domenica 22 gennaio 2023

Febbre della velocità: un documentario del 1978 sulla Formula 1

Stasera vi parlo di "Febbre della velocità", documentario italiano del 1978 sulla Formula 1, nei quali Sydne Rome interpreta la parte di un'intervistatrice di piloti e le interviste di piloti non sono dotate di sottotitoli, né tantomeno di traduttore. No, i piloti sono doppiati, quindi non c'è alcun modo di verificare se dicano effettivamente ciò che sentiamo dire o se le loro risposte vengano messe sulla loro bocca per esigenze di trama. Ad ogni modo la Rome inizia recitando la parte di un'intervistatrice che chiede a Niki Lauda di metterla in contatto con dei piloti che dovrà intervistare a Long Beach e Lauda le dà una risposta presa pari pari dal copione. Si aprono così l'ora e 40+ minuti del documentario, che adesso andremo a scoprire, per potere affermare che i documentari di un tempo erano molto diversi dai documentari a misura di driverstosurvivers che vanno di moda al giorno d'oggi.


Questo documentario vintage non potrebbe mai chiamarsi "Drive to Survive", però come titolo sarebbe sicuramente adatto "Drive to Die". Essenzialmente è una sorta di DTS fatto a misura di driverstosurvivers truculenti fanatici della morte e del sangue. Però meglio iniziare in modo soft (anche se ai tempi i driverstosurvivers erano very uominy), quindi troviamo Sydne Rome a Long Beach, che ci ricorda che Long Beach è vicina a Hollywood e inizia a intervistare celebrità.
Gene Hackman, il secondo attore a fare la propria comparsa, parla con lei di competizioni americane, le gare di NASCAR vengono descritte come se fossero demolition derby, poi si inizia a parlare del fatto che i piloti siano sempre esposti al pericolo.
Vengono fatte domande a Hans Joachim Stuck a proposito dell'incidente mortale di Tom Pryce... poi ecco che, dopo una decina di minuti di documentario, ci ritroviamo catapultati negli sventurati eventi sudafricani. Nel vero senso della parola: vediamo tutto. Nel vero senso della parola anche qui: non vediamo solo Pryce falciare l'avventato commissario, vediamo proprio anche le inquadrature del cadavere di Pryce, nello specifico le inquadrature del cadavere *prima* che fosse coperto da un telo.

A questo punto serve qualcosa che renda l'atmosfera più soft: dopo qualche immagine della gara di Long Beach con minuziosi dettagli sugli incidenti e sul pericolo generato da commissari dilettanti, entra in scena a random una competizione americana in cui i piloti guidano mezzi strani ai quali è legato un paracadute che sembra sia l'unico modo per frenare. Ci troviamo a vedere il veicolo di un pilota che ha perso il paracadute quindi è destinato a schiantarsi e, secondo quanto si dice, a una morte sicura. Si salva precipitando in acqua.
Poi torniamo in topic ed ecco che vengono elencate le vittorie di Lauda, senza citare gli altri gran premi e arrivando al finale negli States. Non si fa accenno che dopo se ne vada dalla Ferrari a gambe levate, ma in compenso si passa a un filmato carico di dettagli sull'incidente al Nurburgring. Poi viene intervistata Marlene: la Rome le pone quasi solo domande sull'incidente.

Poi ecco una scena surreale, un'intervista con Bernie Ecclestone.
"Per lei il denaro è importante?" chiede Sydne.
Bernie risponde, testalmente: "no, il denaro non ha alcun peso" e prende a parlare di quanto conti invece il successo.

Si procede con cose a caso, un incidente vintage in cui si alzano fiamme da una vettura incidentata, poi ecco comparire James Hunt. Gli viene chiesto come reagirebbe se avesse un incidente come quello di Lauda. Si torna poi su Lauda, che descrive Mario Andretti come "un pilota vecchio con esperienza" e si parla del fatto che al suo palmares manchi ancora un mondiale di Formula 1.
Sydne Rome a quel punto va in giro in camper con Eddie Cheever che racconta di quando la madre gli regalò un kart e si appassionò così di motori. Si vedono momenti della sua carriera di kartista e sul casco di un suo avversario si legge il nome di Claudio Langes. Poi stranamente ecco che si vede un incidente in una gara di kart, con un cappottamento.
In tutto ciò non è più molto chiaro dove siamo, il mondiale in teoria dovrebbe essere già finito o quasi, ma ci troviamo in Brasile dove l'idolo locale Emerson Fittipaldi, con la Copersucar "oggi lotta, se non per vincere almeno, per qualificarsi". Cosa significhi esattamente questa frase non saprei, ma non conta perché si va a Montecarlo.

Si parla del glamour, non in termini così negativi come succederebbe in un documentario di oggi, ma si lascia intendere che il gran premio sia una vetrina per celebrità europee tipo il titolare della Mercedes. Quantomeno non ci sono attori da intervistare.
Poi, di punto in bianco, da Montecarlo si passa a Le Castellet perché la Francia è vicina al Principato. Viene inquadrata da vicino una Brabham con il numero 2, quindi guidata dal compagno di squadra del campione del mondo in carica. Che dovrebbe essere Hunt sulla McLaren. Poi viene anche inquadrata una Tyrrell che ha quattro ruote. Dovrebbe averne sei. C'è pure Riccardo Patrese su una Arrows. Dovrebbe stare sulla Shadow. A guardare il calendario 1977, la Formula 1 non ha corso a Le Castellet. Siamo precipitati all'improvviso nel 1978.
Poi ecco riapparire Lauda, che non sta più in Ferrari, a conferma che è il 1978. Viene chiesto a Carlos Reutemann se lui e Niki si odiano, domanda a cui risponde con molta eleganza. Viene citato il fatto che Lauda sia in Ferrari anziché in Brabham e Reutemann viceversa per affermare che i piloti da un giorno all'altro possono passare dall'apice all'essere irrilevanti e in una fugace inquadratura di Gilles Villeneuve si dice che "sta cercando di non bruciare". Detto di uno che sta al posto di Lauda, mi pare un po' troppo un doppio senso.

Prima era comparsa a caso la Mille Miglia con immagini di molti anni prima e menzione a incidenti mortali, mentre adesso compaiono i rally con una lunga dissertazione su pericoli diversi da quelli dei gran premi. Mi stavo chiedendo quando sarebbe comparso qualche incidente e stupendo che non ne appariva nemmeno uno, quando di colpo ecco una carrellata di cappottamenti e schianti. Poi considerazioni sull'incremento della sicurezza e la considerazione che senza il loro lato romantico (cioè la morte?) Formula 1 e rally sarebbero "solo meri test scientifici".
Viene fatto notare che dal 1974 sono morti solo due piloti in Formula 1, mentre ogni dieci minuti c'è un incidente mortale sulle strade, il tutto senza considerare che sulle strade ci sono milioni e milioni di persone, mentre su una griglia di partenza di Formula 1 ci sono ventisei piloti, il tutto con una carrellata di incidenti in sottofondo, per poi culminare con quello in cui ha perso la vita Jochen Rindt. Poi a random ecco apparire Clay Regazzoni che va a fuoco e Mike Hailwood che tenta di tirarlo fuori dalla monoposto, per poi parlare degli "incidenti spettacolari" che avvengono spesso a Indianapolis.

"Fate attenzione a questa partenza" poi ecco fiamme, cappottamenti... e nulla, si passa a Le Mans, secondo i sottotitoli "LES Mans", viene spiegato cosa sia la Ventiquattro Ore e chiaramente viene inserito l'incidente devastante del 1955. Poi, così come se niente fosse, ecco che si passa a Stirling Moss al volante di monoposto vintage e poi al team Lotus e alla chiesa sconsacrata del 1700 nel quale lavora alle proprie vetture.
Si passa a una carrellata di cose random, a Watkins Glen 1977, alla guerra delle gomme e a come le gomme abbiano - guess what - provocato in incidenti. Si passa da Regazzoni che cappotta a Indianapolis alle gare di NASCAR e poi a un attore al quale Sydne Rome chiede se sia presente al circuito perché spera di vedere incidenti. L'attore risponde di no, poi afferma che alla fine sotto sotto tutti sperano nell'emozione in più data dall'incidente stesso.
Poi si passa a Lauda, alla quale la Rome fa domande a proposito dell'incidente mortale di Roger Williamson. Segue una critica della voce fuori campo al fatto che *per colpa dei piloti* la gara sia proseguita, perché direzione gara cos'è la direzione gara.

Segue una carrellata di foto/ filmati di piloti morti al volante di vetture di Formula 1 o comunque di vetture da competizione. Per qualche strano motivo compare pure Graham Hill, nonostante sia morto in un incidente aereo. Siccome errare è umano e perseverare anche, appare anche Carlos Pace, dopodiché Mike Hawthorn nonostante sia morto al volante di un'auto stradale.
Poi si va verso la fine... ovvero verso Monza e siamo ancora nel 1977, in tutto questo continuo andare avanti e indietro. Si chiude così, con il pubblico che acclama Lauda, questo documentario dei tempi di quando i driverstosurvivers erano very uominy, un "Drive and hope to survive" in salsa vintage, in cui gli eventi sono stati piazzati in ordine casuale, generalmente per ricordarci che gli incidenti e la morte sono il fulcro delle corse automobilistiche, per poi arrivare a una sorta di happy ending a sua volta piuttosto random.

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Milly Sunshine