Andiamo avanti con il successivo capitolo e con un po' di giorni nostri alternati a un flashback.
CAPITOLO 8
Tina non aveva chiuso la porta a chiave, ma non si aspettava che qualcuno entrasse senza nemmeno bussare. Oliver Fischer, a quanto pareva, era l'uomo delle sorprese.
«Chi ti ha detto di entrare?» borbottò, tra i denti.
«Ho pensato che difficilmente saresti stata nuda, dato che sei venuta a preparare le valigie» replicò Oliver.
Senza attendere di essere invitato, dopo avere richiuso la porta, si avvicinò a Tina, la quale, invece di fare ciò che avrebbe dovuto, stava fissando una fotografia un po' scolorita che teneva sempre, all'interno di una vecchia agenda sulla quale non era appuntato quasi nulla, dentro una delle sue borse da viaggio.
Fischer, per il momento, non fece caso alla fotografia, del resto doveva avere altri pensieri per la testa, dal tono con cui le domandò: «Quindi andrai in Inghilterra?»
Tina mormorò, seccata: «Vedo che le notizie volano.»
«Me ne ha parlato Veronica» la informò Oliver. «Quando pensavi di dirmelo?»
Tina decise di buttarla sul ridere e gli strizzò un occhio, scherzando: «Temi che a Silverstone mi possa trovare un altro uomo?»
«Temo che qualcuno ammazzi o me o te» mise in chiaro Oliver. «Ti devo ricordare che fine ha fatto Mirko?»
Evidentemente Fischer non aveva affatto voglia di scherzare. Tina scosse la testa, replicando: «Lo so perfettamente e spero possa avere giustizia, ma evidentemente questo dimostra che l'assassino aveva delle priorità.»
«Ovvero?»
«Ovvero sbarazzarsi di lui, non di noi, altrimenti Mirko sarebbe vivo e noi saremmo morti.»
«Non ti facevo così cinica.»
«Non è cinismo. Non credo di avere fatto nulla che possa spingere qualcuno a volermi uccidere, così, da un giorno all'altro.»
Oliver puntualizzò: «Molto probabilmente nemmeno Mirko lo pensava.»
Tina ammise: «Su questo devo darti ragione, tuttavia non cambia le cose. In Inghilterra potrebbe accadere qualcosa di importante per il mio futuro. Non siamo nemmeno fidanzati davvero e vuoi già tarparmi le ali? Non c'è da stupirsi che Selena Bernard ti abbia lasciato e si sia messa insieme a Edward.»
Oliver sbottò: «Tu non sai niente di me e Selena.»
Tina insisté: «Eri un maniaco del controllo?»
«No, affatto.»
«Uno stalker?»
Oliver rimarcò: «Sei l'ultima persona che dovrebbe permettersi di darmi dello stalker. Ti devo ricordare per quale ragione hai deciso di trasferirti nella tua attuale dimora?»
Tina lo ignorò.
«Sei uno di quei pazzi che vogliono controllare ogni singolo aspetto della vita delle loro partner?»
«Non sono né un pazzo che assilla le partner, né un pazzo che ti vorrebbe come partner» chiarì Oliver. «Puoi fare quello che vuoi della tua vita. Mi limito soltanto a ricordarti che sei stata tu a ingaggiarmi perché venissi in giro con te per scoprire chi ti tormenta e pararti il fondoschiena. Non posso fare molto se ti prendi su e te ne vai in Inghilterra per partecipare a un'intervista televisiva fatta per compiacere quella fetta di pubblico che vuole vedere a tutti i costi uno scontro aperto tra te e la Thompson.»
«Non sono io a decidere gli argomenti portanti delle interviste, purtroppo» rispose Tina. «Purtroppo non tutti sono come eri tu, quando lavoravi per la televisione.»
«Grazie per l'apprezzamento.»
«Di nulla.»
«No, davvero, è bello sapere che il modo di lavorare non era disprezzato proprio da tutti.»
«Quando non facevi domande imbarazzanti a Edward Roberts era un piacere sentirti. Ce l'avevi con lui perché stava con Selena?»
Oliver precisò: «Non tutto ruota intorno a Selena. A quei tempi non la conoscevo ancora, peraltro.»
Tina tornò sull'argomento "intervista": «Ho accettato di andare anche per non destare sospetti. Non so di chi posso fidarmi e di chi no, è meglio comportarmi come farei di solito, non credi?»
«Può darsi.»
«Il tempo volerà, vedrai. Tornerò a casa prima che tu possa iniziare a sentire la mia mancanza.»
Oliver si fece più vicino. Non sembrava più molto interessato alla questione dell'intervista.
«Quella foto?»
Tina gliela mostrò.
«Quattro persone che fingono di essere felici a una cena. L'ha scattata un cameriere, su richiesta di Dalma Hernandez. In seguito me ne ha dato una copia.»
Oliver si interessò: «Che fine ha fatto Dalma Hernandez?»
Tina sviò la domanda.
«Non mi hai ancora spiegato perché Selena ti ha lasciato e si è messa insieme a Edward. Cos'hai combinato?»
«Non ho fatto niente di male» le assicurò Oliver. «Conosceva Edward già da molti anni ed era stata una cara amica della sua prima moglie. Dopo essere rimasto vedovo, Edward non sembrava interessato a rifarsi una vita con un'altra donna, anche se tra lui e Selena c'era una certa attrazione. Nel frattempo io e Selena abbiamo avuto una storia.»
Tina concluse: «Poi Edward si è finalmente convinto, allora Selena ha scelto lui.»
«Qualcosa del genere.»
«Io non avrei fatto la stessa scelta.»
Oliver non commentò quell'affermazione.
«Cosa mi dici della Hernandez?»
«Ha continuato a mandare avanti la squadra di famiglia per diverse stagioni, poi ha iniziato a diventare troppo oneroso» gli spiegò Tina. «Piuttosto che dovere vendere tutti i beni di famiglia e investire il denaro nella squadra, ha optato per una scelta meno romantica, ma più ragionevole dal punto di vista economico.»
Oliver prese in mano la foto e osservò attentamente le persone ritratte.
«Tuo fratello?» azzardò.
«Già, è Christian.»
«Più giovane o più vecchio di te?»
«Siamo gemelli.»
«Andava forte anche lui» osservò Oliver. «Peccato per il suo incidente.»
***
Non appena giunsero davanti alla porta del ristorante, Christian si era già pentito dell’assurda decisione di accettare l’invito. Sua sorella, accanto a lui, era l’unica persona accanto alla quale non gli sarebbe dispiaciuto sedersi, quella sera; anzi, l’unica con la quale non gli sarebbe dispiaciuto parlare. Gli altri due presenti sarebbero stati Dalma Hernandez ed Enrique Serrano e, per motivi del tutto diversi l’uno dall’altra, erano persone che, seppure involontariamente, avevano cambiato la sua vita in peggio.
Tina si girò a guardarlo per un attimo.
«Stai ancora pensando alla tua ragazza?»
Ultimamente la loro madre non parlava d’altro, era quella la ragione che aveva spinto Christian a partire insieme a Tina. La loro madre considerava incapace di gestire la propria vita sentimentale, e solo perché, da quando erano tornati dalla loro vacanza, lui e la sua ragazza non facevano altro che litigare.
Avrebbe potuto preoccuparsi per Tina, piuttosto, che in ventitré non aveva mai avuto - almeno ufficialmente - un solo fidanzato.
«No, non sto pensando a lei» assicurò alla sorella, prima che si mettesse in testa qualche sciocchezza.
Sperò che a Tina bastassero quelle parole, ma non fu così.
«È per Dalma?»
«Cosa?»
«Tu e Laura avete litigato a causa di Dalma, prima, al telefono?»
Christian la guardò con aria innocente.
«Perché avremmo dovuto litigare per via di Dalma?»
Tina gli lanciò un’occhiataccia.
«Sai di cosa sto parlando. Un tempo si vociferava che tra te e lei...»
«Tra me e lei non c’è mai stato nient’altro che un’amicizia» puntualizzò Christian, «Che poi è finita, di fatto, perché non avevamo nulla che ci tenesse uniti.»
Tina scosse la testa.
«Sono sicura che, un tempo, tu avessi un certo interesse nei suoi confronti.»
«Magari lei no» ribatté Christian. «C’è chi dice che a Dalma piacciano le donne. Hai mai pensato che potrebbe essere vero?»
«Quello è solo gossip.»
Christian sorrise.
«Anche il tuo.»
Sua sorella spinse la porta.
«Entriamo?»
Christian si chiese se fosse giunto il momento di sentirsi sollevato. La proposta di Tina lasciava ipotizzare che non fosse interessata ad andare oltre con le proprie congetture a proposito di una sua immaginaria relazione con Dalma Hernandez.
Christian non replicò e, dal momento che sua sorella aveva già varcato la soglia, non poté fare a meno di seguirla all’interno.
Dalma era già seduta. Fece un cenno della mano, nel vederli. Christian e Tina la raggiunsero, guardandosi intorno. Christian ne era sicuro: anche sua sorella si stava accertando che nessuno volesse importunarli. Dopotutto sia loro sia la Hernandez godevano di una certa popolarità, in tutto il Brasile.
Christian si affrettò a sedersi di fronte a Dalma, perché guardare negli occhi lei avrebbe potuto essere meno imbarazzante che fare la stessa cosa con Manuel. Quell’onore sarebbe toccato a Tina, seduta alla sua destra, ma per lei sarebbe stato del tutto insignificante. Per lei non era cambiato niente da quanto, tanti anni prima, avevano smesso di considerarsi avversari e avevano iniziato a considerarsi amici.
Guardare negli occhi Dalma non era troppo difficile, ma Christian preferì evitarlo, finché gli fu possibile. Tenendo lo sguardo puntato sulla tovaglia candida le domandò: «Come stai?»
Il tono di voce di Dalma era piatto, quando rispose: «Tutto bene. Tu, invece?»
«Bene anch’io.»
Chiunque - anche la stessa Tina - avrebbe potuto comprendere perfettamente che non avevano alcun desiderio di parlare.
A peggiorare la situazione, Manuel arrivò proprio in quel momento.
«Sono in ritardo?»
Christian si sforzò di non alzare lo sguardo.
«No» rispose Dalma, rivolgendosi al pilota. «Anche Christian e Tina sono appena arrivati.»
Manuel si sedette.
Christian diede un’occhiata all’orologio, certo che quella serata sarebbe stata molto lunga. Come se questo non bastasse a disincentivarlo, in tutto quel tempo non avrebbe fatto altro che pensare e ripensare al dannato giorno in cui il suo futuro era stato stroncato.
***
Tina fissò la fotografia restando in silenzio per un tempo decisamente troppo lungo. Avrebbe dovuto capire che Fischer avrebbe approfittato della situazione per farle delle domande, ma rimase comunque senza spiccicare parola.
Oliver osservò: «Tuo fratello guarda Dalma in un modo strano.»
«Magari ha solo girato gli occhi verso di lei perché gli dava fastidio il flash» suggerì Tina. «Erano vecchi tempi, la foto è stata scattata con una vecchia macchina forografica.»
«No, davvero» insisté Oliver. «Lo so, è stupido mettermi ad analizzare lo sguardo che Christian ha in una fotografia...»
Tina non lo lasciò finire: «Però, per quanto stupido, lo stai facendo ugualmente, come se fosse proprio quello il tuo obiettivo. A questo punto, funzionerebbe di più se suggerissi "mi parli del legame tra tuo fratello e Dalma Hernandez? Sono molto curioso in proposito e, se non lo fai così, sarò costretto ad arrampicarmi sugli specchi per convincerti a farlo in un altro modo".»
Oliver si sedette accanto a lei.
«Non sono diretto come te, nel dire le cose. È un mio difetto.»
«Un difetto bello grosso, a mio parere» ribatté Tina. «Non fraintendermi, è quasi una benedizione quando si tratta di fare domande ad altri, ma questo non significa che debba funzionare così anche con me. Io sono quella che ti paga, non un soggetto su cui devi indagare.»
Oliver ribatté: «Sei il primo soggetto su cui devo indagare, invece. Il mistero su cui stiamo indagando potrebbe nascondersi nel tuo passato, eppure del tuo passato so solo quello che mi racconti tu. Non so chi eri, ai tempi in cui è stata scattata questa fotografia, e non so nemmeno chi fossi prima.»
«Cosa vuoi sapere?»
«Tutto quello che vuoi raccontarmi.»
«Da dove devo iniziare?»
«Dall'inizio, quello che per te è l'inizio.»
Tina sospirò.
«Sono nata in Brasile trentotto anni fa. Mi chiamo Tina Menezes.»
Oliver azzardò: «Questo lo sapevo.»
Tina puntualizzò: «Mi chiamo Tina Menezes e basta, non uso altri cognomi, così come non ne usa Christian. È stata una scelta ragionata, da parte dei nostri genitori. Jenys era incinta di sei mesi e destinata a divenire una madre single, quando ha conosciuto Leo Menezes. Lavorava come meccanico nel campionato di Stock Car. Si sono innamorati e Leo ha deciso che voleva stare insieme a lei anche se presto avrebbe messo al mondo non uno, ma addirittura due figli. Ci ha sempre considerati figli suoi e voleva che tutti ci considerassero tali, per questo lui e mia madre hanno deciso che dovessimo essere chiamati solo Menezes.»
«Non ne avevo idea» ammise Oliver. «Non l'ho mai letto nelle tue biografie.»
«Non l'hai mai letto perché è sempre stato un segreto» lo informò Tina. «Di padre ne ho avuto solo uno. O meglio, non solo, in realtà, ma quello che mi ha concepita non ha mai fatto parte della mia vita. Mia madre mi ha detto che faceva parte anche lui del mondo dell'automobilismo, ma non ha mai aggiunto altro.»
«E tu non le hai fatto domande?»
«No. Chiunque fosse, quell'uomo non sapeva nemmeno che esistessi e mia madre non aveva intenzione di dirglielo. Io e Christian avevamo già un padre ai suoi occhi... e anche ai nostri stessi occhi.»
Oliver azzardò: «Tua madre, poi, si è risposata con un italiano. Cos'è successo a Leo Menezes?»
«È andato a comprare la frutta e non è più tornato a casa» rispose Tina, «Nel senso letterale del termine. C'è stata una rapina, nel negozio. Si è messo in mezzo per difendere un giovane commesso e si è beccato una pallottola nella testa. Sono passati trentadue anni da allora, ma lo ricordo come se fosse ieri. Ricordo le parole di mia madre. Ha detto, testualmente: "la nostra vita è finita", anche se poi non è andata così. Credo che tu sappia tutto il resto: l'anno successivo ha conosciuto un italiano che gestiva un squadra kartistica e siamo finiti tutti quanti in Italia. Così come Leo, anche Alberto ci ha sempre trattati come se fossimo figli suoi e per certi versi lo fa tuttora, anche se di è separato da mia madre da molti anni. È stato grazie a lui se io e Christian siamo diventati piloti.»
«Almeno fino al momento dell'incidente per quanto riguarda tuo fratello.»
«Era un'azione di gara, Christian e Manuel proseguivano ruota contro ruota e le loro vetture si sono agganciate. Serrano se l'è cavata senza grossi danni, mio fratello è finito rovinosamente contro un muro. Una parte di responsabilità doveva essere sua, ma sai come funziona: chi si fa male, finisce sempre per apparire come la vittima del sistema. Eravamo amici, tutti e tre, prima di quell'incidente. Dopo le cose sono un po' cambiate e non eravamo molto felici, tutti quanti, di prendere parte a quella cena con Dalma.»
«Quando è stato?»
«Quando io e Manuel siamo diventati compagni di squadra, prima che lo zio di Dalma avesse l'infarto. C'era già scappato quel bacio ti ho raccontato, ma per il momento nient'altro. Non l'avevo nemmeno detto a Shin.»
«Un giorno dovrai parlarmi anche di Jung. Sembra un personaggio affascinante.»
Tina propose: «Posso farlo ora.»
Oliver fu categorico: «Adesso stiamo parlando di Christian e Dalma. C'era qualcosa tra di loro?»
«Come hai fatto a capirlo?»
«Ho tirato a indovinare.»
«Provavano qualcosa l'uno per l'altra, questo sicuramente. Poi Dalma si è tirata indietro, sostenendo che Christian fosse troppo giovane per lei.»
Oliver annuì.
«Ha senso.»
«Dalma aveva diversi anni più di noi» confermò Tina, «E ai tempi io e Christian eravamo ancora molto giovani. Quando Christian si è fatto avanti con lei, aveva al massimo ventidue anni, forse solo ventuno.»
«Quindi» concluse Oliver, «È stata Dalma a dirgli di no.»
Tina annuì.
«Era la cosa più sensata da fare, per quei tempi.»
***
La cena era finita ed era stata uno strazio.
Dalma aveva già chiesto al cameriere di portare il conto, quindi si alzò.
«Vado un attimo in bagno.»
Nessuno parlò. Soltanto Manuel fece un cenno d’assenso. Dalma gli fece un sorriso, in segno di ringraziamento.
Si diresse verso la toilette.
Entrò nell’antibagno e fissò la propria immagine che si rifletteva nello specchio.
Fissò l’immagine che nel corso degli anni aveva cercato di detestare, perché secondo sua madre richiamava vagamente i tratti dell’uomo che non l’aveva mai riconosciuta come figlia, dell’uomo che non aveva mai saputo che era sua figlia.
Dalma abbassò lo sguardo. Provava un immenso disprezzo per tutto ciò che la circondava e per il castello di menzogne su cui la sua vita era sempre stata fondata.
"Un giorno sarà tutto diverso", le aveva sempre assicurato sua madre.
Invece non era cambiato niente, perché non era bene che le cose cambiassero.
Non che Dalma impazzisse dal desiderio di svelare la verità sul proprio concepimento, ma almeno avrebbe voluto potere vivere quella situazione senza sentirsi continuamente sotto pressione. Temeva che, prima o poi, qualcuno potesse fare allusioni spiacevoli.
Per fortuna erano in pochi a conoscere tutta la verità.
Molta gente, in Brasile, era convinta che usasse il cognome Hernandez perché le faceva più comodo che usarne uno più anonimo.
Quella fetta di gente al corrente della sua esistenza, nel resto del mondo, era convinta che usasse il cognome Hernandez perché, come la maggior parte dei brasiliani, ne aveva più di uno e Hernandez era quello prescelto.
Fino a quel momento non aveva mai avuto problemi, ma quanto a lungo sarebbe durata? Dalma era certa che ci fosse qualcuno che ormai sospettava una verità ben diversa, un qualcuno che aveva un’identità ben specifica e che avrebbe potuto causarle notevoli fastidi.
Era immersa in quelle riflessioni, tanto che non si accorse di qualcuno alle sue spalle, se non quando udì una voce che le chiedeva: «Va tutto bene?»
Dalma sussultò.
Alzò gli occhi e, riflessa nello specchio, vide Tina. L’aveva già riconosciuta dal timbro della voce, ma potere osservare la sua sagoma le diede sicurezza.
«Sì, va tutto bene» le assicurò.
«Mi dispiace per com’è andata» aggiunse Tina. «Forse avrei fatto meglio a non portare Christian con me.»
Dalma se n’era accorta: si era comportato freddamente nei suoi confronti, forse perché era l’unico modo che aveva per sconfiggere il sentimento che si sforzava di non provare. Non si era mai fatta illusioni, aveva sempre saputo che Christian non si era mai rassegnato facilmente al suo secco e categorico rifiuto.
«Non c’è problema per me» puntualizzò Dalma. «Lo sai come la penso.»
Tina si girò verso di lei.
«No, non lo so.» Aggrottò le sopracciglia. «Sinceramente non riesco a capire come stiano le cose tra te e mio fratello.»
«Non c’è niente da capire» replicò Dalma. «Io e Christian eravamo amici, un tempo, poi le nostre strade si sono separate. E poi è giovane, maledettamente giovane.»
«Tutto qui?»
Dalma annuì.
«Tutto qui.»
Per lei era sempre stato così, forse.
Non aveva mai creduto di potere avere un futuro insieme a qualcuno, nemmeno con l'unico fidanzato, con cui, in passato, aveva avuto ciò che, in tutta la sua vita, era stato più simile di tutto il resto a una relazione stabile.
Non si era mai fatta illusioni su Christian Menezes. Non si era mai fatta illusioni ed era stato un bene.
Sorrise a Tina.
«Torniamo di là, prima che Christian accusi Manuel di cose orribili di cui non merita di essere accusato?»
Tina sospirò.
«Pensi che lo farà?»
«Non ne ho idea» ammise Dalma, «Ma spero di no.»
Uscire tutti e quattro insieme era stata una pessima idea, non poteva negarlo. Per fortuna quella serata era ormai finita.
***
Oliver si alzò in piedi, evidentemente ormai pronto a congedarsi. Tina avrebbe dovuto lasciarlo andare via, eppure, per la prima volta nella sua vita, sentiva di avere trovato qualcuno che potesse comprenderla e ascoltarla senza utilizzare ciò che aveva sentito per i propri scopi personali. Mirko De Rossi era stato piuttosto chiaro, seppure non fosse sceso nel dettaglio: nella biografia di Patrick Herrmann scritta da Oliver Fischer, tutti i dettagli più scabrosi erano stati accuratamente eliminati, perché la privacy di alcune persone potesse essere tutelata. Se Oliver aveva rinunciato a maggiori profitti in nome della riservatezza, doveva essere la persona giusta.
«Dalma Hernandez sta insieme a mio fratello, adesso.»
Quelle parole spiazzarono Oliver, che la fissò con gli occhi spalancati, senza ribattere.
Tina gli chiese: «La cosa ti stupisce?»
«Molto» ammise Oliver. «Pensavo che le loro strade si fossero definitivamente separate.»
«Lo pensavamo anche loro» chiarì Tina. «Entrambi si sono sposati con altre persone, ma i loro matrimoni sono andati a finire male. Christian è in attesa di divorzio da sua moglie, Laura. Dalma, invece, ha divorziato pochi anni fa.»
«Adesso» osservò Oliver, «Christian non è più troppo giovane per lei.»
Tina scosse la testa.
«Dalma non l'aveva rifiutato per l'età.»
«Perché, allora?»
«Era la figlia della sorella di Hernandez, il fondatore della squadra. Le era stato detto che sua madre aveva avuto una relazione con Leo Menezes.»
«Il padre tuo e di Christian?»
«Che in realtà non era nostro padre.»
Oliver dedusse: «Dalma Hernandez, però, non lo sapeva, e credeva che, dal punto di vista biologico, fosse il suo fratellastro.»
«Proprio così.»
«Come ha scoperto che non lo era davvero, dal punto di vista del sangue?»
Tina spiegò: «A un certo punto ha parlato con sua madre, le ha chiesto chiarezza. Non ha scoperto che io e Christian non siamo davvero figli di Leo, quanto piuttosto che sì, sua madre aveva davvero avuto una storia con Leo, ma era a accaduto ben prima che lei venisse concepita. Lisandra Hernandez era semplicemente l'amante di un uomo sposato, di vent'anni più vecchio di lei, che non ha mai voluto conoscere Dalma, ma che le ha lasciato in eredità parecchi soldi, al momento della sua morte avvenuta un paio d'anni fa.»
Oliver osservò: «Sarebbe interessante, a questo punto, scoprire come Dalma abbia finito per pensare di essere figlia di Leo Menezes.»
«Non c'è nulla di misterioso, in tutto questo» lo informò Tina. «C'era una persona su cui faceva riferimento e quella persona era Donato Franzoni. Prima dell'infarto di Hernandez, prima che la gestione del team passasse a Dalma, lavorava comunque per loro, anche se il suo ruolo era meno centrale. Dalma gli aveva chiesto aiuto per scoprire la verità su suo padre e Donato aveva fatto quello che poteva. Ha scoperto che Lisandra Hernandez era stata insieme a mio padre, ma non sapeva nulla sull'uomo venuto dopo di lui.»
«Questo Donato sbuca fuori ovunque» osservò Oliver. «Peccato che il fine settimana sia finito, mi sarebbe piaciuto parlare con lui ancora.»
«E di cosa?»
«Dei vecchi tempi.»
Tina obiettò: «Non c'è niente da dire, sui vecchi tempi. Dobbiamo pensare al presente, al video, a Mirko...» Ripose la fotografia della cena e infilò alcuni indumenti piegati male dentro la stessa borsa. «Mi raccomando, non abbassare mai la guardia, quando non sarò con te.»
Oliver sorrise.
«Dovrei essere io a farti questa raccomandazione.»
Tina puntualizzò: «L'assassino ha colpito in Italia, non in Inghilterra, è più facile trovarlo da quelle parti.»
«Non se l'assassino è tra noi» ribatté Oliver. «Te lo devo chiedere e ti prego di darmi una risposta sincera: sospetti di Ryan Harvey?»
Tina puntualizzò: «Oggi, parlando con te, Edward e Selena, vi ho già detto chi è l'unica persona che potrebbe avercela con me al punto tale da volere tramare una vendetta nei miei confronti. Non ci sono motivi per cui Ryan avrebbe dovuto uccidere De Rossi, che io sappia.»
«E tormentare te?»
«Nemmeno. Non ci sono ragioni per cui Harvey dovrebbe odiarmi.»
Oliver tornò a sedersi sul bordo del letto.
«E tu?»
Tina non comprese dove volesse andare a parare.
«Io cosa?»
«Tu hai qualche motivo per avercela con lui?»
Tina non aveva alcuna intenzione di rispondere a quella domanda, quindi ricordò a Oliver: «L'ultima volta in cui mi sono confidata con te è stata venerdì sera. È finita con un bacio.»
Oliver ridacchiò.
«Per caso ti è dispiaciuto?»
«Non ho detto questo» ribatté Tina, «Ma mi è sembrato del tutto fuori luogo. Abbiamo commesso un errore, un grave errore.»
«Non mi pare» replicò Oliver. «È stato solo un bacio. Non è che siamo stati a letto insieme. E poi, anche se fosse accaduto, non sarebbe stato un errore se l'avessimo voluto entrambi.»
Tina avvampò.
«Non è il caso di fare questo discorso.»
«Va bene, come non detto» rispose Oliver. «Non sarebbe stato sbagliato per me. Non ho nulla in contrario, se per te non è così. Se per qualche ragione vuoi astenerti dai rapporti sessuali, non...»
Tina lo interruppe: «Basta, Fischer! Ti pare che dobbiamo finire questo weekend parlando di sesso? Comunque, se proprio lo vuoi sapere, non sono così puritana da pensare che il sesso sia sbagliato. Ho avuto dei dubbi, delle volte, in passato, ma solo perché non ero sicura che la persona che avevo di fronte mi piacesse abbastanza, specie se si trattava di una relazione seria.»
Oliver rimarcò: «Adesso sei tu che mi stai parlando di sesso e del tuo atteggiamento nei suoi confronti. Non ti ho costretta a parlarmene. Ti sei lamentata dell'argomento e poi l'hai portato avanti tu stessa.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ammettilo, Fischer, stai iniziando a sentirti in imbarazzo.»
«Assolutamente no.»
«Allora sappi che la prima volta in assoluto che l'ho fatto è stato qualche settimana dopo quella cena.»
«Con Serrano?»
«Con Serrano, quando le cose tra noi andavano ancora bene ed eravamo una coppia felice. Forse parlare di coppia è un po' avventato, dato che ufficialmente non lo sapeva nessuno, ma la scelta delle parole non è poi così importante. Ovviamente l'abbiamo fatto, almeno ogni tanto, anche quando tutto iniziava ad andare allo sfascio.»
Oliver azzardò: «Il tuo amico Jung lo sapeva?»
Tina aggrottò la fronte.
«Jung? Cosa c'entra Shin adesso?»
«Non era forse lui, che aveva previsto l'unione tra te e Manuel?» ribatté Oliver. «Gli avrebbe senz'altro fatto piacere esserne informato.»
«Gliel'ho detto, gliel'ho detto» confermò Tina. «È stato un errore.» Le venne da ridere. «Mi ha fatto delle domande fin troppo intime, almeno finché non gli ho detto che non avrei raccontato i dettagli nemmeno a delle amiche femmine, figurarsi a lui! Comunque mi ha suggerito di scopare il più possibile, perché tutto poteva finire da un momento all'altro, quindi valeva la pena di approfittarne prima.»
Oliver osservò: «Un ragazzo molto pragmatico.»
«Un verginello al quale nessuna l'aveva mai data, anche se ai tempi fingeva di essere uno scopatore seriale» puntualizzò Tina. «L'avevo intuito, ovviamente, e l'avevo pregato, quando finalmente avrebbe fatto il grande passo, di non dirmi nulla, perché tanto l'avrei capito da sola.»
«E l'hai capito?»
«Non c'è stato bisogno: c'ero.»
«Eri una guardona, o sei stata a letto con Jung?»
«La prima ipotesi è molto inquietante, devo ammetterlo» replicò Tina. «Per fortuna, quella vera è la seconda.»
«Wow!» esclamò Oliver. «Devo dire che questo è un plot twist davvero inaspettato. Posso chiederti quando è successo? Non perché voglia impicciarmi nella tua vita sentimentale e sessuale, quanto piuttosto per semplice curiosità.»
«È stato due anni dopo la morte di Manuel. Io e Shin gareggiavamo nello stesso campionato. Eravamo ancora grandi amici e, a un certo punto, qualcosa è cambiato.»
«Vi siete messi insieme?»
«No.»
«Quindi c'è stato solo sesso, tra di voi?»
«Assolutamente» confermò Tina. «Questo l'abbiamo messo in chiaro entrambi, fin da subito: solo sano sesso tra amici e solo ed esclusivamente in assenza di altri impegni sentimentali. Ci siamo dati da fare parecchio e, negli anni a venire, Shin mi ha ringraziato tante volte per quello che ha imparato grazie a me.»
«Quindi è stata una relazione di lunga durata.»
«Preferirei chiamarla non-relazione. Dopo l'esperienza con Manuel, non desideravo in alcun modo avere un'altra storia stabile. Siamo andati a letto insieme, quando capitava, per un paio d'anni. Poi Shin si è fidanzato. Sono stata contenta per lui, ma devo ammettere che un po' mi è dispiaciuto. Mi piaceva come tra noi fosse tutto così semplice e, al contempo, pur essendo sola non lo fossi del tutto. Shin mi consigliava di trovarmi un fidanzato anch'io e, a un certo punto, l'ho anche ascoltato.»
Oliver commentò: «Buono a sapersi. Alla fine è arrivato qualcuno che ti ha fatto innamorare.»
Tina annuì.
«Qualcosa del genere, ma non è stato un grosso successo. Ci siamo frequentati per un mese e mezzo, senza mai andare oltre al petting. Te l'ho detto, sono indecisa, specie quando si tratta di relazioni serie.»
«Perché non siete mai andati oltre?»
«Perché mi ha lasciato prima che succedesse. Ha letto dei messaggi che mi aveva mandato Shin e li ha interpretati male. Non mi ha lasciato il tempo di dargli spiegazioni. Una settimana dopo avermi lasciata, si era già messo insieme a un'altra.»
«Mi dispiace.»
«A me no. Ho capito che l'amore non faceva per me, grazie a lui. Purtroppo non sono mai riuscita a trovare un altro come Shin, ma da quel momento in poi ho avuto solo partner con cui scopavo e basta. Mi sono avvicinata al livello Shin con un altro che, curiosamente, è cresciuto in Australia proprio come lui - però ha origini italiane, non asiatiche. L'ho frequentato per parecchio tempo, senza mai andare oltre al sesso. Non ne volevo più sapere di cavolate come trovare l'anima gemella; questo, almeno, finché non è arrivato Axel.»
«Axel» ripeté Oliver. «E adesso chi sarebbe questo Axel?»
«Il famoso collega sposato del video» chiarì Tina. «Forse mi darai della stupida, ma penso sia stato, finora, il più grande amore della mia vita. Per lui, ho anche smesso di andare a letto con l'italo-australiano, e non era qualcosa che avrei fatto per il primo venuto.»
«L'italo-australiano come l'ha presa?»
«Mi ha detto che si stava innamorando di me e mi ha pregata di ripensarci, ma alla fine l'ha accettato.»
«Potrebbe avere a che fare con il video?»
«Lo escludo.»
«Veniamo ad Axel, adesso.»
Tina gli riferì: «È capitato tutto per caso, ma sono davvero contenta che sia accaduto. Siamo usciti insieme, una sera, per chiarirci dopo un piccolo incidente che era avvenuto tra noi durante una sessione, accorgendoci della nostra attrazione reciproca. Prima che tu me lo chieda, non abbiamo avuto un rapporto completo quella sera, però qualcosa c'è stato e ti assicuro che è capace di fare godere una donna anche senza...»
Oliver la interruppe: «Perdonami, Tina, ma non mi interessa particolarmente di sapere quanto sia bravo questo Axel a usare le mani.»
«Non ti interessa e lo accetto, ma te lo dico lo stesso. Mi basta anche solo pensare a come mi toccava per eccitarmi. Era fantastico, nessuno è stato mai come lui.»
«Te lo ripeto, questi dettagli non sono necessari. Evidentemente questo Axel aveva delle buone qualità.»
«Vorrei mettere in chiaro una cosa, anzi due. La prima è che non era bravo solo con le dita, ma anche con la lingua. La seconda...»
«La seconda non voglio saperla.»
«Peccato, perché la seconda è che è una persona meravigliosa. Non stavo con lui solo perché mi faceva godere, se ti sta venendo questo dubbio.»
Oliver mise in chiaro: «Di dubbio ne ho uno solo e non riguarda le doti di questo latinlover. Riguarda il fatto che si chiama Axel, hai detto. Dovrebbe essere uno che gareggiava nel tuo stesso campionato, indipendentemente dal fatto che sia o non sia presente in questa stagione.»
«Proprio così» confermò Tina.
«Nessuno dei piloti attuali o del passato recente si chiama Axel, di nome» replicò Oliver. «Anzi, anche spingendomi più indietro, a un passato più lontano, non mi risulta alcun Axel.»
«Complimenti, Fischer, sei un ottimo osservatore. Ti viene in mente qualche spiegazione?»
«Che tu volessi mettermi in imbarazzo, quindi ti sia inventata questo fantomatico Axel, mentre in realtà stavi con una persona completamente diversa da quella che hai descritto.»
Tina scosse la testa.
«Risposta sbagliata. Diciamo che, per un maggiore discrezione, avevo deciso di memorizzarlo nella rubrica del cellulare con un nome di fantasia. Gli ho chiesto di darsi uno pseudonimo e ha scelto di chiamarsi Axel, sul mio telefono.»
«Quindi tutto quello che mi hai raccontato è vero?» volle sapere Oliver. «Sia chiaro, non mi riferisco a quello che facevate quando vi incontravate, quanto piuttosto alle vostre dinamiche: tu che stavi con l'italo-australiano, poi c'è stato una sorta di colpo di fulmine con questo Axel, hai chiuso con l'italo-australiano, ti sei incontrata con Axel, vi siete fermati ai preliminari...»
Tina lo interruppe: «Ho chiuso con l'italo-australiano dopo il primo incontro con Axel. Però, te lo ripeto, non stavamo insieme, anche se lui stava iniziando a provare qualcosa per me. Non c'entra con quello che è successo dopo.»
«Non lo sto mettendo in dubbio, sto solo cercando di ricostruire gli eventi» precisò Oliver. «Dopo il vostro primo incontro e la tua rottura con l'altro, cos'è successo?»
«Io e Axel abbiamo iniziato a confidarci l'uno con l'altra, in particolare lui» rispose Tina. «Mi piaceva ascoltarlo, anche se più passava il tempo e più mi rendevo conto che era ancora innamorato della sua ex moglie. Tendeva a respingermi quando provavo a spingermi oltre, a letto, e c'è voluto parecchio tempo per arrivare al tanto agognato rapporto completo. Ecco, con Axel non ho mai avuto dubbi. Non vedevo l'ora di sentirlo dentro di me.»
«Ne è valsa la pena?»
«Di stare con lui?»
«Di averci un rapporto completo» specificò Oliver. «Hai detto che era molto bravo a masturbarti e a praticare rapporti orali. Il suo membro ti ha soddisfatta maggiormente?»
«Fischer, che domande fai?!» lo rimproverò Tina. «Ti sembra il modo di rivolgerti a una signorina perbene?»
«Ho mantenuto un linguaggio civile e pacato» obiettò Oliver. «Inoltre la suddetta signorina perbene mi ha appena raccontato con insistenza dettagli della sua vita sessuale che non le avevo mai chiesto.»
«Mi sembrava che fossi piuttosto interessato, soprattutto ad Axel.»
«Vorrei ricordarti che qualcuno ha girato un video di te e lui a letto insieme. Scoprire come sia nata la vostra relazione potrebbe essermi utile.»
«La nostra relazione, di per sé, non c'entra niente con il video e tutto quello che ne è venuto. Se non ci fosse stato Axel, con me, ma un altro uomo, sarebbe stato lo stesso.»
«Mi fido del tuo intuito, Tina, ma vorrei che non sottovalutassi nessuna ipotesi. Qualcuno poteva avercela con te per la tua storia con Axel?»
Tina negò con fermezza.
«Sua moglie, al massimo, finché non mi sono fatta da parte, ma non credo che mi stia perseguitando da mesi lasciando intendere di potere diffondere un video che, in primo luogo, farebbe cadere suo marito nella bufera. È Axel quello che è sposato, non io. Al di là del fatto che sarebbe un casino anche per me, almeno non distruggerebbe la mia vita privata.» Sorrise. «Credo che avrei comunque ancora una possibilità con te.»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non allargarti troppo, Menezes. Io faccio solo finta di stare insieme a te, e la copertura sta anche saltando più spesso di quanto avremmo voluto.» Si alzò in piedi, definitivamente. «È meglio che vada. Ci vediamo presto.»
Si avviò verso la porta e Tina lo seguì.
«Aspetta.»
«Cos'altro c'è ancora?»
Tina non rispose. Si limitò ad agire, certa che l'avrebbe lasciato spiazzato.
***
Qualcosa sembrava cambiato, dopo il ritorno di Oliver. Il giornalista sembrava fin troppo focalizzato sul caso e troppo poco sui diversivi. Per quanto Dalila ammirasse la sua dedizione, le sarebbe piaciuto di gran lunga staccare almeno per un po' e dedicarsi a qualcosa di più allettante.
«Tu non me la racconti giusta» lo accusò, mentre erano seduti l'uno di fronte all'altra al tavolo al quale Fischer aveva l'abitudine di lavorare. «Cos'è successo con la Menezes?»
«Niente di che» rispose Oliver, in tono piatto. «Come sai, lavoro per lei. Inoltre, mi dispiace dovertelo ricordare, ma tu facevi da tramite tra me e Mirko. Adesso che lui non c'è più, non sono sicuro di doverti riferire tutto quello che succede, specie se non lo riguarda.»
«Non ci provare, Fischer. Mirko mi ha infilata in mezzo a questa storia e voglio arrivarci in fondo anch'io. Anzi, per meglio dire, è stata la tua amica Tina Menezes a cacciarci tutti in questo guaio. Se non avesse cercato il nostro aiuto, a quest'ora Mirko sarebbe ancora vivo.»
«Non puoi dare la colpa a Tina!»
«Infatti non le sto dando la colpa» chiarì Dalila, dal momento che Fischer le sembrava piuttosto irritato da un'accusa che non aveva mai pronunciato. «Non ci sono altri colpevoli, se non l'assassino... che, te lo ricordo, è ancora a piede libero e potrebbe colpire di nuovo. Se la cosa ti lascia del tutto indifferente, non puoi pretendere che anche per me sia la stessa cosa. Ho solo trentasei anni, penso di essere troppo giovane per morire.»
Oliver replicò: «Ho solo un anno in più di te, anch'io mi sento troppo giovane per morire e, in ogni caso, indipendentemente dall'età, non sogno certo di farmi ammazzare. Sono consapevole dei pericoli a cui andiamo incontro, proprio per questo ti ho suggerito di farti da parte. Ufficialmente, io sono il fidanzato della Menezes. Tu puoi ancora tirartene fuori. Nessuno verrà a cercarti, se badi agli affari tuoi.»
«Sei troppo ottimista» obiettò Dalila. «Ho collaborato con Mirko per anni, la persona che l'ha ucciso sarà sicuramente al corrente della mia esistenza. Ormai ci sono dentro e non ho alcuna intenzione di uscirne.» Si alzò e si avvicinò a Oliver. «Mi dispiace deluderti, Fischer, ma non ti sbarazzerai tanto facilmente ti me.» Allungò una mano a sfiorargli i capelli biondi. «Sono sicura, però, di essere in grado di rendere meno deludente la nostra vicinanza. Non ti sembra che faccia un gran caldo, oggi?»
«Sì, ma cosa c'entra?»
«Allora perché non ti slacci un po' quella camicia?» Oliver si ritrasse, ma Dalila non si arrendeva tanto facilmente. «Dai, Fischer, lasciati andare, altrimenti penserò seriamente che tu ti sia innamorato della Menezes.»
«Non sono innamorato della Menezes» le assicurò Oliver.
«Mi fa piacere sentirtelo dire, ma vorrei che tu me lo dimostrassi.» Con un salto, Dalila si sedette sul bordo del tavolo e si sfilò la T-shirt, sotto alla quale sfoggiava un reggiseno di pizzo che lasciava poco spazio all'immaginazione. «Non vedevo l'ora che arrivasse questo momento. Tu no? È stato un fine settimana così stressante, per te.»
Oliver sospirò.
«Sei logorroica, oggi. Bisognerebbe metterti un tappo in bocca.»
«Allora slacciati i pantaloni» gli suggerì Dalila, «Perché quel tappo che hai lì sotto, in bocca, me lo metterei molto volentieri.»
Oliver avvampò.
«Sbaglio o eravamo qui per parlare dei fatti di questo weekend appena passato?»
«Esatto» confermò Dalila. «Eravamo. Tempo imperfetto, non presente. Dimenticati di Tina, della sua intervista in Inghilterra e di tutto il resto. Adesso ci sono io, con te.»
Aveva sempre avuto un certo ascendente su di lui e sapeva di poterlo convincere facilmente. Non si sbagliava. Presto la Menezes divenne solo un ricordo vago e sfumato.
***
Nei giorni che seguirono, Tina cercò di non pensare alla propria conversazione con Oliver, né al bacio - un altro bacio - che si erano scambiati quando il giornalista l'aveva salutata prima di andare via. In particolare, il loro discorso la faceva avvampare, quando si rendeva conto che era accaduto davvero. Cercò di non disturbarlo, non lo chiamò mai e, all'occorrenza, gli mandò qualche messaggio, al quale Fischer rispose prontamente. Ogni tanto la esortava a fare attenzione, ma non c'era nulla da cui dovesse guardarsi.
Non era sola, glielo ricordava ogni volta. Finalmente Claudia Leonardo era tornata al suo fianco e, sventuratamente, aveva anche scelto l'abito che Tina avrebbe indossato per l'intervista, che si sarebbe svolta all'aperto, con Silverstone sullo sfondo. Dal momento che in Inghilterra la pioggia non era inusuale, Tina sperò con tutte le proprie forze che il meteo avverso potesse impedirne il regolare svolgimento, ma ebbe sfortuna.
Accanto a lei, Amber Thompson appariva meravigliosa, con il suo volto che bucava lo schermo e la capacità di apparire elegante perfino con un sacchetto della spazzatura indosso. Ovviamente non indossava un sacchetto della spazzatura, ma un abito che, in qualche modo, somigliava a quello di Tina. Naturalmente le donava molto di più.
Chi affermava che l'aspetto di Amber avesse contribuito almeno in parte alla sua scalata al successo non mentiva. Il suo sorriso grazioso illuminava i cartelloni pubblicitari, con un effetto molto diverso da quello che avrebbe potuto fare il viso perennemente imbronciato di Tina che, da parte sua, non provava comunque alcuna invidia per la collega.
Il palmares di Amber era di gran lunga inferiore a quello di Tina e, nonostante fosse molto più giovane, era difficile ipotizzare che potesse anche solo avvicinarsi ai suoi risultati. Tutto ciò che aveva, in più di lei, era una bellezza che colpiva, oltre che l'innata capacità di sentirsi a proprio agio durante eventi televisivi di dubbio rilievo e interviste da parte di gente che conosceva a malapena il suo palmares.
Erano sedute una accanto all’altra e, ovviamente, il buonsenso prevedeva che fosse Amber l’oggetto di interesse: tra le due, era l'unica che stava prendendo parte al campionato, quindi l'unica che fosse ancora contemplata dalla scarsa memoria storica del tifoso medio, che puntualmente dimenticava tutto ciò che non fosse successo nelle ultime quarantotto ore, per non dire ventiquattro.
«Amber, tu sei l'unica donna che gareggia nella massima categoria.» Quel dannato conduttore da quattro soldi - uno che, in genere, non prendeva parte a programmi che commentassero competizioni motoristiche, ma che sembrava preso dalla strada - le lanciò un'occhiata eloquente. «Un giorno o l'altro potresti trovarti ad avere una concorrente, se Tina riuscisse a tornare sulla griglia. Come ti sentiresti di fronte a questa prospettiva?»
La domanda era a dir poco ridicola. Tina si morse la lingua per non intervenire e si preparò ad ascoltare Amber, con la vaga speranza che dicesse qualcosa di ridicolo. Purtroppo la Thompson, vista dai propri detrattori come un'oca svampita, non era affatto un'oca svampita e la sua risposta fu articolata e piena di senso.
«Mi sentirei esattamente come mi sento adesso. Per me le gare non sono uno scontro tra donne che gareggiano in mezzo agli uomini, qualora ce ne sia più di una. Quando sono in pista, mi vedo come un pilota, prima ancora che come una donna. Non importa chi siano i miei avversari, l’importante per me è riuscire a batterli.»
«E non ce la farai» borbottò Tina, a denti stretti.
Quelle parole le sfuggirono di bocca, non riuscì a trattenersi. Sapeva che in quel modo dava da mangiare a quelli che volevano vedere una rivalità a tutti i costi, tra di loro, ma prima dell'inizio dell'intervista l'aveva vista pomiciare con Ryan Harvey e, in quel momento, sentiva di non dovere portare rispetto a chi stava accanto a Ryan Harvey.
Se ne pentì nel momento stesso in cui il conduttore la fissò..
«Come hai detto?»
«Ho detto che sono d’accordo» mentì Tina. In realtà c’era un fondamento di verità, nelle sue parole. Per quanto non avesse affermato nulla di tutto ciò, poco prima, doveva riconoscer che il ragionamento di Amber non faceva una piega. «Quello che dice Amber è assolutamente sensato. Io stessa mi identifico come pilota e non come donna, quando sono al volante. Se fossi al posto di Amber cercherei, ovviamente, di dare il meglio di me e di mostrarmi superiore alla concorrenza. È normale che anche per lei funzioni così.»
Il conduttore la guardò con aria di approvazione.
«Sei una ragazza determinata.»
Tina trattenne a stento un sospiro. Se non fosse stata una donna determinata, a quell'ora se ne sarebbe stata a casa a guardare l'intervista di Amber alla televisione, o per meglio dire, ad attendere che arrivasse il giorno in cui una tanto anticipata intervista della Thompson, registrata in quel momento, sarebbe stata trasmessa alla televisione.
Il conduttore azzardò: «Che cosa ne pensano gli uomini delle donne determinate come voi?»
Amber rise. Tina non riuscì a fare altrettanto. Non vedeva l'ora di andarsene, di togliersi l'abito che Claudia le aveva fatto mettere e di non indossarlo mai più.
Quell'intervista era una farsa, ma il conduttore non aveva ancora finito.
«Tu non sei single, vero, Amber? Quindi un uomo che trova qualcosa di interessante in te pare che ci sia.»
Amber annuì.
«No, non sono single. Anzi, credo sia giunto il momento di annunciare che io e il mio compagno Ryan abbiamo già da tempo fissato la data del nostro matrimonio. Ci sposeremo con una cerimonia privata tra dieci giorni.»
Tina fu presa da un forte senso di sconforto. Com'era possibile che l'unione tra quei due fosse ormai imminente? Non aveva alcun senso che Amber sposasse quel tizio, se non era marcia come lui.
Lo sconforto, tuttavia, lasciò ben presto il posto a qualcos'altro, ovvero l'essere interpellata dal conduttore.
«E tu, Tina?»
Si era aspettata una domanda simile, ma l'annuncio del matrimonio imminente della coppia Thompson-Harvey l'aveva totalmente spiazzata.
«Io preferisco parlare della mia carriera, piuttosto che della mia vita sentimentale. Non mi piace mettere in piazza ai miei affari.»
Lanciò un'occhiata ad Amber, che rimase impassibile. Il conduttore, invece, parve infervorarsi.
«Quindi pensi che sia sbagliato il fatto che la tua collega ne parli apertamente?»
«Ciascuno gestisce la propria vita sentimentale come vuole» chiarì Tina. «Io, al posto suo, non mi vanterei di sposare il mio manager, ma è un problema mio.»
«Come rispondi, Amber?» chiese il conduttore.
«Non rispondo» disse la Thompson. «Ciascuno gestisce la propria vita sentimentale come vuole, queste sono le parole appena pronunciate da Tina. Sono d'accordo con lei, almeno su questo.»
«Tornando a te, Tina, preferisci parlare della tua carriera, eppure sei arrivata in una fase di stallo. Pensi che il successo di Amber possa metterti in cattiva luce? Che le squadre pensino che ormai c'è lei, quindi non servi più tu?»
«Il successo di Amber, senza offesa, consiste nel portare la macchina al traguardo. Mi rendo conto che, se fossi al posto suo, anch'io faticherei molto, con la monoposto di questa stagione. Purtroppo la Pink Venus aveva problemi economici già alla fine della scorsa stagione e si sapeva che quest'anno sarebbe stato molto difficile. Al momento attuale Amber viene inquadrata soltanto quando viene doppiata, quindi non penso affatto che abbia soppiantato la mia popolarità. Dubito che potrà accadere tanto facilmente e, se nessuna squadra dovesse cercarmi, non sarà certo per la concorrenza della futura signora Harvey.»
Ancora una volta, Amber non diede segno di volere ribattere, ma il conduttore era di un avviso.
«Tu, invece, come vedi questa stagione? Cosa significa, per te, essere stata ingaggiata come pilota titolare dalla Pink Venus, dopo avere passato le ultime stagioni a gareggiare occasionalmente per altre squadre di fondo classifica, provenienti dalla Diamond Formula?»
Amber rispose, prontamente: «Questa opportunità significa tantissimo per me e sarò sempre grata al team per questa possibilità.»
«E pensi che il tuo successo possa contribuire alla fine prematura della carriera di Tina Menezes?»
«Non mi interessa quanto a lungo durerà la carriera di Tina Menezes. Io gareggio per me stessa, non per scontrarmi con lei. Che ci sia o non ci sia, sempre senza offesa, per me è del tutto irrilevante.»
L'intervista terminò così ed entrambe furono lasciate libere di andarsene. Amber si allontanò in gran fretta, ma Tina decise di seguirla.
«Quindi ti sposi?» le domandò, quando furono a debita distanza dal conduttore e dalla troupe televisiva che aveva fatto le riprese dell'intervista-farsa.
Amber si fermò e si girò.
Il suo volto parve illuminarsi, mentre rispondeva: «Sì, mi sposo.»
«E sei felice?» volle sapere Tina.
Il sorriso della Thompson apparve irritante come non mai, mentre esclamava: «Che domanda! Certo che sono felice!»
«Mi dispiace per te» replicò Tina, con freddezza. «Stai per sposare un grandissimo sacco di merda.»
L'espressione di Amber Thompson mutò all'improvviso.
«Come ti permetti di...»
Le parole le morirono in bocca. Tina ne approfittò per suggerirle: «Chiedi a lui, perché lo descrivo in questi termini. Chiediglielo e, se ti risponderà e vorrai sposarlo ancora, allora i sacchi di merda saranno due.»
Senza darle la possibilità di replicare, si allontanò, lasciandola interdetta. Tutto ciò che desiderava, a quel punto, era andare a raccontare a Claudia quello che era appena successo. Sapeva che la Leonardo l'avrebbe compresa. Da anni e anni ascoltava le sue confidenze e aveva sempre il consiglio giusto. Certo, spesso la rimproverava tacciandola di essere troppo avventata, e non vi era dubbio che sarebbe successo anche quella volta, ma alla fine sarebbe stata al suo fianco, come aveva sempre fatto.
Fu esattamente quello che accadde: la personal trainer le fece una lunga predica per il modo in cui si era comportata, ricordandole che, agli occhi del resto del mondo, Ryan Harvey era un uomo assolutamente rispettabile, ma poi la rassicurò.
«Fidati, Tina, alla fine le mele marce cadono giù dall'albero. È quello che succederà al futuro marito della Thompson e anche la tua cara collega dovrà accettare la realtà. O, in alternativa, potrà scegliere di cadere giù dall'albero insieme a lui, ma sarebbe una caduta troppo brusca e dolorosa.»
«Dovevi vedere come le brillavano gli occhi, mentre parlava di Ryan» replicò Tina, «E come appariva indignata, quando le ho descritto quel bastardo per quello che è. Lo ama sinceramente, nonostante tutto quello che dicono di loro come coppia. Dubito che potrebbe mai lasciarlo.»
«Dovrà scegliere tra la sua carriera e il rimanere accanto a quel grandissimo pezzo di merda» obiettò Claudia. «Credo che sceglierà la prima opzione. Potrà sempre trovarsi un altro compagno, se lascia Harvey. Se sprofonda nel fango insieme a lui, invece, non si tirerà su mai più. Solo una squilibrata potrebbe scegliere di restargli accanto.»
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