domenica 12 gennaio 2020

I Vettelton vs un ragno australiano: una breve fan fiction per far passare più in fretta il winter break

Carissime safety car che si aggirano per le strade di Baku, mancano ben due mesi all'inizio della stagione e, ovviamente, per noi sarà ancora una lunga e dolorosa attesa (sì, la Formula 3 Asiatica ha un certo potere salvifico, che conduce ad alzarsi quattro ore prima di andare a lavorare per guardare una Friday Race, o per meglio dire, il rain delay che a Dubai precede la suddetta Friday Race, ma la Formula 1 è un'altra cosa).
Per passarci un po' il tempo ho deciso di condividere anche qui una breve fan fiction che ho scritto durante il ponte del 1° Novembre. È una Sewis, ma non accade niente di sconveniente. Spero solo per voi che non abbiate paura dei ragni... oppure, se avete paura dei ragni, potrebbe essere proprio il genere di fan fiction che fa per voi: i Sewis uniti contro un intruso agghiacciante, un ragno australiano che ha deciso di sconvolgere uno di loro.


Buona lettura! *-*

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IL RAGNO NELLA STANZA NUMERO 44

Lewis sorrise, compiaciuto. Era iniziata l’ennesima stagione e, per il momento, procedeva tutto molto bene. La macchina era stata perfetta durante tutte le sessioni di prove libere, un po’ come gli indumenti della sua collezione, e le qualifiche avevano confermato le stesse sensazioni.
Non restava altro da fare che attendere che arrivasse la domenica e, diversamente dai suoi colleghi, Lewis non era proprio capace di sprofondare nel sonno alle dieci di sera. Alla vigilia delle gare trascorreva spesso lunghe notti insonni, lasciandosi spesso prendere dall’ansia.
E se qualcosa fosse andato storto?
E se qualche pilota fosse andato più veloce di lui?
Ma soprattutto... se il suo compagno di squadra fosse andato più forte?
All’interno della vasca idromassaggio, Lewis scosse la testa. No, quel pericolo non c’era, Valtteri come era un enorme orsacchiotto di peluche, dallo sguardo assassino ma totalmente innocuo. Non sarebbe mai riuscito a batterlo, se non riusciva nemmeno a battere Kimi in un drinking game.
Sarebbe stata una domenica perfetta, una di quelle in cui tutto andava per il giusto verso, dal momento dei semafori a quello della bandiera a scacchi, non aveva nulla da temere.
Con quei pensieri ancora in testa si tirò su, si avvolse in un asciugamano, rimase ancora per venti minuti in bagno a sognare i fasti dell’indomani, dopodiché realizzò che era il caso di andare a letto. Anzi, era il caso di indossare un paio di boxer e poi di andare a letto.
Abbandonò il bagno, completamente nudo, e si mise alla ricerca della biancheria intima. Dov’erano i suoi nuovi boxer firmati? Non riusciva proprio a ricordarselo...
Si arrangiò come meglio poteva infilandosi un paio di mutande bianche, piuttosto trasparenti a dire il vero. Non importava, tanto non poteva vederlo nessuno...
“E poi, se anche mi vedessero, mi farebbero i complimenti.”
Fu tentato di scattarsi un selfie allo specchio e di pubblicare una insta-story in cui mettere in mostra il pacco, ma erano ormai le due di notte e non era opportuno rimanere lì a tergiversare, invece di fare ciò che i bravi ragazzi facevano a quell’ora: dormire, soprattutto se erano piloti.
Fu allora che vide una scena raccapricciante: tra le lenzuola bianche del letto della suite per cui aveva sborsato una grande quantità di soldi per il weekend, alloggiava un orribile ragno nero, di dimensioni tali da far passare in secondo piano il pacco di Lewis, se fosse entrato a far parte della stessa foto. Finché rimase fermo, non lo inquietò più di tanto... e poi iniziò a camminare sul lenzuolo.
Tutto ciò era orribile. Quel bruttissimo animale inquietante non doveva permettersi di disturbare il sonno di un pluricampione del mondo di Formula 1 che, in gran segreto, aveva una paura micidiale dei ragni di grosse dimensioni.
Cercò di non farsi prendere dal panico.
«Ehi, tu» si rivolse al ragno, «Facciamo che ti apro la finestra e tu te ne vai senza disturbare, va bene?»
Il ragno lo ignorò. D’altronde che cosa c’era da aspettarsi da uno stupido ragno australiano di grossa taglia? Gli australiani, in generale, dovevano avere qualche rotella fuori posto e Daniel ne era una dimostrazione, figurarsi quindi i ragni loro connazionali...
L’aracnide continuò imperterrito la propria passeggiata sul letto. Lewis andò ad aprire la finestra, senza perderlo d’occhio. Sarebbe stato terribile non vedere dove si nascondesse il suo tremendo nemico, se non fosse riuscito a identificarne la collocazione. Quel mostro era tra le lenzuola del letto sul quale avrebbe dovuto dormire, infilato nelle sue striminzite mutande e, per il resto, così come la mamma l’aveva fatto. Non che sua madre fosse molto rilevante, in quel momento, probabilmente se fosse stata lì l’avrebbe rimproverato per avere trascorso le prime ore della notte a cazzeggiare nella vasca da bagno, invece di starsene sotto le coperte.
Solo in un secondo momento arrivò la consapevolezza: se voleva eliminare il suo disgustoso avversario, doveva andarlo a raccattare in prima persona e buttarlo fuori. Prese un fazzoletto e andò ad affrontare il ragno che, incredibile ma vero, si mostrò collaborativo.
Poi accadde un disastro.
Abbandonò il fazzoletto.
Lewis se lo ritrovò in mano.
Non gli era mai capitato di ritrovarsi in una situazione così terribile, al confronto perdere due mondiali, uno contro Raikkonen e l’altro contro Rosberg (neanche contro piloti seri, proprio contro della gente che il tifoso medio considerava meno di zero) erano esperienze che avrebbe volentieri rivissuto infinite volte, piuttosto che ritrovarsi lì con quell’impiastro che zampettava sulla sua mano destra.
E se fosse stato velenoso?
Se l’avesse pizzicato, paralizzandolo e uccidendolo sul colpo?
Sarebbe stato tremendo. Lewis aveva ancora tante cose da fare, accarezzare un’ultima volta i suoi cani, dire a Valtteri che, nonostante lo prendesse in giro per i suoi risultati, gli voleva bene, guardare gli occhi azzurri di Sebastian...
Avrebbe potuto andare avanti all’infinito e, con quella consapevolezza in testa, gli sfuggì un urlo micidiale, uno di quelli che, in un reparto di terapia intensiva, avrebbe potuto far risvegliare tutti i pazienti in coma.
Agitò la mano per far saltare via il ragno, ma non c’era niente da fare. Quel mostro proprio non demordeva, non c’era verso di liberarsene.
Qualcuno bussò alla porta.
Lewis tremò, temendo che la situazione potesse peggiorare.
Poi giunse una voce, dall’esterno: «Lewis, sei qui? Va tutto bene?»
Era il carissimo Sebastian, pilota di rango inferiore, che si credeva figo soltanto perché guidava la vettura dai colori più belli.
In un altro momento, Lewis l’avrebbe invitato a entrare, ma non in quell’istante, non quando poteva liberarsi dell’animale inquietante.
Agitò la mano e il ragno si staccò, cadendo giù, portandosi dietro un filo di schifosissima bava. Si aspettava di vederlo mentre si schiantava a terra, invece no: con l’aiuto della ragnatela, si lanciò verso il suo inguine. Lewis cacciò un altro grido quando si rese conto di essere caduto dalla padella alla brace: il ragno si era appena posato sulle sue mutande, in corrispondenza delle parti intime.
«Lewis?!» continuava a chiamarlo Sebastian. «Lewis, ti senti bene? Ti prego, rispondimi, mi stai facendo preoccupare.»
La maniglia si abbassò.
Lewis rimase in religioso silenzio.
Maledizione, non aveva chiuso a chiave! La porta si aprì e ne entrò Sebastian in pigiama e pantofole, con lo sguardo assonnato, che poi la richiuse alle proprie spalle.
«Lewis, che cosa sta succedendo?» gli domandò. «Ti si sentiva dal piano di sotto... e soprattutto, perché hai un ragno che ti passeggia sulle mutande?»
Lewis si sentì avvampare. Di tutte le situazioni imbarazzanti in cui si era ritrovato nel corso della sua vita, quella era di gran lunga la più imbarazzante. Sebastian, tuttavia, parve comprendere che ciò che stava accadendo lo turbava, quindi passò all’azione. Si guardò intorno e, dopo avere afferrato un giornale che Lewis teneva sul comodino, lo arrotolò.
Le sue intenzioni erano facilmente intuibili.
«So cosa stai per fare e...»
«Vuoi liberarti da quel ragno? Mi dispiace, ma sembra che ci sia un solo modo.»
Lewis socchiuse gli occhi, mentre Sebastian si apprestava a colpire il ragno con il giornale. Gli sfuggì un gemito, nel momento in cui ricevette una botta micidiale in una parte così delicata del proprio corpo. Quando li riaprì, il pilota della Ferrari stava stordendo il ragno, che si trovava sul pavimento. Poi lo raccolse con l’aiuto del giornale e, tenendolo su una pagina, andò a buttarlo fuori dalla finestra, lasciando Lewis a massaggiarsi l’inguine.
Sebastian tornò indietro e gli si avvicinò.
«Hai visto, si è risolto tutto.»
«Sì, ho visto, ma non potevi essere un po’ più delicato?»
Sebastian rise.
«Non gli ho fatto niente, quel ragno ha più vite di un gatto.»
«Non parlavo del ragno» obiettò Lewis. «Hai rischiato di castrarmi.»
«Sei sempre il solito esagerato. Sono certo che stai benissimo, lì sotto. Piuttosto, perché quelle grida? Devo dedurre che avevi paura di quel piccolo animaletto innocente?»
«Piccolo animaletto innocente?! Era enorme!»
Sebastian ridacchiò.
«A meno che non ti si stia gonfiando per il colpo con il giornale, vedo qualcos’altro di dimensioni piuttosto rispettabili. Non ci avevi mai detto di essere così dotato. Abbiamo sempre pensato tutti che Valtteri ce l’avesse molto più grosso di te. Peccato che una qualità del genere sia bilanciata da una paura infantile per esseri innocui.»
«Piantala di prendermi in giro» ribatté Lewis. «Quel mostriciattolo aveva invaso il mio letto. Poi me lo sono ritrovato su una mano. Infine me lo sono ritrovato lì! Temevo che mi pizzicasse proprio sull’ala mobile. Non avrei potuto tollerare una cosa del genere!» Si sedette sul letto, lasciandosi andare. «Sono sopravvissuto a cose ben più terribili, non avrei potuto sopportare l’idea di essere ucciso dal potenziale veleno di un disgustoso ragno australiano.»
Sebastian si accomodò al suo fianco e gli cinse le spalle con un braccio.
«Ora il pericolo è scampato, puoi anche smettere di tremare. Ci sono io con te e ti assicuro che non sono velenoso.»
Quelle parole fecero sciogliere il cuore di Lewis. Non si aspettava che Sebastian fosse così comprensivo nei suoi confronti. Si lasciò andare, tra le sue braccia, confidandogli: «Ho avuto una paura marcia. È stato uno dei fatti più brutti che siano capitati nel corso della mia esistenza.»
«Anche più brutto che vedermi vincere quattro mondiali di fila?»
«Sì, perché ai tempi sapevo già che un giorno ti avrei schiacciato come uno scarafaggio.»
Sebastian si liberò dal suo abbraccio e scattò in piedi.
«Mi hai appena dato dello scarafaggio?»
Lewis lo guardò con aria di sfida.
«Sì, credo che sia l’animale che più ti somiglia.»
«Tu, invece, somigli a quel ragno che ho appena buttato giù dalla finestra. Sei soddisfatto del mio paragone?»
Lewis gli mostrò la lingua, prima di replicare: «Sono molto più bello e molto più dotato di quel ragno. Sono certo che, prima di colpirmi con il giornale, sei rimasto piuttosto impressionato.»
«Sì, dal ragno.»
«Ti sei complimentato tu stesso per le mie misure.»
«Sono rimasto impressionato da come il ragno ti abbia completamente mandato nel panico» gli spiegò Sebastian. «Non riuscivo a capacitarmi del fatto che, invece di toglierti lentamente le mutande, per non farlo scappare, liberandoti così della sua presenza, tu sia rimasto lì imbambolato ad aspettare che arrivassi io a salvarti la vita.»
Aveva ragione: Lewis avrebbe potuto risparmiarsi una figura di merda... però, in tal caso, qualcosa sarebbe comunque andato storto.
«Sai cosa sarebbe successo, vero?»
«Avresti fatto cadere tu il ragno dalla finestra, immagino.»
«Ma saresti entrato nella mia stanza mentre ero completamente nudo.»
Sebastian gli scompigliò i capelli.
«Non ci avevo pensato. Va beh, per fortuna che non è successo e che è andato tutto per il meglio.»
«Ma quale tutto per il meglio... io ho ancora paura dei ragni. Ti va di rimanere qui, a dormire insieme a me, nello stesso letto?»
Sebastian gli voltò le spalle, ridendo.
Si girò solo quando raggiunse la porta, per fargli un gesto volgare.
«Buonanotte, Lewis. Fai attenzione, domani, perché potrei nasconderti un ragno nell’abitacolo.»
Lewis gli strizzò un occhio.
«Non vinceresti neanche così.»
«Se fossi in te, non ne sarei così sicuro. Ricordati che ride bene chi ride ultimo.»
«Infatti Charles Pic, a suo tempo, non faceva altro che ridere.»
Sebastian non rispose. Si limitò a fare un sorriso, prima di salutarlo con un cenno della mano e lasciarlo da solo.
Lewis realizzò che, fino a quel momento, era stata una bellissima notte.

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Milly Sunshine