Gentile signor Vanzini,
in questi ultimi giorni ho seguito la Sua polemica a proposito degli "hater" e di chi scrive di Formula 1 senza farlo per professione, sui social e sul web in generale, la questione della web reputation e infine il Suo post pubblicato su Instagram, con tanto di invettiva attribuita a un amico con tanto di Suo commento come caption. A questo punto credo sia doveroso spendere qualche parola a sostegno della categoria a cui appartengo: gente che scrive di Formula 1 senza lavorare in Formula 1 e senza averla mai vissuta né da vicino né dal vivo.
Prima, tuttavia, vorrei fare alcune precisazioni. In primo luogo non mi permetterei mai di usare le parole attribuite ai critici "non capite un ca**o" rivolgendomi ai telecronisti di un evento sportivo, sia per il rispetto per il loro lavoro, sia perché non è questo il modo in cui mi rivolgo abitualmente alle persone, figurarsi agli sconosciuti. In secondo luogo, non credo nella suddivisione marcata fan vs hater, né che chiunque faccia qualsiasi genere di critica, magari costruttiva o argomentata, sia un hater o le sue parole debbano essere parafrasate in "non capite un ca**o".
Mi sembra una visione fin troppo semplicistica del mondo, più adatta ai ragazzini che alle persone adulte, e che sia meglio vedere la situazione da una prospettiva diversa. Ci sono tante sfaccettature che stanno tra il livello fan e il livello hater, ma soprattutto non credo sia necessario essere una cosa o l'altra: guardiamo la Formula 1 perché ci piace la Formula 1, in genere, non la seguiamo senza interesse solo perché ci piace il telecronista.
Aggiungo che, seguendo e avendo seguito gare contemporanee o vintage, di più di un'emittente televisiva e in più di una lingua, ho avuto modo di sentire e approfondire le telecronache di molti diversi commentatori. Ne ho conosciuto pregi e difetti e penso che potrei tranquillamente esprimere commenti negativi anche sui Suoi predecessori.
Mario Poltronieri, che ritengo un commentatore molto competente e preciso se rapportato alle condizioni in cui lavorava (occasionalmente durante le telecronache affermava di essere dentro uno stanzino in cui seguiva le immagini su uno schermo in bianco e nero, ricordo che in un'occasione spiegò addirittura di essere all'interno di un camper con i suoi collaboratori arrampicati sul tetto del mezzo stesso per avere visuale del circuito), a volte era eccessivamente soporifero e soprattutto utilizzava un linguaggio eccessivamente colto e pieno di parole ricercate in un'epoca in cui la Formula 1 era uno sport seguito anche da molte persone che avevano solo la terza media, o addirittura che avevano frequentato solo le scuole elementari.
Di Gianfranco Mazzoni se ne sono dette di tutti i colori (ci fu addirittura una raccolta di firme via web per chiedere alla Rai di licenziarlo) e, per quanto sia influenzata dal fatto che mi piaceva molto il modo in cui parlava (proprio a livello di voce e di tono), a mio parere uno dei suoi difetti più lampanti è che, quando spaziava sulla Formula 1 vintage, parlava quasi solo esclusivamente o di fatti accaduti dagli anni '90 in poi, oppure dei piloti maggiormente celebri, relegandone molti altri da parte.
Questo per dire che sì, in certe occasioni ho espresso critiche (a mio parere mantenendomi sempre entro i limiti della civiltà) alle Sue telecronache, specie nei momenti in cui ha espresso giudizi sui telespettatori. Siamo stati occasionalmente invitati ad andare a fare altro invece di guardare la Formula 1 se non ci piaceva la telecronaca, siamo stati occasionalmente tacciati di non essere veri appassionati se non seguiamo qualsiasi sessione e qualsiasi programma di approfondimento, oppure se vediamo la gara dopo ore su TV8 invece di fare l'abbonamento a Sky.
A volte anche noi ci siamo sentiti come se la telecronaca fosse fatta da dei nostri "hater", che ci giudicavano per la nostra vita, per le nostre possibilità economiche, per i nostri orari di lavoro o per l'eventualità di dovere saltare sessioni o gare a causa di qualcosa che toccava la nostra vita da vicino invece di essere semplicemente una passione. E succedeva da parte di persone che ci aspettavamo fossero lì per spiegarci la Formula 1 e non certo quanto tempo e denaro dovremmo dedicarci.
Anche Guido Meda urlava e tifava mentre era al commento (entrambi comportamenti che potrebbero non essere apprezzati da una parte del pubblico, allo stesso modo in cui ce ne sarà una parte che non apprezzerà le telecronache calme e pacate o il più possibile obiettive) ma invitava la gente ad alzarsi in piedi sul divano, non a vendere tutti i propri averi per finanziarsi una doppia trasferta Motegi/ Philip Island.
Mi è difficile dare un'interpretazione al Suo post uscito mercoledì sera, specie nel punto in dice che il suo amico ha ragione, ma Lei non è d'accordo. Cosa dovrebbe significare? In più anche la caption non mi è molto chiara, certi punti mi sfuggono.
Da un lato sembra elogiare chiunque scriva o parli di Formula 1 a livello amatoriale (nel senso di non farlo per professione, non nel senso di gestire un blog o un canale dedicato interamente alla storia dei piloti della Simtek, se coglie la citazione!), ma poi mi sembra di intuire che comunque il concetto di "veri appassionati" venga fatto coincidere comunque con il concetto di persone che vogliono trasformare la loro passione in un lavoro o che, indipendentemente dalle loro possibilità economiche e da quanto un certo tipo di trasferte siano compatibili con la loro vita, dovrebbero dimostrare la loro passione spendendo smodatamente o impegnarsi per entrarci, nel mondo della Formula 1.
Ebbene no, signor Vanzini, non sono mai stata in un autodromo né ho mai litigato con un team principal, allo stesso modo in cui Lei verosimilmente non ha mai fatto il mio lavoro. Però bloggo da più di dieci anni e per bloggare per sulla Formula 1 ho messo da parte altre mie passioni.
Scrivo di cose che non ho mai visto e non so? Certo che sì, allo stesso modo in cui quando scrivevo racconti di fantasia scrivevo di situazioni e fatti che non avevo mai vissuto. Sui forum di scrittura creativa che frequentavo e frequento tuttora si parlava dell'importanza del documentarsi. Si parlava di leggere, di ascoltare, di guardare.
Allo stesso modo, per scrivere di Formula 1, leggo, ascolto, guardo. Trascorro buona parte del mio tempo libero a vedere vecchie gare per raccontarle. Ovvio, non posso inventarmi di averle viste dal vivo, né lo faccio. Racconto ciò che posso vedere o approfondire, se faccio ipotesi scrivo che si tratta di mie ipotesi, se riferisco rumour ne riporto nei limiti del possibile la fonte oppure specifico che si tratta di un rumour.
Molto probabilmente nella vita non mi capiterà mai di litigare con un team principal, né di andare a Suzuka (ho anche paura dell'aereo e non ci sono mai salita), né di incrociare per caso un pilota per strada (in realtà sì, questo al 99% mi è accaduto e neanche l'ho riconosciuto), ma non credo né che sia questo a definire la mia passione né che le passioni vadano trasformate necessariamente in quello che dobbiamo fare nella vita. A me basta cercare di trasmettere la mia passione ad altri, anche se fossero una ristretta cerchia di persone.
Quando scrivo, scrivo perché spero di coinvolgere, proprio come cerca di coinvolgere Lei quando urla alla sua platea di ascoltatori. Solo, la mia impressione è che nel mio piccolo io mi rivolga a un pubblico target molto diverso da quello che sembra venire privilegiato dal modo in cui la Formula 1 viene raccontata al giorno d'oggi in TV e sui media in Italia. Non sono una Sua hater, signor Vanzini, né lo sono necessariamente quelli che, come me, parlano di Formula 1 perché la amano e vi dedicano il loro tempo libero, sono semplicemente una persona che non si identifica nella tipologia di pubblico al quale le Sue cronache sembrano rivolte.
Rispetto il Suo lavoro e, per tale ragione, mi aspetto in quanto blogger di Formula 1 di non essere gettata indirettamente in un calderone di presunti hater. Personalmente non ho mai desiderato lavorare in Formula 1, né fare la telecronista televisiva, né diventare giornalista. Il mio sogno lavorativo realistico era trovare un lavoro in cui si lavorasse dal lunedì al venerdì e, dopo otto ore, potessi staccare completamente e dedicarmi alle mie passioni.
Sono stata fortunata, perché è così che funziona la mia vita da ormai molti anni. Non sono sicura che, se scrivere di Formula 1 fosse il mio lavoro, sarebbe qualcosa che continuerei ad amare. E poi, in ogni caso, anche quando ero ragazzina, il mio sogno inarrivabile era un altro. Speravo di diventare una scrittice di romanzi. Ho messo da parte trame e sogni per passare il mio tempo libero a scrivere di motorsport. Credo che una passione che ha sconfitto le altre passioni meriti rispetto.
Cordiali saluti,
Milly Sunshine
Sono d’accordo con tutto quello che hai scritto, tutti noi coltiviamo i nostri interessi e passioni in modo diverso. Io stessa sono stata in autodromo a vedere eventi motoristici, ho conosciuto e parlato a quattr’occhi con piloti e altre persone, ma non posso dire di conoscere bene quell’ambiente come lo conosce chi ci lavora professionalmente, avendolo avuto solo esperienze da appassionata. E poi non è detto che una passione si debba per forza trasformare in un lavoro, io stessa sono appassionata di motori ma non ho mai sognato di lavorarci nemmeno da bambina o da ragazzina, così come ho sempre coltivato la passione per le culture e lingue straniere (soprattutto quella giapponese e quella russa) ma mi ci sono sempre dedicata per conto mio, non ho mai pensato di studiarle all’Università. Anche una mia amica è appassionata di Paleontologia ma ha sempre lasciato che restasse una passione e non che diventasse un lavoro. E anche la mia parrucchiera è appassionata dell'Antico Egitto ma il suo lavoro è tutt'altro.
RispondiEliminaPur essendo loggata, il browser del cellulare non mi lascia commentare con il mio account ma solo come anonimo. :-////
RispondiEliminaMi fa piacere che si sia capito dove volessi andare a parare e a mio parere è abbastanza sgradevole questa "gara" a chi è più appassionato in base a quanto tempo dedicano al motorsport e a quanto fanno per i motori.
Milly Sunshine
Ottima riflessione, e’ stato un piacere leggerla e condividerla
RispondiEliminaGrazie mille, è un piacere anche per me che quello che ho scritto sia riuscito a raggiungere voi lettori!
RispondiEliminaMilly Sunshine