lunedì 24 agosto 2020

Big in Indiana: Takuma Sato vince la sua seconda Indy 500

Quest'anno siamo arrivati a 33 e non più di 33, il che implica la qualificazione garantita per tutti. Penske si è iscritta con quattro vetture: oltre ai soliti Josef Newgarden, Will Power e Simon Pagenaud ha schierato anche Helio Castroneves. Ganassi invece è scesa in pista con le sue tre entries standard: Scott Dixon, Felix Rosenqvist e Marcus Ericsson. Rahal invece ha portato non soltanto i piloti standard, Graham Rahal e Takuma Sato, ma anche Spencer Pigot.
Andretti ha portato quattro vetture come team Andretti propriamente detto, ovvero Alexander Rossi, Ryan Hunter-Reay, Zach Veach e James Hinchcliffe, più quelle delle partnership: Marco Andretti con Andretti/Herta e Colton Herta con Andretti/Harding.
Ed Carpenter è sceso in pista con una vettura del suo team, affiancato da Rinus Veekay e da Conor Daly. Oltre a Pato O'Ward e Oliver Askew, Arrow McLaren ha schierato una terza vettura, quella di Fernando Alonso.

Foyt ha portato Charlie Kimball, Tony Kanaan e Dalton Kellett, Coyne invece Santino Ferrucci, Alex Palou e una terza vettura per James Davison. Una vettura rispettivamente per Shank e Carlin, guidate da Jack Harvey e Max Chilton, mentre Dreyer & Reinbold ha portato due vetture guidate da Sage Karam e J.R. Hildebrand, mentre ha completato la griglia Dragonspeed con Ben Hanley al volante.
Per la prima volta dopo vent'anni, nessuna donna in griglia, sta a voi giudicare se per via di pregiudizi contro le donne come sostiene Pippa Mann, oppure perché al momento non ci siano donne convincenti nel panorama della Indycar. Io, da parte mia, mi sono fatta l'idea che al giorno d'oggi ci siano più pregiudizi di quanto non ce ne fossero ai tempi di Danica Patrick o Simona De Silvestro, tuttavia sono convinta che Danica Patrick e Simona De Silvestro, se non fossero una ritirata e una impegnata in altre competizioni, avrebbero avuto meno difficoltà di Pippa Mann a trovarsi un volante.

Il format di qualifiche, probabilmente lo conoscerete. Senza bump vari ha funzionato così: tutti in pista sabato, otto giorni prima della gara, per stabilire la Fast Nine e le posizioni successive dello schieramento. A contare è la velocità media di quattro giri lanciati, con i piloti che fanno più run nel corso della giornata. Dal decimo in poi sono andati tutti a occupare le varie posizioni sulla griglia di partenza già al sabato, mentre la Fast Nine sarebbe andata a giocarsi la pole all'indomani.
Così, sette giorni prima della gara, per nove illustri individui le qualifiche sono terminate con Marco Andretti davanti a tutti. Era già stato il più veloce il giorno della Fast Nine e, la domenica prima della gara, è andato anche ad accaparrarsi la pole position, in una griglia così composta:

1^ fila: Andretti, Dixon, Sato
2^ fila: Veekay, Hunter-Reay, Hinchcliffe
3^ fila: Palou, Rahal, Rossi
4^ fila: Herta, Ericsson, Pigot
5^ fila: Newgarden, Rosenqvist, O'Ward
6^ fila: Carpenter, Veach, Daly
7^ fila: Ferrucci, Harvey, Askew
8^ fila: Power, Kanaan, Kellett
9^ fila: Pagenaud, Alonso, Davison
10^ fila: Castroneves, Kimball, Chilton
11^ fila: Karam, Hildebrand, Hanley

Il sogno di Marco Andretti di sconfiggere la "maledizione" di famiglia è durato soltanto fino al momento della bandiera verde (arrivata alle 20.30 ora italiana per disputare la gara in un orario più fresco di quanto non sarebbe stato mantenendo l'orario tradizionale).
Già da inizio gara, infatti, è stato Scott Dixon ad appropriarsi della leadership, seguito da vicino da Ryan Hunter-Reay e da Takuma Sato, con il poleman per un po' al quarto posto. Nel frattempo perdevamo per strada Carpenter per un contatto con un muro (poi rientrato ai box e uscito a diversi giri di distanza) e Davison con una ruota in fiamme e poi anche Ericsson per incidente (chissà, magari stava pensando a Grosjean). Prima di metà gara sarebbero stati fuori gioco anche Askew e Daly, coinvolti in un incidente pochi giri prima dell'halfway point e sarebbe entrata tre volte la safety car. La terza avrebbe prevenuto il doppiaggio di Alonso, ultimo pilota a pieni giri, che tuttavia più tardi non si sarebbe salvato da quel destino dopo un problema capitato ai box.

Nel frattempo RHR e Andretti erano un po' più distaccati dai piloti di testa e si inserivano tra le posizioni che contavano anche Rinus Veekay, almeno finché non ha lasciato spegnere la vettura ai box, e Alexander Rossi. In una gara in cui non sono state possibili strategie che portassero degli outsider nelle posizioni di maggiore spessore, è stato proprio Rossi, per parecchi giri, il principale sfidante di Dixon, con sorpassi e controsorpassi vari. Un brutto destino, tuttavia, attendeva Rossi: uscito dietro a Dixon e anche a O'Ward dopo un pitstop in regime di safety car entrata per incidente di Palou, è stato penalizzato per un contestato unsafe release e scivolato nelle retrovie.
A quel punto non si è dato per vinto, superava vetture like a boss e chissà, magari una safety car al momento giusto avrebbe potuto rimetterlo in lizza per le posizioni di spessore... quella safety car, però, è arrivata proprio per un suo incidente, mentre nel frattempo Dixon era ancora leader incontrastato, con Graham Rahal e Takuma Sato a lottare per il secondo posto.

Poteva sembrare un destino già scritto fin dal via quello di Dixon, ma non è andata così: poco dopo il restart, quando eravamo già nell'ultimo quarto di gara, Sato si è portato in testa e vi è rimasto anche dopo il giro di pitstop, mentre Newgarden, Rahal e Ferrucci occupavano a vario titolo le posizioni della top-5. O meglio, è rimasto davanti a tutti dopo il pitstop, mentre davanti c'erano Veach e Chilton su una strategia alternativa che, come tutte le strategie alternative, non ha dato i suoi frutti.
In un primo momento Dixon sembrava vicino abbastanza per potersi rimettere in gioco, ma più la gara andava avanti e più sembrava che Sato potesse scappare allo stesso modo in cui era scappato Dixon in certe precedenti occasioni della gara.
Stavolta il destino di stava scrivendo a favore di Sato e nulla sembrava mettersi tra lui e la victory lane. Il risultato è stato addirittura congelato in anticipo, quando Spencer Pigot è andato violentemente a sbattere a quattro giri dalla fine. La gara è finita dietro safety car e il Piccolo Samurai, come lo chiamava Mazzoni, ha vinto per la seconda volta in carriera la Cinquecento Miglia di Indianapolis.

RISULTATO: 1. Takuma Sato, 2. Scott Dixon, 3. Graham Rahal, 4. Santino Ferrucci, 5. Josef Newgarden, 6. Pato O'Ward, 7. James Hinchcliffe, 8. Colton Herta, 9. Jack Harvey, 10. Ryan Hunter-Reay, 11. Helio Castroneves, 12. Felix Rosenqvist, 13. Marco Andretti, 14. Will Power, 15. Zach Veach, 16. J.R. Hildebrand, 17. Max Chilton, 18. Charlie Kimball, 19. Tony Kanaan, 20. Rinus Veekay, 21. Fernando Alonso, 22. Simon Pagenaud, 23. Ben Hanley, 24. Sage Karam, 25. Spencer Pigot, 26. Ed Carpenter, 27. Alexander Rossi, 28. Alex Palou, 29. Conor Daly, 30. Oliver Askew, 31. Dalton Kellett, 32. Marcus Ericsson, 33. James Davison.

PS. Salvo particolari stravolgimenti, sarà O'Ward ad essere eletto Rookie of the Year. Nonostante avesse già tentato di qualificarsi all'edizione 2019, il non essersi qualificato l'anno scorso lo rende pilota alla prima partecipazione, quindi eleggibile per questa carica.

4 commenti:

  1. Ma il “Piccolo Samurai” non era Kobayashi?

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  2. Ricordo che prima Mazzoni chiamava così anche Sato.

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  3. Ah sì? Non ricordavo! Per Nakajima invece non ha mai usato questo appellativo.

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  4. Non che io ricordi. Non che Nakajima si facesse notare abbastanza da essere menzionato, comunque, di solito... XD

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