lunedì 11 settembre 2023

Pole Position, i guerrieri della Formula 1 - documentario del 1980, le mie impressioni

Oggi intendo parlarvi di un documentario sulla Formula 1 che ho visto questo fine settimana (al momento attuale è reperibile in italiano su Youtube) risalente al 1980, considerato seguito di "Febbre della Velocità", che era uscito due anni prima nel 1978 e che avevo già commentato, stroncandolo abbastanza perché era tutto un susseguirsi di scene di incidenti, anche gravi, in modo decontestualizzato, con scene crude ai limiti dello splatter destinato e del voyeurismo.
Come già più volte specificato, non sono d'accordo con la censura contemporanea e penso che le immagini di incidenti possano essere mostrate, ma 1) in modo contestualizzato, specie per andare a indagare sulla dinamica, 2) limitandosi il più possibile al mostrare rottami di auto e barriere, evitando il più possibile di mostrare cadaveri e soprattutto evitare di mostrarne inquadrature dettagliate. Detto questo, ero un po' prevenuta nei confronti di "Pole Position, i guerrieri della Formula 1"... e ammetto di essermi dovuta ricredere.




Se "Febbre della Velocità" era costruito in gran parte sulla base di interviste fasulle tanto quanto una puntata di "Drive to Survive", è un documentario di gran lunga più degno del termine, che alterna scene di gara a qualche breve intervista e a scene - non sempre contestualizzate - in cui a gareggiare sono altri mezzi, tra cui moto, midget, funny car, motoslitte e altro. In più, mentre il precedente film era incentrato soprattutto sugli incidenti, sul pericolo e sulla morte, questo è molto più incentrato sulle competizioni sotto tutti i loro aspetti e gli incidenti mortali - seppure mostrati a sorpresa - sono comunque inseriti nell'ambito di una loro logica. Per esempio l'incidente di Roger Williamson viene mostrato quando si parla del circuito di Zandvoort, come in un successivo momento viene ripercorso l'incidente di Tom Pryce parlando di Kyalami e del pericolo dell'attraversare la pista nel corso di un gran premio. Certe scene crude non sono state risparmiate, ma per quanto non fossero probabilmente necessarie al cento per cento, vi ho visto un'impronta molto più rispettosa che non nel precedente documentario.

Viene ripercorso qualche evento del 1979: viene mostrato Gilles Villeneuve nel suo famoso giro su tre ruote in Olanda, nonché qualche scena dal Gran Premio d'Italia, dove vediamo Jody Scheckter sul podio insieme a Clay Regazzoni. In realtà ci sarebbe anche Villeneuve, sullo stesso podio, ma vista la sua bassa statura è in gran parte nascosto da una bottiglia di champagne e da un trofeo. Ci sono alcune interviste, nel corso del documentario, e l'intervista più lunga è probabilmente quella di Scheckter, che prima appare mentre si sta radendo la barba e poi mentre fa colazione stando senza maglia. Gli viene chiesto come sia cambiata la sua vita da quando è diventato campione del mondo e che cosa ne pensi suo figlio. Facendo qualche piccola ricerca, ho verificato che l'unico figlio di Scheckter già nato ai tempi era il primogenito Toby, che aveva appena un anno! Il 1979, comunque, viene fatto terminare così, come se dopo Monza non ci fossero state altre gare. Si passa quindi al 1980!

Il campionato inizia in Brasile... o meglio, il campionato in realtà inizierebbe in Argentina con la vittoria di Alan Jones, ma ciò non viene minimamente mostrato nonostante il futuro campione del mondo venga brevemente intervistato. Si inizia quindi direttamente dal Brasile, per poi passare a Long Beach. Vediamo la prima vittoria in Formula 1 di René Arnoux a Interlagos, per poi passare al circuito americano, laddove avviene il grave incidente di Clay Regazzoni - di cui sono presenti nel film alcune interviste risalenti a prima dell'infortunio. Successivamente diversi piloti vengono mostrati a bordo di un aereo diretto verso il Sudafrica per il gran premio successivo. A Kyalami in realtà si è corso prima che a Long Beach, ma immagino sia una licenza poetica! In ogni caso sull'aereo vengono intervistati vari personaggi, tra cui alcuni piloti svegliati appositamente allo scopo. Uno di questi è Bruno Giacomelli che dice che in quel momento stava sognando di vincere una gara con l'Alfa Romeo!

Apprezzo moltissimo il sogno di Giacomelli e mi dispiace non sia mai divenuto realtà. Oltre a lui, comunque, vengono intervistati anche altri piloti tra cui Elio De Angelis, Riccardo Patrese, Eddie Cheever, ecc... Giacomelli viene in seguito mostrato anche mentre insieme a De Angelis, Cheever e al pilota della Brabham Ricardo Zunino mentre vanno a visitare uno zoo safari. A seguire si passa poi a Montecarlo e l'ultimo gran premio in ordine cronologico che viene mostrato è quello del Belgio. Ancora una volta l'ordine cronologico è una licenza poetica, dato che l'evento è stato disputato prima di quello di Montecarlo. Dopo si parla di Monza, infatti, parlando dell'incidente che ha provocato la morte di Ronnie Peterson e nel quale anche Vittorio Brambilla ha riportato un grave infortunio, due anni prima (Peterson è morto l'indomani, l'11 settembre 1978, quindi oggi è l'anniversario della sua scomparsa) e di come ciò sia stato usato come scusa per depennare, al momento, Monza dal calendario.

Dopo una carrellata di oltre un'ora e mezza di motorsport vintage e di qualche considerazione che ricorda molto i fanbase più moderni - si afferma tra le righe, a un certo punto, che il motomondiale sia meglio e più vicino al pubblico! - si passa quindi al finale, con le immagini che tornano sul podio monzese del 1979. Si è parlato in precedenza di quanto questo successo sia stato incoraggiante per l'automobilismo italiano e di come abbia contribuito anche alla scelta di Osella di tentare il passaggio in Formula 1, la voce narrante si sofferma sul fatto che dopo il successo per la Rossa siano arrivate le difficoltà. Il film si chiude con una speranza, ovvero che presto la Ferrari possa tornare al successo. Mancavano giusto vent'anni all'arrivo del successivo mondiale piloti, ma non penso che nel 1980 qualcuno potesse fare una previsione così catastrofica per il futuro.

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Milly Sunshine