sabato 9 novembre 2024

MISS VEGAS - Capitolo 2 // Long fiction ambientata in un AU motoristico

Carissimi lettori, oggi vi propongo il secondo capitolo di questa vicenda, in cui fa la propria comparsa, in maniera più altisonante, Tina Menezes! Buona lettura!


CAPITOLO 2

Oliver Fischer appariva totalmente spiazzato, ma non c'era da sorprendersene troppo. In fondo quella situazione era fin troppo improbabile, in più erano in una viuzza poco illuminata. Lo vide strizzare gli occhi e poi spalancarli di colpo. Passò qualche istante, prima che potesse proferire parola.
«Tina Menezes?!»
«In persona. Sorpreso di vedermi?»
Ancora una volta, Oliver non fu proprio reattivo nel rispondere.
«Diciamo che non eri prima persona che mi aspettassi di incontrare stasera» ammise, infine. «In realtà non mi aspettavo di incontrarti, in generale. Figuriamoci che mi hai appena detto di abitare di fronte a me proprio perché eri attirata dalla mia presenza.»
Tina ribatté: «Detto così, suona incredibilmente male.»
«Avresti dovuto pensarci prima» replicò Oliver, con una certa freddezza. «Cosa vuoi da me?»
«Se ti rispondessi che mi serve aiuto per scrivere la mia autobiografia, mi crederesti?»
«Di solito le persone che vogliono collaborare con me mi contattano sulle mie pagine social ufficiali, oppure tramite conoscenze comuni, non si trasferiscono di fronte a casa mia girando seminudi davanti alle finestre.»
«Non era mia intenzione turbarti.»
«Neanche cercarmi per motivi di lavoro, immagino.»
Tina sospirò.
«Sei troppo perspicace. Hai ragione, se avessi voluto aiuto per scrivere un'autobiografia avrei trovato altri modi per mettermi in contatto con te. Però, in un certo senso, voglio proporti una specie di lavoro.»
«Una specie?»
«Saresti pagato profumatamente.»
«Per fare cosa?»
«È un po' lunga da spiegare.»
Oliver puntualizzò: «Non importa che sia lunga e che io abbia altro da fare, almeno potenzialmente. Dopo quello che mi hai detto, voglio sapere per filo e per segno che cosa ti sei messa in testa. Che cosa vuoi da me? E che cosa sarebbe "una specie" di lavoro? Ho già ricevuto una proposta professionale, proprio ieri, e per quanto non fossi del tutto convinto di accettarla è pur sempre una prospettiva migliore dei tuoi misteri.»
Tina si guardò intorno.
«Non qui.»
«In che senso non qui? Vorresti invitarmi a casa tua?»
Tina ridacchiò.
«Stai calmo, Fischer. Non sono né una criminale né una maniaca sessuale, quindi a casa mia saresti in una botte di ferro. Mi rendo conto, tuttavia, che sarebbe l'ultimo posto in cui vorresti entrare stasera. Per fortuna in queste settimane passate qui in paese ho accumulato una certa conoscenza del territorio. Quindi, se vuoi seguirmi, ti porterò in un posto appartato.»
Oliver obiettò: «Non mi pare ci sia qualcuno, lungo questa strada.»
«In strada non c'è nessuno» replicò Tina, indicandogli le finestre aperte dei palazzi quasi affacciati alla careggiata. «Vieni con me.»
Lasciò che il giornalista la seguisse in silenzio e lo condusse in un piccolo parco, poco illuminato e quindi non preso in considerazione da nessuno, nelle ore serali. C'erano vecchi tavoli di legno rovinato dal tempo ai quali erano accostate panchine altrettanto rovinate. Senza dire nulla, Tina andò a sedersi. Continuò a non proferire parola, aspettandosi che Oliver si accomodasse a propria volta.
Fischer non la deluse.
«Allora?» le chiese, sedendosi di fronte a lei. «Mi spieghi che cosa sta succedendo? Mi hai detto che ti sei trasferita qui, in questo paesello in cul-...» Oliver si interruppe, probabilmente cercando un'alternativa all'espressione volgare che stava per pronunciare. «Qui, in questo paesello tranquillo e ben lontano dal mondo con cui abbiamo a che fare. Ti ci sei trasferita solo per me, hai detto. Devo ammettere - scusami se lo ribadisco - che è un'azione molto curiosa. Nessuno si è mai scomodato di installarsi in un appartamento di fronte a casa mia. A cosa devo questo onore?»
Tina convenne: «Ammetto che può sembrare strano. Io stessa, se qualcuno avesse deciso di affittare un appartamento di fronte a casa mia solo per me, mi preoccuperei un po'. Devo sembrarti una pazza squilibrata.»
«Sono sicuro che ci sia una spiegazione» ribatté Oliver, «Così come sono sicuro che difficilmente mi piacerà.»
Tina annuì.
«Hai perfettamente ragione, dubito che ti piacerà. Vedi, il fatto è che mi sono informata sui tuoi trascorsi. Ci sei tu, dietro alla scoperta degli scandali della Diamond Formula. Con le tue indagini, sei riuscito a far precipitare nel caos uno dei campionati di automobilismo più importanti al mondo, fino a farlo naufragare. Ne sei stato capace semplicemente partendo dall'intenzione di scrivere un libro sulla carriera di Patrick Herrmann... e tra una cosa e l'altra sei anche riuscito ad avere una storia con la sua ultima fidanzata.»
Oliver fu molto secco, nel domandarle: «Pensi di parlare di Selena altre volte, stasera, oppure hai intenzione di smetterla?» Fece per alzarsi. «Attenta a quello che dici, Menezes, perché obiettivamente non me ne importa tanto della ragione per cui, quando mi affaccio alla finestra, mi tocca vederti in mutande e top striminziti. Anzi, sai cosa ti dico? Domani vado a comprare delle tende, così non sono più costretto a vederti.»
«Aspetta» lo trattenne Tina. «Hai ragione, non avrei dovuto tirare fuori questo argomento. Parliamo di te, di Herrmann, del libro che poi è uscito, del fatto che hai scritto solo quello che non infamava la gente che hai intorno, ma soprattutto del fatto che, anche a causa tua, un'intera categoria automobilistica è stata messa in discussione. Ne sei fiero oppure ti sei pentito?»
«Ho fatto solo il mio lavoro» rispose Oliver. «Ho contribuito a riportare alla luce vicende che erano state insabbiate. Mi dispiace che qualcuno ci abbia rimesso, ma non è mia responsabilità. Io stesso ho rischiato grosso per questa storia e una mia collega è stata uccisa. A volte mi dico che devo essere felice di non avere fatto la sua stessa fine e che ho fatto scelte non troppo intelligenti.»
«Del tipo?»
«Del tipo dire testualmente a colui che l'aveva uccisa di essere perfettamente al corrente di quello che aveva fatto nel corso degli anni. Come potrai immaginare, non l'ha presa molto bene. Per fortuna non era armato. Me la sono cavata con una frattura al setto nasale, altrimenti avrei potuto essere morto.»
«Conosco questi retroscena. Se fossi stata al posto della tua cara Selena, sarei corsa immediatamente tra le tue braccia.»
«La vita continua, anche se Selena non è caduta tra le mie braccia. Sono passati sei anni. Ormai non penso più a quello che poteva essere se avesse scelto di stare insieme a me. Forse non sarebbe soddisfatta della sua vita e potrei non esserlo anch'io. Comunque, ti vorrei ricordare, si era detto niente più discorsi su Selena. Dove vuoi arrivare?»
«Voglio arrivare al fatto che ho bisogno d'aiuto e tu sei la persona più adatta ad aiutarmi.»
«Aiuto?»
«Assolutamente. Come ti ho detto, non voglio essere aiutata gratis. Ti pagherei profumatamente e ti farò correre meno rischi rispetto a quelli di qualche anno fa.»
Oliver obiettò: «Non sono tanto desideroso di cacciarmi nuovamente nei casini. Ne ho già avuto abbastanza in passato, non voglio rischiare di morire prima del tempo.»
Tina ribadì: «Non intendo affatto mandarti incontro a morte certa... e nemmeno a morte potenziale, in realtà. Ti assicuro che non correrai alcun pericolo serio.»
Oliver si alzò.
«Grazie per il pensiero, ma non mi interessa.»
«Non andare via» lo pregò Tina. «Non sai nemmeno di cosa si tratta.»
«Non lo voglio sapere.»
Era intenzionato ad andare via, ma non poteva assolutamente permetterglielo.
«Aspetta, Oliver, lasciami almeno spiegare.»
Il giornalista scosse la testa.
«Non ho bisogno di spiegazioni.»
Le voltò le spalle, lasciandole solo un'alternativa per fermarlo.
«Cosa farai? Correrai ad accettare la proposta di lavoro che ti ha fatto Mirko De Rossi, adesso?»
Accadde tutto molto in fretta, seppure Oliver si stesse girando verso di lei molto lentamente.
«Come hai detto?»
«Hai capito benissimo.»
«Vorrei che me lo ripetessi. Sai, non sono di madrelingua italiana, magari ho inteso male.»
«Anch'io non sono di madrelingua italiana, anche se sono cresciuta in Italia» puntualizzò Tina, «E sono sicura che ci siamo capiti benissimo.»
Oliver si avvicinò.
«Cosa sai di De Rossi?»
«So che lavoravi insieme a lui, ma che avete litigato molto tempo fa.»
«Non sai solo questo. Come sai che mi ha fatto una proposta di lavoro?»
Tina non gli diede spiegazioni, non era nella posizione di poterlo fare.
«Rifiuta e accetta la mia.»
«Cosa devo fare?»
Tina gli strizzò un occhio.
«Lo vedi, allora? Ti interessa.»
Oliver tornò a sedersi.
«C'è Mirko De Rossi dietro alla tua proposta, vero? Oppure ci sei tu dietro la sua?»
«Non intendo parlare di Mirko De Rossi, stasera» replicò Tina. «C'è qualcuno che ce l'ha con me e temo voglia farmi del male.»
«Quindi? Hai bisogno di un bodyguard? In tal caso, sappi che faccio tutt'altro mestiere.»
«Non ho bisogno di un bodyguard, nessuno vuole ammazzarmi.»
«Vuole farti del male, l'hai detto tu.»
«Siamo nell'era dei clickbait e delle campagne di online shaming» gli ricordò Tina. «Basta giocare le carte giuste per rovinare - a torto o a ragione - la carriera di qualcuno, oltre che la sua vita. È questo che mi succederà, se non scopro chi ce l'ha con me fino a questo punto.»
Oliver rimase a fissarla, in apparenza pensieroso, per un tempo che a Tina parve infinito. Quel silenzio era insopportabile, perciò riprese a parlare, raccontandogli dettagli che, in linea teorica, avrebbe fatto meglio a tenere per sé, nel caso Oliver si fosse tirato indietro. Si aspettava che, dopo quel resoconto, Fischer parlasse, ma ancora una volta il giornalista rimase zitto, con fare pensieroso.
«Allora?» lo esortò Tina. «Opinioni?»
Oliver la stroncò subito: «Nessuna.»
«Non ci credo.»
«Sei libera di non crederci.»
Tina sospirò.
«Lo so, la cosa non pare molto interessante, ma...»
Oliver la interruppe: «Invece lo è, e non poco. E potrebbe addirittura essere più pericolosa di quanto tu possa pensare.»
Tina scosse la testa.
«No, non...»
Ancora una volta, Oliver non la lasciò finire.
«Se ho ben capito, hai detto che, qualche mese fa, un account dal nome fittizio, su un social network, ti ha contattata spacciandosi per un tuo fan e chiedendoti se avesse potuto mandarti via direct la scansione di una lettera scritta a mano che aveva scritto per te. Tu hai accettato, ma invece della lettera ti ha mandato un messaggio che recitava, testualmente: "so cos'hai fatto". A seguire ti ha inviato degli screenshot e delle gif tratte da un video, di cui ignoravi l'esistenza, in cui sei in atteggiamenti intimi con un uomo non ben riconoscibile, ma che mi hai confidato essere un tuo collega.»
Fece una breve pausa, quindi Tina si affrettò a puntualizzare: «È sposato. Era in profonda crisi con sua moglie. Tra noi è stata solo un'avventura. Quando è tornato insieme alla sua consorte, non c'è stato più niente tra me e lui.»
Oliver chiarì: «Non sono qui per giudicare le relazioni sentimentali e sessuali altrui. Veniamo al punto che ci interessa: questo profilo, poco prima di cancellarsi, ti ha minacciata di divulgare il video, il che avrebbe rischiato di avere conseguenze notevoli. Sappiamo quanto il grande pubblico voglia idoli perfetti e uno scandalo potrebbe avere spiacevoli effetti sul tuo futuro.»
«Appunto.»
«Tu hai idea di chi sia l'autore?»
«No.»
«Hai sporto qualche denuncia?»
«No, non avevo nulla in mano.»
«A me pare avessi parecchio.»
Tina obiettò: «Quel messaggio potrebbe essere partito da ovunque nel mondo. Se anche mi fossi rivolta alla polizia postale italiana, perché in Italia ci vivo e ci passo gran parte del mio tempo, probabilmente non avrei risolto nulla. Tanto più che il profilo è stato cancellato e non si è più fatto vivo, se non in futuro, con altri account occasionali che sono stati cancellati altrettanto velocemente.»
Oliver puntualizzò: «E senza mai divulgare nulla.»
«Già.»
«Ma anche senza chiederti soldi per non divulgarlo.»
«No, mai ricevuto simili richieste.»
«E non ti sembra strano?»
Tina rifletté.
«Non ci ho mai pensato.»
«E hai fatto malissimo» ribatté Oliver. «Siamo di fronte a qualcuno che ha qualcosa di scottante su di te in mano. Potrebbe infamarti pubblicamente, oppure ricattarti... e non ha fatto né una cosa né l'altra. Così come non ha avuto un atteggiamento persecutorio nei tuoi confronti. Voglio dire, hai detto che ti contattava di tanto in tanto. Non si è più fatto vivo, di recente?»
«L'ultima volta circa un mese fa. Però ha lasciato passare più tempo, tra un account fittizio e l'altro, in passato. Potrebbe ricomparire da un momento all'altro. È per questo che, dopo l'ultimo suo messaggio, ho deciso di mettermi in contatto con qualcuno che potesse aiutarmi. E ho scelto te.»
«Ne sono lusingato, ma permettimi, appunto, di farti notare che il suo modo di agire è quantomeno sospetto. Ha in mano un video che potrebbe metterti in difficoltà, ma per il momento non lo usa. Ti sei chiesta perché?»
«No.»
«È possibile che questo video venga divulgato nel dark web?»
Tina fu scossa da un brivido, ma cercò di mostrarsi impassibile.
«Perché farmi sapere della sua esistenza, se circola su siti e community poco affidabili?»
«Esatto, domanda legittima.»
«E come risponderesti a questa domanda?»
Oliver ridacchiò.
«Hai proprio bisogno di me, vero, Menezes?»
«È quello che ti ripeto da quando ci siamo seduti.»
«Eppure è tutto molto semplice, almeno in linea teorica: se non ha fatto niente, per ora, è perché ha intenzione di colpirti, ma vuole aspettare il momento più opportuno. Che mosse hai in mente per il tuo futuro?»
Tina alzò le spalle.
«Nulla di concreto, per ora.»
Oliver osservò: «È probabile che stia aspettando un tuo ingaggio, oppure una collaborazione televisiva, per denigrarti pubblicamente quando avresti qualcosa da perdere. So come funzionano le campagne di odio social. Rischieresti di perdere tutto quello che ti sei appena conquistata.»
«Mhm...» borbottò Tina. «Rimane pur sempre molto imprevedibile.»
«Appunto per questo dobbiam-...» Oliver esitò. «Deve essere smascherato e fermato, anche se non sarà facile. Hai idea dei sospetti su chi possa essere?»
«No.»
«Ne sei proprio certa?»
«Sì. Perché me lo chiedi con quel tono?»
Oliver si difese: «Non te lo sto chiedendo con un particolare tono. Te lo sto chiedendo solo perché capita fin troppo spesso che chi sospetta di qualcuno non parli, perché ritiene assurdi i propri sospetti, oppure perché inconsciamente non vuole crederci.»
Tina precisò: «Non mi sembra di conoscere qualcuno che possa essere riuscito a riprendermi mentre andavo a letto con un mio collega sposato.»
Oliver azzardò: «Può essere stato proprio il tuo collega sposato?»
Tina si irrigidì.
«Non ti permetto di...»
Oliver la interruppe: «Okay, va bene, non volevo mettere in dubbio l'integrità degli uomini che frequenti. Solo, c'eravate voi due, in quel momento. Qualcuno sapeva che vi sareste visti?»
«Noi non l'abbiamo detto a nessuno» rispose Tina, «Ma non sarebbe così sorprendente se qualcuno l'avesse scoperto. Siamo due personaggi noti, in fondo. Nella nostra posizione, capita spesso ci sia un interesse smodato per quello che facciamo, anche nella nostra vita privata.»
Oliver fu costretto ad ammettere che aveva ragione.
Tina proseguì: «So perfettamente dove e quando è stato girato quel video, ma non ho idea di chi possa averlo fatto.»
«Partiamo dal dove al quando.»
«Lo scorso anno, qualche giorno prima che si svolgesse il Gran Premio d'Italia. Questo aprirebbe a due diversi scenari.»
«La gente con cui hai a che fare dal punto di vista professionale, ma anche chi ti conosce per altri motivi.»
«Esatto. Non escludo che qualcuno possa farsi cento o duecento chilometri per intromettersi nei miei affari privati, se pensa che ne valga la pena.»
«A cosa pensi, nello specifico?»
«Cosa vuoi dire?»
Oliver chiarì: «Non so niente della tua vita privata. Non ho idea di chi siano le persone con cui hai qualche contatto, se ci sia qualcuno che ce l'ha con te.»
Tina ammise: «Me lo sono chiesta tante volte e sono arrivata alla conclusione che sia molto improbabile. Ritengo più probabile che ci qualcos'altro, dietro... e prima che tu mi interrompa per insinuare che qualcuno tolleri male il fatto che io abbia avuto successo in un ambiente prevalentemente maschile pur essendo donna, ti assicuro che mi sembra un'ipotesi ridicola.»
«Veramente non stavo per suggerire nulla di simile» obiettò Oliver. «Hai detto tutto da sola, quindi non indignarti per cose che non ho detto. E poi, già che ci sei, spiegami perché questa ipotesi ti è venuta in mente prima di ogni altra cosa e perché hai messo subito le mani avanti.»
Tina sospirò.
«Non li leggi gli articoli contro di me?»
«No.»
«Cosa leggi, allora?»
«Di sicuro non spazzatura clickbait. Sai, Menezes, ho di meglio da fare piuttosto che perdere tempo dietro a certe porcherie.»
«Bene» concluse Tina. «Allora sappi che c'è chi tollera poco il mio modo di comportarmi. Certe svalvolate sostengono che non faccio niente per dimostrare di non prendere ordini dagli uomini e vorrebbero definire per filo e per segno ogni mia azione. Alcune di queste si sono offese quando ho detto che, oltre a non prendere ordini dagli uomini, non prendo ordini nemmeno dalle altre donne, specie se usano la causa femminista come scusa per esercitare il proprio controllo su altre. Da allora, è tutto un susseguirsi di articoli che mi descrivono come il male assoluto per le donne nel motorsport. I miei risultati vengono puntualmente sminuiti, mentre certe performance nulle di alcune loro protette vengono elogiate in tutte le salse. Pensavo ne fossi al corrente.»
Oliver replicò: «Mi dispiace deluderti, ma mi occupo di giornalismo serio, il moralismo da rotocalco proprio non mi interessa. Adesso che parli di un certo tipo di "fonti di informazione" tuttavia, mi sento in dovere di chiedertelo: sei proprio sicura che, dietro quel video, non possano esserci persone di quel calibro?»
Tina rimase ferma sulla propria posizione.
«Quelle persone vivono di clickbait. Sparlano di me perché attirano consensi, quindi like, condivisioni e, indirettamente, sponsor e soldi. Se avessero qualcosa che mi compromette, non farebbero altro che utilizzarlo a loro comodo.»
«Perché, cosa pensi che ne voglia fare chi ha quel video tra le mani?»
«Non capisci. Quelli che mi denigrano nei loro articoli vogliono tutto subito, non hanno pazienza di aspettare. In più, non vogliono colpire me nello specifico, io sono solo un mezzo che hanno a disposizione per apparire. Qui abbiamo a che fare con qualcuno che non vuole usarmi per il successo, ma che proprio vuole distruggermi.»
Oliver rimase in silenzio, in apparenza pensieroso. Tina si chiese se fosse stata una buona idea parlargli di quella fetta di opinione pubblica che aveva la possibilità di darle contro solo per il gusto di farlo. In fondo quelle persone non c'entravano niente con il filmato che la ritraeva in dolce compagnia del collega; esisteva la possibilità che Fischer la accusasse di piangersi addosso e di non fregarsene abbastanza di ciò che persone desiderose di pubblicità scrivevano su social network e sulle pagine web.
Il giornalista le dimostrò che correva troppo e viaggiava di fantasia, limitandosi a domandarle: «Chi pensi ci sia dietro? Devo chiedertelo di nuovo.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non lo so.»
«Se stai cercando di coprire qualcuno...»
Tina interruppe quelle parole sul nascere: «Ti assicuro che non sto coprendo nessuno. Questa tua insinuazione, anzi, mi offende.»
Oliver sbuffò.
«Non è un'insinuazione, Menezes. Mi stavo limitando a farti notare che coprire la persona che ti sta perseguitando mi porterebbe fuori strada. Se vuoi il mio aiuto, devi essere sincera con me, anche se si tratta di mettere in cattiva luce persone alle quali sei affezionata e che non credi fino in fondo possano avere fatto quello che mi hai raccontato.»
Tina chiarì: «Non ho sospetti. Non sono convinta che qualcuno possa avercela con me fino a questo punto. Certo, sono in tanti quelli che non nutrono grande simpatia nei miei confronti, ma in genere si tratta di qualcosa di reciproco.»
«Capisco.»
«Non so se puoi capire.»
Oliver ridacchiò.
«Credimi, Menezes, ti comprendo perfettamente. Io stesso non sono esattamente in cima alle simpatie di molte persone, ma non per questo agiscono contro di me. Qui siamo di fronte a qualcuno che ha deciso di spiarti e di riprenderti in un momento intimo. Chi lo farebbe? Di certo non una persona che prova una lieve antipatia nei tuoi confronti, ma alla quale basterebbe starti lontana per non avere niente a che fare con te.»
«Bene, vedo che ci intendiamo, almeno su questo.» Tina alzò lo sguardo. «Lo sapevo. Hai fatto di tutto per convincermi del contrario, ma sei quello giusto per me. Solo tu puoi aiutarmi a scoprire chi c'è dietro.»
Oliver la guardò negli occhi.
«Lo ammetto, sto iniziando a pensare che non sia una cattiva idea.»
«Così, senza parlare di soldi?»
«Senza parlare di soldi. Hai detto che mi pagherai e lo do per scontato.»
«Quindi accetteresti così, a scatola chiusa?»
«Non ho detto questo» mise in chiaro Oliver. «Semplicemente il denaro non è l'aspetto che voglio approfondire per primo. Io e te non ci conosciamo. Come facevi a sapere che avrei potuto aiutarti? E soprattutto, che cosa c'entra Mirko De Rossi? Perché, ormai non ho più dubbi, sei stata tu a metterlo in mezzo e a chiedergli di farmi una proposta di lavoro. Solo, non capisco esattamente come si incastrino questi aspetti. In che modo una proposta di lavoro da parte di Mirko avrebbe potuto portarmi a te e a tutto questo?»
Tina sospirò.
«Devo davvero raccontarti tutto?»
«Certo che devi raccontarmi tutto» ribatté Oliver. «Altrimenti mi prendo su e me ne torno a casa, lasciandoti da sola con il tuo video e i tuoi dubbi irrisolti.»
Tina si arrese: «E va bene. Immagino che tu sappia che, poco meno di quattro anni fa, sono stata ingaggiata dal team Pink Venus, per venire a gareggiare in Europa - seppure in un campionato mondiale - dopo tanti anni passati in Nord- e Sudamerica.»
Oliver confermò: «Conosco i tuoi trascorsi. So che hai gareggiato in Indycar e Stock Car Brazil, che già in passato varie squadre della Diamond Formula si erano interessate a te, ma avevi sempre rifiutato. Poi, quando la categoria è collassata e c'è stata la fusione tra i due principali campionati mondiali, improvvisamente hai cambiato idea.»
Tina scosse la testa.
«Non è andata proprio così. Non è stato un cambiamento improvviso. Avevo già conosciuto Veronica Young, ai suoi tempi, e c'era già stata qualche trattativa. Poi, la squadra di Scott Young ha chiuso i battenti. Quando la Pink Venus ha ingaggiato Veronica come team principal, ciò che non si era mai concretizzato è diventato realtà. Sono state tre stagioni meravigliose e siamo stati l'unica squadra della Diamond Formula ad avere risultati degni di nota.»
Oliver puntualizzò: «Sono al corrente dei vostri risultati, come del fatto che siano al giorno d'oggi soltanto due le squadre residue della Diamond Formula. Quello che non comprendo è cos'abbia a che fare io con tutto ciò.»
«Molto semplice» ribatté Tina. «Ho sentito parlare tanto di te da Veronica Young. Diceva che hai scatenato un vespaio, che sei andato a scavare in vicende che non ti riguardavano e che hai riportato alla luce uno scandalo sepolto. Ho fatto un po' di ricerche e ho scoperto che anche Edward Roberts e la sua signora pensano la stessa cosa di te. Allora mi sono convinta che tu sia la persona giusta.»
«Aspetta, non capisco. I messaggi sono iniziati lo scorso inverno, o sbaglio?»
«Non sbagli.»
«Lo scorso inverno, però, non gareggiavi più per la Pink Venus.»
«Il fatto che al momento io non abbia un volante non significa che non abbia occasione di parlare con Veronica Young o Edward Roberts.»
«Hai ancora contatti con la Young, quindi?»
«Eccome se ne ho. La squadra mi ha tagliata fuori per faccende legate agli sponsor, dopotutto ho trentotto anni, ormai, sono considerata troppo vecchia per il più importante campionato automobilistico a ruote scoperte del mondo. Facevo comodo perché una donna di successo attira l'attenzione, ma non ero l'unica donna esistente. Quindi ecco che hanno messo Amber Thompson al mio posto, hanno ringiovanito la loro immagine... e c'è molta gente che dice che è più attraente di me, quindi hanno raggiunto tutti gli obiettivi.»
«Tu, però, eri più veloce.»
«Il cash conta di più della velocità.»
«Quindi la Thompson è più sponsorizzata di te?»
«Se avessi meno di trent'anni, anch'io avrei gli stessi sponsor della Thompson. Non mi posso lamentare, tuttavia. Ho avuto una carriera di successo e, ne sono sicura, la prossima stagione non sarò a piedi.»
«Nella stessa serie o in un'altra?»
«Al novantanove per cento altrove. Certo, se qualche squadra storica e importante mi offrisse un ingaggio, non me lo farei sfuggire. Però dubito fortemente che succederà.» Tina rise. «Ormai ho fatto il mio tempo.»
Oliver precisò: «E stai anche divagando parecchio.»
«Sto divagando» convenne Tina, «Ma la sintesi è questa: Veronica mi ha parlato di te, Edward anche, qualcosa l'ha detto anche Selena. Ho avuto modo di conoscere, indirettamente, la tua determinazione, e mi ha fatto un'ottima impressione. Di conseguenza, mi sono informata su di te, negli scorsi mesi. Sono riuscita a scoprire che abiti qui e che, in linea teorica, non vuoi più avere a che fare con certe situazioni problematiche.»
«Eppure sei qui e mi hai offerto una "situazione problematica" su un piatto d'argento.»
«Non problematica come quelle a cui sei abituato.»
«Questo devo riconoscerlo. Almeno qui non ci saranno morti ammazzati, o almeno così mi auguro.»
«Me lo auguro anch'io... comunque è estremamente improbabile.»
«Così come, di questo passo, è improbabile che tu voglia raccontarmi che cosa c'entra Mirko De Rossi.»
«Invece te lo racconto subito. Come ti ho detto, non sono in cattivi rapporti con la Pink Venus e con Veronica Young. Ho accettato la loro decisione e a volte mi invitano come loro ospite, nei fine settimana di gara. Ho pensato che, se tu lavorassi per De Rossi, riusciresti a farti accreditare come giornalista.»
«Quindi, fammi capire, dovrei accompagnarti?»
«Una specie. Ufficialmente non saresti con me, ma potremmo incontrarci liberamente.»
«Quanto hai pagato De Rossi per convincerlo a farmi una proposta di lavoro?»
«Gli ho garantito che avrei pagato io il tuo stipendio e tutte le spese.»
«Oh, ora mi è tutto chiaro.»
Tina puntualizzò: «Mirko De Rossi ti considera un ottimo professionista. Pensa solo che tu sia troppo focalizzato sulla verità e troppo poco sull'interesse personale.»
Oliver obiettò: «Questo sarebbe un male?»
«Mirko dice che dovresti essere più egoista. Hai rischiato di farti ammazzare, con le tue ricerche su Herrmann, e nel tuo libro hai taciuto aspetti che avrebbero potuto renderlo un successo planetario.»
«Ho taciuto solo ciò che doveva rimanere privato.»
«Non ti sto giudicando. Anzi, mi fa piacere che tu non voglia vendere gossip squallidi. Mi fa sentire sicura. Adesso, però, ho bisogno di sapere se pensi di accettare di lavorare per Mirko.»
«Che alternative ho?»
«Puoi sempre seguirmi spacciandoti per il mio fidanzato. Ovviamente sarebbe tutto a spese mie. Veronica Young mi dice sempre che dovrei trovarmi un uomo.»
«Quindi dovrei seguirti in capo al mondo?»
«Non in capo al mondo. La prossima volta sarò ospite della Pink Venus al Gran Premio d'Austria, tra due settimane. Sbaglio o è casa tua?»
Oliver obiettò: «Non ho una casa nel bel mezzo del circuito.»
«Non era questo che intendevo» ribatté Tina. «Sei austriaco, giusto? Un giorno dovrai spiegarmi come sei finito in Italia e, nello specifico, in questo paesino in mezzo al nulla.»
«Tu sei brasiliana» replicò Oliver. «Hai un intero oceano tra te e l'Italia. Come ci sei finita tu, in questo paesino, piuttosto?»
«Naturalizzata italiana» chiarì Tina. «Mia madre ha sposato un italiano quando ero bambina, ho passato più tempo qua che in Brasile.»
«Però hai sempre gareggiato con licenza brasiliana.»
«Era più facile farmi prendere in considerazione dagli sponsor, specie gareggiando in Sudamerica. Non so se tu sappia qualcosa dei miei anni nelle serie minori.»
«Oh, sì» convenne Oliver. «So molte cose di te. So che eri la compagna di squadra di Serrano, nella Formula 3 Brasiliana. Deve essere stato quindici anni fa o giù di lì.»
Tina si sentì trafitta da una lama gelida. Tutto poteva aspettarsi, ma non che Oliver Fischer facesse il nome di Manuel, un nome che avrebbe avuto la capacità di ferirla fino alla fine dei suoi giorni.

Un lampo squarciò in due il cielo, seguito da un tuono che spaccava i timpani. Tina si strinse nella giacca a vento che aveva portato per ogni evenienza e si tirò il cappuccio sui capelli già bagnati. Era lontana quasi un chilometro dalla pitlane e malediceva il momento in cui aveva iniziato quella track walk in solitaria, senza nemmeno portare un ombrello. Non che un ombrello potesse fare molto, in mezzo a quel violento temporale; forse il vento non le avrebbe nemmeno permesso di tenerlo aperto, allo stesso modo in cui cercava di strapparle il cappuccio via dalla testa.
Conosceva Interlagos, conosceva bene le condizioni mutevoli spesso incontrare su quel circuito. Non avrebbe dovuto fidarsi di quel cielo grigio, ma ormai era tardi per tornare indietro. Poteva solo andare avanti, cercando di fare più in fretta che poteva per andare a ripararsi e, all'occorrenza, indossare indumenti asciutti.
Il fragore del vento e dell'acquazzone era talmente forte che non si accorse di qualcuno alle proprie spalle finché non vide un ombrello enorme stagliarsi sopra di lei. Era solido e, per quanto fosse messo a dura prova dal maltempo, reggeva bene in quella situazione.
Alla destra di Tina comparve un giovanissimo asiatico dai capelli decolorati, che indossava una T-shirt dello stesso colore dell'ombrello.
«Bel posto soleggiato, il Brasile» borbottò Shin Jung. «Ci avevo creduto, invece era una truffa!»
Tina si girò verso di lui e gli strizzò un occhio.
«Allora tornatene in Giappone!»
Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata, vista l'allusione al "suggerimento" che Jung aveva ricevuto dai detrattori statunitensi nel breve periodo in cui aveva gareggiato in una delle categorie di contorno del campionato di Indycar.
«Posto probabilmente più aperto di vedute rispetto agli States» ribatté Shin. «Se non altro, almeno i giapponesi sono consapevoli che non tutti gli asiatici con gli occhi a mandorla sono loro connazionali. Se spiegassi loro che mia madre è di Singapore e che mio padre ha origini coreane ma è cresciuto a Macao, di sicuro mi capirebbero. Così come saprebbero che Macao è stata una colonia portoghese, proprio come il Brasile.»
Tina, che conosceva a memoria le origini di Shin, puntualizzò: «Ti sei dimenticato di aggiungere che sei cresciuto in Australia.»
«Dettagli.»
«Non proprio.»
«Nemmeno tu hai specificato di essere cresciuta in Italia.»
«Cosa c'entra? Non stiamo parlando di me!»
Presero a camminare verso la pitlane, riparati dall'ombrello di Shin che, dopo pochi istanti di silenzio, volle sapere: «Come ci sei finita in Italia?»
Tina non aveva una storia interessante da raccontargli, quindi non ritenne opportuno perdere tempo, quando la cosa migliore da fare era correre verso il loro obiettivo.
«Ehi, vai piano!» la pregò Shin, dato che aveva accelerato il passo. «Così non riesco a tenerti sotto l'ombrello.»
«C'è solo una cosa da fare, allora: sbrigati!»
Shin tenne la sua andatura, ma lamentandosi.
«E meno male che sei giovane!» sbottò Tina. «Sei un ragazzino a cui deve ancora spuntare la barba e già hai questi problemi! Neanche ti stessi facendo correre sotto la pioggia.»
«Non ci provare» ribatté Shin. «Comunque ce la faccio ad andare più veloce, è solo che non vorrei né sbatterti in testa l'ombrello, né farti bagnare.»
Tina rise.
«Tutte scuse.»
«Non prenderti troppe libertà con me» ribatté Shin. «Ricordati che ho deciso di mia spontanea volontà di prenderti sotto all'ombrello.»
«Non prenderti tu la libertà di chiudermelo o di togliermelo dalla testa.» Tina abbassò lo sguardo, a osservare le lunghe ciocche che le sporgevano dal cappuccio, ancora grondanti di pioggia. «Mi ha spiazzata, questo temporale di merda.»
«Eppure dovresti conoscere il tempo che fa a casa tua.»
«Non è casa mia. Comunque smetterà a breve.»
«Con questo cielo? No, non è possibile.»
«Credimi» insisté Tina. «Tempo mezz'ora al massimo, poi smetterà di piovere.»
Shin rimase fermo sulla propria posizione.
«È più facile che tu vada a baciare appassionatamente Manuel Serrano che la fine di questo diluvio.»
«Eh?!» Un tuono aveva riecheggiato proprio in quel momento, quindi Tina pensò di avere capito male. «In che senso dovrei baciare Serrano?»
«Lo ritengo più probabile rispetto al bel tempo.»
«Non essere ridicolo.»
Shin gli ricordò: «Sarete compagni di squadra, il prossimo anno, e non mi sembra che tu sia molto soddisfatta.»
Tina alzò gli occhi al cielo, o meglio, all'ombrello che le svettava sopra la testa, replicando: «Non ho mai detto niente contro Manuel.»
«Pubblicamente no, ma ti conosco» ribatté Shin. «Sei preoccupata, vero?»
«Non ho ragione di esserlo.»
«È il favorito degli sponsor.»
«Se fosse così tanto favorito dagli sponsor, forse a questo punto sarebbe già in Europa o negli Stati Uniti» minimizzò Tina. «Non ho niente di cui preoccuparmi. È tutto a posto.»
Non parlarono, lungo il resto della strada che li separava dalla pitlane. La pioggia, nel frattempo, diminuì di intensità e i tuoni si fecero più radi.
Quando arrivarono, i primi raggi di sole iniziarono a farsi largo tra le nuvole. Tina indicò il cielo a Shin.
«Che peccato, non dovrò più baciare Manuel!»
Shin sospirò.
«Peccato! Qualcosa mi dice che sareste una bellissima coppia!»
Tina scosse la testa.
«Non ci penso nemmeno!»
«Perché? Cos'ha che non va?»
«La vita di coppia non fa per me.»
«Non dire assurdità.»
Tina insisté: «Invece lo ribadisco. Non ho intenzione di trovarmi un fidanzato, ho altro a cui pensare.»
«Dimenticavo, per te esiste solo la carriera.»
«Dovresti focalizzarti sulla carriera anche tu. Innanzi tutto non mi sembra che tu venga molto preso in considerazione, in più dovresti cercare di far capire agli americani che quello che pensano dei piloti giapponesi non è vero.»
Shin le ricordò: «Non sono giapponese. Che cosa me ne frega se pensano che gli amici nipponici siano degli sfasciacarrozze?»
Tina precisò: «Non si ricorderanno mai la tua vera nazionalità, quindi tanto vale accettarlo. In più, di te si dice che sei veloce, ma troppo caotico. A lungo andare, non è un grande biglietto da visita.»
Shin obiettò: «Non sei la persona migliore per giudicare cosa sia o non sia un buon biglietto da visita. Anche per te vale lo stesso discorso che hai fatto per Serrano: dovresti essere in Europa o negli Stati Uniti, adesso.»
Tina non aveva voglia di approfondire quel discorso. Si limitò a sgusciare fuori dal raggio di protezione dell'ombrello e ad affermare: «Dobbiamo salutarci, Shin. Il mio team mi aspetta, si chiederanno tutti dove sono finita.»
«Puoi riferire che un principe azzurro ti ha riparata con l'ombrello impedendo che ti bagnassi.»
«Non mi crederebbero, ho i capelli fradici. E poi... principe azzurro? Torna quando ti sarà spuntata la barba. Sei troppo giovane, per me.»
«Questo significa che, se avessi la tua età, mi prenderesti in considerazione?»
«Taci, cretino! Non farmi perdere tempo!»
Si allontanò, mentre Shin sentenziava a gran voce: «Sta tornando il sole, quindi non ti resta che baciare Serrano!»
Tina si mise le mani tra i capelli bagnati. Jung non avrebbe mai imparato a usare un po' di discrezione, non le restava altro da fare che sperare che le sue parole, ben udibili, fossero passate inosservate. Non era, purtroppo, la prospettiva più probabile, e ne avrebbe avuto conferma solo qualche ora dopo.
Perfino il diretto interessato le chiese spiegazioni, alla fine di quella giornata. Tina cercò di sviare l'attenzione dalle assurde parole del "coreano di Singapore e di Macao trapiantato in Australia", addirittura spingendosi a ricordare a Serrano che avrebbe fatto meglio a pensare ai propri risultati, vista la sua deludente posizione di qualifica.
Manuel commentò, con un tono più sprezzante del solito: «I risultati arriveranno. Non tutti, come te, hanno la fortuna di esordire nella migliore squadra.»
Tina gli ricordò: «Questo è un campionato monomarca.»
«Però ci sono squadre che hanno un sacco di soldi da spendere e altre meno» puntualizzò Manuel. «È innegabile che tu sia in una delle migliori.»
«Se ci schifi così tanto, perché non te ne sei rimasto ben lontano?»
«Voglio vincere il campionato. E lo vincerò, dimostrando che a volte vincono anche i migliori.» Le strizzò un occhio. «Anzi, tendenzialmente vincono solo i migliori. Chi va avanti solo per gli sponsor, difficilmente diventa qualcuno.»
Tina sospirò.
«Questo discorso è un po' come un cane che si morde la coda, non trovi?»
«Illuminami, perché non capisco cosa vuoi dire.»
«Nessuno di noi sarebbe qui senza sponsor. Eppure tutti accusiamo i nostri avversari di essere sponsorizzati.»
«Non faccio discorsi filosofici con te, Menezes.» Manuel ridacchiò. «E non certo perché preferisca baciarti.»
Quelle parole strapparono un sorriso a Tina.
«Non preoccuparti, nemmeno io lo desidero.»
«Allora cosa diceva Jung?»
«Fantasie. Nello specifico fantasie sue.»
«Dovremmo dimostrarglielo.»
«Cosa?»
«Che sono sue fantasie.»
Tina azzardò: «In che modo?»
Manuel suggerì: «Ceniamo insieme, stasera. Non succederà niente tra di noi e lo riferiremo a Shin. Ci stai?»
Quella proposta non faceva impazzire Tina di felicità.
«Non mi pare il caso.»
«Perché no?» ribatté Manuel. «Tanto ci toccherà passare parecchio tempo insieme, durante la prossima stagione.»
«Sì, ma è ancora lontana» replicò Tina. «Perché anticipare i tempi?»
Manuel insisté: «Perché abbiamo molto da dimostrare a Shin.»
Tina si arrese: «Va bene, come vuoi. Forse non è una cattiva idea.»
Nei mesi a venire, non avrebbe mai saputo dire con certezza se avesse ragione oppure torto. Esattamente un anno più tardi, tuttavia, avrebbe identificato quella loro cena insieme come l'inizio di tutte le disgrazie.

«Tutto bene?»
La voce di Oliver Fischer arrivò di colpo, facendo sussultare Tina. Gli aveva sentito menzionare Manuel Serrano e a quel punto la sua mente si era rifiutata di farle formulare una risposta.
Tina annuì.
«Sì, sì, va tutto bene.» Si alzò. «Si sta facendo tardi. Credo sia meglio tornare a casa. Tanto ormai siamo d'accordo, no?»
«Non proprio» ribatté Oliver. «Ci sarebbero ancora un sacco di cose da definire», si alzò in piedi a propria volta, «ma hai ragione, si sta facendo tardi. Come vuoi, torniamo a casa.»
«Facciamo la strada insieme?»
«Per me va bene.»
Si avviarono. Erano ormai fuori dal non-vicolo, quando Tina confermò: «Sì, hai ragione, ero la compagna di squadra di Manuel Serrano in Formula 3 Brasiliana.»
«Eri veloce.»
«Prima che arrivasse lui?»
«Cosa vuoi dire?»
«Di solito è così che tutti completano la frase» chiarì Tina. «O meglio, quei pochi che se ne ricordano.»
Oliver replicò: «Non la penso come loro, se è di questo che mi stai accusando. Anzi, non mi sembra di ricordare dei tuoi cali di performance. Si dice che la squadra non vi mettesse nelle stesse condizioni e io ci credo.»
Tina sospirò.
«Sai proprio tutta la storia del motorsport, eh? Credevo fossi un esperto della Diamond Formula, non delle serie minori meno conosciute al grande pubblico.»
«Io non sono il grande pubblico» puntualizzò Oliver. «Scrivere di motori è il mio lavoro. Mi è sempre sembrato opportuno essere informato a proposito di quello di cui scrivo.»
«Una rarità.»
«In che senso?»
«C'è sempre più gente che non si informa e non sa nulla, ma scrive e spara sentenze.»
«È il male della nostra epoca.»
«Nessuno di voi, però, si impone.»
«E in che modo potrei impormi? Posso impegnarmi per quello che faccio io, ma non posso influire sugli altri. Non è in mio potere.»
Tina alzò gli occhi al cielo.
«Quindi lasciamo che dei gran cretini facciano quello che gli pare e non battiamo ciglio?»
Oliver replicò: «Non abbiamo i mezzi per contrastare certi soggetti. Anzi, più la sparano grossa e più hanno consensi. Quelli che fanno rumore piacciono, quelli che si sforzano di dire la verità non hanno possibilità di emergere. Purtroppo non posso fare niente in prima persona. Posso solo sperare che ci sia un cambiamento di mentalità collettiva, ma ne dubito.»
Tina scelse di non ribattere. Percorsero centinaia di metri in silenzio, camminando uno accanto all'altra. Non c'era molto che potessero fare, su questo Oliver aveva ragione, ma non capiva perché fosse così arrendevole. Aveva rischiato di farsi ammazzare, in passato, eppure preferiva rimanere dietro le quinte. Per fortuna presto l'avrebbe schiodato da quel suo stato catatonico.
Fu il giornalista a rompere il silenzio, poco più tardi.
«Come sta Veronica Young?»
«Perché questa domanda?»
«Perché non la sento da anni e mi piacerebbe sapere se sta bene.»
«Diciamo di sì.»
«Mi fa piacere.»
«Presto vi rivedrete, se tutto va bene.»
Oliver ridacchiò.
«Non sono sicuro che sarà molto contenta di rivedermi, ma lo accetterà, in tal caso.»
«Dovrai raccontarmi un sacco di cose sul vostro passato» ribatté Tina. «Mi piacerebbe saperne di più.»
Oliver chiarì: «Non c'è niente da dire. Abbiamo avuto a che fare l'uno con l'altra ai tempi della mia "indagine", se così vogliamo chiamarla, sulla vicenda di Patrick Herrmann. Diciamo che, se io non mi fossi messo in mezzo, la sua posizione sarebbe stata un po' più tutelata.»
«Diciamo pure che, senza la tua indagine, forse la Diamond Formula esisterebbe ancora.»
«Non ne sono sicuro. Io ho aperto il vaso di Pandora, ma quel vaso esisteva già e prima o poi il caos sarebbe esploso comunque.»
«Se lo dici tu...»
«Non ho fatto miracoli, Menezes. Smettila di vedermi come il salvatore dell'umanità o come colui che l'ha distrutta.»
«Umanità... non esageriamo. Il destino del genere umano non dipende minimamente dalla Diamond Formula. Non ho mai insinuato che la gente comune potesse avere qualcosa da guadagnarci o da perderci.»
Ancora una volta, seguì silenzio. Ormai erano vicini a casa, non mancava più tanto. Erano già vicini al portone del palazzo nel quale abitava Oliver, quando Tina gli fece una proposta.
«Vuoi venire a vedere casa mia?»
Oliver la fissò con gli occhi spalancati.
«Cosa...»
Tina si mise a ridere.
«Non ti sto proponendo di fare sesso.»
«Vorrei sperarlo.»
«No, davvero. Ti voglio solo fare vedere l'appartamento in cui mi sono trasferita per avvicinarmi a te.»
«Va bene, ci sto» ribatté Oliver, «Ma sappi che conto di uscirne vivo. Qualunque cosa tu ti sia messa in mente, mi auguro che lo sarò ancora, tra poco.»
«Stanne certo, ne uscirai vivo» rispose Tina. «Nessuno morirà stasera.»
«Speriamo.»
«In che senso?»
«Spero che non muoia nessuno. Non sarebb-...»
Oliver si interruppe di scatto.
«Tutto a posto?» volle sapere Tina. «C'è qualcosa che non va?»
«È tutto a posto» confermò Oliver. «Mi sta solo squillando il cellulare... o, per meglio dire, vibrando.» Lo prese fuori e guardò lo schermo. «Ancora lui?»
Tina azzardò: «Qualche problema?»
Oliver la informò: «È il tuo amico Mirko De Rossi, quindi oserei dire che il problema non è la telefonata, ma proprio chi chiama.»
«Rispondigli.»
«Gli ho già parlato oggi.»
«Avrà bisogno.»
«Ti assicuro che non ho alcun bisogno, io, di sentirlo. Voglio dire, non abbiamo ancora delineato nulla, è inutile che...»
Tina lo interruppe: «Rispondigli. Potrebbe essere importante. Se hai dei dubbi, puoi sempre parlarne anche con lui.»
Oliver accettò la chiamata e portò il telefono all'orecchio. Tina si fece da parte, per non dare segno di volersi intromettersi negli affari altrui.
La conversazione durò pochissimo. Tina se ne stupì: «Più rapido di quanto mi aspettassi, Fischer.»
«Mirko ha detto che deve andare a controllare una cosa al volo, poi mi richiama» la informò Oliver. «Non so cosa sia successo, comunque senza dubbio un imprevisto. Fino a poco prima era desideroso di parlare.»
«E tu?»
«Non tanto, ma abbiamo avuto una conversazione cordiale, come non succedeva ormai da anni.»
«Mi fa piacere, dato che dovrai lavorare per lui.»
Oliver le ricordò: «Se mi è tutto chiaro, dovrò lavorare per te.»
Tina convenne: «Dovrai lavorare per me, ma il fatto che tu riesca ad andare d'accordo con De Rossi è molto rilevante per la buona riuscita dell'incarico.»
«Non te lo garantisco, ma ti assicuro che ci proverò, se la cosa va in porto.»
Tina scoccò a Oliver un'occhiataccia.
«Basta dire "se". Hai già accettato e, se ancora non l'hai fatto, sei sul punto di accettare.»
«Tu non ti arrendi mai, vero?»
«Non quando so che, se insisto, le cose andranno come voglio. Anzi, andranno come devono. Voglio scoprire chi c'è dietro quei messaggi e quel video, non solo per me, ma anche per tutelare l'uomo con cui mi trovavo. Non posso permettere che ci vada di mezzo, la sua vita potrebbe uscirne distrutta.»
«E la tua?»
«Anche, ma io sono coinvolta in prima persona e so di correre un rischio. Non posso permettere che a rischiare sia anche qualcun altro, oltre a me, e senza averne la minima idea.»
«Gliene parlerai mai?»
«No, a meno che non sia strettamente necessario. Abbiamo raggiunto a fatica un equilibrio, non voglio sconvolgere tutto.» Tina non amava parlare di quell'aspetto, quindi si affrettò a cambiare discorso. «Ci vieni adesso, da me, o preferisci aspettare la telefonata di Mirko?»
«Possiamo salire, se vuoi.»
«Quindi non hai più paura?»
«Non ho mai avuto paura.» Oliver rise. «Da che parte si entra? Qual è il tuo portone?»
«Quindi mi guardi da settimane mentre mi spoglio e non sai nemmeno da dove si entra in casa mia?» ribatté Tina. «Non so più cosa pensare di te.»
«Mhm... magari che, nonostante tu ti spogli mettendoti in bella mostra, non sono diventato né un impiccione né uno stalker? E, te lo ricordo, non mi apposto alla finestra per fare il guardone, sei tu che non hai la benché minima discrezione.»
«Il cancello è quello laggiù.» Tina si avviò e Oliver la seguì. «Sarò felice di accoglierti nella mia modesta dimora.»
Lo era davvero, una dimora modesta. La palazzina era vecchia, esattamente come quella in cui abitava Oliver, e l'appartamento era un bilocale. Fischer se ne rese conto subito, non appena varcò la soglia.
«Pensavo potessi permetterti di meglio, Menezes.»
Tina richiuse la porta alle loro spalle.
«Infatti potrei permettermi di meglio, ma non devo dare nell'occhio. I vicini non sanno chi sono. Non so se ci hai fatto caso, ma non ho nemmeno...»
Oliver la interruppe, azzardando: «Non hai messo il nome sul campanello, lo so, me ne sono accorto. Discrezione al massimo, per quanto riguarda la tua identità. Non viene sbattuta in piazza come il tuo seno.»
Tina sospirò.
«Cercherò di tenere chiuse le tende. Tu, però, cerca di non affacciarti troppo alla finestra.»
Oliver le ricordò: «È la finestra dell'appartamento in cui abito. Il mondo non ruota intorno a te e alle tue esigenze. Anzi, dovresti ringraziarmi per averti fatto notare le tue pessime abitudini, invece di lamentarti. Tutto quello che hai fatto in cambio è stato propormi strani lavori.»
«A proposito» osservò Tina, «Mirko De Rossi non ti ha ancora richiamato. Perché non provi a contattarlo tu?»
Oliver cercò di far cadere quella proposta sul nascere.
«Se ha messo giù, doveva avere altro di cui occuparsi.»
«Aspetta un po'» gli suggerì Tina. «Magari tra dieci minuti...»
Oliver non sembrava molto convinto, ma dopo quell'arco di tempo, poco prima di andare via, la accontentò, pur senza riuscire a contattare l'ex collega.
«Ha staccato il telefono.»
«Strano» borbottò Tina. «Va beh, vorrà dire che, se non ti chiama, riproverai domani.»
In quel momento non poteva saperlo, ma Mirko non avrebbe mai più risposto al telefono: era morto.

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