venerdì 14 ottobre 2022

13.10.1996: Hill vince il mondiale, Walker si commuove... e il tifoso medio non capisce perché!

Spesso quando si parla di quale sia il limite entro cui un telecronista può spingersi nell'esprimere il proprio "tifo" viene citato Murray Walker che, mentre Damon Hill tagliava il traguardo da vincitore del GP del Giappone, il 13 ottobre 1996, e conquistava al contempo il titolo mondiale (già comunque suo con il ritiro del compagno di squadra Jacques Villeneuve nel corso della gara, dopo che comunque il canadese, che arrivava a Suzuka con nove punti di gap e poteva conquistare il titolo solo vincendo con Hill fuori dalla zona punti, era già comunque formalmente fuori dai giochi dalla propria posizione in pista confrontata con quella di Hill), faceva una pausa sostenendo di doversi fermare perché non riusciva a parlare per l'emozione. In molti, tuttora, fanno un gran parlare di come Walker, in qualità di amico personale di Damon Hill, fosse un suo sostenitore. Ebbene, vedendo gli extended highlight di quel finale di stagione ho avuto una piacevole sorpresa: chi sostiene che in quell'occasione Walker si stesse mostrando, seppure con moderazione, tifoso di Hill in diretta televisiva, probabilmente si limita a ripetere qualcosa che ha sentito dire estrapolando quella singola frase da un contesto molto più profondo.

La gara in breve: nove punti di gap tra Hill e Villeneuve, il pilota dai capelli non ancora platinati doveva vincere la gara con Hill ritirato o fuori top-6 per diventare campione del mondo nella sua stagione da rookie. Partiva dalla pole, ma aveva influenza solo sul proprio risultato... e niente, le partenze non erano proprio il suo forte. Mentre Hill si è involato verso la prima posizione, Hill è scivolato sesto alle spalle anche della Benetton di Gerhard Berger, della McLaren di Mika Hakkinen e delle Ferrari di Michael Schumacher ed Eddie Irvine. Nel frattempo perdevamo per strada Jean Alesi, il pilota della Benetton a muro dopo un probabile contatto con qualcuno, ma non troppo considerato perché era il finale di stagione e nel finale di stagione contano solo i championship contenders. Hill sembrava controllare bene la gara, anche se Berger a un certo punto gli si è installato negli scarichi e non sembrava molto promettente come presenza. Il tutto si è risolto con Berger che danneggiava l'ala anteriore, mi pare non contro il retrotreno della vettura di Hill, ed era costretto a una sosta anticipata. Villeneuve recuperava così una posizione, da sesto si ritrovava quinto.

Quinto e poi quarto dopo il primo giro di soste, quando è riuscito a liberarsi di Irvine. Hill nel frattempo era ancora davanti, con Schumacher secondo e Hakkinen terzo, le posizioni di questi due invertite sempre nel corso del giro di soste. Su chi fosse il favorito non c'era il benché minimo dubbio, ormai, anche se Hill non avesse completato la gara, per Villeneuve sarebbe stato difficile sbarazzarsi della gente che aveva davanti e andare a conquistarsi la vittoria. Poi è arrivato il momento del secondo giro di soste, sempre con posizioni pressoché invariate e Villeneuve ben lontano dal conquistare il titolo (attenzione, con questo non voglio esprimere giudizi sulla sua stagione, anzi per essere un rookie appena arrivato dall'Indycar se la stava cavando decisamente bene), quando per Jacques le cose sono andate di male in peggio, dato che è stato inquadrato in una via di fuga, ritirato. Una ruota gli si era staccata in corso d'opera, peraltro arrivando a superare pericolosamente le reti e a scomparire laddove c'era il pubblico, scena piuttosto agghiacciante, ma che sembra non avere fatto danni. Ormai il discorso titolo era chiuso, con Hill che procedeva, inseguito dagli Schukkinen che si inseguivano a loro volta tra di loro.

La situazione era stabile negli ultimi giri, con loro tre in zona podio e Berger risalito in quarta piazza, con la Jordan di Martin Brundle e la Sauber di Heinz-Harald Frentzen a completare la zona punti. Gli occhi, però, non erano su chi completava la zona punti, ma sul pilota che, all'età di trentasei anni, stava per diventare ufficialmente campione del mondo. Walker ha passato l'ultimo giro di gara a parlare di come stesse accadendo un evento storico per la Formula 1, perché per la prima volta il figlio di un campione del mondo - "Graham Hill, campione del mondo 1962 e 1965", perché Walker doveva sempre farsi riconoscere visto che il secondo titolo era nel 1968 - stava seguendo le orme paterne diventando campione del mondo a sua volta. Per di più, segnalava Walker, i colori del suo casco erano gli stessi del casco di Graham, le cui gesta, viste le tempistiche, dovevano essere state narrate da Walker a suo tempo, non so se in TV ma sicuramente quantomeno alla radio. Poi è arrivato il momento in cui Damon tagliava il traguardo ed è stato lì, dopo avere parlato di tutto questo, che Walker ha detto di non riuscire a parlare per la commozione (salvo poi in realtà ricominciare a parlare poco dopo).

Ci sono due narrative possibili. Una è quella del campione di seconda generazione, britannico e su una monoposto britannica, che faceva emozionare il telecronista che a suo tempo aveva narrato le vittorie del padre. Una è quella del "sì, il telecronista e il pilota sono amici, quindi è normale che ne sia un tifoso, ma fintanto che lo fa con moderazione non c'è problema". Non dubito che la seconda narrativa sia quella più intuitiva per chi viene sottoposto al solo piccolo estratto in cui Walker affermava di essersi emozionato per la vittoria di Hill, specie se già gli viene presentata la situazione a quel modo. Però, lasciatemelo dire, propendere per questa spiegazione, cancellandovi tutto il contesto e tutto il discorso che c'era dietro, ignorando volutamente che in quel momento stava accadendo un evento storico e che il mondiale stava andando a un pilota che, all'inizio della sua carriera in Formula 1, non era mai stato preso in considerazione tanto quanto meritava, finendo per essere spesso snobbato, significa mancare totalmente di quel romanticismo che a mio parere serve per vedere tutte le sfaccettature del motorsport. Ci sono le considerazioni superficiali e c'è la poesia. Io sto dalla parte della poesia.


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Milly Sunshine