venerdì 25 gennaio 2019

Lazier e Cheever, il mondiale falsato da Button alla Brawn e il fondoschiena di Vettel

Hola amigos, non dimenticatevi mai che "hola" è l'anagramma di "halo", ma non fateci troppo caso, dato che non intendo parlare dell'halo, quanto piuttosto di un argomento alquanto filosofico di cui ho dibattuto in privato con PM. Vi avverto che l'argomento ha qualche risvolto delirante, ma per Buddy Lazier ed Eddie Cheever dovrete essere pronti ad affrontare questo e altro.
Vi immagino mentre vi chiedete che ruolo abbiano Lazier e Cheever e vi rispondo subito: nessuno. Il discorso è iniziato con i mondiali vinti da Vettel, è passato per quello vinto da Button ed è culminato con i fanboy che a suo tempo parlavano di mondiali falsati.
Forse ricorderete o forse no che in passato trovavo alquanto pittoresche certe esternazioni, rivolte specialmente nei confronti dei due piloti che hanno vinto titoli con i due team "non storici" che hanno vinto mondiali in questo secolo, perché per me chi vinceva il mondiale vinceva il mondiale e punto, non c'era da discutere se se lo fosse meritato o no, i mondiali si vincono per i sistemi di punteggio vigenti in quello specifico momento e non per i dibattiti formato social o formato bar. Questo genere di discorsi di solito fanno acqua da tutte le parti, da formato bar che richiama la B.A.R. e i motori Honda.

Parlandone con PM, ho dichiarato senza mezzi termini che Button e Vettel hanno qualcosa di diverso rispetto agli altri piloti che hanno vinto mondiali in questo secolo, in quanto sono gli unici che hanno vinto perché si sono trovati in un team di medio livello divenuto un top-team da una stagione all'altra. Gli altri, invece, erano tutti in un top-team. Mi sono chiesta, di conseguenza, se questo significasse che non erano ritenuti validi abbastanza per stare in un top-team, quindi avevano dovuto ripiegare per altre squadre e se questo significasse che meritavano "di meno" di altri i mondiali che avevano vinto.
In tal caso, la risposta era diametralmente diversa: Button se l'è meritato, perché ha vinto contro Vettel e Barrichello, quindi non contro i top-driver dell'epoca, Vettel non ha meritato di vincere, perché ha vinto contro piloti che, diversamente da lui, erano stati ritenuti meritevoli di stare in un top-team. Come dimostrazione ho scelto il fatto che Vettel non abbia più vinto nessun mondiale, da allora, nonostante ne abbia avuto l'occasione materiale nelle ultime due stagioni. Diversamente da lui, infatti, Button si è trovato in una situazione tale per cui non gli è mai stato concesso di lottare per il mondiale.

Tuttavia più rileggo questa teoria e più mi dico che ci sono alcuni punti che non mi convincono:

- tralasciando il caso Button, affermare che Vettel ha vinto quattro mondiali di fila in modo fortuito significa affermare che chiunque poteva vincerli (cosa non vera per *chiunque*, ma è senz'altro vero che buona parte dei piloti di livello medio-alto avrebbero potuto vincerne almeno una parte se fossero stati al suo posto in quelle stagioni) ovvero che il concetto di "vincere per cu*o e non per merito rendendo il mondiale falsato" che a suo tempo avevo tanto ridicolizzato corrispondeva a verità, quindi i tifosi da bar dell'epoca 2010/11 si sono rivelati dei guru che con quasi un decennio di distanza avevano intuito che Vettel non avrebbe mai più vinto nessun altro mondiale;

- se la base è che Vettel ha dimostrato di non essere più in grado di vincere e Button non ha dimostrato niente di tutto ciò, non significa che Button abbia dimostrato di essere in grado di vincere, quanto piuttosto che non si è mai trovato nella condizione tale di poterlo dimostrare quindi non posso darlo per scontato (ironia della sorte, gli unici anni in cui è stato in lotta per il titolo fino a un punto inoltrato della stagione sono stati 2010 e 2011, proprio anni in cui il mondiale è stato vinto da Vettel);

- lo stesso concetto di che cosa significhi essere scelto da un top-team è abbastanza labile, sia perché non è che i piloti siano liberi di andare ovunque... se non sbaglio Button era sul punto di tornare alla Williams nel periodo 2004/2005, ma non ha potuto farlo, per via del veto della Honda, allo stesso modo Vettel era legato al marchio Redbull fin dalle serie minori, quindi è plausibile che anche lui fosse in qualche modo vincolato (in più ha esordito alla BMW, quando la BMW era il terzo team in ordine gerarchico);

- dal momento che Alonso è andato in Renault nel lontano 2002, quando la Renault era lontana anni luce dalla vetta delle classifiche, tecnicamente anche Alonso si è ritrovato nella condizione di vincere il mondiale per via dei miglioramenti in corso d'opera (e anche lui, curiosamente, venne tacciato di falsare il mondiale), quindi perché la Renault era un top-team e Brawn e Redbull no? per via del nome storico? il nome di un team è più importante dei risultati ottenuti in un certo momento? anche affermare questo significherebbe dare ragione a una certa scuola di pensiero che ho sempre evitato come la peste;

- punto molto interessante, quello a proposito di Alonso, è che se affermo che, diversamente da Button e Vettel, Alonso si è ritrovato in posizione di potere vincere il mondiale e ha dimostrato di riuscirci, sto parlando di aria fritta, perché tutto quello che ha fatto Alonso è stato in diverse occasioni perdere all'ultima gara e questo non dimostra alcunché, se non il fatto che mi sto limitando a ripetere affermazioni di altri non argomentate, dato che al momento attuale nulla dimostra che Alonso abbia vinto un mondiale dopo avere lasciato la Renault e nulla lo dimostrerà finché non lo vincerà;

> affermare che, sulla base di quello che succede nel 2018, un pilota non meritasse di vincere dieci o dodici anni fa, significa non prendere in considerazione il fatto che ogni stagione è a sé: affermare che, sulla base dei risultati ottenuti anni dopo, un pilota meritasse o non meritasse di vincere in una certa occasione, porta al paradosso di affermare che Schumacher avrebbe dovuto vincere il mondiale 1998 perché Hakkinen si è ritirato a trentadue anni quindi non era competitivo abbastanza per vincere un mondiale, oppure che il mondiale 2000 avrebbe dovuto essere vinto da Hakkinen, perché Schumacher a quarant'anni non vinceva nulla, ma non sappiamo cos'avrebbe fatto Hakkinen se fosse rimasto in Formula 1 fino a quarant'anni e passa.

La conclusione a cui sono arrivata è che ad assegnare la vittoria a un pilota è la bandiera a scacchi e che a definire chi ha vinto un mondiale è il sistema di punteggio.
Non importa perché un pilota si sia trovato in una certa situazione e perché in un momento storico abbia una monoposto che gli permette di lottare per il mondiale, tutto quello che conta è la classifica.
In un contesto di equilibrio perfetto, dovrebbe vincere ogni singola volta il migliore e ogni mondiale dovrebbe essere vinto dal pilota migliore presente in pista in quello specifico momento.
Il problema è che nella realtà non esiste un equilibrio perfetto e che la perfezione assoluta non esiste. Per quanto io possa pensare che un certo pilota sia migliore di altri, ci sarà sempre il giorno in cui il migliore ha un attacco di mal di pancia, il giorno in cui scivola su una buccia di banana, il giorno in cui nel momento in cui scattano i semafori alla partenza si ferma a starnutire, o semplicemente il giorno in cui si sopravvaluta al punto tale da pensare di potere vincere in ogni condizione possibile.

Qualcuno potrebbe affermare che il valore di un titolo dipende dagli avversari di chi vince, ma anche questo ha molte contraddizioni.
Se chi vince aveva avversari all'altezza, perché mai gli avversari all'altezza, se meritano più di lui, non sono stati in grado di vincere?
Se chi vince non aveva avversari all'altezza, perché mai la sua spiccata superiorità agli avversari dovrebbe essere sintomo di inferiorità?
Chi può affermare con assoluta precisione chi abbia avuto gli avversari migliori? Chi può affermare con assoluta precisione fino a che punto la responsabilità di chi vince sia del pilota o della monoposto? Fino a che punto pilota e monoposto smettono di completarsi a vicenda? Fino a che punto dobbiamo dare per scontato che, in un campionato in cui gareggiano AUTO, il valore dell'auto non dovrebbe avere alcuna importanza?

Il fatto che Buddy Lazier abbia vinto una Indy 500 alla quale partecipavano piloti del calibro di Marco Greco e Slick Racin Gardner, non significa che non abbia vinto la Indy 500. Allo stesso modo nessuno può affermare che Eddie Cheever non l'abbia vinta due anni più tardi. Mi sembra molto difficile affermare tutto ciò.
Lazier e Cheever hanno percorso 200 giri senza fare danni e hanno tagliato il traguardo prima di tutti gli altri, questo dovrebbe essere sufficiente per accettare il fatto che abbiano vinto.

Concludo con una cosa che forse vi sembrerà un po' decontestualizzata.
Qualche tempo fa Di Grassi scrisse su Twitter che ogni anno gli ultimi quattro team classificati dovrebbero essere retrocessi in Formula 2, come nella serie B del calcio, in modo da far sì che solo i migliori piloti rimangano in Formula 1.
La prima cosa che ho pensato è stata "in questo modo Button sarebbe stato potenzialmente retrocesso quasi ogni volta ed è quantomeno improbabile che sbattendo fuori a calci dalla Formula 1 un pilota che ha vinto un mondiale rimangano soltanto i migliori".
Per curiosità ho voluto verificare a chi sarebbe toccato il maggior numero di retrocessioni. Ho scoperto che tra i piloti non ritenuti validi abbastanza per la Formula 1 da una simile teoria c'era gente che nell'anno della potenziale retrocessione era andata a podio, che erano inclusi TUTTI i piloti che con i loro risultati avevano parato il fondoschiena a team che altrimenti rischiavano il fallimento... e che Button era sì il pilota che avrebbe collezionato il maggior numero di retrocessioni dal 2005 ai giorni nostri, ma che deteneva quel record ex-equo con Rosberg e Alonso. Quindi da un campione del mondo sbattuto sistematicamente fuori a calci dalla F1 per incrementare il livello dei piloti, siamo arrivati a un totale di tre.
Mi è sembrato un risultato paradossale, che allo stesso tempo era ancora più paradossale per via delle due interpretazioni contrapposte che si possono dare a questo fenomeno:
1) qualunque pilota può vincere il mondiale, a condizione che si trovi sulla vettura giusta;
2) la selezione naturale esiste già, in quanto chi è più competitivo di altri raggiunge team migliori, mentre chi lo è meno finisce per uscire di scena in tempi molto più brevi.
Personalmente propendo di più per la seconda, anche se riconosco che esistono vari piloti di livello medio-alto che potrebbero vincere un mondiale se si trovassero nelle condizioni giuste. Tuttavia siamo sempre lì: ho parlato di piloti di livello medio-alto, il che non significa chiunque.

Il mio suggerimento, a questo punto, è questo: diamo più importanza a seguire un mondiale, piuttosto che a fare congetture a proposito di chi dovrebbe vincerlo.
O ancora meglio, diamo importanza ai singoli eventi e non solo a chi vince il mondiale. Prima di affermare che chiunque avrebbe vinto in un certo contesto, osserviamo i piloti nel contesto in cui sono.
Maturiamo la consapevolezza che un giorno ricorderemo quello che abbiamo visto oggi e che trarremo le nostre conclusioni. Forse non saranno quelle di oggi, ma non ha importanza. Quello che succede, giorno dopo giorno, ci fa capire che niente è statico e che tutto cambia, e che se tutto varia nel tempo, non è detto che chi è migliore oggi lo sia tra dieci anni o che oggi sia migliore chi lo era dieci anni fa.

Tutto cambia.
Lasciamolo cambiare.
Chiudo con una considerazione sul GP di Valencia 2012. Sembrerà che io stia dicendo qualcosa di decontestualizzato, forse, ma credo che sia la cosa che più di ogni altra possa spiegare fino a che punto la mentalità cambi a seconda di quello che succede dopo.
Quel giorno Hamilton ebbe un netto degrado delle gomme, verso la fine della gara. Maldonado gli arrivò a ridosso.
Io pensai "non ci credo, oggi Maldonado va sul podio".
Non fu così. Maldonado cozzò contro Hamilton.
Fuori loro, il podio sarebbe andato a un altro outsider. Non mi ero resa conto, in quel momento, che Schumacher e Webber, su una presunta "strategia suicida" cit.Mazzoni, stavano superando una dopo l'altra le vetture che avevano davanti.
Non fu inquadrato il sorpasso decisivo, che portò Schumacher sul podio. Ne fui contenta, al punto da dimenticarmi dell'outsider che fino a un attimo prima, quando era ancora davanti a Schumacher e a Webber, aveva intravisto da lontano un terzo posto storico.

Ora, sei anni e mezzo più tardi, mi sento quasi combattuta.
Ricordo di essere stata molto felice, quel giorno, perché assistere al processo di umanizzazione di un pluricampione del mondo era stata per me un'esperienza che mi aveva aiutata anche nella vita ad accettarmi.
Ricordo di essere stata felice di vedere Schumacher sul podio, sapendo che sarebbe stata probabilmente l'unica volta in Mercedes e l'ultima volta in carriera.
Sei anni e mezzo più tardi non sono sicura che quello fosse il finale giusto, per quella giornata.
Se quella di Schumacher e Webber fosse stata davvero una "strategia suicida", come aveva osservato Mazzoni a un certo punto, quel giorno sul gradino più basso del podio sarebbe salito Hulkenberg.
Se Hulkenberg fosse salito sul podio quel giorno del 2012, non sarebbe mai diventato il pilota con più gran premi disputati senza un piazzamento in top-3 e probabilmente starei qui a chiedermi se Schumacher non meritasse almeno un podio, con la Mercedes.

Esistono decine, forse centinaia, di possibili scenari, ma se ne verifica solo uno.
Per quanto possiamo sognare, immaginare, costruire quello che vogliamo, nei nostri viaggi mentali, esiste una sola realtà.
Anzi, ne esistono due: una è il risultato finale, l'altra è che la nostra vita continua a scorrere secondo i suoi binari, comunque sia andata.
I momenti positivi del motorsport possono darci forza, i momenti negativi del motorsport possono darci forza anche quelli. Semplicemente non sono tutto e non dobbiamo dimenticarci che se amiamo il motorsport, forse, è anche per le sue contraddizioni e il suo creare e subito dopo smantellare luoghi comuni.
I luoghi comuni non sono una scienza esatta.
Può esserci un pluricampione del mondo che ottiene il suo ultimo podio spodestando un outsider a caso destinato a non andare mai a podio
Può esserci un pilota noto e ridicolizzato per i suoi incidenti che fa una delle sue ultime apparizioni in Formula 1 per sostituire un pilota squalificato per avere innescato un incidente.
Tutto è possibile. La Formula 1 è come la vita: possiamo intuire quello che succederà domani, ma non possiamo esserne certi.

Grazie, PM.
Sei stato illuminante.

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