mercoledì 10 agosto 2016

Effetti collaterali di una vita vissuta tra i niubbi del motorsport

Uno degli aspetti più negativi di essere un appassionato/a di Formula 1 è doverne parlare anche con persone che ne sanno poco e niente, ma che non se ne rendono conto. Non mi riferisco, per una volta, alla gente che scrive “commenti da bar” in giro per il web, ma agli amici o parenti che vedono all’incirca un paio di gran premi all’anno, magari perché sono a pranzo in una stanza con la TV sintonizzata sul gran premio, e pensano di essere grandi esperti di motorsport.
Quando dico che ne sanno poco e niente ma non se ne rendono conto, non mi riferisco al parlare a sproposito... no, piuttosto al cadere dalle nuvole, in un discorso a proposito di Formula 1, che vada oltre concetti tipo “le monoposto hanno quattro ruote” o “la Ferrari è rossa”.
C’è un lato estremamente positivo nei niubbi della Formula 1: prima o poi saranno loro a tirare fuori l’argomento “Formula 1”, che tu in loro presenza eviti accuratamente perché sai che nel 90% dei casi non gliene importa mezza di quello che diresti. Quando lo tireranno fuori, però, emergeranno gli aspetti negativi, perché sarà per porti domande a cui preferiresti non dare risposta... non per altro, ma perché devi dare loro una risposta niubbo-friendly che è diversa da quella che vorresti dare in realtà.

Poco più di due mesi fa, dopo una cena con gli amici, mi sono sentita rivolgere da A. (che segue la Formula 1 in modo occasionale, che definisce testualmente “le Mercedes” come i suoi piloti preferiti dimostrando di ignorare bellamente i nomi dei piloti, e che ha gusti tutt’altro che mainstream perché a quanto ho capito sembra trovare noiosi tutti i sorpassi o i tentativi di sorpasso, mentre apprezza invece le gare senza alcun mutamento di posizioni) una domanda culturalmente elevata.
La domanda in questione è, testualmente: “Che cosa ne pensi di Schumacher?” (pronunciato ovviamente errato, ma quello è un must, dato che tutti lo pronunciano errato)...

Nel mio mondo ideale, la risposta avrebbe dovuto essere più o meno la seguente:
Michael Schumacher è stato uno dei debuttanti più promettenti della sua epoca: fin dal suo esordio con la Jordan si è dimostrato veloce e, nei primi gran premi alla Benetton, si è dimostrato competitivo anche in gara. Al migliorare dei risultati della Benetton ha sempre continuato a dare il meglio di sé e non ritengo affatto sorprendente che abbia vinto due titoli mondiali.
Se nel 1996 al posto della Ferrari avesse scelto un’altra strada, è molto plausibile che potesse vincere altri titoli prima del 2000, ma alla fine la sua scelta ha pagato e, in un paio di circostanze, forse avrebbe potuto pagare anche prima, se fosse sempre stato lucido come negli anni della Benetton. Al momento in cui andò in Ferrari sostenne che il suo obiettivo era vincere il titolo entro tre anni. Seppure non ci sia riuscito, apprezzo il suo “atteggiamento paziente” da questo punto di vista: altri piloti in posizioni analoghe alla sua, al momento di cambiare team, hanno avuto un atteggiamento da “sono qui per vincere e se non vinco da subito me ne vado”, cosa che raramente ha pagato. Altro aspetto: ha saputo circondarsi delle persone giuste, persone che hanno contribuito al successo suo e della squadra.
I suoi anni migliori, a mio parere, sono stati quelli della Benetton e gli ultimi anni che ha passato in Ferrari (non solo quelli in cui ha vinto i campionati, ma anche nel 2006, in cui per essere un pilota prossimo al ritiro si è dimostrato molto lucido e determinato).
Durante gli anni in Mercedes credo che abbia risentito non tanto degli effetti dell’età, ma soprattutto delle conseguenze dell’infortunio in moto avvenuto durante gli anni in cui non era in Formula 1 e del fatto che, più che avere l’obiettivo di vincere il suo obiettivo fosse quello di gareggiare in Formula 1 perché era l’unica cosa che lo soddisfaceva veramente. Nonostante le prestazioni fossero calate rispetto a quelle di un tempo ha fatto comunque alcune ottime gare, una a Valencia nel 2012 in cui è arrivato sul podio, altre in precedenza in cui al podio ci è arrivato abbastanza vicino, talvolta partendo anche abbastanza indietro.

La mia risposta, invece, è stata:
Quando stava in Ferrari e vinceva era un tipo che stava molto sulle sue in stile cyborg, mentre durante gli anni in Mercedes appariva come un tipo più alla mano e a volte si metteva addirittura a scherzare durante le interviste.

Ebbene, mi sono accorta che lo stile di risposta che A. cercava era una risposta su questo stampo. Se gli avessi dato la prima risposta, avrebbe perso il filo del discorso fin dal momento di sentire pronunciare i termini “Jordan” e “Benetton”.
Ecco, parlare di Formula 1 con i niubbi del motorsport è limitativo.

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Milly Sunshine