venerdì 20 settembre 2019

Kiss me hard before you go, Singapore sadness

Come ogni anno quando ci si addentra nella seconda metà di settembre la Formula 1 passa per Singapore, fonte di numerosi aneddoti durante le telecronache sulla Rai: la "città del leone", che deriva dal sanscrito "singapura", la ruota panoramica con ventotto cabine che percorre il proprio giro in una quarantina di minuti...
Patria di curiosità e di occasionali intossicazioni alimentari, Marina Bay ha avuto l'onore di ospitare il primo gran premio in notturna della storia della Formula 1, che curiosamente è stato anche l'ottocentesimo evento della storia valido per il campionato di Formula 1.

Correva l'anno 2008 e le gerarchie erano ben diverse da quelle attuali. Ferrari e McLaren lottavano per il campionato, in una stagione relativamente più tranquilla rispetto a quella 2007, caratterizzata dallo spy-gate. Lewis Hamilton era il pilota di punta della McLaren, affiancato da Heikki Kovalainen, spesso in difficoltà anche quando si trattava soltanto di interpretare il ruolo di seconda guida, dall'altra parte c'erano Kimi Raikkonen e Felipe Massa, con la classifica e il numero di vittorie che volgevano a favore di quest'ultimo.

Quello che accadde in gara lo sappiamo tutti: Massa, Hamilton e Raikkonen erano i primi tre, nel primo stint, e nulla lasciava intendere che la situazione potesse essere travolta all'improvviso.
Poi Nelsinho Piquet finì a muro, la safety car entrò in pista, qualcuno si fermò ai box con la pitlane chiusa per non rimanere senza carburante, i piloti di testa furono costretti ad attendere che la pitlane venisse "aperta" e quando ciò accadde rientrarono tutti in una volta.
Nel box Ferrari accadde qualcosa di paradossale: a Massa fu dato il segnale di ripartire quando il bocchettone per il rifornimento di benzina era ancora inserito nella monoposto e, a completare l'opera, il fattaccio avvenne mentre Raikkonen attendeva il proprio turno.

Quando le telecamere lasciarono da parte lo scenario apocalittico che andava in scena nella corsia dei box, le inquadrature si concentrarono sulle vetture rimaste in pista dietro la safety car. Anche quelle immagini potevano essere, seppure in un altro modo, interpretate come un chiaro segnale della fine del mondo ormai imminente.
La Williams di Rosberg era in testa davanti alla Toyota di Trulli e alla Force India di Fisichella, con la BMW Sauber di Kubica al quarto posto, l'unica posizione, tra quelle dei primi quattro, che non appariva particolarmente sguaiata.
Niente paura, si trattava di una situazione provvisoria: Rosberg e Kubica erano andati a rifornire quando non potevano, quindi erano condannati a uno stop and go di dieci secondi, Trulli e Fisichella dovevano fermarsi ai box. Il favorito era, a quel punto, il pilota che occupava la quinta piazza: Fernando Alonso.

Alla fine della gara, quando il campione del mondo 2005 e 2006 tagliò il traguardo da vincitore, Mazzoni osservò, in tono ironico, che era curioso che Piquet fosse andato a sbattere e, come conseguenza, la situazione si fosse stravolta al punto tale da servire su un piatto d'argento la vittoria al suo compagno di squadra: "sembra quasi fatto apposta", disse.
Un anno più tardi, quando Nelsinho Piquet fu appiedato dalla Renault, confermò che era stata proprio un'azione volontaria.
Da allora il mondo si divide: c'è chi non crede a questa versione dei fatti, chi ci crede e pensa che, alla fine del campionato, abbia costato il titolo a Massa, c'è chi pur non essendo convinto della veridicità di quanto affermato da Piquet attribuisce comunque a questo episodio l'avere perso il titolo per un solo punto.

A mio parere nel corso di questi anni ci si è soffermati troppo sulle presunte conseguenze (perché la Renault avrà anche condizionato l'esito della gara, ma chi non è riuscito a ritagliarsi spazio nella confusione non può attribuire alla scuderia gestita da Flavio Briatore la causa dei propri errori), senza chiedersi mai fino in fondo se quanto affermato da Nelson Jr fosse effettivamente plausibile: era possibile prevedere che, con un incidente innescato ad arte da uno dei due piloti, l'altro sarebbe riuscito a portare a casa un'inattesa vittoria? e Alonso ne era al corrente?

Su quest'ultimo punto ho i miei dubbi, che non hanno NULLA a che vedere con la personalità di Alonso, su cui ci si è soffermati fin troppo. Per intenderci, c'è chi dice che Alonso era proprio il tipo adatto per infilarsi in un'ennesima polemica di propria spontanea volontà e c'è chi dice che è un Santo Subito e che non avrebbe mai preso parte a una simile azione.
Quello che interessa a me è questo: se Alonso fosse stato consapevole di che cosa stava accadendo, poteva essere migliorato qualcosa?
La risposta a cui sono giunta è che, a prescindere dalla personalità di Alonso, in linea teorica avrebbe potuto esserci un margine di miglioramento notevole, se entrambi i piloti fossero stati consapevoli.

A dare credito alla versione di Piquet Jr fu infatti la strategia anomala con la quale Alonso aveva iniziato la gara: all'epoca dei rifornimenti di benzina, chi aveva una vettura relativamente più competitiva di altre che gli partivano davanti tendeva a partire strapieno di carburante, o per fare una sosta in meno, o per recuperare, a parità di pitstop, posizioni tramite overcut (che ai tempi non si chiamava ancora così). Nonostante Alonso si fosse qualificato nelle retrovie, fu scelto l'esatto contrario.
Questa è la ragione per cui tendo a credere che Alonso non sapesse. Se avesse saputo, sarebbe stato possibile farlo partire con la vettura strapiena di carburante e poi trovare una ragione per cui farlo rientrare appena prima dell'incidente i Piquet. Se per esempio Alonso avesse fatto qualcosa che portava a rovinare le gomme, oppure a simulare di averle rovinate, nessuno avrebbe potuto insinuare, a meno di non essere tacciato di essere un complottista, che il pitstop di Alonso prima di tutti gli altri fosse pianificato.

Venendo all'altra questione, la NASCAR insegna che è possibile condizionare un risultato innescando ad arte una safety car per consentire al proprio compagno di squadra un risultato che lo faccia entrare nei playoff, ma NASCAR e Formula 1 sono serie che viaggiano su binari diversi: per fare entrare la safety car su un ovale basta fermarsi, oppure rallentare in maniera consistente.
Su un circuito come Singapore, tuttavia, ostruire la pista potrebbe essere più facile che farlo laddove ci sono ampie vie di fuga, al punto da pensare che non fosse necessario un botto del genere.

Se è strano ipotizzare che una squadra abbia chiesto a un pilota di andare a sfracellarsi contro un muro di proposito (e che costui l'abbia fatto, invece di suggerire al proprio team principal una visita psichiatrica), è molto meno azzardato avanzare l'ipotesi che gli si possa avere chiesto di ostruire il tracciato in un modo diverso. A titolo di esempio: l'idea che possa essere stato chiesto a Piquet di girarsi di lato ad arte e che poi lui stesso abbia commesso un errore di valutazione nell'attuare quel proposito, mi sembra verosimile senza dovere scomodare la sanità mentale di nessuno.

Pensare di vincere era a mio parere difficile, ma meno di quanto possiamo pensare: quello che pare essere stato creato ad arte a Singapore era un copione che, in maniera genuina, era già noto. Era già accaduto, in un gran premio di quella stagione, che un incidente avvenuto prima che i piloti su una strategia a due soste si fermassero per la seconda neutralizzasse la gara andando a vantaggio proprio dell'unico pilota che, partito dalle retrovie, si era appena fermato per la sua unica sosta, consentendogli di guadagnare talmente tante posizioni, con l'ultima sosta altrui, da ritrovarsi prima in testa alla gara e poi, nel momento in cui contava, sul secondo gradino del podio.
La Renault aveva già appreso a proprio vantaggio quali potessero essere gli effetti positivi di una SC entrata in pista proprio nel momento più opportuno.
Un paio d'anni fa ho rivisto il gran premio di Germania 2008 e ho avuto l'impressione che quel podio colto di fortuna da Nelsinho Piquet sia stato proprio ciò che ha contribuito all'inizio della sua fine.

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Milly Sunshine