SOTTOTITOLO: o almeno così ha detto FaNbOy 12eNnE Di V3KkYa DaTa che segue la Formula 1 da ben dieci giorni
Tra parentesi, dubito che il loro idolo, chiunque esso sia, sia stato criticato da Platinum Jacques con considerazioni peggiori rispetto a quelle che Platinum Jacques ha rivolto negli ultimi quindici anni a una buona metà dei piloti, ma nevermind, forse sono io che ultimamente lo trovo più democratico del solito. O molto più probabilmente, un tempo, quando la maggior parte della gente diceva cose normali, quello che diceva lui tendeva a stonare. Oggi come oggi, in cui la maggior parte della gente che commenta quello che succede in Formula 1 (sì, perché parlerò di Formula 1 e non di NASCAR in questo post, anche se mando un saluto ad Austin Cindric, vincitore a Daytona solo alla sua ottava partecipazione nella Sprint Cup) sembra fare a gara a chi la spara più grossa, mi ritrovo sempre più spesso a leggere osservazioni di Villeneuve e a trovarle molto più sensate di quello che dicono altri.
Adesso però lasciamo stare l'argomento marmotte del Quebec e procediamo, parlando non di gente che vinceva mondiali negli anni '90 e poi andava ad affumicarsi a bordo di vetture motorizzate Honda, quanto piuttosto di chi in epoca contemporanea ha vinto un mondiale a bordo di una vettura motorizzata Honda stessa. E sì, prima che qualcuno sollevi obiezioni, so perfettamente quali dinamiche abbiano portato a quel mondiale. In questo post, tuttavia, non intendo parlare né dell'ultimo giro del GP di Abu Dhabi né di chi avrebbe dovuto vincere il mondiale a luglio se la fortuna, il karma e tutto ciò che viene scomodato 24/7 avesse garantito uno svolgimento equo delle competizioni. Per dirla come va detta: questo post è incentrato su una questione puramente concettuale, se invece di esserci Max Verstappen e Lewis Hamilton ci fossero altri due piloti qualsiasi, sarebbe un discorso che mi uscirebbe tale e quale.
A prova di questo, una sera di fine novembre del 2016 pensai che prima o poi sarebbe uscito l'argomento che invece è uscito quest'inverno. Erano i giorni in cui Nico Rosberg aveva appena vinto il campionato, pensavamo ancora che sarebbe stato in pista nel 2017 e quindi, lo ricordo perfettamente, una sera di fine novembre, tipo due o tre giorni dopo la fine del mondiale, mentre uscivo dal lavoro e andavo nel parcheggio, mi venne da pensare: "chissà se correrà con il numero 1 e soprattutto chissà se, dopo che Hamilton non ha corso con il numero 1 da campione del mondo, ci saranno delle polemiche sulla sua scelta". Sapete tutti com'è finita: Rosberg decise di ritirarsi, sostenendo di averlo pianificato già da tempo, quindi il pensiero numero 1 sì/ numero 1 no probabilmente non lo prese mai in considerazione. Cinque anni più tardi, tuttavia, Max Verstappen ha deciso che correrà con il numero 1, ed ecco la polemica che prevedevo.
La principale contestazione che viene fatta nei confronti di questa scelta, in prevalenza dai suoi detrattori, è che Verstappen abbia scelto il numero 1 o per ostentare il proprio risultato oppure per cercare di renderlo valevole agli occhi del grande pubblico. C'è anche chi insinua che l'abbia scelto per fare indispettire quello che viene considerato il suo principale avversario. Ciò che trovo stonato in queste accuse, come ho già detto, non riguarda la situazione in sé, quanto piuttosto il fatto che viene fondata su un errore di concetto, ovvero che correre con il numero 1 sia l'eccezione. No, non è così: il fatto che il campione del mondo di Formula 1 in carica corresse con il numero 1 non è un'eccezione portata da Verstappen, quanto piuttosto una regola. Prima di Hamilton l'aveva fatto chiunque... e per chiunque intendo anche Sebastian Vettel nel 2014, prima stagione in cui fu possibile scegliere.
Ricordo sia che Vettel annunciò che il suo numero era il 5 e che l'avrebbe portato non appena non fosse più stato il campione del mondo in carica, così come ricordo un anno più tardi che ci fu anche un po' di sorpresa quando Hamilton scelse di mantenere il 44. Qualcuno nel corso degli anni si auspicava anche che ci ripensasse, perché sarebbe stato bello vederlo correre con il numero 1. Poi, all'improvviso, un pilota che, legittimato dalla classifica piloti 2021, sceglie di portare il numero 1, viene visto come se avesse sovvertito l'ordine naturale delle cose. In realtà è semplicemente tornato a quella tradizione che in tanti si mettono in bocca ogni tre per due e la scelta di portare il numero 1 dovrebbe essere considerata legittima tanto quella di non portarlo.
In fin dei conti cosa pensa questa gente? Che ci siano piloti che vincono il mondiale ma per "non darsi arie di superiorità" portano il numero che avevano prima? Non penso che funzioni così, anzi, penso piuttosto che la scelta di conservare il proprio numero dipenda prevalentemente dal fatto che il numero è anche un brand e un logo. Hamilton possiede un team di Extreme E chiamato X44 allo stesso modo in cui Valentino Rossi possiede un team di motociclismo chiamato VR46. Non è un caso che siano proprio i piloti che scelgono di brandizzare il proprio numero quelli che scelgono di gareggiare con il proprio numero anche quando avrebbero diritto a portare il numero 1. Forse, quando si commenta qualcosa, bisognerebbe avere la lucidità di capire che il motorsport non è un mondo di buonihhhh vs kattivihhhh.
Questa necessità di santificare a tutti i costi qualcuno o di demonizzarlo per ragioni completamente neutre non mi sembra per niente l'atteggiamento più sensato da assumere. Sarebbe il caso che, anche dall'alto, invece di limitarsi a inventarsi un fanbase e a sperare che il fanbase esistente si accodi alle teorie del nuovo fanbase, si puntasse a consolidare quella parte di fanbase che ha senso critico. Mi sembra che si stia puntando fin troppo a gente che non ha la benché minima conoscenza in materia né voglia di approfondirla, piuttosto che di puntare a incrementare l'attenzione di chi un minimo di attenzione ce l'ha già. Più che inventarsi nuovi fan sarebbe ora, se si vuole incrementare il fanbase, di puntare a far diventare fan i telespettatori occasionali già esistenti, per intenderci convincere quelli che guardano la Formula 1 quando non hanno di meglio da fare che guardare la Formula 1 è meglio che fare altro.
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Milly Sunshine