CAPITOLO 6
Era l'ennesima giornata di caos e di accuse reciproche, un problema che di stava trascinando già da qualche settimana. Tina aveva avuto delle tensioni con la Hernandez, in passato, ma aveva sempre cercato di mantenere tutto entro la civiltà. Il suo compagno di squadra Serrano, evidentemente, non era capace di fare altrettanto. Proprio lui che era il favorito, stava urlando contro Dalma, accusandola di congiurare contro di lui.
«Ehi, state calmi!» sbottò uno dei meccanici.
Né il pilota né la team manager vollero ascoltarlo. Anzi, Tina ne era più che sicura, non si erano nemmeno accorti del suo intervento, tanto erano impegnati a sbraitare.
«L’ho detto e lo ripeto!» stava urlando Dalma. «Le tue congetture sono completamente prive di senso. Capisco che tu abbia una fantasia smisurata, ma in tal caso perché non ti costruisci una carriera alternativa come scrittore, invece di inventarti che ti stiamo volontariamente penalizzando?»
«No, boss, non te la cavi dandomi del visionario» replicò Manuel. «Da quando quel nuovo sponsor ha sborsato vari milioni per convincerti a cambiare da cima a fondo la livrea delle macchine, ecco che, ogni volta, ha iniziato a esserci qualche noia. Guarda caso, Tina non ha mai dei problemi e...»
«Taci, Manuel! Non sai quello che stai dicendo. Vai a riflettere sul senso della vita, dato che hai tempo, e smettila con queste storie.»
«Se tuo zio fosse completamente consapevole di quello che stai facendo, non esiterebbe a tornare a prendere il proprio posto. Evidentemente deve avere riportato danni ben peggiori di quelli che dicono tutti.» Manuel scosse la testa. «A questo si aggiungerà anche un crollo psicologico, non appena capirà che questo team sta andando allo sfascio.»
Tina si avvicinò.
«Ti vuoi dare una calmata?»
Manuel la ignorò, continuando a prendersela con Dalma: «Avrei fatto meglio a non ascoltare tuo zio, quando mi garantiva che questa stagione sarebbe stata un successo! Non vedo l'ora che il campionato finisca, così, comunque vada, non dovrò più avere a che fare con te!»
«Te ne puoi andare anche prima, se vuoi, a condizione che non metti in mezzo avvocati e tribunali» replicò Dalma. «Mio zio ha fatto un errore, scegliendoti, e purtroppo a me tocca pagarne le conseguenze.»
Manuel rise, sprezzante.
«Non dire cazzate, boss. Se me ne vado io, tu sei fregata.»
«Prova ad andartene» lo sfidò Dalma, «E poi vediamo chi è fregato.» Il tono della team principal si era fatto decisamente più calmo. «Tanto per cominciare, voglio verificare fino a che punto tu sia un visionario. Sei convinto di essere stato sabotato, quindi...»
Manuel la interruppe: «Voglio farti notare che non ho mai parlato espressamente di sabotaggio. Non...»
Nemmeno Dalma lo lasciò finire.
«Hai paura che la tua macchina sia inferiore rispetto a quella di Tina.»
«Ovvio che lo è! Altrimenti come spieghi il fatto che da giorni io non faccia altro che andare più piano di lui?»
«Magari» suggerì Tina, «Sono semplicemente più veloce di te?»
Per la prima volta, Manuel si girò a guardarla.
«Grazie per avermi illuminato con le tue perle di saggezza, Tina. Sta di fatto che non sei mai stata più veloce di me. Quindi è piuttosto facile fare due più due. Evidentemente il nostro nuovo main sponsor ama la tua immagine e, per compiacerlo, la signorina Hernandez ha deciso di darmi contro.»
«Ne ho abbastanza delle tue accuse» tagliò corto Dalma. «Per verificare se il problema è la macchina oppure sei tu, basta farla guidare a qualcun altro.» Guardò prima l'uno e poi l'altra. «Nell'ultima sessione di qualifiche, vi scambiate le auto e vediamo come va a finire.»
Manuel scosse la testa.
«No, non lo accetto.»
«E, sentiamo, perché?» domandò Tina. «Hai paura che possa batterti di nuovo?»
«I meccanici dovranno comunque mettere le mani sulle macchine, se dobbiamo scambiarci» replicò Manuel. «Possono intervenire come vogliono. Basta solo che...»
Dalma lo interruppe: «Sono io che do gli ordini. Vi scambierete le vetture, così vedremo se c'è davvero qualcosa che non va.»
Le ore passarono in fretta, senza che la strada di Tina e quella di Manuel si incrociassero di nuovo. Era ben lontano da lei, in attesa che giungesse la sessione finale di qualifica.
Mentre si allacciava la tuta, Tina si disse che il verde brillante le donava. Le stava perfino meglio degli abiti pieni di fronzoli che Claudia le faceva indossare in occasione delle apparizioni pubbliche, quando dimenticava di essere la sua preparatrice atletica e non la sua consulente di immagine.
Spesso Tina si rassegnatva a indossare quei vestiti, più che altro per accontentarla. Claudia non parlava mai di sé e non dava l'impressione di avere persone che la prendessero seriamente in considerazione, a Tina sembrava di fare una buona azione ogni volta in cui la assecondava.
Abbassò lo sguardo, sul proprio corpo avvolto dalla tuta dai colori vistosi che erano apparsi a stagione in corso sulle monoposto di Hernandez.
Era pronta.
Era pronta a dare il meglio di sé.
Era pronta a dimostrare di avere qualcosa da offrire.
Chissà, magari sarebbe riuscita anche a far tacere Serrano per un po’. Non che sperasse che la cosa durasse a lungo: prima o poi Manuel avrebbe trovato un altro motivo per fare polemica, proprio lui che era stato messo su un piedistallo fin da quando era stato ingaggiato.
Dietro di lei, qualcuno le posò una mano su una spalla, facendola sussultare. Tina si girò di scatto, già preparata all'ennesimo scontro.
Non fu così.
«Oh, sei tu, Donato.»
Franzoni la fissò con quel suo sguardo dolce, quasi paterno.
«Che cosa succede?»
«Non succede niente» minimizzò Tina.
«La stessa cosa che mi ha detto Manuel» osservò Donato. «Inutile dire che non credo né a te né a lui.»
Tina alzò le spalle, cercando di mostrarsi indifferente.
«Che tu mi creda o meno, non fa differenza. E non mi stupisce che tu non creda a Manuel. Tutto ciò che sa fare è dire cazzate, una dietro l'altra.»
«Non essere così dura con lui» la ammonì Donato. «Lo ammetto, ho sempre pensato che sia sopravvalutato, ma questo non significa necessariamente che abbia torto.»
«Stai dicendo che Dalma lo sta davvero danneggiando?»
«No, sto dicendo che forse, sull'auto che guida, c'è davvero qualcosa che non va. Un pilota le sente, queste cose.»
«Quando capita a me, cerco di capire quale sia il problema, cerco di aiutare la squadra a identificarlo» puntualizzò Tina. «Non mi metto a insultare Dalma, nonostante sappia bene come la penso, a proposito del troppo spazio che viene dato a Serrano.»
«È sgradevole sentirti parlare di lui chiamandolo per cognome» osservò Donato. «Ricordati che non è solo il tuo compagno di squadra.»
Tina scosse la testa.
«Ormai è solo questo.»
«Vi ho visti, ho visto come vi guardavate. So che vi amate.»
«L'amore è un concetto fin troppo astratto, per i miei gusti. Tornando al discorso di prima, è abbastanza evidente che Manuel non abbia nemmeno l'intuizione di capire che un problema può esserci senza che qualcuno lo stia rallentando deliberatamente.»
«Appunto per questo dico che è sopravvalutato» puntualizzò Donato. «Manuel è uno di quei piloti di oggi, convinti di dovere solo guidare. Non è in grado di comprendere la macchina, di entrarvi in simbiosi. Ho lavorato con tuo fratello e, ti assicuro, era molto più valido di Manuel.»
«L'ho sempre detto che Christian non avrebbe dovuto ritirarsi» ribatté Tina. «Dice testualmente che non glielo fa fare nessuno di "elemosinare soldi agli sponsor per rischiare di morire al volante di mezzi meccanici colorati come pappagalli sudamericani". Non mi aspettavo che fosse sufficiente un incidente banale per allontanarlo da un mondo che sosteneva di amare più di ogni altra cosa.»
«A volte, semplicemente, sopravvalutiamo ciò che amiamo. Se Christian pensava fosse giusto così, non spetta a te giudicarlo.»
«Lo so.»
«Inoltre, non mi sembra il momento di pensare a Christian. Adesso devi dimostrare quanto vali.»
Tina annuì.
«Lo farò. Dimostrerò a Manuel che sono più veloce di lui.»
Donato obiettò: «Non mi riferisco al qualificarti davanti a lui. Puoi fare molto di più.»
«Non vedo cos'altro potrei fare.»
«Puoi capire se il problema c'è, aiutare la squadra a risolverlo. In parole povere, puoi riuscire in ciò in cui Manuel sta fallendo.»
Il suggerimento di Donato aveva molto senso, ma Tina era convinta che non ci fossero problemi sull'auto del suo compagno di squadra.
«È tutta una questione mentale» replicò Tina. «Manuel è convinto che io sia più lenta di lui e che non ci siano altre possibilità, se non un guasto o qualche problema non ancora identificato. Non è così. Se dall'alto c'è chi pensa che Serrano debba vincere il campionato, non c'è niente che io possa fare per impedirlo. Posso solo cercare di dare il meglio di me. Finalmente ci sto riuscendo, sto dimostrando di cosa sono capace.»
Donato obiettò: «Non puoi saperlo, prima di esserti messa al volante.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Certe cose si sanno, senza doversene accertare. Non...»
Si interruppe, nel vedere Claudia che si avvicinava a loro.
Anche Donato l'aveva notata.
«Vi lascio sole. Io e te ci siamo capiti, mi auguro.»
Donato diede un'occhiata all'orologio che portava al polso, poi osservò: «Si sta facendo tardi. Credo sia ora che torni dal tuo fidanzato. Potrebbe seriamente chiedersi che fine hai fatto.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Hai paura che sia geloso di noi due?»
«Fischer è un bell'uomo e avrà vent'anni o venticinque in meno di me. Non penso che abbia nulla da temere. È solo che, quando c'era ancora mia moglie, se la portavo da qualche parte insieme a me, trascorrevo il tempo insieme a lei. Non mi spiego come tu possa preferire la mia compagnia a quella del tuo bel giornalista.»
«Non è questione di preferire la tua compagnia a quella di Oliver. È solo che io e lui ci vediamo ogni giorno, mentre io e te... chissà quando ti rivedrò. Abbiamo solo questo fine settimana per passare un po' di tempo insieme e ripercorrere i bei tempi passati. O i brutti tempi passati.»
Donato scosse la testa.
«Niente brutti tempi passati, almeno per stasera. Raccontami di Claudia, come sta? Lavora ancora per te?»
Tina confermò: «Claudia lavora ancora per me, anche se è da un po' che non la vedo. È in ferie, da più di dieci giorni ormai.»
«È un suo diritto.»
«Sì, certo, non lo metto in dubbio. È solo che non si fa sentire da allora.»
«E la cosa ti preoccupa?»
«Un po'. Non ho idea di dove possa essere. Ha detto che sarebbe andata al mare, ma è sempre sola. Mi piacerebbe se ogni tanto mi chiamasse, o se almeno tenesse acceso il telefono, in modo da poterla chiamare io stessa.»
«Magari è in buona compagnia.»
«Secondo me è sola.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Claudia è sempre sola. Ci sono solo io nella sua vita.»
Donato puntualizzò: «Il fatto che non ti parli della sua vita privata, non significa che non ne abbia una. Potrebbe avere degli amici, un compagno...»
«Lo escludo» replicò Tina. «Claudia non mi ha mai parlato di uomini.»
«Una compagna, allora» propose Donato.
«Non mi ha mai parlato nemmeno di donne. Lo escludo nel modo più assoluto, Claudia non sta insieme a nessuno. Anche perché per anni si è concentrata solo su di me... e non so se le sia convenuto così tanto. Alla fine che cosa le resta?»
«Se fossi al posto tuo, non mi preoccuperei tanto di Claudia, delle sue vacanze e della sua decisione di lavorare per te per tutti questi anni. Ciascuno gestisce la propria vita, il proprio lavoro e il proprio destino.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Eppure, a volte, sento di avere in mano anche quello degli altri.»
«Non mi stupisce» ammise Donato. «È assolutamente inevitabile che prima o poi succeda.»
Tina fu scossa da un brivido.
«Che succeda cosa?»
«Qualcosa che ci fa dubitare di noi e di tutto ciò che ci circonda. A volte siamo nella posizione di prendere decisioni che potrebbero avere delle conseguenze.»
Un altro brivido attraversò il corpo di Tina, ma non poté superare per intensità il gelo della sua anima.
«Di cosa parli?»
Donato la rassicurò: «Non parlo di niente.»
Tina decise di cambiare discorso, e soprattutto di esplorare un argomento che, fino a quel momento, era stato taciuto pressoché totalmente.
«Perché sei qui?»
«Invito di Veronica.»
«Sì, ma perché Veronica ti ha invitato? Non fa nulla per caso.»
Donato sospirò.
«Non ti si può nascondere proprio niente, vero?»
«Non vedo perché dovresti avere qualcosa da nascondermi» replicò Tina. «Il motivo per cui sei qui, per caso ha a che vedere con me?»
«No, affatto» chiarì Donato. «Ho fatto da tramite tra la Young e uno sponsor. Nulla di importante, è un marchio che comparirà sulle monoposto e sui caschi della Thompson e di Nakamura soltanto in Brasile.»
«Ed è sufficiente per essere invitato a passare un intero fine settimana nell'area hospitality della Pink Venus, durante un gran premio che non ha nulla a che vedere con il Brasile?» obiettò Tina. «Perdonami, ma faccio fatica a capacitarmene.»
«Non so cosa dirti, puoi faticare a capire finché vuoi, ma è la realtà dei fatti» replicò Donato. «Per la Pink Venus qualsiasi sponsor è oro, anche se si tratta di una sponsorizzazione minore. Dopo la fusione dei due campionati, le scuderie venute dalla Diamond Formula si sono ritrovate in nette difficoltà finanziarie. Avere qualcuno che sborsi denaro è sempre una buona notizia e Veronica Young mi è molto grata per il contributo che ho dato alla sua causa.»
Tina annuì.
«Sì, spiegata così inizia ad avere senso.»
«Lo vedi? Tutto deve essere guardato dal lato giusto.»
«Diciamo che mi fa uno strano effetto averti ritrovato qui, a distanza di così tanti anni, in un momento...»
Si interruppe. Non doveva mettere al corrente Donato di quanto quel periodo fosse complicato, per lei. Franzoni apparve incuriosito dalla frase lasciata a metà e insisté: «In un momento...?»
Tina si sforzò di mostrargli un radioso sorriso.
«In un momento molto bello della mia vita. Voglio dire, ho trovato l'amore da poco e l'ho appena annunciato. È bello potere condividere anche con te un momento come questo.»
Anche Donato fece un sorriso.
«Claudia cosa ne pensa?»
«Di cosa?»
«Di Oliver Fischer.»
«Oh...» Tina si ritrovò spiazzata. «Veramente non...»
«Claudia non l'ha ancora conosciuto?»
«No.»
«E non sa della vostra relazione?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non c'è stata occasione di parlargliene. È sempre così sola, non volevo metterla a disagio. O almeno, non volevo che fosse la prima a scoprirlo.»
«Tina, guardami» la pregò Donato. «Che cosa sta succedendo? Intendo sul serio.»
Tina alzò gli occhi.
«Di cosa parli?»
«Ho sentito sia tua madre sia tuo fratello. Nessuno dei due ha la più pallida idea di chi sia Oliver Fischer.»
«Ho trentotto anni» gli ricordò Tina. «Esco con chi mi pare, scopo con chi mi pare e mi metto insieme a chi mi pare. Perché ti stai intromettendo nella mia vita privata? Per caso Christian o mia madre hanno espresso qualche preoccupazione? Non mi risulta.»
«Non sono preoccupati per te, semplicemente non sanno chi sia Fischer. Jenys ha detto che le pare un bell'uomo e che spera di poterlo vedere dal vivo, prima che tu possa cambiare idea. Christian, invece, mi ha fatto capire che ha già una vita sentimentale propria da gestire, invece di preoccuparsi per la tua.»
«Mia madre ha detto la stessa cosa anche a me, quando ha visto la foto» lo informò Tina. «Christian non me ne ha parlato, non ci siamo sentiti, in questi giorni.»
Donato precisò: «Non ti sto criticando perché non hai messo al corrente i tuoi familiari della tua relazione con Oliver prima di renderla pubblica, è un tuo diritto. Sto solo pensando a quanto tutto ciò sia strano. Quando stavi con Manuel, non hai mai fatto proclami, ma neanche grossi misteri.»
«Quando mi sono messa con Manuel avevo ventitré anni e non avevo mai avuto un ragazzo, prima di quel momento» ribatté Tina. «Adesso, al confronto, sono una persona vissuta. Ho avuto qualche storia che ho dovuto nascondere, per un motivo o per l'altro, una addirittura con un altro pilota.»
«Oh, questo è interessante.»
«Mi ero legata tanto a lui.»
«E poi?»
«Poi ci siamo lasciati.»
«Posso chiederti perché?» si informò Donato. «Il fatto di essere colleghi ha reso difficili le cose, tra di voi?»
«Non era uno che stava nelle retrovie, non c'era una rivalità diretta, tra di noi, almeno i primi tempi» puntualizzò Tina. «Solo l'anno scorso, quando abbiamo avuto il nostro momento di grazia e spesso ci siamo ritrovati a lottare per la bassa top-ten, ci siamo ritrovati avversari. Una volta l'ho accusato di avermi rallentata di proposito durante una sessione di qualifica. Ha detto che ero esagerata e ossessionata dall'idea che tutti ce l'avessero con me. Mi ha detto, testualmente, che avrei dovuto accettare la realtà e che la realtà è che nessuno mi prende in considerazione. È stato nella primavera dello scorso anno e non ci ho dato peso. Poi, un po' di tempo dopo, è venuto a scusarsi per quello che mi aveva detto. Mi ha chiesto se volevo bere qualcosa con lui e ho accettato. Mi ha parlato della sua vita, del suo matrimonio in crisi profonda e di quanto gli mancasse avere accanto a lui una donna che lo apprezzasse.»
«Siete stati a letto insieme?»
«Quella sera ci siamo fermati ai preliminari, perché non se la sentiva di passare oltre. Però è stato bello lo stesso, molto bello.»
Donato osservò: «Si sente, da come ne parli.»
Tina avvampò. Il ricordo di quella serata, di lui che le sbottonava i pantaloni, della sua mano che la toccava, era molto più eccitante di quanto volesse ammettere. Nonostante in seguito si fossero spinti molto oltre, quello era stato l'inizio di tutto.
«Lo amavo, sul serio, e sono convinta che anche lui amasse me. Però lo capisco, aveva qualcosa di già costruito, una moglie che poi gli ha proposto di riprovarci, dei figli... Non potevo aspettarmi di essere in cima alle sue priorità. Mi basta solo avere vissuto insieme a lui pochi mesi felici. Se potessi tornare indietro, rifarei esattamente lo stesso.»
«Ti capisco. Ti capisco perfettamente. Solo, fatico a comprendere come tu possa essere ancora tanto coinvolta da quell'uomo e, al contempo, stare insieme a Oliver Fischer.»
Tina sapeva di essersi spinta troppo oltre, ma non poteva controllare le proprie emozioni. Cercò, quindi, di limitare i danni: «Lo so, non è bello pensare ancora a un ex, dopo avere trovato un altro partner. Spero di potere dimenticare il passato una volta per tutte. E soprattutto spero che un giorno Oliver possa diventare il centro della mia vita. Se così non dovesse essere, pazienza. Forse non tutti siamo destinati a stare insieme a qualcuno. Chissà, magari ha ragione Claudia. Oppure Dalma, anche lei preferiva restare da sola.»
«Le piaceva tuo fratello.»
«L'ho sempre pensato.»
«Christian la ricambiava.»
«Lo so.»
«Eppure, quando si è fatto avanti con lei, Dalma l'ha rifiutato» ricordò Donato. «Evidentemente non c'era spazio per altro nella sua vita, solo il team di famiglia.»
«Non posso darle torto» replicò Tina. «Da un giorno all'altro, si è ritrovata in una posizione di enorme responsabilità.»
La serata che metteva fine a un weekend tutto sommato disastroso era terminata e Manuel non ricordava nemmeno cosa l'avesse portato ad accettare l'idea assurda di andare a festeggiare insieme a tutti gli altri.
Non c'era nulla da festeggiare, anche se era riuscito a vincere una gara che, in un primo momento, non era sembrata alla sua portata. In più continuava a nutrire profondi sospetti nei confronti di Dalma Hernandez: dopo lo scambio vetture, Manuel era riuscito senza troppe difficoltà a battere la compagna di squadra, la quale poi aveva vaneggiato una serie di scuse poco credibili.
Faceva di tutto pur di non ammettere di essere stata battuta e, come al solito, tutto il resto era passato in secondo piano. Lo stesso Manuel faticava a ricordare tutte le volte che si erano scambiati parole dolci e avevano camminato mano nella mano. I momenti in cui avevano fatto l'amore gli sembravano ormai lontane fantasie, un po' come quelle che Christian Menezes si faceva su Dalma. Gli aveva confidato di averla baciata, una volta, l'anno precedente, ma poi la Hernandez si era tirata indietro, affermando di trovarlo un ragazzo interessante, ma troppo giovane per lei, che aveva ventotto anni.
C'era anche Christian quel giorno, arrivato in extremis per assistere a quello che credeva un trionfo della sorella. Era rimasto senza dubbio molto deluso, quando Tina, poco dopo la partenza, aveva speronato Manuel durante un attacco malriuscito. L'aveva mandato in testacoda, ma era stata costretta al ritiro e poi, in seguito, senza dubbio, anche ad assistere alla sua rimonta.
Quella sera non si era neanche avvicinata a lui, lasciandolo a trascorrere il proprio tempo in compagnia di bicchieri che ben presto erano divenuti vuoti.
Se n'era già andata, o quantomeno Manuel non la vedeva più.
Si diresse fuori dal locale.
Gli girava la testa.
Doveva avere esagerato con gli alcolici, quella sera.
Aveva la vista annebbiata.
Non riconobbe nemmeno Christian Menezes, se non quando era ormai troppo tardi.
Passò oltre: non aveva voglia di perdere tempo con lui, non dopo quello che era successo tra di loro in passato e che, di tanto in tanto, gli veniva rinfacciato. Quando non succedeva, era comunque un'ombra dalla quale Manuel non era mai riuscito a liberarsi del tutto.
Si sedette sul bordo di una fontana: il capogiro si era fatto più intenso e doveva tornare in sé, prima da andarsene. Non si accorse di Christian, almeno finché non lo vide seduto alla sua sinistra.
Non disse nulla, fu l’altro a parlare.
«Oggi ti è andata bene.»
Manuel annuì.
«Già.»
«Dovresti cercare di ripeterti più spesso» gli suggerì Christian. «Se continui di questo passo, finirai per vincere il titolo a mani basse. Non l'avrei mai detto, pensavo fossi destinato a restare il solito sfasciacarrozze.»
Manuel non replicò. Non sopportava l’etichetta che Christian e, a suo tempo, gli avevano cucito addosso, seguito a ruota da chiunque altro - chiunque a parte Hernandez, che aveva sempre creduto in lui. Menezes si era infortunato dopo una collisione avvenuta tra di loro, ma Manuel non si sentiva responsabile di avere messo fine alla sua carriera. Christian avrebbe potuto tornare al volante, dato che si era ripreso perfettamente. Aveva scelto in prima persona di appendere il casco al chiodo e di dedicarsi ad altro.
«Anche mia sorella» riprese Christian, «Avrebbe potuto fare un'ottima gara, se fosse riuscita a superare indenne il primo giro. Comunque negli ultimi eventi ti ha battuto senza troppe difficoltà. Ho sempre saputo che ha il potenziale per essere migliore di te.»
Quelle battute, con Christian, erano sempre state all’ordine del giorno, in passato, quando erano ragazzini, e forse non c'era nulla di cui offendersi.
«Me lo auguro anch’io» rispose Manuel, sprezzante. «Almeno quando è davanti da me non ha la possibilità di buttarmi fuori pista, come ha cercato di fare oggi.»
Si alzò in piedi.
Voleva andare via.
Non ne poteva più né di Christian né di tutto il resto.
«Ehi, aspetta» lo pregò, un istante più tardi, il fratello della sua compagna di squadra. «Io e te stavamo facendo un discorso serio.»
Manuel scosse la testa.
«Non faccio mai discorsi seri quando sono ubriaco.»
«Non me ne frega un cazzo di che cosa hai bevuto» obiettò Christian. «Io e te stavamo parlando, quindi ti pregherei di ascoltarmi ancora per un minuto.»
«Stavamo parlando» insisté Manuel, «Ma di nulla di cui valesse la pena di parlare.»
Christian sbuffò.
«Lo ribadisco: Tina è migliore di te.»
«E quindi?»
«Quindi sono pronto a scommettere che vincerà più gare di te. Ci stai?»
Il discorso si faceva interessante. Manuel ribatté: «Perché no? Dimmi solo quanto sei disposto a perdere, pur di scommettere su di lei.»
«Perdere?» ribatté Christian. «Credimi, Manuel, non ho nemmeno la più pallida idea di che cosa significhi.»
«Questo lo vedremo.»
«No, davvero, dico sul serio. Non me ne frega niente di cosa pensa Dalma Hernandez, vincerò il titolo e tua sorella dovrà aspettare almeno la prossima stagione per ottenere qualcosa, se sarà ancora qui.»
«Non credo sarà qui. Non farà una terza stagione in Brasile.»
«Me lo auguro per lei, ma al momento la cosa non mi tocca più.»
«Invece credo che ti tocchi» replicò Christian. «Non ho dimenticato quando, qualche anno fa, sognavamo di diventare qualcuno, un giorno. Non so se abbiamo centrato l'obiettivo, o se abbiamo fallito miseramente.»
«Nel mio caso» obiettò Manuel, «Non sempre nel migliore dei modi, vista la reputazione che mi ritrovo, anche grazie alle tue accuse infondate.»
«La reputazione non è fondamentale» replicò Christian. «Cosa pensi quando ti guardi allo specchio?»
Manuel ribatté: «Che ho charme.»
Christian rise.
«Questo dimostra che hai una visione distorta della realtà.»
«Al di là della reputazione» osservò Manuel, «Alla fine sarà comunque tua sorella, quella che più di ogni altro riuscirà a far parlare di sé, vada come vada.»
«Sì, è vero» fu costretto ad ammettere Christian. «Si è fatta notare parecchio negli ultimo tempi, ha superato ogni aspettativa. Però non mi dispiace. Almeno metterà a tacere quelli che continuano a sostenere che le donne non possono essere vincenti, mai, per nessuna ragione al mondo.»
Manuel borbottò: «E anche quelli che dicono che le donne non possono essere stronze. Tina lo è, molto più di quanto pensassi.»
Christian riprese a ridere.
«Dipende da come la vuoi vedere. Il mio obiettivo era battere i miei avversari, annientarli. Immagino che per Tina sia la stessa cosa. Non ha niente contro di te, semplicemente sei il suo compagno di squadra e finirà per vincere il titolo. Secondo me dovresti cercare di parlarle con calma.»
«Di cosa?»
«Di voi.»
«Non c'è niente da dire su di noi.»
«Non mi risulta che vi siate lasciati. O almeno, mia sorella non mi ha detto niente di tutto ciò.»
Manuel replicò: «Io e Tina nemmeno comunichiamo, è per questo che non ci siamo ancora lasciati. Siamo arrivati a un punto di non ritorno.»
«Comunque vada a finire tra di voi» gli suggerì Christian, «Ti converrebbe chiarirti con lei e mettere fine alle vostre polemiche.»
«Le nostre polemiche non avranno mai una fine» replicò Manuel. «Tina sta dalla parte di Dalma, dato che le conviene. Fintanto che questo non cambierà, non ci sarà niente da fare.»
Christian puntualizzò: «Sono cose che capitano, in un team. Non è niente che tu o lei non possiate sopportare. Sono certo che, nell'interesse di tutti...»
Manuel lo interruppe: «L'interesse di tutti non esiste, non è mai esistito. Ci sono gli interessi della squadra, ma non corrispondono agli interessi del singolo. Non è questo, comunque, il problema. Quando sono stato ingaggiato, sapevo che gli sforzi della squadra di sarebbero concentrati su di me. Hernandez diceva sempre che Tina era competitiva, ma non era ancora pronta per lottare per il titolo. Anche Dalma sembrava pensarla allo stesso modo... e sai cosa ti dico? Per me non sarebbe un problema se mi dicesse: "mi sono sbagliata" o "ho cambiato idea". Però dovrebbe dirlo chiaramente, invece di farmi credere che tutto ruoti ancora su di me!»
«Hai mai pensato che Dalma potrebbe dire la verità?» azzardò Christian.
«Non dire cazzate!» sbottò Manuel. «Solo perché sei innamorato di lei, non significa che tu debba negare la realtà.»
«Franzoni dice che sulla tua macchina potrebbe esserci qualche problema, che ancora non è stato identificato.»
«Anche Tina ha guidato quella macchina.»
«E quindi?»
«Quindi, quando si è qualificata dietro di me, e neanche a pochi centesimi di secondo, ha inventato qualche scusa ridicola, invece di affermare che l'auto aveva dei problemi. Puoi non fidarti di me e delle mie sensazioni, ma sei sicuro di non credere nemmeno a tua sorella?»
Christian abbassò lo sguardo.
«Su queso hai ragione.»
«Vedo che siamo d'accordo.»
«Tina è sempre stata un genio, da questo punto di vista» concluse Christian. «A volte mi è sembrato che lei e l'auto fossero un cosa sola.»
Manuel sentenziò: «Questo ci riporta a Dalma Hernandez e al nuovo sponsor. Mi stanno rallentando di proposito.»
Pensare al passato era doloroso, perciò Tina puntò a un'inversione di tendenza, concentrandosi sul presente.
«E tu?» buttò lì.
Chiaramente Donato non comprese quella domanda.
«Io cosa?»
«Tu, dopo Luz...» Tina si rese conto di sentirsi ben più imbarazzata di quanto avrebbe voluto. «Insomma, ci siamo capiti, credo.»
«Oh, no» obiettò Donato. «Ti assicuro che non ho capito affatto. Ti hanno mai spiegato che, quando formuli una domanda, dovrebbe essere una frase di senso compiuto? Intendo dire, con almeno un verbo in mezzo.»
Tina si lasciò andare: «Hai avuto altre donne, dopo di lei?»
«Ma no!» esclamò Donato, con un tono che lasciava trapelare quanto la domanda lo inorridisse. «Come ti viene in mente?»
I casi potevano essere due: o Franzoni era talmente orripilato dalla prospettiva di trovare un'altra partner dopo la morte della moglie, oppure lo era dell'eventualità che trapelasse qualcosa su sue presunte avventure sentimentali.
«Scusami, pensavo che...»
«Pensavi che potessi tradire la memoria di Luz?»
«Tradire è una parola grossa. La formula matrimoniale non è forse "finché morte non vi separi"?»
«Queste sono le parole che a suo tempo pronunciò il prete che ci unì in matrimonio. Che cosa vuoi che ne sappia un uomo costretto al celibato, di come si viva dopo avere perso la persona amata? Per me è come se Luz ci fosse sempre anche se le cose tra noi non andavano più troppo bene, quando era ancora in vita. Non ci sarà mai un'altra persona al posto tuo. Bisogna trovarsi nella mia posizione per capire e, te lo assicuro, nemmeno la tua potrebbe bastare. Eri ancora molto giovane, quello che c'era tra te e Manuel era ancora molto vago.»
Tina annuì.
«Lo so. Molto probabilmente ci saremmo lasciati. Non c'era più comunicazione tra noi. Eravamo troppo presi da noi stessi e dalle nostre carriere. Voglio dire, nella nostra posizione era normale: eravamo due piloti emergenti, ciascuno di noi era un intoppo per l'altro, un ostacolo da superare. Se le nostre polemiche si fossero fermate in pista, magari avrebbe potuto funzionare. Però non andava così: ciò che succedeva in pista si trascinava fuori e abbiamo iniziato a diventare due estranei. La nostra relazione stava naufragando e continuavamo a mettere il campionato in cima alle nostre priorità. »
«Manuel era un ragazzo molto competitivo.»
«Già.»
«E tu eri più competitiva di lui.»
Eccola, una di quelle lame ghiacciate capaci di colpirla all'improvviso, quando meno se lo aspettava. Donato Franzoni non doveva esserne consapevole - non le avrebbe mai fatto del male deliberatamente - ma quella era la reazione che provava quando qualcuno le sbatteva in faccia verità fin troppo scomode da accettare.
«Ho fatto degli errori, lo so» ammise. «Avrei dovuto parlare con Manuel, cercare di trovare un punto di incontro.» Per fortuna c'era un'altra spiegazione ai sensi di colpa che la tormentavano, oltre a quella più importante, che custodiva dentro di sé da tanti anni. «Purtroppo non l'ho mai fatto e tutto ciò che mi resta di lui sono accuse reciproche e tensioni mai risolte. Deve essere morto pensando che lo odiassi.»
«No, non l'ha mai pensato, ne sono certo.»
«Vorrei avere le tue stesse certezze.»
«Manuel era come te. Magari non proprio impulsivo come te, si fermava un po' più a riflettere, però anche per lui valeva la stessa cosa. Era un momento difficile, per voi, ma non ha mai pensato che tu lo odiassi. Non...» Donato si interruppe. «È tuo questo telefono che squilla?»
Se n'era accorto prima della stessa Tina che, scusandosi per l'inconveniente e assicurandogli che si sarebbe liberata in gran fretta di chiunque fosse lo scocciatore, prese fuori il cellulare, spalancando gli occhi per lo stupore.
«Claudia, finalmente!» esclamò, subito dopo avere accettato la chiamata e portato il telefono all'orecchio.
«Mi cercavi?» chiese la personal trainer, con il suo tipico tono pacato e, in apparenza, carico di disinteresse per tutto e per tutti.
«Eri sparita nel nulla!» ribatté Tina. «Mi sono chiesta per giorni che fine avessi fatto.»
«Erano le mie ferie» puntualizzò Claudia. «Ti avevo detto che non ci sarei stata per nessuno.»
Tina si addolcì.
«Ti sei divertita al mare?»
«Non troppo, ma passare tutti questi giorni senza di te mi ha permesso di rigenerarmi.» Anche la voce Claudia si stava facendo più accomodante. «Ho sentito che la Young ti ha invitata al Redbullring.»
«Infatti mi trovo in Austria, adesso. Sarò di nuovo a casa lunedì.»
«Avrai bisogno di me subito?»
«Se non sei a disposizione, posso fare anche a meno di te.» Tina era desiderosa di cambiare discorso. «Non hai idea di chi ci sia qui con me in questo momento.»
«Esatto, non ne ho idea» ammise Claudia. «Ho letto che ti sei fidanzata con un certo Fischer. Devo dire che sono un po' sorpresa. Non riesco a immaginarti con un uomo al tuo fianco.»
«Potrei dire la stessa cosa di te.»
«Infatti sei tu che hai un fidanzato, non io. Ma fai bene ad approfittarne, tu che sei giovane.»
«Guarda che non sei così decrepita» le ricordò Tina.
«Ho già superato i cinquanta, e non esattamente da ieri» replicò Claudia. «Tornando a noi, se sei fidanzata con questo Fischer, immagino che ti troverai insieme a lui, in questo momento.»
Tina ribatté: «Lo raggiungerò tra poco, ma per il momento mi trovo insieme a Donato Franzoni!»
Claudia ripeté il nome: «Donato Franzoni?» Dava l'impressione di cercare la sua identità in un cassetto della memoria. «Non era un tizio del Brasile?»
«Esatto.»
«L'assistente di Dalma Hernandez?»
«Proprio lui.»
«Me lo ricordo vagamente» ammise Claudia. «Che cosa ci fa lì con te?»
Tina spiegò: «Conoscenze comuni. Anche lui è stato invitato da Veronica. Vuoi che te lo passo? Così lo saluti?»
Claudia rifiutò gentilmente: «Sono un'estranea per lui, non avrebbe molto senso, ti pare?»
«Hai ragione» osservò Tina. «Non so perché mi sia venuta una simile idea.»
«Salutalo tu, da parte mia.»
«Sarà fatto.»
Donato intervenne: «Dille che ho sentito e salutala da parte mia. Non è un problema che mi abbia descritto come un estraneo. Anzi, non mi aspetterei altro. Dille che provo stima per lei, capace di sopportarti da così tanti anni.»
Tina riferì il messaggio, poi aggiunse: «Sei proprio sicura che non lo vuoi salutare di persona?»
«Certo che ne sono sicura» confermò Claudia. «Anzi, non voglio ulteriormente intralciare la vostra serata. Divertiti, Tina. Hai bisogno di un po' di serenità. Spero che vada tutto bene, da quel fronte.»
«Potrebbe andare meglio.»
«Altri messaggi?»
Tina la rassicurò: «Non sono sola. Posso cavarmela senza di te ancora per un po'. Oliver sa tutto. Starà dalla mia parte fino alla fine, se sarà necessario.»
Claudia le raccomandò: «Non fare cazzate.»
«Non faccio mai cazzate.»
«E stai lontana da Harvey. È un uomo pericoloso.»
Tina la rassicurò, prima di salutarla e riattaccare: «Non mi metterò nei casini, te lo garantisco.»
Claudia non aveva tenuto in considerazione di quanto facilmente chi era nelle vicinanze potesse udire le sue parole: fare una telefonata farsi sentire dalle persone che si trovavano in compagnia dell'interlocutore non era molto semplice.
«Sbaglio o ti ha parlato di Harvey?» si informò Donato.
Tina abbassò lo sguardo.
«Proprio così.»
«Cosa succede?»
«È meglio che tu non lo sappia.»
«Il manager di Amber Thompson sembra una persona perbene» osservò Donato. «Se non lo è, vuole dire che è molto bravo a ingannare le persone. Se sai qualcosa che potrebbe metterlo in cattiva luce, devi dirlo.»
Tina obiettò: «Non so se faccio bene a parlartene.»
Donato mise in chiaro: «Non devi parlarne con me. Devi parlarne con tutti. Sei una persona celebre e hai molto seguito sui social. Se racconti qualcosa di molto negativo su di lui, lo rovini. Indipendentemente dal fatto che quello che racconti di lui sia vero o no. Hai un potere enorme.»
«Appunto» replicò Tina. «Questo potere non lo voglio. È vero, ho il sospetto che Ryan Harvey abbia fatto qualcosa di spregevole, ma non ho prove contro di lui e non posso esserne certa al cento per cento. La probabilità di sbagliarmi non la ritengo alta, ma senz'altro esiste. »
«Per te non cambierebbe niente, se ti sbagliassi» puntualizzò Donato. «I social sono i social, non un tribunale. Non importa che una persona possa provare di essere innocente, quello che conta l'accusa. Che sia vera o non lo sia, non ha alcuna importanza. Se pensi che Harvey se lo meriti, fai quello che devi fare. Perderà tutto: la Thompson sarà costretta a licenziarlo e forse dovrà anche lasciarlo. A quel punto, Amber rischierebbe di trovarsi a sua volta nella bufera. Veronica Young è una donna molto pragmatica, non dubito che potrebbe spingere per liberarsi di lei. A quel punto, potrebbe seriamente prendere in considerazione l'idea di rimetterti al volante. Avresti solo da guadagnarci.»
Tina scosse la testa.
«No, non è così. Mi dispiace dirtelo, ma credo che tu sia troppo vecchio per capire queste dinamiche. Se io accusassi pubblicamente Harvey di qualcosa di molto grave, sarebbe rovinato a vita, indipendentemente dal fatto che sia colpevole o meno. Se poi venisse fuori che mi sbagliavo, farei una fine analoga alla sua. Perderei totalmente credibilità e io stessa finirei molto male.»
Donato sospirò.
«Forse hai ragione, sono troppo vecchio per capire. Spero comunque che tu possa prenderti le tue rivincite. O la tua vendetta.»
Le parole pronunciate da Franzoni rimasero a correre avanti e indietro per la testa di Tina, confondendole sempre più le idee, invece di schiarirsele. Da un lato, le era stata suggerita su un piatto d'argento una soluzione perfetta per liberarsi di Ryan Harvey, se davvero aveva fatto quello che sospettava. La possibilità di mettere in atto una simile strategia era molto ghiotta, ma dall'altro lato non era convinta di volere diventare ciò che aveva detestato con tutte le proprie forze fin dal momento in cui le era stato chiaro quali fossero i rischi del dare alle persone la possibilità di essere ascoltate da vaste platee.
Si sforzò di non pensarci più, mentre rientrava nell'hotel nel quale stava trascorrendo le notti. Aveva bisogno di rimanere completamente sola e di staccare, desiderio che, tuttavia, non era destinato a concretizzarsi: Oliver Fischer la stava aspettando davanti alla sua porta e dava l'impressione di essere in attesa già da un mezzo.
Tina tentò la strada dell'ironia: «Per caso sentivi la mia mancanza e non ce la facevi ad aspettare fino a domani?»
«Ce l'avrei fatta benissimo» ribatté Oliver, «Ma non sempre mi tocca fare quello che vorrei. Per esempio, poco fa ho incontrato il tuo ex compagno di squadra.»
«Edward?»
«Non saprei, quanti altri tuoi compagni di squadra ci sono da queste parti?»
«Hai incontrato Edward per caso e sei venuto da me» dedusse Tina. «Mi hai aspettato nonostante non ci fossi, invece di chiamarmi...»
«Non ho incontrato Roberts per caso» precisò Oliver. «Mi ha chiesto di vederci, mi ha detto che doveva parlarmi. Abbiamo parlato di te.»
Tina aprì la porta.
«Entra, Fischer» lo invitò, «E spiegami che cosa doveva dirti Edward su di me.»
Oliver non se lo fece ripetere due volte. Fu proprio lui a richiedere la porta e ad adocchiare una sedia, sulla quale si accomodò senza aspettare l'invito di Tina, che rimase in piedi di fronte a lui.
«Allora, Fischer?»
«Edward Roberts ha capito che non siamo una vera coppia.»
«Come ha fatto a capirlo?»
«Dice che mi conosce e che sa che ho l'abitudine a mettermi nei casini» spiegò Oliver. «Ha fatto due più due ed è arrivato alle sue conclusioni.»
«Conclusioni che, immagino, tu avrai smentito.»
«Ti assicuro che gli avrei dato del pazzo visionario, se solo avessi avuto qualche possibilità di convincerlo che siamo veramente fidanzati.»
Tina sospirò.
«Non è il peggiore dei mali. Mi fido di Edward. Riferirà sicuramente la cosa a sua moglie...» Ridacchiò. «Anzi, no, non ha alcun interesse a riferire a Selena che sei single.»
Oliver puntualizzò: «Non ho mai detto a Edward di essere single. Non mi ha chiesto della mia vita privata, ci ha solo accusati di avere inventato la nostra relazione.»
«Comunque sia» tagliò corto Tina, «Non è certo la persona più pericolosa con cui abbiamo a che fare. Ci sono buone probabilità che tenga per sé quello che ha scoperto, specie se non vorrà immischiarsi nei tuoi casini. Mi risulta che una volta l'abbia già fatto.»
«Diciamo che ci siamo ritrovati tutti invischiati nella stessa scomoda situazione, io, Edward, Veronica, suo marito... e altri.»
«Ti ringrazio per avermi avvertito. Hai fatto bene a non chiamarmi. Ora che mi hai detto tutto, però, puoi anche alzare il culo da quella sedia. Ti saluto, Fischer, ci vediamo domani.»
Oliver si tirò su, ma non si diresse verso la porta, contrariamente alle aspettative di Tina.
«Cos'è successo in Formula 3 Brasiliana?» le chiese, invece, facendola sussultare.
«La Formula 3 Brasiliana non ha nulla a che vedere con la vicenda del video, quindi ti pregherei di lasciarla da parte.»
«No, non posso lasciarla da parte. Per andare a fondo nella vicenda del video, ho bisogno di capire chi sei davvero.»
«Hai già capito chi sono davvero.»
«Ho capito che sei pronta a tutto, per ottenere i tuoi obiettivi, se questi sono realistici.»
Tina valutò come interpretare quelle parole, ma non riuscì a trovare una soluzione.
«Cosa intendi con "se questi sono realistici"?»
Oliver rimarcò: «Ti sei trasferita di fronte a casa mia come una stalker, sapendo che mi sarei potuto interessare alla tua storia e a scoprirne qualcosa di più. Sapevi di avere buone chance di avere successo. Cosa credevi di potere ottenere, ai tempi della Formula 3? Cos'hai fatto con Manuel Serrano?»
«Qualcosa di simile a quello che tu hai fatto con Selena Bernard, oggi signora Roberts.»
«Non ti stavo chiedendo questo.»
Tina chiarì: «Era il mio compagno di squadra, nonché primo avversario. Shin Jung aveva quasi profetizzato che io e Manuel saremo finiti insieme. Lo conoscevo già, era un caro amico di mio fratello. Con la scusa di interagire tra futuri compagni di squadra - era stato ingaggiato da Hernandez per la stagione successiva - una volta siamo usciti insieme. Ci siamo scambiati il nostro primo bacio. Nel senso, era la prima volta che Manuel baciava me, aveva frequentato altre ragazze, prima. Era un tipo piuttosto piacente, mentre io ero una che evitava tutti.»
«Però non hai evitato Manuel» dedusse Oliver. «Immagino che, mentre per Serrano era la prima volta che baciava te nello specifico, per te fosse la prima volta che, in generale, baciavi qualcuno.»
«Proprio cosi. Non ne ho mai fatto mistero. Non è uno dei miei segreti scabrosi.»
«Tra i tuoi segreti scabrosi, invece, c'è per caso la fine della vostra relazione?»
«Manuel è morto. Non l'ho mai lasciato, né lui ha mai lasciato me. È successo il giorno dell'anniversario del nostro primo bacio.»
Lo sguardo di Oliver si fece penetrante.
«Immagino, però, che non avreste festeggiato l'anniversario del vostro primo bacio, se non fosse morto.»
«No» confermò Tina. «Ormai il nostro rapporto si era totalmente deteriorato. Te l'ho detto, era il mio principale avversario.»
«Dalma Hernandez puntava su di lui perché i suoi sponsor erano migliori dei tuoi?»
«Dalma Hernandez puntava su di lui perché suo zio era convinto che Manuel fosse il pilota su cui puntare.» Tina abbassò lo sguardo. «Lo era davvero. Sarebbe diventato campione, se non fosse stato per certi problemi avuti a metà stagione e poi, per il suo incidente nella gara di Interlagos.»
«Che problemi ha avuto a metà stagione»
«Era un campionato monomarca. Le squadre più abbienti potevano permettersi pezzi di ricambio e, in generale, tecnici e meccanici migliori. Dalma faceva quello che poteva. Da un certo momento in poi, Manuel ha iniziato a dire che non si trovava più a proprio agio con la vettura. Dava la colpa a un nuovo sponsor che, a suo dire, favoriva me. Non gli piaceva, inoltre, il fatto che Donato Franzoni si fosse apertamente schierato a mio favore, in certe occasioni.»
Oliver volle sapere: «Era vero?»
«Franzoni dalla mia parte? Sì.»
«Immagino che, alla fine, fosse la Hernandez a prendere le decisioni.»
«Esatto.»
«È questo che ti sto chiedendo: Dalma Hernandez ti favoriva?»
Tina chiarì: «Non l'ha mai fatto. Da un certo momento in poi, è stato ben chiaro che sulla monoposto che guidava Manuel si fosse guastato qualcosa.»
«E poi?»
«Poi niente.»
Oliver insisté, deciso: «No, Menezes, non è questa la risposta che desidero. Cos'è successo davvero? Perché alcuni tuoi ex tifosi ce l'avevano con te al punto da scrivere insulti a te rivolti su un forum?»
Tina puntualizzò: «Insultare personaggi pubblici è una prassi abbastanza diffusa, oggi in prevalenza sui social, mentre si usavano altre piattaforme ai tempi in cui non erano ancora diffusi come oggi. Anche la "cancel culture" nei confronti di personaggi pubblici è una pratica piuttosto diffusa: basta poco per passare dall'idolatria al disprezzo, quando ci si accorge di avere idealizzato qualcuno. La gente là fuori prima si convince che siamo come ci rappresentano nelle loro fan fiction, scritte o mentali che siano, poi si indigna e si sente accoltellata alle spalle quando si accorge che non siamo come ci vorrebbe. E, sia chiaro, non parlo di episodi gravi: da pilota, potrei essere "cancellata" per un incidente con un avversario altrettanto apprezzato, oppure perché una squadra impopolare mi offre un ingaggio. Oppure, potrei essere addirittura distrutta se qualcuno scoprisse che ho avuto una relazione con un uomo sposato, che tuttavia, ai tempi, era separato dalla moglie. Potrei sforzarmi di spiegare loro in tanti modi che sono cresciuta in Italia, dove è ritenuto socialmente accettabile avere una relazione con una persona separata ma non ancora ufficialmente divorziata, ma mi risponderebbero che non sono i principi etici della mia cultura quelli che contano, piuttosto quello che pensano loro.»
Oliver le ricordò: «Siamo qui per impedire che questo succeda. Non possiamo cambiare la mentalità degli hater, ma possiamo impedire che il video venga alla luce. Però, per capire chi c'è dietro, te lo ripeto, ho bisogno di saperne di più sulla vicenda di Serrano. C'è chi parla di vetture scambiate...»
Tina confermò: «C'è stato uno scambio, a un certo punto. Dalma voleva dimostrare a Manuel che non lo stava penalizzando deliberatamente.»
«Quindi tu hai guidato la monoposto sulla quale in seguito è venuta fuori un'avaria.»
«Già.»
«E te ne sei accorta.»
Il cuore di Tina perse un battito.
«Intendi tirare a indovinare ancora a lungo?»
«Te ne sei accorta» confermò Oliver, «Altrimenti avresti negato.»
Tina precisò: «Quel problema non ha niente a che vedere con il suo incidente. Eravamo avversari e non avevamo alcun interesse ad aiutarlo.»
«Qualcuno lo sa?»
«La Hernandez, intendi? No.»
«E Franzoni?»
«Non lo dice esplicitamente, ma ho il dubbio che abbia capito. Ha sempre detto che il mio feeling con la macchina era diverso da quello di Manuel.»
«Cosa ne avrebbe pensato, se l'avesse saputo a quei tempi?»
«Avrebbe pensato che ero egoista abbastanza da fare successo. Te l'ho detto, mi ha sempre capita. Penso che non avrebbe scelto di avere Manuel nel team, se fosse stato per lui.»
«Quindi, se nessuno l'ha mai saputo, non può essere questa la ragione per cui quegli hater ti attaccavano.»
Tina valutò cosa potesse nascondergli e dedusse che, se Oliver avesse indagato con Donato, sarebbe uscito allo scoperto qualcos'altro. Tanto valeva essere esplicita, sotto quell'aspetto, se non c'era la possibilità di mantenere il segreto: «Due giorni prima di morire, Manuel ha avuto una brutta uscita di pista durante le prove libere e ha danneggiato la macchina. La squadra ha fatto il possibile per rimetterla in sesto, ma in qualifica faticava molto. Non c'era la possibilità di riparare l'auto per la gara.»
Oliver ipotizzò: «Allora la Hernandez ha proposto nuovamente uno scambio.»
«Sì, ma in tal caso avrei dovuto rinunciare alla gara. Quindi mi sono impuntata e ho minacciato Dalma di andarmene insieme ai miei sponsor, se mi avesse costretto a questo "scambio". Ha cercato di convincermi, affermando che la cosa più importante per tutti era che Manuel conquistasse punti preziosi per la rincorsa al titolo. Uno dei suoi principali avversari partiva dalla pole position, un altro poco più indietro. Manuel non poteva non gareggiare, ma io non volevo sacrificarmi.»
«Com'è andata a finire?»
«Nell'unico modo possibile: Manuel ha preso il via sapendo di non potere spingere e di non potere finire la gara. In linea teorica doveva solo fare qualche giro, giusto per farsi vedere, apparire come disposto a un tentativo estremo di non rinunciare. Però ha fatto di testa sua. Voleva andare a raggiungere i suoi avversari, a ogni costo. E allora qualcosa ha ceduto ed è finito fuori pista. La macchina si è ribaltata e il rollbar non ha retto l'impatto. Manuel è morto sul colpo per il trauma cranico.»
Tina credeva che Oliver non volesse sapere altro, ma il giornalista la smentì, chiedendole: «E prima? Cos'è successo tra te e Manuel, quando ha scoperto che non gli avresti ceduto l'auto per la gara?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Quello che è successo non riguarda nessuno, se non me e Manuel. L'ho raccontato una sola volta, in passato, e non intendo rifarlo. Non l'ho mai superato davvero, quello che è successo, anche se sono passati tanti anni.»
Il tono di Oliver si fece dolce e comprensivo.
«Va bene. Non è mia intenzione risvegliare ricordi dolorosi.»
Tina, in seguito, non avrebbe saputo spiegare esattamente come fosse successo, ma si ritrovò tra le braccia di Oliver.
«Grazie per essere qui, accanto a me» mormorò, «Anche se sono solo una stalker pazzoide entrata nella tua vita senza nemmeno bussare alla porta.»
«Hai fatto bene a non bussare» rispose Oliver, «Perché non avrei aperto e non avrei avuto modo di conoscerti. Per fortuna, invece, sono qui, insieme a te.»
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Milly Sunshine