martedì 12 maggio 2020

Luci dei club, baci dei flash, ori e gioielli come Leclerc, colpi di mercato squarciano il cielo...

"I vuoti che hai lasciato non si colmano, quanti ne hai messi in ombra, quanti ne hai perduti in corsa, bro..."
- Marracash & Elisa - Neon

Ho un ricordo vago, ma che allo stesso tempo non è mai svanito. Quando ero piccola, a casa di mia nonna avevo un ritaglio di giornale sul quale erano elencati tutti i piloti di tutti i team. Un giorno, mentre facevamo ordine, mia nonna e mia madre decretarono che, siccome i piloti dell'anno seguente sarebbero cambiati, quel ritaglio si poteva buttare via. Che i piloti dell'anno seguente sarebbero cambiati significava verosimilmente una sola cosa, ovvero che Jean Alesi e Gerhard Berger avrebbero lasciato la Ferrari, entrambi in un colpo solo, per ironia della sorte andando alla Benetton, dalla quale proveniva Michael Schumacher, un po' a significare che Schumacher da solo valeva tanto quanto entrambi.
Ero piccola, quando c'erano i Bergesi. Ero piccola e avevo ben poco un'idea del fatto che i singoli eventi facessero parte di un unico campionato. Era l'epoca in cui tutto esisteva un po' come a sé stante. Io non li avevo vissuti davvero, Alesi e Berger. Li avevo visti sulle vetture rosse, la 27 e la 28, ma mentre tutti i miei parenti avevano quel minimo di interesse che serviva per accendere la TV durante i gran premi e poi parlare d'altro, nessuno di loro mi aveva mai spiegato perché quelle vetture rosse fossero più speciali delle altre. Non l'ho mai capito, nemmeno ora, che la Ferrari invade ogni spazio social, in cui si parla più della Ferrari che di tutto il resto.

Quattro anni più tardi se ne andò anche Eddie Irvine, il numero due destinato a passare in sordina, perché si parlava più della sua vita privata che di quello che faceva al volante. Se ne andò, rimpiazzato da Rubens Barrichello, e ricordo che provai soddisfazione, perché mi ricordavo di Rubinho in testa al gran premio del Brasile su una Stewart... insomma, una delle tante volte in cui al gran premio del Brasile illuse e si illuse, poi il nulla cosmico.
Quella sorta di "indottrinamento" pro-Ferrari che avevo ricevuto durante gli anni dei titoli mi aveva ormai abbandonata da tempo, convinta che ci fosse chi aveva vinto ormai troppi titoli e chi, altrove, aveva un gran bisogno di dimostrare che era giunto il momento di una nuova generazione. Ricordo l'ultimo gran premio d'Italia di Barrichello in Ferrari, in quel 2005 che fu forse uno degli anni peggiori della storia recente della Ferrari. Va bene, non il peggiore in assoluto a guardarci adesso, ma venendo da cinque titoli piloti e sei titoli costruttori mi sembra ben peggiore di un qualsiasi mondiale 2014 o 2016.
Me lo ricordo, con gli occhi lucidi, di quando parlava di quanto fosse speciale gareggiare per la Ferrari a Monza, ma al contempo pronto a quello che sarebbe venuto dopo.

Poi venne Michael Schumacher, che un anno più tardi lasciò la Ferrari per lasciare le competizioni, o almeno era quello che pensava e quello che pensavamo. Acclamato come un eroe, quell'aura gli rimase intorno soltanto finché non decise di tornare, anni dopo, in un team senza speranze, lui stesso senza speranze. Fu un fallimento. Non gli anni di Schumacher in Mercedes, quanto piuttosto il nostro fallimento, come appassionati e come tifosi, un branco di gente impegnata come non mai a screditare uno che aveva vinto in passato e che non faceva altrettanto con la concorrenza. Diventare umani dopo tanti anni da robot, a quanto pareva, era il Malehhhh Assolutohhhh, un male a cui non c'era rimedio.
Nel frattempo Kimi Raikkonen e Felipe Massa erano stati la coppia da demonizzare in Ferrari, almeno finché uno dei due non aveva vinto un mondiale. Poi, a fine 2009, Raikkonen venne messo alla porta, in nome di Sua Maestà Fernando Alonso, colui che avrebbe dovuto cambiare la storia di Maranello e vincere mondiali a ripetizione. Purtroppo, infatti, la Ferrari sembrava essersi illusa che il lustro 2000/2004 fosse destinato a ripetersi all'infinito. Niente di più falso in tutto questo. Ho visto tante volte, nel corso degli anni, gente lamentarsi che la Ferrari non è in grado di ripetere un simile "ciclo vincente". La trovo un'affermazione ridicola: non si può pensare di vincere cinque mondiali di fila, quando non si è in grado di vincerne uno solo. Rimanere con i piedi per terra, forse sarebbe stato d'aiuto.

Nel frattempo, sempre senza mondiali, venne il 2013, venne settembre e si annunciò che Felipe Massa avrebbe lasciato il team alla fine della stagione, per ironia della sorte per andare a prendersi qualche piazzamento a podio in Williams, che a quei tempi era una delle ultime ruote del carro. Un addio rimandato troppo a lungo nel tempo, che danneggiò sia il team sia il pilota e che, durante le ore di organizzazione aziendale all'università (corsi che iniziavano sempre parlando di Ford, di Taylor e della catena di montaggio), riconoscevo a pieno nella definizione di "escalating committment", il volere trascinare a lungo nel tempo una relazione che non portava vantaggi a nessuno, soltanto perché era la cosa più facile per tutti.
Fuori Massa, dentro Raikkonen perché a volte ritornano, ma tanto Fernando Alonso rimaneva sempre la star, colui che un giorno avrebbe riportato la Ferrari al successo. Almeno finché non se ne andò perché era "stanco di arrivare secondo". Ricevette forse troppe acclamazioni per il suo scopo. A volte arrivare secondi è meglio che non arrivare affatto, secondo i miei standard, ma sono scelte. Io rimango dell'opinione che, se fosse rimasto in Ferrari, avrebbe sicuramente raccolto di più che andando in McLaren.
Ho ricordi molto tristi legati ai giorni in cui divenne chiaro che Alonso se ne sarebbe andato, quel giovedì mattina in cui prima di andare a lavorare leggevo stralci delle interviste della press conferenze in cui chiedevano a Jules Bianchi se si sarebbe sentito pronto per andare in Ferrari al posto di Alonso.

Poi venne il 2018 e fu annunciato che Kimi Raikkonen avrebbe lasciato la Ferrari per la seconda volta, qualcosa di cui ormai si parlava già da tempo, qualcosa che non stupiva neanche più di tanto, perché sarebbe iniziata una nuova era.
Non si fino a che punto abbia il senso di parlare di nuove ere. Stamattina, 12 maggio 2020, quando è stato annunciato che Sebastian Vettel lascerà la Ferrari a fine 2020 (il che è un pensiero ottimista perché lascia pensare all'esistenza di un mondiale 2020), una persona ha osservato che non è stato né il primo né l'ultimo, che un giorno toccherà la stessa sorte anche a Charles Leclerc, che un giorno toccherà anche al futuro compagno di squadra di quest'ultimo (sì, perché è così che andrà, perché nessuno dura per sempre, neanche la coppia Schumacher/Barrichello)...
È così, perché non tifare Ferrari significa comunque vederli andare via, tra l'idolatria e il disprezzo di tifosi borderline, che non hanno la più pallida idea di quale sia il loro vero pensiero e si lasciano trascinare da una parte all'altra.
Poi, come al solito, c'è chi ha una visione molto circoscritta del mondo: si dice che Vettel abbia lasciato la Ferrari nonostante non avesse alternative per il 2021. Che è una gran stronzata. Perché a meno che "alternative" non significhi solo ed esclusivamente "stare in Ferrari, Mercedes o Redbull in Formula 1", credo che di alternative ne esistano, sia dentro sia fuori dalla Formula 1, ed è anche un po' prematuro parlarne quando non sappiamo nemmeno che cosa voglia fare lui stesso. Perché è necessario dovere commentare a sproposito qualsiasi cosa?

Tra parentesi, penso che si tratti della scelta giusta per tutti, credo di averne visti troppi di team e di piloti che rimanevano insieme perché era più facile che guardarsi intorno e iniziare un nuovo percorso. È quello che forse altri piloti Ferrari avrebbero dovuto fare molto tempo fa.
Per quel poco che può riguardarmi, faccio il tifo per Carlos Sainz Jr: pilota da centro griglia che potrebbe avere una chance e poi, siccome nessuno lo prende in considerazione, se la caverà alla grande accanto a Charles Leclerc (voci di corridoio dicono che verrà annunciato a giorni). A meno che l'obiettivo della Ferrari non sia Lewis Hamilton, per questioni puramente romantiche: se vogliono evitare che batta il record di titoli vinti da Michael Schumacher, la cosa migliore per impedire che accada potrebbe essere piazzarlo su una Rossa!
Nel frattempo viene fatto notare come ieri sera Charles Leclerc abbia ascoltato su Spotify(?) "Goodbye my lover" di James Blunt (canzone che ha un bel po' di doppi sensi dato che stamattina ha scritto di avere imparato molte cose da Vettel), poi oggi una certa "How could you leave us" dei NF (suppongo sia un gruppo musicale, non li conosco), nonché "Come back" dei Pearl Jam. Non è chiaro, a questo punto, se si stia shippando con Vettel o se ci sia prendendo per i fondelli.

Conclusioni personali: in becco al gufo a tutti. Mi auguro che la Ferrari possa finalmente trovare la coppia di piloti giusta (e chi lo sa, magari andando a prendere un pilotino random potrebbe finalmente superare la questione del "con i piloti che abbiamo possiamo vincere qualunque mondiale", cosa che non ha funzionato ormai troppo a lungo), o almeno una coppia di piloti in cui la stampa e gli addetti ai lavori non ci sfracellino le scatole giorno dopo giorno parlando di quanto uno sia figo e di quanto l'altro sia uno sfigato. In più mi auguro anche che Vettel possa riuscire a fare quello che desidera nel 2021, qualunque cosa essa sia, in modo da mettere a tacere le voci di corridoio che sostengono che non esistano alternative al gareggiare per la Ferrari in Formula 1. Cosa ne sappiamo in fondo, magari è il pilota destinato a riportare la Williams sul gradino più alto del podio (anche se le voci di corridoio lo vorrebbero in McLaren).
Poi, per finire, mi auguro anche che i vedovi di Alonso che si sono tramutati in corso d'opera in vedovi di Vettel possano trovare la loro strada. Questo però è più difficile di un mondiale Ferrari o di una vittoria Williams, temo.

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