martedì 27 dicembre 2022

Verso la bandiera a scacchi - parte 5/7

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Eccomi qui con la quinta parte della mia fan fiction motoristica vintage, nella quale sono fiera di avere assegnato una vittoria a Giacomelli!

Buona lettura! <3


[2017]
La regola era sempre la stessa, con poche varianti, anche a seconda del numero di vetture presenti, fin dall'ormai lontano 2006 in cui Fernando Alonso viaggiava verso il suo secondo titolo e Michael Schumacher tentava il possibile per impedirglielo: diciotto minuti al cardiopalma, per determinare chi era dentro e chi era fuori. Cinque piloti sarebbero stati esclusi al termine della Q1, quindici sarebbero passati in Q2, la manche successiva, nella quale dieci di loro avrebbero avuto a disposizione un quarto d'ora di tempo per conquistarsi l'accesso alla manche che contava. O almeno, quella che contava per i piloti dei team di prima fascia, in fondo alla griglia c'era chi si accontentava anche solo di non uscire nel primo turno, risultato che comunque già accontentava tutti i presenti. Negli ultimi anni non era più capitato che qualcuno rimanesse fuori dal 107% e quindi fuori dalla griglia di partenza: i piloti degli anni 2010 avevano sicuramente meno possibilità di accedere alla Formula 1 rispetto a quelli dei decenni precedenti, ma per quei venti che riuscivano ad aggiudicarsi un sedile, era scontato guadagnarsi l'accesso alla griglia di partenza anche solo facendo presenza.
Valentina era consapevole dell'esistenza di persone che dibattevano sistematicamente a proposito di cosa fosse meglio o peggio, ma a suo parere era uno sforzo del tutto inutile, talora dettato dalla volontà di fare polemica ad ogni costo. Ogni epoca del motorsport aveva avuto i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza, era un esercizio ben poco edificante quello di volere denigrare a priori un campionato che poi proprio chi lo screditava correva a guardare, magari sottoscrivendo abbonamenti a PayTV che per la gente comune risultavano piuttosto onerosi. Certo, c'era anche chi faceva polemica a proposito di chi raccontasse meglio la Formula 1 tra i telecronisti della Rai e quelli di Sky, con i soliti pareri contrastanti, comportamento forse ancora più inutile che chiedersi se le qualifiche fossero migliori ai tempi dell'unico giro a disposizione, piuttosto che quelle più moderne ripartite in Q1, Q2 e Q3, con la loro variante per fortuna dimenticata vista nei primi appuntamenti del 2016, in cui veniva eliminato un pilota al minuto nei primi due turni.
Se doveva scegliere, Valentina prediligeva il formato utilizzato fino a metà degli anni '90, con due sessioni di qualifiche, una al venerdì e una al sabato, con tempi combinati. Era stato scelto di passare a un'altra scuola di pensiero perché, in caso di maltempo nella seconda sessione, quella che riceveva maggiore copertura dalle televisioni, la sessione di sabato non poteva stravolgere i tempi del venerdì, quindi non generava abbastanza spettacolo per il tifoso medio, proprio quel tifoso medio che, in ogni caso, si lamentava sempre e comunque della mancanza di spettacolo, vaneggiando a proposito di smettere di seguire la Formula 1, salvo poi dimenticarsene miracolosamente alla vigilia dell'evento successivo.
Valentina riteneva positivo, da un certo punto, non ignorare del tutto gli appassionati, ma non era affatto certa che gli appassionati fossero in grado di capire cosa fosse il bene per il campionato e cosa non lo fosse. Inoltre non sempre il bene del campionato era il bene anche delle squadre minori, anzi, quasi mai. Tanta gente parlava dei passi da gigante che la Formula 1 aveva fatto arrivando, di fatto, a escludere tanti team senza arte né parte che si erano visti nel corso degli anni '80 e '90, dimenticandosi che i team "senza arte né parte" erano in genere squadre che disponevano di pochi fondi e che, di conseguenza, a parte rari casi altisonanti, facevano il meglio che potevano. In più era scandaloso come anche squadre di un certo livello, che magari avevano ottenuto un successo di breve durata, venissero equiparate senza mezze misure a squadre che non avevano mai visto la zona punti.
"C'è gente che considera una squadra di incapaci perfino la Scuderia Martinelli" si disse Valentina, pensiero che la fece inorridire, "Nonostante sia andata vicina a vincere un mondiale piloti".
Realizzare l'obiettivo sarebbe stato impossibile - Valentina doveva riconoscerlo - anche senza quell'assurdo incidente innescato da Giorgio a Caesars Palace, ma un simile risultato non poteva essere messo da parte. Non c'era comunque tanto da sorprendersi, c'erano tifosi che si erano dimenticati addirittura dei successi della Williams, solo perché da vent'anni non vinceva un mondiale e aveva avuto qualche stagione di difficoltà, fino a pochi anni prima, per poi riprendersi all'epoca in cui la guidavano Valtteri Bottas e Felipe Massa, con risultati di tutto rispetto che, ad ogni modo, potevano essere denigrati a proprio piacimento, bastava affermare che qualunque cosa non fosse vincere dieci gran premi all'anno come minimo era insuccesso.
I fasti degli anni precedenti, tuttavia, non sembravano essere facilmente ripetibili, in quella stagione 2017, per il team di Grove. Lance Stroll stava faticando e, più si andava avanti nella Q1, più sembrava sul punto di uscire di scena già dopo la prima manche. Il suo compagno di squadra Massa, seppure non fosse mai stato una scheggia sul circuito di Montecarlo, sembrava invece un po' più a proprio agio, il che sarebbe stato utilizzato sicuramente, dagli hater del pilota canadese, come nuovo elemento per denigrarlo.
"Si vede che non hanno mai visto certi piloti che correvano in Formula 1 negli anni '80, anche alcuni di quelli della Scuderia Martinelli."
Che Stroll avesse poca esperienza e che un percorso di carriera che avesse previsto un paio di stagioni in più nelle serie minori era un dato di fatto, ma Valentina non lo considerava affatto scarso come veniva descritto da molti. Aveva l'impressione che, dopo il brillante passaggio di Max Verstappen dalla Formula 3 Europea alla Formula 1, gli standard degli appassionati si erano alzati tantissimo. Sembrava doveroso che un pilota, per non essere bollato a priori come incapace, arrivasse in Formula 1 con pochissima esperienza senza mostrare alcuna difficoltà nel tenere il passo dei veterani. Il giovane Verstappen veniva visto come una sorta di guru, qualcosa a cui tutti i piloti dovevano ambire a diventare. Era molto probabile, tuttavia, che non appena avesse iniziato a vincere con una certa insistenza - perché Valentina era certa che prima o poi sarebbe accaduto - una parte dei suoi sostenitori diventassero suoi detrattori. Accadeva molto spesso, quando gli outsider smettevano di essere outsider e diventavano piloti di fascia alta. Non era accaduto a Lewis Hamilton, perché aveva debuttato alla McLaren ed era sempre stato in squadre di alto livello, mentre era accaduto a Sebastian Vettel, acclamato come un eroe quando aveva vinto al volante di una Toro Rosso (l'ex Minardi, ovvero una squadra di tutto rispetto e dalla lunga esistenza che spesso veniva equiparata ai team peggiori dei bassifondi da chi non era in grado di fare distinzioni), per poi essere denigrato quando vinceva con frequenza al volante della Redbull, che ugualmente, prima di diventare un top-team, era stata vista come una squadra briosa con un'immagine meno antiquata dei team storici.
A proposito di Vettel, sembrava decisamente più a proprio agio di Hamilton già a partire da quella prima sessione, così come il suo compagno di squadra Kimi Raikkonen. La Mercedes di Valtteri Bottas sembrava essere al momento quella con maggiori possibilità di arrivare in alto, il che confermava il trend visto nelle prove libere della mattinata. Valentina non poté fare a meno di chiedersi se Hamilton avrebbe ribaltato totalmente i pronostici giunto il momento della Q3 oppure se la Ferrari avesse buone possibilità di ottenere la pole position con uno dei suoi due piloti, ma era ancora presto: il countdown stava per terminare, per il momento tutto ciò che contava era chi era dentro e chi era fuori.
Uscita di scena la Manor, che aveva ufficialmente chiuso i battenti al termine della stagione successiva, la squadra in maggiore difficoltà sembrava la Sauber. Non fu quindi sorprendente vedere Pascal Wehrlein e Marcus Ericsson accontentarsi delle ultime due posizioni della griglia. Wehrlein era davanti al pilota svedese che aveva debuttato anni prima alla Caterham, ma non era così straordinariamente più avanti quanto la retorica a proposito di Ericsson lasciava spesso intendere. Forse non sarebbe mai diventato un nome di spessore della Formula 1, ma chissà, magari avrebbe avuto un avvenire positivo in un altro campionato, prima o poi. Valentina cercò di immaginarselo in Indycar, pensiero dettato da un semplice volo di fantasia, ma chissà, poteva accadere qualsiasi cosa e magari, di lì a cinque anni, lo si sarebbe ritrovato in victory lane a Indianapolis con una bottiglia di latte in mano.
I pensieri di Valentina a proposito di un Marcus Ericsson vincitore della Cinquecento Miglia furono spenti dal constatare che, effettivamente, Lance Stroll era uscito di scena già in Q1: era solo diciottesimo, mentre Felipe Massa accedeva alla Q2. Il primo degli esclusi era Esteban Ocon, sulla Force India, mentre in diciassettesima piazza si era posizionato Jolyon Palmer. Il pilota della Renault, ancora una volta, non dimostrava di avere lo stesso passo di Nico Hulkenberg, ma per quanto in generale fosse poco apprezzato per i propri risultati, in media non veniva preso così tanto di mira tanto quanto altri. Chissà, magari gli avrebbero riservato quel trattamento solo se, alla fine della propria carriera, avesse seguito ancora una volta le orme del padre Jonathan divenendo opinionista e pronunciando eventuali affermazioni considerate impopolari. In caso di critiche a piloti particolarmente amati dal grande pubblico, anche ex campioni del mondo divenuti opinionisti potevano essere denigrati per i loro risultati, ignorando sistematicamente quelli positivi e focalizzandosi solo su quelli negativi, magari in termini puramente numerici e senza tenere in considerazione il tipo di monoposto al volante dei quali erano stati ottenuti. Era esattamente quello che avveniva a un certo connazionale di Lance Stroll, che pure non sembrava affatto un suo appassionato sostenitore e che casualmente era stato l'ultimo pilota a vincere un mondiale con la Williams.
Le vetture rientrarono ai box e subito dopo venne mandata in onda la pubblicità. Valentina guardò istintivamente l'orologio, chiedendosi dove fosse Adriano in quel momento. Doveva essere in strada, diretto da Giorgio, con il quale avrebbe dovuto incontrarsi più tardi quel pomeriggio.
«Se tu potessi chiedergli se vuole vedermi» l'aveva pregato, «Dopo anche a me piacerebbe incontrarlo.»Aveva capito fin da subito che Adriano era rimasto perplesso dalla sua proposta, ma aveva accettato, pur dimostrando di non averne compreso le ragioni. Nemmeno Valentina era sicura di capire perché volesse rivedere Giorgio dopo tanti anni, ma sentiva che non era necessario cercare sempre delle spiegazioni. A volte era meglio seguire l'istinto.
~~~

Giorgio terminò di rileggere per l'ennesima volta la lettera che aveva scritto per Valentina - e che la sera precedente aveva nascosto dagli occhi indiscreti di suo figlio - proprio negli istanti in cui il semaforo diventava verde e iniziava la seconda manche delle qualifiche del Gran Premio di Montecarlo. Non vi erano state grosse sorprese, fino a quel momento, con l'uscita di scena nella prima manche di piloti facilmente prevedibili, né tantomeno incidenti di particolare entità: solo Romain Grosjean aveva fatto un testacoda senza conseguenze, tranne quella molto probabile di ricevere una lunga serie di prese in giro da chi commentava le sessioni sui social network.
Ripose la lettera per Valentina nella busta, convinto di ogni singola parola. Quella era la versione definitiva. Proprio mentre formulava quel pensiero, tentando anche di tenere gli occhi sul televisore per non perdersi gli eventi delle qualifiche, il suo cellulare si mise a suonare. Non lo faceva impazzire l'idea di andare a rispondere, ma poteva trattarsi di qualcosa di importante, doveva almeno guardare chi lo stesse cercando.
Era Emanuela.
"Che cosa vuole adesso?"
Rimase un attimo nel dubbio. Doveva risponderle oppure no?
Sì, decise, doveva risponderle. Tornò davanti al televisore e abbassò il volume al minimo, prima di scoprire che cosa volesse da lui la sua ex moglie in quel momento.
Fu molto freddo, più di quanto avrebbe voluto.
«Cosa vuoi?»
«Potresti almeno salutarmi» replicò la sua ex moglie, palesemente seccata.
«Ciao Emanuela. Cosa vuoi?»
«Innanzi tutto voglio augurarti una buona giornat-...»
Giorgio non la lasciò continuare.
«Dubito che tu mi abbia chiamato solo per augurarmi una buona giornata, quindi ti pregherei di venire al dunque.»
«Ti sento molto agitato» osservò Emanuela. «Si può sapere cosa ti prende? C'è qualche problema?»
«No, nessuno» rispose Giorgio. «Scusa se sono stato brusco, non mi aspettavo una tua telefonata in questo momento. Stavo guardando le qualifiche.»
«Oh, scusami se ti ho disturbato in un'attività così importante.»
«Se permetti, per me lo è!»
«Ma dai, non prendermi in giro, le qualifiche al giorno d'oggi non sono minimamente paragonabili a quelle di un tempo.»
«Che siano diverse da quelle di un tempo non lo metto in dubbio, però, obiettivamente, penso che per chi se le guarda in TV siano più interessanti. C'è suspense, sono qualifiche adatte all'epoca attuale, in cui la gente effettivamente al sabato guarda le qualifiche alla televisione. Il format che si usava ai miei tempi non penso sarebbe altrettanto in grado di tenere la gente incollata ai teleschermi per un'intera sessione.»
«Bisogna essere comunque profondamente appassionati per trovare avvincenti le qualifiche, anche al giorno d'oggi» considerò Emanuela. «Non ci sono molte sorprese, sono sempre i soliti che stanno davanti. Alla fine della giornata davanti ci saranno o le Ferrari o le Mercedes. E alla fine della giornata di domani, con poche eccezioni, a vincere sarà Vettel o Hamilton. Non è più come un tempo, in cui tredici piloti diversi potevano vincere almeno una gara in un campionato in cui ce n'erano diciotto.»
«Anche una volta non è che capitasse tutti gli anni, te lo voglio ricordare.»
«Però poteva accadere. Adesso quanti piloti pensi possano vincere un gran premio in questo mondiale? Hamilton, Vettel, Bottas... dubito che possa riuscirci Raikkonen, mentre al massimo potrebbe capitare a Ricciardo o a Verstappen.»
«Hai menzionato cinque potenziali vincitori, forse sei, che corrono per tre scuderie diverse.»
«Sì, ma almeno due, forse tre, potrebbero vincere solo da outsider, se capitassero delle gare strane.»
Giorgio osservò: «Hai appena affermato che le gare strane possono esistere. Quindi non tutto è prevedibile.»
«Gare strane, ho detto» precisò Emanuela. «Non ho parlato di qualifiche strane. Per esempio, se ti chiedessi che cosa sta succedendo in questo momento, sono certa che mi diresti qualcosa di facilmente prevedibile. Non penso siano accaduti grossi colpi di scena.»
«Invece sì» obiettò Giorgio, vedendo una Haas che finiva in testacoda e sbatteva lievemente contro le barriere. «Si è appena girato Grosjean.»
«Un vero colpo di scena» ribatté Emanuela, con sarcasmo. «Chi l'avrebbe mai detto, Grosjean che si gira è una scena assolutamente mai vista nella storia della Formula 1!»
«Grosjean è uno che va forte.»
«Appunto. Non si dice che chi va piano va sano e va lontano?»
«Non penso che tu mi abbia telefonato per parlare di Grosjean e dei suoi testacoda» replicò Giorgio. «Possiamo parlare del vero motivo per cui hai deciso che non potevi fare a meno di sentirmi oggi pomeriggio?»
La ragione della chiamata era facilmente prevedibile ed Emanuela non lo sorprese affatto quando lo informò: «Bruno mi ha detto che questo weekend Adriano Fabbri viene a trovarti a casa tua.»
«Sono maggiorenne da un pezzo» le ricordò Giorgio. «Posso invitare chi mi pare a casa mia, senza che tu ti intrometta.»
«So cosa vuoi fare. Me ne hai parlato tu stesso. Io stessa ho parlato con Adriano. Sei sicuro di volergli raccontare tutto?»
«Sbaglio o mi hai detto di avergli rivelato che Bruno, dal punto di vista biologico, non è mio figlio?»
«Sì, esatto.»
«Se anche tu avessi potuto convincermi a non raccontargli cos'è successo davvero, il fatto che tu gli abbia spiattellato una parte della verità lo rende impossibile.»
«No, non è affatto vero» insisté Emanuela. «Va bene, gli ho detto che Bruno non è tuo figlio. Tutto ciò che è necessario che sappia, per avere una spiegazione logica, è che in realtà sia tuo nipote. Non c'è bisogno che gli parli del casino che ha fatto tuo fratello.»
«Vuoi dire del casino che avete fatto tu e mio fratello?»
«Non fare la parte dell'innocente, Giorgio. Anche tu, a un certo punto, ti sei prestato a quanto ti chiedevano.»
«Lo so bene» ammise Giorgio, «Ed è proprio per questo che voglio che Adriano sappia com'è andata davvero.»
«Sei proprio convinto, pur di lavarti la coscienza, a tirare in ballo anche noi, quindi.»
«Non voglio lavarmi la coscienza. Voglio solo che Adriano sappia.»
«Rimango convinta che sia un'idea assurda e la parte più assurda è stata permettere a nostro figlio di parlartene.»
«Avrebbe finito per dirmelo lo stesso, indipendentemente da quello che ne pensavi tu. Anzi, se l'avessi pregato di non dirmelo, forse si sarebbe insospettito e ti avrebbe fatto delle domande a cui era difficile dare una risposta.»
Emanuela replicò: «Comunque vada, sarà un casino.»
Giorgio la rassicurò: «Non preoccuparti, so gestire bene la situazione, da questo punto di vista. Non ci sono domande a cui non ho la risposta pronta. Inoltre Bruno è meno interessato di quanto tu creda ai casini che abbiamo fatto in passato. Anzi, non gli viene nemmeno in mente che possiamo avere fatto dei casini. Non dico che ci consideri perfetti, ma non gli verrebbe mai da pensare che...»
Emanuela lo interruppe: «Va bene, con Bruno è tutto a posto, a quanto pare. Ma tu? Pensi davvero di potere affrontare un intero fine settimana in compagnia del tuo nemico giurato e di potergli raccontare per filo e per segno la tua versione dei fatti?»
«La fai più difficile di quanto non sia in realtà.»
«Se era così facile perché la tua idea di incontrare Adriano e di parlargli è arrivata solo adesso? Hai presente quanti anni sono passati?»
«Sì, ce l'ho ben presente, e mi sembrava arrivato il momento giusto, tutto qui. Smettila di preoccuparti per me... e anche di preoccuparti per te stessa. Me la caverò.»
«E se Adriano dovesse riferire la tua storia alla stampa?»
«Non lo farà.»
«Non puoi esserne certo.»
«Non avrebbe alcun interesse a divulgare una storia di tanti anni fa. Perché dovrebbe farlo?»
«Per denigrarti.»
«Non denigrerebbe me. È vero, ho fatto degli errori e ho preso delle decisioni avventate, ma non è nulla che possa marchiarmi a vita e oltre.»
«Va bene» si arrese Emanuela, «Ma fai attenzione.»
«Farò attenzione» la rassicurò Giorgio. «Te lo garantisco, non hai niente da temere. La tua vita continuerà esattamente come prima.»
«E la tua?»
«Non lo so. Non so cosa sarà di me, ma ci penso io a me stesso.»
Emanuela non sembrava tanto convinta e continuò a mostrarsi apprensiva nel resto della loro conversazione telefonica. Lo tenne inchiodato al telefono per diversi minuti, fino alla Q2 ormai inoltrata.Il primo vero colpo di scena della giornata di qualifica, frattanto, arrivò con Stoffel Vandoorne, già qualificato tra i primi dieci, che finiva a muro facendo terminare in anticipo la seconda manche. A rimetterci era, a sorpresa, Lewis Hamilton, che veniva così escluso dalla Q3, quattordicesimo, precedendo solo la Williams di Felipe Massa. Il primo degli esclusi era Daniil Kvyat con la Toro Rosso, davanti alla Renault di Nico Hulkenberg e alla Haas di Kevin Magnussen. Con l'uscita di scena di Hamilton, tre team entravano in top-ten con entrambe le vetture: Ferrari, Redbull e McLaren. Oltre a Vandoorne, a vestire i colori della scuderia di Woking, in quel fine settimana c'era Jenson Button, una presenza one-off al posto di Fernndo Alonso impegnato nella Cinquecento Miglia di Indianapolis. Si faceva un gran parlare della sua presenza sull'ovale, in quel weekend, con molti appassionati sicuri al cento per cento della sua imminente vittoria. Giorgio non ne condivideva la certezza, ma non poteva fare a meno di notare che, seppure ci fosse l'esagerata convinzione dell'avverarsi di un preciso risultato, nessuno vi associava il concetto di noia. Probabilmente la Formula 1 iniziava ad essere considerata troppo mainstream dai suoi appassionati stessi, che con l'avvento dei social media vi erano potenzialmente esposti in ogni momento della giornata. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, tutto ciò che si poteva fare era cercare di arrivare all'esasperazione di quel fenomeno.
~~~

Dopo avere guidato ininterrottamente per quasi tre ore, Adriano si fermò in un autogrill per andare in bagno. Stava per tornare alla macchina, guardando nel frattempo l'orologio giusto in tempo per realizzare che le qualifiche dovevano essere terminate ormai da almeno un'ora e mezzo, quando un'impetuosa voce femminile esclamò: «Ehi, Fabbri!»
Si riferiva a lui? Gli sembrava molto strano, ma si girò, ritrovandosi di fronte a una signora di mezza età, con capelli neri ricci e vaporosi, che era sicuro di non avere mai visto prima.
"Non cercava me" si disse Adriano, ma venne prontamente smentito.
«Sei Adriano Fabbri, vero?» domandò la donna in tono chiassoso.
«Sì, sono Adriano Fabbr-...»
La sua interlocutrice non lo lasciò finire.
«Che figata! Nessuno mi crederà quando racconterò di essermi ritrovata per puro caso nello stesso posto di un pilota dei tempi in cui la Formula 1 era davvero la Formula 1, non quella roba di oggi che sembrano gare della Playstation! Voi sì che eravate veri piloti.»
Non era la prima volta che Adriano sentiva quelle parole, anche se era difficile che gli venissero rivolte in prima persona, specie considerato che non capitava tanto di frequente che la gente per strada lo riconoscesse.
Nonostante fosse certo che non sarebbe servito a fare cambiare idea alla donna, ci tenne a difendere l'onore dei suoi colleghi nati qualche decennio dopo di lui.
«I piloti di oggi non hanno niente da invidiare a quelli di una volta. Certo, se prendiamo come esempio le leggende del motorsport, non possiamo pretendere che chiunque sia in grado di emularli. Però, se parliamo di un livello complessivo, adesso in Formula 1 ci arrivano praticamente solo piloti validi, o quantomeno che abbiano vinto qualcosa nelle formule minori. Ai miei tempi capitava anche che ci arrivasse gente dal curriculum piuttosto dubbio, a condizione che avesse i soldi per pagare.»
«Perché, adesso non funziona così? Arriva solo chi ha i soldi.»
«Arrivano piloti che hanno i soldi, o comunque che hanno ottimi sponsor, ma la maggior parte hanno comunque dimostrato qualcosa prima.»
«Però le macchine di oggi non sono più come quelle di un tempo» puntualizzò la signora, palese appassionata di Formula 1 vintage. «Negli anni '80 e anche '90, se proprio vogliamo esagerare, le monoposto erano bellissime, quelle di adesso, invece... per non parlare dell'anno prossimo, in cui vogliono aggiungere anche quell'indecenza dell'halo.»
«Quell'indecenza dell'halo» obiettò Adriano, «Potrebbe salvare molte teste.»
«Quanti piloti sono stati decapitati negli ultimi dieci o vent'anni? Non sono sicura che l'halo serva... e poi, se anche servisse, va bene, posso accettare che l'halo deturbi le auto, ma il rumore? Quando guardo una gara di Formula 1 al giorno d'oggi, per sentire rumore devo accendere l'aspirapolvere!»
Adriano sospirò.
«Su questo sono d'accordo. Peccato che non facciano più il frastuono di un tempo. Non che questo intacchi lo spettacolo, ma per chi era abituato al rumore che facevano una volta è normale che questa generazione di motori possa non piacere.»
«Alla fine, forse, è quello che si meritano i pilotini di oggi. Non possono certo pretendere di guidare le vere monoposto, se loro stessi non sono proprio veri piloti come un tempo. Mi ricordo, quando ero bambina, che ero una tua fan sfegatata. Ero una fan sfegatata della Scuderia Martinelli in generale, a dire la verità, ma tu sei quello che è rimasto più tempo. Sei stato un pilota fantastico, l'ho sempre detto, anche se mio padre e mio fratello non trovavano niente di speciale in te.»
«Ferraristi?»
«No, alfisti sfegatati.»
«Comunque gente di nicchia. Complimenti al papà e al fratello.»
La donna rise.
«Mio padre era un tifoso accanito di Bruno Giacomelli. Il giorno di quel famoso gran premio del Portogallo, purtroppo, eravamo a una grigliata con degli amici di famiglia, quindi ci perdemmo la gara. Mio padre non si è mai perdonato il fatto di non avere guardato l'unico gran premio in cui il suo idolo ha vinto.»
«Una gara memorabile, quella di Giacomelli. Purtroppo non per me.»
«Infatti io non fui affatto soddisfatta del risultato, non solo per il tuo ritiro, ma anche perché Montani era finito sul podio, mi pare fosse arrivato terzo. Lo detestavo, a quei tempi, lo consideravo un traditore della Scuderia Martinelli. Lo ammetto, è un pensiero assurdo, probabilmente ti sembrerò una pazza...»
«No, affatto, non mi sembri per niente una pazza» ribatté Adriano. «Mi sembra che molti tifosi della Ferrari abbiano detto le stesse cose di Michael Schumacher quando è passato alla Mercedes. Molti l'hanno screditato per anni senza nessun motivo preciso.»
«Anche questo è vero» convenne la donna. «Ogni tanto mi capita di vedere qualche gara al bar e in quegli anni ne ho sentite di tutti i colori. A proposito, anche oggi ho visto le qualifiche in un bar.»
«Quindi guardi la Formula 1 anche se non fa rumore e non ci sono più "veri uomini"?»
«La forza dell'abitudine. Però, devo ammetterlo, ogni tanto capita ancora qualcosa di positivo. Non sono mai stata ferrarista, quindi non mi dovrei entusiasmare più di tanto di una prima fila tutta rossa, ma il risultato di oggi è stato piuttosto positivo.»
«Perdonami, ma non ho visto le qualifiche. Vettel ha fatto la pole?»
«No, l'ha fatta Raikkonen.»
«Beh, sì, questa è una sorpresa!»
«Assolutamente. In generale sono state delle belle qualifiche, anche se al bar erano tutti felici perché Hamilton non era neanche tra i primi dieci. Anzi, alcuni erano felici, altri si lamentavano che c'era Bottas e un tizio delirante ha detto che il fatto che si fosse qualificato terzo era la prova che ci fosse un complotto contro la Ferrari.»
«Vedo che c'è gente strana ovunque, non solo tra gli hater di Schumacher quando correva per la Mercedes.»
«Assolutamente. Un altro si è lamentato addirittura che dalla quarta alla sesta posizione si fossero qualificati Verstappen, Ricciardo e Sainz iniziando a vaneggiare sul fatto che ci fosse sì un complotto, ma che fosse a favore della Redbull e che la Ferrari e la Mercedes fossero entrambe parti lese. A quel punto il barista ha detto che Ricciardo gli sta simpatico e che gli piacerebbe venisse in Ferrari quando Raikkonen si ritirerà o cambierà squadra, e allora quel tipo ha iniziato a dire che Ricciardo in Ferrari sarebbe un infiltrato della Redbull così come lo è Vettel. Ha iniziato ad accusare Vettel di cercare di danneggiare la Ferrari di proposito in accordo con la Redbull o qualcosa del genere e, secondo il suo spiccato parere, anche Ricciardo farebbe la stessa cosa.»
«Gente dotata di una fantasia galoppante, a quanto vedo» osservò Adriano. «Mi fa piacere, si vede che tengono la mente bene in allenamento. Chi c'è dietro a Sainz?»
«Mi sembra Perez e Grosjean» rispose la sua tifosa, «e poi le McLaren. Uno dei piloti della McLaren non ha girato nell'ultima manche perché aveva avuto un incidente alla fine di quella precedente, ma non ho capito chi fosse. Al bar facevano troppa confusione e si stavano chiedendo che fine avesse fatto Alonso. Qualcuno pensava fosse stato appiedato e si è messo a insultare la McLaren sostenendo che era un'ingiustizia, nonostante un altro abbia cercato di spiegargli che domani gareggerà a Indianapolis.»
«Grazie mille. Purtroppo, essendo in viaggio da ore, non ho potuto seguire le qualifiche e alla radio non ho sentito niente.»
«Prego, di nulla. Anzi, è stato un piacere per me aggiornarti. Scusami piuttosto se ti ho fatto perdere un sacco di tempo raccontandoti la storia della mia vita. Ti lascio andare, avrei solo una domanda. Potremmo farci un selfie insieme? So che una volta usavano gli autografi, ma non ho niente su cui scrivere.»
«Non c'è problema.»
«Poi posso mettere la foto sui social?»
«Assolutamente.»
La sua fan si mise a trafficare con lo smartphone e, quando fu pronta, lo chiamò vicino a sé. Fece un paio di scatti, poi lo salutò e lo lasciò andare via.
Adriano salì in macchina, cercando di fare mente locale.
"Dunque, le Ferrari partono prima e seconda, ma c'è Raikkonen davanti a Vettel quindi, a meno che qualcuno non si infili tra di loro, andrà a finire che Vettel vincerà davanti a Raikkonen e che ci saranno polemiche. La mia tifosa non ne sarà per niente felice, perché deve essere una di quelle persone convinte che in qualche modo Kimi rappresenti quello che rimane della Formula 1 vintage, anche se di fatto glorifica un'epoca in cui era poco più che un poppante. La gente che pensa che ci sia un complotto contro la Ferrari, per un giorno sarà felice, a parte quel tizio convinto che Vettel sia una spia della Redbull e che stia complottando contro la Ferrari."
Accese il motore riflettendo sul fatto che non potesse esserci un'ipotesi più assurda. I piloti cambiavano scuderia continuamente, chi più chi meno frequentemente, non era raro nemmeno ai suoi tempi che quelli di primo piano si ritrovassero nel corso della carriera a guidare per più team affermati. Quello che stava succedendo con Sebastian Vettel non era niente di diverso, e obiettivamente non era tanto diverso nemmeno da quello che avevano fatto Kimi Raikkonen, Fernando Alonso e altri. Inoltre l'accusa di "complottare contro la Ferrari" era fin troppo vaga. D'altronde anche ai suoi tempi le accuse vaghe andavano per la maggiore, visto che nella maggior parte dei casi erano solo tentativi di diffamare qualcuno, in genere senza avere una ragione ben precisa.Ricordava vagamente di avere sentito dire qualcosa del genere a proposito di Bruno Montani, quando era passato alla Scuderia Martinelli dopo avere avuto contatti con il team Speed. Qualcuno, probabilmente dopo una lunga serie di drink, aveva insinuato che la Speed pagasse il giovane Montani perché passasse loro informazioni riservate sulla Scuderia Martinelli. Non c'era niente di più assurdo, o almeno così Adriano aveva sempre pensato. Non poteva immaginare che quella convinzione sarebbe stata smentita molto presto.

[1981]
Giorgio diede una fugace occhiata all'orologio che portava al polso. Erano passate da pochi minuti le nove e mezza. Non gli restava che sperare che la serata terminasse in fretta, dal momento che non aveva alcuna voglia di fare tardi. Seduto accanto a lui, Bruno appariva improvvisamente silenzioso.
«Va tutto bene?» gli chiese.
«Più o meno» borbottò Bruno, prima di chiudersi ancora nel proprio silenzio, che ruppe soltanto poco più tardi per indicargli la strada. «Devi andare di là.»
Giorgio imboccò la via suggerita dal fratello, cercando qualcosa da dire, nel tentativo di continuare la loro conversazione.
«Che tipo di gente ci sarà alla festa?»
«Te l'ho detto, un sacco di ragazze che usciranno di testa quando ci vedranno.»
«Non ne sembri molto entusiasta.»
«No, non più.»
«Casualmente hai cambiato idea proprio oggi» osservò Giorgio. «Non dovevi vederti con quella famosa donna senza nome? Per caso si è lamentata del fatto che non vuoi portarla con te?»
«No, non ha detto niente» rispose Bruno, in tono piatto. «Non posso portarla con me, per il momento non possiamo farci vedere insieme.»
Giorgio sbuffò.
«Oh, no! Anche tu hai le stesse pessime abitudini di Adriano!»
«Cosa vuoi dire?» replicò Bruno. «Non so che abitudini abbia Adriano.»
«Diciamo che subisce molto il fascino delle donne più vecchie di lui, specie se sono sposate.»
«No, la mia non è sposata. È più vecchia di me, ma non è sposata.»
«Però non potete farvi vedere insieme. Che problema c'è?»
«È una lunga storia. E comunque non mi importa. O meglio, non mi importava. Non ho mai pensato che fosse la donna della mia vita, eppure probabilmente lo è.»
«Non capisco. Ti interessa di lei oppure no?»
«Non lo so, non ci ho mai pensato davvero. Ho sempre preso tutto come veniva. Forse non sarà più possibile.»
«L'hai messa incinta?»
«Non ne è sicura, ma crede di sì. Se così fosse, lei ne sarebbe felice.»
«E tu?»
«Non farebbe differenza, ormai. Non potrei più tirarmi indietro e soprattutto non potrei tirarmi indietro perché a una festa ci sono delle mie sedicenti tifose che potrebbero gettarsi ai miei piedi. Tu ci tieni ad andare?»
«No.»
«Allora non andiamoci.»
«Dopo tutta la tua insistenza?»
«Scusa se ho insistito, se sono stato pesante. Non avrei dovuto, così come non avrei dovuto fare molte cose che ho fatto.»
C'era qualcosa di anomalo nel tono con cui parlava, così Giorgio lo rassicurò: «Non ti preoccupare, non ci tenevo minimamente a venire, ma l'avrei fatto se proprio non potevi fare a meno di me! Se vuoi possiamo tornare a casa.»
«Sì, va bene.»
«Appena c'è posto per fare inversione di marcia, torniamo indietro.»
Bruno rimase in silenzio per qualche istante, almeno finché Giorgio non vide lo spazio di fronte al cancello di un'abitazione.
Dopo avere girato la macchina, stava per ripartire, ma Bruno lo fermò: «No, aspetta, c'è una cosa di cui ti devo parlare.»
«Qui?»
«Sì, qui.»
Giorgio spense il motore.
«Si tratta di quella donna, vero? Se aspettasse davvero un figlio, non ti sentiresti pronto, o qualcosa del genere?»
«No, non voglio parlare di questo» rispose Bruno. «Si tratta della Speed. Mi hai detto che hai deciso di evitare trattative con altre squadre, per loro.»
«C'è un progetto serio» confermò Giorgio, «Non ha senso cambiare squadra di nuovo.»
«Ho sentito dire che hai rifiutato un ingaggio da parte dell'Alfa Romeo. È vero?»
«Assolutamente no. È ancora troppo presto per i movimenti di mercato. Nessuno mi ha offerto un ingaggio.»
«Però non accetteresti, perché sei convinto di essere il futuro della squadra.»
«Finora tutto spinge in quella direzione.»
«Se ti fidi delle apparenze...»
Giorgio si girò di scatto verso il fratello.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che ho la certezza che non sia così» rispose Bruno. «Lo sai, ho avuto contatti con il titolare e ci sentiamo ancora.»
«Non mi dire che, dopo l'opportunità che hai avuto alla Scuderia Martinelli, stai ancora pensando alla Speed!»
«Ti ricordo che tu stesso hai lasciato la Scuderia Martinelli per la Speed» puntualizzò Bruno. «Peraltro proprio tu, che hai sempre avuto aspettative basse.»
«Quindi, se ho ben capito, alla Speed ti hanno fatto intendere che puntano a te? Dopo che ti hanno messo da parte soltanto qualche mese fa?»
«Non mi hanno messo da parte, o almeno non credo.»
«Come no. Sembravi sul punto di essere ingaggiato per quest'anno, invece hanno proposto un contratto a me.»
«È quello che hanno fatto credere a te e a chiunque altro» disse Bruno, con freddezza. «L'obiettivo era uno solo: mettermi alla Scuderia Martinelli fintanto che potevo essere utile.»
«Cosa stai cercando di dirmi?»
«Voglio dire che forse io mi sono legato alle persone sbagliate e che tu faresti meglio ad allontanartene prima che ti usino allo stesso modo in cui hanno usato me.»
«Mi sto sforzando di trovare un senso a quello che dici, ma non ci riesco. Puoi essere più chiaro? La Speed ti voleva come pilota, eppure ti ha lasciato andare alla Scuderia Martinelli dimostrandoti il suo disinteresse. È andata così?»
«No, non è andata così. Te l'ho detto, hanno voluto che mi facessi ingaggiare da Martinelli... e non perché volevano che facessi un po' di esperienza. Volevano informazioni sulla squadra.»
«Che tipo di informazioni?»
«Li informavo sulle nostre strategie, tramite una persona di fiducia.»
Giorgio spalancò gli occhi.
«Che cosa?! Che cos'hai fatto?»
«Quello che mi chiedevano, niente di più, niente di meno. Anzi, avrebbero preteso di più, ma c'è molta gente in squadra che non si fida ancora abbastanza di me.»
«Ti prego, dimmi che è uno scherzo.»
«No, non lo è. È tutto vero. Purtroppo quello che mi hanno promesso in cambio potrebbe non esserlo. Il titolare della Speed sosteneva che, tempo un paio d'anni al massimo, e sarei diventato il suo pilota di punta, che la squadra stava facendo progressi e che avrei lottato regolarmente per il podio o per la vittoria. Invece mi ha fatto capire che mi vuole ancora alla Scuderia Martinelli.»
«Per continuare a passargli informazioni riservate?»
Bruno sospirò.
«Ti devi per forza indignare così tanto?»
«Sei letteralmente una spia della Speed, ti stai approfittando della Scuderia Martinelli e intendi continuare a farlo.»
«Non sono affatto sicuro di volere continuare a farlo. Mi sembra ormai abbastanza chiaro che non avrò niente in cambio... e forse anche la persona che fa da tramite verrà messa alla porta senza motivo, se dovessi tirarmi indietro.»
«Che cazzo pensavi di ottenere?»
«Te l'ho detto, un ingaggio in un team di fascia medio-alta. Non mi sembrava che pretendessero tanto in cambio. Ovviamente le anime pure e candide come te non si sarebbero mai abbassate a tanto, lo posso intuire da come ti scandalizzi, quando ormai non sei più con la Scuderia Martinelli già da mesi e mesi...»
Giorgio lo interruppe: «Il fatto che io non corra più per Martinelli non significa che io debba approvare quello che hai fatto, ti pare? Martinelli e il suo entourage si sono sempre comportati in modo molto rispettabile, non si meritano di avere a che fare con dei truffatori come te.»
Bruno sbuffò.
«Piantala con il tuo perbenismo! Passando alla Speed informazioni sulle nostre strategie vi ho permesso di prevedere le nostre mosse. Anche tu ci hai guadagnato, almeno al momento.»
«Quindi dovrei ringraziarti per il tuo altruismo? Perché pensavi di renderti utile comunicando alla Speed che tipo di gomme mettevate tu e Fabbri e se pensavate di potere fare tutta la gara senza pitstop? Peraltro non ne vedo l'utilità. State andando molto più forte di noi. O per meglio dire, il tuo compagno di squadra sta andando molto più forte di noi, tu hai troppo in mente di eludere le regole e il buonsenso per avere risultati decenti come pilota!»
«Sai bene che la Scuderia Martinelli punta solo su Fabbri. Hai fatto bene ad andartene, finché eri in tempo.»
«No, a quanto pare ho fatto malissimo, dato che la Speed mi voleva solo per mettere te al mio posto, in modo che potessi dimostrare fino a che punto sei disposto a spingerti in cambio di promesse del tutto illusorie.»
«Allora proprio non vuoi capire perché l'ho fatto.»
«Non è che non voglio capire. È che proprio non ci riesco, né voglio sforzarmi di farlo. L'unica cosa che voglio è che scendi e te ne vai.»
«Che cazzo dici? Vuoi che scenda qui, in mezzo alla strada... e poi?»
«Poi ti cerchi un posto dove chiamare un taxi, o se preferisci la tua fidanzata che non può farsi vedere con te, oppure la persona che ti faceva da tramite con la Speed, se vive da queste part-...» Giorgio si interruppe, realizzando la ragione per cui Bruno e la sua partner non potevano stare insieme alla luce del sole. «Oh, certo, la tua fidanzata e la tua complice sono la stessa persona. Comunque non mi importa, scendi e trova un altro modo per andartene a casa. Poi prendi le tue cose e vattene, che non voglio avere intorno un truffatore.»
«Stai esagerando nel definirmi un truffatore. Stai esagerando in tutto, in realtà.»
«No, non mi sembra. Non voglio finire in mezzo ai tuoi affari loschi e, fintanto che vengo visto in giro con te o che ti fai ospitare a casa mia, metto in pericolo anche la mia reputazione. Te ne devi andare. Tu hai fatto le tue scelte e io non posso fare a meno di fare le mie.»
«E tu? Cosa pensi di fare adesso?»
«Quello che penso di fare non è affare tuo. Limitati a scendere, farti portare a casa e andartene. Non ti chiedo altro.»
Bruno aprì la portiera, sospirando.
«Okay, come vuoi.»
Quando la richiuse alle proprie spalle, Giorgio avviò l'auto e si allontanò. Passò buona parte della serata andandosene in giro senza meta, sperando che suo fratello facesse ciò che gli aveva chiesto. Solo quando tornò a casa e scese dalla macchina si accorse della giacca dimenticata da Bruno sul sedile posteriore. La lasciò lì e si diresse verso il portone, sperando di non ritrovarselo di fronte di lì a poco, che se ne fosse davvero andato, invece di rimanere per vaneggiare altre assurde spiegazioni.
All'interno dell'appartamento non c'era nessuno, ma non perché Bruno se ne fosse andato. Anzi, tutto lasciava pensare che non fosse nemmeno rientrato.
"Forse non ha le chiavi" realizzò, ipotizzando che le avesse lasciate nella tasca della giacca, "e magari neanche dei gettoni o delle monete per telefonare alla sua fidanzata."Non si illudeva. Prima o poi sarebbe arrivato, gli avrebbe chiesto di aprirgli la porta e l'avrebbe convinto a non mandarlo via. Fino a quel momento, però, Giorgio voleva dimenticarsi della sua esistenza.

[2017]
Era ormai fatta, non mancavano che cinque o sei chilometri alla destinazione. Adriano svoltò in un parcheggio e si fermò. Gli era sembrato di sentire lo smartphone che vibrava, poco prima, voleva controllare se qualcuno l'avesse cercato.
La sua impressione era stata giusta, c'era un messaggio di Valentina: "Sei già arrivato?"
Adriano si domandò se avesse sbagliato a condividere con l'amica la decisione di incontrare Giorgio. Non era la prima volta che gli sorgeva quel dubbio e la sera precedente aveva avuto l'innegabile impressione che qualcosa, nella regolarità della vita di Valentina, fosse stato totalmente stravolto dalla sua decisione.
Da quando, decenni prima, lei e Giorgio si erano lasciati, Valentina non aveva più avuto con lui alcun genere di contatto e l'aveva totalmente tagliato fuori dalla propria vita. Nonostante occasionalmente si fossero ritrovati nello stesso posto, dopo il suo matrimonio con Martinelli, non vi era mai stata tra di loro alcuna interazione. Adriano non ricordava nemmeno di avere mai sentito Valentina parlare di lui, se non era stato esplicitamente menzionato da qualcuno. Non solo, anche quando erano altri a tirare fuori l'argomento, cercava di sviare o di escludersi dalla conversazione.
Decise di non rispondere al messaggio, ma di telefonarle, sperando che l'amica gli rispondesse.
Non fu necessario aspettare molto, dopo il secondo squillo udì immediatamente la voce di Valentina.
Fu molto diretta e non perse tempo: «Allora, sei arrivato da lui?»
«No, non ancora.»
«Però ci stai andando, vero?»
«Sì, sono quasi arrivato.»
«Oh.»
Quel semplice monosillabo, invece di una risposta, era piuttosto spiazzante.
«Va tutto bene, Valentina?» si affrettò a chiederle Adriano. «Sei sicura che non ti dispiaccia l'idea che io stia per rivederlo?»
«Mi dispiace non esserci anch'io» replicò Valentina, «E poi, comunque, non dovresti metterti dei problemi per quello che posso pensare io.»
«Invece sì. Non voglio renderti infelice in qualche modo.»
«Non mi hai mai resa infelice. Sei libero di fare quello che vuoi. Non capisco perché tu abbia tutti questi dubbi. Forse sei tu quello che ha paura di riaprire discorsi che ormai fanno parte del passato.»
Adriano obiettò, con fermezza: «Non c'è nulla di cui io abbia paura. Giorgio vuole parlarmi di un incidente, tutto qui.»
«Non posso dire di conoscerlo bene, visto che non ho a che fare con lui da una vita» ribatté Valentina, «Ma non sono affatto sicura che voglia parlarti solo dell'incidente. L'hai detto tu stesso, a partire da un certo momento, Giorgio ha iniziato a cambiare totalmente. Quando mi hai detto che pensavi che l'incidente avesse a che fare con qualcosa che gli era successo non ti ho preso sul serio, ma inizio a convincermi che sia vero. Non riesco a spiegarmi in che modo, esattamente, il vostro incidente possa essere collegato ad altro, ma deve essere così, è la spiegazione più plausibile.»
«Nemmeno io riesco a incastrare con esattezza tutti i pezzi» la rassicurò Adriano, «Ma di sicuro dentro di lui, a un certo punto, è scattato qualcosa che l'ha spinto a comportarsi diversamente da un tempo. Dopo la morte di suo fratello, è diventato di colpo un'altra persona. Ricordo che, a suo tempo, tu ipotizzasti che ci fosse qualcosa di più di quello che Giorgio aveva raccontato, qualcosa che si stava tenendo dentro e che condizionasse le sue azioni...»
Valentina lo interruppe: «Lascia perdere. Ci ho pensato tante volte, nel corso degli anni, ma avevo sicuramente preso una cantonata. Ricordo che ti dissi che, secondo me, Giorgio era in qualche modo responsabile della morte di Bruno. Non è possibile.»
«Come puoi saperlo per certo?»
«La mia idea era che, per qualche motivo, o Giorgio non fosse deliberatamente intervenuto in suo aiuto, oppure l'avesse lasciato morire. Era ridicola. Non aveva motivi per farlo.»
«Nemmeno io credo che potesse fargli del male deliberatamente. Però non sappiamo cosa sia accaduto davvero, come dicevi tu. Può darsi che Giorgio abbia delle responsabilità, anche se non dirette, o che si sentisse comunque responsabile.»
«E all'incidente di Las Vegas come ci arriviamo?»
«Questo non lo so. Mi viene da pensare che l'idea che io potessi diventare campione del mondo con una vettura uguale a quella con cui suo fratello non era neanche mai arrivato sul podio potesse in qualche modo intaccare la reputazione di Bruno, quindi abbia voluto impedirmelo.»
«Sembra una teoria del complotto proposta da un ragazzino di dodici anni sui social network.»
«Me ne rendo conto.»
«Quindi cosa proponi?»
«Non propongo niente. Solo Giorgio sa perché ha fatto quello che ha fatto e solo lui può spiegarmelo. Sembra sia quello che vuole fare. Prima arrivo da lui e prima avrò le mie risposte.»
«Ti auguro di trovarle.»
«Grazie.»
«Se le troverai, però, non dimenticarti che io sto ancora cercando le mie.»
Adriano fece un sospiro, chiedendosi se fosse opportuno porre a Valentina una domanda ben precisa. Non lo era, ma decise di farlo ugualmente.
«Cosa provi per lui?»
Valentina rimase in silenzio per qualche istante, prima di dirgli, semplicemente: «Buona fortuna.»
«No, insisto» replicò Adriano. «Cosa provi per lui? Perché all'improvviso sei entrata in fissa con Giorgio e con quello che è successo in passato?»
«Tu, per causa sua, hai rinunciato a un titolo mondiale che non avresti vinto comunque» rispose Valentina. «Io, per causa sua, ho vissuto una vita totalmente diversa da quella che mi ero immaginata. Non rimpiango niente, ma non riesco comunque a spiegarmi certe sue decisioni. Mi sono detta per tanti anni che, se aveva messo incinta Emanuela Colombo quando era ancora fidanzato con me, quella donna doveva avere qualcosa di eccezionale, capace di attrarlo al punto tale da non preoccuparsi delle conseguenze. Non ha avuto alcun dubbio, quando si è trattato di lasciarmi e di sposarsi con lei. Però, allo stesso tempo, non ha nemmeno avuto la decenza di dirmi come stavano le cose. Perché non farlo, se tanto non dovevamo più avere niente a che fare l'uno con l'altra?»
Non era andata esattamente come Valentina credeva, ma Adriano sapeva di non poterla smentire, non in quel momento, almeno.
«Forse» si limitò a suggerire, «Preferiva conservare quel minimo di dignità che gli rimaneva.»
«Sì, forse, però rimane un dettaglio che non mi spiego.»
«Ovvero?»
«Ovvero perché la Colombo? Quando stavo con Giorgio, avevo capito perfettamente che tipo di donne potessero piacergli. Ogni volta che ne arrivava una, me ne rendevo conto. Ecco, Emanuela non era una di quelle. Giorgio mostrava un disinteresse totale nei suoi confronti. Ora mi dirai che magari fingeva, e obiettivamente avrebbe senso... ma ti assicuro che non fingeva. Giorgio ha avuto un figlio con una persona che non avrebbe mai preso in considerzione. È questo che non mi sono mai spiegata. Anch'io, dopo che ci siamo lasciati, mi sono messa insieme ad Arturo, me lo sono sposata e ci ho fatto una figlia. Non posso dire di avere mai provato per Arturo quello che provavo per Giorgio, ma una cosa è certa: mi ha affascinata fin dalla prima volta in cui l'ho visto. Se ai tempi non fosse stato sposato e io non fossi stata fidanzata, l'avrei sicuramente preso in considerazione. Da Giorgio mi sarei aspettata che, dopo la fine della nostra relazione, potesse mettersi insieme a una delle sue varie ammiratrici che aveva sempre snobbato quando stavamo insieme.»
«Quello che dici ha il suo senso, in effetti anch'io sono rimasto molto sorpreso quando ho scoperto che stava insieme a Emanuela Colombo e che addirittura se l'era sposata. Mi piacevate come coppia. Ci stavo attento, alle ragazze che potevano interessargli. La Colombo non era una di queste, ma deve essere accaduto qualcosa, a maggiore ragione, che abbia radicalmente cambiato il suo modo di comportarsi. Te l'ho detto, credo che ci sia un collegamento tra tutto, ed è quello che mi auguro di scoprire. Non mi dimenticherò di te e del fatto che anche tu hai molte cose da chiarire con Giorgio. Gli farò presente che vorresti incontrarlo. Non ti posso assicurare che accetterà, ma farò tutto il possibile per convincerlo.»
La voce di Valentina era carica di gratitudine, quando si salutarono. Adriano mise in tasca il telefono e uscì dal parcheggio. Ormai mancava poco, erano gli ultimi chilometri, quelli che lo separavano dalla verità che stava cercando.
I minuti passarono, uno dopo l'altro, come i chilometri. Arrivò di fronte a quella che doveva essere la casa in cui viveva Giorgio. Era proprio come se l'era immaginata, anche se senza ombra di dubbio il suo ex compagno di squadra avrebbe potuto permettersi di vivere in una casa più grande.
Lasciò l'auto in un parcheggio poco lontano, l'avrebbe spostata più tardi, se ci fosse stato un posto dove lasciarla all'interno della proprietà di Giorgio. Lasciò in macchina tutto ciò che aveva portato con sé, ci sarebbe stato tempo per portare dentro i propri effetti personali.
Si diresse verso il cancello e suonò il campanello. Lo sentì scattare ed entrò. Percorse i metri che lo separavano dalla porta d'ingresso, aspettandosi che questa si aprisse da un momento all'altro.
Accadde quando ormai era vicino e sulla soglia si materializzò Giorgio. Adriano non lo vedeva da anni, ma notò che non era cambiato molto. Certo, si vedeva che era più vecchio e i suoi vaporosi capelli biondi adesso erano bianchi, ma era ancora l'uomo che aveva fatto impazzire Valentina fin dal loro primo incontro più di quarant'anni prima.
«Alla fine sei arrivato» osservò Giorgio, con un mezzo sorriso. «Ho temuto fino all'ultimo che mi dessi buca.»
«Neanche per idea!» ribatté Adriano. «Sei tu che hai voluto incontrarmi perché avevi qualcosa da dirmi e adesso ti toccherà farlo.»
«Molto volentieri. Prima, però, posso almeno chiederti come stai?»
«Bene, tu?»
«Diciamo bene anch'io.» Giorgio abbassò lo sguardo. «Vuoi portare dentro la macchina oppure prima vuoi che ti offra qualcosa da bere?»
«Prima voglio dirti che mi sei mancato, in tutti questi anni... e non solo a me, credo.»
Giorgio alzò gli occhi e lo fissò.
«Cosa vuoi dire?»
«Poi capirai» gli assicurò Adriano. «Adesso fammi entrare. Più che qualcosa da bere voglio vedere casa tua. Avevi un gusto pessimo in fatto di arredamento, un tempo. Voglio vedere se per caso sei migliorato!»
Giorgio rise.
«No, non ho mai avuto pessimo gusto. Sei tu che avevi dei gusti indecenti, e non solo per quanto riguarda l'arredamento, ma proprio per tutto. Mi auguro che tu sia cambiato.»
«Io invece mi auguro che tu sia esattamente com'eri una volta. Abbiamo passato degli anni stupendi insieme.»
«Se qualcuno ti sentisse, penserebbe che fossimo fidanzati.»
«Magari le fangirl della Formula 1 vintage che scrivono fan fiction erotiche su di noi ne sarebbero contente.»
«Fan fiction erotiche su di noi?»
«Non ne ho mai lette, ma sono sicuro che, cercando bene, potrebbero esistere.»
«Non mi intendo di fan fiction, ma il fatto che vadano cercate bene per trovarle è un buon motivo per evitare questa ricerca, non credi?»
«Sicuramente. Adesso, però, levati di mezzo e fammi entrare. Una volta non perdevi tutto questo tempo in chiacchiere.»
Giorgio si fece da parte.
«Vieni dentro. E comunque sei stato tu quello che ha perso tempo in chiacchiere.»
Adriano gli strizzò un occhio.«Adesso non facciamo polemica a proposito di chi è che fa perdere tempo all'altro. È un tipo di discussione troppo da anziani, l'ultimo stadio prima di dedicare il proprio tempo alla contemplazione dei cantieri con il giornale in mano. Mi auguro che un giorno potremmo davvero commentare cantieri insieme, ma mi aspetto che succeda tra molti anni.»

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Milly Sunshine