venerdì 25 luglio 2014

Cinque anni dopo...

Quel giorno il cronometro si inceppò, come a simboleggiare qualcosa che non andava. Era come se il tempo si fosse fermato per un istante e, in un attimo, avesse sfracellato tutte le mie convinzioni e mi avesse fatto capire che sapere è sempre meglio che non sapere.
Era un stagione strana, in cui un team quasi uscito dal nulla stava dominando il mondiale e in cui un altro team, che era in Formula 1 da appena cinque anni, era sul punto di raggiungerlo. Era una stagione strana, ma non aveva importanza: era il segno di qualcosa che stava inequivocabilmente cambiando e stava cancellando dalla mia mente il fatto che l’eterna sfida tra Ferrari e McLaren, con cui ero cresciuta, iniziava ad essere ormai anacronistica. Non ho mai disprezzato il cambiamento, forse perché raramente ho incentrato su un team la mia visione della Formula 1.
In quel 2009, comunque, c’era allo stesso tempo tanto e poco di nuovo. C’era chi vinceva, c’era chi non vinceva e cercava di appigliarsi al regolamento per cambiare le sorti del campionato... insomma, quello che accade ogni anno!

Era un pomeriggio di luglio e, piazzata davanti al televisore, mi chiedevo se la Brawn avrebbe centrato la prima fila o se avrebbe dovuto accontentarsi di essere battuta da qualcun altro.
Il responso arrivò alla fine della Q2: Barrichello fuori, dato che girava su tempi che non gli avrebbero consentito di puntare alla top-ten. E poi vidi una vettura rossa conficcata nelle barriere, una di quelle scene da “e questo chi è? Raikkonen o Massa?” Su chi sarebbero piovute le critiche di quei tifosi sempre pronti a denigrare con la fretta con cui salivano sul carro dei vincitori? “Ha il casco verde-oro, quindi è Massa.” Una constatazione logica tira l’altra. “Perché proprio adesso, che era già in top-ten?”
Seguì qualche istante di revival, nella mia mente. Una vettura rossa conficcata nelle barriere mi ricordava l’incidente di Schumacher a Silverstone dieci anni prima. “Sono passati dieci anni” mi dissi. “Ormai le vetture sono più solide.”

Non era una scena da “perché proprio adesso?”, me ne resi conto più che il tempo passava. Quel pilota che tre anni prima, la prima volta che era salito sul podio, mi aveva fatto provare il primo e unico “colpo di fulmine” motoristico della mia vita, quello che in Brasile nel 2006 indossava una tuta verde-oro, quello che nel 2007 al Nürburgring si era messo a litigare con Alonso in mondovisione mandandolo a cagare durante le telecamere, quello che in Brasile nel 2008 mi aveva fatto vivere i 38 secondi più lunghi della mia vita... beh, quel pilota era immobile, in una vettura conficcata nelle barriere. Questo significava una cosa sola: quell’incidente era più grave di quanto potesse sembrare in un primo momento. Al giorno d’oggi è una delle ragioni per cui a volte mi capita di fare un salto sul divano anche in casi di incidenti dall’apparenza un po’ più soft.

Barrichello fu intervistato e disse che dalla sua macchina si era staccata una molla, quello era il motivo per cui la sua qualifica era stata al di sotto quelle aspettative.
In quel momento non ci feci caso. Soltanto pochi minuti più tardi avrei scoperto che quella molla, come una scheggia impazzita, era stata la causa di tutto.
Tutti sappiamo come andarono le cose, e non ha molto senso stare a ripeterle. L’unica cosa che voglio dire è che, se da un lato è vero che dopo Felipe non ha più ottenuto nemmeno una vittoria, in realtà tornare in F1 credo che sia stata la vittoria più grande e più importante.

Quindi Felipe, mi raccomando, questo weekend keep calm e spacca il culo a tutti! U.U


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Milly Sunshine