sabato 18 gennaio 2020

Epic Fail @ Abu Dhabi

È nei weekend come questi in cui sento quanto la vita di un'appassionata di motori possa essere difficile, in certi momenti. Rimpiango i vecchi tempi, quelli in cui, quando ero bambina, mio padre mi raccontava che in Formula 1 ci avevano gareggiato anche delle donne e mi citava la Lombardi e la Amati. Io reagivo in un modo che, nel linguaggio contemporaneo, potrebbe tradursi in un "wow, ma who kers?", tenendo gli occhi puntati sui vari Hakkinen, Schumacher e Villeneuve di turno, sbattendomene le pa**e di tutto quello che succedeva intorno a loro.
Poi le cose sono cambiate, sono cresciuta, è arrivata l'epoca della Danica-mania e "La Repubblica" dedicava un trafiletto alla Patrick quarta a Indianapolis dopo essere stata in testa. Era l'epoca in cui le donne proliferavano nelle varie serie, per poi finire, parte di loro, tutte in Indycar. Era l'epoca in cui si parlava occasionalmente della possibilità di avere una donna in Formula 1, ma non c'era tutto il peso che vi si dà al giorno d'oggi. Ho l'impressione che alle ragazze delle formule minori venga passato questo messaggio: se arrivi in Formula 1 bene, se non ci arrivi, sei una fallita.

Non è così che dovrebbe funzionare il motorsport. O meglio, l'obiettivo della Formula 1 è più che valido, ma sembra che si voglia sminuire qualsiasi altra prospettiva. Esistono Indycar e Formula E, parlando di ruote scoperte. Esistono altre categorie di primo piano, esiste l'endurance, esiste il DTM, esiste la NASCAR, e così via. Questa idea di associare il concetto di successo alla sola Formula 1 a lungo andare può essere controproducente, specie considerando quale sia l'attuale percorso per arrivare in Formula 1 e quali siano i numeri.
Ora, vorrei chiarire un concetto: la questione dei punti superlicenza ha il suo senso. Ha anche delle pecche, a mio vedere, ma ha il suo senso. Una pecca è la questione della scadenza nel tempo dei punti superlicenza. Se un pilota fa tre anni buoni tra Formula 4 e Formula 3, può ottenere i punti necessari per debuttare in Formula 1. Però, se va in Formula 2 e fa un paio di stagioni negative, li perde: un pilota che oggi è ritenuto preparato per la Formula 1 potrebbe non esserlo più tra due anni, nonostante abbia più esperienza. L'altra grossa pecca è che non tutti i piloti hanno il budget necessario per gareggiare in F3 internazionale e F2 e per farlo full-time a lungo abbastanza da ottenere sufficienti punti superlicenza anche solo per prendere parte a una sessione di prove libere.

Di conseguenza, è vero che la Formula 1 è "l'obiettivo", ma ci sono tante valide alternative più economicamente sostenibili e, se già i numeri delle ragazze a livello di F4 sono bassissimi in confronto a quelli dei ragazzi, a mio parere non è bene far passare il concetto che, se tra un centinaio di ragazzi escono un pilota di Indycar e due di endurance ed è già un successo, tra le cinque o sei ragazze debba esserci per forza una futura F1 per parlare di risultati positivi.
Con questo non voglio dire che per le ragazze ci siano solo lati negativi. Anzi, se sono delle straf*ghe o delle ragazze acqua e sapone a cui bastano un filo di trucco e l'abito da sera per apparire belle, hanno delle qualità che possono essere sfruttate dal punto di vista del marketing. La cosa ingiusta, da questo punto di vista, è che quelle che non hanno queste doti rischiano di prenderlo in quel posto molto di più di quanto non succeda a un ragazzo che non ha un volto che buca lo schermo. Oppure che vengano prese di mira per la loro immagine. Ecco, diciamolo a chiare lettere: l'immagine delle ragazze del motorsport conta troppo, qualunque essa sia. Non parlo solo di quelle che posano in costume da bagno. Parlo anche di quelle, prevalentemente mediorientali, che posano rispettando il dress-code islamico, quando in realtà nelle foto non ufficiali se ne vanno in giro in mezze maniche e con i capelli al vento.

Più il tempo passa e più ho l'impressione che la sorte stia congiurando contro la rappresentazione femminile nel motorsport e che l'effetto primario delle stelle allineate contro sia quello di glorificare oltremodo alcune persone e di finire, per certi versi, per demonizzarne delle altre.
Il confronto donna vs donna viene sempre messo in rilievo, talvolta addirittura dalle dirette interessate, ma non in senso positivo, quanto piuttosto con il risultato di sminuire i risultati di chi ha più possibilità di cadere "vittima" del confronto diretto e di mettere su un piedistallo chi non ce l'ha.
Così un mese e mezzo fa veniva fuori la storia di "Amna Al Qubaisi, prima ragazza ad avere vinto una gara su una monoposto", glorificata come pluricampionessa e come unica vincitrice della Formula 4. La realtà dei fatti ci svela che la Qubaisi ha disputato due stagioni in F4 italiana senza ottenere nemmeno un punto (spoiler: la F4 italiana è un campionato che conta tra i propri passati vincitori Lance Stroll), classificandosi oltre la trentesima posizione in classifica generale. Poi è andata a fare la guest driver nella F4 Emirati in un exhibition event, in cui tendenzialmente gareggiano ragazzini appena arrivati dai kart e che magari non hanno neanche mai visto la pista che per lei è quella di casa.

Brava a vincere, questo sì, ma non facciamone un genio incompreso e non mettiamola su un piedistallo a spese della sorella Hamda. Quest'ultima, da quando è iniziata la stagione ufficiale, ha mandato in vacca più pole position di un Mark Webber in crisi esistenziale, portando a casa tre secondi posti su sette gare disputate (di cui almeno cinque tra pole position ottenute sul campo e pole position da reverse grid), così, a colpo d'occhio, non sembra neanche una futura gloria dell'automobilismo... ma diversamente da Amna, Hamda è poco più di una kartista che gareggia contro dei poco più che kartisti, c'è una certa differenza tra giocarsela alla pari a parità di esperienza e andare a gareggiare con degli inesperti per essere al loro livello.
So che riporre tante speranze in Hamda Al Qubaisi non offrirà molte garanzie, per il futuro, ma ci spero ancora, ogni volta, che possa centrare una vittoria e che possa dare un po' di speranze in un momento in cui c'è chi si auspica che un giorno Amna possa entrare, per meriti sportivi, nel junior team della Ferrari. Per come la penso io, sarebbe meglio andare a stanare qualche kartista e a sponsorizzarla.

Se non altro, comunque, Amna Al Qubaisi ha avuto l'accortezza di vincerla, una gara su una monoposto, impresa che altre non hanno centrato. Sophia Florsch, infatti, basa la propria glorificazione sull'avere ottenuto due piazzamenti a podio nella F4 ADAC e sull'avere ottenuto un punto nella sua stagione d'esordio nella F3 europea (quel campionato in cui quei due scarsoni di Mick Schumacher e Dan Ticktum si giocavano il titolo, per fortuna c'era quel purissimo angelo dal talento cristallino della Florsch a classificarsi ventesima per risollevare le sorti del campionato - non fraintendetemi, spero sempre in lei, ma sembra deludere le mie aspettative tanto quanto le altre) e per non essere mai andata a podio nella F3 Regional, dove il suo margine di confronto non è considerato quello degli altri piloti, ma Sharon Scolari... esperienza sulle open wheel verosimilmente zero prima del 2019 e a completare l'opera corre con un team di famiglia, facendo da fanalino di coda.
L'hobby dell'intera popolazione mondiale è confrontare la Florsch con la Chadwick, nonostante non abbiano mai gareggiato nello stesso campionato. La Chadwick viene tacciata di avere ottenuto più vittorie perché ha gareggiato in campionati meno importanti e, in più, in qualità di campionessa della W Series, sembra che dai suoi risultati dipenda il destino di tutte le sue colleghe del campionato femminile.

Non mi ritengo una tifosa di Jamie Chadwick (ma come carattere mi sembra di gran lunga preferibile alla sua collega), ma mi sono illusa. O meglio, all'inizio non mi sono illusa: quando ieri ho scoperto che sarebbe partita dalla pole nella seconda gara del weekend della F3 Asiatica, mi sono detta che tanto non avrebbe vinto, quindi era meglio non farsi illusioni.
Poi, stamattina, verso le nove, ho letto il risultato della gara, terminata da un'ora o giù di lì e non trasmessa: in testa dall'inizio alla fine, segnalata come vincitrice nel risultato provvisorio. Mi sono detta che oggi, finalmente, era un giorno importante per le donne nel motorsport.
Invece no, non lo era. Dopo quattro ore, e lo ripeto, dopo QUATTRO ORE, la Chadwick è stata penalizzata per un jump start, cosa che, se ci sono dei sensori, che sicuramente ci saranno, sarebbe stato sufficiente dopo tre giri di gara dirle "hai anticipato la partenza, te ne puoi anche andare a casa".
Ancora una volta si ripeterà la stessa triste storia. Nonostante la Chadwick stia ottenendo risultati di maggiore successo, rispetto alla Calderon, ci sarà di nuovo chi dirà che, non staccandola di un abisso, dimostra che nessuna donna è abbastanza valida per gareggiare nelle open wheel.

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