lunedì 21 dicembre 2015

ApOWLcalypse nOWL

Siamo indirettamente in tema di fine del mondo, per via dell'articolo pazzo che ho linkato e del 21 dicembre che ricorda il 21 dicembre 2012. Quale giorno migliore per postare qui sul blog una fanfic che ho scritto qualche tempo fa per il F1GC forum? Ambientazione: GP del Brasile 2015.

Buona lettura. *-*

***

“L’Apocalisse dei Gufi verrà e non si fermerà, a meno che un comune mortale che conosce la lingua dei gufi non tenda una trappola a due esponenti della stirpe dei gufi e non li chiuda in gabbia.” - Profezia Maya.

Opening.

Era una giornata calda e soleggiata, tanto che se Felipe Macumber si fosse ritrovato fuori dalla Q1 (la prima selezione per stabilire chi era meglio mandare a giocare a briscola piuttosto che in pista) avrebbe potuto scippare i commissari di percorso di una delle loro sedie e andare a prendere il sole insieme al suo amico Fernando Divino. Macumber aveva però superato, in modo non del tutto indolore, il passaggio in Q2 e in Q3, centrando l’obiettivo di qualificarsi in top-ten... certo, non nelle migliori posizioni della top-ten, ma la colpa era tutta di Luigi Filippo Nazario, che l’aveva distratto nel momento clou, costringendolo a volteggiare per i prati evitando pannelli, cosa che gli aveva peraltro fatto perdere la possibilità di diventare un giorno un cittadino colombiano onorario, oltre che lo smarrimento della rana portafortuna che teneva nel taschino della tuta per ogni evenienza.
Macumber stava ancora imprecando tra i denti, una volta terminate le qualifiche e le interviste post-qualifica, in cui aveva dovuto mostrarsi allegro e spensierato come al solito per nascondere i suoi intenti criminali.

Finalmente, in presenza della moglie, poteva dare sfogo al proprio essere.
«Ehi, Felipe, sei pronto? Dobbiamo correre a casa di mia madre per andare a cucinare per le quattrocento persone che ho invitato.»
«Ah, sì? E tua madre è contenta?»
«Sì, certo. Chi non impazzirebbe dal desiderio di piazzare quattrocento ospiti stipati come sardine sotto una tettoia in giardino?»
«Mhm... effettivamente è un’emozione che tutti dovrebbero provare almeno una volta ogni gran premio del Brasile. Comunque sì, sono quasi pronto, dammi il tempo di andare a rompere il naso a Luigi Filippo Nazario e poi ti raggiungo!»
A quelle parole Raffa spalancò gli occhi.
«Come osi?! Luigi Filippo Nazario è solo un bambino innocente!»
«Bambino innocente ‘sti cavoli. Luigi Filippo e l’innocenza sono due concetti in contrapposizione, un po’ come James Pussyhunt e la castità.»
Senza badare alle proteste della moglie, che lo invitava a non commettere manovre azzardate, né a quelle del padre, che lo invitava a cercare un deejay per la festa che avevano intenzione di dare a casa della madre di Raffa, né al figlio che lo invitava a organizzare un demolition derby con le macchinine, Felipe Macumber si avviò alla ricerca del rivale, esaltato tanto quanto lo sarebbe stato un certo Juanpablito durante una battuta di caccia ai tombini... almeno prima di sbattere la testa contro uno dei tombini stessi.
Felipe percorse in lungo e in largo la pit-lane e si spinse fino al podio, dove per qualche strana ragione Fernando e il compagno di squadra Jensinho stavano organizzando una cena cucinando del pesce alla griglia, ma utilizzando al posto delle braci qualcosa che somigliava a un motore.
«Ehi, voi» domandò Felipe, «Avete visto per caso Luigi Filippo Nazario?»
Nessuno gli rispose. In compenso Fernando lo invitò a cena, ma Felipe fu costretto a rifiutare perché la prospettiva di portare quattrocento persone a casa dalla suocera, incurante dell’eventualità che lei avesse deciso piuttosto di trascorrere la serata a giocare a briscola insieme al marito, era molto più allettante.
«Peccato che tu non ci sia» mormorò Fernando. «Oggi è il 14 novembre, è una giornata importante.»
«Ah, sì? Allora perché io non ne sono informato?»
«Perché non avevo ancora deciso di festeggiare il bell’anniversario dei giorni di gloria in cui imprecavo contro sfasciacarrozze russi.»
Felipe spalancò gli occhi.
«E che cosa ci sarebbe da festeggiare, scusa?»
«Gli sfasciacarrozze russi» gli spiegò Fernando, «di solito impediscono di arrivare al traguardo nella posizione desiderata. È già un passo avanti rispetto ai motori giapponesi, che mi impediscono direttamente di arrivare al traguardo. Mi sembra più che opportuno celebrare i vecchi tempi in cui Sebby Fetta vinse il titolo e io mi consolai strusciandomi contro la ragazza ombrellino dello sfasciacarrozze di prima. Ecco, guarda all’altro lato positivo: i russi sfasciacarrozze hanno delle grid girl al seguito, i motori giapponesi no!»
Felipe avrebbe ascoltato quelle chiacchiere a lungo, in un’altra occasione, ma non poteva. Affidò quindi Fernando alle cure di Jensinho e riprese la propria ricerca, smarrito come un altro ex compagno di squadra di Fernando il giorno in cui fu rallentato da un canadese che perdeva i capelli alla velocità del suono e, dopo essersi orientato grazie al filo d’Arianna, in qualcosa come trentacinque minuti giunse finalmente al suo box dove si mise a sbraitargli contro in romano, senza che nessuno lo ascoltasse.
Luigi Filippo Nazario, diversamente dal canadese di cui sopra, che ai tempi della Sauber aveva fatto da intrattenitore musicale ai festini organizzati da Felipe, non stava affatto perdendo i capelli e, vista la propria stempiatura, Felipe non ne era affatto soddisfatto... senza contare che, l’anno precedente, all’epoca in cui in qualità di terzo pilota si rigirava i pollici al box della Williams, chissà quante volte si era infilato dentro uno sgabuzzino insieme alla lupa Susina.
All’improvviso, illuminato da una gloriosa intuizione, Felipe realizzò qual era la retta via da seguire. Si allontanò dalla pit-lane e corse per chilometri fino ai laghi artificiali, incurante dello scenario suggestivo che aveva intorno: i palazzi del progetto Singapura costruiti laddove un tempo sorgeva una favela, i muretti su cui Rubens Barrinho e Alex Barrosinho si arrampicavano da bambini, la villetta della nonna di Barrinho al di là dell’Arquibancadas...
Sulla riva del lago, Luigi Filippo Nazario con la sua aria innocente contemplava pesci che guizzavano fuori dall’acqua, per poi tuffarsi dopo avergli fatto linguacce e pernacchie degne di quelle che Ro-Gro faceva ai suoi Petits Bebés nel tempo libero.
Talmente incantato da quella scena, Luigi Filippo Nazario non si accorse della presenza di Felipe Macumber, almeno finché quest’ultimo non si manifestò, afferrandolo per il collo e mettendosi a strattonarlo con l’intento di buttarlo dentro al lago.
Luigi Filippo fece un sorriso radioso.
«Oh, Felipe, che piacere rivederti! Ho visto il tuo amichevole saluto in pista, prima... non sono riuscito a capire bene cosa volevi dirmi. Per caso mi stavi invitano a una festa?»
Felipe alzò gli occhi al cielo, senza mollare la presa sul collo di Luigi Filippo.
«Ma quale festa! Cosa dovrei festeggiare, il fatto che hai cercato di farmi abbattere un pannello come Juanpablito?»
«Juanpablito è sorpassato» replicò Luigi Filippo. «Il modo in cui Kimi Racchetta ha tentato di buttare giù il cartello della Rolex supera di gran lunga lo splendore dell’abbattimento di qualunque tombino e paletto.»
«E l’acqua gelata dei laghi artificiali, invece, supera di gran lunga il mio saluto di prima. Credo che farti un bagno ti farà rinsavire.»
«Acqua gelata? Ci sono trenta gradi, Felipe. Potremmo metterci in perizoma leopardato a prendere il sole.»
Per quanto quella prospettiva fosse allettante e Felipe fosse tentato di venire incontro alle richieste del collega, l’affronto subito non poteva essere cancellato così come se niente fosse. Lasciò quindi il collo di Luigi Filippo e lo afferrò per i capelli, sollevandolo da terra e scagliandolo nel lago artificiale. Come ci sia riuscito abbattendo tutte le leggi della fisica non è chiaro nemmeno tuttora, ma non ha importanza: quello che conta è che ci sia riuscito, facendosi finalmente giustizia... se non che, Luigi Filippo Nazario, che poteva tollerare qualunque cosa tranne che qualcuno, invidioso dei suoi capelli, cercasse di strapparglieli, mentre cadeva in acqua ebbe l’accortezza di trascinare Felipe con sé.
Le grid girl e i grid boys accorsero numerosi: la prospettiva di vedere una rissa nel fango tra i due piloti brasiliani li allettava e non poco. Si misero quindi a incitarli facendo cori da stadio e promettendo di passare tutta la serata a strusciarsi contro il vincitore. Felipe era molto combattuto: i grid boy non lo allettavano particolarmente e la sconfitta non sarebbe stata una prospettiva così pessima.
A metà di quel pensiero, si accorse che Luigi Filippo Nazario non c’era più.
Davanti a lui vide soltanto un gufo che tentava di uscire dall’acqua.
“Oh” realizzò Felipe, a quel punto, “Aspetta un attimo, anch’io non ci sono più e sono dentro al corpo di un gufo! Cosa sta succedendo?!”
Che cosa stesse succedendo, non era tenuto a saperlo.
Ricordava vagamente qualcosa che gli aveva raccontato in passato il suo amico Rubens Barrinho:
«Mia nonna non faceva che ripetermi che un giorno sarebbe arrivata l’apocalisse dei gufi e che sarebbe partita dal Brasile.»
«Apocalisse dei Gufi? Di cosa si tratta?»
«Come puoi essere così ignorante, Felipe?! Capisco che tu possa preferire passare il tuo tempo a sbevazzare birra insieme al nostro esimio collega Michael, ma dovresti almeno conoscere questa fondamentale leggenda brasiliana.»
Rubens gli aveva raccontato che un giorno due esponenti di spicco dei motori brasiliani si sarebbero tramutati in gufi e sarebbero corsi indietro nel tempo a scombinare a loro piacimento i risultati dei vecchi gran premi del Brasile, consegnando alla realtà una visione distorta del passato. A Felipe in realtà quei discorsi non erano mai interessati granché: c’erano cose più fondamentali nella vita, tipo per esempio il fatto che i suoi capelli stavano diminuendo a vista d’occhio e che doveva acconciarsi come un gangster degli anni ’30 per coprirsi le tempie, quindi i suoi ricordi erano piuttosto sommari.
Si pentì di non averlo ascoltato abbastanza: i consigli di Rubens sarebbero stati utili. Rubens, però, in quel momento non poteva aiutarlo.
«Felipe, cosa sta succedendo?» gli domandò Luigi Filippo, nella lingua dei gufi.
Felipe non sapeva rispondere.
L’epoca del caos era iniziata: avevano un compito da portare a termine, qualunque esso fosse, e le grid girl non avrebbero avuto che da strusciarsi contro i grid boy, in loro assenza.
Se non altro Luigi Filippo non aveva una moglie intenzionata a cucinare per quattrocento persone che si sarebbe lamentata della sua assenza.
Anche quello, comunque, non importava: Felipe ne era sicuro, un giorno sarebbe stato acclamato come un eroe.

In quel momento, in ogni lato del mondo, tutti gli orologi si fermarono per un attimo. La mente di chiunque rimosse quanto accaduto in tutte le precedenti edizioni del gran premio del Brasile. Vecchie fotografie si cancellarono: nessuno avrebbe più ricordato nulla di una vettura color uovo di Pasqua che conquistava punti, così come soprattutto nessuno avrebbe più ricordato nulla di una vettura scarlatta con il numero 1, perché chi di apocalisse ferisce, di apocalisse perisce.

Retrò Spray.

«Ehi, aspettami!» cinguettò Luigi Filippo Nazario. «Dove stai andando?»
«Voglio tornare negli anni Novanta, come direbbero i Paps’n’skar!» precisò Felipe Macumber, tra un battito d’ali e l’altro, mentre uno strano vortice lo faceva allontanare da Interlagos 2015.
«Anni Novanta?» ripeté Luigi Filippo. «A fare cosa, se non sono indiscreto?»
«A fare un po’ di casino! O magari a fare il social justice warrior, combattendo con tutte le mie forze contro i piloti che si atteggiano a bulli con i loro colleghi.»
«Tipo?»
«Ci sarà qualcuno tipo Checo che schiavizza quello scoiattolino indifeso di Estebaby minacciandolo con spray al peperoncino!»
Luigi Filippo spalancò i suoi occhi da gufo.
«Succede davvero?»
«Così mi ha riferito Crashtornado. La ragione per cui lui e Checo fanno fatica a sopportare di essere all’interno della stessa stanza è Estebaby. Se lo sono conteso come schiavetto e alla fine Estebaby ha ceduto alle minacce di Checo, nonostante quelle di Pastor fossero ben più temibili!»
«E allora perché vuoi andare a fare il social justice warrior negli anni Novanta invece di concentrarti su di lui? E poi i social justice warriors combattono il bullismo facendo i cyber bulli nei confronti di chiunque e negli anni Novanta non puoi fare il cyber bullo!»
«Non c’è un perché lo voglio fare...» Felipe sospirò, rassegnato. «E va bene, c’è. Anch’io spero un giorno di potere schiavizzare Estebaby e di trasformarlo in un piccolo me stesso. Ora però, scusa un attimo, secondo me siamo già negli anni Novanta. Fermiamoci qui. Cosa vedi?»
«Brasiliani vestiti in modo strano che saltano, cantano, urlano, agitano striscioni al vento... tutto questo senza che in pista ci sia nemmeno una singola vettura.»
«Tutto regolare. Possiamo fermarci e iniziare a guardarci intorno. Sono sicuro che qualcuno che ha un flacone di spray urticante nascosto nel taschino della tuta c’è.»

Bertrand Gateau era alquanto insoddisfatto: quel tizio con la mascella larga quanto le spalle che, nell’attesa del giorno in cui avrebbe coronato il proprio sogno di diventare telecronista per la BBC, trascorreva le proprie giornate occupando il ruolo di terzo pilota della Williams, non l’aveva invitato al festino improvvisato per il suo compleanno. La ragione? Non era al corrente della sua esistenza, come accadeva anche al resto della popolazione mondiale.
Si rivolse al suo compagno di sventure, che sembrava fin troppo concentrato nella contemplazione della propria vettura, che occupava l’ultima posizione sulla griglia di partenza.
«Ehi, David?»
«Sì?»
«La cosa non ti turba?»
«Mi turba eccome! Ci tocca gareggiare, quando potremmo chiuderci in un armadio insieme alle grid girl, come progettano di fare i nostri compagni di squadra! Te l’avevo detto cosa dovevamo fare! La strategia vincente era andare più piano di loro, non qualificarci e andare noi nell’armadio!»
Non era la risposta che Gateau sperava di ricevere, ma dopotutto non poteva aspettarsi altro: David Bratz era uno squilibrato... doveva esserlo per forza, se aveva il coraggio di mettersi al volante di un’auto tamarrissima con il logo di MTV a caratteri cubitali e addirittura sostenere che fosse più bella della Pacific.
Non c’era niente di più bello della Pacific, peccato che fosse un catorcio, ma quel dettaglio non aveva importanza, quando si avevano armi segrete di un certo livello.
David doveva avere capito che aveva qualcosa in serbo per il futuro imminente.
«A cosa stai pensando, Bert?»
«Al momento in cui conquisterò i primi punti.»
«Ne hai già conquistati. Prima, nella partita a briscola...»
«I punti a briscola sono irrilevanti.»
«Permettimi di dissentire. Mio padre mi ha sempre spiegato, fin da quando ero bambino, che se non fossi riuscito a diventare campione del mondo come lui avrei dovuto cercare di vincere almeno un campionato di briscola.»
Bertrand non aveva tempo per pensare alla briscola.
«Oggi faremo faville, io e te. Non ci resta che fare irruzione al...»
«Nell’armadio!» lo interruppe David. «Dobbiamo fare irruzione nell’armadio e procacciarci un paio di grid girl. Il senso della nostra giornata cambierebbe!»
«Il senso della nostra giornata cambierà lo stesso» precisò Bertrand. «Facciamo irruzione alla festa, stordiamo tutti con un po’ di spray, in particolare quel ragazzino che si vanta della visuale dell’Arquibancadas che c’è dalle finestre della casa di sua nonna, e prepariamoci alla nostra cavalcata trionfale!»
«Quale spray?»
Ah, già, David Bratz non aveva mai dato peso al suo passato da aggressore di tassisti! La cosa non aveva importanza. Di lì a poco avrebbe capito qual era la strada giusta da seguire, specie quando avrebbero mandato Rubens Barrinho in overdose di peperoncino, facendogli saltare il gran premio di casa.

«Oh, guarda!» esclamò Felipe. «C’è il padre del nostro amico Verstappino.»
«Del nostro... cosa?!» replicò Luigi Filippo Nazario. «Quel tipo mi sorpassa troppo spesso perché io possa considerarlo un amico. Però già che ci siamo potremmo convincere la signora Versty a lasciare Versty Sr, così non metteranno mai al mondo Verstappino! Non è ancora nato, vero?»
«No, ma non credo che possiamo spingerci a tanto» replicò Felipe. «Però possiamo convincere qualcuno a fare strike e a buttare fuori pista Versty Sr, così, tanto per divertirci un po’!»
«E come lo convinciamo?»
«Mhm... non so», Felipe si guardò intorno, «lascia fare a me! Mi è venuta un’idea!» Riconosciuto Eddie Leopard gli si avvicinò con fare circospetto e gli si posò su una spalla.
Luigi Filippo Nazario gli si posò sull’altra spalla.
«Ehi, uccellacci del malaugurio!» Eddie cercò di scacciarli. «Cosa ci fate qua?»
Felipe iniziò a pronunciare la parola magica, subito imitato da Luigi Filippo.
«Fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a,...»
Eddie spalancò gli occhi.
«What?! Lo sapevo, nella torta di David Mascella c’era qualcosa...»
«Fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a, fi*a» ripeté Felipe, «Quando vedi Versty mettiti a pensare alla fi*a! Pensa a intere distese di fi*a!»
Poi spiccarono entrambi il volo.
«Oh, sìììììììì!» Eddie era ormai fuori controllo. «Viva Versty e la fi*a!»
Stava urlando e si beccò un’occhiataccia da tutti i suoi colleghi, radunati intorno a David Mascella in attesa di scroccare una fetta extra di torta.
A Eddie non importava più niente delle torte: una volta giunta l’età dell’andropausa si sarebbe concentrato sul cibo. Prima, però, aveva altro da fare.
A proposito, che fine avevano fatto le grid girl? Erano sparite tutte nel nulla! Ah, già, era colpa del regolamento, che su ventotto piloti ne ammetteva soltanto ventisei alla gara, costringendone due a trovarsi un passatempo alternativo.
Eddie strinse i denti, mentre i due pennuti si allontanavano in volo.
“Potevo puntare alla Pacific, piuttosto che alla Jordan.”
Aveva commesso un grave errore di valutazione e qualcuno ne avrebbe pagato le conseguenze... magari proprio Versty. Eddie aveva sempre più il desiderio di rifilargli una vigorosa sportellata, che era esattamente quello che Versty si meritava: le partner erano una fonte infinita di gioia e andavano trattate con rispetto, cosa che lui non faceva, e ne avrebbe pagato le conseguenze.
Si allontanò per riflettere sul senso della vita.
Sulla griglia di partenza Bertrand Gateau e David Bratz confabulavano tra loro, passandosi qualcosa di nascosto.
Lo invitarono ad avvicinarsi e accadde tutto molto in fretta. Gateau gli stava per spruzzare addosso dello spray, quando uno dei gufi di poco prima glielo strappò di mano con un colpo d’ali. Non solo, dopo averlo afferrato nell’ala fu lui a spruzzarlo in faccia al pilota della Pacific.
David ne approfittò per andare a nascondersi. Evidentemente era convinto che i gufi fossero animali pericolosi.
Eddie non la pensava così.
In realtà non pensava a nulla che avesse a che vedere con i gufi: quello che contava era la fi*a... e sbattere fuori Versty.

Ignaro del grave pericolo che aveva appena subito, Rubens Barrinho mangiava la terza fetta di torta. Era buona quasi come quelle che gli cucinava sua nonna tra una profezia e l’altra.
Non sapeva che l’unica ragione per cui aveva appena scampato il pericolo era l’Apocalisse dei Gufi di cui sua nonna gli aveva lungamente parlato. Non sapeva che ciò che stava vivendo in quel momento stava cancellando definitivamente qualcosa di già accaduto; qualcosa come un assalto con spray urticante che, in quello che era ormai diventato un universo parallelo, non gli aveva permesso di prendere il via alla gara.
Rubens alzò gli occhi al cielo. Due gufi svolazzavano sopra di lui e sembravano mandargli strani cenni di saluto.

Fuga attraverso il tempo.

Felipe Macumber e Luigi Filippo Nazario, sempre nella loro forma alternativa di gufi, stavano volando ad ali spiegate per allontanarsi da una fonte di pericolo del tutto inaspettata, che li riempiva di dubbi sull’ipotetico consumo di sostanze illegali avvenuto a loro insaputa. Doveva essere colpa di quello spray di Bertrand Gateau... quel tipo era un soggetto pericoloso, avrebbe dovuto essere radiato dalla griglia di partenza di tutti i gran premi futuri... il che tutto sommato aveva buone probabilità di verificarsi, nonostante nessuno volesse farlo radiare. Chissà, magari dopo essersi conquistato il proprio spazio nell’armadio con le grid girl si sarebbe dato una calmata... o almeno era quello che Macumber sperava per il futuro. Per il momento l’unica cosa che gli interessava era il presente, dove un soggetto armato di retino per farfalle stava cercando in tutti i modi di catturarli, dopo che Luigi Filippo aveva deciso di mettersi a trolleggiare come un Pastor qualsiasi, andando a sabotare i pit-stop di quei poveri team sprovveduti che, poco avvezzi com’erano ai rifornimenti di benzina in gara, non avevano ancora capito che oltre a rifornire le vetture di benzina dovevano anche farlo nel minor tempo possibile, magari senza dare fuoco a nulla nel frattempo. Non c’erano state fiamme, per il momento, però le cose non sempre erano andate bene.
«Ed è tutta colpa tua!» borbottò Felipe, a becco stretto, sotto la costante minaccia del retino per farfalle. «Come ti è venuto in mente di sabotare il pit-stop dell’idolo di casa mentre era in testa al gran premio?»
«Non ho fatto nulla di sconveniente» replicò Luigi Filippo Nazario. «E poi l’idolo locale, in qualità di ultimo pilota ad essere diventato campione del mondo con la McLaren Honda, merita di essere sabotato, così come il suo team, anche se nulla ha a che vedere con la McLaren Honda.»
«Incollare sul lollipop una foto di Flavio Gregoraccio in costume da bagno, mentre ride con un’espressione da trollface, potrebbe non essere stata apprezzata.»
«Forse no.»
«Infatti in questo momento, nel caso ti sia sfuggito, Frank Williams ci sta inseguendo armato di retino e intende catturarci e sottoporci a un interrogatorio di terzo grado per scoprire chi siamo. Se ci dovesse individuare, siamo spacciati. In particolare lo sono io: sono sicuro che nel 2013 si ricorderebbe di me e mi lascerebbe senza un volante!»
«Ma Frank Williams dovrebbe essere in sedia a rotelle?»
«Esatto. Il fatto che invece ci stia correndo dietro mi preoccupa profondamente. Credo che ci sia qualcosa che non quadra... in noi, non in tutto il resto!»
«Noi, però, dobbiamo andarcene al più presto» puntualizzò Felipe Macumber, «Dato che abbiamo già salvato Rubens Barrinho da un triste destino e che abbiamo sabotato la gara di qualsiasi altro pilota. Che cosa ne dici di trasferirci in un anno a caso, tipo nel 1999?»
«Nel 1999? A fare cosa?»
«A divertirci un po’!»
Luigi Filippo Nazario espresse le proprie perplessità.
«Sei sicuro che il tuo concetto di divertimento possa essere apprezzato dalla gente sventurata che incontreremo?»
«E tu sei sicuro che le foto di Flavio Gregoraccio siano state apprezzate dalla gente che abbiamo incontrato adesso?»
«Sicuramente!»
«Io ho seri dubbi... comunque non c’è problema! Guarda, non ci sono più retini per farfalle. Non c’è più Frank Williams. Non c’è più nulla.»
I due gufi stavano venendo risucchiati ancora una volta dalla spirale temporale che li avrebbe condotti laddove un tempo era accaduto un risultato epico che rischiava di essere cancellato per sempre dal loro intervento.

Stephane Sarry (pronuncia: “sarrì”) non era molto convinto.
«Secondo te non faremmo meglio a chiuderci di nascosto in uno stanzino con le grid girl, invece di scendere in pista?»
Marc spalancò gli occhi.
«Vuoi dire che vuoi dissssssssertare l’unica gara di Formula 1 della tua carriera per inssssssseguire lasssssss chicasssssss come farebbe el nuesssssstro amigo Eddie Leopard?»
Stephane, che come al solito faticava a capire che cosa volesse dire Marc Genius, ribattezzato da tutti Geniussssssssss, per la sua parlata spagnola piena di doppie S, lasciò perdere tutte le proprie iniziative: niente stanzino, niente grid girl... però quella vettura, con la quale peraltro aveva battuto le Arrows in qualifica e dato sette decimi allo stesso Genius, era estremamente adorabile... e quei gufi che giravano lì intorno, poi...
«La Formula 1 è epica» decretò.
«Sssssssssse ne sssssssei convinto» borbottò Genius, cercando di scacciare i gufi.
Quello era un affronto terribile, che Stephane non riusciva a sopportare.
Brandendo un’immaginaria baguette si avvicinò a Genius e, dopo avergliela puntata alla gola, gli ricordò: «I gufi sono dalla nostra parte! Non vedi che sono dei minardisti?»
«Nessuno è un minardisssssssta» obiettò Genius, «Mi dispiace deluderti, Ssssssarry, ma nel momento in cui ti ritirerai e a nessuno importerà nulla ti renderai conto de essssssta trisssssste verdad. Comunque vai tranquillo, manca ancora un’ora abbondante a quel momento. Buena sssssuerte.»
Stephane abbassò la baguette, rimanendo spiazzato.
Quegli adorabili gufetti gli facevano tenerezza, mentre con il becco tentavano di svitare i bulloni che tenevano l’ala anteriore attaccata al resto della vettura.
Si avvicinò ad accarezzarli, notando che uno dei due aveva un piumaggio fluente, mentre l’altro sembrava un po’ più spelacchiato.
Una volta terminata la sua carriera nel motorsport, decise, sarebbe diventato un bird watcher.
«Siete proprio carini, lo sapete?» borbottò, accarezzando il gufo spelacchiato, che continuava imperterrito il proprio lavoro di svitatura. «Se oggi dovessi essere in grado di chiudere la gara a punti... va beh, non esageriamo, in top-ten... anzi, tra i primi quindici, è più realistico, vi eleggerò a mie mascotte personali!»
Il gufo spelacchiato rispose: «Certo, Sarry, sono sicuro che ce la farai.»
Stephane spalancò gli occhi.
I gufi parlavano?
No, non parlavano.
Dal momento che non era un tossico, non era sotto l’effetto di sostanze illegali. Forse doveva dormire di più, invece di trascorrere le notti a giocare alla playstation immaginandosi di essere Rubens Barrinho in testa al gran premio del Brasile su una Stewart proprio in occasione della sua centesima partenza...

Rubens Barrinho aveva ben poche ragioni di essere soddisfatto: in testa al gran premio del Brasile in occasione della sua centesima partenza c’era stato, ma non era durata che fino al primo pit-stop. A quel punto, per qualche strana ragione, erano comparsi due gufi.
Erano suoi fan.
Rubens ne era stato sicuro fin dall’inizio: erano suoi fan ed erano venuti a incitarlo.
Però avevano combinato qualche disastro, forse del tutto involontariamente, così come quando erano andati a beccare il retrotreno della vettura.
Dovevano avergli sabotato il motore.
L’avevano fatto senz’altro, ancora involontariamente, quello era chiaro, perché i gufi non avevano l’abitudine di sabotare le gare altrui... o sì? Era quella l’Apocalisse dei Gufi?
E quello strano senso di stordimento che era sorto in lui, come se in qualche momento precedente avesse vinto il gran premio del Brasile su una Stewart da dove derivava?
Se l’era sognato.
Se l’era indubbiamente sognato, ma non ricordava quando.
In più aveva un impegno importante: doveva andare a consolare un giovane pilota depresso, che appoggiato contro un muretto da venti minuti buoni urlava qualcosa che aveva a che vedere con dei gufi.
“Ancora gufi?!”
Rubens gli si avvicinò.
«Scusa, Sarry, se ti disturbo, ma mi sembri un po’ sconvolto. Per riprenderti dallo shock ti consiglio di prendere parte al festino brasiliano che sto organizzando per stasera con l’aiuto di Pedro Denise [cit. Murray Walker].»
«Sì, sono sconvolto» ammise Stephane. «Ero certo che avrei terminato la gara. Non solo, ero anche certo che sarebbe stato un risultato apprezzabile... invece ho perso mezza macchina. Credo che dei gufi mi abbiano sabotato.»
«Maledetti gufi!» sbottò Rubinho. «Mia nonna ha sempre detto che un giorno o altro avrebbero provocato l’Apocalisse.» Sospirò, amareggiato. «Nel mio caso credo che abbiano già iniziato. Avrei dovuto essere sul podio, invece là ci sono solo un finlandese che ha una moglie che non ride mai e i due pretendenti di una certa Corinna... il mondo è ingiusto!»
«Sì, il mondo è ingiusto» confermò Stephane. «I gufi hanno risparmiato Genius e ciò non mi soddisfa per niente.»

«Ehi, aspetta!» esclamò Luigi Filippo Nazario. «Sbaglio o avevi detto che volevi sabotare la gara di Genius?»
«Era quello l’intento» convenne Felipe Macumber, «Ma temo che abbiamo sbagliato monoposto. È tutta colpa tua, ancora una volta.»
«Colpa mia?! E, sentiamo, cos’avrei fatto?»
«Hai confuso la macchina di Sarry con quella di Genius.»
«Sarry mi sembrava più confuso di me. Ero convinto che lui avesse sbagliato macchina e stesse contemplando quella del suo compagno di squadra.»
«Per non parlare della tua decisione di sabotare Johnny Maggiolino Herbie.» Anche quell’idea si era rivelata fallimentare, Felipe Macumber non poteva negarlo. «A parte che non so da dove ti sia venuto fuori il sospetto che potesse avere parlato male di te in qualche servizio del 2015, purtroppo per te ancora una volta hai sbagliato macchina! Mi hai costretto ad aiutarti a commettere un crimine! Rubens Barrinho avrebbe potuto finire sul podio, senza il nostro intervento!»
Luigi Filippo scrollò le ali con indifferenza.
«E allora?»
«E allora stiamo riscrivendo la storia, ma non nel migliore dei modi.»
«Questi sono dettagli. Io non volevo nemmeno farla l’Apocalisse dei Gufi. A quest’ora dovrei essere a giocare a briscola con Sony Ericson.»
«E io dovrei essere a casa di mia suocera a convincerla che tutto sommato fare una cena per quattrocento persone è meglio che giocare a briscola. So che non è un’impresa semplice, però mi sono scocciato di stare qui.»
«Cambiamo anno.»
«Anche perché non possiamo fare altrimenti.» La spirale temporale li stava già avvolgendo e Felipe Macumber ne sentiva gli effetti. «Mhm... Luigi Filippo?»
«Sì?»
«Anche a te sembra che ci sia una certa umidità, in questo momento?»
«Eccome se c’è umidità. Dove siamo finiti?»
«In che epoca, vorrai dire. Io qualche sospetto ce l’ho. Sono certo che, in questo momento, la nonna di Rubens stia scrutando il cielo.»
«E che cosa potrebbe dedurne?»
«Potrebbe dedurne che oggi non pioverà.»

Diluvio universale.

Diluviava e Rubens aveva perso la scommessa.
«Non avevi detto che tua nonna ti aveva assicurato che non sarebbe caduta una sola goccia di pioggia?» Michael sembrava piuttosto divertito. «Credo che tu debba ammetterlo: la meteorologia non è il suo forte. E ora tira fuori i soldi.»
Rubens sospirò.
Si trattava di appena dieci euro, ma in termini di orgoglio la sconfitta era molto pesante.
Proprio mentre passava una banconota al compagno di squadra, Rubens vide due gufi svolazzare intorno al box della Ferrari.
«Guarda!» esclamò Michael.
«Cosa?»
«Quei gufi.»
Rubens scosse la testa.
«No, ne ho abbastanza dei gufi!»
«Guarda quello più spelacchiato» insisté Michael. «Non sembra il nostro caro allievo Felipe Macumber?»
Rubens sgranò gli occhi.
«Tu stai dicendo che quel gufo somiglia a Felipe?»
«Sì.»
«Ma è spelacchiato! Felipe invece ha una chioma fluente.»
«Per ora. Un giorno perderà i capelli.»
«Se lo dici tu...» Evidentemente l'erba brasiliana era la migliore e Michael ne aveva fumata parecchia, in quel weekend. «In ogni caso» gli suggerì Rubens, «Datti una mossa, che tra poco la gara deve partire... e ti assicuro che stavolta non mi fregherai! Ho la vittoria in tasca, me l'ha assicurato mia nonna.»
Michael rise.
«Io invece ho in tasca i soldi che secondo tua nonna avresti dovuto vincere. Sei sicuro che non te l'abbia tirata?»
«Certo che ne sono sicuro. Forse l'ha tirata a te. Mi ha confidato che, secondo lei, finirai in aquaplaning.»
Michael riprese a ridere.
«In aquaplaning io? Guarda che non sono Felipe Macumber!»
Rubens rabbrividì.
L'idea che quel gufo spelacchiato che svolazzava lì intorno insieme a un altro con piume più folte fosse lontanamente imparentato con Felipe non lo faceva stare tranquillo nemmeno un po'.
«Ehi!» esclamò. «Perché sta trafficando intorno alla mia macchina?»
«Non farti domande» gli suggerì Michael. «A volte è meglio non sapere.»

«Andiamocene!» urlava Luigi Filippo. «Mi spieghi che senso ha rimanere qui? Ci stiamo solo inzuppando le piume!»
«Siamo gufi» ribatté Felipe, «è normale che ci bagniamo le piume.»
«Queste risposte faresti meglio a darle a Shining Brunette Star!»
«Infatti è proprio il genere di risposta che darei a lei se avesse fatto la stessa osservazione. Purtroppo però non abbiamo chance di mostrarci a lei in forma di gufo.»
«Un giorno, dopo l’Apocalisse, magari lo faremo.»
«Oh, no, niente affatto!» Quella risposta lasciava Felipe spiazzato. «Nel caso tu non te ne sia accorto, l’Apocalisse è già iniziata!»
«Ah, già.»
«Ora non ci resta che adeguarci.»
«E come vorresti adeguarti?»
Felipe guardò al di sotto.
«Non saprei.»
«Oh, hai visto anche tu?» Luigi Filippo sembrava impressionato da quanto stava accadendo in pista. «C’è Ralph Fire che...»
«Che sta andando a fuoco?»
«No, sorprendentemente no! Però ha perso il controllo della macchina e sta per travolgere il suo compagno di squadra! Non sarebbe un bel risultato per la Jordan, che oggi festeggia il proprio duecentesimo gran premio, nel giorno in cui si svolge il settecentesimo gran premio della storia della Formula 1!»
«Hai mai pensato» domandò Felipe, «Di fare il telecronista?»
«Niente affatto» ribatté Luigi Filippo, «Però ho pensato di impedire tutto ciò!» Si calò sul circuito e prese a svolazzare intorno alla Jordan di Fire... che provvidenzialmente invece di finire addosso al compagno di squadra travolse una B.A.R. «Apocalypse Power! Che la Jordan possa risalire verso il trionfo!» Luigi Filippo tornò a raggiungere Felipe. «Che cosa ne pensi di tutto ciò?»
«Penso che questo sia un sabotaggio bello e buono. Credi che Olivier Penny sia felice di quanto è appena successo?»
«No.»
«Allora perché l’hai fatto?»
«Per rendere felice colui che un giorno guiderà una Ferrari su cui svetta il numero 1. Magari oggi conquisterà la prima vittoria.»
«Non accadrà. Oggi vincerà Rubens Barrinho. Ho dato un’occhiata alla sua vettura, dando una beccata portafortuna al serbatoio...»
«Quindi se Rubens dovesse rimanere a piedi, potremmo dire che è colpa tua!»
«E se Olivier Penny dovesse inseguire Ralph Fire armato di baguette?»
Luigi Filippo sospirò.
«Adesso non vorrai farmi credere che le baguette siano davvero pericolose!»
«Secondo me è pericoloso lasciare delle macchine là abbandonate a se stesse! Guarda, là stanno facendo il festino dell’aquaplaning, andando tutti uno addosso all’altro!»
«C’è una Ferrari!»
«Non è Rubens!»
«Sì, è Michael. È finito fuori nella stessa curva del suo amico Juanpablito.»
«Meglio così! Sono vicini l’uno all’altro. Possono approfittarne per fare una partita a briscola. Chissà chi vincerà.»
«Non hai detto che vincerà Rubens?»
Felipe sbuffò.
«Chi vincerà la partita a briscola, possibile che tu non possa capire cose così immediate? La briscola viene prima di tutto!»
«Un certo pilota della Jordan che, grazie a me, si è appena salvato dal ritiro potrebbe pensarla diversamente.»
«Non lo metto in dubbio.»
«Io, invece, metto in dubbio la vittoria di Rubens. Oh, guarda là...»
Felipe spalancò i suoi occhi da gufo.
«Oh, no, povero Rubens!»

«Avevi ragione tu» fu costretto ad ammettere Rubens, distribuendo le carte. «Mia nonna me l’ha tirata. Da oggi in poi le impedirò di fare pronostici sui miei risultati.»
«Impediscile di fare pronostici anche sui risultati degli altri ventuno piloti» lo pregò Michael. «Non è giusto che tu abbia un trattamento di favore solo perché sei il nipote.»
«Tocca a te» gli ricordò Rubens, indicandogli le carte. «Non perdere troppo tempo. Hai detto tu stesso che non vedevi l’ora di fare questa partita.»
«Sì, vincere partite di briscola è emozionante quasi quanto vincere gran premi.»
«Su questo non posso darti torto.»
«Detto da uno che ha vinto più partite a briscola che gran premi...»
Rubens fulminò Michael con lo sguardo.
«Perché, tu vai fiero di avere vinto più gran premi che partite di briscola?»
Michael avvampò, diventando dello stesso colore della tuta.
«Certe cose non vanno dette ad alta voce. Qualcuno potrebbe sentirti. Ne andrebbe della mia reputazione.»
«Intanto tu butta giù una carta» lo pregò Rubens. «Non possiamo rimanere qui in eterno, dobbiamo andare a vedere se i commissari hanno già finito la loro partita a Monopoli e se hanno già deciso chi ha vinto questa gara.»
«Oh, a proposito della bandiera rossa, girano strane voci nel paddock.»
«Quali voci?»
«Pare che Mark Website sia andato a sbattere perché si era distratto guardando due gufi che facevano un volo acrobatico nel bel mezzo della pista. Qualcuno, addirittura, si è spinto oltre, sostenendo che fossero ancora lì quando è sopraggiunto Fernando Divino. Deve essere la presenza di quei due gufi la ragione per cui ha fatto strike.»
«E la cosa ti preoccupa?»
«No.»
«Non preoccupa nemmeno me, però come organizzatore ufficiale di festini brasiliani devo sapere chi è il vincitore, per scegliere la tonalità di piume giusta. Sarebbe imbarazzante se andassi a rifornirmi di piume grigio argento, intonate con gli sponsor della McLaren, se poi saltasse fuori che la gara non l’ha vinta Kimi Racchetta ma il nostro piccolo eroe Fisi! In tal caso mi servirebbero piume a fiori.»
Michael spalancò gli occhi.
«Perché a fiori? La Jordan è gialla, non a fiori!»
«Lo so che la Jordan non è a fiori» replicò Rubens, «Ma le camicie del suo proprietario lo sono, quindi chi se ne frega degli sponsor, l’importante è che siano in tinta... ma quello che conta di più di tutto il resto è che ci siano litri di caipirinha.»
«E i gufi?» volle sapere Michael. «Li inviterai?»
Rubens non rispose: era troppo impegnato a grattarsi le parti intime e a chiedersi perché una parte di lui fosse da sempre convinta di avere vinto quella gara.

Gufata doppia.

«Non provi anche tu una strana sensazione?» domandò Luigi Filippo Nazario, battendo le sue ali dal rigoglioso piumaggio.
«Una sensazione di che tipo?» volle sapere Felipe Macumber, sempre più convinto che il suo collega fosse un tipo strano. «Il desiderio incontrollabile di andare a sbirciare nel box della Minardi per vedere cosa sta succedendo?»
Luigi Filippo spalancò i suoi occhi da gufo.
«Nel box Minardi? Perché?»
«Perché Versty potrebbe avermi notato.»
«Mi vuoi dire che sei coinvolto nel ritiro di Versty?»
Felipe sospirò.
“Questi ragazzini non hanno ancora capito nulla dalla vita.”
Luigi Filippo scosse la testa. Sembrava contrariato.
«Perché l’hai fatto?»
«Perché se lo merita. Sono sicuro che Eddie Leopard concorderebbe con me!»
«Non me ne frega niente se Versty ha violato il codice internazionale della conservazione della fi*a» ribatté Luigi Filippo. «Non avresti dovuto impedire che la Minardi ottenesse un risultato storico.»
«Se non ci fosse stato Versty al volante» si difese Felipe, «non avrei fatto nulla di tutto ciò. Comunque ormai è tardi...»
«Esatto, è tardi! Era proprio quello che ti stavo per dire prima che tu mi interrompessi. Provo una strana sensazione di disorientamento, come se il nostro destino fosse ormai stato compiuto. Ho la vaga impressione che non ci resti altro che da andare in un ultimo anno a caso a scombinare un po’ le carte in tavola per poi tornare nella nostra epoca.»
«Okay, come vuoi, andremo a scombinare un ultimo risultato, per fare trionfare la giustizia dei gufi, poi ci metteremo tranquilli» concesse Felipe. «Ora, però, andiamo nel box della Minardi.»
Si diressero a controllare.
Se ne andarono subito.
Versty stava dando di matto, lanciando in aria tutto ciò che trovava.
Smise soltanto quando uno dei suoi meccanici di fiducia lo stordì con una bottigliata; trucco poco ortodosso, ma senz’altro necessario per recuperare il mazzo di carte da briscola e quello di carte da poker che mancavano all’appello.
«Nessuno ha fatto caso a noi» osservò Luigi Filippo, non appena furono usciti. «Avremmo potuto fermarci ad assistere all’organizzazione del torneo di briscola post-gara.»
«Non eri tu che avevi fretta?»
«Sì.»
«Ecco, lo sapevo. Sei un tipo strano.»
Luigi Filippo non commentò.
«Dove andiamo?» si limitò a chiedere.
«Un anno a caso» rispose Felipe. «2009, magari.»
«Perché proprio il 2009?»
«Perché io non c’ero e, almeno in tal caso, non posso scombinare il mio risultato.»
«Così non vale.»
«Fai presto a dirlo tu, che non rischi di mandare a monte le tue vittorie.»
«Già... a proposito, quali vittorie?»
Felipe Macumber non fece in tempo a rispondere. Il tempo stava per scadere, aveva ragione Luigi Filippo, ed era opportuno dare il massimo.
Quasi non si accorse del passaggio tra un’epoca e l’altra: c’era ancora umidità, c’era ancora pioggia...
Felipe spalancò gli occhi.
«Pioggia?! Pioggia?! Luigi Filippo, sai dirmi dove siamo e perché sta piovendo?»
Luigi Filippo non rispose.
In realtà a guardarci bene Luigi Filippo non c’era.
Felipe sentì un brivido intenso che gli fece vibrare le penne: non era nel 2009 insieme al collega e non poteva evitargli di fare danni.

«Oh, un gufo!» esclamò il meccanico della McLaren con il lollipop.
Luigi Filippo si rese conto di non essersi nascosto bene.
«Dove?» domandò un altro meccanico.
«Là, non vedi?» Quello con il lollipop lo lasciò andare. «È là che ci guarda e... oh maledizione, Covalana dove stai andando?! Non puoi rubarci il bocchettone del rifornimento così come se niente fosse! Ci serve!»
Luigi Filippo sgranò gli occhi nel notare Heikki Covalana che, come un Filippo Macumber qualsiasi, metteva in pericolo anche Kimi Racchetta come se fosse stato un Adrian Sottile qualsiasi... a proposito di Adrian Sottile, era capitato un piccolo imprevisto, all’inizio, quando lui e Jarno Trottola erano venuti a contatto.
Era stata una cosa da niente, ma nessuno dei due l’aveva presa bene e si erano scambiati una lunga serie di accuse:
«Tu, che passi le gare a sognare il momento in cui porterai la Force India sul tetto del mondo, dovresti essere radiato!»
«Non stavo sognando! Stavo guardando un gufo. Sono sicuro che stavi facendo la stessa cosa anche tu!»
«Ciò non ti riguarda!»
«Mi riguarda eccome, invece, dato che è finita anche la mia gara!»
«Adesso non dare la colpa a me! Sei tu che mi sei venuto addosso!»
«No, sei tu che sei venuto addosso a me. Io non vado mai addosso a nessuno, tranne quando sono armato di bottiglia... A questo proposito, se insisti con il volere avere ragione, possiamo riparlarne stasera al pub.»
«Io non vengo al pub con te! Puoi rimanertene a contemplare gufi per i fatti tuoi!»
Per fortuna tutto si era risolto con la saggia decisione di Trottola di non cedere e di non accettare l’invito di Sottile, ma rimaneva il dettaglio che, come loro, anche i meccanici della McLaren avevano avvistato un gufo soltanto.
Dov’era Felipe?
Era da un po’ che Luigi Filippo non lo vedeva.
Pazienza, si sarebbe concentrato su qualcos’altro, come la scena tragicomica che aveva davanti, in cui la McLaren con il numero 4 e la Ferrari con il numero 2 davano spettacolo nella pitlane.
Vista l’assenza di Felipe avrebbe potuto addirittura mettersi tranquillo a guardare la gara senza più scombinare nulla, a condizione che non gli capitasse un raptus in cui gli veniva voglia di beccare una gomma alla prima macchina che si ritrovava a tiro. Cose del genere succedevano raramente, ma quella era stata una giornata stressante e Luigi Filippo non si preoccupava granché: nessuno si sarebbe ricordato del risultato pre-Apocalisse, quindi non ci sarebbero stati problemi, se avesse cancellato e riscritto una parte di storia.

La gara era finita.
Non era cominciata con il piede giusto e, più Rubens andava avanti, e più aveva avuto l’impressione che tutto stesse andando a rotoli.
“Inoltre sto iniziando a impazzire.”
Se l’era immaginato.
Doveva esserselo immaginato.
Non c’era stato un gufo che gli aveva bucato una gomma; sarebbe stato folle affermarlo, non gli avrebbe creduto nemmeno sua nonna.
A peggiorare la situazione non c’erano grid girl disposte a consolarlo. Tutte stavano saltellando agitando piume di pavone e urlando frasi senza senso tipo “Jensinho for president!”
Per quanto riguardava Jensinho, peraltro, sarebbe passato alla storia, cancellando di conseguenza ogni preoccupazione dei fan nei confronti di Rubens, perché fino a quel momento nessuno aveva mai vinto un titolo guidando una vettura con il numero 22 e perché era passato più di un decennio dall’ultima volta in cui un pilota britannico aveva vinto il...
...
...
...
...Rubens spalancò gli occhi. Perché in quel momento aveva le idee così confuse su come fosse finito il campionato precedente? Eppure c’era lui stesso. Tutti avevano visto che...
...
...
...
...
...a proposito, cos’avevano visto?

Alla radio una voce continuava a gracchiare.
«Hai fatto una scommessa! Ora devi vincerla!»
«Già, fosse facile! Per te che stai lì con il culo appoggiato alla sedia è una cosa da niente, eh?! Non ci sei tu in pista con le gomme da asciutto sotto al diluvio universale! Comunque sì, ce la farò!» Timo Slick era determinato a non perdere terreno: la scommessa fatta con la sua consorte era un’arma a doppio taglio. «Arriverò in top-five e il mio primogenito si chiamerà come il mio unico idolo!»
Non era ancora stato concepito, ma quello era un dettaglio. Timo ne era certo: avrebbe terminato il gran premio del Brasile al quinto posto e un giorno un piccolo Toranosuke Slick avrebbe visto la luce. Isabel non avrebbe avuto alcuna possibilità: quel bambino non si sarebbe mai e poi mai chiamato Mika.
Mancava poco, soltanto tre curve.
Lo sguardo di Timo fu catturato da qualcosa che si muoveva nell’aria.
Mancava ancora meno, adesso ce n’erano due.
«È un gufo!»
«Scusa, Timo, cosa stai dicendo?»
«È un gufo!»
«Di cosa parli?!»
«È un gufo, come un piccione che porta disgrazie!»
«Ehi, Timo, dove hai nascosto l’erba? Lo sai che sarebbe gentile offrirne un po’ anche alla squadra!»
Timo Slick puntò gli occhi sul suo avversario alato. Quell’uccellaccio del malaugurio non gli avrebbe impedito di vincere la sua scommessa!
Il gufo magari no, ma all’improvviso una sagoma ben più veloce di lui lo affiancò e lo sopravanzò una curva prima del traguardo.
Timo rimase con l’amaro in bocca e la consapevolezza che, per mettersi a contemplare un gufo, aveva perso la possibilità di avere un giorno un erede chiamato Toranosuke.

Rubens avanzò, passo dopo passo, verso il compagno di squadra.
Jensinho era piuttosto esaltato e, non accorgendosi che non era l’ennesima grid girl, cercò di schioccargli un bacio sulle labbra.
«Jensinho, lo sai che non sei il mio tipo!» protestò Rubens. «Comunque sono qui per una cosa molto importante...»
«Oh, già, mi vuoi fare i complimenti per il titolo che ho appena vinto.»
«Non proprio. Sono venuto per chiederti se non ti ricordi anche tu di Felipe Macumber che vinceva il titolo l’anno scorso.»
Jensinho annuì.
«Sì, certo che me lo ricordo!»
Rubens si sentì estasiato.
Jensinho confermò: «È stato solo alla fine...»
«Sì, è andata come dicevo io!»
«...quando dopo avere tracannato l’ennesima caipirinha, per riprendersi dalla delusione della sconfitta in pista, si è ricordato di avere in mano l’asso di briscola.»
Rubens abbassò lo sguardo, sconsolato.
Evidentemente era lui che aveva le visioni. Stava invecchiando come Michael e come David, il passo successivo sarebbe stato quello di convincersi di avere visto il numero uno sulla vettura guidata da Macumber e, in sua assenza, anche da Baddy e da Fisy.
“O magari potrei addirittura convincermi di avere vinto questo gran premio.”
A proposito, non era forse successo?

Happy(?) Ending.

«Britney? Princess?»
Nico sussultò.
Quella voce stava chiamando lui.
«Sì?»
«Ti vuoi dare una mossa? La gara sta per partire senza di te! Si può sapere cosa stai facendo?»
Nico si girò verso Lewis e lo guardò con aria innocente.
«Nulla.»
«C’entrano qualcosa i gufi che hai messo in gabbia ieri sera, vero?»
Quell’accusa era spiazzante.
«Mi hai scoperto.»
«Certo che ti ho scoperto. Sei stato un’ora a cercare di comunicare con loro.»
«Ci sono riuscito benissimo» puntualizzò Nico. «La lingua dei gufi è piuttosto facile. Quei due pennuti, però, dicevano cose senza senso. Sostenevano di essere Felipe Macumber e Luigi Filippo Nazario e che io dovevo liberarli, invece di tenerli chiusi dentro una voliera.»
«Tu sei completamente pazzo.» Lewis scosse la testa con aria contrariata, con un gran rumore metallico di catene da rapper. «Certo, non sei l’unico... pare che Felipe Macumber e Luigi Filippo Nazario siano spariti nel nulla, il che è un po’ un problema. Qualcuno noterà la loro assenza, in gara. Il pubblico...»
«Il pubblico sarà troppo impegnato a saltellare, urlare e ballare per rendersi conto di qualcosa. Ora corro a salutare i gufi. Se qualcuno mi cerca, digli che sono in bagno.»
«Niente affatto» replicò Lewis. «Tu vai dai gufi e io vengo con te.»
«A fare cosa?»
«Ad accertarmi di quanto tu sia pazzo.»
«Io non sono pazzo, sono solo poliglotta.»
Lewis parve poco convinto, ma Nico lasciò perdere. Doveva andare a vedere i suoi amici gufi e a scambiare quattro chiacchiere con loro.
«A proposito» volle sapere Lewis, «Cosa ci faceva una voliera nel paddock?»
«Adesso non stiamo a porci troppe domande» ribatté Nico. «Eccoci qua... ehi, ma...»
Spalancò gli occhi, restando senza parole.
«Felipe! Luigi Filippo!» esclamò Lewis. «Cosa ci fate nella voliera dei gufi?»
I due brasiliani si fissarono con aria da furbetti, come se stessero concordando sulla versione dei fatti da fornire.
«Non avrete catturato i gufi per farli cucinare da Romain!»
I due lo guardarono con occhi strabuzzati.
«Cucinare i gufi?!»
«Orroreeeeehhhh!»
Un fulmine squarciò in due il cielo.
«Nico» protestò Lewis, «Perché mi hai portato qui in questa gabbia di matti? Vuoi chiudermi qui anche con loro? Confessa, sei segretamente un serial killer e ci hai portati qui per ucciderci e poter diventare l’unico trionfatore di ogni singolo gran premio.»
Nico scoppiò in una risata fragorosa.
«E, sentiamo, per vincere dovrei rapire Felipe e Luigi Filippo?» Dall’interno della voliera i due gli lanciarono occhiate gelide, per cui Nico si affrettò a correggersi. «Loro si concentrano sulle specialità più importanti come la briscola e lo scopone scientifico.»
Luigi Filippo precisò: «Anche il rubamazzo. Io sono un tre volte campione di rubamazzo.»
«Io invece sono un tre volte campione di Formula 1» osservò Lewis, «Anche se stanotte mi sono venuti dei dubbi. Avevo l’impressione di averne vinti soltanto due e non tre.» Si girò verso Nico. «No, tu non ne avevi vinto nessuno, mi era venuto il sospetto che avesse vinto un titolo uno dei due psicolabili che hai rapito.»
«Io non ho rapito nessuno!»
«Allora spiegami cosa ci fanno chiusi in una gabbia!»
«Io non te lo so spiegare.»
«Sì, però almeno dovresti essere in grado di tirarci fuori da qui» puntualizzò Felipe. «Ormai l’Apocalisse è finita.»
«Apocalisse? Felipe, di cosa stai parlando?»
«Niente, lascia stare. Ci sono cose che voi poliglotti non potete capire, nemmeno parlando nella lingua dei gufi. E comunque no, Lewis ha ragione, tu non hai mai vinto nessun titolo!»
Nico fissò Luigi Filippo, sperando di ricevere almeno da lui un minimo di approvazione, ma non ebbe successo.
Si rassegnò, per quanto gli costasse: non bastava saper comunicare con i gufi per comprendere a pieno l’essenza della vita. Non gli restava, e quel discorso valeva anche per tutti i suoi colleghi esclusi i due brasiliani, che concentrarsi su ciò che contava davvero nella vita, come il risultato del campionato di briscola a cui la Formula 1 faceva da contorno, per esempio.

FINE.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per essere arrivato/a fino in fondo. Se vuoi, fammi cosa ne pensi con un commento. :-) Puoi farlo anche in maniera anonima.

Se sei capitato/a qui per caso ti invito a visitare il mio blog, in particolare le etichette "Commenti ai GP" e "F1 vintage".

Se invece mi leggi abitualmente e sei arrivato/a qui di proposito, ti ringrazio per l'apprezzamento e spero continuerai a leggermi.

Buon proseguimento di giornata (o a seconda dell'orario, di serata, o buona notte). <3

Milly Sunshine