Siamo a Detroit, è il 23 giugno e Mario Poltronieri, stavolta non accompagnato da Clay Regazzoni che commenta solo le gare europee, ci narra (con quel tipo di dedizione che Mazzoni riserverà all'isola di Notre-Dame, alle case popolari del Progetto Singapura o alla Città del Leone) di come il circuito cittadino della città americana, collegata a una città canadese lì vicina da una galleria sotterranea(?), sia una sorta di replica del circuito di Montecarlo, con tanto di tunnel sotto il quale passano le vetture. Detroit però è la città americana dell'industria automobilistica per eccellenza, quindi secondo Poltronieri più che a Montecarlo "somiglia" a Torino. A fare da contorno ci sono però barche ormeggiate nell'attiguo fiume omonimo, Detroit. In griglia, invece, c'è Ezio Zermiani che va a intervistare Alboreto, Cheever, De Angelis, Prost e De Cesaris già negli abitacoli delle rispettive monoposto, circa un minuto prima che si accendano i motori, come da perfetta tradizione del periodo.
Dalla prima fila scattano Ayrton Senna e Nigel Mansell rispettivamente su Lotus e su Williams, con il baffuto pilota che illude e si illude di potersi conquistare la leadership dell'evento. Dura due secondi contati davanti, ma le cose gli andranno anche peggio: è l'altro baffuto pilota della Williams, Keke Rosberg, quello destinato a inseguire Senna... che poi, inseguire, è solo quello che succede nella primissima parte di gara, perché poi insieme ai suoi biondi baffi spioventi prende la testa della gara e il pilota brasiliano è costretto a una sosta ai box. Nel frattempo le Williams sono 1/2 seguite inizialmente dalla McLaren di Alain Prost, che presenta dolori a un polso, e che viene superato nel corso della prima fase da Michele Alboreto (Ferrari), Elio De Angelis (Lotus) e Stefan Johansson (Ferrari). Alboreto sarà poi costretto a rallentare venendo passato De Angelis e da Johansson, ma di questo ne parleremo in un altro momento.
Siamo negli anni '80 quindi l'affidabilità è quello che è e nella prima parte di gara perdiamo numerosi protagonisti o per meglio dire non protagonisti. Fuori l'Osella di Piercarlo Ghinzani (forse per un contatto al via, in realtà), fuori la RAM di Manfred Winkelhock, fuori la Toleman di Teo Fabi, fuori la Minardi di Pierluigi Martini e fuori anche un personaggio illustre, il campione del mondo in carica Niki Lauda costretto al ritiro da un problema ai freni. Poi è la volta delle Renault: a distanza di pochi giri l'uno dall'altro Patrick Tambay ha un incidente e va a parcheggiare in una via di fuga, mentre Derek Warwick è costretto a fermarsi per un problema tecnico. Segue poco dopo il ritiro ai box di Riccardo Patrese, al volante di un'Alfa Romeo verde sponsorizzata Benetton che dai colori sembra tutto tranne che un'Alfa Romeo. Ma questo è solo l'antipasto e siamo solo a un terzo di gara scarso, gli eventi scoppiettanti stanno per iniziare ora e ne vedremo di tutti i colori.
Mentre Prost esce di pista andando a sbattere contro una barriera di pneumatici nella stessa curva in cui era andato a ritirarsi in modo meno violento Tambay, ecco che Mansell fa un testacoda e perde la posizione nei confronti di De Angelis. Poi ne fa un altro nello stesso punto, a distanza di pochi giri, e viene superato anche da Johansson. A quel punto va ai box e poi torna in pista. Esattamente come Prost, si va a schiantare contro la stessa barriera di pneumatici e la sua gara finisce lì. Non si può dire lo stesso della barriera di pneumatici, che in seguito sarà sede di un ulteriore incidente, avente per protagonista un altro SkArSoN3 del loro calibro, ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, mettiamo solo Martin Brundle, su Tyrrell, davanti alla Ferrari di Michele Alboreto. Poi Alboreto si riprenderà la posizione e, con il pitstop di De Angelis, si ritroverà terzo, lontano parecchio da Johansson a sua volta lontano parecchio da Rosberg, che viene inquadrato nonostante sia in testa da solo e secondo Poltronieri la regia sbaglia a non farci vedere i duellihhhh e i sorpassihhhh che avvengono altrove. Poltronieri telecronista illuminato: sa che la noiahhhh è frutto di una regia non eccelsa.
Intanto siamo a metà gara e mentre cerco di reprimere i miei istinti di fungirl per colui che occupa al momento la quinta piazza, credo sia meglio di concentrarci a questo punto su chi sia al terzo e al quarto posto, ovvero Alboreto e Brundle, con il pilota della Tyrrell che sorprende in positivo, dato che è insieme al compagno di squadra che si trova al quinto posto, appunto, uno dei due piloti che guidano una vettura con un motore aspirato invece che turbo, quindi tecnicamente più lenta della concorrenza. Brundle segue da vicino Alboreto quando si avvicinano a una vettura bianca e verde da doppiare, immediatamente riconoscibile come una RAM. Il pilota si sposta diligentemente da parte per farsi doppiare da Alboreto. Poi si spalma contro Brundle, la cui quarta piazza va in vacca nel fare l'azione più temeraria che sia possibile durante un gran premio, ovvero tentare di doppiare Philippe Alliot, un nome, una garanzia. I due, dopo il botto, si ritirano seduta stante con le vetture che vengono rimosse come si può, perché sono un po' tra le scatole.
Rosberg, Johansson e Alboreto sono la top-3 ben distanziati l'uno dall'altro, mentre al quarto posto segue Bellof *_____* sull'unica Tyrrell superstite. Adesso l'attenzione è tutta concentrata su di lui, perché è lui l'outsider che corre il serio rischio di portare a casa un risultato di un certo rilievo. Trovo meraviglioso che questo suo exploit avvenga proprio su un tortuoso circuito cittadino nel quale le vetture passano al di sotto di un tunnel. Sembra quasi una rivincita per la perdita del terzo posto di Montecarlo dell'anno precedente. Quinta e sesta ci sono le due Lotus di Senna e De Angelis. Okay, sto andando letteralmente in brodo di giuggiole: non solo Bellof sta facendo una performance magistrale, ma è anche davanti a Senna e non di poco. Magari, mi dico, questa volta riesce a farsi notare proprio lui, invece di esserci tutti gli occhi focalizzati sull'attention seaker di turno, sarebbe un'ottima rivincita dopo che nessuno se l'è filato neanche per sbaglio nel 1984 a Montecarlo.
Guess what, la mia sensazione è sbagliata, in quanto Senna sta facendo dei giri like a boss, roba da essere tre secondi al giro più veloce di chi gli sta davanti. Bellof nel frattempo continua a girare imperterrito al quarto posto, con mezzo musetto anteriore mancante. Nel senso, manca la parte sopra, quella sotto è intatta, quindi non sembra nemmeno si sia rotto durante la verniciatura di un muretto. Questo però non conta più, Senna si sta avvicinando sempre di più e mi rassegno: va bene Senna, hai vinto tu e quella quarta piazza te la porti a casa. O almeno così sembra per alcuni giri immediatamente successivi al sorpasso. Senna a quel punto sembra destinato a superare Alboreto, che procede lentamente. Lo affianca, proprio vicino alla barriera di pneumatici dove sono andati a sbattere quei due Br0kKy di Prost e Mansell. La sua gara finisce lì, contro la barriera di pneumatici, esattamente come quella di Prost e come quella di Mansell. Il Wall of Champions di Montreal al confronto con questa barriera è un bambino che beve ancora il latte dal biberon.
Il finale si fa abbastanza incandescente, con Rosberg che rientra ai box per cambiare gomme e Poltronieri convinto che Johansson passerà in testa. Suvvia, è solo Johansson, il surfista della Ferrari numero 28, numero che dalla notte dei tempi è destinato ai ferraristi che non sono very fighy. Rosberg resta davanti per poco più di un secondo, allunga un po', ma Johansson si avvicina per dimostrare che gli svedesi sono più stylish dei finlandesi. Secondo Rosberg non è così, infatti poi riesce a staccarlo quando nei giri finali Johansson rallenta vistosamente. Per un attimo ho il terribile sospetto che stia rallentando per cedere il secondo posto ad Alboreto, ma non è così, Alboreto infatti deve vedersela con Bellof che gli è attaccato al retrotreno, in questo momento. Se nel 1985 fossero esistiti i social i fanboy di Bellof avrebbero scritto che tempo due giri e Bellof avrebbe preso Alboreto. Però due giri non ci sono e Bellof arriva quarto. Sul podio (rigorosamente tagliato dalla Rai) salgono Rosberg, che di lì a quattro giorni diventerà papà di un certo principe, Johansson e Alboreto.
Stefan Bellof chiude quindi in quarta piazza, seguito a debita distanza da Elio De Angelis e dalla Brabham di Nelson Piquet, con a seguire, fuori dalla zona punti, Thierry Boutsen (Arrows), Marc Surer (Brabham), nonché due presunti amici d'infanzia secondo Poltronieri, ovvero l'americano di Roma Eddie Cheever (Alfa Romeo) e Andrea De Cesaris (Ligier) inquadrato in occasione di due testacoda senza conseguenze nel corso della gara. Segue fuoro dalla top-ten Gerhard Berger (Arrows), nonché Jacques Laffite (Ligier) che sembra essersi fermato per incidente(?) proprio nelle fasi finali del gran premio. La sua vettura, inquadrata da dietro, ha sull'ala posteriore ben visibile lo sponsor "Candy", che a quanto pare nel corso degli anni si è passato verosimilmente la metà delle scuderie perché guardando le gare vecchie l'ho visto praticamente ovunque, e nonostante non ci sia Derek Daly a spiccare il volo anche stavolta si ritrova con il logo inquadrato in primo piano. Queste sì che sono soddisfazioni...
Bellof sarebbe morto di lì a poco più di due mesi in un incidente in endurance, con il quarto posto di Detroit, destinato a rimanere il miglior risultato della sua carriera come pilota di Formula 1. Ho scoperto soltanto di recente che, se le cose fossero andate diversamente probabilmente sarebbe passato in Ferrari nel 1986. Quindi, caro Bellof, io nel 1984/85 non ero ancora nata, ma quando per la prima volta, nel 2011, ho visto una tua gara del passato, senza neanche sapere chi fossi perché fino ad allora non avevo mai sentito parlare di te, ho pensato "OMG questo è il mio pilota". Ai tempi certi elementi di mia conoscenza e non, come ad esempio il fare una performance stupefacente a Montecarlo al volante di una carriola e morire prima di arrivare potenzialmente in Ferrari, non significavano niente per me. Oggi, che un significato ce l'hanno, lo ribadisco: caro Bellof, tu sei il mio pilota e mi auguro vivamente che, se fossi nata vent'anni prima, sarei stata una tua tifosa.
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