu hai voglia di fare quattro chiacchiere con loro… Dì un po’, Claudia,
tu non dormi la notte? Confessa, in realtà sei uno dei vampiri di “Twilight”,
tu non hai bisogno di dormire… Magari se avessi letto quel libro ti avrei
trovata citata tra le pagine… Peccato che non sono attratta da libri del
genere!
Claudia
rise.
– No, non
sono uno dei vampiri di “Twilight” e in genere dormo, la notte. Ma stanotte è
diverso. Anzi, no, stavo dormendo. Ma poi è capitata una cosa… A Sere, Iole e
Fede ho mandato un SMS per domani. A te, dato che ti ho trovata, ci possiamo
mettere d’accordo di persona. Hai presente il parco che c’è vicino alla via del
mercato? Dobbiamo trovarci là.
– Spero a un
orario normale, non in piena notte.
– No, no,
tranquilla, verso le due e mezza.
– Di notte?!
Stai scherzando, vero?
– No, di
pomeriggio. 14,30. Ma non in ritardo. Dopo deve succedere qualcosa e dobbiamo
esserci tutte.
Milù si era
sorpresa come non mai.
– Deve
succedere qualcosa?! Che cosa?
– Non…
Milù l’aveva
interrotta di scatto: – Aspetta, alle 14,30 hai detto? È fuori discussione. Non
possiamo fare più tardi? Tipo alle tre e mezza, sarebbe perfetto… Ma non a
quell’ora.
– Anch’io ci
ho pensato – le aveva detto Claudia. – Ma non possiamo rimandare. Dobbiamo
trovarci domani pomeriggio alle due e mezza e dobbiamo essere tutte e cinque
insieme. Credo che sia scritto nel nostro destino, Milù…
– Nel nostro
destino? Ma io non ci credo nel destino!
– Allora, se
la vuoi vedere diversamente, non pensare al destino. Pensa solo che domani,
qualunque cosa accada, dobbiamo essere tutte e cinque insieme per le due e
mezza. Mi raccomando, sii puntuale. Siate puntuali, tutte. Venite tutte
insieme.
– Su quello
non c’è problema. Se le altre sono d’accordo, posso passare a prenderle io. Ma
mi puoi spiegare meglio che cosa sta succedendo?
– Non lo so…
– Come
sarebbe a dire che non lo sai? Che cosa ti è successo, Cla? Ti sento un po’
strana, sei sicura di non esserti ubriacata, ieri sera?
– Oh, no,
non mi sono mossa da casa.
– Che cosa
c’entra questo? Ci si può ubriacare anche a casa.
–
Tranquilla, non sono ubriaca. Anch’io sono sorpresa da quello che è successo.
Anzi, ne sono davvero scossa.
– Me ne sono
accorta. Se tu non fossi scossa non mi avresti chiamata alle quattro di notte,
mi pare.
– No, forse
no. Ma non potevo aspettare domani mattina. Come ti ho detto, è una cosa
importante, Milù.
Milù aveva
sospirato.
Aveva
chiesto a Claudia: – Come puoi dire che un presentimento è una cosa importante?
– Non è solo
un presentimento – aveva risposto Claudia. – Si tratta di un sogno, più che
altro.
– Un sogno?
Tu hai sognato che domani pomeriggio accadrà qualcosa? Ebbene, che cosa?
– Non ho
sognato quello che accadrà. Nel sogno mi è stato solo comunicato che qualcosa
accadrà.
– Questa
cosa mi spaventa, Cla. O meglio, tu mi spaventi. Non sapevo che credessi ai
sogni premonitori, e sinceramente mi pare un po’ strano. Se dovessimo credere a
tutto quello che sogniamo…
– Ma io non
credo a tutto quello che sogno! Solo stavolta, che mi sembrava così reale…
– I sogni
sembrano sempre reali.
Claudia non
era stata d’accordo con lei.
– Stavolta
molto più del solito – aveva detto. – Vedi, io mi fido di quello che ho sentito
nel mio sogno. Non potrei non fidarmi di lui. Era così reale, come se fosse
presente lì insieme a me. Nel parco della via del mercato, appunto. Ed è lì che
dobbiamo andare domani. È lì che scoprirò che cosa vuole davvero da me.
– Ma di chi
stai parlando? – le aveva chiesto Milù. – Di qualcuno che ti è apparso in
sogno?
– Sì,
proprio così.
Federica distrasse
Milù dai suoi pensieri.
– La via di
Iole è la prossima, giusto? – le chiese.
– Sì,
proprio la prossima – rispose Milù, avvicinandosi alla linea di mezzeria, dopo
avere inserito la freccia per svoltare a sinistra.
Non fu
necessario fermarsi all’incrocio, nonostante le due ragazze fossero su una
strada senza diritto di precedenza.
– Non c’è
proprio un’anima in giro – osservò Federica.
Aveva
ragione. Le strade erano deserte. Probabilmente la gente era in casa oppure per
sfuggire al calore dell’estate erano andati in qualche centro commerciale con i
canonici diciotto gradi dell’aria condizionata.
– Ecco Iole
– disse Milù, avendo visto l’amica che le aspettava a lato della strada e che
le salutava con un cenno della mano.
Milù
accostò, per poi scendere dall’auto e far salire Iole (come previsto,
l’automobile non era certo una cinque porte).
– Sembra di
entrare in un forno – protestò la nuova arrivata.
– Questo è
il mezzo di cui dispongo – le fece notare Milù, apprestandosi a risalire.
Nel momento
in cui si sistemava sul finestrino e richiudeva la portiera, le tornò in mente
la voce di Claudia, al telefono. E mentre allacciava la cintura di sicurezza,
non poté fare a meno di pensare a ciò che l’amica le aveva detto.
– Lo sai chi
è stato a dirmi quelle cose, apparendomi in sogno?
– A dirti di
darci appuntamento per domani pomeriggio? Sentiamo chi è il pazzo…
– Ma non
dire così! Anzi, mi ha fatto piacere vederlo, in sogno.
– Io
continuo a non capirci niente… Chi era?
Così
finalmente Claudia le aveva svelato la verità.
– Lo vuoi
proprio sapere? Quelle cose me le ha dette Felipe.
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– Sono le
14,22 – osservò Federica. – Siamo in ritardo. Dobbiamo passare a prendere Sere,
e saremo da lei per le due e mezza, e poi raggiungere Claudia, e ci metteremo
altri dieci minuti.
– Chi se ne
frega – esclamò Iole. – Saremo pur libere di arrivare in ritardo, dopo che ci
ha tirate fuori di casa alle due del pomeriggio, in un giorno come questo.
– Claudia si
è raccomandata di non arrivare tardi – ricordò Milù alle due “compagne di
viaggio”, avviando l’automobile, che però diede immediatamente segnale di non
voler leggere la chiave. – Eh dai, per favore, non fare storie proprio adesso.
– Niente da fare. Milù fece un sospiro e poi riprovò. Stavolta l’auto si avviò.
– Per fortuna!
A Iole
sfuggì una risatina.
– Ma ti sei
bevuta il cervello anche tu? – chiese. – Non ho capito che cosa sia questa
storia… Mah, secondo me siete tutte impazzite completamente.
Federica
ribatté: – Io non sono affatto impazzita. Anzi, forse sono l’unica che si sta
comportando in modo un po’ normale…
– Prima che
mi si scaricasse del tutto il cellulare ho ricevuto un messaggio da Sere –
disse Iole. – Mi ha scritto che Cla l’ha chiamata e le ha detto cose strane a
proposito di un sogno che ha fatto stanotte. Ne sapete qualcosa?
– No –
rispose Federica. – Un sogno? E tu, Milù, ne sai qualcosa?
Milù, presa
alla sprovvista, per un istante non controllò le proprie azioni e premette sul
pedale del freno.
– Che cosa
c’è, un altro gatto suicida? – domandò Federica.
– No,
niente, lascia perdere.
Federica si
girò indietro, lanciando uno sguardo interrogativo a Iole. Quando vide che lo
sguardo che Iole le restituiva era ancora più interrogativo del suo, si
rassegnò: se fino a quel momento erano capitate cose strane, comprese, ancora
più strano sarebbe stato il seguito del pomeriggio.
– Piuttosto,
fino a che ora staremo? – chiese. – Deve venire mia zia a cena, stasera alle
otto, e mia mamma si è raccomandata di essere puntuale.
– Non
sappiamo niente sugli orari – rispose Milù. – O meglio, sappiamo solo a che ora
dobbiamo trovarci con Cla, ma non sappiamo cosa accadrà dopo. Dipende tutto dal
realizzarsi o meno di ciò che secondo Claudia succederà.
– Mah, io
non ci sto capendo più niente. Sembra di essere precipitate dentro a uno di
quei racconti assurdi che scrive Milù mettendoci anche il Gufo di Interlagos
come protagonista.
– Ehi, Fede,
adesso che mi ci fai pensare, forse la scena sarebbe proprio tipica di un
racconto del genere. Peccato che non ci siano gufi, qui.
Iole
ribatté: – Dei gufi possiamo farne anche a meno. Tu piuttosto sbrigati, che
Sere ci sta aspettando sotto al sole.
– Quindi
nemmeno lei è in casa al momento? – chiese Federica.
– Proprio
così – disse Iole.
– Quindi
nessuna di noi ha la minima idea di come stiano andando le cose…
– Già,
nessuno ne ha idea.
– Che
tristezza. Tutta colpa dell’appuntamento. Ma, dico io, Milù, tu che hai parlato
al telefono con Claudia, non sei riuscita a posticipare?
– Magari ci
fosse riuscita. O alle due e mezza o niente. Anzi, o alle due e mezza o alle
due e mezza. Non c’erano altre alternative.
Iole
osservò: – Forse è proprio vero che deve capitare qualcosa. Se no per quale
motivo tutte avremo accettato l’invito di Claudia? La cosa più facile da fare
sarebbe stata inventare una scusa e rimanere tutte quante a casa.
– È vero –
concordò Federica. – Sai che la cosa è strana? Appena ho scoperto dell’invito,
saranno state le otto di stamattina, quando ho acceso il cellulare e ho visto
il messaggio che mi ha mandato Claudia alle quattro di stanotte, ho confermato
a Claudia che sarei andata. Non mi è passato per la testa nemmeno per un attimo
di rimanermene a casa. C’è qualcosa che non mi quadra, in questa storia, e
voglio scoprire di che cosa si tratta.
– È come se
fossimo tutte quante vittima di un incantesimo – intervenne Milù.
– Tu pensa a
guidare – la zittì Iole. – E portaci da Serena.
– Okay.
Peccato, mi terrò per me quello che so…
– Che cosa
sai?
– Già,
infatti, che cosa sai?
– Lo
scoprirete dopo, ragazze. Adesso dobbiamo andare da Serena, l’avete detto anche
voi.
– Ehi, ma
così non vale – esclamò Federica. – Fammi capire. Tu sai qualcosa che noi non
sappiamo e non ce lo vuoi dire?
– Siete voi
che non volete che io mi distragga mentre guido, perché potrei ritardare di
qualche secondo. Quindi aspetterete.
– Ma è una
cosa che riguarda Claudia? – volle sapere Iole.
Milù
confermò: – Esattamente. Si tratta del sogno che ha fatto Claudia stanotte. Il
sogno che l’ha convinta a svegliarci alle quattro di mattina. Peccato che con
voi non ci sia riuscita… In tal caso avrebbe parlato del sogno anche con voi.
– È per via
di questo sogno che era così strana e che ci ha chiesto di incontrarla, mi pare
di capire – disse Iole. – Ebbene, vuoi spiegarci di cosa si tratta?
– Lo
scoprirai tra poco, ti ho detto – rispose Milù. – Tempo due minuti e saremo da
Serena.
– Sono le
14,24. Si faranno le 14,26, forse le 14,27. Non arriveremo per tempo.
– Ti
ringrazio, Fede, per avermi aggiornata sull’orario. Ma state tranquille,
arriveremo da Claudia per tempo.
– In sei
minuti tu vorresti arrivare da Claudia?
– Sono
convinta che le due e mezza sia un orario convenzionale. Come quando ad esempio
deve venire a casa tua qualcuno che è solito tardare, e tu gli dici di venire
alle tre perché così alle quattro arriverà. Noi non siamo delle ritardatarie
croniche, quindi sono convinta che Claudia ci aspetti per le due e quaranta o
giù di lì.
Federica
rise.
– Ora pensi
di poterle anche leggere nella mente?
– Non oserei
mai pensare di poter fare una cosa così complicata, onestamente. Ma non perdiamoci
in chiacchiere. Andiamo a raggiungere Serena.
Le tre
ragazze proseguirono in silenzio per quasi un chilometro, svoltando in diverse
strade secondarie. Fino al momento in cui, finalmente, raggiunsero il luogo in
cui Serena abitava. Stavolta fu Federica a scendere per farla salire a bordo.
Serena andò a piazzarsi sul sedile posteriore, alle spalle di Federica.
– Ecco,
finalmente ce l’avete fatta ad arrivare – commentò la nuova arrivata. – Mi
sembrava di sciogliermi, al sole.
– Ma perché
non sei rimasta ad aspettare in casa? – le chiese Iole. – Ti avremmo fatto uno
squillo mentre arrivavamo…
– Non lo so,
mi è venuto spontaneo scendere – disse Serena. – Con più di mezz’ora
d’anticipo, per giunta.
– Lo dicevo,
io, che c’è qualcosa di strano – intervenne Federica.
– Eh, sì,
Fede, mi sa tanto che hai ragione.
– Mi sembra
ormai chiaro che c’è qualcosa di strano – disse Milù. – Prima il sogno di
Claudia, poi la nostra strana reazione al suo appuntamento…
Serena le
domandò: – Anche tu sai del sogno?
– In un
certo senso.
– Te l’ha
raccontato Claudia stamattina?
– No.
– Come
sarebbe a dire?
– Oh, non
farci caso, mi sono espressa male. Non è che l’ho immaginato, semplicemente
intendevo dire che me ne ha parlato stanotte. Erano le quattro quando mi ha
chiamata.
– Ha cercato
anche me a quell’ora.
Iole le fece
notare: – Ci ha cercate tutte, a quell’ora.
– Subito
dopo essersi svegliata di soprassalto per via di un sogno strano che aveva
fatto – aggiunse Serena.
– Proprio
così. E si è stupita del fatto che avevate i cellulari spenti.
Federica
rise.
– Era
l’unica cosa di cui non stupirsi, credo.
– Sono
d’accordo con te – confermò Milù. – Sta succedendo di tutto, da questa notte a
questa parte. Secondo me siamo impazzite tutte quante, se ora stiamo correndo a
raggiungere Cla.
– Felipe è
una fonte autorevole – le fece notare Serena.
– Felipe? –
chiese Federica, stupita.
Iole le fece
eco: – Appunto, che cosa c’entra Felipe?
– C’entra
eccome – rispose Milù. – Stanotte Claudia ha sognato Felipe e lui le ha detto
che dovevamo riunirci tutte oggi pomeriggio perché sarebbe capitato qualcosa.
Non si trattava di un semplice presentimento, ma di quello che Claudia ha
definito un sogno premonitore.
– Un sogno
premonitore? – chiese Iole. – Addirittura?
– Sembra
strano, ma è così.
Serena aggiunse:
– Non ha detto di avere sognato Felipe, a me. Mi ha detto espressamente che
Felipe le è apparso in sogno.
– Più passa
il tempo e più mi sembra di perdere tempo – disse Federica. – Da quando Claudia
fa sogni premonitori?
–
Probabilmente da stanotte – disse Milù.
–
Sicuramente da stanotte – concordò Iole.
Federica
scosse la testa.
– È tutto un
casino, non ci si capisce nulla, in questa storia. Spero di vederci più chiaro
quando arriveremo da Cla.
Serena, come
trasognata, osservò: – Sarebbe stato bello se fossi stata io a sognare Felipe.
Non mi è mai capitata una tale fortuna.
– Sarebbe
stato solo un sogno, in ogni caso – le fece notare Federica. – Che senso ha
desiderare di sognare una persona, se poi il sogno finisce?
– È un
discorso troppo filosofico per i miei gusti – intervenne Milù. – Ti prego,
Fede, parla d’altro.
– Perfetto,
tanto qualcosa di cui parlare ce l’ho. Il mio orologio dice 14,29. Anzi, 14,30,
scattate proprio ora. Sei ancora convinta del fatto che non faremo tardi?
– Non ne
sono convinta, lo ammetto, ma non mi pare un grosso problema. Mi sorprende che
sia proprio tu a preoccupartene, Fede. Hai detto che ti sembra di perdere
tempo. Quindi, se per te è solo una perdita di tempo, non dovrebbe farti
differenza arrivare da Cla alle due e mezza, alle due e tre quarti o alle tre.
– No – disse
Serena. – Alle tre sarebbe troppo tardi. E forse anche alle due e tre quarti.
Federica si
girò di scatto a guardarla. Sembrava ipnotizzata.
– Che cosa
vuoi dire? – le chiese.
– Credo che
Claudia voglia che arriviamo là prima di quell’orario. Anzi, non si tratta di
Claudia. Se è stato Felipe ad apparirle in sogno, è Felipe che vuole che ci
riuniamo tutte prima di quell’ora. Quindi, Milù, sbrigati. Non possiamo fare
aspettare Felipe.
Milù rise.
– Sere, ti
rendi conto che in questo momento Felipe sta disputando le qualifiche di un
gran premio? E che noi a quest’ora dovremmo essere tutte quante davanti ai
nostri televisori a guardarcele, quelle qualifiche, anziché di essere su una
strada che si scioglie per il caldo, su una macchina senza aria condizionata
dentro alla quale ci sono più di quaranta gradi?
Serena
sembrò tornare alla realtà.
– Me ne
rendo conto, certo, che Felipe sicuramente non sta pensando a noi. Nemmeno sa
chi siamo. Però Claudia l’ha sognato e un motivo deve esserci. Se non ci fosse
un motivo, noi non saremmo qui, appunto, ma davanti alla TV. Pensa, faremo
ancora in tempo, se deviassimo verso casa mia, a vederci la Q3. Però non lo
facciamo. Io credo che, tutto quello che sta avvenendo, accada per una ragione
ben precisa.
– E quale
sarebbe questa ragione? – volle sapere Milù.
– Ancora non
la conosciamo, ma sono sicura che presto la scopriremo.
Federica
scosse la testa.
– Non solo
Claudia, ma anche Serena ormai è totalmente presa da questa storia – constatò.
– Ragazze, cercate di non allontanarvi troppo dalla realtà. Felipe non sa chi
siamo, non sa nemmeno che esistiamo e che siamo sue ammiratrici. Quindi mi pare
eccessivo dire che è lui che ci ha ordinato di incontrarci.
– Sarà anche
eccessivo – intervenne Iole, – Ma è così. È l’unica cosa che abbiamo appurato
finora e non possiamo fare a meno di accettarla.
Federica
abbassò di scatto gli occhi sull’orologio.
– Sono le
14,33. Ragazze, il nostro ritardo è davvero mostruoso!
Milù le fece
notare: – Si tratta di due minuti.
Con sorpresa
di tutte, Federica disse: – Anche due minuti possono cambiare radicalmente il
corso degli eventi. E non solo due minuti, anche due secondi.
Sembrava
avere subito una strana metamorfosi. Fino a qualche istante prima era pronta a
giurare che quello che stava accadendo quel pomeriggio fosse una follia senza
senso, adesso le cose erano cambiate. Milù non ebbe il tempo di sorprendersene.
– Eh, sì, si
sta davvero facendo tardi – concordò di lì a poco.
Accelerò,
per quanto le fosse possibile lungo quelle strade che sembravano un labirinto.
Mancavano due strade alla via del mercato.
– Che ore
sono? – chiese.
Ora mancava
una strada alla via del mercato.
– 14,34, già
scattate da un po’.
Scattarono
le 14,35, mentre Milù svoltava verso l’ultima strada.
– Guarda,
c’è un parcheggio libero proprio qui.
“Che
fortuna” pensò Milù. Accanto al marciapiede, poteva entrarvi direttamente senza
fare mille manovre. Si affrettò a parcheggiare, dopodiché scese, fece scendere
Iole che era seduta verso di lei, richiuse la portiera e fece girare la chiave
mentre Federica e Serena scendevano dall’altra parte. Corse poi dall’altro lato
a chiudere a chiave anche l’altra portiera (la chiusura centralizzata è un
optional e la macchina era senza alcun optional).
Il parco era
proprio in fondo alla strada.
– Che
facciamo? – chiese Serena.
– Corriamo –
rispose Federica, senza esitare.
Milù fece
per obiettare, ma vide le altre tre correre verso la meta. Non poté fare a meno
di imitarle, mettendosi a correre a propria volta.
–
Aspettatemi! – le pregò.
Le tre
nemmeno si girarono indietro. Milù le inseguì e a fatica, al momento in cui
tutte entravano nel parco, riuscì a raggiungerle.
Il parco era
deserto, soltanto Claudia seduta su una panchina. Le quattro ragazze la raggiunsero.
– Siete qui,
finalmente – disse Claudia. – Temevo che mi avreste dato buca.
– Scusaci,
c’era traffico per strada – mentì Milù. Si capiva benissimo che era una scusa
campata in aria, ma Claudia sembrò non farvi caso.
– Non fa
niente. Ancora non è successo nulla, credo.
Federica
lanciò una fugace occhiata all’orologio: segnava le 14,38.
3.
– Adesso
devi spiegarci cosa ci sta capitando, però – disse Federica.
– Non è
facile, ragazze…
Claudia
sembrava imbarazzata, con le altre quattro in piedi davanti a lei, come a farle
da pubblico.
Federica
insisté: – Hai parlato con Serena e con Milù di un sogno. Che cosa c’è di vero
in tutto questo?
– Il sogno è
vero – rispose Claudia. – Cioè, l’ho fatto davvero, non me lo sono inventata.
E, per quanto possa sembrare strano, non ho mai fatto prima d’ora un sogno così
tanto reale. Ho capito subito che non si era trattata di una coincidenza.
Felipe mi ha parlato e mi ha detto che dovevamo fare qualcosa.
Le sembrò
che gli sguardi delle sue amiche fossero un po’ perplessi.
– Mi
credete, vero? – domandò.
– Sì, ti
crediamo – rispose Federica. – Quello che ci è successo ci ha portate a
crederti. Se non ci fosse nulla di vero, non ci sarebbe motivo, per noi, di
essere qui.
Claudia
ammise: – Non è stata una bella mossa quella di staccarvi dal televisore
proprio durante le qualifiche. Piuttosto, qualcuna di voi ci stava guardando?
Tutte le
altre negarono.
– Però
mentre aspettavo sotto casa c’erano i miei vicini con la TV accesa su Raidue –
disse Serena. – Ho sentito che al primo turno aveva fatto l’ultimo tempo il
nuovo della Toro Rosso… E anche le BMW e le Force India erano fuori.
– Quest’anno
le BMW sono proprio peggiorate – osservò Milù. – E pensare che un anno fa
Kubica era in lotta per il titolo.
– Mi pare
che ci sia proprio Kubica in ultima fila – aggiunse Serena. – È dietro anche
alle Force India.
– Ma che
cosa ci sta a fare la Force India in Formula 1? – disse Iole. – Non ha mai
fatto un solo risultato decente. Mi risulta che non abbia nemmeno mai ottenuto
punti…
– E allora?
– chiese Milù. – Per quanto ne sappiamo noi, prima che la stagione sia finita
Fisichella potrebbe perfino ottenere una pole.
Tutte le
altre risero. A parte Claudia.
– Fisichella
in pole su una Force India? – le chiese. – Perché hai parlato di Fisichella in
pole?
– Niente di
che, era una battuta. Mi sembrerebbe un po’ strana una pole della Force India.
Penso che se Fisichella riesce a ottenere una pole con la Force India, poi lo
potrebbero prendere anche in Ferrari.
– Ma che
dici, Milù? – chiese Claudia.
Era
visibilmente scossa.
Iole le
domandò, sorridendo: – È pensare a Fisichella che ti fa questo effetto?
Claudia
disse, o meglio, recitò: – “Nella vita tutto è possibile, e se Fisichella
riuscirà a ottenere una pole con la Force India prima di passare in Ferrari,
allora è possibile anche quello che accadrà domani. Ma non devi essere sola,
Cla…”
– Che stai
dicendo? – le domandò Serena, sorpresa ma non troppo. Erano già capitate cose
ben più sorprendenti fino a quel momento, ormai non si stupiva più, se Claudia
si metteva a ripetere chissà che cosa.
– Non lo sto
dicendo io – rispose Claudia. – O meglio, l’ho detto io adesso, ma sono le
prime parole che mi ha detto Felipe nel sogno di stanotte. E mi ha chiamata per
nome.
– Comunque
una Force India in pole mi pare abbastanza improbabile – disse Iole. – È
l’ultima ruota del carro, ti sfido a trovare qualcuno che sia peggio.
– Chissà,
magari il prossimo anno, con i nuovi team – osservò Claudia. – La Lotus, la
Virgin e la HRT non mi pare che diano grandi garanzie…
– Virgin e
HRT? – chiese Milù. – Sarebbero? I nuovi team che entreranno, sono la ManorGP,
la Campos Meta e la USf1. E la Lotus? Che c’entra la Lotus? Saranno tre i nuovi
entranti.
– La USf1
non entrerà – disse Claudia, con sicurezza. – Per motivi di budget, non
entrerà.
– Eh, no,
qui c’è qualcosa che non quadra – osservò Serena. – Adesso conosci anche il
futuro, Cla?
– Non lo so
– ammise Claudia, un po’ sorpresa. – Che ho detto? Virgin? HRT? In effetti non
so che cosa intendevo dire. Per i nuovi team è vero, si chiamano Manor e
Campos.
– Va beh,
lasciamo stare – tagliò corto Serena. – Non siamo qui per parlare della Campos
né tanto meno della HRT o come si chiama. Abbiamo altro di cui occuparci. Il
sogno di Claudia, per esempio.
– Direi di
sì – concordò Iole. – È giunto il momento che ci spieghi una volta per tutte
come sono andate le cose.
Claudia
annuì.
– Ero qui,
seduta su questa panchina dove sono ora. Avevo freddo, nonostante fosse estate
e ci fosse un caldo allucinante. Come oggi, appunto. E all’improvviso, dietro
di me, sentivo qualcuno che mi metteva una mano su una spalla. Mi sono girata
indietro e ho visto Felipe…
– Tutti
questi sogni a te capitano? – scherzò Iole.
Claudia
ignorò il commento e proseguì: – Nel sogno non mi sorprendevo di Felipe.
Qualcosa mi diceva che era proprio lui che stavo aspettando, anche se fino a
quel momento non lo sapevo. Ci siamo guardati negli occhi per un attimo e l’ho
visto abbassare lo sguardo. Gli ho chiesto che cosa ci facesse lui nel parco in
quel momento. La sua risposta è stata quella che vi ho ripetuto poco fa. “Nella
vita tutto è possibile, e se Fisichella riuscirà a ottenere una pole con la
Force India prima di passare in Ferrari, allora è possibile anche quello che
accadrà domani. Ma non devi essere sola, Cla…”
– Strano che
abbia parlato di Fisichella e della Force India – osservò Iole. – E poi, scusa,
come sarebbe a dire che Fisichella passerà in Ferrari? Per quanto ne so è
previsto l’arrivo di Alonso in Ferrari per il prossimo anno.
– Anche tu
con questa storia? – chiese Milù. – Alonso non è ancora stato confermato e
Massa e Raikkonen hanno il contratto anche per il prossimo anno.
– I
contratti in F1 a volte valgono quanto la carta igienica – le ricordò Iole.
– Sarà come
dici tu… Comunque, Claudia, puoi andare avanti?
– Sì, certo.
Io stessa, nel sogno, mi sono sorpresa del fatto che mi parlava di Fisichella.
Gli ho chiesto: “Dì un po’, Felipe, che cosa ti viene in mente? Fisichella in
Ferrari? Ma non accadrà neanche tra un milione di anni, quanti anni avrà?
Trentasei o trentasette, è troppo vecchio per andare in Ferrari… Anzi, mi pare
un po’ troppo vecchio per la Formula 1 in generale.” Felipe ha riso e mi ha detto:
“Ma che dici, Claudia? A quell’età è ancora un giovincello, figuriamoci che il
prossimo anno Schumacher di anni ne avrà già quarantuno.”
Serena la
interruppe: – Questo che cosa c’entra? Schumacher non corre più da anni… Sì è
ritirato alla fine del 2006, non c’entra nulla!
– È quello
che penso anch’io. Comunque Felipe ha parlato di Schumacher, va beh, chi se ne
importa. Nel sogno non gli ho chiesto spiegazioni. Anche nel sogno, si vede,
avevo ancora la capacità di fare ragionamenti seri. E così, anziché parlare di
Fisichella o di Schumacher, gli ho semplicemente chiesto che cosa ci facesse
nel parco.
– E lui? –
volle sapere Iole.
– Niente, mi
ha detto: “Sono venuto qui per avvertirti che domani pomeriggio non devi essere
sola. Devi chiamare le tue amiche, Serena, Iole, Fede e Milù, dovete esserci
tutte e cinque.” E io: “Ma per che cosa? Non capisco…” Felipe mi ha detto che
non importava capire, almeno non per il momento. Solo che dovevo fare in modo
che voi veniste qui. Dovevamo trovarci tutte insieme, oggi pomeriggio. Gli ho
chiesto a che ora. E lui mi ha detto: “trovatevi per le due e mezza, per
sicurezza, così nessuno farà tardi”…
S’interruppe
e guardò le altre.
– E poi? –
chiese Milù. – Che altro è successo?
– Niente –
ammise Claudia. – Il sogno è finito qui. Mi sono svegliata di soprassalto e la
voce di Felipe che mi diceva di essere qui oggi alle due e mezza, insieme a
voi, mi rimbombava in testa. Ho guardato la sveglia, segnava le 3.52. Ho
provato a telefonarvi, ho fatto il numero di Serena, ma niente. Poi ho chiamato
Federica, anche lei era spento. Iole idem. E poi finalmente ho trovato Milù. Le
ho spiegato in linea di massima di che cosa si trattava e, con mia sorpresa, ha
accettato l’appuntamento senza opporre resistenza. Ne sono stata felice, ovviamente,
dovevo saltare la parte più complicata: convincerla ad accettare. Mi sono detta
che, se avevo convinto lei telefonandole alle quattro di notte, potevo
convincere anche voi con i messaggi che vi avevo mandato. Ed è stato così, a
quanto vedo. Voi vi siete accordate per venire in questo parco a quest’ora. E
così voi siete arrivate, esattamente cinque minuti fa.
Federica la
corresse: – Quattro minuti fa.
– Questo non
ha importanza – disse Claudia. – O forse sì…
Le parole le
si bloccarono in bocca. Le altre quattro la videro scossa da un brivido.
Com’era possibile rabbrividire con quella temperatura?
– Claudia,
stai bene? – le chiese Federica.
– Per un
attimo ho avuto un colpo di freddo – rispose Claudia. – E ho tuttora freddo.
Temo che sia successo qualcosa, adesso. Anzi, non ho dubbi, deve essere
successo qualcosa.
– Ma che
cosa? – replicò Federica. – Non so se l’hai notato, ma non è accaduto nulla di
evidente.
– Anch’io,
all’improvviso, ho avuto come un colpo di freddo – intervenne Serena, sedendosi
alla sinistra di Claudia. – Oh, sì, sta accadendo qualcosa.
– Questa
situazione sta iniziando a scocciarmi – disse Federica, in tutta sincerità. –
Mi volete spiegare che vi prende? E pensare che adesso, anziché essere qui,
potevo starmene seduta in poltrona a guardare che cosa combinava Felipe nella
Q1. O forse nella Q2. Sì, guardando l’ora, probabilmente la Q2 ancora deve
finire. Pensa, Cla, magari Felipe otterrà la pole e noi ci stiamo perdendo
tutto!
– Ma quale
pole – ribatté Milù. – Quest’anno non c’è storia. Senza dubbio in pole ci sarà
una delle Brawn GP.
– Molto
probabile – confermò Iole. – Oppure una Redbull.
– E se oggi
fosse stata la volta buona? – chiese Federica. – Insomma, mai dire mai. Poteva…
Anche le sue
parole si spensero.
– Che c’è,
Fede? – le chiese Iole. – Anche tu ti senti un po’ strana?
– Un po’? –
disse Federica. – Non lo so, forse ha ragione Cla.
– Ha senza
dubbio ragione Cla – confermò Serena.
– Mi gira la
testa. Anch’io ho bisogno di sedermi.
Federica si
sedette accanto a Serena e in quell’istante anche Iole domandò a Claudia: –
Potresti spostarti un po’ più in là? Anch’io sento il bisogno di sedermi. È
come se mi sentissi mancare la terra sotto i piedi.
– Sono
l’unica che non sente niente di particolare? – domandò Milù, stupita.
– Così pare
– rispose Claudia. – Io comunque mi sento un po’ meglio. Il freddo è passato.
Deve essere vicino il punto di svolta, ormai.
– Punto di
svolta? – chiese Milù. – Ti è chiaro adesso di che cosa stai parlando?
– Non troppo
– ammise Claudia. – Ma mi sento più vicina a scoprire di che cosa si tratta.
Vedi, Milù, ho come l’impressione che qualcosa sia già successo e che soltanto
ora potremo averne la conferma.
– La cosa,
tutto sommato, sembra farsi intrigante – intervenne Iole. – Mi sento un po’
stordita, ma anch’io sto iniziando ad ambientarmi. Mi sto convincendo che c’è
davvero un motivo per cui siamo qui, e che non è follia.
Claudia
sorrise.
– Oh, no,
certo che no. Non è follia. È come se Felipe ci avesse chiamate qui. Lui voleva
che venissimo qua. Anche se ancora non ne capisco il motivo.
– Sono
sicura che lo capiremo – disse Serena.
– Può darsi
– concordò Federica, ma solo a metà. – Quello che non riesco a comprendere è
come faremo a capire.
– Lo
scopriremo, ogni cosa a suo tempo – rispose Claudia.
– Spero che
sia così.
Mentre
Federica pronunciava queste ultime parole, Claudia guardò Milù. Era l’unica che
era rimasta in piedi, di fronte a loro.
– Siamo
proprio delle maleducate, non ti abbiamo nemmeno fatta sedere… Certo, non c’è
più tanto spazio, però…
Si fermò di
colpo, guardando l’espressione di Milù. I suoi occhi sembravano stravolti,
mentre guardava il nulla davanti a sé. Il nulla, o forse qualcosa. O forse
qualcuno…
– Milù, il
momento fatidico è arrivato anche per te? – domandò Claudia. – Sapevo che sarebbe
accaduto anche a te. Ragazze, stringiamoci un po’, facciamola sedere prima che
svenga.
– Oh, no –
disse Milù, sottovoce. E per chi la conosceva fu sorprendente: Milù raramente
parlava sottovoce. – Va bene così, ragazze, non preoccupatevi.
Continuava a
guardare davanti a sé, come stordita.
– Milù, ti
sei incantata, per caso? – le domandò Serena.
La ragazza
non rispose. Così, lentamente, Serena si alzò e si girò indietro.
– Non è
possibile – mormorò.
Lentamente
anche Claudia, Iole e Federica si girarono e videro.
Videro un
ragazzo che si avvicinava a loro. Un ragazzo di ventotto anni, che in apparenza
poteva dimostrarne meno, con i capelli scuri e uno sguardo da bambino.
Indossava una maglietta rossa e un paio di jeans. Procedeva verso di loro.
– Io svengo
– disse Iole. – Questa è la volta buona che svengo.
– Anch’io
sto per svenire – concordò Claudia.
Quel ragazzo
era sempre più vicino, anche se la sua figura appariva confusa, quasi sfuocata.
– Ragazze,
siamo sicure che non stiamo sognando? – chiese Serena.
– A questo
punto anch’io inizio a crederlo – rispose Federica.
Milù si
avvicinò più che poteva alla panchina su cui tre di loro erano ancora sedute
(non avevano il coraggio di alzarsi perché temevano di stramazzare a terra
svenute).
– Ve l’avevo
detto, c’era un motivo se Felipe ci voleva tutte qui – disse finalmente
Claudia.
Ormai il
nuovo arrivato distava da loro poco più di un paio di metri e non vi erano
dubbi: si trattava di Felipe Massa in persona.
4.
– Beh, che
c’è? – chiese Felipe. – Perché mi guardate a quel modo?
Le cinque
ragazze lo fissarono, ammutolite. Perfino Claudia, che fino a qualche istante
prima era stata in grado di parlare. Ora Felipe distava non più di un metro da
loro. Le ragazze si accorsero che teneva qualcosa nella mano destra.
– Che cos’è?
– chiese Federica, riuscendo a trovare la voce.
Le sue
parole sbloccarono Claudia.
– Scusa, ma
ci capita di avere Felipe qui davanti e tu gli chiedi che cosa tiene in mano?
Se riesco ad alzarmi senza svenire, io lo riempio di baci!
Felipe indietreggiò
di qualche passo.
– Ricordati
che ho una moglie, Cla – disse, con il suo accento brasiliano.
– Me lo devo
proprio ricordare? – scherzò la ragazza.
Felipe
sorrise.
– Non
metterti strane idee in testa. E comunque la domanda di Federica è giusta, che
cos’ho in mano? Ve ne parlerò tra un po’.
– Sai il mio
nome? – gli chiese Federica. – Tutto questo non è possibile… Ragazze, stiamo di
nuovo sognando. O meglio, io ho appena iniziato a sognare…
– Se è così
che vuoi vedere le cose, allora si può dire che stai sognando – ammise Felipe.
– Io, però, preferisco vedere tutto da un altro punto di vista.
Claudia gli
domandò: – Perché sei venuto da noi? E soprattutto, come può essere che tu sia
qui con noi?
– Questo
posto vale come un altro. Avevo bisogno di qualcuno che scegliesse ciò che non
posso scegliere io.
Felipe aveva
uno sguardo triste.
– Che cosa
vuoi dire? – gli chiese Claudia.
– Voglio
dire che mi ritrovo ad un bivio e soltanto voi potete indicarmi la strada da
seguire. Ma non dobbiamo parlarne adesso. Non possiamo parlarne adesso, c’è
altro di cui parlare. La cosa che ho portato con me, comunque, è una clessidra.
Vedete, la sabbia sta già calando. Prima che abbia finito di scendere, dovrete
prendere la vostra decisione.
Le cinque
ragazze si guardarono a vicenda senza capire.
– Mi sembra
tutto così strano – disse Federica. – Sono convinta che sia davvero un sogno. E
poi, non offenderti, Felipe, ma mi sembri così irreale… Voglio dire, ci sei, ma
sembra quasi che tu non ci sia… Sentiamo la tua voce, ti vediamo, ma sembra che
tu debba svanire da un momento all’altro.
– Non
svanirò – la rassicurò Felipe. – E poi anche voi potreste fare lo stesso
effetto, non ci avete pensato?
– Hai
ragione. L’importante è che tu sia qui. Che cosa importa se prima o poi ci
sveglieremo e tutto questo si perderà? Quello che conta è quello che stiamo
vivendo in questo momento.
Un filo di
tristezza tentava di emergere dalla sua voce. Federica era ancora convinta che
ciò che stava vivendo non fosse reale.
– Tu non
dimenticherai mai quello che sta accadendo in questo momento – rispose Felipe.
– Di questo puoi starne sicura, Federica. Nessuna di voi dimenticherà.
– Lo spero –
disse Federica. – Io non voglio dimenticarti.
Finalmente
anche Iole ritrovò la voce: – Ragazze, mi pare che siamo un po’ scortesi.
Felipe è venuto qui da noi e noi lo facciamo stare in piedi? Chi si offre di
fargli un po’ di posto?
Tutte si
alzarono di scatto allontanandosi dalla panchina.
– Vieni pure
a sederti, Felipe – lo invitò Claudia.
Felipe
rifiutò.
– Non sono
venuto per rimanere qui. O meglio, forse torneremo qui, quando il nostro tempo
finirà, ma al momento dobbiamo spostarci.
– E perché
mai? – chiese Claudia. – Si sta bene qui, almeno ci sono un po’ di alberi che
fanno ombra.
– Tra poco
capirete tutto. Ma dobbiamo andarcene.
– Va bene,
ti portiamo dove vuoi. Siamo sulla macchina di Milù.
– Ah, con la
macchina di Milù…
Felipe si
girò verso Milù.
– Quella
Punto parcheggiata laggiù in fondo, vero? – le domandò, indicando il luogo in
cui avevano parcheggiato poco prima.
– Questo è
davvero troppo! – esclamò Milù. – Insomma, tutto ciò ha dell’incredibile. Come
sarebbe a dire, Felipe? Oltre a conoscere il mio nome sai anche che macchina
ho? E poi, ragazze, che ne sapete che io voglio far salire Felipe in macchina?
Staremo troppo stretti, in sei, là dentro, e poi c’è un po’ di confusione…
Felipe le
chiese: – Se io ti chiedessi di portarmi da qualche parte sulla tua macchina
rifiuteresti?
– Oh, certo
che no – si affrettò a dire Milù. – Parlavo con Claudia. Se certe cose me le
chiede lei, è una cosa. Se me le chiedi tu in persona è una cosa completamente
diversa.
– Non sapevo
di fare questo effetto su di te…
– Non farci
caso. È che non pensavo che ti avrei mai incontrato, specialmente non oggi.
Quindi c’è ancora un certo “effetto sorpresa”, per così dire.
– Anche voi
siete sorprendenti, ragazze. Siete proprio come credevo.
Serena,
all’improvviso, gli domandò: – Scusami tanto, Felipe, ma che cosa ci fai tu
qui, nella nostra città? Non dovresti essere altrove? Non dovresti essere in
pista a qualificarti, a migliaia di chilometri da qui?
– Forse –
rispose Felipe. – O forse no. Sai, Sere, non sempre la realtà è quella che
viviamo. Io potrei anche essere una proiezione di me stesso in questo luogo…
Serena lo
guardò, confusa.
– Quindi, se
tu fossi una proiezione di te stesso, non saresti reale.
– Anche tu
potresti essere una proiezione di te stessa – le fece notare Felipe.
Milù
intervenne: – Come sarebbe a dire? Quindi anche noi saremmo irreali?
– Siamo
tutti reali – disse Felipe, porgendole la clessidra. – Avanti, prendila in
mano, dimmi se non è vera…
Milù prese
la clessidra.
– Oh, sì, è
reale.
– Ebbene, se
è reale questa clessidra, anche noi lo siamo.
Milù fece
per restituirgliela.
– Tienila tu
– disse Felipe.
– Io? –
chiese Milù. – Perché?
– Tienila.
Così ti renderai conto del tempo che scorre.
– Oh, per
questo c’è l’orologio.
– Diciamo
che per il momento puoi anche fare a meno dell’orologio. È il tempo rimanente
in questa clessidra ad avere importanza. E ora, ragazze, andiamocene via da
qui. In qualunque altro posto, ma andiamocene da qui.
– Come vuoi
– accettò Milù. – Ma dobbiamo proprio andare alla macchina?
– Infatti,
prima vorremmo farti vedere il posto dove ci ritroviamo noi d’estate, quando
non sappiamo che cosa fare – disse Claudia.
– Non c’è
problema – rispose Felipe. – Portatemi dove volete, purché sia fuori da questo
parco.
E così le
ragazze lo condussero poco lontano in una sorta di giardino abbandonato. Lì
accanto vi era una sorta di chiosco con le serrande abbassate.
– Qui l’anno
scorso c’era una gelateria – disse Serena. – Poi è fallita e hanno chiuso. Non
ci viene più nessuno, qui. Solo noi.
Felipe
sorrise, sedendosi a terra, sull’erba. Le ragazze lo imitarono.
– Sono
felice che mi siate capitate proprio voi – disse lui.
Claudia
sorrise.
– Che cosa
intendi dire?
– Presto ve
lo spiegherò – le assicurò Felipe. – Piuttosto, ditemi un po’, che cosa volete
raccontarmi di voi?
– Davvero
vuoi sapere qualcosa di noi? – gli chiese Serena.
Era la prima
volta che un personaggio famoso, e soprattutto un suo idolo, le chiedeva di
parlargli di sé e la cosa la lasciava di stucco.
– Pensi che
poi me lo dimenticherò, vero? – replicò Felipe. – In un certo senso hai
ragione. Purtroppo, temo, quando il tempo di quella clessidra sarà finito,
potrei non ricordare più niente di quello che sto vivendo in questo momento. Ma
la decisione, naturalmente, è vostra.
– Stai
dicendo che possiamo essere noi a decidere se farti avere memoria di quanto
accaduto oggi pomeriggio? – domandò Claudia.
– Proprio
così.
– Allora è
chiaro che sceglieremo questo!
Felipe
abbassò lo sguardo.
– Il prezzo
che dovrò pagare per questo sarà alto, ma la scelta, come ho detto, sta a voi.
– Non
capisco…
– Non devi
capire, Cla. Non ora. Piuttosto, raccontatemi qualcosa di voi.
Fu quello
che le ragazze fecero, nel tempo immediatamente successivo. Nel frattempo
qualche granello di sabbia scivolava lungo la clessidra.
– Che strano
– osservò Milù, dopo avere parlato di sé a Felipe. Era stata l’ultima a
presentarsi. – Sembra che la sabbia, a poco a poco, inizi a scendere più
velocemente. Prima cadeva giù soltanto qualche granello, mentre ora il ritmo è
incrementato.
– È normale
– le disse Felipe.
Milù non
capì. Stava per chiedere chiarimenti al ragazzo, quando lui cambiò totalmente
discorso.
– Dato che
non posso raccontarvi molto di me che voi già non sappiate, se volete posso
svelarvi qualche dettaglio sulla gente del mondo della Formula 1…
– Oh, certo!
– esclamò Serena, entusiasta. – A proposito, c’è una cosa che mi sono chiesta per
anni. Dato che tu sei il compagno di squadra di Raikkonen, che mi dici? L’hai
mai sentito fare un discorso di più di dieci parole?
Felipe
rifletté un attimo.
– Uhm, sì,
un paio di volte. Stavamo facendo tra di noi degli apprezzamenti sull’aspetto
di alcune ragazze-ombrellino.
Serena rise.
– Non ce lo
vedo Kimi a fare apprezzamenti sulle ragazze.
– Anche lui
ha dei lati oscuri.
Claudia gli
domandò: – E di Schumacher che cosa ne dici? Che cosa ne pensi di una sua
possibile seconda carriera nel motociclismo? Secondo te come se la cava?
Felipe
scoppiò a ridere.
– Lasciamo
stare che è meglio. Sono convinto che ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere…
Le ragazze
sorrisero.
– Anche voi,
mi pare di capire, pensate che Michael non sia così eccezionale sulle due ruote.
– Esatto. Ci
siamo fatte questa impressione, e vediamo che condividi.
Felipe
annuì.
– Io se
avessi quarant’anni e sette titoli vinti anziché rischiare di spaccarmi delle
ossa correndo in moto me ne starei tutto l’anno a prendere il sole alle
Canarie. Uhm, no, alle Canarie forse no, è il luogo d’origine di Raquel Alonso
e non vorrei che lei e Fernando venissero a passarci le vacanze. Ne ho già
abbastanza di vedere Fernando in ambito professionale senza dovermelo ritrovare
anche lì. – Scoppiò a ridere. – Figuriamoci che il prossimo anno me lo
ritroverò anche come compagno di squadra…
– Allora è
vero? – chiese Iole. – Alonso passerà in Ferrari?
– Così pare
– rispose Felipe.
– Che due
scatole, ci sono sempre brutte notizie – disse Claudia. – Mi sta sulle scatole
Alonso!
Milù,
preoccupata, domandò a Felipe: – Ma tu sei sicuro che resterai in Ferrari il
prossimo anno?
– Sì, certo.
Perché, ti dispiacerebbe se io lasciassi la Ferrari?
– Io voglio
soltanto vederti in pista e, se possibile, vederti vincere. Peccato che
quest’anno il campionato abbia preso questa piega e che Button abbia vinto e
stravinto quasi tutte le gare, finora, ma io conto su di te come campione del
mondo 2010.
– Eh,
magari, sarebbe bello – disse Felipe. – Però tutto sommato credo che avrai modo
di sorridere lo stesso, quando il prossimo mondiale finirà.
– Che cosa
vuoi dire? – gli chiese Milù.
– Anche di
questo ne parleremo più tardi.
Federica,
come colta da un dubbio improvviso, volle sapere da Felipe: – È vero che la
USf1 non riuscirà ad entrare nel prossimo campionato?
– Perché lo
vuoi sapere? – chiese Felipe, sorpreso.
– Non lo so,
prima ci è capitato di parlare dei team che entreranno nella prossima stagione
e Claudia si è messa a dire cose strane…
– Nulla di
strano sul fatto che la USf1 non entrerà. E, soprattutto, non aspettatevi
sorprese. Né la Virgin né la HRT saranno delle nuove Brawn GP, anzi, saranno
delle carrette assurde, specie la HRT.
Claudia
rimase a fissarlo a bocca spalancata.
– Vuoi dire
che anche tu hai visto nel futuro?
– Sì, Cla.
Quello che mi sorprende è che siate riuscite a vedere nel futuro anche voi. E
soprattutto, se avete visto nel futuro, mi sorprende che non sappiate perché
sono qui e che cosa voglio da voi.
– Oh, no,
non lo sappiamo affatto. Non riusciamo a capirlo. Nessuna di noi stava
guardando le qualifiche, oggi, a causa del nostro incontro, ma per quanto ne
sapevamo tu dovevi essere là a qualificarti per la gara di domani e non qui
seduto per terra di fianco a una gelateria chiusa per fallimento.
– Nella vita
non si può mai sapere che cosa ti accadrà. E io sono qui. Con voi.
Milù
intervenne: – Ora la sabbia scende più velocemente. Può essere che si fosse
inceppata?
– Niente
affatto – rispose Felipe. – È normale che scenda a quel modo. Se siamo in una
realtà parallela, non è detto che valgano le stesse regole che sulla realtà
“ufficiale”.
– Realtà
parallela? Sembra una di quelle storie di fantascienza senza né capo né coda…
– No, Milly,
non è una storia senza né capo né coda.
– Milly? Mi
hai chiamata Milly?
– Perché,
non posso? Se possono farlo i tuoi genitori e qualcuno dei tuoi amici, perché
non posso farlo anch’io?
– Certo che
puoi farlo. Solo, non sapevo che conoscessi questo diminutivo…
– Invece lo
conosco. Prima vi ho chiesto di raccontarmi le vostre storie, e mi sono reso
conto che già le sapevo. Arrivando in questa sorta di dimensione parallela ho
avuto la possibilità di conoscervi fin da subito, così come so che la Manor
diventerà Virgin, la Campos diventerà HRT, la USf1 non entrerà nel prossimo
campionato, la Toyota si ritirerà e…
Serena lo
interruppe: – La Toyota si ritirerà?
– Oh, certo.
E la Lotus entrerà. Ma nulla avrà a che vedere con la vecchia Lotus e sarà un
team malese.
Iole disse:
– Parlavi di dimensione parallela. C’è un modo per uscire da questa dimensione
parallela e ritornare a vivere tutti la nostra realtà?
– Dipende da
che cosa intendi – rispose Felipe. – Sappi che, in ogni caso, quando la sabbia
avrà finito di cadere, la vostra realtà vi verrà restituita. E vi ricorderete
ogni singolo istante che avete passato con me.
– E tu? –
chiese Iole. – Tu devi finire questa stagione e lasciarli tutti spiazzati. Noi
siamo tutte dalla tua parte, ti vogliamo vedere sul gradino più alto del podio!
– Per questo
credo che sarà necessario aspettare parecchio.
– Intendi
per via dell’inferiorità rispetto a Brawn e Redbull? Attenderemo.
– Ci sono
altre cose di cui tenere conto, ma non importa. Sono sicuro che aspetterete
senza problemi.
– Oh, certo
– dichiarò Serena. – Per te questo e altro.
– La cosa mi
dà molto sollievo – disse Felipe. – Come ho già avuto modo di dirvi, sono
felice che siate capitate proprio voi a dover decidere del mio futuro. So che,
qualunque decisione prenderete, sarà quella giusta.
– Sono
felice che tu dica questo di noi dopo così poco tempo – rispose Milù. – È un
onore sapere che ti fidi di noi.
– Come vi ho
detto, è come se vi conoscessi da sempre. Sapevo tutto di voi prima ancora che
me ne parlaste, e questo significa tanto. So che se state dalla mia parte non è
solo per amore per la Ferrari, che ve ne importa relativamente…
Milù lo
interruppe: – Per quanto mi riguarda, della Ferrari non me ne importa proprio
nulla! Io starei dalla tua parte anche se arrivassi sempre ultimo su una Toro
Rosso! L’ammirazione che ho per te non dipende dal colore della tuta che porti,
tu vieni prima di ogni team.
– …Stavo
dicendo, so che mi fido di voi. Ed è per questo che tra poco dovrete passare a
una fase successiva.
– Ovvero? –
chiese Claudia.
– Nulla di
troppo complicato, Cla. Dovete portarmi in giro per la città, in un posto da
cui io, da solo, non conoscendo le strade, non sia in grado di tornare
autonomamente al luogo in cui ci siamo incontrati. Se devo tornare là, per
tornarmene poi alla mia vita, deve essere soltanto grazie a voi, perché voi lo
volete.
– Ma noi non
ti riporteremo là – disse Serena. – Io, piuttosto che rivederti in pista,
preferisco averti con me! Magari risvegliarmi ogni mattina accanto a te.
– Ti
ricordo, approfittandone per ricordarlo anche a tutte le altre, che c’è
Raffaela che mi aspetta, nel mio mondo.
– Eh, già, a
quanto pare Raffaela è molto meglio di noi…
– Ragazze,
se l’ho sposata un motivo ci sarà! Adesso potete decidere del mio futuro, ma
non potevate farlo il giorno del mio matrimonio.
Sorrise. Un
sorriso radioso, nonostante sembrasse fatto di nulla. Il tempo era trascorso,
ma Felipe era ancora circondato da un alone di immaterialità.
5.
– Allora,
ragazze, dove mi portate? – chiese Felipe, alzandosi in piedi.
I suoi jeans
erano pieni di erba secca e a Claudia sfuggì una risatina. Quando si alzò a sua
volta, però, ebbe modo di notare che anche la sua gonna si era riempita di fili
d’erba.
– Aspetta,
te li tolgo – disse Felipe. Le si avvicinò e cercò di pulirle la gonna come
meglio poteva.
Claudia
rabbrividì, nel momento in cui Felipe sfiorava le sue gambe.
– Ti prego,
resta con noi. Non tornartene dove devi andare. Che cosa ce ne importa se
questa è una realtà parallela? Pur di averti qui con me, io sono felice di
stare in una realtà parallela.
– Non è
facile come puoi credere. Come ti ho detto, quello che stiamo vivendo ora
finirà in ogni modo allo scadere del tempo che abbiamo a disposizione. L’unica
variante è come finirà.
Sorrise e
fece cadere a terra l’erba che aveva sui pantaloni. Poi si avvicinò di scatto a
Milù, la afferrò per un braccio e la sollevò. La ragazza, spiazzata, per poco
non cadde. A cadere fu però la clessidra.
– Allora, tu
che sei la mia autista, dove mi porti? – le chiese Felipe.
– Dove vuoi
– rispose Milù. – Sei tu che dai gli ordini, oggi pomeriggio.
– Mi dispiace,
cara, ma io non conosco questa città. Quindi per me una strada vale l’altra.
Si chinò a
raccogliere la clessidra.
– Questa non
dobbiamo dimenticarcela, okay?
– Okay.
Anche
Serena, Iole e Federica si alzarono in piedi, togliendosi l’erba secca dai vestiti.
– Direi che
possiamo tornarcene alla macchina – confermò Milù. – Aspettate, però, mi è
venuta un’idea…
Senza
nemmeno preoccuparsi dell’erba che le era rimasta sui pantaloncini, frugò nella
borsa alla ricerca del suo telefono cellulare così scassato. Mentre apriva lo
sportellino, questo rischiò di staccarsi dal resto, ma per fortuna rimase
attaccato. Milù premette il pulsante che indirizzava verso la fotocamera
digitale e disse: – Mettetevi tutti vicini. Ci vuole una foto per celebrare
l’evento. Non ci capita tutti i giorni di incontrare Felipe Massa!
Claudia
obiettò: – Dato che io l’ho sognato stanotte e sono stata io a darvi questo
appuntamento, vorrei per prima cosa una foto dove ci siamo solo io e lui.
Si mise
vicina a Felipe, tenendolo tutto per sé abbracciandolo.
Milù mise a
fuoco e scattò. Sorpresa inaspettata: l’unica cosa che le comparve sul display
era una fotografia del giardino maltenuto che c’era alle loro spalle. “Forse ho
inserito lo zoom e ho inquadrato qualcos’altro” si disse la ragazza, poco
convinta, notando che oltretutto l’orologio segnava un orario quantomeno
improbabile. Com’era possibile che fossero passati soltanto quattro minuti dal
momento in cui lei e le amiche avevano raggiunto Claudia nel parco della via
del mercato? No, c’era qualcosa che non quadrava.
– Questo
arnese mi sta abbandonando, credo – disse. – Riprovo comunque a fare un’altra
foto.
Riprovò, ma
il risultato fu lo stesso.
– Va beh, ci
penso io con il mio – intervenne Federica.
Provò a
svolgere la stessa operazione e, nonostante il suo telefono fosse perfettamente
intatto e la fotocamera digitale avesse sempre funzionato che era una
meraviglia, l’immagine che catturò fu la medesima.
– Com’è
possibile? – commentò Federica. – Non riusciamo a fare foto. O meglio, le facciamo,
ma noi non veniamo, nell’inquadratura.
Felipe, con
aria perplessa, rispose: – Probabilmente è sempre per il fatto della realtà
virtuale. Credo proprio che sia impossibile fare foto. Nessuna fotocamera può
rilevare la nostra immagine…
– Oh, no! –
esclamò Claudia. – Adesso Graziana non ci crederà mai, quando le racconteremo
di averti incontrato!
– Graziana?
– chiese Felipe.
– È una
nostra amica, anche lei tua fan – rispose Claudia. – Volevo dirle che ti avevo
incontrato, sarebbe stata felicissima… E invece niente!
Felipe le
domandò: – Non ti basta essere tu a sapere di avermi incontrato? Che bisogno
c’è che lo sappiano anche gli altri?
– Ma non era
per darmi delle arie… Era solo perché sarebbe stata felice di saperlo…
– Ma io
voglio che sia tu ad essere felice di saperlo. Tu, Iole, Sere, Milù e Fede.
Claudia
sorrise.
– È così
strano che tu sia qui… Davvero, non riesco a capire.
– Se ti può
consolare, nemmeno io riesco a capire – le confidò Felipe. – Se le cose
andassero per il verso giusto, a questo punto non sarei qui. Credevo che non
sarebbe accaduto nulla, invece quel presagio si è avverato…
– Presagio?
– domandò Claudia.
– Stanotte
ti ho sognata – le rivelò Felipe.
Le altre
ragazze si fecero interessate.
– Tu hai
sognato Claudia? – intervenne Serena. – Ma non è possibile! Tu la sognavi
mentre lei sognava te?
– Io non
sapevo che Claudia mi stesse sognando – disse Felipe. – Soltanto oggi, quando
mi sono staccato dalla mia realtà e sono precipitato qui, ho capito che quello
che mi aveva detto nel sogno era vero.
Claudia gli
chiese, con voce strozzata: – Che cosa ti ho detto nel sogno? Spero niente di
brutto…
– Diciamo
che potevo avere notizie migliori – rispose Felipe. – Non ci ho creduto fino
all’ultimo. E poi, quando ho sentito che mi stavo allontanando dalla mia realtà
e precipitando in un’altra dimensione, ho capito che era tutto vero. Che da lì
a una frazione di secondo sarebbe accaduto ciò che mi avevi annunciato e che il
mio destino è nelle tue mani. Nelle vostre mani. Basterà che una di voi mi riaccompagni
nel luogo in cui ci siamo incontrate, e tutto andrà come già so.
– Immagino
che con questo tu intenda dire che vivrai quel futuro che già conosci – disse
Milù.
– Proprio
così – confermò Felipe. – Purtroppo, però, quando tornerò nella mia realtà, non
ricorderò niente di quel futuro che già ho visto. Voi, invece, vi ricorderete
ogni cosa che vi dirò. Così indubbiamente ricorderete che i nuovi team saranno
Lotus, Virgin e HRT, che la Toyota si ritirerà…
– Vuoi dire
che quando te ne andrai non ce lo dimenticheremo? – chiese Federica.
– Proprio
così. Non dimenticherete né questo né me. Ah, se volete saperlo, non fidatevi
dei rumours sul ritiro della Renault. Soltanto la BMW e la Toyota si
ritireranno a fine stagione. Ma la BMW verrà rilevata dalla Sauber.
Claudia
esclamò: – Ma è fantastico! Il team con cui hai debuttato tornerà ufficialmente
in Formula 1! Dì un po’, chi saranno i piloti? Per caso qualcuno che ha il tuo
stesso charme?
– Non so che
charme abbia Kobayashi secondo te, comunque lui verrà confermato agli inizi del
2010 – disse Felipe. – E come compagno di squadra avrà De La Rosa.
– De La
Rosa? – chiese Milù, sorpresa. – Ma se non corre da anni!
– De La Rosa
sarà alla Sauber la prossima stagione.
Claudia
osservò: – Mi fa uno strano effetto pensare a De La Rosa con la tuta blu della
Sauber indosso…
– Tuta blu?
Niente affatto. La Sauber non sarà più blu come una volta. E soprattutto non
sarà più sponsorizzata dalla Petronas.
– Stai
scherzando? – chiese Federica. – Non ci credo.
– Niente
affatto. La Petronas andrà a sponsorizzare la Mercedes. Ah, a proposito di
Mercedes, vi svelo in anteprima una notizia che farà venire un colpo a tutti i
ferraristi. Quindi, ragazze, se siete ferrariste sfegatate, potreste morire
all’istante…
Milù lo
rassicurò: – Nessuna di noi è ferrarista al punto tale da morire. Per quanto
riguarda la Mercedes, però, c’è una cosa che non mi è chiara…
– Lo
immaginavo. Ti dico subito come stanno le cose: entrerà al posto della Brawn
GP. E la Brawn GP vanterà il singolare record di avere conquistato, in un unico
anno di attività, sia il titolo piloti sia il titolo costruttori.
Claudia
esclamò: – Quindi Button vincerà il mondiale!
– Passi
subito alle conclusioni – osservò Felipe. – Chi ti dice che il mio amico
Rubinho non possa avere qualche chance?
– La realtà.
Button quante gare ha vinto finora? La maggior parte. E Barrichello nessuna.
– Stai
tranquilla, anche Barrichello salirà di nuovo sul gradino più alto del podio.
Claudia fu
felice della notizia.
– Sai,
Felipe, Rubens è il mio pilota preferito, dopo di te, naturalmente. È stato uno
dei miei idoli e ancora adesso spero che possa ottenere dei buoni risultati.
Sono felice di sapere che vincerà qualche gara. Ma il mondiale lo vincerà
Button, vero?
– Eh sì, ci
hai visto giusto.
– Lo immaginavo.
Ha dominato la stagione, finora, e probabilmente continuerò a dominare.
Felipe negò.
– Su questo
hai visto male. Button non vincerà più una gara, da qui alla fine della
stagione. Però ne vincerà qualcuna il prossimo anno quando sarà in McLaren.
Serena
intervenne: – Button in McLaren? E che razza di novità sarebbe?
– È un dato
di fatto – rispose Felipe. – Button vincerà il titolo e poi andrà in McLaren.
– E alla
Brawn? – chiese Claudia. – Resterà Barrichello? Ti prego, dimmi che resterà, io
lo voglio vedere in Formula 1 per qualche anno ancora…
– E lo
vedrai – confermò Felipe. – Ma non alla Brawn GP. Alla Williams. E otterrà
anche qualche buon risultato, il prossimo anno.
– Ne sono
felice.
– E per
quanto riguarda la Brawn GP, sarà rilevata dalla Mercedes, come già vi ho
detto. Siete pronte per la notizia del secolo?
Le ragazze
annuirono.
– Ebbene,
vedrete il mio caro amico Michael in Mercedes, il prossimo anno – dichiarò
Felipe.
Milù scoppiò
a ridere.
– Inventati
una notizia migliore, se vuoi prenderci in giro. Ma chi ci crede che Schumacher
torna a correre? Se lo inventano soltanto i siti internet il primo aprile. Ma
se non vado errata il primo aprile è già passato da quasi quattro mesi, ormai.
– Esatto,
non siamo ad aprile ma a luglio, per cui non sto affatto scherzando. Schumacher
tornerà alle competizioni. Fortunatamente su quattro ruote anziché due. Ah, per
la cronaca, in Mercedes oltre a lui ci sarà Rosberg.
– E la
Mercedes che risultati avrà? – chiese Federica. – Come la Brawn quest’anno?
– Niente affatto
– rispose Felipe. – Riuscirà ad ottenere un paio di terzi posti, nulla di più.
Non sarà particolarmente eccezionale.
– A
proposito, veniamo a notizie più interessanti – disse Claudia. – E anche più
immediate. Quest’anno il mondiale ormai è andato, ma sei proprio sicuro che non
ti vedremo sul gradino più alto del podio?
– Sicuro al
cento per cento.
– Nemmeno in
Brasile?
– Ehm, no,
per niente. Purtroppo in Brasile non sarò il primo a passare sotto la bandiera
a scacchi. Anche se pare che la sventolerò.
– Sarebbe a
dire?
– Solo il
tempo ti darà questa risposta, Cla.
Claudia
annuì, senza capire.
Felipe
aggiunse: – Però, per fare felice la parte ferrarista che è in voi, vi avverto
che Raikkonen vincerà una gara. In Belgio.
– Wow, ma è
fantastico! – esclamò Federica.
Milù non
sembrava altrettanto soddisfatta.
– Che c’è,
Milù, non sei contenta? – le chiese Felipe.
– Sapere che
un pilota della Ferrari vincerà una gara non ha il potere di rendermi
automaticamente felice. A meno che il pilota in questione non sia tu.
Felipe
sorrise.
– Purtroppo
non sarò io. Ah, ragazze, se volete vincere dei soldi, per quanto riguarda il
Belgio scommettete su una pole position di Fisichella con la Force India.
Claudia
esclamò: – Stai scherzando?!
Serena
aggiunse: – Nessuna di noi fa scommesse, però Claudia ha sognato che Fisichella
avrebbe ottenuto una pole.
– La otterrà
– confermò Felipe.
– E anche
Milù ne ha parlato. Stava parlando in astratto, ma ne ha parlato…
– Si tratta
sempre della realtà virtuale in cui siamo precipitati. Non eravate ancora qui
presenti, prima, non eravamo presenti, però già sapevamo qualcosa. Tu, Claudia,
soprattutto. Ma sono sicura che, in fondo al cuore, anche le tue amiche sanno
perché sono qui.
– Ti sbagli
– disse Claudia. – Io non so nulla.
– L’hai rimosso,
Cla. L’hai rimosso perché eri impegnata a decifrare quello che ti stavo
comunicando io. Solo che tu sei stata più lungimirante di me: hai creduto alle
mie parole, mentre io, nel sogno che ho fatto stanotte, non ho creduto alle
tue.
– Ed è
cambiato qualcosa? – gli chiese Claudia. – Sarebbe stato diverso se tu mi
avessi creduto?
– Non lo so.
Forse sì, ma non credo, dopo tutto. Non avrei avuto abbastanza indizi per
capire come evitare che accadesse quello che sta per succedere. Ma ti assicuro
che sarebbe andato tutto molto diversamente, se io non avessi trovato te e le
tue amiche ad aspettarmi. Specie se non avessi trovato nessuna di voi.
– Che cosa
vuoi dire? – gli domandò Iole. – Che noi siamo determinanti per te, oggi?
– Sì, lo
siete – rispose Felipe. – Voi mi avete accolto, quando sono arrivato, e mi
avete portato con voi. Non so ancora se mi restituirete alla mia vita, ma so
che, in ogni caso, mi fiderò di voi, qualunque cosa accada.
– Mi fai
commuovere, Felipe – disse Claudia. – Davvero, credo che presto scoppierò a
piangere…
– Non farlo,
Cla. Non adesso, almeno.
– Ma senza
dubbio piangerò quando te ne andrai.
Felipe
abbassò lo sguardo.
– Possiamo
lasciarti un nostro ricordo? – gli domandò Serena. – Intendo dire, quando te ne
andrai. So che non è tanto, ma potrei attaccare alla tua maglia il fermaglio
che ho nei capelli. Così ti costringeresti a chiederti com’è finito lì. E forse
ti ricorderesti di me…
– Questo
purtroppo non è possibile.
– Allora –
decretò Serena, – Di certo non ti riaccompagneremo al parco della via del
mercato. È fuori discussione! Se non c’è altro modo per far sì che tu possa
ricordarti di noi, ti terremo con noi. Tu devi rimanere con noi!
Felipe
sorrise, ma il suo non era un sorriso felice.
– Non
possiamo essere così egoiste – disse Milù. – Felipe ha una famiglia, un figlio
che nascerà tra qualche mese… - A proposito, Felipe, quando sarà il lieto
evento? - Non possiamo costringerlo a rimanere con noi, che fino a mezz’ora fa
eravamo delle estranee per lui!
– Felipinho
nascerà il primo dicembre – rispose Felipe. – Comunque è strano che tu parli di
mezz’ora. Il tempo in questo momento non lo stiamo misurando con le ore e con i
minuti, ma con la clessidra che hai in mano.
Milù posò
gli occhi sull’oggetto che Felipe le aveva consegnato.
– Ma in
qualche modo, per il resto del mondo, il tempo sta scorrendo come se nulla
fosse. Non posso credere che il mondo si sia fermato per noi.
– Il mondo
non si è fermato per noi – le disse Felipe.
Intendeva
dire che forse soltanto per loro era possibile che una frazione di secondo
durasse quanto il tempo necessario alla sabbia per scendere giù, ma le ragazze
non capirono. Decise che non aveva importanza, in quel momento.
– Allora,
andiamo alla macchina? – chiese, facendo per avviarsi verso l’uscita dal giardino
abbandonato.
– Certo –
rispose Milù. – Mi farà uno strano effetto portarti in giro sulla mia macchina.
Che ne dici, Felipe, vuoi guidare tu?
– Oh, no,
non posso guidare la tua macchina – disse Felipe.
Claudia
intervenne: – Tu, Felipe, vieni a sederti dietro. Davanti si mette Fede, e tu
vieni a sederti dietro insieme a me, Iole e Sere. Non avevo mai pensato che
potesse essere così emozionante stare in quattro sul sedile posteriore di una
Punto. Sarà davvero stupendo!
Federica
intervenne: – Non vedo perché dovrei mettermi davanti proprio io! Stacci tu
davanti, Cla, ci voglio stare io vicina a Felipe e magari sedermi in braccio a
lui!
– Eh, no, tu
non stai seduta in braccio a Felipe! Sono io che l’ho sognato, lui ha sognato
me… e quindi devo starci io!
– Appunto
che l’hai sognato… Qualcosa lascialo anche a me! È da tutto il giorno che sono
in giro sotto al sole per via dei tuoi sogni. Avrò almeno diritto a una
ricompensa, non credi?
Si avvicinò
a Felipe e lo abbracciò, facendogli gli occhi dolci.
– Vieni a
sederti dietro con me, vero?
Claudia
afferrò Federica per un braccio e la allontanò da Felipe.
– No, vieni
con me! – disse al ragazzo.
Felipe fece
per dire qualcosa, ma fu interrotto dalle parole di Federica: – Non se ne parla
proprio! IO VOGLIO STARE DIETRO, VICINA A FELIPE!
Claudia
replicò: – Questo se permetti non spetta a te deciderlo. Sono io la preferita
di Felipe, se questa notte eravamo insieme!
Felipe,
notando che la frase poteva essere equivoca, precisò: – Io ero nei sogni di
Claudia, lei nei miei. È questo che s’intende.
Federica gli
fece notare: – Non c’era bisogno che lo dicessi, è chiaro che tu stanotte non
eri materialmente con Claudia.
– Anche
perché se no – disse Claudia, ridendo, – Non stavo certo a chiamarvi alle
quattro di notte. Anzi, non vi avrei chiamate per niente!
– Comunque
Felipe ora si siede vicino a me – ripeté Federica. – Secondo me la sua
preferita sono io…
– Te lo
scordi. Felipe è mio!
Serena e
Iole, che avevano assistito alla scena ridendo, decisero di intervenire.
– Non ho
capito perché la preferita di Felipe dovrebbe essere una di voi – disse Iole.
– Infatti –
concordò Serena. – Per quanto ne sapete, la sua preferita potrei anche essere
io…
– Sognate,
sognate – disse Claudia. – Felipe, è vero che la tua preferita sono io?
E Federica:
– Felipe, è vero che Claudia si sta sbagliando e che sono io?
Milù,
intanto, guardava preoccupata la sabbia che scendeva, con fare sempre più
veloce, anche se di poco. Fortunatamente c’era ancora tanta sabbia che doveva
calare e vi erano buone speranze che quella situazione durasse il più a lungo
possibile. Certo, trovava che Claudia e Federica avrebbero anche potuto
smettere di litigare per decretare chi tra loro fosse la favorita di Felipe, e
in effetti sperava che la finissero in fretta… Ma loro sembravano non avere
intenzione e ora era Claudia che stava abbracciando Felipe, mentre Federica
tentava di allontanarla da lui.
Ma Claudia
continuava a ripetere: – FELIPE È MIO!
Federica
replicò: – Perché non lo chiedi a lui, se si ritiene tuo? A questo punto posso
dirlo anch’io, che FELIPE È MIO!
Felipe
tagliò corto: – Basta, ragazze! È inutile che litigate per me, perché tanto lo
sapete che il mio cuore appartiene a Raffaela. E per quanto riguarda chi deve
sedersi davanti e chi dietro, ho un modo per risolvere il problema.
– Davvero? –
chiese Claudia. – Spero che non sia mandare me davanti.
– E nemmeno
me – disse Federica. – Ho voglia di sedermi in braccio a te.
– Ci vado io
davanti – rispose Felipe. – E se vuoi sederti in braccio a qualcuno, siediti pure
in braccio a Cla!
Milù
esclamò: – Finalmente possiamo andare?!
– Direi di
sì – disse Felipe. – Piuttosto, la clessidra com’è messa?
Milù gliela
mostrò.
– C’è ancora
tempo. Meglio così. Queste due non mi hanno fatto perdere troppo tempo.
Il suo tono
era fintamente brusco, ma in realtà il suo sguardo dimostrava che tratteneva a
stento il suo splendido sorriso.
Felipe e le
ragazze si avviarono, sotto il sole di luglio. Lentamente la sabbia continuava
a scendere, mentre in quel pezzo di mondo nulla sembrava muoversi.
6.
– Fa ancora
più caldo – osservò Iole, mentre percorrevano il lungo tratto di strada che li
separava dall’automobile.
– Non vedo
l’ora che venga l’inverno – disse Claudia, distrattamente. – Ne ho abbastanza
di questo caldo torrido.
Gli altri
rimasero in silenzio, con aria apparentemente pensierosa. Anche Iole e Claudia,
dopo quel rapido scambio di battute, tacquero. Finché fu Federica a rompere il
silenzio.
– Senti un
po’, Felipe, dato che conosci il futuro, il campionato alternativo siamo sicuri
che non ci sarà?
– Ma quale
campionato alternativo! – ribatté Felipe. – Stai scherzando? Ci sarà un
campionato solo. Come sempre.
– Questo mi
pareva chiaro – disse Claudia. – Mi è sempre stato chiaro.
– Quindi
immagino che tu non abbia fatto parte della gran parte di appassionati
preoccupati dall’idea che la Ferrari potesse uscire dal mondiale e partecipare
a un altro campionato…
Milù
intervenne: – Piano con questo discorso. Non si tratta solo della Ferrari. In
pratica pareva che nel campionato 2010 dovessero rimanere solo Williams, Force
India e scuderie campate in aria e uscite dal nulla. A proposito della Force
India, non fallirà quindi?
– Oh, niente
affatto. Anzi, farà addirittura dei progressi. Diciamo che sarà più o meno una
scuderia da mezza classifica.
Iole guardò
Felipe con la bocca spalancata per lo stupore.
– Cioè
intendi dire che quella carretta otterrà dei miglioramenti? Ma scusa, quindi se
la Force India migliorerà, chi arriverà ultimo in tutte le gare?
– Il nome di
per sé immagino che ti dica poco, ma si tratta della solita HRT di cui abbiamo
avuto modo di parlare. A proposito, ragazze, se qualcuna di voi è una
sostenitrice di Sakon Yamamoto, può apprestarsi a festeggiare: a luglio
dell’anno prossimo lo vedrete ricomparire al volante di una HRT.
– Oh, che
gioia! – esclamò Milù, con spiccata ironia. – Yamamoto è sempre stato il mio
idolo… A proposito di 2010, come andrà a finire il rientro di Villeneuve?
Tornerà anche lui?
– Quello
purtroppo no.
Milù non
riuscì a mascherare un’espressione di trionfo.
– Non ti
piace Jacques? – le chiese Felipe.
– Te lo
confesso, per niente – rispose Milù. – Sono sempre stata allergica alla sua
presenza, diciamo. E anche alla presenza di Yamamoto. Sulla HRT a mio parere
dovrebbe rimanerci Chandhok per tutta la prossima stagione.
– Chi è
Chandhok? – domandò Iole. – Non è per caso uno della GP2 con le sopracciglia
estremamente folte?
– Sì, e
passerà in Formula 1 l’anno prossimo alla HRT. – La ragazza rimase pensierosa
per un attimo. – Ehi, ma come faccio a sapere queste cose? In linea teorica io
non conosco il futuro. Anzi, non solo in linea teorica. Per esempio non ho
alcuna informazione certa su Michael in Mercedes… Non so come faccio a sapere
di Chandhok alla HRT.
Federica
propose: – Forse è l’effetto Chandy.
– Può darsi.
– A
proposito – disse Iole, – Dato che sai dell’arrivo di Chandhok in Formula 1,
sai per caso se si sfoltirà un po’ le sopracciglia?
Milù rise.
– Non credo
che questo accadrà mai.
– Infatti
non accadrà – confermò Felipe. – Comunque, ragazze, se continuate così divento
invidioso. Ci sono io qui con voi, non uno qualsiasi dei miei colleghi, quindi
non vedo perché dobbiate parlare sempre e solo di Chandhok.
– Esatto,
parliamo di te – disse Claudia. – Ci hai rivelato che sarà Button a vincere
questo campionato. Quindi per vedere il tuo nome nell’albo d’oro dovremo
aspettare fino a novembre 2010. Ma il titolo arriverà, immagino…
Felipe negò.
– Non sarà
una gran stagione per me. Diciamo che ho visto giorni migliori.
– Tipo oggi?
– gli chiese Claudia con un radioso sorriso.
– Mhm…
diciamo che anche oggi non è uno dei miei giorni migliori. Non per voi
naturalmente, ma per il resto.
– Va beh,
comunque… Io pensavo che avresti vinto il titolo tu, nel 2010. Sei proprio
sicuro che non ci siano possibilità?
–
Sicurissimo. Come ho già detto, sarà una stagione difficile. Dovrà passare un
anno a partire da adesso prima che io possa anche solo immaginare di poter
vincere una gara… Una gara che non finirà come sperate.
– Cosa
intendi dire? – chiese Serena.
– Lasciamo
stare – rispose Felipe. – Se ci penso adesso, mi dico che è impossibile, che io
non farei mai quello che farò tra un anno. Eppure, a quanto pare, accadrà.
– Si tratta
di destino? – volle sapere Serena.
– Non
parlerei esattamente di destino. Diciamo che oggi, quando per me il tempo si è
fermato, o forse è semplicemente cambiata la percezione che ne ho io, ho avuto
modo di scoprire che cosa accadrà nel futuro. Non mi sono spinto oltre il 2010,
non voglio vedere così a fondo. Forse potrei vedere cose spiacevoli, e
preferisco non conoscerle in anticipo, quelle. Anche se, a dire la verità,
tutto quello che so ora lo dimenticherò quando tornerò alla mia realtà, quindi
non mi farebbe molta differenza. Diciamo forse che non volevo vedere eventuali
cose spiacevoli in questo momento. E soprattutto, se decideste che non posso
tornare alla mia vita, vorrei continuare a illudermi che comunque qualcosa di
buono l’avrei combinato.
Felipe
sorrise lievemente.
– Lasciamo
da parte i discorsi filosofici – disse Claudia. – Hai detto che non vincerai il
titolo, la prossima stagione. Allora chi lo vincerà?
Prima che
Felipe potesse rispondere, Iole intervenne: – Mi sembra chiaro. Lo vincerà
Fernando.
A questo
punto Felipe scoppiò a ridere.
– Eh, no,
qui ti sbagli di grosso – rispose. – All’ultima gara, quando sembrerà che il
titolo si decida tra lui e Webber, sarà Vettel a recuperare quindici punti e a
diventare campione del mondo. Il più giovane campione del mondo di sempre.
– Va beh,
dai, non è male – osservò Federica. – Tutto sommato Vettel mi piace, come
pilota. Credo che, per celebrare la sua vittoria del titolo, potrei lasciargli
un po’ di spazio nel mio avatar e nella mia firma su forumcommunity…
– Anche a me
piace Vettel – disse Milù. – E poi siamo più o meno della stessa generazione,
lui è dell’87 e io dell’88… Finalmente dimostrerà al mondo che i miei coetanei
trionferanno, prima o poi!
Felipe
ribatté: – Ragazze, non celebrate troppo la cosa. Capisco se vi avessi detto
che sarò io a vincere il titolo, però fare tutti questi commenti su Vettel mi
pare un po’ esagerato.
– Non sarai
invidioso? – gli chiese Federica. – Guarda che sono sicura che Seb mi avrebbe
presa in braccio, non come te che ti sei rifiutato.
Claudia la
fulminò con lo sguardo.
– È fuori
discussione, se qualcuna di noi deve sedersi in braccio a Felipe quella sono
io!
Federica
stava per replicare, ma Felipe la mise a tacere: – Non ricominciate, se no
appena saliamo in macchina vi butto giù entrambe dal finestrino. In ogni caso,
Fede, non osare paragonare Sebastian a me. Lui non lo incontrerete mai in una
realtà parallela!
–
Sopravvivremo anche senza – disse Federica. – Diciamo che, per il momento, ci
basti tu. Piuttosto, sei sicuro di quello che hai detto prima?
– A che cosa
ti riferisci, nello specifico?
– Ai
quindici punti che Sebastian recupererà in una gara. È impossibile, dato che al
vincitore vanno dieci punti.
– Sogna,
sogna… Credi che Bernie riuscirà a resistere alla tentazione di stravolgere il
sistema di punteggio?
– Oh, non mi
dire che ci metterà lo zampino Bernie… Che cosa farà esattamente?
Felipe la
rassicurò: – Niente di che. Semplicemente i punti andranno fino al decimo
classificato e il vincitore ne prenderà venticinque. Tipo il motomondiale.
– Non
pronunciare termini profani – ribatté Milù. – Il motomondiale è profano
rispetto alla Formula 1, non puoi paragonare le due cose!
– A volte il
motomondiale e la Formula 1 si fondono – le ricordò Iole. – Prendi Valentino e
i suoi test in Ferrari.
– Per lungo
tempo ho pensato che non ci fosse niente di peggio che questa mescolanza tra
due e quattro ruote – ammise Milù. – Credevo che Valentino Rossi al volante di
una formula 1 fosse particolarmente stonato. Credevo che vedere Rossi su
quattro ruote fosse la cosa più allucinante che poteva accadere nel mondo dei
motori.
– E poi? Hai
cambiato idea?
– Sì, sì.
C’è ben di peggio. Tipo Schumacher su due ruote, per citare un esempio.
Serena rise.
– Ragazze,
ma quanta strada c’è ancora per arrivare alla macchina? – domandò Felipe,
all’improvviso.
– Con questo
passo da processione – rispose Milù, – Di tempo ce ne vorrà ancora tanto.
– E la
clessidra? Com’è messa?
La ragazza
si affrettò a mostrargliela.
– Che ne
dici, Felipe? Dobbiamo andare più in fretta?
– Oh, no.
Per il momento mi pare di capire che c’è ancora parecchio tempo che possiamo
trascorrere insieme.
– Immagino
che tu ne sia felice.
– Sì, certo,
ma devo ammettere che non mi dispiace così tanto guidare una Ferrari F2009. In
un certo senso, avrei preferito continuare a svolgere quell’attività senza
intoppi. Ma mi dovrò accontentare di voi. E senza dubbio sarete voi ad essere
ben più felici di me, ora che mi avete qui.
– Su questo
non ci sono dubbi, è chiaro che siamo felici. Toglimi una curiosità, però. Tu
ti sei staccato dal tuo mondo mentre eri in pista, mi sembra di capire.
Felipe
annuì.
– Che ne è
stato di te, allora? – gli chiese Claudia.
– Già,
appunto – disse Iole. – Ci devi delle spiegazioni, mi pare.
– Sì, può
darsi – rispose Felipe. – In ogni caso non preoccupatevi, nessuno si accorgerà
della mia assenza.
– Dì un po’,
Felipe, in realtà non eri più in pista. Sei uscito in Q1 e in questo momento
risulti essere nascosto nel tuo privé per non incontrare i giornalisti.
– Per chi mi
hai preso? – le chiese Felipe. – Non sono Raikkonen, da nascondermi per evitare
le interviste! In ogni caso, no, non sono uscito in Q1.
– Anche
perché – ricordò Serena, – In Q1 sono andati fuori Kubica, le due Force India e
le due Toro Rosso.
– Scusa, ma
tu hai seguito parte delle qualifiche? – le domandò Felipe, sorpreso.
– Niente
affatto – disse Serena. – Solo che i miei vicini a quanto pare sono sordi e
mentre aspettavo davanti a casa tenevano il volume al massimo. Impossibile non
sentire, a meno di avere i tappi nelle orecchie. E io non li avevo. Però ho sentito
soltanto chi era uscito in Q1, nient’altro. Forse qualche statistica che
Mazzoni stava elencando, ma non ricordo bene. Per quanto ne so, tu potresti
benissimo non avere nemmeno preso parte a quella qualifica. Anzi, tutto sommato
è la cosa che ritengo più probabile.
Felipe le
chiese: – Pensi che la Ferrari potrebbe fare a meno di me?
– Se fossi
io a dirigere no di certo – rispose Serena. – Però sta di fatto che tu sei qui,
non in pista. E al tuo posto potrebbe tranquillamente esserci Badoer.
– Per quello,
temo che dovrai aspettare ancora un po’.
– Vuoi dire
che Badoer correrà per la Ferrari?
– Chi vivrà
vedrà.
– Non puoi
darci qualche anticipazione? E poi non era Fisichella che doveva correre in
Ferrari?
– Ne volete
sapere un po’ troppe, ragazze. Non vi basta sapere che Vettel vincerà il
mondiale il prossimo anno? E che Button lo vincerà quest’anno?
Claudia
rispose, sicura: – No, non ci basta.
– E va bene,
vi do un’altra informazione – si arrese Felipe. – Al gran premio del Brasile di
quest’anno, quando sarà ancora in lotta per il titolo, anche se distanziato da
Button di vari punti, Barrichello otterrà la pole position. Purtroppo però, in
gara non sarà molto fortunato, come spesso capita a Interlagos. Forerà anche
una gomma, a un certo punto, e perderà posizioni su posizioni. Proprio in
quell’occasione Button vincerà il titolo.
– Quindi
niente sfida entusiasmante fino all’ultima gara?
– Purtroppo
no. Ma ci sarà nel 2010. Vi consiglio di non perdervi il gran premio di Abu
Dhabi, il 14 novembre 2010.
Milù mostrò
per un attimo segni di preoccupazione.
– Novembre
2010, quando ci sarà il passaggio al digitale. E se per caso il passaggio è
proprio quella settimana e il 14 non è ancora venuto l’antennista a sistemare
l’antenna? Come farò?
Felipe la
rassicurò: – Lo switch-off sarà il 30 novembre, quindi avrai tutto il tempo per
il gran premio di Abu Dhabi.
Con un
sospiro di sollievo Milù gli domandò: – Scusa, ma conosci anche il futuro della
televisione italiana, oltre che il prossimo campionato di Formula 1?
Felipe
scoppiò a ridere.
– Eh, si può
dire che io sia molto informato su tutto…
Iole lo
interruppe: – Però non ci hai detto che ne è stato di te nella dimensione da
cui provieni. Vogliamo saperlo.
– Davvero
volete proprio svelare il mistero della mia presenza qui? – chiese Felipe. –
Pensavo che alla fine il vostro egoismo avrebbe prevalso. Pur di avermi con
voi, non vi sarebbe importato niente di sapere come sono arrivato qui. Credevo
che avreste preso la vostra decisione senza volere davvero sapere…
Claudia ribatté:
– Non fai che parlare della decisione che dovremo prendere come se fosse
qualcosa che può avere risvolti sconcertanti. Che cosa ci sarebbe di male se
scegliessimo di averti qui con noi? Potresti ricominciare una nuova vita, con
noi…
Felipe negò.
– Non è
così. Mi limiterei a diventare semplicemente, per voi, una specie di angelo
custode. Qualcuno che vi proteggerà quando sarete in difficoltà, ma che non vi
manifesterà la sua presenza materiale.
– In pratica
resteresti al nostro fianco senza farti vedere?
– Proprio
così.
– Ma saresti
sempre accanto a noi…
– Sì.
Federica
intervenne: – Quindi potresti essere tu a sederti in braccio a me, senza che io
me ne accorga.
– In un
certo senso sì – rispose Felipe. – Anche se, in teoria, dovrei essere io a
sostenere te anziché il contrario. A sostenere voi. Tutte voi.
Iole disse:
– Mi sembra di essere in una di quelle storie romantiche medievali. Solo che,
per fortuna, qui non siamo nel medioevo. Non avrei mai creduto di potere vivere
una simile situazione… Non faccio che dirmi che siamo state fortunate, se è
capitato proprio a noi.
– Sono
fortunato io, se mi siete capitate voi – disse Felipe.
– Eh,
modestamente noi siamo speciali…
Claudia
domandò a Felipe, a quel punto: – Se noi scegliessimo di tenerti con noi, ti
mancherebbe la vita che vivevi prima?
Felipe la
guardò a lungo.
– Davvero me
lo chiedi?
– Perché,
che cosa c’è di male?
– Niente. Ma
pensavo che l’avresti capita.
– Ti
mancherebbero le gare, vero?
– Sì,
immagino di sì. Ma soprattutto mi mancherebbe mio figlio, che ancora non ho
avuto modo di conoscere. E che dovrebbe illuminare quella vita proprio a
dicembre.
Un po’
confusa, Milù gli chiese: – E se noi scegliessimo di tenerti con noi, che ne
sarebbe di tutto quello che ci hai raccontato? Di Vettel campione del mondo
2010, di Alonso che perderà il mondiale all’ultima gara, del punteggio che
cambierà, la prossima stagione? Anche quello non si verificherebbe?
– Credo che
si verificherebbe senza di me – rispose Felipe. – Chissà, magari ci sarebbe
Fisichella al mio posto… Questo non lo so. Ma credo che l’esito del campionato
2010 non cambierebbe. Anche perché non potrò essere davvero decisivo. – Fece
una breve pausa. – Piuttosto, Milù, quella non è forse la tua macchina?
– Proprio
così.
– Ah, siamo
arrivati, quindi, finalmente.
– Così pare.
Erano
distanti dall’auto soltanto dieci metri, non di più. A poca distanza da loro
una scritta luminosa rossa su sfondo scuro annunciava la temperatura.
– Caspita,
ci sono quaranta gradi! – esclamò Serena.
Milù alzò
gli occhi verso l’insegna. Ormai la temperatura era scomparsa, lasciando spazio
all’orario: mancavano poco meno di venti minuti alle quindici. La ragazza non
vi fece molto caso, anche se una sensazione strana la invase. Preferì cercare
le chiavi dentro la borsa, rovistando in tutte le tasche presenti.
– Ah, ecco
dov’erano finite – osservò finalmente, dopo una minuziosa ricerca.
– Finalmente
salirò in macchina con te – disse Felipe. – Sarà un onore.
– Stai
scherzando? Sarà un onore per me averti come passeggero!
– Piuttosto,
trovo davvero carina la tua macchina… Complimenti!
– Oh, i
complimenti non li devi fare a me, ma ai miei genitori. Io avevo solo dieci
anni quando l’hanno comprata. E poi, soprattutto, è la prima volta che vedendo
una Punto del primo vecchio modello, oltretutto con un’ammaccatura per ogni
lato, qualcuno mi ha detto che ho una bella macchina!
Milù aprì le
portiere, con la clessidra che nel frattempo rischiò di cadere a terra, fece
salire le quattro ragazze sul sedile posteriore, costringendole a stringersi
parecchio, dopodiché anche lei e Felipe salirono a bordo.
– Ma quanto
è scomodo qui dietro! – esclamò Federica. – E se io me ne andassi davanti in
braccio a Felipe?
Felipe si
girò all’indietro, la guardò e sorrise.
– Eh, no,
dal primo momento che mi sono trovato un posto abbastanza comodo, non getto
tutto al vento per soddisfare te. – Iole, Claudia e Serena gli gettarono gli
occhi addosso, tanto che ci tenne a precisare: – E nemmeno nessun’altra verrà
in braccio a me.
– Ma stiamo
strette! – protestò Federica.
– Ci credi
che se venissi io lì dietro con voi, saremmo in cinque ma non direste che state
strette?
Milù sentì
qualcuno che rideva, forse tutti ridevano, sia Felipe sia le ragazze. Lei no,
nel momento in cui, mentre avviava l’automobile, si accorse di qualcosa che le
parve strano. L’orologio dell’auto era rimasto indietro, cosa alquanto
improbabile. Non si spiegava, in altro modo, come mai dovessero essere passati
soltanto pochi minuti dal momento in cui la macchina era stata parcheggiata, al
momento del loro arrivo. L’alternativa era che l’arrivo di Felipe avesse
interrotto lo scorrere del tempo, ma chiaramente così non poteva essere. Doveva
esserci una spiegazione logica, se non addirittura scientifica, a quanto stava
accadendo.
– Ehi, cara,
hai intenzione di rimanere ferma qui sotto il sole tutto il giorno? – le chiese
Felipe.
In effetti
si era limitata ad avviare la macchina senza lasciare il pedale della frizione,
da quanto era immersa in quegli strani pensieri.
“Devo
schiarirmi le idee” pensò, uscendo dal parcheggio. “Ma non adesso. Sarebbe
davvero una brutta figura, se per seguire i miei pensieri andassi a sbattere
contro qualcosa con tutta questa gente a bordo. E soprattutto con Felipe a
bordo.”
Milù si
concentrò sulla strada e su un posto in cui condurre Felipe. O meglio, tentò di
concentrarsi sulla strada. Più tentava di cacciare indietro gli strani pensieri
su Felipe e più gliene venivano. C’era qualcosa di poco chiaro in tutta la
situazione, o meglio, di chiaro non c’era proprio nulla, e una voce dal cuore
le diceva che doveva scoprire la verità. Anche se, qualcosa glielo suggeriva,
poteva anche essere poco piacevole.
7.
Ore 14,35
Il vecchio
bar del centro, dall’enigmatico nome FMI (nessuno sapeva quale fosse il
significato di questa sigla), era deserto. Soltanto il titolare, sua moglie e
la loro dipendente si trovavano all’interno del locale, in attesa che qualcuno
osasse uscire di casa nonostante i quaranta gradi di temperatura. In genere i
clienti non mancavano, soprattutto il sabato pomeriggio, ma quel giorno era
un’eccezione.
La dipendente,
che rispondeva al nome di Graziana, non distoglieva gli occhi dal televisore,
sintonizzato su Raidue. In quel momento erano in atto le qualifiche del gran
premio di Formula 1 di quel week-end, e in particolare la seconda sessione.
Anche il titolare era abbastanza interessato alla cosa, ma sua moglie lo stava
distraendo con un discorso filosofico. Parlava di sogni, e a Graziana parve di
ricordare che, quando qualche ora prima aveva telefonato a Claudia per
chiederle se la sera successiva voleva andare con lei al pub vicino a casa sua,
anche Claudia aveva farfugliato qualcosa di incomprensibile a proposito di
sogni. Di che cosa avesse parlato, non se ne ricordava affatto, e dopotutto non
le interessava neanche particolarmente. Almeno non in quel momento. I suoi
occhi erano fissi sul teleschermo, e le uniche emozioni che poteva provare in
quel momento erano quelle che le arrivavano attraverso le immagini e i suoni
che giungevano dal tubo catodico.
Intanto il
titolare e la moglie continuavano a parlare:
– Soltanto
nei sogni possono arrivare momenti in cui si viene proiettati da un luogo
all’altro in un istante. Si tratta di qualcosa di irreale.
– A volte i
sogni si confondono con la realtà. Quindi ciò che è irreale può diventare
reale. O almeno si può immaginare che lo sia.
– Sarà che i
sogni si confondono con la realtà… Comunque lasciamo stare, vado a raggiungere
Grazy davanti alla TV.
Graziana udì
i passi del titolare del bar che si avvicinava a lei.
– Allora? –
le chiese. – Come sta andando? Che cosa sta combinando Lewis?
Il titolare
aveva gusti decisamente diversi rispetto a Graziana. Lei, ferrarista convinta,
non riusciva a capire come potesse provare interesse per la McLaren e per Lewis
Hamilton. E soprattutto…
– Io ho
nominato Lewis, ma Hamilton mi interessa relativamente. Che cosa sta facendo il
vero genio della McLaren?
Il vero
genio della McLaren, secondo il suo parere, era Heikki Kovalainen. A Graziana
sfuggì una risatina.
– Perché
ridi, Grazy?
– Oh,
niente, lascia stare.
– Per il
fatto che Heikki ha 5 punti in classifica, vero? Sono tutte sciocchezze. È
tutta colpa della macchina. Kovalainen non è ancora riuscito a tirare fuori il
suo vero valore, in questa stagione. Mi ricorda incredibilmente Hakkinen,
entrambi sono finlandesi, sono stati tutti e due alla McLaren e sono due grandi
campioni…
– Hakkinen
di sicuro, ma Kovalainen…
– Grazy, tu
non puoi capire queste cose. Voi ferraristi siete ciechi, vedete solo chi sta
in Ferrari, non fate caso al talento di altri piloti.
– Stai
tranquillo che se Kovalainen venisse in Ferrari non noterei comunque il suo
talento…
– Stammi a
sentire: tu non ne capisci niente di Formula 1!
– Sarà come
dici tu… Molto meglio non capirne niente di Formula 1 piuttosto che credere che
Kovalainen sia un fenomeno.
Il titolare
scosse la testa e dichiarò: – Kovalainen è un fenomeno. Quando l’anno scorso ha
vinto, in Ungheria, sono stato felicissimo. Non è da tutti essere saldamente
terzo a metà gara e vincere dopo un recupero di due posizioni che sembrava a
dir poco impossibile. È passato da terzo a secondo dimostrando a pieno il suo
valore, e di nuovo l’ha dimostrato quando è andato a prendersi la prima
posizione.
Graziana
lasciò perdere l’argomento. Il suo datore di lavoro era convintissimo che, in
occasione della sua prima vittoria, Kovalainen avesse “dimostrato a pieno il
proprio valore”. Peccato che fosse passato da terzo a secondo perché Hamilton
aveva forato una gomma, dopodiché da secondo a leader quando Massa aveva rotto
il motore.
– Credo
proprio che il prossimo anno sarà la volta di Kovalainen – disse l’uomo. – Avrà
senza dubbio buone chance. Quelle che avrebbe quest’anno se la McLaren non
fosse così una carretta. Nove punti Hamilton e cinque Kovalainen, a metà
stagione… È uno strazio. Ma sento qualcosa di positivo nell’aria. Chissà,
magari domani è il giorno giusto.
– Il giorno
giusto per che cosa?
– Per una
vittoria, naturalmente.
– Di
Hamilton potrebbe anche essere, ma di Kovalainen ne dubito fermamente.
– Donna di
poca fede! Vedrai, un giorno Heikki ci dimostrerà quanto vale.
Si avvicinò
anche la moglie. Lei non seguiva con grande attenzione il campionato di Formula
1, ma dato che quando c’erano le qualifiche o la gara suo marito teneva sempre
il televisore acceso non era totalmente disinformata e, contagiata da lui,
aveva preso a considerare la McLaren il suo team del cuore. Fortunatamente,
però, non era stata coinvolta dalla stessa intensa passione per Kovalainen.
– Che cosa
stanno facendo di bello i due della McLaren? – volle sapere.
Graziana la
guardò.
– Sono
perfino più veloci delle Brawn. E soprattutto di Barrichello, che sta andando
un po’ a rilento. Ma le Redbull sono più veloci di tutti.
– E quel bel
ragazzo dagli occhi azzurri che corre per la Toro Rosso? – chiese poi la donna.
– Chi,
Bourdais? – domandò suo marito.
– Ma quale
Bourdais – ribatté Graziana. – È stato licenziato e al suo posto c’è uno
spagnolo diciannovenne dal cognome interminabile.
– Quello che
intendevo io – disse la donna. – Che sta facendo?
– È
saldamente ultimo.
– Spero che
recupererà prima della fine delle qualifiche.
– Troppo
tardi. Ultimo nella Q1, non ultimo adesso.
La donna non
sembrò particolarmente soddisfatta, e lanciò un’occhiata distratta al
televisore.
– Ma quella
è una Renault? – domandò, notando l’inquadratura di una monoposto dai colori accesi
e vivaci.
– Sì,
esatto, è una Renault. Alonso sta facendo degli ottimi tempi, a differenza del
compagno di squadra.
Il titolare
intervenne: – La cosa non mi pare un’eccessiva novità, secondo me la Renault
farebbe bene a licenziare Piquet.
– I rumors dicono
che potrebbe farlo a breve – rispose Graziana. – Non sarebbe una gran perdita,
visti i risultati. Anche adesso mi pare che abbia l’ultimo tempo o giù di lì.
Però almeno è riuscito ad arrivare in Q2, il che mi sembra un notevole passo
avanti.
– Sì, in
effetti, in confronto ad altre volte. Però secondo me la Renault dovrebbe
cacciarlo via e mettere Grosjean al suo posto, quello ha fatto dei gran
risultati in GP2, secondo me è un futuro campione, quando arriverà in Renault
le cose cambieranno alla grande.
– Non ne
sono particolarmente convinta…
– Io sì.
L’anno prossimo la Renault con Alonso e Grosjean otterrà grandi risultati.
– Te lo
scordi. Prima di tutto non sappiamo ancora se Grosjean sarà in Renault l’anno
prossimo, ma una cosa è certa: Alonso prenderà il posto di Raikkonen, che tra
parentesi da un anno a questa parte mi sembra che sia decisamente addormentato.
– Ehi, non
criticare Raikkonen. È stato a lungo uno dei miei idoli.
– Sì, sì, lo
so, quando vedi un finlandese in McLaren tu vai fuori di testa, ma sta di fatto
che l’unico titolo che ha vinto l’ha vinto in Ferrari. Noi della Rossa siamo i
migliori!
– Ma quali
migliori… Siete troppo scontati. Solo perché siamo in Italia, non è necessario
tifare Ferrari.
– È un
discorso inutile, questo. Io tifo Ferrari, punto e basta. Tu tifi McLaren.
Peggio per te!
Graziana
rise.
La moglie
del titolare, a quel punto, chiese: – E le Ferrari come sono messe?
– Mah,
meglio che durante le prime gare, però le cose non vanno ancora molto bene. Raikkonen
era risalito fino al terzo tempo, poco fa, ma adesso mi pare che sia settimo. E
Massa è subito dietro di lui. Sono entrambi ancora in pista per cercare di
migliorare, speriamo che arrivino in Q3… Se non ce la fanno vado a rovesciare
tutti i tavolini!
– È una
minaccia? – le chiese il titolare. – Spero ardentemente che tu non voglia fare
niente di simile. Se no sei più licenziata di quanto Bourdais è stato
licenziato dalla Toro Rosso!
– Bello il
paragone con Bourdais. Spero però di avere fatto di più io per il tuo bar rispetto
a quello che Bourdais ha fatto per la Toro Rosso.
– A me non
pareva che fosse così scarso. In ogni caso un francese vale l’altro e sono
sicuro che ci penserà Grosjean a tenere alto il nome della Francia in Formula
1.
– Tenere
alto? Forse portare in alto… Senti un po’, secondo me tu hai dei gusti un po’
troppo strani. Prima pensi che Kovalainen sia il migliore…
– Ma lo è!
– …Poi
adesso vieni a dire che Bourdais non meritava di essere licenziato… Secondo me
sei tu quello che non se ne intende. Mi sorprende che tu abbia criticato
Nelsinho Piquet, a questo punto non mi sarei sorpresa se dicevi che è il più
bravo di tutti.
– Lo è: è il
più bravo di tutti a schiantarsi da qualche parte. Comunque, in ogni caso,
secondo me Grosjean è piuttosto promettente. Non vedo l’ora di vederlo in
Formula 1.
– Non ti
sarai innamorato anche di Grosjean oltre che di Kovalainen…
– Oh, no,
non c’è pericolo: non è finlandese e non corre per la McLaren, quindi non ci
penso neanche lontanamente a tifarlo. Però potrebbe dare filo da torcere a
Kovalainen, quando finalmente anche per Kovalainen arriverà il momento del
meritato successo.
Graziana
scosse la testa. Il suo datore di lavoro era un caso patologico, si disse. Se
proprio insisteva a tifare McLaren e a elogiare a ripetizione un pilota di quel
team, poteva scegliere Hamilton. Almeno i suoi discorsi non sarebbero stati
campati in aria come lo erano con i suoi elogi nei confronti di Kovalainen.
– A
proposito di Kovalainen – disse, – Sei sicuro che sarà in McLaren anche il
prossimo anno? No, perché ho sentito che il contratto gli scade a fine
stagione.
– Spero che
rimanga in McLaren. Se rimane, non resterà nulla per gli altri. La McLaren il
prossimo anno arriverà molto migliorata, rispetto a questa stagione, e
indubbiamente sarà trionfo. Heikki non mi deluderà.
– Non vorrei
deluderti io, ma sembra che la Mercedes abbia fatto pressioni per avere Rosberg
in McLaren.
– No, ti
sbagli. Rosberg finirà in Brawn GP.
– Può darsi.
Ma io sono convinta che finirà in McLaren. E che tu impazzirai per lui, dato
che pur avendo cittadinanza tedesca ha origini per metà finlandesi.
La moglie
del titolare disse: – In tutta sincerità io trovo che Rosberg sia migliore di
Kovalainen. Non mi dispiacerebbe un’eventuale sostituzione.
– Stai
scherzando? – le chiese il titolare. – Heikki è il migliore!
– Se
Kovalainen è il migliore, allora probabilmente vedrò Felipe Massa dal vivo nei
prossimi cinque minuti – ribatté Graziana.
Impossibile
per impossibile, le sembrò quasi più possibile l’idea di vedere Massa dal vivo.
Anche se si trovava praticamente dall’altra parte d’Europa.
– Sono le
14,39 – disse il titolare, guardando l’orologio. – Credi di poter vedere Massa
prima delle 14,44?
– In effetti
è abbastanza improbabile.
– Questo,
però, non cambia la mia idea a proposito di Kovalainen. È un futuro campione
del mondo.
– Sarà…
Il silenzio
calò per un istante.
– Oh, sono
già scattate le 14,40 – osservò il titolare, di lì a poco.
Graziana non
rispose: teneva gli occhi puntati sul televisore. I distacchi tra un pilota e l’altro
erano irrisori, anche se le Redbull dimostravano una velocità sorprendente. Era
un fuoco di paglia o un team di cui si sarebbe sentito parlare a lungo, in
futuro? In quel momento nessuno poteva dirlo, così come non si poteva accertare
quale fosse l’effettiva durata nel tempo del dominio della Brawn GP. Ma la
Redbull, al momento, forse poteva convincere di più, rispetto alla Brawn GP.
Anche la Renault di Alonso dimostrava una velocità notevole, ma Graziana non
era convinta che quel week-end fosse il momento d’oro della Renault. Negli
ultimi tempi invece aleggiavano Piquet, Buemi, le due Toyota e stranamente
anche Barrichello non riusciva a recuperare.
– Ma che ha
combinato la Brawn? – domandò il titolare, sorpreso. – Me la immaginavo a
dominare, e invece… Vuoi vedere che Button non riesce a vincere neanche domani?
– Di questo
passo no – confermò Graziana. – Però probabilmente il mondiale è già affare
suo. Gli altri sono troppo distaccati.
– Mai dire
mai.
– Già, mai
dire mai. Ma non m’interessa più di tanto. Ormai la Ferrari non ha speranze,
l’unica cosa che mi interessa è che possa almeno vincere qualche gara.
– Anche la
McLaren, secondo me, ha la possibilità di vincere qualche gara, prima della
fine della stagione.
– Hamilton
probabilmente, Kovalainen ne dubito.
– Sapevo che
avresti dubitato di Kovalainen. Ma non so quanto ti convenga. Un giorno o
l’altro resterai sorpresa dalle sue doti.
– Mi pare
improbabile, ma faccio finta di crederti.
Attirata da
qualcuno che passava lungo la strada, la moglie del titolare si allontanò dal
televisore, andando verso la porta a vetri.
– È passato
il nostro vicino di casa – disse, rivolta verso il marito. – Mi chiedo che cosa
ci fa in giro a quest’ora, con questo caldo… Ci saranno quaranta gradi come
minimo, fuori.
– Dove sta
andando? – volle sapere il marito.
– Verso il
supermercato. Magari starà andando a fare la spesa.
“Ma non sono
in grado di badare agli affari loro?” si chiese Graziana. Evidentemente no, non
ne erano capaci.
La donna
guardò il vicino di casa mentre si allontanava.
– Certo che
ogni tanto potrebbe anche fermarsi a prendere un caffè qui da noi – borbottò,
per poi tornare verso il televisore.
Annoiata dai
discorsi della donna, che ben presto coinvolse il marito in una disquisizione
in merito alle abitudini del loro vicino di casa, fu Graziana ad avvicinarsi
alla porta. Si chiese perché mai quel tizio, solo perché era un vicino di casa
dei titolari, avrebbe dovuto per forza fermarsi a bere un caffè nel loro bar.
Per quanto ne sapevano loro, poteva anche non bere mai il caffè. E soprattutto
non erano affari loro.
Per un
attimo Graziana ebbe l’impressione che i passi che la separavano dalla porta a
vetri avrebbero avuto una durata infinita. Una sensazione che le sembrò
immediatamente strana. Ancora più strana, però, fu la voce di Claudia che le
rimbombava in testa. O meglio, non era la voce di Claudia ad essere strana ma
il fatto che Graziana pensasse a quella voce proprio ora. Non era un pensiero
che aveva scelto, ma qualcosa che, autonomamente, era giunto a sconvolgere la
sua sfera mentale. Con uno stralcio della loro conversazione telefonica di
quella mattina, che sembrava ormai controllarla.
– Ehi,
Grazy, sono felice che tu mi abbia chiamata. Per il pub, ti faccio sapere
domani, okay?
– Non riesci
proprio a dirmi già oggi se sei libera?
– Forse
stasera… Sai, adesso sono un po’ in apprensione per una cosa che dovrebbe
accadere oggi pomeriggio… Ho fatto un sogno, stanotte…
– Un sogno?!
– Sì, ed è
qualcosa che non mi aspettavo… Vedi, in quel sogno Felipe mi parlava…
– Forte come
cosa! Ma perché io non faccio sogni così?! Mi piacerebbe tanto sognare Felipe!
Va beh, senti, Cla, ora devo andare al lavoro. Ci sentiamo stasera, magari. Poi
mi fai sapere per domani.
Si era
affrettata a chiudere la loro telefonata, quella mattina. A chiudere prima del
previsto, perché era più interessata alla loro uscita della sera successiva,
più che ai sogni di Claudia in cui era comparso Felipe Massa. Anche a lei
sarebbe piaciuto sognarlo, ma purtroppo quella notte il suo sonno non era stato
“disturbato” da alcun sogno, e se lo era stato quei sogni erano ormai scomparsi
nella nebbia del passato.
I passi che
avevano separato Graziana dalla porta a vetri non avevano avuto durata
infinita, e ora la ragazza era davanti alla porta trasparente, attraverso la
quale vedeva la strada semideserta. Intanto il titolare e la moglie sparlavano
del loro vicino di casa. Ancora?! Qualunque altro discorso sembrava ormai
cancellato, nonostante lui tenesse ancora gli occhi puntati contro il
televisore. Televisore che stava trasmettendo probabilmente l’ultimo minuto
della seconda sessione di qualifiche. “Devo andare a vedere che cosa stanno
facendo i due della Ferrari” cercò di dirsi Graziana. All’improvviso si era
ritrovata a pensare che non era sicuro che avrebbero conservato posizioni tali
da potere accedere alla Q3. Stava per tornare indietro, appunto, quando
l’immagine di un istante la scosse. Le sembrò che per un attimo il mondo si
fosse fermato, nel momento in cui una vecchia Punto, del modello base uscito a
metà degli anni ’90, passò lungo la strada su cui il bar si affacciava. Sul
sedile anteriore, opposto alla guida, c’era un uomo in tutto e per tutto
identico a Felipe Massa. Di chi si trovasse al volante si vedeva ben poco, da
quella posizione, ma a Graziana parve che la guidatrice avesse folti capelli
simili a quelli di Milù. Sul sedile posteriore c’erano almeno quattro persone.
E quella più in vista, Graziana non ebbe dubbi, era Federica.
“Sto
sognando” si disse. Chiuse gli occhi per un istante e, quando li riaprì, non
vide più alcuna Punto che transitava. In lontananza, però, c’era un’automobile
che si allontanava. Il tempo stava scorrendo a rilento, notò Graziana, almeno
per lei. Le sembrava che le parole del titolare e di sua moglie arrivassero a
velocità rallentata. Che cosa stava accadendo? Lentamente si girò verso di
loro. Il titolare teneva ancora gli occhi fissi sul televisore. Continuava a
parlare del vicino di casa, e lentamente le sue parole gli uscivano di bocca a
una velocità quantomeno normale. La moglie non guardava affatto il teleschermo.
Sembrava impegnata nel suo discorso. Ma poi qualcosa cambiò. Il marito le
indicava proprio la TV e su quella si posarono anche gli occhi di lei.
Ancora più
lentamente di quanto si fosse girata, Graziana iniziò a dirigersi verso di
loro. Stava per dire al titolare che dopotutto, se lei aveva appena visto Massa
a bordo della Punto di Milù, insieme ad altra gente tra cui indubbiamente vi
era Claudia, allora sì, forse Kovalainen era davvero un futuro campione del
mondo e il migliore dei piloti in attività. Arrivò anche a guardare l’orologio,
per accertarsi che non fossero ancora le 14,44. Mancava ancora un minuto e
mezzo, forse due minuti, a quel momento. Perfetto. Poteva tranquillamente
parlarne al titolare. Ma no, che cosa andava a pensare? Era forse impazzita
improvvisamente? Il suo datore di lavoro sarebbe scoppiato a riderle in faccia,
se gli avesse confidato ciò che aveva appena visto. Quell’immagine era durata
forse una frazione di secondo, non di più. L’avrebbe accusata di avere troppa
fantasia, o peggio ancora di soffrire di disturbi psichici. Indubbiamente era
stata suggestione, la sua, così come era stata suggestione a farle pensare che
il tempo avesse iniziato a scorrere più lentamente del normale. Certe cose
nella realtà non potevano accadere. Era assolutamente impossibile, e prima se
ne rendeva conto e meglio era. “Non ho visto Felipe Massa” si disse. Se lo
ripeté più volte, tentando di convincersi. “E soprattutto non era in macchina
con Milù, Claudia e chi altro c’era con loro.” Fece un respiro profondo e
percorse il breve tratto che ancora la separava dal televisore. Si rese conto
soltanto allora che il titolare e sua moglie non stavano più parlando del loro
vicino di casa “talmente scortese da non fermarsi al bar a prendere un caffè
per il solo scopo di compiacerli”. Avevano entrambi lo sguardo fisso sulla TV.
– Chi ha
ottenuto il miglior tempo in questa sessione? – chiese Graziana.
Nessuno le
rispose.
– Perché è
già finita, la seconda sessione, vero?
Ancora
nessuna risposta. I due, anzi, sembravano non averla nemmeno sentita.
La ragazza
esclamò: – Quanti misteri! Va beh, vengo a vedere io stessa.
Finalmente
giunse a destinazione: ormai aveva anche lei gli occhi rivolti alla
televisione. Attese, ma proprio in quel momento venne mandata in onda la
pubblicità e la prima cosa che aveva avuto modo di vedere era la schermata
rossa che su Raidue annunciava questo momento. La Q2, a quanto pareva, era
terminata.
8.
Le strade
della città, sotto il sole di luglio, erano bollenti come non mai. L’asfalto
sembrava liquefarsi sempre più e all’interno della vecchia Punto la temperatura
si sentiva tutta, nonostante i finestrini completamente abbassati. Milù
continuava a guidare, aveva percorso diverse strade della città, per mostrare a
Felipe il luogo in cui lei e le amiche vivevano. In sintesi, però, non si era
allontanata più di tanto quando, poco dopo avergli indicato il bar in cui
lavorava la sua amica Graziana, svoltò a destra e poi accostò al marciapiede e
parcheggiò. Fortunatamente la strada era semideserta, per cui non le fu
particolarmente complicato entrare nel parcheggio. Bene, altra figuraccia
risparmiata, vista la sua poca attitudine a parcheggiare con facilità.
– Dove
siamo? – le domandò Felipe.
– Tu scendi
e vedrai – rispose Milù. – Anche se, non illuderti, in questa città c’è ben
poco di interessante.
– Ci siete
voi. E mi pare più che sufficiente.
Anche le
ragazze sedute sul sedile posteriore scesero, lamentandosi per tutto il tempo
che avevano passato così strette.
– Si stava
scomode – disse Claudia, categorica. – Senza Felipe, si stava davvero troppo
scomode…
– Di che ti
lamenti? – ribatté Iole. – Tu eri proprio dietro di lui… Pensa io che ero la
più lontana. Non c’è proprio un minimo di giustizia al mondo…
– Io l’ho
sognato – le ricordò Claudia. – E lui ha sognato me. Senza di me voi non
l’avreste mai incontrato.
– Anche
questo è vero – ammise Iole. – Mi chiedo perché quel sogno non l’ho fatto io…
Felipe intervenne:
– Forse è stata Claudia a sognarmi perché è lei la persona che davvero avrà un
ruolo determinante nel mio futuro.
Federica gli
chiese: – Che cosa sarebbe questa novità? Non dovevamo essere tutte e cinque a
decidere del tuo futuro?
– Per un
certo verso sì – rispose Felipe. – Ma Claudia avrà anche un altro ruolo. Così
credo, almeno.
Claudia
rabbrividì nel calore dell’estate. La parte di sogno che aveva inconsciamente
rimosso stava lottando per tornare a galla.
– Felipe,
anche tu hai sognato me – disse Claudia. – Tu te lo ricordi bene il tuo sogno?
–
Sinceramente non del tutto. C’è qualche punto che sto tentando di ricordare, ma
non mi è facile.
– Anche a me
sta succedendo la stessa cosa.
La voce di
Felipe nel sogno le rimbombò in testa: “Trovatevi per le due e mezza, per
sicurezza, così nessuno farà tardi”. Claudia era stata convinta fino a quel
momento che il sogno si fosse interrotto dopo quelle parole.
– Ora non
sono sicura di come effettivamente il sogno sia terminato – confidò a Felipe. –
Non mi sono svegliata di soprassalto, è finito tutto gradualmente. Ricordo che
mi hai dato appuntamento nel parco per le due e mezza, e poi… è un buco nero,
tutto il resto.
– Anch’io
ricordo di averti dato appuntamento, nel mio sogno – disse Felipe. – Poi è
accaduto qualcos’altro…
Federica lo
interruppe: – Se in quello stramaledetto sogno tu e Claudia vi siete baciati, o
qualcosa del genere, per favore non dircelo. Per quanto riguarda me, almeno, è
meglio non saperlo.
– Non ci
siamo baciati – dichiarò Felipe, con convinzione. – Possibile che non abbiate
capito che sono un uomo sposato? A casa ho una moglie fantastica, che di qui a
pochi mesi darà alla luce il nostro primo figlio… Lo chiameremo Felipe, proprio
come me. Chissà, magari somiglierà a me quando ero piccolo, sarà ciccione anche
lui come lo ero io!
– Può darsi
– disse Federica, – Ma non ho intenzione di parlare di Felipe Junior. Per
quanto mi riguarda, tua moglie e il tuo futuro figlio non sono un argomento
così interessante. Quello che hai sognato, però, mi interessa eccome, dato che
nel sogno che hai fatto incontravi Cla. Rispondimi, quindi, Felipe: l’hai
baciata?
– Niente
affatto, come ti ho detto – rispose Felipe. – Quello che non capisco è come
possiate essere così materialiste, a volte… E dire che dovreste essere una
sorta di angeli, per me.
– Non dovevi
essere tu che dovevi essere una specie di angelo custode per noi? – gli chiese
Serena. – Nel caso in cui decidessimo di tenerti con noi, naturalmente.
– È un
discorso troppo complicato. E comunque, da quanto ho capito dai miei sogni,
sceglierete di restituirmi alla mia vera vita. Alla mia vita.
Serena
ribatté: – Quei sogni non erano veritieri. Se fosse per me, ti rinchiuderei
nella cantina di casa mia piuttosto che farti scappare.
– Non c’è
bisogno che mi fai scappare – le ricordò Felipe. – Io non ho idea di dove
siamo. Il parco dove ci siamo incontrate potrebbe anche essere dietro l’angolo,
ma stai sicura che non saprei raggiungerlo da solo.
– In effetti
si potrebbe dire che il parco è quasi dietro l’angolo – osservò Milù. – Anche
se abbiamo fatto una strada molto lunga per giungere qui.
Lanciò uno
sguardo alla clessidra. Anche Felipe si ritrovò a posare gli occhi su
quell’insolito misuratore di tempo.
– Che ne
dici? – chiese Milù. – Possiamo rimanere ancora?
– Certo.
Siamo appena scesi dalla macchina. Piuttosto, c’è una cosa a cui ho fatto caso
prima…
– Cioè?
– Hai
presente il bar che mi hai indicato? Quello dove lavora la vostra amica?
– Sì, certo.
– Beh, mi è
sembrato che ci fosse una ragazza, che guardava attraverso la porta, e che mi
abbia visto.
Milù lo
guardò, pensierosa, dopodiché gli domandò: – Come avrebbe fatto a vederti, se
apparteniamo a una realtà parallela?
– Non è
esattamente corretto parlare di realtà parallela. Siamo forse una realtà nella realtà.
– È quello
il motivo per cui il tempo è rimasto fermo?
– Il tempo è
rimasto fermo? Cosa intendi dire?
– Lasciamo
stare. Forse tu non lo sai.
– Forse no,
dato che non ho un orologio con me. L’unico tempo che conosco è quello della
clessidra. E mi basta, senza dover pensare anche al tempo della realtà
effettiva.
Claudia
intervenne: – Non è così interessante parlare di orologi e clessidre, almeno
secondo il mio parere. Specie se il discorso in questione dobbiamo farlo qui,
sotto al sole. Ragazze, non siete molto ospitali con il nostro Felipe, mi pare.
Volete farlo sciogliere sotto al sole?
– Ti ricordo
che non sono fatto di ghiaccio – scherzò Felipe. – Non so perché, ma a volte mi
viene da pensare che mi abbiate scambiato per il mio compagno di squadra!
– A
proposito del tuo compagno di squadra – disse Milù, – Dato che hai visto nel
futuro, ha intenzione di tagliarsi quei capelli, prima o poi? Capellone sta
malissimo, secondo me. Ancora peggio che rasato.
– Mi
dispiace deluderti, ma se li terrà lunghi…
– Oh, no! A
proposito, hai detto che Alonso arriverà in Ferrari al suo posto? Allora,
spiegami una cosa: che ne sarà di Kimi il prossimo anno?
– Andrà a
gareggiare nei rally.
– Proprio
come dicono i rumors…
– Esatto.
Sembra che i rumors, di questi tempi, stiano andando per il verso giusto.
Claudia
osservò: – Purtroppo ci stanno azzeccando.
– Perché
dici così? – le chiese Felipe.
– Perché
Nando proprio non mi va giù – rispose Claudia. – Non mi soddisfa l’idea che
sarà il tuo futuro compagno di squadra. Sei proprio sicuro di non averci visto
sbagliato, in proposito?
– Non è
questione di avere visto nel futuro, se so che Fernando sarà il mio compagno di
squadra il prossimo anno. Quello lo sapevo già anche prima.
– La cosa
non mi soddisfa per niente. No, proprio no. Però sono convinta che la nostra
amica Graziana ne sarà soddisfatta. Mi pare che a lei piaccia Alonso. Noi
invece preferiamo tutte quante Raikkonen, se dobbiamo scegliere tra i due…
– Aspetta,
non esagerare – la interruppe Milù. – Sinceramente non è che Raikkonen mi sia
mai sembrato chissà che cosa… E comunque non m’interessa chi ci sarà in
Ferrari. L’importante è che Felipe abbia un buon volante. Che poi sia in
Ferrari, in Mercedes, in Redbull, in Williams, in Renault, in Force India o
dov’è, mi basta che sia su una vettura competitiva e che possa fare sognare noi
fan come ha fatto finora.
– Ma come
sei gentile nei miei confronti! – esclamò Felipe. – Davvero, è emozionante
sapere che c’è ancora qualcuno che mi ammira per come sono io e non per il
colore della tuta che porto. Certo, è ancora da vedere se sarete felici quando
vincerò un mondiale con la Virgin battendo le Ferrari… ma per il momento mi va
bene così.
– Allora hai
visto anche oltre il 2010? – gli chiese Serena. – Se hai visto che vincerai un
mondiale con la Virgin…
– Veramente
stavo scherzando. Non crederai che qualcuno possa davvero vincere un mondiale
con la Virgin!
– E che cosa
ne so? Non l’ho mai vista all’opera.
– Non ti sei
persa nulla, ti dirò. Sarà una carretta mostruosa…
– A
proposito di carrette mostruose – disse Serena, – Dato che hai nominato la
Virgin, chi avrà l’onore di guidarla?
– Glock e Di
Grassi – rispose Felipe.
Claudia
guardò Felipe, con impazienza.
– Allora,
perché non dici alle altre che ne hai abbastanza di fare queste chiacchiere qui
immobile sotto al sole? – gli chiese. – Qui a tre passi c’è il centro sportivo,
e dietro ai campi da tennis c’è sempre una gran ombra e un gran fresco… Perché
non andiamo a parlare lì?
– Sul fatto
che ci sia un gran fresco adesso ho seri dubbi – disse Iole. – Però forse hai
ragione tu, ci conviene andare là.
– Esatto.
Sono felice di non essere la sola a pensarlo. Che ne dite, andiamo?
– Aspetta
che chiudo a chiave la macchina – rispose Milù.
Federica
rise.
– Perché? Se
la lasci aperta, pensi che qualcuno te la rubi?
Serena
intervenne: – Forse un collezionista di auto d’epoca.
Milù
ribatté: – Non si tratta di un’auto d’epoca. Ha solo undici anni. E poi ci sono
affezionata.
La ragazza
si avvicinò all’automobile a cui era affezionata e chiuse a chiave le portiere.
Felipe e le sue amiche, intanto, si stavano già allontanando.
Il tragitto
che li separava dal luogo menzionato da Claudia fu breve. Una volta giunti nei
pressi del centro sportivo, non furono sorpresi nel ritrovarlo completamente
deserto. E dietro ai campi da tennis c’era davvero l’ombra preannunciata dalla
ragazza. Faceva ugualmente caldo, ma in quel breve tratto riparato da dei
rigogliosi alberi si aveva davvero una sensazione di sollievo, specie dopo
avere passato parecchio tempo sotto al sole.
Vi era una
sorta di tavolo di legno, forse un po’ troppo malandato, nel bel mezzo di
quello spiazzo, a cui erano accostate due panchine anch’esse di legno.
– Che ne
dite, ragazze, andiamo a sederci? – propose Felipe. – Sapete, sto iniziando a
diventare un po’ anziano, in confronto a voi, non potete costringermi a
rimanere in piedi.
– Ma quale
anziano! – ribatté Federica. – Mi sembri tutt’altro che anziano. Hai solo
ventotto anni.
– Beh, un
po’ più anziano di te lo sono, mi pare.
– Questo sì.
Abbiamo tredici anni di differenza, in effetti… Tredici anni di differenza che,
però, non ci impedirebbero di avere una relazione, se tu non fossi sposato.
– Ma quale
relazione! Ragazze, mettetevelo in testa. Se io non fossi sposato è un concetto
che non esiste. Ormai lo sono, e non tornerò indietro.
Si andò a
sedere e immediatamente Serena e Iole scattarono verso la panchina su cui si
era seduto Felipe. Serena si sedette alla sua destra e Iole alla sua sinistra.
Claudia, Federica e Milù non poterono fare altro che sedersi su quella di
fronte a lui. Milù, a quel punto, appoggiò la clessidra al centro del tavolo,
bene in vista. La sabbia scendeva, continuava a scendere, e più la sabbia
scendeva e più Felipe sembrava assumere una forma reale.
“O forse
siamo noi che stiamo perdendo la nostra forma umana” pensò Milù. Ormai non era
più sicura di quanto stava accadendo. Era una situazione troppo strana e
irreale per potere capire anche se, Milù ne era certa, presto avrebbe avuto
modo di comprendere ciò che accadeva intorno a lei. Le altre quattro ragazze
non sembravano porsi il problema, per il momento. Milù le vedeva parlare con
Felipe, ridere, scherzare come se lo conoscessero da sempre. Le sembrava di
essere l’unica che non riusciva a comportarsi con naturalezza, in quel momento.
Il tempo che si era fermato era un’idea che continuava a riemergere, dentro di
lei, nonostante avesse tentato di rigettarla indietro. Non poteva essere,
andava contro la logica secondo la quale aveva sempre vissuto.
– Milù, ti
stai annoiando?
La voce di
Felipe, che si rivolgeva direttamente a lei, riportò Milù alla realtà.
– Annoiando?
Oh, no, certo che no.
– Non si
direbbe, vedendoti.
– Perdonami
se ti ho fatto questa impressione, ma non è così. Solo che stavo pensando. Mi
stavo chiedendo come tutto questo sia possibile. Forse sono io che sto
sognando, forse tra poco mi risveglierò nel mio letto e mi resterà addosso
l’amarezza di chi credeva di avere realizzato un desiderio e si accorge che è
stato tutto finto.
Felipe le
assicurò: – Questa non è finzione. È realtà. Un tipo di realtà che non abbiamo
mai conosciuto fino ad oggi, ma che ora stiamo sperimentando. È qualcosa che ci
resterà nel cuore per tutta la vita, e a questo punto non mi sembra che sia
tanto importante sapere che gli altri non potrebbero mai capirci.
Milù
sorrise, ma fu un sorriso triste.
– Vedrai –
le disse Felipe, – Andrà tutto nel migliore dei modi. Prenderai le decisioni
corrette, ne sono sicuro.
– E come? –
chiese Milù. – Io non so quale sia il migliore dei modi.
– Nessuno lo
sa, quando deve agire. Lo scopriamo soltanto quando, se non era quello il modo
migliore, non possiamo fare più nulla per tornare indietro.
– Quello che
non capisco è, perché proprio io? perché proprio noi? Non bastano le decisioni
che prendiamo per noi stesse? Dobbiamo decidere anche per te?
– Credimi,
non lo vorrei. Ma è così che deve andare e non possiamo tornare indietro.
Nessuno di noi può fare nulla per tornare indietro, adesso. Devi rassegnarti,
Milù. Il vostro può essere un compito ingrato, oppure una prova da superare.
Vedilo come preferisci, ma sappi che io mi fido di te. Mi fido di tutte voi.
– E allora,
se ti fidi di me – disse Milù, – Spiegami come sta scorrendo il tempo. Senza
giri di parole.
– Va bene –
accettò Felipe. – Da quando sono arrivato qui saranno passati due o tre
millesimi di secondo, al massimo quattro. Li stiamo vivendo ad una velocità
diversa. Davvero non l’avevi ancora capito?
– È
difficile per me capire queste cose – gli ricordò Milù. – Non sono abituata a
questo genere di cose.
– Nemmeno
io, se ti può consolare. È la prima volta che mi capita un’esperienza del
genere. Spero anche che sia l’ultima, se devo essere sincero.
Claudia,
incuriosita, gli chiese: – E se noi dovessimo decidere di non restituirti alla
tua vita, il tempo cosa farebbe? Riprenderebbe a scorrere normalmente?
– Non è il
tempo – rispose Felipe. – Quello sta scorrendo nel più normale dei modi, per
tutti gli altri, a parte noi. È soltanto per noi che una frazione di secondo
sta durando minuti e minuti.
– Va bene,
allora guarda la mia domanda da un altro punto di vista: se dovessimo decidere
di tenerti con noi, il tempo tornerebbe a scorrere normalmente per tutte noi?
– Senza
dubbio. Quando la sabbia di questa clessidra avrà terminato di cadere, la
vostra vita riprenderà esattamente come prima.
– E tu?
– Pensavo di
avertelo già detto. Io ispirerò le vostre vite, se voi lo vorrete, ma non potrò
in ogni caso vivere la vita che vivete voi.
– Spiegami
perché, Felipe. Ti prego, voglio capire.
– Il sogno,
Claudia. Il sogno che abbiamo fatto. Sei sicura di non ricordartelo? Perché,
sebbene ora c’è qualcosa che mi sfugge, sono sicuro che nel sogno ti ho
spiegato tutto.
– Mi è
difficile far sì che tutto mi ritorni in mente. I sogni, quando sfuggono, non
si girano indietro a guardarti, prima di svanire. E questo sembra essersene
andato.
Ma non del
tutto. La parte oscura del sogno sembrava riaffiorare, qualche volta. Che cosa
le aveva detto Felipe, quella notte? “Trovatevi per le due e mezza, per
sicurezza, così nessuno farà tardi”, e poi? C’era stato dell’altro, perché
diamine non le tornava in mente? Sarebbe stato tutto mille volte più semplice,
dal momento che Felipe non voleva sforzarsi di essere un minimo più chiaro.
“Che cosa
gli costa, dopotutto?” si chiese Claudia. “Lui sa per filo e per segno quello
che succederà, e l’unica cosa che si degna di dirmi è che Button e Vettel
saranno i prossimi due campioni del mondo! È una follia, una vera follia.”
Mentre
Claudia rifletteva, si rese conto che Felipe la guardava con un sorriso beffardo
che aveva un qualcosa di enigmatico. Come tutto il resto, in ogni caso. Quel
pomeriggio si era rivelato un autentico enigma, e ancora non era finito…
“Per
fortuna. Per fortuna che non è finito. Per fortuna che non è ancora finito e
che Felipe è ancora qui con me.”
9.
Fu come
un’illuminazione fulminea, per Claudia.
“Trovatevi
per le due e mezza, per sicurezza, così nessuno farà tardi.”
“Ti assicuro
che ci sarò.”
“Non devi
esserci solo tu. Chiama le tue amiche. Chiama Iole, Serena, Federica e Milù.
Dovete esserci.”
“Ti assicuro
che ci saremo.”
“Ti
ringrazio, Claudia.”
“Grazie a te
per avere pensato a me.”
“Non devi
ringraziarmi. Non ho scelto io di pensare a te. Tu e le tue amiche mi siete
capitate per caso.”
“Ma perché
sei venuto da me, invece di andare da loro?”
“Perché sei
tu quella che si rivelerà più decisiva di tutte. Loro possono decidere quale
sarà il mio percorso, mentre il percorso che deciderai tu è un altro.”
“Ti rendi
conto, vero, che non capisco di che cosa stai parlando?”
“Sì, me ne
rendo conto. Ma capirai. Per te sarà tutto immediato, ti sentirai trascinare,
trascinare verso di me…”
L’illuminazione
improvvisa terminò mestamente, con una frase lasciata a metà che poteva
significare tutto così come non significare nulla. Claudia non riusciva a
ricordare altro. Come doveva accadere? Come si sarebbe sentita trascinare verso
Felipe? Era seduta a poche decine di centimetri di distanza da lui, che cosa si
intendeva per vicinanza? Che cosa intendeva Felipe con quel termine?
Evidentemente nulla di rilevante, almeno in quel momento, dato che se ne stava
a chiacchierare tranquillamente con Serena parlando di argomenti che
c’entravano ben poco con quello che stava capitando quel pomeriggio. A
proposito, come procedeva la giornata? Chissà che ora si era fatta… Era dal
momento in cui era arrivato Felipe che Claudia non aveva più guardato l’orologio.
“Ed era
inutile guardarlo” osservò, vedendo che la lancetta dei secondi non si muoveva.
Possibile che si fosse scaricata la pila? No, l’aveva fatta cambiare soltanto
due settimane prima. Allora era vero che il tempo non si misurava più allo
stesso modo di prima? Fino a quel momento aveva creduto che fosse una sorta di
scherzo. Che ci fosse una ragione logica per cui Felipe era lì da loro, una
ragione che non andava contro le leggi della natura, o almeno contro le leggi
della natura che era abituata a conoscere. “Ma no? Che cosa vado a pensare?
Adesso prendo fuori il cellulare e vedo che ore sono… Saranno almeno le
quattro, ormai, forse anche di più. È l’orologio che non va bene. Aveva ragione
mia madre, gli orologi che si comprano per venti euro sono di bassa qualità.
Strano, considerando che sono anni che funziona bene, ma deve essere così.” Il
cellulare ce l’aveva in tasca. Lo prese fuori, convinta di scoprirlo segnare un
orario più vicino alle 16,30 che alle 16,00. Per poco non gridò di stupore: era
vero ciò che diceva Felipe. Stando a quanto vedeva, non erano passati che pochi
minuti dal momento in cui le amiche l’avevano raggiunte sulla panchina del
parco.
Ma certo…
era l’orario che le aveva comunicato Felipe nel sogno. Le aveva detto per filo
e per segno che sarebbe arrivato a quell’ora.
– Credi che
le tue amiche arriveranno per tempo, chiamandole per le due e mezza? – le aveva
chiesto poi.
– Sì, certo,
sono abbastanza puntuali – aveva confermato lei.
– Perfetto,
allora aspettatemi – aveva detto Felipe. – Sempre a quell’ora, io aspetterò te.
– Mi
aspetterai? Che cosa vuoi dire?
– Ti
aspetterò, perché verrai da me.
Claudia
ricordava di essersi stupita, in quel sogno così confuso.
– Verrò da
te? – aveva ripetuto, senza capire. Felipe l’aveva guardata e…
– Ehi, Cla,
stai di nuovo sognando?
Era proprio
Felipe che si rivolgeva a lei, ma non nel sogno. O meglio, in quel probabile
sogno, se lo era. Doveva essere un sogno. Non poteva essere reale, quello che
stava accadendo.
– Sì, stai
sognando – concluse Felipe. – Non so se te ne sei accorta, ma Serena voleva
sapere il tuo parere su quello che stavamo dicendo a proposito della Redbull.
Claudia lo
guardò con aria desolata.
– Scusami
tanto, Felipe – disse, – Ma davvero ero soprappensiero. Non ho sentito quello
che dicevate.
– Non fa
niente – intervenne Serena. – Non era niente di importante.
Claudia
annuì. Era confusa. Sempre più confusa. Ma non era un sogno. Adesso ne era
certa. Felipe che la guardava negli occhi non poteva essere un sogno. Si fidava
di lui. Secondo Felipe soltanto una clessidra poteva misurare il tempo, in quel
momento, e la clessidra stava davanti ai suoi occhi, con quella sabbia che
continuava a scendere, ma che sembrava non finire mai. O meglio, sembrava
avanzare pericolosamente. Aveva indubbiamente superato la metà. Ciò
significava, a logica, che Felipe sarebbe rimasto ancora con loro per meno
tempo rispetto a quanto già era stato con loro. Forse molto meno, dal momento
che la sabbia scendeva progressivamente con intensità maggiore. Claudia si
domandò se questo strano fenomeno si stesse scontrando con le leggi della
fisica, ma non le sembrò molto rilevante trovare una risposta: erano troppe le
leggi scientifiche che si erano infrante in poco più di mezza clessidra di
tempo, probabilmente nel tempo rimanente se ne sarebbero infrante altrettante.
Se ne
sarebbero infrante altrettante.
Se ne
sarebbero infrante altrettante.
Se ne
sarebbero infrante altrettante…
Sì, era
quello che le aveva detto Felipe nel sogno. La risposta alla sua domanda: “Verrò
da te? Che cosa significa?”
“Vedrai le
leggi della natura infrangersi, Cla. Le sentirai infrangersi. Ti sentirai
trasportare verso una meta che non conosci, il tuo corpo assumerà un’altra
dimensione, ti sentirai trascinare come mi sono sentito trascinare io e, dopo
che io sarò venuto da te, sarai tu a venire da me.”
– Felipe,
come farò a venire da te?
Ecco, glielo
aveva chiesto esplicitamente, in quel momento stesso, mentre gli occhi di
Serena erano ancora posati su di lei. Serena, che forse stava pensando a
qualche congettura mentale a proposito di ciò che si erano detti lei e Felipe
sulla Redbull. Serena che, se davvero così fosse stato, senza dubbio in quel
momento stava lasciando da parte ogni pensiero sulla Redbull. Felipe non la
guardò, mentre le rispondeva.
– Verrai e
basta. Saranno il tuo cuore e la tua mente a dirti tutto quello che devi
sapere.
Serena,
perplessa, volle sapere: – Che cos’altro deve accadere?
Iole le fece
eco: – Infatti. Ci sono cose che ancora non sappiamo?
Anche
Federica posò su Claudia occhi dall’aria accusatrice.
– Che cosa
sai in più, rispetto a noi? Devi dircelo. Siamo tutte qui, insieme a Felipe.
Perché dovresti avere soltanto tu il diritto di sapere?
Claudia negò
immediatamente.
– Non c’è
nulla in più di quello che sapete voi, che io sappia. Stavo soltanto chiedendo
a Felipe chiarimenti su una cosa che mi ha detto in sogno.
Federica
ribatté: – Era soltanto un sogno! A poco a poco mi sto convincendo che non
c’entra nulla il tuo sogno con la presenza di Felipe qui. Deve essere una tua
invenzione. In qualche modo devi averlo conosciuto e averlo pregato di aiutarti
in questo giochetto…
Felipe la
interruppe: – Non è affatto vero. Io e Claudia non stiamo prendendo in giro
nessuno.
– Forse –
ammise Federica. – Però sinceramente questa storia sta iniziando a stancarmi.
Io non ho mai creduto nei sogni premonitori né tanto meno credo che tu possa
spostarti da un posto all’altro in un istante. Non so che cosa ci fai qui
anziché prendere parte alle qualifiche, probabilmente la Ferrari ti avrà
licenziato, ma senza dubbio tutto quello che è accaduto nell’ultima ora non ha
bisogno di spiegazioni strampalate. Ti prego, quindi, di essere sincero con noi
e di dirci che cosa vi siete messi in testa tu e Claudia.
– Non ci
siamo messi in testa niente di strano – le assicurò Felipe. – Quello che mi
sembra strano è che all’improvviso non credi più a nulla di ciò a cui hai
creduto fino a poco fa.
– Forse
perché la mia mente si è svegliata e ha iniziato a riflettere.
– O forse
perché, in qualche modo, c’è qualcosa che io stesso non so e che riguarda anche
te. Temo di non avere ancora visto tutto, Federica…
Federica
replicò: – Ne ho abbastanza. Non voglio più sentire queste assurdità. – Prese
in mano la clessidra. – Se ora la giro, immagino che la sabbia la smetta venire
da questa parte. Come puoi pretendere che stia a indicare quanto tempo ancora
puoi passare con noi? Il tempo si misura con altri mezzi, al giorno d’oggi.
– Esatto –
disse Claudia. – Con il tuo orologio, per esempio. Guardalo, Fede. Dimmi che
cosa vedi?
Federica
fece ciò che Claudia le aveva chiesto, senza posare la clessidra.
– Deve
essersi fermato – osservò.
– Guarda
quello di Milù, allora – le propose Claudia.
– Ora ci
guardo.
Federica
rabbrividì, nel vederlo.
– Allora,
che mi dici? – le chiese Claudia. Si alzò in piedi e le si avvicinò. – Perché
non guardi anche il mio?
– Non
importa – disse Federica.
– Eh, già.
Immagino che tu abbia paura. Paura di vedere che i nostri orologi sono fermi
tutti sulla stessa ora. Ma forse fa parte anche questo dello scherzo, tu che ne
dici? Allora perché non prendi fuori il tuo cellulare, Fede? Ce l’hai in tasca,
nessuno avrebbe potuto prenderlo fuori senza che tu te ne accorgessi e regolare
l’ora diversamente. Che poi, mentre un orologio lo puoi fermare apposta, a un
cellulare puoi solo impostare un orario diverso ma continuerebbe ad andare
avanti. Allora, Fede, guarda sul tuo cellulare qual è l’orario che leggi.
– Non vedo
perché dovrei farlo.
Felipe le
chiese: – Allora perché non appoggi quella clessidra, nel senso inverso a
com’era prima?
Federica
eseguì, senza guardare.
– Eh, no,
così non va bene – le disse Felipe. – Devi anche dirmi quello che vedi.
La ragazza
si fece coraggio e guardò. Ora la clessidra era appoggiata nel senso opposto a
come l’aveva trovata. La sabbia era tutta in cima, e da sotto risaliva verso
l’alto. Ad un’intensità decisamente maggiore rispetto a quella precedente.
– Ora mi
credi? – le chiese Felipe.
Federica non
rispose. Sentiva che gli credeva, ma non era pronta per dirglielo.
Anche le
altre ragazze fissavano la clessidra. Proprio come Federica erano ancora
combattute con un senso di irrealtà che sembrava invaderle. Ma era tutto reale,
dannatamente reale. E Felipe era il più reale di tutti. Ora non era più nemmeno
lontanamente una figura confusa e senza confini definiti, la sua immagine era
ben chiara davanti a tutte loro.
– Temo che
sia ora di andare, per me – disse Claudia, all’improvviso.
Felipe le
lanciò un’occhiata interrogativa.
– Sì, si sta
facendo tardi – insisté Claudia. – Non vorrei non arrivare in tempo.
Evidentemente
era già scattato in lei qualcosa che doveva scattare di lì a poco. Che fosse
perché, girata in senso inverso, la sabbia della clessidra scorreva a velocità
palesemente maggiore, rispetto a prima? Come leggendole nel pensiero, Felipe
mise l’oggetto nella propria giusta direzione. L’intensità dello scorrimento
della sabbia, però, non si modificò notevolmente. Anzi, più che a calare
continuava sempre a incrementare.
Senza più
dire nulla, Claudia si allontanò.
– Ehi, te ne
vai così senza nemmeno salutare Felipe? – le urlò dietro Federica.
Non
ricevendo risposta, anch’essa si alzò di scatto.
– Scusami,
Felipe, ma devo andare a vedere che cosa si è messa in testa – disse. – Spero
che mi capirai.
– Capisco
tutto – rispose Felipe, con sincerità. – Solo ora capisco tutto. E ti ringrazio
in anticipo, dato che non potrò farlo quando anche tu verrai da me.
Federica non
si fermò a chiedergli che cosa intendesse dire. Sentiva che raggiungere Claudia
era molto più importante che stare ad ascoltare delle semplici parole. Claudia
era già lontana e Federica si mise a correre, sotto il sole di luglio.
– Fermati,
Cla – la pregò.
Claudia non
si fermava. Federica aumentò la propria velocità. Con quella temperatura non
era facile andare avanti, ma non poteva permettere che l’amica scomparisse dal
suo campo visivo. Eppure, nonostante Claudia stesse semplicemente camminando e
Federica correndo, non le sembrava di essere riuscita ad avvicinarsi
sensibilmente a lei. Anzi, la vedeva sempre più lontana. “Come quella maledetta
clessidra” pensò. Il procedimento non doveva essere tanto diverso. Probabilmente
in quello strano universo fatto di eventi non comprensibili a una comune mente
umana vi era una propria logica e tutto si muoveva secondo quella logica. E ora
Claudia era sparita. Lontana. Ma Federica, dentro di sé, sapeva dove trovarla.
Chissà, magari anche questo avveniva grazie a quella stessa strana logica… La
sua mente e il suo cuore le dicevano che stavano percorrendo la stessa strada.
Stavano giungendo da una scorciatoia allo stesso posto in cui tutto era
iniziato. L’inizio e la fine nello stesso luogo. “Che cosa mi dice che siamo
davvero alla fine?” si chiese la ragazza. Si rese conto che non vi erano
risposte specifiche a questo interrogativo, che il suo percorso verso l’ignoto
poteva durare all’infinito… Ma così non sarebbe stato. Nel luogo in cui tutto
aveva avuto inizio, ne era certa, avrebbe anche avuto una conclusione. Una
conclusione che Federica ancora non conosceva ma che, in cuor suo, sperava
fosse la più positiva possibile.
10.
Era
affannata, Federica, quando giunse finalmente al punto di partenza, e il cuore
le batteva all’impazzata. Non tanto per l’emozione, quanto per lo sforzo che
aveva fatto. Fu costretta ad appoggiarsi al tronco di un albero per rimanere in
piedi. Aveva corso come non mai, nella speranza di raggiungere Claudia, ma
naturalmente non era riuscita a sovvertire le regole imposte dagli eventi di
quel giorno. Ora, finalmente, la vide. Era seduta sulla panchina su cui tutto
aveva avuto inizio, sembrava in attesa di qualcosa o di qualcuno. Federica fece
un respiro profondo e, anche se non era sicura di riuscire a camminare fino
alla panchina, sia pure distante soltanto una decina di metri, mosse qualche
passo. Sì, ce la faceva a rimanere in piedi, così andò a raggiungere Claudia.
– Eccoti
qui, finalmente sono riuscita a raggiungerti – disse.
La voce le
usciva a malapena. Era sfinita. Ciò nonostante, non si sedette. Rimase davanti
a Claudia e, guardandola negli occhi, volle sapere: – Che cosa sei venuta a
fare qui?
Claudia si
limitò ad abbassare lo sguardo.
– Dimmelo,
Cla – insisté Federica. – Che cosa sei venuta a fare qui?
– Che cosa
siamo venute a fare, vorrai dire – la corresse Claudia. – Non sono stata
l’unica a venire, e potrei farti la stessa domanda.
– Sono
venuta qui per te – rispose Federica. – Sono venuta qui per cercare di capire.
– Capire che
cosa? Non c’è niente da capire. È stato il mio sogno a portarmi qui.
Federica la
accusò: – Ci hai nascosto parte della verità. Tu adesso sai perché Felipe è
qui.
– Sì, lo so
– disse Claudia. – O meglio, so parte della verità. Ma non ha importanza,
adesso.
– Eccome, se
ha importanza.
Claudia
negò.
– Quello che
conta è che cosa accadrà quando sarò io ad andare da lui.
Federica le
domandò: – Pensi forse che Felipe ti porterà con sé, quando tornerà nella
dimensione da cui proviene? Secondo me sei completamente fusa, Cla. Ti ricordo
che Felipe è sposato, sua moglie è incinta… Nella sua vita non ci sarebbe
spazio per te. A meno che non intendi fargli da addetta stampa o da ragazza
ombrellino, in tal caso potresti avere qualche possibilità e…
Claudia la
interruppe: – Non ho alcuna intenzione di fare da addetta stampa o da ragazza
ombrellino per Felipe. O meglio, farei volentieri entrambe le cose, e gli farei
anche da cameriera o da governante, se servisse per stare vicina a lui, ma non
accadrà. Felipe non mi porterà con sé quando tornerà nella sua dimensione.
Semplicemente io andrò nella sua dimensione prima che lui arrivi.
– Non essere
ridicola. Certe cose sono impossibili.
– Sì, hai
ragione, per un certo verso sono impossibili. Ma se la strada di Felipe e la
mia si sono incrociate, oggi, vuole dire che una ragione c’è. E la ragione è
questa. Lui è venuto da me e io andrò da lui. Farò quello che devo fare e poi
tornerò qui, dopo che Felipe sarà tornato nella sua dimensione.
– Quindi tu
e lui vi incontrerete anche da lui? Non capisco…
Claudia le
spiegò: – È difficile da capire, spiegandolo a parole. Bisogna esserci dentro
per capirlo, e non lo capisco nemmeno io che ci sono dentro. Forse, quando sarò
dall’altra parte…
– E quindi
tu e Felipe non vi vedrete?
– Diciamo
piuttosto che ci incontreremo per un istante, ma non sarà il migliore degli
incontri. Non lo sarà per me e soprattutto non lo sarà per lui.
– E quando
ci dovresti andare, nella sua dimensione?
– Non lo so.
Sto aspettando.
Le due
ragazze si guardarono a lungo, dopodiché Claudia si alzò in piedi.
– Tu mi
credi, Fede? – le chiese.
– Dato che
Felipe o chi per lui ti aspetta nella sua dimensione, anche se ancora non ne ho
capito il motivo, presumo che a un certo punto ti vedrò sparire nel nulla.
Immagino che in quel momento, vedendoti scomparire, ti crederò. Specie se poi
ti vedrò ritornare.
Claudia le
fece notare: – Sarebbe sempre una frazione di secondo, il tempo che passerei
lontana da qui. Una frazione di secondo che vivrò come se fosse molto più
lunga, ma la mia mancanza sarebbe soltanto per un istante.
Federica
replicò: – Anche adesso stiamo vivendo una frazione di secondo come se fosse
molto più lunga. Quindi, almeno in linea teorica, dovrei vedere anche la tua realtà
con i tempi che sto vivendo ora.
La cosa era
alquanto caotica, non poté fare a meno di notare Federica. “Chi vivrà vedrà” si
disse.
– Questo non
te lo so dire – rispose Claudia. – In linea teorica, tu non avresti dovuto
essere qui.
– Invece sì
– disse Federica. – Felipe mi ha fatto notare che, se stavo venendo a cercarti,
molto probabilmente era perché anch’io dovevo andare da lui.
– Oh, no,
questo è fuori discussione. Tu non verrai con me. Nel sogno che ho fatto
stanotte, Felipe non mi ha detto che saresti venuta con me.
– Ma ti ho
accompagnata fino a qui, anche se ho dovuto correre come una pazza per starti
dietro. Credo che Felipe intendesse questo.
– Può darsi,
e sinceramente mi sorprende che tu sia riuscita a raggiungermi.
Federica
rise.
– Non sono
riuscita a raggiungerti, infatti – esclamò. – Non ho fatto altro che correre
per raggiungerti, se non sono morta d’infarto è un miracolo, credo…
– Non dire
idiozie, sei troppo giovane per morire d’infarto!
Federica
ignorò il commento di Claudia e proseguì: – Ad un certo punto ti ho vista
sparire. Io stavo correndo, tu camminavi, ma eri sempre più lontana. Forse il
tempo scorreva diversamente per noi, non lo so. Probabilmente era un ostacolo
che mi sono ritrovata davanti. Un ostacolo che ho superato, quando ti ho
raggiunta. È stato il mio cuore a dirti di venire qui. Le mie gambe mi hanno
trascinata, mi hanno portata fino a qui, dove ti ho trovata. Sono felice di
avercela fatta. Ho superato la mia prova, credo.
– E adesso?
– chiese Claudia. – Sei consapevole del fatto che probabilmente non rivedrai
più Felipe? Lui se ne tornerà nella sua dimensione prima che tu possa tornare
da lui.
– Felipe
tornerà nella sua dimensione passando per di qui – le ricordò Federica. –
Sempre che Milù, Iole e Serena lo riportino qui.
– Ancora non
capisci, allora.
– Che cosa
non capisco?
– Che se sei
qui c’è una ragione. Non so ancora come, ma sono convinta che nel sogno di
questa notte mancasse un pezzo.
– Che cosa
intendi dire? Mancava un pezzo?
Claudia
annuì.
– Il pezzo
che Felipe ha detto a te. Che anche tu devi andare da lui.
– Oh, no,
questo no – dichiarò Federica. – Non ho alcuna intenzione di spostarmi nello
spazio e nel tempo.
– Sarebbe
solo questione di spazio – rispose Claudia. – Spero tanto che tu non soffra di
claustrofobia, Fede.
–
Claustrofobia? No, perché?
Claudia
sospirò, con immenso sollievo.
– Meno male,
Fede. Sarebbe stato un problema, se soffrissi di claustrofobia. Dato che, se
sei qui, molto probabilmente è perché verrai con me.
Federica
ribatté: – Spostarsi nello spazio non c’entra un bel nulla con la
claustrofobia. Non mi pare che per spostarsi nello spazio istantaneamente serva
un mezzo di trasporto così stretto…
– Non è
questione di mezzo di trasporto – disse Claudia. – Penso che semplicemente da
un luogo ci si ritrovi in un altro. È che quell’altro luogo non necessariamente
è uno spazio aperto come questo parco. Vedi, Fede, potrebbe anche capitarci di
rimpicciolire e di entrare all’interno di un oggetto che nella nostra
dimensione ci sembrerebbe molto più piccolo di noi…
–
Sciocchezze – esclamò Federica. – Capisco che già stanno capitando cose strane,
su questo ormai non ho più dubbi, però addirittura rimpicciolire per entrare
dentro a qualcosa… No, questo è veramente ridicolo.
– Aspetta e
vedrai, Fede. Per convincersi di certe cose non c’è niente di meglio che
sperimentarle. E presto accadrà.
Federica
fece un passo indietro.
– Come vuoi
– disse. – Buon divertimento, Cla. Io rimango qui ad aspettare Felipe.
– Pensi
davvero di poterlo scegliere? – le chiese Claudia. – Non è così, mi dispiace.
– Vorresti
dirmi che è Felipe dalla sua dimensione a chiamare me e che io devo per forza
rispondergli?
– Non ho
detto nulla di tutto ciò. Anche perché in questa frazione di secondo Felipe è
qui.
Federica
rise.
– È un
discorso contorto, Cla, che non ha un minimo di senso – disse. – Se Felipe è
qui, tu non puoi andare da Felipe in un altro luogo.
– Non hai
proprio capito, allora? Felipe sta per tornare in quel luogo e io e lui dovremo
incrociarci per un istante. Tra poco.
– E quindi
tu lo incroceresti nel paddock alla fine delle qualifiche? – chiese Federica.
– Non
proprio – rispose Claudia. – Anzi, per nulla. Le qualifiche finiranno tra un
bel po’. Intendo dire, quando la sabbia della clessidra di Felipe finirà il
proprio percorso verso il basso - o verso l’alto, a seconda di come la giri - e
il tempo inizierà a scorrere normalmente, passerà ancora un po’ prima che
finiscano le qualifiche.
– Una
ventina di minuti, mi pare – disse Federica. Guardò l’orologio. – Sì, proprio
così. Mancano poco meno di venti minuti alle tre.
– Non è così
semplice come credi, Fede. Nulla è mai stato semplice, oggi pomeriggio, e non
sarà semplice neanche quello che accadrà tra poco.
Le due
ragazze si guardarono e Federica indietreggiò ancora. Le sembrava così lontano
il momento in cui era arrivata, ansimante, nel parco, e si era lasciata
scivolare contro il tronco di quell’albero laggiù in fondo. Quell’albero che
sembrava chiamarla, dirle “vieni qui, raggiungimi, sarai abbastanza lontana da
quella panchina e da tutto il resto”… Federica si chiese se ascoltare quel
suggerimento. Sì, doveva farlo. Era meglio allontanarsi da tutto e sperare che
quell’istante terminasse. Era felice, certo, di avere incontrato Felipe Massa,
che era sempre stato il suo idolo, ma ne aveva abbastanza di quella situazione.
Tanto più che in quel momento Felipe non c’era. Avrebbe dato qualsiasi cosa per
ritornare a una normalità come quella da cui si era staccata quando il tempo
per lei e le sue amiche aveva iniziato a scorrere a rilento.
“Vieni qui,
raggiungimi, sarai abbastanza lontana da quella panchina e da tutto il resto,
guarderai da lontano la situazione che torna alla normalità. Ascoltami, Fede…”
No, non era
possibile che un albero le parlasse, ma la tentazione di ascoltare quella voce
era davvero forte. Sì, doveva andarsene, lasciare Claudia al proprio destino e…
– Cla? Cla,
ti senti bene?
Federica
guardò l’amica, era sbiancata totalmente e sembrava sul punto si svenire.
– Cla,
siediti, se non stai bene.
Il tono di
Federica era colmo di preoccupazione. Si avvicinò a Claudia, le posò la mano
destra su una spalla.
– Cla, stai
male? – ripeté.
Claudia non
rispose, nel momento in cui anche Federica impallidiva e un brivido
agghiacciante la oltrepassava. Fu Federica che rischiò seriamente di svenire e
forse non riuscì a percepire bene ciò che le stava accadendo. Claudia riuscì a
rimanere in piedi, doveva riuscirci per forza, e doveva anche sostenere
Federica, che sembrava priva di forze. Intanto sentiva un vortice che la
risucchiava, sentiva il suo corpo che rimpiccioliva, che continuava ad essere
risucchiato. E Federica era aggrappata a lei, con il volto inespressivo che sembrava
non percepire lo stordimento che invece Claudia provava.
“Resisti,
Cla” si disse. “Resisti, devi resistere.”
E poi fu
tutto finito. Il buio la travolse, ora era all’interno di qualcosa di chiuso e
si sentiva come sospesa a mezz’aria. Un fascio di luce le illuminò lo sguardo,
nonostante non vi fosse alcuna fonte di illuminazione. Federica indietreggiò,
abbagliata, e Claudia sentì che ciò su cui i suoi piedi si appoggiavano
tremava. Evidentemente erano finite all’interno di un oggetto tutt’altro che
stabile. Considerazione abbastanza ovvia, se il corpo in questione era sospeso
in aria, ma non vi era alcuna ragione per cui Claudia avrebbe dovuto pensarci,
in una tale situazione. Mentre tutto tremava sentì un oggetto che rotolava a
terra. Si chinò, preparandosi a una seconda scossa, che immediatamente arrivò,
e fu talmente forte che entrambe le ragazze caddero rovinosamente. Claudia
sentì Federica arrivarle addosso, mentre sentiva una fitta al ginocchio destro,
che anziché impattare al suolo, se si poteva chiamare suolo la superficie su
cui era precipitata, era andato a finire sopra un oggetto di piccole dimensioni.
L’oggetto che prima rotolava, probabilmente.
Gli sguardi
di Claudia e Federica si incrociarono, sotto il fascio di luce. A Claudia parve
che Federica fosse terrorizzata.
– Non
preoccuparti – le disse. – Presto tutto sarà finito.
Riuscì ad
afferrare con la mano sinistra l’oggetto che rotolava fino a poco prima. Era
imbrattato di una sostanza liquida. Probabilmente sangue uscito dal taglio che
senza dubbio si era procurata sul ginocchio.
– Che cos’è
quella cosa? – domandò Federica.
Claudia la
alzò, portandola sotto al fascio di luce. Era una clessidra, dentro alla quale
sabbia bianca stava scendendo piuttosto in fretta.
– Un’altra
clessidra? – chiese Federica. – Perché?
– Perché
quando questa sabbia finirà di cadere giù saremo di nuovo nella nostra
dimensione e tutto sarà finito, sperando che sia finito bene. Ora, però,
dobbiamo rialzarci.
Federica si
mosse con rapidità, provocando una nuova scossa.
– Dobbiamo
alzarci lentamente – specificò Claudia. – Siamo sospese a mezz’aria e il nostro
stesso corpo ha dovuto subire un notevole ridimensionamento per entrarvi. Ti
prego di fare quello che ti dico, Fede.
– Se fai
finire tutto questo, faccio quello che mi dici – dichiarò Federica. – Non
voglio rimanere qui dentro per tutta la vita.
– La vedi
questa sabbia? Sta scendendo. Tra poco sarà finita.
– Tra poco?
E quanto sarebbe poco? Immagino che anche qui non ci siano le ore, i minuti, i
secondi… Non possiamo semplicemente rimanere ferme qui, in attesa che tutto
finisca?
Claudia
negò.
– Non
possiamo rimanere qui. A un certo punto dovremmo muoverci. Quello che sta
accadendo ha un senso, dobbiamo farlo per Felipe.
– Per
Felipe? Ma che cosa c’entra Felipe? Dove siamo, Cla? Siamo intrappolate chissà
dove, lontane chissà quanto da Felipe.
– Non siamo
chissà dove. Io so benissimo dove siamo.
– Allora
dimmelo.
– Non posso.
Non sono sicura che, se ti dicessi dove siamo, poi faresti quello che ti dico.
E la cosa potrebbe avere conseguenze disastrose.
Federica
rise, sarcastica.
– Hai detto
che in ogni caso, quando finirà il tempo della nostra clessidra, ce ne
torneremo da dove siamo venute. Ora ti smentisci?
– Non mi sto
smentendo affatto. A quel punto tutto sarà davvero finito. Quello che non
possiamo ancora sapere è come. Non sappiamo nemmeno se Milù, Serena e Iole
riporteranno qui Felipe.
– Qui?
Perché mai dovrebbero portarlo qui? Lo riporteranno al parco della via del
mercato, il posto in cui vorrei essere io in questo momento.
– Okay.
Anch’io preferirei essere là tranquillamente e ricevere la notizia che Felipe è
in pole position, quando tornerò a casa. Ma non accadrà nulla di tutto questo e
soprattutto non siamo là. Ora, per favore, rialzati lentamente.
Federica si
alzò in piedi, con tutta la delicatezza possibile, e Claudia fece lo stesso.
– Bene. Ora
appoggiamoci a questa… ehm, parete. E non muoviamoci, fino al momento in cui te
lo dirò. E come ti dirò.
– E per
quale ragione dovremmo appoggiarci?
– Molto
semplice. Per riuscire a rimanere in piedi. E per mantenere ferma la nostra
“trappola”, almeno finché non sarà necessario intervenire.
– Va bene,
va bene, non chiedo altro. Sta scorrendo, quel maledetto tempo?
–
Tranquilla, scorre come non mai. Temo anzi che, se continueremo a parlare, non
farò in tempo a spiegarti per filo e per segno come e quando ti devi muovere.
– Okay, allora
spiegamelo. Non vedo l’ora che tutto questo finisca.
Con il
fascio di luce che la abbagliava, Federica si appoggiò dolcemente alla sorta di
parete che aveva alle sue spalle. Claudia guardò la clessidra. La sabbia
scendeva rapida. Il fascio di luce era sparito e adesso vedeva, tutto sospeso e
immobile, ciò che vi era all’esterno del corpo entro il quale lei e l’amica si
trovavano.
– Oh, no –
sussurrò. – Siamo appoggiate dalla parte sbagliata.
– Dalla
parte sbagliata? Che cosa vuoi dire? Come fai a saperlo.
– Non
preoccuparti di come faccio a saperlo. Dobbiamo solo spostarci dall’altra
parte.
– “Solo”? Ma
è una pazzia! Cadremo altre dieci, venti, forse cento volte.
Federica si
prese la testa tra le mani. Perché diamine non era scappata in tempo?
– Forse cadremo
di nuovo, è vero. Ma dobbiamo rialzarci, Fede, dobbiamo rialzarci sempre, fino
all’obiettivo.
Cercava di
apparire sicura, quando parlava, non voleva spaventare Federica, ma la verità
era che adesso era terrorizzata a sua volta. Vedersi così piccola in confronto
a ciò che c’era fuori dalla loro “trappola” non era certo rassicurante. Tanto
più che il risultato dei suoi sforzi non era garantito. E che anche da Milù,
Iole e Serena dipendeva quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
11.
Iole guardò
Felipe senza capire.
– E adesso
che cosa si fa? – chiese. – Dove sono Claudia e Federica?
– Non preoccuparti,
andrà tutto bene – disse Felipe.
Parole che
non potevano confortare nessuna delle tre ragazze, tutte quante alle prese con
dubbi che difficilmente avrebbero potuto trovare una risposta.
– Temo che
da sole, però, non riusciremo a realizzare il nostro obiettivo – notò Serena.
– Quale
obiettivo intendi? – domandò Milù.
– Semplice.
Tenere Felipe con noi. Il fatto che Claudia e Federica siano scomparse cambia
molto le cose.
– Non sono
d’accordo – replicò Iole. – Perché mai dovrebbe cambiare le cose? Ci siamo
rimaste noi, e tocca a noi tre prendere la decisione che loro non hanno preso.
Felipe
intervenne: – Ti sbagli. Loro hanno preso una decisione. Come io sono venuto da
voi, loro stanno aspettando me nel mio “mondo”. Non appena tornerò, avrò un
rapido contatto con loro.
– E poi? –
chiese Serena.
– Poi
dimenticherò tutto, per sempre – rispose Felipe. – È triste, ma è l’unico modo
che abbiamo per risolvere le cose.
– Così, dopo
che sarai tornato, tutto scorrerà come ci hai detto? Con Button che vincerà il
mondiale in Brasile, con Barrichello che forerà, con te che non vincerai più
nemmeno una gara almeno fino alla fine del 2010…?
– Sì.
Andranno così, le cose. Almeno per quanto riguarda gli altri. Io non lo so.
Dipende anche da Claudia e Federica quale sarà il mio destino.
Milù gli
chiese: – Come sarebbe a dire? Loro non ti stanno semplicemente aspettando?
– In un
certo senso si può dire che mi stiano aspettando – ammise Felipe, – Ma non si
tratta solo di questo. La realtà è complicata, ma presto capirete. Quando
scadrà il tempo, capirete. Ne sono sicuro. Anzi…
Milù lo
interruppe: – Guarda la clessidra!
Parlava con
tono concitato e si alzò in piedi di scatto, rovistando dentro la borsa.
– Che cosa
cerchi? – le chiese Iole, sorpresa.
– Le chiavi
della macchina – disse Milù. – Felipe, dobbiamo andare.
Anche Felipe
si alzò, invitando Serena e Iole a fare altrettanto.
– L’hai
capito prima ancora che te lo dicessi – osservò Felipe. – Ciò significa che
anche tu hai preso la tua decisione.
– Sì, certo
– rispose Milù. – È giusto che tu sia restituito alla tua vita.
Iole
replicò: – Anche il parere mio e di Serena dovrebbe contare. Anzi, ora siamo
due contro tre. Perché tu, Sere, vuoi che Felipe rimanga, vero?
– Ti ricordo
che, se anche resterà, non ce lo avremo accanto come adesso – insisté Milù. –
Sarà una specie di angelo custode. Tu davvero vuoi che Felipe ti faccia da
angelo custode, ma senza rivederlo mai più?
– Perché
così che cosa cambia? Se Felipe tornerà nel suo mondo, tornerà a fare il pilota
e ugualmente non lo vedrò mai più. Quindi tanto vale che resti come nostro
angelo custode.
– Oh, no. È
fuori discussione. Felipe è nato per essere un pilota, non per essere il nostro
angelo. Quindi dobbiamo accompagnarlo nello stesso posto in cui ci siamo
incontrati.
Felipe
lanciò a Milù uno sguardo carico di riconoscenza.
Iole non si
arrese.
– Felipe
resterà con noi. Tu, Sere, che ne dici?
Serena
abbassò lo sguardo.
– Dico che è
la decisione più difficile che io abbia mai dovuto prendere – rispose. – Temo
che, qualunque cosa scegliessi, potrebbe essere quella sbagliata.
– No, Serena
– disse Felipe. – Sono sicuro che prenderai la decisione giusta. Qualunque
decisione può esserlo. Basta vedere le cose da una certa ottica invece che da
un’altra.
Milù indicò
la clessidra.
– Non vedete
che il tempo a nostra disposizione stringe? Dobbiamo andare, e al più presto!
Prese quel
misuratore di tempo e iniziò ad avviarsi verso la macchina.
– Avanti,
Felipe, vieni con me – invocò.
Si girò
verso il ragazzo, che era ancora fermo.
– Felipe, ti
prego. – In fondo al suo cuore aveva capito che cosa avrebbe significato
trattenerlo. – Felipe, so che tu non vuoi rimanere qui. Vuoi tornare a vivere
la tua vita. Cosa che non accadrà se ti tratterremo. Quindi ti prego, vieni con
me, che ti riaccompagno.
– Felipe,
fai quello che ti dice Milù – aggiunse Serena. – Credo che, dopotutto, sia
questa l’unica soluzione possibile.
– Tu dici? –
le chiese Felipe.
– Sì, certo.
È la decisione che abbiamo preso tutte.
– Ti sbagli.
Iole non l’ha presa. E senza di lei, non vado da nessuna parte.
Milù gli
domandò: – Vorresti dire che il parere di Iole conta più di tutti i nostri
pareri messi insieme? Non pensi a quello che Claudia e Federica stanno facendo
per te?
– Tu cosa ne
sai di quello che stanno facendo per me?
– Lo so e
basta. Loro sono precipitate nella tua dimensione, pronte ad affrontare le
stesse avversità che affronterai tu tra poco. Il solo parere di Iole è così
vincolante per te?
– È una
questione di principio, Milly. Nessuna di voi conta più delle altre.
– Nemmeno
Claudia? Nemmeno dopo che è lei che hai incontrato in sogno? Non è possibile,
Felipe, non ti credo.
– Non
credermi, se vuoi, ma senza il consenso di Iole io non vado da nessuna parte.
– Anche se è
una pazzia?
– Anche se è
una pazzia. Perché niente è una pazzia più di quello che state facendo voi per
me.
Felipe si
ritrovò addosso gli sguardi delle tre ragazze. Milù, la più lontana, Serena e
Iole, le più vicine. Gli occhi di Iole si incrociarono con quelli di Felipe e
in quel momento la ragazza comprese quanto poteva pesare il suo errore.
– Felipe,
andiamo, è meglio così – disse.
– Dici
davvero, Iole? Non lo stai facendo per adeguarti?
– No, per
niente. Non possiamo permettere che tu non torni a vincere. Poco importa se non
accadrà quest’anno e nemmeno il prossimo. Quello che conta è che prima o poi ci
sarà l’occasione giusta per te. Basta semplicemente che non perdi le speranze.
Io non le perderò. Anzi, spero anche che tu ti sia sbagliato sul 2010. Ma che
cosa dico, sul 2010? Su questa stagione. Almeno in Brasile vincerai, ne sono
sicura.
– Io sono
sicuro del contrario, ma non importa. Ora andiamo.
Milù,
seppure felice della decisione presa da Iole e da Felipe, non riuscì a fare a
meno di guardare ancora una volta la clessidra
–
Dannazione, il tempo a nostra disposizione cala sempre più velocemente.
Dobbiamo andare. Vi prego, correte, dobbiamo fare presto!
Senza
esitare scattò verso la propria automobile, proprio lei che dopo cento metri di
corsa aveva già il fiatone, per non parlare del cuore che le andava a mille.
Non si girò a guardare se Felipe, Iole e Serena si stessero affrettando, ne era
convinta. Anzi, ne era sicura.
In pochi
istanti giunsero alla macchina, Milù corse ad aprire entrambe le portiere, fece
salire tutti a bordo, con Felipe seduto accanto a lei, inserì la chiave e…
– Ti prego,
parti!
Perché
l’auto non ne voleva sapere? Perché proprio in quel momento.
– Puoi anche
abbandonarmi, se lo vuoi, ma fallo tra dieci minuti, non adesso!
Dieci
minuti. Che senso aveva parlare di dieci minuti? Assolutamente nessuno.
Felipe la
guardò con gli occhi sbarrati, uno sguardo che ricordava vagamente quello che
si era intravisto attraverso la visiera del suo casco poco meno di un anno
prima all’Hungaroring, quando il motore della sua F2008 era finito in fumo a
tre giri dalla fine.
– Allora è
finita – disse dopo qualche istante. – È finita davvero.
– No, apri
quello sportello – gli ordinò Milù, indicando il vano dove stavano tutti i
documenti dell’automobile. – È questione di chiave. Vecchio sistema che a volte,
col caldo, impazzisce.
Felipe
eseguì.
– E adesso?
– chiese.
– Prendi
quell’astuccio lì. Ecco, ora passamelo.
La ragazza
lo aprì. Dentro vi era la chiave di riserva. La inserì e la fece girare, senza
perdere d’occhio l’orologio. Cosa totalmente inutile, secondo quell’orologio
mancavano diciotto minuti alle tre. Da chissà quanto tempo mancavano diciotto
minuti alle tre. La cosa più incredibile era che questo corrispondeva a verità.
– Oh, meno
male.
Il motore si
era avviato e Milù si affrettò a partire. Fece inversione di marcia,
dirigendosi poi verso la strada più breve che conduceva alla via del mercato.
Non era lo stesso tragitto fatto in precedenza, stavolta, ad esempio, non
sarebbero passati davanti al bar in cui lavorava Graziana. Era una strada secondaria,
quella che stavano percorrendo, l’ideale dal momento che non era l’occasione
giusta per rispettare i limiti di velocità di una strada cittadina.
– In ogni
caso i limiti di velocità non servono, se sei l’unica che viaggia su questa
strada – le ricordò Felipe. – Quello che tu stai vivendo in così tanto tempo,
gli altri lo vivono in una frazione di secondo. Non noteranno nemmeno il tuo
passaggio. Soltanto Graziana ci ha notati.
Milù rischiò
di sbandare per la sorpresa, ma fortunatamente riuscì a rimanere in
carreggiata.
– Graziana?
– chiese. – E quando?
– Prima –
rispose Felipe. – Quando siamo passati davanti al bar dove lavora, per andare
nella zona del centro sportivo. Lei era affacciata. La porta era chiusa, ma era
trasparente. Forse il tempo si è fermato per un attimo anche per lei, dandole
modo di vedere di sfuggita la tua macchina… e me.
– Tu come
fai a saperlo? – gli domandò Milù, incuriosita. – Hai visto anche questo?
– In un
certo senso. In ogni caso dite a Graziana di non preoccuparsi troppo per me,
dopo, quando la vedrete.
– Dopo
vedremo Graziana? Preoccuparsi per te? Davvero, Felipe, non riesco più a
seguire i tuoi discorsi…
Felipe le
ricordò: – Infatti non devi seguire i miei discorsi. Devi solo accompagnarmi
dove ti ho detto, e fare il più presto possibile.
Più facile a
dirsi che a farsi, perché sì, la strada era deserta, ma non per questo le curve
e l’asfalto che rischiava di franare erano scomparsi. Il resto del tragitto lo
percorsero nel più totale silenzio, con anche Iole e Serena quasi immobili (a
parte i sobbalzi quando Milù frenava troppo bruscamente in corrispondenza di
una curva), fino al momento in cui arrivarono al semaforo che dava sulla via
del mercato.
Scattò il
giallo, con la clessidra che ormai era vuota in alto e piena in basso. Quanto
poteva durare ancora?
– Milù,
passa – la invocò Felipe.
La ragazza
balbettò: – Ma… ma tra poco… tra poco scatta il rosso…
– Vai – urlò
Serena, che era seduta dietro di lei. – Ti prego, vai!
– Ci sei
solo tu su questa dannata strada, in questo momento il resto del mondo non
esiste – le ricordò Felipe.
Era vero.
Nessun altro era lì in quell’istante. Con la consapevolezza che la strada era
tutta sua, Milù attraversò l’incrocio.
– Ora
parcheggia dove avevi parcheggiato prima – disse Felipe, non appena giunsero
nelle vicinanze del parco.
– Ma non
sarà meglio parcheggiare più vicino?
Ci pensò
Serena a mettere le cose in chiaro: – Fai quello che Felipe ti ha detto!
Milù eseguì.
Scesero tutti dall’auto, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere a chiave le portiere.
– Ora
dobbiamo correre – avvertì Felipe.
Attraversarono
tutti e quattro la strada più in fretta che potevano e si lanciarono verso il
parco, Felipe con la clessidra in mano. E nella clessidra soltanto pochi
granelli di sabbia non erano ancora calati.
Nella
clessidra soltanto pochi granelli di sabbia non erano ancora calati. Claudia la
teneva saldamente in mano, ignorando il dolore al ginocchio. Era sicura che
anche la gonna si fosse imbrattata di sangue, ma non le importava. Continuava a
guardare ciò che vedeva, lei che in quella situazione aveva avuto il potere di
guardare all’esterno. Federica, che stava alla sua sinistra, accanto a lei, era
ignara di tutto questo. Non sapeva dove si trovava, non poteva vedere
all’esterno e la luce per lei era soltanto un fascio che andava a rischiarare
la clessidra, in modo tale da potere tenere sotto controllo lo scorrere del
tempo.
– Non appena
ti dirò che è il momento, tu buttati a terra – le aveva detto Claudia. – Ma non
farlo come capita. Devi lanciarti il più possibile alla tua destra.
– Ma questa
cosa, quindi, si sposterà lievemente verso destra – aveva obiettato Federica,
allarmata. – Non potrà seguire la propria traiettoria prefissata.
– E secondo
te qual è il motivo per cui ti ho detto di lanciarti a destra? – era stata la
risposta di Claudia. – Tra poco capirai tutto, adesso c’è bisogno
essenzialmente che tu esegua, non che tu capisca. Per ora siamo ferme, o
meglio, siamo sospese in aria, dentro questo aggeggio. Ma quando il tempo
riprenderà a scorrere ci muoveremo, o meglio, questo aggeggio si muoverà. Ogni
nostro movimento potrà essere fondamentale. Dobbiamo farcela. Per adesso,
questa è la cosa più importante.
Aveva
parlato con tono sicuro, Claudia, e ora si chiedeva se davvero non si era
tradita con qualche esitazione. La verità era che aveva il terrore di non
farcela. Doveva dare il proprio ordine a Federica e lanciarsi insieme a lei un
istante prima che il tempo a loro disposizione finisse, cosa non facile dal
momento che il tempo si misurava con un’unità di misura totalmente diversa da
quella che era abituata a conoscere. Inoltre, la possibilità di vedere oltre i
confini del corpo dentro al quale lei e Federica erano intrappolate tendeva a
distoglierla dalla clessidra, cosa che non doveva permettere che accadesse. E
anche la presenza di Federica, originariamente non prevista, tendeva a
distrarla. Sperava che almeno rimanesse in silenzio per quel poco tempo che
rimaneva.
Ma la voce
di Federica ruppe il silenzio: – Cla, ti prego, dimmi che cosa stiamo facendo.
– È quasi
ora – disse Claudia. – Non c’è tempo.
Era la
verità. Non c’era tempo. La sabbia aveva preso a scorrere ad una velocità
pazzesca, come se ogni granello che cadeva fosse stato l’ultimo. Claudia fece
un respiro profondo, attese restando in apnea per un istante che le sembrò
infinito, poi urlò: – È ora!
Lei e
Federica si gettarono sulla destra nello stesso tempo. Sentirono un profondo
sbalzo, quello che nella loro attuale dimensione era uno sbalzo profondo, ma
che nel mondo reale non doveva essere altro che uno scostamento di un paio di
centimetri. Impattarono contro la parete inferiore di quel corpo in movimento
(e non solo in oscillazione, sembrava che, mentre loro si lanciavano a terra,
il tempo “interrotto” fosse terminato e che il mondo avesse ripreso a muoversi)
e, se soltanto Claudia non fosse stata troppo concentrata su ciò che stava
facendo, avrebbe potuto notare istantaneamente almeno tre cose: non aveva più
il potere di vedere quello che succedeva all’esterno, all’interno adesso era completamente
buio non essendovi più alcun fascio di luce e soprattutto si sentiva stordita
quanto al momento del passaggio tra una dimensione e l’altra, se non di più.
12.
Milù si
lasciò cadere a terra stremata. Erano giunti al luogo dell’incontro,
finalmente. Felipe teneva la clessidra in mano, gli ultimi granelli di sabbia
scorrevano.
– Grazie –
sussurrò. La sua voce era quasi impercettibile, la sua immagine iniziava a
farsi sfuocata.
Milù si
rialzò a fatica, ansimando. Fissò Felipe con occhi tristi, stessa espressione
di Serena e di Iole.
– È arrivato
il momento dell’addio? – domandò.
Felipe
annuì.
– Adesso
devo andare, devo riprendermi la mia vita. È stato bello incontrarvi.
Anche i suoi
occhi si erano fatti tristi, o almeno lo sembravano. Erano ormai troppi confusi
anche loro per poterlo stabilire con certezza.
Iole si
avvicinò a Felipe.
– Portaci
con te – lo pregò.
– Non posso.
Iole abbassò
lo sguardo. Ne era convinta ancora prima di chiederglielo. Il suo sguardo andò
a cercare quello di Felipe, ma ormai era impossibile.
– Felipe,
non andartene!
Inutile.
Ormai Felipe non poteva più sentirla, la sua immagine si stava letteralmente
cancellando, fino a svanire totalmente.
– E adesso?
– chiese Serena. – Che cosa accadrà adesso?
–
Probabilmente il tempo tornerà a scorrere normalmente – rispose Milù.
– E se così
non fosse? Se questa giornata dovesse durare per sempre?
Iole
intervenne: – Nulla è per sempre. Almeno su questa Terra.
E poi un
fruscio, come qualcuno che calpestava l’erba. Milù, Serena e Iole si girarono
di scatto verso la direzione da cui proveniva il rumore.
Claudia e
Federica procedevano verso di loro. Con gli occhi stravolti, Federica aveva
quasi bisogno che Claudia la sorreggesse.
– Felipe se
n’è andato – disse Serena.
Claudia
annuì.
– Lo
sappiamo. O meglio, lo so. L’ho sempre saputo.
– Dove siete
state? – volle sapere Iole. – Siete andate a raggiungere Felipe, vero? Ad
attenderlo al suo ritorno?
– È così –
mormorò Claudia.
La sua voce
era spezzata, nonostante il suo cuore le dicesse che le cose si sarebbero
sistemate.
– Potevate
portarmi con voi – commentò Iole. – Non è stato molto carino da parte vostra…
Claudia le
fece notare: – Io non avevo scelta. E forse nemmeno Federica. Credo che sia
questa la ragione per cui è venuta con me.
Federica
andò a sedersi sulla panchina.
– Vi prego,
portatemi via da qui – disse. – Portatemi dove volete, ma non credo che riuscirò
a resistere. – Era ancora inconsapevole del proprio ruolo, non aveva ancora
avuto la forza di chiedere a Claudia le spiegazioni che aveva tanto desiderato
prima di quel maledetto momento. – Mi sono sentita soffocare, là dentro.
– Soffocare?
– chiese Serena. – Dov’eravate finite?
– Non ne ho
idea – rispose Federica, mentre Claudia tamponava con un fazzoletto il taglio
sul ginocchio. – Mi sembra solo di essere stata costretta a rimpicciolire per
entrare dentro quella cosa. Vi prego, portatemi via da qui. Al bar dove lavora
Grazy, magari…
Nella mente
di Milù risuonarono alcune parole pronunciate poco prima parlando con Felipe.
“Dite a
Graziana di non preoccuparsi troppo per me, dopo, quando la vedrete.”
“Dopo
vedremo Graziana? Preoccuparsi per te? Davvero, Felipe, non riesco più a
seguire i tuoi discorsi…”
E così
Felipe sapeva. Sapeva già tutto.
– Andiamo
subito – disse.
Federica si
alzò in piedi. Tutte e cinque, con lo sguardo cupo, si avviarono verso la
vecchia Punto di Milù. Salirono a bordo e, prima di partire, rimase in attesa.
Guardò l’orologio, adesso il tempo scorreva normalmente. Le due e tre quarti
erano già passate da qualche minuto, ormai.
– Non sono
più le due e quarantadue – disse.
– Sì, certo,
il tempo ha ripreso a scorrere – rispose Claudia, che era seduta davanti,
accanto a lei.
Lo disse
come se fosse la cosa più normale del mondo, anche se normale non era tutto
quanto accaduto fino a quel momento. Dopo ciò che le era appena successo,
quando era stata coinvolta di prima persona, non si sorprendeva più dello
strano andamento che il tempo poteva avere. C’erano cose più strane, rispetto
al tempo. Che i minuti scorrano in fretta oppure lentamente è relativo,
trovarsi in un luogo oppure in un altro non lo è. E lei si era ritrovata per in
un altro luogo, vivendo per una frazione di secondo un altro tempo.
Milù si girò
indietro. Federica, seduta sul sedile posteriore, alle spalle di Claudia,
teneva la testa appoggiata al finestrino. Non era più pallida quanto prima, ma
il suo sguardo era ancora strano.
– Che cosa
stiamo aspettando? – chiese Iole.
– Nulla –
rispose Milù.
Allacciò la
cintura di sicurezza, inserì la chiave e avviò il motore. Partì, diretta verso
il centro, dove avrebbero trovato Graziana.
– Fermati,
ti prego – urlò Federica, dopo qualche istante.
Milù
accostò.
– Non ti
senti bene? – le chiese, girandosi.
– No, non mi
sento bene per niente – rispose Federica. – Tu non hai idea di che cosa
significhi essere risucchiata dall’aria che hai intorno. Come se un vortice ti
stesse triturando, ti senti rimpicciolire… E non sai dove stai andando a
finire. Poi ti ritrovi intrappolata dentro chissà che cosa, un oggetto
metallico dalla forma strana, che nella realtà è cento o duecento volte più
piccolo di te. E non saperne il motivo. Assolutamente, non saperne il motivo,
ma sapere che quello che farai potrebbe essere decisivo per qualcun altro.
– Forse,
quando saprai dov’eri, ti sentirai meglio – le disse Claudia.
– Allora
perché non me lo dici? – le domandò Federica.
– Non è
ancora il momento che tu sappia.
– Quando
sarà questo momento, allora? Inizio a credere che non arriverà mai.
Claudia
replicò: – Non è così. Non sono io a dovertelo dire. Dovrà essere il tuo cuore
a dirtelo. La scorsa notte Felipe mi ha assicurato che l’avresti capito.
– Quello era
un sogno – le ricordò Federica. – Il nostro non lo è. Ho visto la tua ferita
sul ginocchio. Perdevi sangue. Non perdi sangue perché hai sognato di perderlo.
– Questo no.
E infatti questo non è un sogno. In ogni caso lo sapevo già, che avresti
chiesto di andare al bar dove lavora Grazy.
– Anche
questo faceva parte del sogno?
– Sì.
Milù
domandò: – Cosa dobbiamo fare adesso? Scendere?
– No,
rimaniamo in macchina – rispose Claudia. – Prima arriviamo da Grazy e meglio è.
Mi raccomando, però, non ditele nulla.
– Nulla di
Felipe? – chiese Milù. – Ma Grazy l’ha visto, me l’ha detto lui.
– Grazy
penserà di essersi sbagliata o di avere visto uno che gli somigliava – rispose
Claudia. – Ora, però, ripartiamo, se no non arriveremo mai.
Sorrise. Un
sorriso poco convinto, ma pur sempre un sorriso.
La moglie
del titolare fu la prima a notare le cinque ragazze che si avvicinavano alla
porta.
– Grazy –
disse. – Ci sono le tue amiche che stanno per entrare.
Graziana non
rispose. Lei e il titolare del bar avevano gli occhi puntati su Raidue.
– Ehi, la
finite di guardare quella TV come se fosse l’ottava meraviglia del mondo?!
GRAZY! Ho detto che stanno arrivando le tue amiche.
Finalmente
Graziana si rese conto che la donna si stava rivolgendo a lei.
– Le mie
amiche? – domandò. – E che cosa ci fanno qui? Credevo che fossero a casa a
guardare le qualifiche…
– Tanto è
chiaro che Button e Barrichello partiranno in prima fila, domani – ribatté la
moglie del titolare. – Che cosa stanno a guardarsele a fare?
– Ti sbagli
– disse Graziana. – Barrichello è out.
– Con quel
razzo che si ritrova? Strano…
– Pare abbia
avuto qualche problema sulla vettura, che perdesse pezzi dal retrotreno… Così
almeno hanno detto.
Graziana
tornò a ruotare lo sguardo sul televisore. Nello stesso momento la porta si apriva
ed entravano Claudia, Federica, Iole, Milù e Serena.
Serena, che
più delle altre era riuscita a ritrovare la propria serenità interiore, fu la
prima a salutare Graziana, in modo piuttosto rumoroso.
– Ciao Sere
– disse Graziana, con una voce strana. – Ciao ragazze. Che cosa ci fate qui?
Siete voi quelle che ho visto passare in macchina?
– Ci hai
viste passare in macchina? – chiese Serena. – No, non credo. Ti sarai
sbagliata.
– Sarà, ma
non credo che ce ne siano tante di Punto verdi come quella di Milù, in giro
nella zona. Anche se, in effetti, qualcosa di strano c’era. Mi pareva quasi che
ci fosse Felipe Massa, come passeggero su quella macchina.
– Allora
probabilmente quell’auto te la sei direttamente sognata – mentì Serena.
– Può darsi.
– A
proposito di Felipe, che cosa sta combinando? – domandò Iole.
Claudia
abbassò gli occhi.
“Ci siamo”
pensò.
– Guarda tu
stessa – disse Graziana, indicando a Serena il televisore.
La regia
stava inquadrando una vettura rossa, incidentata contro le barriere di protezione.
Milù si
avvicinò anch’essa al televisore.
– Una
Ferrari piantata in mezzo alle barriere? – osservò. – Che cos’è, un replay del
gran premio di Silverstone del 1999?
Si riferiva
al celebre incidente in cui Michael Schumacher si era fratturato la gamba destra.
Si rese conto, però, immediatamente, che non si trattava di un replay risalente
a dieci anni prima. Era una Ferrari del 2009, era un’immagine in diretta. E il
casco indossato dal pilota di quella monoposto aveva tonalità sul verde
brillante e sul giallo.
– Ma quello
è Felipe – esclamò.
– Eh, sì,
così pare – disse tristemente Graziana.
– Lo sapevo
– mormorò Claudia.
Si rese
conto immediatamente dell’errore che aveva commesso. Come poteva saperlo?
Graziana si
accorse dello stesso dettaglio.
– Tu, Cla, che
cosa ne sai? – le chiese.
Claudia
tentò disperatamente di trovare una soluzione. Doveva esserci. Sì, c’era.
– L’ho
sentito per radio. Sulla macchina di Milù, quando siamo scese. C’era la radio
accesa e prima che Milù scendesse c’erano le notizie del TgCom su R101.
Milù abbassò
lo sguardo. Sulla sua macchina non c’era nemmeno il servosterzo, figuriamoci la
radio! Claudia non avrebbe dovuto fare un errore così clamoroso. Guardò il
display del cellulare, che aveva tolto dalla borsa poco prima. Non era nemmeno
orario del TgCom, a quanto pareva. Le informazioni presenti, infatti,
segnalavano: “Sab. 25/07/2009, 14,53”. Il mini-notiziario di R101 sarebbe stato
trasmesso alle 14,59.
Imperterrita,
Claudia proseguì: – Le altre non se ne sono accorte, ma io ho sentito. Dicevano
che Felipe aveva avuto un incidente, sul finale della Q2.
– Per radio
hanno già dato la notizia? – domandò Graziana, sorpresa. – E poi…
Prima che
potesse aggiungere altro, Claudia riprese: – Hanno detto che è stato un
incidente dalla dinamica molto strana… Una molla che pesava poco meno di un
chilo che si è staccata dal retrotreno della vettura di Barrichello l’ha
colpito sulla visiera del casco, facendolo svenire…
– Una molla?
– chiese Graziana. – Per radio hanno detto questo? Ma se in TV non hanno ancora
nemmeno mostrato il replay!
Claudia
sbiancò.
– Cla, come
puoi sapere tutto questo? – le chiese Federica, guardandola.
Claudia
indietreggiò di scatto.
– Cla, dove
vai, ora?
La videro
uscire dal bar e Federica la seguì.
Claudia si
diresse verso l’auto di Milù, che era parcheggiata dall’altro lato della
strada, e si appoggiò alla carrozzeria. Aveva parlato troppo presto. E sulla
macchina di Milù non c’era alcuna radio.
Federica le
fu davanti dopo qualche istante. Ora non era più pallida e insicura, ma era
determinata a scoprire la verità.
– Allora? –
le chiese, con decisione. – Che diamine è questa storia della molla? Che ti
stai inventando?
Claudia
sospirò.
– Non mi sto
inventando nulla. Una molla ha colpito il casco di Felipe, sfondandogli la visiera.
– Ah, sì? E
quando, sentiamo?
Claudia la
guardò, sorpresa.
– Davvero
non l’hai ancora capito? Poco più di dieci minuti fa. Alle 14,42. Un attimo
prima, Felipe è venuto da noi. In un qualche modo sapeva già che cosa gli
sarebbe accaduto. L’abbiamo scoperto io e lui stanotte, nel nostro sogno. Dalla
Brawn di Barrichello si sarebbe staccata una maledetta molla, e dietro alla
Brawn ci sarebbe stato lui. Abbiamo visto tutto, stanotte. Se la molla l’avesse
colpito al centro della fronte, non avrebbe avuto scampo.
– Ma avete
visto che la molla non l’avrebbe colpito al centro della fronte, immagino –
disse Federica.
Claudia
scosse la testa.
– La molla
sarebbe andata a finire proprio là. A meno che il caso non l’avesse deviata.
Federica,
con gli occhi carichi di apprensione, le domandò: – E il caso l’ha deviata?
– Nulla è
dovuto al caso – disse Claudia. – E se il caso non pensa a certe cose, dobbiamo
pensarci noi.
Claudia alzò
gli occhi. Anche Milù, Serena, Iole e Graziana avevano raggiunto lei e
Federica.
– Come
sarebbe a dire, Cla? – chiese Federica. – Siamo state noi a…?
Aveva
finalmente compreso.
Claudia
annuì.
– È questo
il motivo per cui abbiamo dovuto spostarci nello spazio. Siamo finite dentro
quella maledetta molla, diretta verso Felipe come un proiettile, e da là dentro
dovevamo spingerla da parte, in modo da deviare la sua traiettoria. Sperando
che Iole, Serena e Milù accettassero di concedere a Felipe di continuare a
vivere la sua vita?
– E ce
l’abbiamo fatta? – le chiese Federica.
– Sì, ce
l’avete fatta – disse una voce, estranea a loro.
Era una voce
maschile, dall’accento brasiliano. Le sei ragazze si guardarono intorno. Non
c’era nessuno.
– Ehi,
ragazze, non cercatemi, perché tanto non mi vedrete. Per fortuna sono riuscito
a vedervi e a sentirvi ancora una volta. È un vero peccato che, tra qualche
giorno, quando riaprirò gli occhi in un ospedale di Budapest, non ricorderò un
bel nulla di voi. In ogni caso non preoccupatevi, andrà tutto bene. Spero solo
che non ci resterete troppo male, quando scoprirete che per rivedermi in pista
dovrete aspettare l’anno prossimo in Bahrein.
– Felipe,
sei davvero tu? – chiese Graziana. – Ho di nuovo le allucinazioni?
– No, niente
affatto, non hai le allucinazioni – rispose Felipe, senza manifestarsi agli
occhi delle ragazze. – Ah, piuttosto, Grazy, ti consiglio di tornare dentro,
davanti alla TV. Prima o poi incomincerà la Q3, e non credo che Alonso sarebbe
molto felice di sapere che anziché guardarlo mentre ottiene la pole position te
ne sei stata qui a scioglierti sotto al sole di luglio! Ora, però, devo
andarmene. Adeus, ragazze!
Claudia,
Federica, Iole, Serena, Milù e la stessa Graziana, che nonostante l’originaria
estraneità ai fatti di quel pomeriggio era riuscita a comprendere che, in ogni
caso, doveva essere accaduto qualcosa di davvero notevole, si guardarono
intorno ancora una volta, invano. A poco a poco smisero di avvertire la
presenza di Felipe accanto a loro. Perché accanto a loro non c’era, ma anche se
era lontano era dentro di loro, e dà lì nessuno l’avrebbe mai tolto.
Il silenzio
calò sulla strada. Passarono i secondi, passarono i minuti… Avrebbero potuto
passare anche le ore, se Claudia non avesse domandato: – Ragazze, qualcuna di
voi ha idea di quanti giorni manchino al gran premio del Bahrein?
Nessuna fu
in grado di trovare una risposta.
– Fa niente,
meglio così – concluse Claudia. – Scoprirei semplicemente che manca troppo
tempo, e non sarei sicura di riuscire a reggere così a lungo senza Felipe!
FINE
Milù Sunshine, 2010
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Milly Sunshine