mercoledì 16 febbraio 2022

The Red Gate - blog novel (Puntata n.1)

Alla fine mi sono decisa. Non so se possa effettivamente interessarvi questo racconto, né se sia la sede più opportuna per pubblicarlo, però in fin dei conti questo è un blog motoristico e questo è un racconto che parla di motorsport. Come ho già detto nell'anteprima, sono stata molto ispirata dalla visione che Liberty Media sembra avere della Formula 1. Spero che qualcuno di voi mi seguirà. Per ora iniziamo dalla prima puntata. ;-)


"Raised in this madness, you're on your own,
It made you fearless, nothing to lose,
Dreams are a drug here, they get in your way,
That's what you need to fight day by day."
- Within Temptation - Iron

"Sono stati loro" affermava un utente che nel proprio profilo sosteneva di avere quindici anni e di essere un grande appassionato di motori da quando, tre mesi prima, era uscito un celebre film sull'argomento. "Non importa che sembri impossibile, ma devono essere stati loro. Volevano rubare il titolo al vero campione del mondo ed erano pronti a tutto per questo."
I nomi di Dalila Colombari e Marco Rossi erano entrambi taggati e il numero di like ottenuti aveva raggiunto, non da poco, la terza cifra. Se quello era il trend, presto il post sarebbe diventato virale.
Dalila non riusciva a credere ai propri occhi. I nuovi appassionati, quelli che pretendevano rispetto e che spesso ne ottenevano di più dei tifosi di vecchia data, iniziavano ad avere troppa importanza. Qualunque cretino poteva scrivere un'assurdità e pretendere che fosse vera.
Per un attimo fu tentata di rispondere, ma realizzò che il mondo di cui faceva parte cercava di inculcarle in testa il concetto che quello che leggeva non avesse alcuna importanza. Non poteva - secondo quella scuola di pensiero - perdere tempo per un quindicenne che non aveva la più pallida idea di ciò che affermava, ma veniva acclamato ugualmente. La questione dei nuovi tifosi era senz'altro da non ignorare, ma veniva suggerito che non fosse opportuno dare troppa importanza a un soggetto che sembrava richiederla a gran voce.
Inoltre, almeno su ciò Dalila non aveva dubbi, non era affatto il momento. Erano le sei e trentacinque del mattino del giorno in cui si chiudeva il campionato mondiale e, per quanto a molti quel momento sembrasse ancora lontano ore e ore, non poteva essere considerato tale da chi lo viveva in prima persona.
Dalila si sedette sul bordo del letto, pronta ad appoggiare lo smartphone sul comodino e a lasciar perdere. Cambiò idea all'ultimo momento, quando vide che il numero di cuoricini continuava a salire.
Aveva una telefonata da fare, decise. Marco rispose al terzo squillo.
«Perché mi chiami?» volle sapere. «Non avevamo detto che non ci saremmo più sentiti fino alla fine della stagione? Era meglio per tutti, l'hai detto anche tu. Anzi, sei stata tu a proporlo e...»
Dalila lo interruppe: «Marco, ti prego, non ti ho chiamato per perdere tempo. Dobbiamo vederci al più presto.»
«Non manca molto» replicò Marco. «A che ora arriverai al circuito, esattamente? Io sarò là ad attenderti.»
«No, dobbiamo vederci prima, da qualche altra parte» insisté Dalila. «Ho letto cose allucinanti, sui social. Danno la colpa a noi. Ne ho beccato uno che segue le competizioni da pochi mesi ma punta il dito contro di noi. Sta diventando una star. Non possiamo permettere a questa gente di...»
Marco non la lasciò finire.
«Questa gente non è nessuno. Ne ho letti tanti anch'io, di commenti. Credimi, non è bello leggere gente che pensa che giovedì sera io abbia tentato di ammazzare una persona sulla base di una manovra azzardata di qualche anno fa. Va bene, era di più di una semplice manovra azzardata, ma bisogna avere davvero una fantasia malata per pensare che...»
Non finì la frase, ma Dalila comprese alla perfezione.
«So quanti danni può fare quel tipo di gente. Il mio "scandalo" è partito da loro. Hanno deciso che il mio comportamento a loro dire indecoroso non era meritevole di essere associato al team Pegasus ed è successo quello che è successo. Lo sai bene, possono diventare pericolosi. Dobbiamo vederci, dobbiamo parlare anche di questo, ma non solo. Non riesco ancora a capacitarmi di quello che è successo a Yves, ma temo che quello che è successo abbia a che fare anche con noi.»
«Cosa vuoi dire?»
«Non possiamo parlarne al telefono. Dobbiamo vederci.»
«Dove e quando?»
«Adesso... il prima possibile. Sul dove... un posto in cui nessuno possa mettersi in mezzo. Non possiamo rischiare. Se quello che penso è vero, anche noi potremmo essere in pericolo. Facciamo parte di un gioco più grande di noi, ormai.»
«Non capisco. Di cosa parli?»
«Ti spiego tutto di persona. Ti prego, non fare storie. Non farmi perdere tempo. Vediamoci.»
Tra il momento della supplica di Dalila e quello del loro effettivo incontro in un luogo isolato trascorsero sedici minuti, che furono sufficienti al post del quindicenne appassionato di motori da pochi mesi per incrementare a dismisura il numero di like ad esso associato. Di pari passo aumentavano i commenti che elogiavano l'autore o chiamavano "crybaby" chiunque osasse insinuare che certe accuse fossero un po' troppo azzardate.
Dalila controllò le notifiche del proprio profilo. Veniva bombardata di messaggi. I più gentili l'accusavano di essere una traditrice del Team Pegasus, associati ad altri secondo i quali, invece, aveva tradito la Silver Rocket. I meno eleganti la minacciavano di morte o, in alternativa, le auguravano di essere vittima di uno stupro di gruppo.
«Pensano che abbiamo tentato di ammazzare Yves» esordì Dalila. «Pensano che l'abbiamo fatto per impedirgli di vincere il mondiale. Mi dirai che sono solo bimbiminchia che non hanno idea di come funzioni il mondo, ma a causa di quel tipo di bimbiminchia la mia vita è stata sconvolta perché in passato ho preso il sole in topless su una spiaggia privata.»
«Cerca di stare tranquilla» la rassicurò Marco. «Eravamo a un evento ufficiale, insieme a centinaia di persone. Abbiamo parlato su un palco, chiunque può testimoniarlo. Li segnaleremo, faremo rimuovere certi contenuti. Ci saranno pure delle linee guida da rispettare su questi cazzo di social...»
«In linea teorica sì» ribatté Dalila, «Ma non c'è molto da fare. Tecnicamente un bimbominchia quindicenne che vive in Minnesota può affermare con certezza che io e te abbiamo tentato di ammazzare un nostro collega perché non volevamo che vincesse il titolo mondiale. Ha il diritto di farlo, così come ha il diritto di invocare chiunque di farci terra bruciata intorno. Siamo nelle loro mani, come lo ero io lo scorso inverno. Puoi dirmi che contro di me, lo scorso inverno, c'erano delle prove, vero. Però erano soltanto foto scattate a mia insaputa in un momento in cui stavo per mia libera scelta con il seno al vento in una proprietà privata. Adesso ci stanno accusando di un tentato omicidio. Non è esattamente la stessa cosa, è innegabile.»
«Per quel tipo di gente immagino che siano più o meno cose della stessa gravità.»
«Probabile.»
«Comunque non possiamo farci niente. L'unica cosa sensata sarebbe non dare loro importanza, ma anche in questo non possiamo farci niente. Ricevono già troppa attenzione, ormai pensano di potere essere determinanti.»
Quello che osservava Marco era vero, ma era vero che nemmeno quella parte del fandom che di solito stava dal lato opposto faceva nulla per intervenire in loro aiuto. Dov'erano quegli appassionati vintage che ridicolizzavano i nuovi tifosi senza problemi quando si trattava di esaltare tutto ciò che apparteneva al glorioso passato in cui "gli uomini erano veri uomini"?
«...Invece di essere veri pagliacci» borbottò Dalila, senza riuscire a trattenersi.
Marco la guardò storto.
«Cosa stai blaterando, Dalila?»
«Niente.»
«Ecco, allora veniamo al punto. Perché siamo qui? Per parlare di questa gentaglia? Dei pericoli a cui potremmo andare incontro a causa della loro insistenza? No, perché, se non sbaglio, oggi avremmo qualcosa di più importante da fare.»
Dalila annuì.
«Sì, lo so. È per questo che siamo qui, perché c'è sempre stato un piano, dall'alto, un piano per spettacolarizzare il campionato e gettare tutti quanti noi in pasto a questi pazzoidi adolescenti che si eccitano quando succede qualcosa di controverso. Per questo sono state fatte pressioni su Danae Ravelli perché convincesse Yves a correre per la Silver Rocket. C'era bisogno di lui per raggiungere questo scopo.»
Marco scosse la testa.
«No, non credo proprio. Non c'era motivo per cui avrebbero dovuto ingaggiare per forza di cose Yves per realizzare i loro obiettivi di spettacolo.»
«Yves serviva perché avrebbe portato qualcosa che altri non potevano portare.»
«Nessuno di noi è indispensabile.»
«Yves lo era. Volevano sfruttare a tutti i costi quello che era successo anni fa tra di voi... e mi pare ci siano riusciti. Yves Raphael contro Marco Rossi, il ritorno. Non ne sei convinto anche tu? Quell'incidente è stata la causa scatenante di tutto. L'hanno usato contro tutti voi e quell'intervista con la moglie di Yves è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»
«Forse Yves diceva la verità, quando sosteneva che non si trattasse di un'intervista. Devono avere pubblicato quel video contro la volontà di Hélène. Anzi, non doveva nemmeno sapere che qualcuno la stesse riprendendo.»
«Esatto.»
«Questo, però, che importanza ha?»
«Ne ha, anche troppa. Hanno voluto contrapporre a tutti i costi te e Yves per questioni di spettacolo... e adesso siamo qui, con un finale di stagione inedito. Non era quello che speravano, forse, ma lo sfrutteranno. Lo sfrutteranno ancora meglio di quello che pianificavano.»
Marco abbassò lo sguardo.
«Non ti senti sporca al solo pensiero?»
Dalila spalancò gli occhi.
«A quale pensiero?»
«Era il mondiale di Yves» puntualizzò Marco. «Se l'è conquistato sul campo. Eppure non potrà vincerlo.»
Fu quello il momento in cui la malsana idea attraversò per la prima volta la mente di Dalila.
«Nulla è detto, fino alla bandiera a scacchi. E mancano ancora ore e ore all'inizio della gara.»
«Non vedo come...»
Dalila interruppe sul nascere le proteste di Marco.
«Rifletti, un modo c'è.»
Marco la fissò con gli occhi strabuzzati.
«Mi stai dicendo che...»
«Non so a cosa stia pensando tu, ma so bene a cosa sto pensando io. Possiamo farcela, possiamo fare un buon lavoro. Anzi, ci ringrazieranno, se penseranno che sia stato casuale.»
Marco non oppose resistenza.
«Come pensi di farlo?»
«Fingendo che sia stato un errore.»
«La gente non ci crederà.»
«La gente ci crederà, a una condizione.»
«Quale?»
«Nessuno crederebbe in un errore tuo, in una simile situazione, ormai ti sei fatto una brutta reputazione. Devo essere io a sbagliare, nel momento meno opportuno. Ci stai?»
Marco rispose, con prontezza: «Ci sto, forse è proprio così che deve andare.»
In pochi minuti, Dalila gli espose un piano in apparenza infallibile. Marco approvò, ancora una volta senza fare alcuna obiezione.
«Non provare a fottermi» mise in chiaro Dalila, «Oppure te ne farò pentire amaramente.»
Non riuscì a comprendere se Marco fosse sincero, mentre replicava: «Stai tranquilla, farò quello che abbiamo stabilito.»
Lo guardò andare via, realizzando di non avergli esposto i propri sospetti peggiori, presa com'era dal loro piano. Non importava, l'avrebbe fatto in un secondo momento. Era certa che ne avrebbero potuto discutere insieme, tutti e tre, lei, Marco e Yves. Non ci sarebbe stato bisogno di convincere quest'ultimo: durante la stagione era stato il principale contendente al titolo, era stato protagonista della peggiore polemica stagionale, era stato lasciato dalla moglie per via dei falsi rumour che circolavano sul suo conto e, infine, era stato vittima di una brutale aggressione a causa della quale era in bilico tra la vita e la morte. Affermare che fosse tutto collegato sarebbe sembrata una becera teoria del complotto a chi non avesse vissuto quei fatti, ma Dalila non poteva non credere alla propria convinzione. Quando il team Silver Rocket aveva ingaggiato il pilota francese, di ritorno dopo alcuni anni spesi in altre categorie, le trombe dell'apocalisse avevano iniziato a suonare. Purtroppo nessuno di loro se n'era accorto prima che fosse troppo tardi.

***

Erano seduti l'uno di fronte all'altra da qualche istante, con la Ravelli che insisteva a restare in silenzio. Yves aveva un'idea, anche se solo vaga, di cosa desiderasse da lui, ma si aspettava che venisse subito al dunque.
«Allora?» la esortò. «Stai cercando il modo più elegante di presentarmi la tua proposta?»
Danae Ravelli accennò un lieve sorriso.
«Come sai che intendo proporti qualcosa?»
«Mhm... non saprei. La trama porta in questa direzione e sembra piuttosto scontata. Una giovane team principal, criticata da molti solo perché di fatto ha meno di quarant'anni ma gestisce una squadra, cerca con insistenza un ex pilota della categoria nella quale gareggia il team da lei gestito. Sono in tanti che si auspicano un ritorno di quell'ex pilota.»
«E poi? Come continua?»
«Continua che quella giovane team principal ha contatti con fornitori di gomme, motoristi e quant'altro. Dimmi solo qual è il team di fondo classifica che vorrebbe ingaggiarmi al posto di qualche pilota pagante, solo per avere l'onore di avere riportato Yves Raphael nella categoria.»
La Ravelli sbuffò.
«Dai troppe cose per scontate, Yves.»
«Ovvero?»
«Ovvero i team di bassa classifica disposti a rinunciare a piloti con buoni sponsor pur di avere te.»
Yves obiettò: «Sono sicuro che ci siano tanti sponsor disposti ad accorrere con carriole di soldi, in caso di mio ritorno. Nessun team di bassa classifica ci rimetterebbe.»
«Sarebbe un bene per tutti, in apparenza» osservò Danae Ravelli. «Sbaglio o hai annunciato la tua separazione dalla squadra con la quale hai corso in endurance nelle ultime due stagioni?»
«Non sbagli.»
«Quindi non hai un sedile sul quale appoggiare il fondoschiena, nella stagione che verrà.»
«Sto valutando varie proposte.»
«Appunto per questo non dovresti sottovalutare la mia. Potrebbe essere migliore di tutte le altre.»
Yves scosse la testa.
«No, questo non è possibile. Preferisco un team di prima fascia altrove, piuttosto che essere un backmarker qui. Ormai la possibilità di tornare in un top-team non ce l'ho più, tanto vale focalizzarsi su altri obiettivi. Puoi dire a chiunque ti abbia pregato di convocarmi che può mettersi in contatto con il mio manager e gli faremo sapere.»
Yves fece per alzarsi in piedi, ma la Ravelli lo trattenne.
«Aspetta. La storia della team principal era molto interessante. Vorrei sdebitarmi raccontandotene una interessante anch'io.»
Yves guardò l'orologio e, nonostante avesse tutto il tempo che voleva a disposizione, obiettò: «Si sta facendo tardi.»
«Non ti trattengo» ribatté la Ravelli, «Ma sappi che la mia storia inizia così: un team che mette in pista vetture di colore rosso fiammante è finalmente a un passo dal vincere il tanto atteso titolo piloti, ma deve vedersela con un veterano vestito di grigio ormai giunto alla soglia della pensione pronto a sorprendere tutti. Questo è solo un outsider, ma sta rientrando prepotentemente in scena più ci si avvicina allo scontro finale. Se i due alfieri in rosso non dovessero riuscire a controllare la situazione, potrebbe essere proprio questo anziano pilota vestito di grigio argento a vincere il suo ultimo mondiale.»
«Ho l'impressione di conoscere questa storia. Perché dovrei rimanere ad ascoltarti? Vado di fretta.»
«No, non vai di fretta, altrimenti non saresti proprio venuto al nostro appuntamento.»
Yves sospirò.
«Va bene, mi hai smascherato. Adesso dimmi cosa vuoi. Forse autocompiacerti di quello che è successo? Va bene, abbiamo spianato la strada al tuo "anziano" pilota, ma ormai questo lo sappiamo tutti.»
«No, affatto, non voglio compiacermi per quello che è successo» affermò Danae Ravelli, guardandolo negli occhi. «Voglio solo raccontarti come prosegue la storia.»
«Lo so già.»
«Una parte la conosci, nello specifico quella parte in cui, al momento decisivo, i due piloti in rosso si spalmano l'uno contro l'altro. L'incidente è talmente violento da far smettere all'istante di pensare al mondiale perduto. I due piloti del team Pegasus hanno distrutto ogni possibilità di vittoria, ma non solo. Ci sarà molto da discutere e nessuno sarà disposto ad ascoltare la versione dei fatti di chi è stato veramente coinvolto. Saranno gli addetti ai lavori, gli opinionisti e i tifosi a stabilire chi sia stato a innescare l'incidente. Solo, gli addetti ai lavori, gli opinionisti e i tifosi non conoscono tutti gli elementi necessari per valutare.»
Yves alzò le spalle.
«Va sempre così.»
«Stavolta più del solito.»
«No, non ci sono differenze. Chi si fa meno male ha torto e hanno deciso che questo ruolo spettasse a me. Non l'hanno fatto solo gli opinionisti, ma ormai non importa più. Non sto vivendo di stenti, in altre categorie, nonostante qualcuno lo pensi.»
Danae affermò: «Conosco una parte di verità che tu ignori.»
«Ormai conosco queste parole, chiunque pensa di avere in mano la verità assoluta» puntualizzò Yves, «Ma nella maggior parte dei casi non è così. Grazie per la storia interessante che mi hai raccontato, ma non so cosa farmene.»
«Lo so io, quindi siamo a posto» ribatté la team principal della Silver Rocket. «Ti devo un mondiale.»
«Come, prego?»
«Ti devo un mondiale.»
«No, non mi devi alcun mondiale» ribatté Yves. «Non c'è bisogno di questi giri di parole per convincermi ad accettare un ingaggio da parte di qualcuno dei tuoi amici. Dì a chi è interessato di mettersi in contatto con il mio manager, non c'è bisogno di trattare in modo creativo.»
«Aspetta, non ti ho ancora raccontato la seconda parte della storia» replicò Danae Ravelli. «Potrebbe esserci un happy ending, sei sicuro di non volerne sentire parlare?»
«Parlamene» la esortò Yves. «Vediamo fino a che punto sei capace di spingerti per arrivare al tuo obiettivo.»
«La storia prosegue - o meglio, sarebbe bello se proseguisse - con uno dei due ex alfieri in rosso che cambia squadra e vince finalmente il campionato. Certo, non lo vincerà vestito di rosso, ma anche vincerlo vestito di grigio non è così male, non credi?»
«Sbaglio o hai avuto dei contatti con Marco Rossi, che però è rimasto dov'è?»
«Non ti ho chiamato qui per parlarti di Marco Rossi.»
«Strano, mi sembra che...»
Danae Ravelli interruppe il commento di Yves sul nascere.
«Penso che tu sappia qual è la situazione della squadra.»
«Sì, quello che doveva essere il vostro pilota di punta ha appena avuto una crisi mistica e ha deciso di ritirarsi, quindi siete alla ricerca di un top driver al quale affiancare uno dei giovani emergenti che tenete d'occhio da tempo. Dopotutto già non riuscite a trovare un giovane emergente che vi convince, figuriamoci se potete puntare su due di loro, proprio adesso che sembrate i favoriti per la prossima stagione.»
«Potremmo puntare su due giovani emergenti, è vero, ma è altrettanto vero che sul mercato sono disponibili dei piloti migliori di loro. Tu sei uno di quelli. Non ti sto proponendo di gareggiare per arrivare penultimo nel team di qualcuno dei miei "amici", ma di diventare il prossimo pilota della Silver Rocket.»
Yves rabbrividì.
Non si era aspettato una simile proposta.
«Perché proprio io?»
«Perché qualcun altro?» obiettò la Ravelli. «Te l'ho detto, ti devo un mondiale e sarei felice che tu lo vincessi insieme a me. So che vettura metteremo in pista nella prossima stagione e so che potrebbe essere un obiettivo realistico.»
«Dici che mi devi un mondiale, ma non è vero» ribatté Yves. «Siamo stati io e Rossi a fare quello che abbiamo fatto. Anzi, sono stato io, si è detto.»
Danae Ravelli ridacchiò.
«Sì, è stata fatta una campagna mediatica contro di te, ma ti ho detto di conoscere la verità meglio di te.»
«Questo mi sembra improbabile.»
«Non importa, perché non è di questo che voglio discutere. Non mi hai ancora detto che cosa ne pensi. Ti sto dando la possibilità di tornare, di finire il lavoro che hai lasciato in sospeso anni fa.»
«A volte, quando lasci in sospeso qualcosa, è perché non lo vuoi finire.»
«Ma io ti conosco.»
«Non tanto bene.»
«Bene abbastanza da sapere che, dentro di te, c'è il desiderio di dimostrare quanto vali, ma di farlo davvero, stavolta, senza polemiche e senza contestazioni. Puoi riabilitare il tuo nome.»
«È quello che ho cercato di fare a Le Mans e circuiti limitrofi.»
«A Le Mans non hai avuto la possibilità di vendicarti di Marco Rossi e del team Pegasus. Io te la sto offrendo su un piatto d'argento.»
Yves sorrise.
«Non ho niente di cui vendicarmi. È andata com'è andata.»
«Invece io penso sia l'esatto contrario» ribatté la Ravelli. «È stato Rossi a innescare l'incidente, anche se la colpa è ricaduta su di te. Hai ricevuto un ban di sei mesi per questa ragione, nonostante avessi solo cercato di fare un sorpasso. Il team Pegasus ti ha messo alla porta. Sei rimasto tagliato fuori, mentre Rossi veste ancora i colori di una delle squadre più prestigiose del campionato.»
«Però non è ancora diventato campione del mondo, nonostante tutto» ribatté Yves. «Abbiamo ancora lo stesso numero di titoli, con la differenza che io non ho mai preso parte ai successivi campionati.»
«Marco Rossi diventerà probabilmente campione del mondo al termine della prossima stagione, se io dovrò competere con dei piloti ancora troppo inesperti. Se accetti di correre per me vincerai, e vincerai contro di lui. Ti sto offrendo l'occasione della tua vita. Non penso che tu possa rifiutarla.»
«Mettiti in contatto con il mio manager.»
«Preferisco trattare con te. Possiamo andare a cena insieme e continuare a parlarne?»
«Sono sposato e ho due figlie meravigliose. Non credo di potere accettare.»
Danae Ravelli rise.
«Guarda che non intendo provarci con te.»
«In tante me l'hanno detto, ma poi cercavano di saltarmi addosso.»
«Sei un bell'uomo, ma hai anche qualche difetto. Per esempio, sei francese. Non potrebbe mai funzionare, tra di noi.»
Anche Yves rise, a quelle parole.
«Bene, meglio così.»
Non accettò l'invito a cena della team principal, ma iniziò a valutare fin dal primo momento l'eventualità di non scartare a priori l'offerta ricevuta. Non era animato da desiderio di vendetta, ma solo dalla possibilità di riprendersi ciò che in passato gli era stato negato. Era uscito di scena nel peggiore dei modi, senza la possibilità di spiegare la propria versione dei fatti. Non aveva mai fatto nulla per cercare di dimostrare la propria innocenza. Non sarebbe servito, chi voleva accusarlo l'avrebbe fatto lo stesso. Tutto ciò che aveva desiderato era stato ricostruire la propria carriera e poteva dire di esserci riuscito, lontano dalla serie che l'aveva rinnegato. L'idea di poterlo rifare, ma dall'interno, lo allettava sempre di più. Lo allettava a sufficienza da farlo divenire, di lì a poche settimane, un pilota ufficiale della Silver Rocket.
Nel momento in cui firmò il contratto, non sapeva ancora chi sarebbe stato il suo compagno di squadra. Si facevano un paio di nomi, entrambi piloti molto giovani che avevano ottenuto ottime prestazioni alla guida di vetture delle retrovie, ma era chiaro che nessuno dei due sembrasse convincere a pieno Danae Ravelli. Lo "scandalo" di Dalila Colombari scoppiò all'improvviso. Quando fu appiedata dal team Pegasus da un giorno all'altro, le dinamiche del campionato imminente iniziarono a prendere forma. La notizia di un dream team Yves Raphael/ Dalila Colombari non trapelò fino all'ultimo momento. Forse per l'ultima volta nella storia, una notizia di mercato piloti arrivò come un fulmine a cielo sereno.

***

Marco guardò Dalila allontanarsi. Aveva preso parte all'evento per obblighi contrattuali con il suo sponsor, ma aveva cercato di eludere chiunque. Era lecito aspettarselo, ciò che Marco non comprendeva era perché la sua ormai ex compagna di squadra avesse inserito anche lui nella lista delle persone da evitare.
Non l'avrebbe lasciata andare via, non prima di averle chiesto cosa le passasse per la testa. Si allontanò con una scusa, senza essere preso troppo in considerazione. Il rappresentante di uno sponsor gli stava parlando, per chissà quale ragione, di rumour a proposito dei problemi finanziari di un'azienda che operava nel suo stesso settore, attività che avrebbe senz'altro continuato in compagnia di qualsiasi altro malcapitato gli fosse piovuto davanti agli occhi.
Marco si lanciò all'inseguimento di Dalila e la bloccò proprio dopo avere imboccato dietro di lei un corridoio poco illuminato.
«Ehi, fermati. Dove stai andando?»
Dalila si girò verso di lui.
«In bagno.»
«Oh.» Marco non si aspettava che la risposta fosse così semplice, ma al contempo così ricca di interrogativi. «Chi vuoi evitare? Perché non sei nemmeno venuta a salutarmi?»
«Te l'ho detto, tempo fa» replicò Dalila. «Non voglio né vedere né sentire nessuno, finché le cose non si saranno sistemate.»
Marco la guardò negli occhi.
«Nemmeno me?»
«Nemmeno te» ammise Dalila. «Quello che è successo è assurdo. Se sono venuta a questa cerimonia di merda è solo perché non ho potuto farne a meno.»
«Questo lo capisco, ma il resto? Non so più come devo comportarmi con te. Cosa sono per te? Solo una parte di un mondo che ti ha tradita e che vuoi dimenticare?»
Dalila sbuffò.
«Non essere così melodrammatico, per cortesia. Ho visto la mia vita andare allo sfascio... e per che cosa, poi? Per delle foto, scattate e diffuse senza il mio consenso. Sono stata trattata come una criminale e c'è chi mi accusa di avere rovinato l'immagine dello sport. Dicono che dovrei dare il buon esempio ai bambini... ma loro che cazzo di esempio gli stanno dando? Io mi sono tolta il reggiseno, loro stanno convincendo i bambini che togliersi il reggiseno sia un crimine contro l'umanità.»
«Ti capisco» rispose Marco, ed era più che vero. «Non riesco a spiegarmi perché la squadra ti abbia voltato le spalle.»
«Perché c'è chi ha fatto pressione su di loro, senza ombra di dubbio» ribatté Dalila. «È strano come va il mondo. In passato ci sono stati sponsor che si sono offerti di finanziare la mia carriera a condizione che mi spogliassi integralmente. Ho rischiato di rimanere fuori perché non ho accettato. Adesso c'è chi mi vuole di nuovo fuori, per molto meno di un nudo integrale, e peraltro per un fatto capitato nella mia vita privata. Dicono che una volta che qualcosa viene pubblicato sui social non è più privato... ma non sono stata io a condividere quelle foto. Altri hanno deciso per me cosa doveva fare parte della mia vita privata e cosa no.»
«Mi rendo conto che sei stata trattata ingiustamente e, lo ripeto, la squadra non avrebbe dovuto voltarti le spalle. Però io sto parlando di noi, sto cercando di capire cosa vuoi fare.»
Dalila fece un mezzo sorriso.
«Non voglio fare niente di diverso da quello che volevo fare qualche settimana fa. Non facciamo più parte dello stesso team, ma non per questo cambiano le mie intenzioni. Solo, ho bisogno di un po' di tempo per sistemare la mia situazione.»
«Cosa intendi dire?» volle sapere Marco. «Stavamo progettando il nostro matrimonio. Ecco, io vorrei sapere se vuoi ancora sposarmi oppure no.»
«Certo che ti voglio ancora sposare, e con il profilo più basso possibile, a maggior ragione dopo quello che è successo» rispose Dalila. «Ti ho solo chiesto di darmi un po' di tregua. Sto lavorando al mio futuro.»
«Quale futuro?»
Dalila sbuffò.
«Fammi capire, da che parte stai?»
Marco aggrottò la fronte.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che il team Pegasus ha deciso che io non ero più degna del mio volante» replicò Dalila, «Ma questo non cambierà la mia vita tanto quanto lo vorrebbero loro. Esistono altre squadre, altri campionati... Ho dei piani, che potrebbero concretizzarsi molto presto.»
«Quali piani?»
«Non posso ancora parlartene.»
«Pensavo che tra noi non ci fossero segreti.»
«Lo pensavo anch'io, ma bisogna separare la vita privata e quella professionale. Potremmo diventare avversari e non posso farti sapere in anticipo certe mie decisioni.»
«Ti hanno offerto un contentino, un volante poco importante, giusto per non tagliarti fuori del tutto, vero? Anzi, per non doverti pagare l'intera penale.»
Dalila lo fulminò con lo sguardo.
«No, Marco, non funziona così. Non puoi farmi domande sperando di azzeccarci per sentirti dire di sì o di no.»
Marco ridacchiò.
«Sono certo che saprei come convincerti a darmi qualche anticipazione.»
«Invece non lo sai affatto. Non hai possibilità di riuscirci. Ho la bocca cucita.»
«Va bene, allora aspetterò. Però ci arriverò in fondo, prima ancora che ci sia qualche ufficialità.»
«Come ti pare» si arrese Dalila. «Io, da parte mia, non dico niente. E adesso, per favore, lasciami andare in bagno.»
«Vai pure» concesse Marco.
La guardò allontanarsi, procedere verso il fondo del suo corridoio. La sua figura era straordinariamente elegante nell'abito da sera nero, in apparenza perfetta. Solo un occhio molto attento poteva notare una ciocca che spuntava fuori disordinatamente dallo chignon di capelli decolorati, un elemento di "disturbo" che la rendeva più umana.
Marco era preso in quelle riflessioni sulla chioma della sua futura moglie, quando una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
«Buonasera Marco, che piacere rivederti.»
Yves aveva ragione, era passano passati letteralmente mesi dall'ultima volta in cui si erano incontrati, un incontro che era stato comunque piuttosto di sfuggita.
«Mi fa piacere rivederti» disse Marco. «Ho sentito proprio l'altro giorno la notizia del tuo ritorno e ci sono rimasto abbastanza di sasso. Stavo ascoltando la radio e l'hanno annunciato nel notiziario di...»
Yves lo interruppe: «Sì, posso immaginare, deve essere stata una sorpresa per molti.»
«Per molti forse no» ammise Marco, «Ma non avevo creduto alle voci che avevo sentito. Pensavo fossi convinto e volessi continuare a restarne fuori.»
«Essere un pilota di endurance e non essere costantemente al centro della scena è una delle cose più belle che mi siano capitate negli ultimi anni, ma al momento non era più la cosa migliore per me. Sono sicuro che sarà una bella stagione.»
«Sì, sicuramente lo sarà.»
Quella di Marco era solo una speranza per il campionato che sarebbe venuto, ma Yves parve cogliervi un messaggio subliminale.
«Dopotutto non aspettano altro, vero?»
«Chi?»
«Tutti.»
«Non capisco.»
«I tifosi, la stampa e perfino qualche persona seria, che dovrebbe evitare di dire cavolate. Vogliono tutti uno scontro tra di noi, quello di cui sostengono di essere stati deprivati nelle ultime stagioni.»
Marco gli strizzò un occhio.
«Io, se fossi al posto tuo, non mi lamenterei.»
«Sinceramente la loro retorica non mi piace» replicò Yves. «Vedono cose che ancora non sono successe.»
«Lasciali fare» lo esortò Marco. «Non è poi così terribile che vogliano vederci lottare l'uno contro l'altro per il titolo. Visto com'è andata l'altra volta, pensavo che la gente fosse spaventata da questa idea.»
«No, figurati, sono passati pochissimi anni, ma le persone sono cambiate. Sui social si sentono tutti sempre più protagonisti, giorno dopo giorno. È probabile che molti di loro pensino che sono tornato solo ed esclusivamente per compiacerli, perché era quello che volevano. Non si rendono conto che non siamo nati per dare loro quello che vogliono.»
Le osservazioni di Yves non erano del tutto sbagliate.
«Hai ragione, ci sono tifosi davvero malati di protagonismo» convenne Marco. «Non vedo, però, cosa ci sia di male se vogliono vederti gareggiare contro di me. Quando te ne sei andato, hanno sentito la tua mancanza. Adesso sei tornato e sono tutti felici. Anzi, è già un bene che non ti abbiano accusato di essere un traditore del team Pegasus solo perché correrai per un'altra scuderia.»
«I tifosi sono menti semplici, non fanno ragionamenti del genere se nessuno glieli mette in testa» ribatté Yves. «Mi pare evidente che i media non vogliano vedermi come un traditore di un team. Io sono il cattivo ragazzo che riesce a tornare nel mondo che l'ha tagliato fuori. Vogliono vedere se sono ancora un bad boy o se posso passare dalla parte di voi bravi ragazzi.»
Quelle parole fecero rabbrividire Marco. Non riusciva mai a capire se Yves fosse ironico, quando usciva quel discorso. Non aveva nemmeno davvero idea di che cosa sapesse Yves, di quanto fosse consapevole di cosa fosse davvero accaduto il giorno in cui la carriera di entrambi era cambiata per sempre.
Non era certo che sondare il terreno fosse la scelta migliore, ma non poté fare a meno.
«Cosa ne dice la Ravelli?»
«Di cosa?»
«Di noi.»
«Perché dovrebbe dire qualcosa di particolare?»
«Hai ragione, perché dovrebbe dire qualcosa di particolare?»
Yves lo guardò dritto negli occhi.
«Non so, perché non me lo spieghi tu? Mi ha lasciato intendere di sapere qualcosa di spiacevole su di te. Rimane però molto riservata in proposito. O forse sono io che non voglio che mi riferisca dettagli imbarazzanti. Per caso te la sei portata a letto?»
Marco scoppiò a ridere. Quell'ipotesi stava a significare che Danae Ravelli non aveva alcuna intenzione di smascherarlo pubblicamente - il che faceva comodo anche a entrambi - e che Yves non aveva la benché minima idea di quale fosse il segreto che condividevano, segreto che avrebbe potuto danneggiare notevolmente l'immagine di entrambi.
«Io e la Ravelli a letto insieme? Tu sei fuori di testa!»
«Non è una brutta donna» obiettò Yves, «E ha anche molto fascino.»
Marco rispose, con prontezza: «Non lo metto in discussione, ma ho già una fidanzata e non mi interessano le altre donne.»
«A proposito, dov'è andata a finire Dalila?» domandò Yves. «L'ho vista prima, di sfuggita.»
«Dalila è in bagno» lo informò Marco, «E temo ci resterà a lungo. Dopo quello che è successo, non ha tanta voglia di farsi vedere in giro. È venuta qui solo perché non poteva fare altrimenti.»
«Ecco, cosa ti dicevo? Che i tifosi si sentono troppo protagonisti. Se da parte loro fossero stati un po' più calmi, Dalila avrebbe ancora un volante. Quello che ho apprezzato degli anni in endurance è che ci sono appassionati molto più di nicchia. Certo, alcuni sanno essere irritanti, quando non fanno altro che insultare le categorie più mainstream, ma almeno ci lasciano vivere meglio. Là Dalila non avrebbe avuto ripercussioni per un presunto "scandalo" che scandalo non è.»
«Se tutti fossero di mentalità aperta come te, forse vivremmo in un mondo migliore.»
«Preferisco non avere l'obiettivo di cambiare il mondo» concluse Yves. «Non c'è niente che possiamo fare. Possiamo solo aspettare e sperare che le cose che non funzionano possano sistemarsi. Dalila ha talento e fa parlare di sé. Non rimarrà fuori molto a lungo. Le squadre meno serie e noiose di Pegasus faranno sicuramente carte false pur di averla. O forse le hanno già fatte e immagino che anche tu ne sappia qualcosa.»
«In realtà no» ammise Marco. «Dalila non vuole dirmi niente. Però il fatto che sia proprio tu a fare queste allusioni mi fa capire che forse l'ho sottovalutata. Ti conviene iniziare a fare attenzione. So che Danae Ravelli non crede che ci siano piloti nati per fare le prime guide e altri perfetti come secondi. Se è come penso, prima di lottare per il titolo con me dovrai vedertela con Dalila.»


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