Ricordate il post in cui parlavo di Silverstone 1999?
Dopo avere specificato che negli ultimi anni della mia infanzia e in quelli
dell’adolescenza rimase vivo dentro di me il ricordo dell’incidente capitato a
Michael Schumacher (di cui parlai in abbondanza alla mia amica E.), avevo anche
aggiunto che circa dieci anni e due settimane più tardi sarebbe capitato un
altro incidente che mi avrebbe colpita maggiormente? Ebbene, è giunto il
momento di chiudere il cerchio che si era aperto con una Ferrari conficcata
nelle barriere. Strano a dirsi, questo cerchio si chiude proprio con una Ferrari
conficcata nelle barriere e con una strana osservazione, che suonava più o meno
come “questo incidente somiglia a quello di Schumacher a Silverstone”. In
realtà non gli somigliava affatto, ma in un primo momento non potevo certo
saperlo.
Stavolta non avevo più undici anni, ma ventuno. Stavolta
non ero più intenta a scarabocchiare su un foglietto, a casa dei miei nonni, ma
nel salotto di casa mia, davanti a un vecchio televisore che venne poi
rottamato un paio d’anni più tardi in occasione dello switch-off. Stavolta
sapevo che se fosse capitato un incidente avrei fatto meglio a evitare di
parlarne per dieci anni di seguito... ma dopotutto speravo che non capitasse
alcun incidente, o almeno che non ci fossero gravi conseguenze. Dopotutto un
pilota che saltava molteplici gare per infortunio non lo si vedeva dai tempi in
cui la iella perseguitava Ralf Schumacher sul circuito di Indianapolis.
Schianti se n’erano visti, e anche forti, come quello di Kubica a Montreal 2007
e di Kovalainen a Montmelò 2008, ma alla fine non era mai accaduto nulla di
grave.
Era un caldo pomeriggio di luglio, uno di quelli in cui
sul balcone sotto al sole il termometro arrivava a quaranta gradi, ma non avevo
bisogno di andare sul balcone. C’erano le qualifiche da guardare, avevo gli
occhi puntati sul televisore e in mano tenevo il cellulare che avevo all’epoca,
un Nokia a sportellino che ormai si apriva in due dal numero di volte che mi
era caduto, messaggiavo proprio con E...
Qualcosa del tipo: “Cosa stai facendo? Guardi anche tu le
qualifiche?” “No, sono all’Ipercoop di Ferrara insieme ai miei genitori.” “Ah,
peccato, ora c’è la Q1. Gli ultimi tempi li stanno facendo i soliti.”
Erano passate diverse ore da quel sogno angosciante che
avevo fatto nelle prime ore del mattino, ma dentro di me non mi ero ancora
liberata della mia angoscia. Non era la prima volta che mi capitava. Quando si
avvicinavano le qualifiche o la gara mi capitava spesso la notte di fare sogni
legati alla Formula 1, e mi capita tuttora. Nel corso degli anni, oltre sognare
Gené e Mazzacane fare doppietta con la Minardi al gran premio di Germania 2000,
mi era capitato più di una volta di sognare anche incidenti che chiaramente non
si verificavano. Quella volta fu lo stesso. Il fatto che il pilota che sognai
ebbe proprio un incidente è soltanto un caso, anche perché quello del mio sogno
e quello avvenuto realmente non si somigliavano neanche di una virgola. Resta
comunque il fatto che è il sogno più sconcertante che ho fatto nella mia vita,
a pensarci a posteriori. Ce n’è anche un altro, risalente al 2008, che riguarda
tutt’altro e che poi si verificò parzialmente, ma c’è da dire che si trattava
comunque di un fatto abbastanza prevedibile (anche se non così tanto
prevedibile).
Questo per dire: non faccio sogni premonitori,
tranquilli. Però sognare il tuo pilota preferito che va a schiantarsi in gara e
si rompe una gamba, la notte prima del gran premio, credo che sia una cosa che
ti mette un po’ di angoscia comunque! ;-) Ma al sogno comunque non ebbi più
modo di ripensarci per diverse ore, c’era qualcosa di più importante.
Lo so, potrei sembrare sentimentale, qualcuno addirittura
potrebbe dire che dovrei stare male per fatti riguardanti persone che fanno
parte della mia vita e non per un pilota che non incontrerò mai... ma a queste
persone vorrei dire che quello che ho provato quel giorno non implica che io
non sia stata male per altri fatti, che riguardavano da vicino persone a me
care, solo che ci sono cose che si raccontano su un blog che parla di Formula 1
e altre che si tengono per sé. Quindi di frasi come “ti rendi conto che stai
parlando di una persona che non conosci e che non conoscerai mai?” non me ne
faccio niente. Me ne rendo conto benissimo. Ma non per questo sono disposta ad
auto-censurarmi e a evitare l’argomento.
Torniamo al punto. Era un pomeriggio di luglio, stavo
guardando una qualifica come tante, su un circuito che non era mai stato uno
dei miei preferiti, ma che comunque non detestavo e non detesto tuttora.
Sarebbe assurdo criticare un circuito per qualcosa che non c’entra col circuito
e, oggi come oggi, credo che sia inutile criticare chicchessia per quanto è
accaduto. Di parole ne ho spese abbastanza all’epoca e, per qualche verso, al
giorno d’oggi non saprei cosa dire, che posizione prendere... d’altronde quando
due settimane più tardi vidi Barrichello sul gradino più alto del podio con i
colori della Brawn GP addosso, compresi che è difficile riuscire sempre a
schierarsi pro o contro qualcosa o qualcuno.
Ero sola davanti alla TV, mio padre probabilmente stava
preparando l’attrezzatura per la gara di pesca a cui avrebbe partecipato il
giorno successivo, mia madre era in casa ma la F1 non le interessa... a poco a
poco lo stato di angoscia era passato, come sempre accadeva in queste
circostanze. Vedere le vetture in pista è un ottimo antidoto per qualunque
stato d’animo negativo, dopotutto...
La Q1 se ne andò così, con Heidfeld, Fisichella, Sutil,
Kubica e Alguersuari (che debuttava quel weekend) nelle ultime cinque
posizioni... Non c’era niente di profondamente anormale: le Force India non
passavano alla Q2, un rookie su una Toro Rosso nemmeno, le BMW dimostravano
quanto fossero inconsistenti in quella stagione...
La Q2 sembrava destinata a non riservare troppe sorprese,
se non che le vetture giravano su tempi davvero vicini le une alle altre e il
rischio di non passare alla Q3 era abbastanza elevato anche per piloti che generalmente
passavano oltre. Alla fine comunque non ci furono tanti fatti sconcertanti, se
non da un lato vedere Barrichello che non riusciva ad andare oltre la 13esima
posizione. Gli altri che non avevano i tempi per accedere alla Q3 erano i
piloti della Toyota, Buemi e Piquet.
E poi la Q2 giunse a un termine, il cerchio si chiuse.
Vidi una Ferrari conficcata nelle barriere, senza rendermi conto, sul momento,
di che cosa fosse realmente accaduto. Notai il casco verde e giallo e compresi
che la qualifica di Felipe era finita. Pensai che si trattasse semplicemente di
una qualifica finita. Andare avanti era alla sua portata, la cosa mi urtava.
Seppure la vettura non era al top, non aveva sfigurato quell’anno, se
continuava così avrebbe conservato il volante per la stagione a venire...
quell’uscita di pista non ci voleva, sarebbero fioccate critiche... a questo
pensavo: all’epoca me ne importava ancora qualcosa, non riuscivo a sbattermene
di saccenti opinionisti pronti a cambiare le loro teorie inconfutabili al
cambiare del vento.
Ci volle un po’ per rendermi conto di ciò che stavo
vedendo e quella Ferrari conficcata nelle barriere mi ricordò l’incidente di
Michael Schumacher in Gran Bretagna del 1999. Pensai che le cose erano
cambiate, che ora le vetture erano più solide, e questo sicuramente era vero,
dal momento che la vettura in sé era pressoché intatta. Mi aggrappai alla
speranza che ne uscisse illeso e che il giorno dopo fosse sulla griglia di
partenza, sul decimo posto, che sarebbe spettato a chi passava in Q3 ma
nell’ultima sessione non poteva far registrare alcun tempo. Ci credevo, anche
se il tempo passava lentamente...
Lo scambio di SMS con la mia amica continuava: “ora Massa
ha avuto un incidente”, “ah, mi dispiace, ma cosa gli è successo?”, “sembra
qualcosa come l’incidente di Schumacher a Silverstone, ma la vettura ha retto
meglio”...
Ma poi mi resi conto che di tempo ne stava passando
troppo e che da quell’abitacolo Felipe non ne usciva. E non solo: non solo non
usciva, ma non c’erano nemmeno segni di movimento.
Ecco, il cerchio si era chiuso, ma si stava aprendo un
nuovo cerchio: a Silverstone 1999, Schumacher si sfilò il casco e tentò di
uscire dalla vettura, non riuscendoci a causa delle fratture alla gamba, mentre
adesso non capitava niente.
Ricordo che vennero mostrati i primi replay. Poi ricordo un’intervista
di Barrichello, che disse che non era riuscito a ottenere un buon risultato
perché aveva avuto un problema e si era rotto qualcosa nel retrotreno della sua
vettura.
Rivedendo le qualifiche con la telecronaca di Sky (le ho
trovate su veoh.com) ho scoperto che, diversamente dallo staff della Rai, lì se
n’erano già accorti subito che un detrito volante aveva colpito Felipe sul
casco. È in HD il filmato e si vede anche la visiera che si rompe.
Quel giorno invece passò un po’ prima che scoprissi il
collegamento tra il problema avuto da Barrichello e l’incidente di Massa.
Ricordo comunque che, quando vidi il replay che mostrava che Felipe era uscito
di pista, i segni delle gomme nella via di fuga, ma soprattutto Felipe che
andava a sbattere senza fare il minimo movimento. Rivedere quelle immagini a
distanza di tre anni mi fa rabbrividire tanto quanto quel giorno, o forse di
più.
Ripensandoci mi pare assurdo. Quella molla che si staccò
dalla vettura di Barrichello avrebbe potuto finire ovunque, e invece finì
proprio lì, sulla visiera del casco di Felipe. È strano anche pensare a quando
Barrichello, quattro settimane più tardi, gareggiò con un casco dedicato a
Massa, e in quell’occasione ottenne la sua decima vittoria, dopo cinque anni
che non vinceva una gara.
Strano o non strano, assurdo o non assurdo, è successo.
Ricordo quel giorno, ricordo quando vidi che Felipe rimaneva immobile dentro
l’abitacolo... me lo ricordo perfettamente, con tutti i pensieri che mi
passarono per la testa. La verità è che, quando scoprii che cosa gli era
successo e vidi che non si muoveva, per più di un attimo pensai che non avesse
speranze di sopravvivere a quell’incidente.
Non so dire quando esattamente mi resi conto che era
ancora vivo, so soltanto che, a quelle notizie che dicevano che stava bene, non
me la sentivo di crederci. Un pilota che sta bene, o che almeno è cosciente, dà
qualche segnale. E infatti nel corso del pomeriggio venne fuori la verità: era
stato operato per una frattura all’arcata del sopracciglio sinistro. La sera,
quando sentii la radio, le notizie erano ancora peggiori: le sue condizioni
erano gravi. Il giorno dopo, quando ne parlammo a pranzo, mio padre mi disse
che nella notte (soffre d’insonnia) aveva sentito a un TG che Massa era in
condizioni critiche e rischiava la vita.
Ricordo una gara caotica il giorno dopo, con una ruota
che si staccò dalla vettura di Alonso (che aveva conquistato la pole) dopo un
mancato avvitamento al pit-stop e che per fortuna non andò addosso a nessuno.
Ricordo polemiche sulla ruota della Renault... e ricordo tante cose
Passarono giorni prima di scoprire che finalmente si era
risvegliato dalla condizione di coma farmacologico. Sembrava non avere
riportato danni permanenti all’occhio. Ricordo comunque la sera in cui scoprii
che si era svegliato, finalmente un momento di sollievo. Sperai con tutta me
stessa che potesse tornare in Formula 1 per il gran premio del Brasile, come
sembrava. Non fu così e rimasi in attesa del 2010. Ricordo la mia felicità
quando era ai box nel gran premio del Brasile, e io che mi ero appena fatta la
doccia prima delle qualifiche in salotto avvolta in un asciugamano e con i
capelli inzuppati a ottobre, pur di vedere Felipe che veniva intervistato da
Stella Bruno. Ricordo quando sventolò la bandiera a scacchi il giorno dopo, fu
una sensazione strana, se pensavo che un anno prima quando la bandiera a
scacchi era stata esposta lui era stato il prima a passare sul traguardo, in
testa alla classifica, dandomi per venti secondi l’illusione che il campionato
2008 fosse suo.
Un momento come quello del 2008 non tornerà mai più, me
ne rendo conto... ma quello che conta è che non ricapiti mai più nulla come
quello che è successo nel 2009, a nessun pilota.
A volte mi sento chiedere: che cosa ci trovi in lui, che
non è più quello di una volta, dopo l’incidente?
Fino a un anno o un anno e mezzo fa avrei risposto che
non era vero, che era lo stesso di sempre, e che non avevo motivi per smettere
di avere fiducia in lui.
La verità è che non me ne importa se qualcosa in lui è
cambiato, se i risultati calano a picco anno dopo anno... Se non mi regala più
le emozioni di una volta, questo non cancella le emozioni che mi ha regalato. Guardiamo
le cose come stanno: Felipe ha vinto due gare nel 2006, tre nel 2007 e sei nel
2008, risultati che tanti piloti potranno soltanto sognare di raggiungere un
giorno, Felipe ha sfiorato il titolo nel 2008, se non fosse venuto a piovere
non l’avrebbe sfiorato fino a quel punto, se solo la pioggia si fosse
intensificata un minuto più tardi quel mondiale l’avrebbe vinto. Non ha vinto
il mondiale, ma a perdere per un punto avendo come avversario il miglior pilota
di questa generazione (perché io ritengo che Hamilton sia il migliore tra i
piloti attuali) non è un risultato che chiunque può raggiungere.
Un nuovo cerchio si è aperto quel pomeriggio di tre anni
fa di cui oggi ricorre l’anniversario, ma ora so quando si chiuderà: il giorno
in cui finalmente potrò rivedere Felipe sul gradino più alto del podio. So che
molti di voi ora scoppieranno a ridere e diranno che non accadrà mai, ma
dopotutto se avrebbe potuto accadere il 25 luglio di un anno dopo, perché escluderlo
a priori? E se anche questo cerchio non dovesse chiudersi mai non rinnegherò
nulla, non mi pentirò di avere continuato a sostenere il pilota che più di ogni
altro mi ha fatto sognare, fin da quel giorno in cui arrivò terzo al Nürburgring
e mi resi conto che c’era anche lui. Non aveva mai ottenuto risultati tanto
significativi, se non quel terzo posto, ed erano in pochi a credere in lui. Mi resi
conto di essere tra quelli che ci credevano e fu una soddisfazione quando mi
resi conto che ero io ad avere ragione, stavolta.
Non credo che ci sia altro da aggiungere, se non che il
semplice fatto che Felipe sia ritornato in pista qualche mese dopo l’incidente
mi basta, tutto il resto è secondario. Continuerò a sostenerlo in qualunque
team, in qualunque categoria, qualunque siano i risultati. È questo che un vero
tifoso dovrebbe fare, no?
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