Saranno passate anche un paio di settimane da quel finale di stagione così controverso, la grande delusione che ho provato si è affievolita, ma a maggior ragione ho cercato di valutare le cose in una maniera logica. Al di là di qualsiasi risultato finale, mi infastidisce e non poco che un campionato sia stato assegnato in maniera random per effetto di una scelta altrettanto random da parte del direttore di gara, quella più votata allo spettacolo. Riflettendoci su sono arrivata a una conclusione, forse un po' scontata da non farci nemmeno caso, ovvero che il problema della Formula 1 della gestione di Liberty Media è che aveva già dei problemi.
Detta così sembra una frase fatta, un'accozzaglia di parole senza un grosso senso, ma vi invito a seguirmi nel mio ragionamento. Liberty Media ha una visione del motorsport incentrata sulla spettacolarizzazione e sull'abuso di spettacolarizzazione. Il campionato non è più un campionato a sé stante, è considerato una sorta di contorno di "Drive to Survive", con obiettivo quello di puntare a un pubblico target filo-statunitense, che non segua la Formula 1 perché appassionato di motori, ma in quanto teledipendente (dove per teledipendente, non si intende fanatico solo ed esclusivamente di TV, ma anche delle piattaforme che permettono di vedere serie varie). La gara, di per sé, ha lo scopo di essere immortalata negli highlight brevi e romanzata in "Drive to Survive", questa è la nuova filosofia.
Detto questo, adesso la prendo un po' per le lunghe e faccio una metafora. Non so se avete presente le scuderie di bassa classifica, quelle in cui i risultati sono sempre deludenti, difficilmente si va in Q2 e quant'altro? Ecco, in certe occasioni capita che a fare coppia in questo tipo di scuderie siano una giovane promessa e un pilota non particolarmente dotato che ha l'utilità di pagare grazie ai propri sponsor lo stipendio a chi lavora per il team. Spesso e volentieri il pilota non particolarmente dotato non è neanche il male assoluto, ma non porta mai la vettura oltre i propri limiti. La giovane promessa, invece, mette la macchina in Q2 o fa risultati stratosferici in condizioni particolari, guadagnandosi l'acclamazione popolare. Questo non significa che la monoposto sia divenuta all'improvviso competitiva.
Così come una monoposto problematica può mettere da parte i propri problemi se il pilota fa un giro micidiale, oppure se riesce a guidarla meglio degli altri sotto la pioggia battente, anche una serie con dei problemi di natura quasi "fisiologica" può non sbandierare i propri problemi davanti al naso di chiunque, fintanto che è gestita come si deve o in cui si generano condizioni può esprimere il proprio potenziale positivo. Il punto di partenza credo sia proprio la "natura fisiologica". Una differenza abissale tra la Formula 1 di oggi e quella di epoche passate è data in gran parte dalla grande affidabilità delle monoposto e del lavoro delle squadre. È difficile che su una vettura si rompa l'impianto frenante a caso facendola uscire di strada. Un pitstop di lunga durata dura dieci secondi invece di due o tre, ma non dura minuti.
Allo stesso modo, gestione delle gomme a parte, una monoposto contemporanea può essere nella maggior parte dei casi sfruttata al massimo, non risparmiata per evitare problemi al motore o un consumo eccessivo di carburante. Questo fa sì che un pilota possa stare in testa a una gara e spingere al massimo per un'ora e quaranta senza mettere in pericolo il proprio risultato, il che ha reso le gare meno imprevedibili e meno aleatorie. Purtroppo, invece di lasciare che le cose andassero nella loro direzione naturale, magari trovando un modo per livellare le prestazioni delle vetture per garantire una maggiore competizione, da diversi anni a questa parte sembra si sia andati nella direzione opposta: cercare un'imprevedibilità costruita.
Pensate per esempio a come funziona in genere una gara: se ci sono due vetture in prima e seconda posizione abbastanza vicine, di due team diversi, quando arriva il momento delle soste, ad avere il coltello dalla parte del manico non è chi sta davanti e gestisce la gara, ma chi sta dietro (il che, per assurdo, significa a titolo di esempio anche che, se Hamilton fosse stato penalizzato per taglio di chicane o avesse ceduto la posizione a Verstappen, avrebbe avuto maggiori probabilità di vincere il mondiale di quante non ne abbia avute stando in testa per tutta la gara). La diversificazione delle strategie, relativamente alle gomme, è sempre più difficile. Chi parte con le soft deve fermarsi prima, ma se chi ha le medie non si ferma, rischia di perdere la posizione.
La strada intrapresa dalla Formula 1 da ormai diversi anni è stata quella di cercare di rimescolare le carte in tavola non favorendo un contesto in cui più team o più piloti possono lottare per il titolo o per singole vittorie, ma venendo a dare vita a una situazione in cui in nome dello spettacolo si cerca in tutti i modi di portare in testa chi è secondo e di relegare chi è leader in seconda posizione. Non solo con le gomme, ma anche con il parco chiuso: per qualificarsi bene serve un assetto adatto alla qualifica, che tuttavia rischia di non essere adatto alla gara, facendo sì che chi si è qualificato dietro abbia maggiori possibilità di svettare. Idem il regolamento relativo a tagli di chicane e zigzag davanti ad altri piloti: chi attacca ha sempre più chance di chi si difende, favorendo ugualmente chi sta dietro.
Perché ne parlo adesso? Perché fintanto che c'era un team dominante con prima e seconda guida, oppure due piloti che lottavano per il mondiale nello stesso team, oppure una lotta per il titolo multi-team con un'alternanza di risultati definita da un circuito all'altro, oppure più team che potevano ambire a vittorie occasionali, questo problema si notava di meno. Se nessuno deve coprire le strategie altrui, o le strategie altrui sono fatte dalla stessa squadra, oppure si è in più di due a lottare e non ci si può coprire a vicenda senza favorire un terzo incomodo, i problemi che si sono manifestati in questa stagione non escono allo scoperto. Sono lì, ma sono qualcosa di vago e teorico, che non si può tradurre in qualcosa che può seriamente minare lo spettacolo più tradizionale.
Allo stesso modo, i problemi esistenti sono mascherati molto meglio quando a tenere in mano le redini delle gare è qualcuno che sa come tenerle in mano. Finché la Formula 1 non si è basata su bandiere rosse date a caso e durate della safety car decise sulla base del tipo di spettacolo che si desiderava, era molto più probabile che tutto si svolgesse nella maniera più naturale possibile. Quando c'è un intervento dall'alto per spettacolarizzare a ogni costo, è difficile che le cose continuino ad avvenire in "maniera naturale". Credo sia esattamente quello che è successo, che si sia arrivati a un punto in cui la ricerca dei duellihhhh e dei sorpassihhhh a ogni costo per avere gare dai risultati random vada a contrastare con il significato stesso di random.
Penso che quando si glorifica la Formula 1 del passato perché era menohhhh prevedibilehhhh e c'erano più duellihhhh e sorpassihhhh si faccia troppo spesso l'errore di pensare che quello che è stato possa essere ricostruito ad arte. Non è così. In una gara non si rompono la metà delle vetture con meno piloti al traguardo che ritirati. Non ci sono abbastanza doppiati trash affinché tanti doppiati trash facciano cose strane. Non ci sono vetture da risparmiare al punto tale facendo sì che chi sta dietro sorpassi all'ultimo giro. Forse sarebbe ora di accettare questa realtà e di guardare avanti cercando di rendere più combattute le gare di oggi per quello che sono, invece di volere a tutti i costi strizzare l'occhio a tempi che non ci sono più nella speranza di ricrearne una versione che rischia di apparire finta.
MILLY SUNSHINE // Mentre la Formula 1 dei "miei tempi" diventa vintage, spesso scrivo di quella ancora più vintage. Aspetto con pazienza le differite di quella attuale, ma sogno ancora uno "scattano le vetture" alle 14.00 in punto. I miei commenti ironici erano una parodia della realtà, ma la realtà sembra sempre più una parodia dei miei commenti ironici. Sono innamorata della F1 anni '70/80, anche se agli albori del blog ero molto anni '90. Scrivo anche di Indycar, Formula E, formule minori.
martedì 28 dicembre 2021
La ricerca dei sorpassi a ogni costo e il flop di Abu Dhabi
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