Era il 2011, erano i tempi prima della Indycar, prima che iniziassi a guardare qualche gara e a provare un interesse sempre crescente per il campionato.
Moderavo già il forum, anche se era una versione antecedente del forum che è diventato nel 2012 e all'epoca sul forum c'era qualche utente appassionato di altre serie.
Scoprii così della morte di Dan Wheldon, avvenuta il 16 ottobre a Las Vegas, strascico della poco sensata decisione di fare correre 33 vetture su un mini-speedway.
All'epoca avevo un'idea poco chiara di chi fossero i piloti di Indycar, conoscevo per fama alcuni di quelli più celebri, oltre che i brasiliani che partecipavano alla Desafio Das Estrelas ogni anno oppure occasionalmente e i piloti che erano stati in F1.
In un modo o nell'altro, dell'esistenza di Dan Wheldon ne ero stata al corrente, anche se non ne conoscevo il nome: nel lontano 2005, quando era uscito un trafiletto sul giornale che parlava del quarto posto di Danica Patrick alla Indy 500, da qualche parte probabilmente era stato scritto che quella gara qualcuno l'aveva vinta.
Wheldon di edizioni della Indy 500 ne aveva vinte due. Quella del 2005, appunto, dopo la quale aveva dichiarato che di lì a dieci anni tutti si sarebbero ricordati della sua vittoria e non del fatto che Danica Patrick avesse percorso qualche giro in testa...
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...ma forse si sbagliava. Quell'edizione vinta da Wheldon non viene ricordata, al giorno d'oggi, quasi da nessuno, anche se non per causa di Danica Patrick. Semplicemente l'edizione del 2011 ha preso il sopravvento e viene messa in primo piano.
Curiosamente entrambe le edizioni le vinse il 29 maggio, l'una il giorno del mio diciassettesimo compleanno, l'altra il giorno del ventitreesimo. In quella del 2011 non percorse nemmeno un giro in testa. Però era in testa quando venne esposta la bandiera a scacchi, dopo quel folle ultimo giro in cui J.R. Hildebrand centrò il muro a pochi metri dal traguardo.
Qualcuno disse che Wheldon aveva vinto la Indy 500 per culo e non per merito rendendola falsata, ma chiaramente cambiarono tutti idea in branco qualche mese più tardi.
In quel 2011, non aveva un volante. La Indy 500 era stata un'apparizione one-off e così doveva essere anche a fine stagione.
Nel 2012 avrebbe dovuto prendere il posto lasciato vacante dal passaggio alla NASCAR dalla sua rivale di un tempo Danica Patrick sulla Andretti sponsorizzata GoDaddy, tornando a gareggiare full season come sarebbe stato più opportuno per un pilota del suo calibro.
Ha lasciato due figli al giorno d'oggi kartisti, che stanno seguendo le sue orme, Sebastian, che con lui venne immortalato nelle foto in cui baciavano l'asfalto a Indianapolis, e Oliver che doveva avere un anno o giù di lì all'epoca della sua morte.
I due hanno entrambi capelli biondi, vaporosi e lunghi come il padre, le cui foto un tempo apparivano occasionalmente sul profilo Instagram della loro madre Susie, e che al giorno d'oggi hanno profili propri in cui pubblicano foto delle loro gare.
MILLY SUNSHINE // Mentre la Formula 1 dei "miei tempi" diventa vintage, spesso scrivo di quella ancora più vintage. Aspetto con pazienza le differite di quella attuale, ma sogno ancora uno "scattano le vetture" alle 14.00 in punto. I miei commenti ironici erano una parodia della realtà, ma la realtà sembra sempre più una parodia dei miei commenti ironici. Sono innamorata della F1 anni '70/80, anche se agli albori del blog ero molto anni '90. Scrivo anche di Indycar, Formula E, formule minori.
giovedì 17 ottobre 2019
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