venerdì 1 maggio 2020

GP San Marino 1994: sì al rispetto, no alle teorie del complotto

Foto reperite su Google Images
Copyright sconosciuti
Il 30 Aprile/ 1 Maggio di ventisei anni fa ci lasciavano Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, nel corso di uno dei più tragici fine settimana della storia della Formula 1, un dramma rimasto impresso in due grandi categorie di appassionati: quelli che erano ancora troppo piccoli oppure non ancora nati, che l'hanno vissuto come evento passato, e quelli che hanno ricordi d'epoca. Appartengo alla seconda categoria, quello di Ratzenberger fu il primo incidente mortale che vidi, che non ho mai dimenticato, quello di Senna lo vidi a sua volta in diretta il giorno dopo. Il primo visto insieme a mio padre, il secondo visto insieme a mia madre, nel giorno in cui avevo perso il mio primo dente da latte. Un monito durato a lungo nel tempo, l'amara consapevolezza che lo sport che amavo poteva tradire, tradirci, tradirmi, anche se quasi tutti dicevano di no, che certe cose non succedono più, "tranne in *serie random* che è troppo pericolosa".

Due piloti, due storie completamente diverse,  quello con l'ultimo tempo utile per andare in griglia e il poleman, l'ultimo arrivato e il veterano pluricampione, il pilota della carretta e il pilota del top-team, il dimenticato e il commemorato divenuti entrambi ricordati insieme nell'epoca internet che non hanno mai conosciuto: un legame eterno e indissolubile per due piloti le cui strade si erano incrociate solo di sfuggita, immortalato al giorno d'oggi anche e soprattutto grazie alle pagine web e social.
Del primo si raccontano fatti resi pubblici solo dall'era internet inoltrata: nel 2004 non riuscii nemmeno a trovare una foto di dimensioni superiori a un'icona della sua monoposto - intendo della sua monoposto prima dell'incidente), al giorno d'oggi sappiamo vari aneddoti, tipo l'età falsificata, i cinque gran premi che doveva disputare (i primi quattro + Suzuka, il quinto gran premio stagionale era frutto di una conferma per un ulteriore evento), il suo nome dato come middle name al figlio di Mika e Noriko Salo, in quanto era stato appartemente lui a farli conoscere...

Se del primo non sapevamo quasi niente, del secondo abbiamo sempre saputo tante cose, anche prima, perché un veterano pluricampione del mondo era un personaggio "più pubblico", ben conosciuto anche da chi alla domenica aveva altro da fare piuttosto che guardare i gran premi. C'era poco da scoprire di nuovo, quindi a volte a molti è venuta la tentazione di inventare.
Il pilota lontano e il pilota vicino, due destini incrociati, ma a loro modo diversi, perché non è detto che essere quasi dimenticati sia un destino più crudele dell'essere ricordato e di vedere sorgere teorie del complotto che vanno spesso fuori dagli schemi.
È così che nasce una teoria del complotto: per qualcuno o qualcosa in cui ci identifichiamo o che ci sfiora talmente da vicino da arrivare quasi a toccarci.
Un giorno, nel 2006, quando ancora andavano di moda le chat, chattai con un ragazzo che aveva un nickname ispirato a Senna. Era il suo idolo, diceva, ed era convinto che la sua morte fosse stata voluta di proposito. Non era il primo da cui lo sentivo dire e chissà, forse un po' gli credevo, anche se avevo già la capacità di pensare che un incidente provocato da un guasto fosse la soluzione più probabile.
Mi facevo una grande domanda: perché avrebbero dovuto farlo di proposito? Il problema è che, quando si tratta di teorie del complotto, diventa tutto una potenziale motivazione, anche se è assurda.

Immagini trovate su Google
La prima oscurata perché può
disturbare, nella seconda si
intravede un (C) poco leggibile
"Quel giorno Senna non avrebbe voluto correre, si comportava in modo strano"... e si parte con le ipotesi più improbabili a proposito di presentimenti vari, come se fosse così illogico comportarsi in modo diverso dal solito dopo avere assistito alla morte di un collega. Le immagini prese dalla TV mostrano che addirittura, dentro al box e con il casco in testa, Senna vide la diretta dell'incidente, e penso che ci sia poco di sconvolgente nel suo atteggiamento di quel fine settimana. Chi non avrebbe voluto, in fondo al cuore, fuggire a gambe levate? Solo perché per noi era morto "un pilota qualsiasi" non significa che chi era dentro quel mondo la vedesse allo stesso modo. Un pilota qualsiasi era sempre uno di loro, quello che era accaduto a lui poteva accadere a chiunque di loro, anche se era ancora troppo presto per ammetterlo.
Quell'immagine, quel sabato, non significava ancora niente, se non uno spaccato dell'atmosfera che si respirava. Solo dopo ha assunto un significato diverso, tragedie che si incrociano. Ironia della sorte ha voluto che, vent'anni dopo, ne venisse fuori un'ennesima immagine capace di assumere un significato diverso: Senna Tribute 2014, membri del team Ferrari e altri soggetti random del motorsport, Jules Bianchi si gira verso l'obiettivo di una macchina fotografica mentre sta firmando un pannello dedicato a Senna, tra i tanti proprio lui, destinato di lì a pochi mesi ad essere l'interruzione a vent'anni di gran premi senza incidenti mortali, in primo piano, un'altra "immagine maledetta" destinata a rimanere nella storia.

Su quanto accadde tra la morte di Ratzenberger e quella di Senna, nel mio progetto "cultura motoristica" del 2011/2012, che consisteva nel cercare in rete gare del passato e sessioni varie del passato, guardai il warm up di Imola 1994, la sessione di prove libere della domenica mattina. Allo stesso modo in cui il giorno precedente, fino a prima della morte di Ratzenberger, venivano tanto decantati gli standard di sicurezza delle Formula 1, dopo che Rubens Barrichello era uscito da uno schianto pazzesco con appena un polso slogato e una microfrattura al setto nasale, quella mattina le voci parlanti erano un coro che sosteneva che in Formula 1 ci volessero piloti più esperti e team più competenti per evitare tragedie. Messaggio di fondo: "quello che è accaduto a Ratzenberger su una Simtek non può succedere ad altri", la cosa più facile di cui convincersi, forse, in un momento in cui, per andare avanti, bisognava trovare una buona ragione per farlo.

Essere un pilota celebre è quanto ha esposto ed espone tuttora Senna a una mistificazione esagerata, con teorie del complotto che sembrano costruite intorno all'idea che dalla sua sorte ne andasse del destino dell'umanità intera.
Ucciso dagli Illuminati perché troppo rilevante, hanno scritto da qualche parte. Per non parlare di quelli che uniscono questa teoria a quella secondo cui la sua ex Xuxa, una presentatrice TV brasiliana con cui stava insieme a fine anni '80, sarebbe l'anticristo.
Addirittura su un sito web una volta ho trovato una teoria secondo cui Senna sarebbe morto per un sabotaggio voluto da (trattenetevi, perché tra le tante idee ridicole, questa è la più ridicola in assoluto) nientemeno che Jackie Stewart. L'idea alla base era che Stewart lo giudicasse un pilota troppo pericoloso, in quanto l'aveva criticato per il GP del Giappone 1990, in quella famosa intervista in cui Senna disse la famosa citazione del "if you don't go for a gap that exists..." Poi altre teorie riguardano presunti complotti nazisti, che citano gente a caso del motorsport, o Xuxa.
Vi pare che tutto ciò sia assurdo? Anche a me, ma questi sono i deleteri effetti dell'eccessiva idealizzazione, l'assurda convinzione del "poteva capitare a tutti, ma non a lui".

Senna Tribute - maggio 2014
Immagine da Google,
indicazioni (C) da Google
Vivere d'illusioni è facile, ma non dobbiamo mai dimenticare che le ombre sono dietro l'angolo. Inventare storie per giustificare che lo sport ci amiamo ci abbia traditi è umano, ma non troppo e dovremmo trattenerci e riflettere. Non sempre tutto è sotto controllo, ma almeno noi dobbiamo controllarci.
Quando smisi di frequentare Tumblr (ora ho un nuovo account ma seguo tre profili) lo feci anche per il poco rispetto delle tragedie passate. C'era gente che rideva e scherzava su una teoria del complotto a proposito di Senna ucciso da una pallottola su un casco, sparata da un cecchino e arrivata all'obiettivo preciso, con un'arma nascosta sotto un cappotto o un impermeabile per non dare nell'occhio nei trenta gradi di un soleggiato e iper-caldo pomeriggio della primavera emiliano- romagnola.
So che questa cosa dovrebbe davvero essere scritta in un libro complottista, ma non vedo perché un'idea così folle, su un vero incidente mortale, debba essere considerata divertente. Siamo esseri senzienti, comportiamoci come tali. Quindi mettiamoci d'impegno e trattiamo i morti del passato come quelli dei giorni nostri, ovvero con rispetto. Visto che per i signori nessuno succede già, cerchiamo di farlo anche per quelli più famosi. Nessuno si inventerebbe mai che Ratzenberger sia stato ucciso da un cecchino in ipotermia. E allora facciamo in modo di non inventarcelo nemmeno quando si tratta di Senna.


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