mercoledì 2 marzo 2022

The Red Gate - blog novel (Puntata n.4)

Vi ringrazio per avere letto le puntate precedenti, mentre mi ritrovo a continuare a postare "The Red Gate". Buona lettura anche stavolta!


"We had a run of bad romances,
They always missed the mark,
So close your eyes now and take your chances,
It's just another shot in the dark."
- Within Temptation, "Shot in the dark"

Il cielo di ottobre era grigio, un grigio più spento dei colori della Silver Rocket, che Dalila sperava, alla fine di quella giornata, potesse coronare la stagione con la vittoria del titolo mondiale. L'assenza di Yves si faceva sentire, ma era decisa e determinata. C'era un solo modo in cui quel campionato poteva finire e intendeva fare il possibile per realizzare quello scenario.
Guardò l'orologio. Il tempo che la separava dalla gara e dai suoi preparativi era ancora tanto e le sarebbe sembrato ancora più lungo del solito.
Non si sarebbe mai aspettata di doverne riempire una parte insieme alla moglie di Yves.
Le due si fissarono per qualche istante in silenzio, come se nessuna delle due sapesse cosa dire.
Fu Dalila la prima a parlare: «Perché sei qui e non in ospedale da tuo marito?»
«Perché dovevo vederti» rispose Hélène Raphael, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Ho qualcosa da dirti.»
«Quindi hai chiesto alla Ravelli di invitarti nella nostra area hospitality solo per questo?»
«No, ho parlato anche con la Ravelli. Sono venuta per questo, non per te. Poi ho capito di avere sbagliato, nei mesi scorsi, più di una volta, e ci tenevo a dirtelo.»
Dalila obiettò: «Non credo che tu debba giustificarti con me. Hai lasciato tuo marito perché pensavi di fare bene così. La vostra vita privata non mi riguarda. Se ci tieni a lui, spero possiate tornare insieme, quando si sarà ripreso, ma non è una questione che mi tocca.»
«Invece penso che ti tocchi, e anche piuttosto da vicino» replicò Hélène. «So che provavi un certo interesse nei suoi confronti e che hai cercato di...»
Dalila la interruppe: «No, ti sbagli. Sono sposata con un'altra persona. Mi sono sposata da poco. Credi che l'avrei fatto, se avessi avuto delle mire su Yves?»
«No, non può essere, Yves non me l'ha mai detto.»
«Yves non ti ha mai detto che mi sono sposata, quindi automaticamente il mio matrimonio non è valido? Non so in che mondo vivi, ma in quello in cui vivo io non funziona così.»
«Perché Yves non avrebbe dovuto dirmelo, se fosse stato vero?»
«Yves non lo sa.»
«Non sa che ti sei sposata?»
Dalila sbuffò.
«Nessuno lo sa, o quasi. Avevo i miei buoni motivi per non informare nessuno del team e mio marito aveva motivi ancora migliori per essere d'accordo con me. Li abbiamo ancora, questi buoni motivi, quindi non penso potremo ufficializzare il nostro matrimonio in tempi molto brevi. Ti basta?»
«Non so se posso crederti o meno» ammise Hélène, «Ma per me non fa differenza. Mi sono resa conto che non importa se tu volevi stare con Yves o no. Yves ha sempre amato me ed è questo che conta. Io e lui torneremo insieme, ne sono sicura. L'ha sempre desiderato... e adesso lo desidero anch'io.»
«Bene così, allora.»
«No, mi dispiace per quello che ho lasciato credere. Quel mio post in cui scrivevo che avevo lasciato mio marito perché ero certa che mi tradisse con un'altra donna, specificando che era una con cui stava a stretto contatto nel team, ho fatto un grave errore. Il mio era solo uno sfogo, ma non avevo pensato di essere considerata come un personaggio pubblico. Tanta gente ha riversato un sacco di merda sia su Yves che su di te. Quello che ho fatto è stato scorretto nei vostri confronti. Non avrei dovuto. Appena ho capito, ho cancellato quel post, ma ormai era troppo tardi. Era stato copiato e pubblicato ormai ovunque, se avessi smentito non avrei fatto altro che peggiorare le cose. Qualcuno avrebbe potuto insinuare che Yves mi aveva pagata perché lo scagionassi, o qualcosa del genere.»
«Capisco quello che vuoi dire, io stessa devo sempre fare molta attenzione a quello che condivido, perché interpretare i nostri post in modo distorto e usarli per screditarci è ormai un'abitudine. Però questo non cambia niente per me. Apprezzo che tu abbia capito di avere sbagliato e di averci complicato la vita, ma io e Yves ci siamo abituati. Tuo marito non dà per niente peso a quello che viene scritto sui social e se ne frega delle critiche non solo dei tifosi, ma anche degli opinionisti e dei media. Io, da parte mia, ho le idee abbastanza chiare su come la penso, ma finora ho sempre fatto finta di niente. Certo, ora scrivono accuse peggiori del solito, ma non sono sicura che tu le abbia viste.»
«No.»
«Meglio così. C'è gente convinta che io e Marco abbiamo tentato di uccidere Yves.»
«È assurdo.»
«Lo so.»
«Posso fare qualcosa per voi? Posso fare qualche comunicazione ufficiale a vostro favore?»
«Non ce n'è bisogno.»
«Sei sicura? Ormai ho fatto tanti danni, vorrei rimediare, se posso.»
Dalila scosse la testa.
«No, non hai fatto danni, o almeno non danni che riguardino me. Hai distrutto il tuo matrimonio, non il mio. Devi rimettere in piedi la tua vita, non la mia.»
«Mi dispiace anche per quello che è successo dopo il Gran Premio di Germania. Il manager di Yves mi aveva detto che si sarebbe trattato di una chiacchierata informale. Mi sono lasciata andare a dichiarazioni contro Marco Rossi - immagino sia con lui che ti sei sposata - senza sapere che quel giornalista mi stesse registrando. Non avrei dovuto parlare di quello che è successo tre anni fa. Non avrei dovuto inventarmi che...»
Dalila non la lasciò finire.
«Non avresti dovuto parlarne, lo so, ma non ti sei inventata nulla. Immagino tu abbia riferito quello che avevi saputo da Yves.»
«Sì, è stato Yves a confidarmi che pensava che Rossi avesse innescato l'incidente di proposito in modo che nemmeno lui potesse vincere il mondiale. »
«Infatti era così.»
«So che Yves e Marco avevano fatto un accordo, di non parlarne mai pubblicamente. Io, con la mia "intervista", ho incasinato tutto. Non volevo che capitasse tutto questo casino, se potessi tornare indietro terrei a freno la lingua.»
«Quello che è fatto è fatto.»
«Il manager di Yves è scomparso.»
«In che senso?»
«Nel senso che non dà più segni di vita da giovedì sera. Non mi stupirebbe se fosse scappato in qualche paradiso fiscale sotto falsa identità.»
«Perché avrebbe dovuto?»
Hélène abbassò lo sguardo.
«Quell'uomo è marcio dentro. Con l'intervista a mia insaputa ha gettato benzina sul fuoco. Ha cavalcato l'onda, ha fatto sì che un campionato si trasformasse in una guerra tra due piloti e due squadre. Sono sicura che sia stato profumatamente pagato per questo. La madre di Yves mi ha detto che cercava di condizionarlo e che Yves non ne poteva più. Era abbastanza turbato dalle proporzioni che le polemiche stavano raggiungendo, non ne poteva più, voleva parlare con Marco e cercare un punto di incontro con lui e con il Team Pegasus. Temo che il suo manager gliel'abbia impedito. Penso sia stato lui ad aggredirlo. Nella stanza di Yves pare non mancasse nulla, non si è trattato di una rapina finita male. Qualcuno l'ha colpito alla testa di proposito, perché voleva impedirgli di fare qualcosa. Non vedo chi altro possa essere stato se non quell'uomo di merda.»
Dalila non sapeva se prendere sul serio i sospetti di Hélène. Il manager di Yves le era sempre sembrato un tipo piuttosto viscido e sapeva che lo stesso Yves non lo riteneva del tutto affidabile, ma da lì a ipotizzare che avesse tentato di ucciderlo c'era un abisso.
Tutto ciò che poteva fare era rassicurare Hélène.
«Si sistemerà tutto. Yves si riprenderà e sarà lui stesso a raccontare chi sia stato ad aggredirlo.»
«Sempre ammesso che se ne ricordi.»
«Ad ogni modo, dobbiamo pensare positivo. Quello che conta, più di tutto il resto, è che Yves si riprenda al più presto.»
«Già, lo spero anch'io. Spero che un giorno possa dimenticare e lasciarsi tutto alle spalle, che il suo unico rimpianto sia non essere stato qui, oggi, in pista a difendere le sue chance di diventare campione del mondo.»
«È ancora in testa alla classifica, ce la può ancora fare.»
«No, non ce la farà. A te e a Marco basta finire la gara per classificarvi davanti a lui. Per quanto possa essere il suo giorno fortunato, non è molto probabile che siate entrambi costretti al ritiro.»
«Non è molto probabile, hai ragione, ma finché una gara non è finita tutto può ancora succedere. Naturalmente io gareggio per me stessa e Marco farà lo stesso, ma se vuoi che sia Yves a vincere questo mondiale incrocia le dita per lui e augurati che possa verificarsi l'unico scenario in cui un simile risultato è possibile.»
«Lo farò.»
«È un tuo diritto sperarci.»
Non solo era un suo diritto, ma era esattamente quello che sarebbe accaduto. Quella mattina Dalila e Marco avevano dedotto che non sarebbe stato giusto nei confronti di Yves puntare alla vittoria del titolo in sua assenza.
Avrebbero fatto il possibile affinché non accadesse.
Dalila partiva dalla pole position, ma si sarebbe lasciata bruciare da Marco alla partenza.
Ciascuno dei due, per vincere il titolo, aveva bisogno di terminare la gara davanti all'altro.
Avevano stabilito per filo e per segno il giro in cui Marco avrebbe iniziato a rallentare. Allora Dalila gli sarebbe arrivata negli scarichi, a poco a poco, e avrebbe tentato un attacco nei suoi confronti.
"Poi finirà esattamente come deve finire."
Non poteva, ovviamente, confidarlo a Hélène, né avrebbe mai potuto ammettere con qualcun altro quale fosse la vera storia della gara che nel primo pomeriggio lei e Marco sarebbero andati a disputare.
Hélène la distolse da quei pensieri riprendendo la parola.
«Spero che, qualunque cosa succeda oggi in gara, non abbia impatti sulla tua vita privata.»
Dalila obiettò: «Non vedo come possa succedere.»
«Mi pare evidente. Tu e Rossi vi giocate il titolo, oggi.»
«E quindi?»
«Quindi, se dovesse accadere qualcosa di spiacevole, il vostro rapporto potrebbe risentirne.»
Dalila scosse la testa.
«No, non succederà. Io e Marco siamo abituati a gareggiare l'uno contro l'altra. Succede da anni, ormai. Non sarà una manovra poco corretta o qualcosa del genere a rovinare quello che c'è tra noi. Abbiamo resistito anche alla guerra tra i nostri team, dopotutto. Possiamo farcela, qualunque cosa accada.»
«Lo spero per voi, perché davvero, a volte basta un nonnulla per rovinare la serenità di una coppia. Te lo dico per esperienza. Se non fossi stata a sentire degli stupidi rumour, probabilmente adesso io e Yves staremmo ancora insieme.»
«Tu e Yves tornerete insieme al più presto» la rassicurò Dalila. «Su una cosa hai ragione, Yves ti ha sempre amata, di questo ne sono certa. Non aspettava altro che tu gli chiedessi di tornare insieme, nonostante le tue accuse assurde nei nostri confronti e la tua intervista.»
Hélène Raphael avvampò, ma non disse nulla in proposito.
«È arrivato il momento di salutarci» osservò, invece. «Scusami se ti ho fatto perdere del tempo per niente.»
«Non ho perso tempo per niente» replicò Dalila. «Anzi, parlare con te è stato illuminante. Hai presente quei momenti in cui non sai se sei nel giusto oppure no? Ecco, grazie a te so esattamente che oggi non mi comporterò nel modo sbagliato.»
«Cosa vuoi dire?»
«Niente che tu - o qualcun altro - possa capire. Ti basta sapere che mi sei stata più utile di quanto pensi.»
Tutto quello che contava, da quel momento in poi, era evitare di avere lunghe conversazioni con Danae Ravelli, con la scusa di avere bisogno di concentrazione. Sapeva che la Ravelli le avrebbe ricordato che quello era il suo mondiale.
Non lo era, non lo era mai stato.
Con i suoi ritiri consecutivi, a Hockenheim, Zandvoort e Monza si era giocata tutte le opportunità. La sua successiva vittoria a Suzuka, arrivata in concomitanza di un doppio ritiro dei due principali candidati al titolo, aveva stravolto la situazione, ma Dalila non rimpiangeva quel momento. A Suzuka l'equilibrio già labile di quel campionato si era definitivamente infranto ed era accaduto, almeno indirettamente, a causa di Danae Ravelli. Si era portata dentro un importante segreto per quasi tre anni, aveva scelto il momento peggiore per liberarsene e tutti avevano pagato le conseguenze della sua scelta scellerata.

***

Il Gran Premio del Giappone era il decimo del mondiale, nonché il primo tra quelli asiatici. Sarebbero seguite altre due gare nell'Asia continentale, a Shanghai e a Sepang, dopodiché una il ritorno in Europa per le due gare italiane di Monza e Imola che avrebbero messo fine alla stagione. Nonostante il ritiro, Yves era ancora molto positivo a proposito di quello che doveva venire, ciò che gli dispiaceva era che la modalità del suo ritiro avrebbe fatto sì che si riaprissero i soliti dibattiti che perduravano ormai dal Gran Premio di Germania.
Quando Danae Ravelli gli chiese di vedersi, da soli, quella sera dopo la gara, si lasciò andare con lei non appena fu certo che lo ascoltasse, ancora prima di stare a sentire cos'avesse da dirgli.
«In teoria non è successo niente, è stato solo un contatto. Quando ho messo le ruote sull'erba bagnata, era già finita. Sono partito in testacoda e ho centrato la vettura di Marco. Non volevo che finisse così. Non è successo niente e né io e Marco abbiamo detto niente di controverso, ma si è scatenato di nuovo l'inferno.»
Seduta di fronte a lui, la Ravelli lo fissava senza proferire parola.
«Mi rendo conto che questo mondiale è un casino, ma vorrei che smettesse di esserlo almeno quando non succede niente.»
La Ravelli gli ricordò: «È stata tua moglie a smerdare pubblicamente Rossi. Se non l'avesse fatto, forse non sarebbe capitato tutto questo caos.»
«Non puoi scaricare tutte le colpe su Hélène.»
«E chi dovrei accusare, se non lei? Prima ha raccontato che Marco ti ha buttato fuori di proposito, anni fa, poi ha fatto la cretina quando delle fangirl rincoglionite - lo ribadisco, delle fangirl rincoglionite, non dei tabloid corredati da foto scattate da paparazzi - hanno scritto sui social che Dalila aveva lasciato Marco per mettersi con te. Se quella testa di cazzo non è nemmeno capace di gestire in modo normale la propria vita coniugale, come potevi pensare che fosse opportuno mandarla a sbandierare ai quattro venti che cosa fosse successo tra te e Rossi quella volta?»
«Stai parlando di mia moglie» puntualizzò Yves. «Ti pregherei di mantenere un po' di contegno.»
Danae Ravelli rise, sprezzante.
«Io dovrei... mantenere contegno? La testa di caz-... perdonami, intendevo dire la tua signora, ti ha lasciato con un post scritto su un social pensando che tu la tradissi con la tua compagna di squadra e non ha voluto sentire le tue ragioni. Si è comportata da rincretinita come una tifosa adolescente. Le vere tifose adolescenti hanno iniziato le loro stupide campagne social contro Dalila, ricominciando con la faccenda delle foto. Un giornale l'ha definita "la escort più pagata del paddock" e i social media manager del Team Pegasus hanno pensato bene di mettere un like a un post contenente uno screenshot di quel titolo. Fino a quel momento sia noi sia loro non avevamo fatto nulla. Non potevo fare altro che difendere Dalila, a quel punto.»
«Sì, ricordo le tue parole. "Non so se Dalila vada a letto con Yves, ma anch'io lo farei, piuttosto che stare con uno come Marco Rossi" hai detto, testualmente. Non è stato molto d'aiuto.»
«Non è colpa mia se Rossi ha pensato bene di rispondere in prima persona, insultandomi perché a suo dire mi intromettevo in fatti che non mi riguardavano.»
«Il problema è che poi tu gli hai risposto pubblicamente. In quella stessa occasione ha insultato anche me, te lo ricordo, ma non sono andato a fare teatrini vari con la stampa. Gli ho detto privatamente di lasciarmi in pace e di smetterla di fare il gioco di chi sta sopra di noi.»
«E a cos'è servito?»
«A niente. Mi ha risposto che non l'avrebbe fatto neanche lui, se non avessi mandato mia moglie a raccontare cose che dovevano restare tra di noi, ma almeno ci ho provato.»
«Provarci non serve, quello che conta sono gli obiettivi finali. E poi, lascia che te lo dica, hai sbagliato a cercare una sorta di tregua con Rossi. Mi dispiace che oggi anche tu sia stato costretto al ritiro, ma non mi dispiace per niente per lui. Non meritava di finire la gara, non dopo averti stretto a quel modo. Non puoi negarlo, è stato lui a provocare l'incidente. È inutile che, per essere diplomatico, fai finta di niente.»
«Non ne sono sicuro. La pista era bagnata e scivolosa. Qualunque manovra poteva essere un azzardo. Abbiamo azzardato troppo e ci abbiamo rimesso tutti e due. Non è la prima volta che succede.»
«Non è la prima volta e non sarà nemmeno l'ultima. Marco Rossi si nasconde da anni con la scusa degli azzardi. Interpreta la parte del pilota caotico quando conviene, tutto quello che fa non è mai fatto apposta. Non puoi comportarti come se non sapessi che ti ha buttato fuori di proposito quella volta, quando poi Connor ha vinto il mondiale.»
Yves puntualizzò: «Non ne ho le prove. Sono convinto che sia stato così, ma Marco non l'ha mai ammesso. Ha sempre detto di non ricordare nulla dell'incidente e di non sapere cosa gli sia passato per la testa in quei momenti.»
«E tu gli credi?»
«Mi sembra verosimile. Ha preso una botta micidiale, ribaltandosi, non sarebbe il primo ad avere ricordi molto confusi.»
«Marco Rossi mente» dichiarò Danae Ravelli. «Mente spudoratamente ed è giusto che tu lo sappia. Dice di ricordare la gara, ma di avere un vuoto solo sui momenti che hanno preceduto l'incidente.»
«Chi siamo noi per decretare che è impossibile?» obiettò Yves. «Non possiamo esserne certi.»
«Non possiamo essere certi dell'entità della sua presunta amnesia, questo no» ribatté la Ravelli, «Ma un problema del genere lo assolverebbe solo se la sua decisione di chiuderti la porta fosse stata presa d'impulso. Non lo era, non è mai stata una decisione di impulso e non lo sarà mai. Marco stava seguendo un piano ben preciso e, fin da prima della gara, sapeva bene cosa intendesse fare.»
«Stai lavorando troppo di fantasia, Danae.»
«No, affatto. C'è qualcosa che devi sapere e credo sia arrivato il momento giusto.»
«Di cosa parli? Questi misteri mi hanno stancato.»
«Parlo del motivo per cui Marco ti ha buttato fuori pista quel giorno a Imola.»
«Andavo più forte di lui. Quando l'ho raggiunto, pensavo non si opponesse, perché pensavo che per lui fosse ormai finita. Però, se fosse accaduto qualcosa a Connor - e prima della fine della gara era possibile - non sarebbe stata affatto finita neanche per lui, quindi ha pensato che valesse la pena di tenermi dietro a qualunque costo. Quando l'ho attaccato, ha deciso che, se non poteva più puntare al titolo lui, non dovevo più puntare al titolo nemmeno io, poco importava che a vincerlo fosse un pilota di un'altra squadra.»
La Ravelli sorrise.
«Sei un ragazzo ingenuo, Yves.»
«Lo so. Mi sono lasciato fregare da Marco. Non è stata una mossa molto intelligente.»
«Non mi riferisco a questo. Parlo del vero motivo per cui Marco ha innescato l'incidente. L'ha fatto perché gliel'ho chiesto io.»
Yves strabuzzò gli occhi.
«Gliel'hai chiesto tu?!»
«Esatto, proprio così.»
«Non è possibile.»
«Certo che è possibile. Preferisci credere alla sua presunta buona fede piuttosto che alla mia verità?»
«Se fosse come hai detto tu, non dovresti giudicare la presunta buona fede altrui.»
La Ravelli scosse la testa.
«No, sei fuori strada. Non ho l'abitudine di chiedere ai piloti degli altri team di mettersi fuori a vicenda perché la mia squadra possa vincere il titolo. Le Pegasus erano più forti, in quel finale di stagione, e sapevo che mi sarebbe servito un miracolo, per permettere a Connor di vincere il titolo. Ero già rassegnata.»
«Eppure sostieni di avere corrotto Marco, pur di vincere» replicò Yves. «Perché dovrei crederti, se ti contraddici da sola?»
«Prima di decidere se credermi o non credermi, o se mi sto contraddicendo, penso che dovresti ascoltarmi. Tutto è iniziato quando Connor mi ha annunciato che intendeva ritirarsi dalle competizioni a fine stagione. Puntavo alla Colombari, ma sapevo che non sarebbe stato fattibile, che Dalila era già nel mirino della Pegasus. Pegasus che, da parte sua, aveva fatto capire che uno dei due, tra te e Rossi, sarebbe stato messo alla porta a fine stagione. Se non fosse accaduto niente di strano, ero convinta che avrebbero tenuto te. Nonostante inizialmente fossi considerato una seconda guida, ti eri dimostrato più continuo di Marco. Eri indubbiamente il candidato migliore e, a ripensarci, lo saresti stato anche per la Silver Rocket. Forse avrei dovuto anticipare i tempi, dimostrarti il mio interesse... però, d'altra parte, ho sempre avuto un debole per i piloti come Rossi, quelli che hanno dei colpi di testa con i quali possono fare qualcosa di incredibilmente positivo o di incredibilmente negativo, senza vie di mezzo. Gli ho parlato, gli ho detto che avevo bisogno di un pilota per il campionato a venire e che sapevo che rischiava di perdere il posto. Si è dimostrato subito interessato.»
«E gli avresti chiesto di aiutarti a vincere il mondiale con Connor in quel modo?»
«No, affatto. Ti ho detto che ero sicura di non potere vincere e di essere ormai rassegnata alla sconfitta. Ho deciso di sondare il terreno con Marco, di metterlo alla prova, per vedere fino a che punto fosse capace di spingersi per il team. Gli ho fatto capire che non avrebbe avuto speranze, che il titolo sarebbe andato a te o a Connor, anche se in fondo al cuore sapevo che Connor non ce l'avrebbe fatta. Gli ho chiesto se fosse disposto a buttarti fuori perché tu non vincessi. Inizialmente mi ha insultata, ma ho insistito. Volevo vedere di che pasta fosse fatto. Non pensavo fosse disposto a farlo davvero.»
Yves fissò Danae Ravelli con freddezza.
«Complimenti. Hai rischiato di rovinare la mia carriera solo per vedere fino a che punto fosse disposto Marco a spingersi per la Silver Rocket.»
«Oh, no, affatto» replicò la Ravelli. «Tutto ciò che volevo vedere era se potevo fidarmi di lui.»
«E così, Marco ti ha dimostrato di essere degno della tua fiducia.»
«Per niente. Da un pilota mi aspetto che lavori per la squadra, non contro la squadra stessa. Rossi era un pilota della Pegasus. Tutto quello che doveva fare quel giorno era lasciarti passare e permettere a te e al team di vincere contro di noi. Se l'avesse fatto, gli avrei offerto un volante, invece ho capito che era capace di vendersi al migliore offerente. Anzi, peggio, di vendersi in cambio di nulla. Mi è dispiaciuto che si fosse fatto male nell'incidente, ma se l'è cercata. Non mi aspettavo che quello che era successo lo trasformasse in una sorta di martire, né che tu venissi accusato di avere fatto una manovra azzardata e trattato come il pilota più scorretto di sempre. Ho sempre cercato di difenderti e, se tu non avessi deciso in piena automonia di cambiare aria, ti avrei offerto un volante molto prima di questa stagione.»
«Volevi lavarti la coscienza?»
«No, io non ho niente da lavare. Ho chiesto a Rossi di innescare un incidente, consapevole che qualsiasi pilota con la testa sulle spalle non l'avrebbe fatto. Non mi sento responsabile delle sue azioni. Non penso si possa dire lo stesso di Rossi, se ha fatto finta di non ricordare niente per pararsi il culo. Non solo, ti ha anche spinto a non parlare pubblicamente del vostro incidente, come se lui stesso si sentisse in dovere di assolverti dalle accuse pubbliche, quando sa benissimo che cos'ha fatto lui stesso. Questo è Marco Rossi, il pilota con il quale hai sempre detto di volere ingaggiare un duello civile e responsabile per il titolo. Sei davvero così sicuro che valesse la pena di essere corretto nei suoi confronti?»
«Non sono sicuro di niente, nemmeno delle ragioni per cui mi hai raccontato tutto questo.»
«Te l'ho raccontato perché più andiamo verso la fine della stagione e più ho bisogno che tu non ti lasci ingannare dalla maschera del pilota caotico ma animato da buone intenzioni che Marco indossa ormai da troppo tempo. Fagli capire che non hai paura di lui e dei suoi giochi sporchi, che tutto ciò che vuoi è distruggerlo e che sei sicuro di potercela fare.»

***

Rimontare dalla ventiduesima fino alla terza posizione non era un evento che capitasse di consueto, anche se qualcuno avrebbe affermato che, a bordo di una Pegasus, tutto era molto facile. Quella terza posizione avrebbe potuto addirittura essere una seconda, se prima che la rimonta di Marco fosse ultimata il suo compagno di squadra Juan Pablo non fosse riuscito a superare Dalila guadagnandosi la prima posizione.
"Meglio così" realizzò Marco, nel momento in cui si sedeva per la conferenza stampa dei primi tre classificati. "Se mi avesse fatto passare, avrei guadagnato qualche punto in più, ma ci sarebbero state polemiche contro gli ordini di scuderia."
Di polemiche ce n'erano già state abbastanza, dopo il precedente gran premio in Cina e, almeno sul suolo malese, voleva risparmiarsi una situazione analoga.
Sapeva, tuttavia, che non sarebbe stato così fortunato da riuscire pienamente a realizzare il proprio intento. I giornalisti già appostati non erano altro che uno stormo di corvi assassini pronti a saltargli addosso. Certo, prima si sarebbero sfogati un po' con Juan Pablo e con Dalila, poi sarebbe arrivato il suo turno... e un certo tipo di trattamento l'avrebbero riservato a lui. A nessuno importava più che Juan Pablo fosse una seconda guida poco vincente o che Dalila fosse una donna appiedata dal Team Pegasus al termine della stagione precedente e approdata in Silver Rocket.
Con loro, le domande sembravano seguire un copione molto classico.
«Un'importante vittoria, quando ormai sei troppo lontano dalla vetta della classifica per essere considerato ancora davvero in lotta per il titolo. Pensi che questi dieci punti possano cambiare la situazione, oppure che le tue possibilità non siano aumentate?»
«Vincere questa gara è stato importante per me e per la squadra. È solo la mia prima stagione con il Team Pegasus e per il momento sono riuscito a rispettare i miei obiettivi per questo campionato. Prima dell'inizio della stagione, sostenevo che ottenere qualche vittoria nel mio primo anno in un top team sarebbe stato molto positivo e non penso di avere niente di cui lamentarmi.»
«Il tuo compagno di squadra è rimontato dall'ultima posizione fino al podio. Pensi che la sua vettura fosse più performante della tua?»
«La macchina andava benissimo. In un primo momento ho perso tempo dietro a Dalila, che era più lenta, ma difendeva bene la sua prima posizione, dopodiché avrei potuto staccarla, ma ho preferito non farlo e risparmiare la vettura. Chiaramente Marco, dovendo rimontare dall'ultimo posto, non poteva permettersi di non dare il massimo in ogni singolo giro.»
«Pensi che il tuo compagno di squadra meritasse una penalizzazione così pesante in griglia per i fatti dello scorso gran premio?»
«Io non sono nessuno per dire che i commissari hanno fatto male il loro lavoro. Mi dispiace che Marco abbia dovuto rimontare dal fondo, ma non credo tocchi a me valutare certe decisioni. Io faccio la mia gara, non la gara degli altri, né sono un commissario. Se un giorno, dopo la fine della mia carriera di pilota, mi ritroverò in quel ruolo, allora ne riparleremo. Adesso, però, ho solo ventiquattro anni e penso di continuare a fare il pilota ancora per molti anni.»
«Parlaci del tuo sorpasso sulla Colombari.»
«Prima o poi sarebbe successo. La mia vettura era molto più performante della sua, però ho preferito non correre rischi. Sapevo che, se avessi avuto pazienza, avrei finito la gara davanti a lei. Se invece non ne avessi avuta, forse avrei corso dei rischi inutili, che avrebbero potuto danneggiare la squadra. Ogni punto può essere importante e finire davanti alle Silver Rocket è il nostro obiettivo.»
«Sei stato più volte criticato per la tua guida troppo tranquilla, in questa stagione. Pensi che gli opinionisti e i tifosi facciano troppo spesso critiche gratuite?»
«Non lo so. Tutto quello che posso dire è che alla gente sembrano piacere molto i piloti meno tranquilli di me. Li capiscono. Vogliono vedere duelli spettacolari, sorpassi azzardati, queste cose qua... Noi piloti, però, dobbiamo pensare a fare la nostra gara e a farla nel modo migliore possibile per noi, non alla gente che salta sul divano per l'eccitazione. Mi dispiace se faccio annoiare i tifosi, ma non cambierò il mio approccio solo perché pensano che devo farli divertire.»
«Veniamo a Dalila Colombari. Una seconda posizione che significa tanto, ma che al contempo lascia amarezza. Cos'è successo?»
«Come ha detto Juan Pablo, la sua vettura era molto performante. Ho cercato di tenerlo dietro finché ho potuto, poi sono stata costretta a lasciarlo andare. Se fossi riuscita a rimanergli davanti in quella parte di gara, forse avrei avuto qualche possibilità di giocarmela, ma una volta subito il sorpasso, per me non c'era più niente da fare. A quel punto ho pensato più a mantenere la seconda posizione che ad altro. Era il massimo che potevo ottenere oggi.»
«Il tuo compagno di squadra è risalito dalla penultima posizione in griglia fino alla quinta. Come valuti la sua gara?»
«Siete voi che l'avete vista, non io. Sono contenta per lui e spero che i punti che ha conquistato oggi possano essere utili a fine stagione, ma tutto quello che posso dire è questo.»
«A seguito dell'incidente da lui innescato a Shanghai, Yves Raphael ha avuto una semplice penalizzazione in griglia. In molti hanno criticato questa scelta dei commissari, sostenendo che si sia trattato di una penalità troppo leggera per un pilota che ha innescato un incidente di proposito. Tu cosa ne pensi?»
«Come pilota, penso che nessuno di noi voglia innescare incidenti di proposito. Poi, certo, non sono dentro la testa di Yves né parlo con lui dei suoi incidenti, quindi non posso avere certezze. Ad ogni modo quello di non avere certezze sul comportamento altrui dovrebbe essere un pensiero più diffuso, a mio parere. Al giorno d'oggi non ci sono prove sul fatto che Yves abbia innescato un incidente di proposito, sappiamo solo che una sua manovra ha provocato un incidente. Non possiamo dire che l'ha fatto di proposito solo perché abbiamo questa idea. Oppure, se lo diciamo, dovremmo comunque essere un po' ridimensionati, invece di essere acclamati. Giudicare senza avere certezze non è così positivo come lo vorrebbe far credere la gente che salta alle conclusioni così in fretta.»
«Della retrocessione in griglia di Rossi, invece, cosa ne pensi? Ritieni adeguato che, di fatto, per due infrazioni molto diverse, abbiamo avuto la stessa penalità?»
«Come ha detto Juan Pablo poco fa, anch'io non voglio mettermi al posto dei commissari. Tutto quello che faccio è cercare di non finire io nel loro mirino... e per il momento mi sembra di esserci riuscita molto meglio di Yves e di Marco. Sinceramente preferisco non dare giudizi sul loro operato, anche perché criticare i commissari non è mai una bella intuizione! Non vorrei che qualcuno di loro, in futuro, se la prendesse con me per qualcosa che ho detto.»
Nella sala si alzò un coro di risate, che Marco interpretò come un segnale che ormai Dalila avesse già espresso tutto il proprio potenziale. Si aspettava che non le venissero poste altre domande, per il momento, e che l'attenzione si concentrasse su di lui. La sua intuizione si rivelò esatta e si ritrovò ben presto a dover commentare la propria rimonta, consapevole che dopo non sarebbe stato tutto altrettanto facile.
«Avevamo scelto un assetto da gara, ragione per cui, ieri, nelle qualifiche, non siamo andati tanto bene. In gara, però, sapevamo di essere più perfomanti delle Silver Rocket e ne abbiamo dato dimostrazione. Mentre il mio compagno di squadra ha ottenuto una brillante vittoria - esattamente come hanno detto i miei colleghi, so di non avere visto la sua gara, ma ritengo comunque di potergli fare i complimenti per la sua performance - io sono riuscito a risalire fino al podio, seppure partissi ultimo. Mi piacerebbe dire che è stata una delle mie gare più belle, anche se il contesto in cui è maturata non la rende tale. Oggi, tuttavia, penso di avere dimostrato che chi mi ha criticato, anche pesantemente, negli ultimi tempi, forse vede solo il lato peggiore di me.»
«Qual è stato il tuo migliore sorpasso?»
«Nessuno. I migliori sarebbero stati quello su Dalila e quello su Juan Pablo, ma purtroppo non sono arrivato fino a quel punto.»
«È stato chiesto ai tuoi colleghi, quindi è giusto chiederlo anche a te: cosa pensi della tua penalizzazione in griglia?»
Ecco, era arrivato il momento. Marco cercò di essere diplomatico: «Non mi resta che dire quello che dicono tutti, ovvero che, come sportivo e come personaggio pubblico, devo dare il buon esempio ai bambini. Ammetto di non avere dato loro il buon esempio, che in Cina non avrei dovuto tirare una sportellata a Yves durante il giro d'onore, nonostante mi avesse letteralmente buttato fuori qualche giro prima. Però, ecco, mi sembra abbastanza assurdo che quello che ho fatto io venga considerato della stessa gravità. Yves mi ha letteralmente travolto, non so dire come abbiamo fatto sia io sia lui a riuscire a finire la gara, anche se nelle retrovie. Visto com'è andata, forse sarebbe stato meglio se non l'avessi finita, ma tutto sommato penso sia giusto così.»
«Cosa ritieni giusto? Avere avuto un contatto deliberato con lui nel giro d'onore?»
«Intendo dire che tutto è andato come doveva andare, forse non c'erano altre possibilità. E ad ogni modo parlare di "contatto deliberato" quando si parla di me, ma non fare altrettanto per l'incidente, ben più serio, che ha innescato Yves durante la gara, mi sembra ridicolo.»
«Pensi che Raphael abbia cercato di buttarti fuori di proposito?»
«Certo. Non sarebbe la prima volta. L'avete sempre detto tutti che tre anni fa è stato lui a provocare il contatto tra di noi. Adesso si inventa che è colpa mia, addirittura tempo fa ha anche mandato sua moglie a parlare male di me con la stampa. Anzi, ex moglie, mi pare di capire. Dopotutto chi vorrebbe stare insieme a uno come lui? La signora Raphael ha tutta la mia approvazione, se ha lasciato il marito. Yves ci tiene tanto a mostrarsi migliore di me, ma lo sta facendo nel modo sbagliato. Se da un lato posso comprendere le sue insicurezze - dopotutto è un pilota dalla reputazione rovinata che sta cercando di tornare in alto - dall'altro trovo assurdo l'accanimento che ha sempre avuto contro di me in questi mesi. Sembra che non sia capace di vincere in modo pulito... anzi, ne è capace, ma preferisce di gran lunga abbassarsi a questo livello di indecenza. Sono sicuro che Yves potrebbe essere un pilota e una persona migliore, se volesse, ma che preferisca atteggiarsi a bad boy senza rendersi conto che sta diventando ridicolo. Mi dispiace per la Silver Rocket e per Dalila che hanno a che fare con lui, non meritano niente di tutto ciò.»
Solo dopo la fine di quello sfogo, Marco si rese conto di avere dato alla stampa proprio ciò che desiderava. Era stato istigato e invece di placare le polemiche - il suo scopo, in linea teorica - aveva fatto l'esatto contrario. Anzi, aveva addirittura tacciato Yves di essere il responsabile del loro famoso incidente di fine stagione.
Ciò avrebbe sicuramente provocato una reazione da parte di Yves, di Danae Ravelli e di chissà chi altro. Se non altro la Ravelli non poteva esporsi troppo. Avevano un segreto, un grosso segreto, e per salvare la faccia non avrebbe potuto spingersi troppo in là.
Il resto della conferenza stampa fu meno terribile. Forse proprio la sua esternazione così tanto desiderata placò la sete di chi avrebbe romanzato il tutto. Avevano già avuto quello che volevano, per quel giorno erano già soddisfatti.
I problemi - inaspettatamente - arrivarono quando la conferenza stampa terminò. Dalila attese che Juan Pablo si allontanasse, poi si rivolse a lui, gelida: «Non avresti dovuto dire quelle cazzate contro Yves.»
«Yves si è messo contro di me, ho solo agito di conseguenza» replicò Marco. «Per caso la cosa non ti sta bene?»
«No, per niente. Cerca di ricordarti che Yves è il mio compagno di squadra.»
«Ma infatti ho detto che né tu né il resto del team meritate di essere associati a lui. Poi, comunque, secondo loro, Yves è anche il tuo amante.»
Dalila sbuffò.
«Me ne frego di quello che credono!»
«Credere a quello che dice il fanbase va bene, credere a quello che dico io no? Falso per falso, almeno io dovrei essere più attendibile.»
«Dovresti smetterla... e non lo dico per la nostra serenità, o per un senso di giustizia. Finirà male, Marco. Finirà tutto malissimo. Se tu e Yves volete continuare a guidare a quel modo e a speronarvi l'uno con l'altro fino a farmi vincere il titolo, fatelo pure. Però, se continuate così, può essere che uno di voi, o entrambi, non viviate abbastanza a lungo per vedermi vincere.»
Marco le strizzò un occhio.
«Io e te ci sposiamo prima del prossimo gran premio. Se dovessi morire, erediteresti le mie proprietà e i miei soldi.»
«Come al solito preferisci fare il buffone piuttosto che starmi a sentire» borbottò Dalila. «Non so a che gioco tu stia giocando, ma sei sempre più vicino all'essere la pedina, piuttosto che il giocatore.»
«Se proprio vuoi fare la predica a qualcuno, perché non vai a farla a Yves? Digli di lasciarmi in pace e vedrai che tutto tornerà normale, come quando lui stava in endurance.»
«Avrei molte cose da dire anche a Yves, ma sto parlando con te. Quello che fai tu, mi interessa di più di quello che fa Yves.»
«Dovrebbe interessarti anche quello che fa lui. In questo fine settimana è stato fin troppo tranquillo. Non me la bevo, secondo me ha in mente qualcosa.»
Non si sforzò di immaginare quale potesse essere la successiva mossa del suo rivale e, anche se l'avesse fatto, non avrebbe mai potuto intuirlo. Di lì a poche ore, Yves l'avrebbe stupito accusandolo pubblicamente di avere innescato il loro storico incidente per piegarsi alle richieste di Danae Ravelli.

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