mercoledì 24 agosto 2022

In memoria di Justin Wilson (31.07.1978 - 24.08.2015)

Era una domenica d'estate come tutte le altre, quella del 23 Agosto 2015, nell'epoca in cui, quando ero a casa e avevo del tempo libero, lo trascorrevo quasi tutto al computer, non necessariamente sul forum e sui social, ma anche e soprattutto scrivendo e lavorando ai miei aspiranti romanzi. Sì, sono cambiate molte cose, lo ammetto. Soprattutto scrivendo e lavorando a degli aspiranti romanzi, in genere con gli auricolari alle orecchie e ascoltando musica. La musica che ascoltavo, in genere, serviva per avere ispirazione e capitava abbastanza di frequente che ascoltassi in loop un numero ridotto di canzoni che in quel momento erano particolare fonte di ispirazione. A volte la canzone in questione era solo una e me la ascoltavo anche varie volte di fila. Quella domenica, ricordo, era uno di quei giorni in cui ascoltai una specifica canzone tante volte di fila, che venne ad assumere un significato che per me ha tuttora.

Quella canzone era "Memories" dei Within Temptation, che in realtà conoscevo da molti anni, ma che avevo riscoperto da poco. Prima di quell'estate c'era stato un periodo in cui ascoltavo prevalentemente musica allegra, ma di recente mi ero diretta un po' verso altri orizzonti e quel tipo di musica all'epoca mi attirava molto. Questo, comunque, ha poca rilevanza: quello che conta è che quella domenica pomeriggio ascoltai quella specifica canzone un sacco di volte. Non ricordo con esattezza a che cosa lavorai esattamente al computer quella domenica nel tardo pomeriggio, quello che ricordo tuttavia è il ricordo definito di me stessa sul letto con il computer sulle ginocchia e "Memories" dei Within Temptation, inconsapevole di ciò che stava per accadere quella serata, inconsapevole che da di lì a poche ore in poi avrei associato indelebilmente quella canzone a Justin Wilson.

Quella sera il campionato di Indycar correva a Pocono. Era l'epoca in cui se potevo vedevo ogni gara di Indycar in streaming, se non potevo perché ero fuori la prima cosa che facevo una volta tornata a casa era andare su Youtube a cercarmi la gara e a guardarmela. Accadeva quasi sempre che profili non ufficiali la caricassero essenzialmente quasi a minuti una volta che era terminata, nel giro di un'ora o due le gare erano sempre reperibili. Era l'epoca in cui sul canale ufficiale non venivano né inizialmente caricate per intero né in extended highlight l'indomani per cambio di broadcaster e questioni di diritti tv, quindi i profili non ufficiali di gare di Indycar avevano in genere vita piuttosto lunga. Quella sera accompagnai mia madre a una serata di balli di gruppo a una sagra, poi tornai a casa, con la certezza che avrei trovato la gara e l'avrei vista subito e senza spoiler.

Bastava non passare per Twitter né per nessun altro sito su cui fosse possibile trovare spoiler e vedersi la gara di Indycar senza sapere nulla era fattibile esattamente quanto al giorno d'oggi è possibile guardarsi una differita di Formula 1 su TV8. Trovai subito un video della gara, mi bastò digitarlo su Youtube, pronta a guardare la differita della gara. Nel frattempo aprii blocco note, iniziando a prendere appunti per scriverne la cronaca (o meglio, il commento ironico, perché ai tempi lo facevo anche per le gare di Indycar). Una parte forse anche la scrissi - non posso controllare perché di lì a qualche mese cambiai computer e la bozza di commento era probabilmente salvata sul desktop invece che nelle cartelle che mi feci trasferire dal tecnico, quindi qualunque cosa avessi scritto andò persa - e ricordo chiaramente alcune considerazioni: sono certa di avere scritto che se una quindicina di vetture si fossero ritirate, Pippa Mann avrebbe avuto possibilità di vittoria.

Poi sono certa anche che a un certo punto entrò una lepre e scrissi anche il fatto sul forum, dove nessuno aveva commentato la gara fino a quel momento. Lo scrissi in un topic di cazzeggio in cui si scrivevano le cose più disparate. Il tutto, mentre continuavo a seguire la gara su Youtube. Quello che ricordo con chiarezza è che, se avevo scritto qualche frase di senso compiuto, in quel momento stavo solo scrivendo qualche appunto, in modo da non perdere il filo quando avessi poi avuto modo di scrivere il commento effettivo. Ricordo che mi appuntai che Sage Karam era appena andato a sbattere. Aveva perso il posteriore della vettura ed era finito a muro, un incidente come se ne vedono un'infinità nelle gare su ovale. Mentre una scarica di detriti si riversava in pista, le vetture sopraggiungevano rallentando, per poi passare oltre. Passarono tutti oltre la zona dell'incidente, tutti a parte uno, Justin Wilson, e le immagini non promettevano niente di buono.

La dinamica fu abbastanza chiara fin da subito: si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e gli volò sul casco l'alettone della vettura di Karam, un caso fortuito che non poteva essere evitato in alcun modo. Diversamente da altri incidenti, non potevano esserci polemiche (con l'halo o l'aeroscreen sarebbe stata un'altra cosa, ma era il 2015 e non si parlava ancora con grande insistenza di queste cose - in ogni caso non c'era molto che si potesse fare), ma solo rassegnazione. Perché anche se al momento Justin Wilson era ancora vivo, era abbastanza chiaro che speranze non ce ne fossero, che non sarebbe sopravvissuto. Il motorsport sa essere macabramente ironico, talvolta: Wilson quella stagione non l'aveva neanche iniziata, era rimasto senza volante prima di essere ingaggiato in corso d'opera come part-time dal team Andretti. A inizio stagione avevo perfino sperato in un suo ritorno ed era così che finiva, per l'ex pilota di Minardi e Jaguar.

Il giorno successivo googlai diverse volte il nome di Justin Wilson, con la triste consapevolezza che avrebbe potuto uscirmi come primo risultato la sua biografia in cui, accanto alla data di nascita, c'era quella di morte. Fu dichiarato morto nel tardo pomeriggio statunitense, ne trovai notizia la mattina del 25, dato che all'ultimo controllo fatto il 24 non ne era ancora stata data comunicazione. Rimasi scossa dalla sua morte, specie considerato che avveniva a poco più di un mese di distanza dalla morte di Jules Bianchi nel luglio precedente. Ricordo di avere pensato più di una volta che già non ero preparata ad affrontare un incidente mortale, figurarsi due in uno spazio così ravvicinato di tempo. Contribuì sicuramente ad avere delle conseguenze sul modo in cui consideravo il motorsport, anche se invece di farmi perdere passione contribuì semplicemente ad avvicinarmi al motorsport con una prospettiva diversa da quella di prima.

In più mi allontanò da Tumblr (o quantomeno a ridurvi di molto la mia presenza), che fino a quel momento avevo frequentato molto intensamente: seguivo una grande cerchia di profili che postavano su Formula 1 e motori 24/7, compresi post di Indycar, ma mi sembrava che la morte di Wilson fosse percepita come qualcosa di lontano, di cui in pochi si sentivano protagonisti. Justin Wilson aveva trentasette anni, troppi per essere percepito come giovane e figo. Era un family man, uno per cui la fangirl media non aveva la benché minima considerazione. Avrei accettato senza problemi il fatto che questa tragedia fosse percepita come lontana perché il campionato di Indycar non era percepito come interessante dalla fangirl media del F1Tumblr, oppure perché aveva corso in Formula 1 nel 2003/2004 quando loro ancora non seguivano la Formula 1 quindi non si sentivano partecipi. Invece no, molti segni suggerivano quale fosse l'effettiva ragione per cui se ne fregavano di Wilson.

Se ne fregavano di Wilson perché non era giovane e figo. Non era uno di quelli di cui pubblicavano foto in tutte le salse e commenti su quanto fossero affezionati a lui come pilota e come persona. Il fatto che fosse morto, per loro non cambiava niente: il problema, per loro, sarebbe stato se fosse morto qualcuno di quelli giovani e fighi, quelle sì che erano vere perdite. Rimasi spiazzata, perché fino a quel momento ero stata abituata a mentalità strane, ma quantomeno relative a gente viva e al fatto di avere o non avere un volante. Ero stata convinta che Tumblr fosse un'oasi felice, in cui c'era attaccamento anche ai piloti che dal resto del mondo venivano snobbati perché percepiti come marginali al cospetto dei pluricampioni del mondo. Però, ecco, il resto del mondo magari si limitava a ripetere a pappagallo quanto detto da altri sulle buone performance di Wilson in Indycar, però almeno non se ne usciva con cose che suonavano tipo "who kers di Wilson, parliamo di cose serie".

Sono passati sette anni da allora e a distanza di sette anni tante cose sono cambiate nel mondo del motorsport, qualcosa anche in positivo. Se Justin Wilson non se ne fosse andato nell'agosto di sette anni fa a Pocono, adesso avrebbe quarantaquattro anni. Ammetto che non mi capita spesso di chiedermi dove sarebbe se non ci avesse lasciati quel fine settimana di sette anni fa. Probabilmente da qualche parte tra IMSA o Indycar come pilota part-time. Ogni Capodanno, però, con piacere, vedo il suo tweet programmato di auguri. Sembra che prima della propria morte abbia impostato un messaggio di auguri da pubblicare ogni 1° gennaio, anche se non è chiaro come abbia fatto dato che il messaggio si ripete una volta ogni anno alla stessa ora e non sembra esistere un modo per farlo direttamente da Twitter. È quindi plausibile che possa trattarsi di un programma esterno che esisteva ai tempi e che sembra funzionare tuttora, spiegazione che pare essere stata data anche da Stefan, fratello minore di Justin.

Il tweet di auguri di buon anno è apparso negli ultimi cinque anni, ma Stefan Wilson sostiene che sia uscito anche a Capodanno 2016 e 2017, ma di avere cancellato in entrambe le occasioni i tweet, pensando si fosse trattato di un errore: la famiglia di Justin ha accesso all'account e secondo quanto affermato da Stefan pensava che qualcuno di loro avesse postato per errore quel tweet dall'account di Justin avendo dimenticato di non essere dentro al proprio profilo. Qualunque sia la realtà (non mi stupirebbe se fosse stato qualche suo familiare a programmare e pubblicare ogni anno quei post, per darci - o darsi - l'illusione che qualcosa di Justin stia continuando a vivere), penso che siamo in molti, ogni anno, ad aspettare che arrivi il momento di quel tweet, tutto ciò che, insieme ai ricordi della sua carriera, ad oggi ci rimane di lui, di quel pilota a cui magari facevamo poco caso quando era in Minardi e poi in Jaguar nel 2004, ma che ha ampiamente dimostrato di avere i numeri per contare qualcosa.


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