giovedì 28 novembre 2024

MISS VEGAS - Capitolo 10 // Long fiction ambientata in un AU motoristico

Ben ritrovati, dopo qualche giorno, con la vostra long fiction preferita(?). Ringrazio ovviamente chi mi sta seguendo, anche se non ho idea se le view siano di effettivi lettori, di spambot o di gente che clicca per caso sul link e poi si dilegua.
Grazie a tutti, comunque. In particolare agli spambot, che mi danno l'illusione di avere un piccolo seguito!



CAPITOLO 10

Dalila aveva molte certezza e una di queste era che Oliver Fischer fosse utile, ma non indispensabile. C'erano aspetti della vicenda di Mirko De Rossi/ Tina Menezes/ Miss Vegas dei quali non era necessario parlargli, visto che poi sarebbe stato difficile fare di testa propria. In più la Menezes era ben lontana, si trovava in un'altra nazione e non sarebbe tornata almeno per qualche giorno ancora.
Era inutile che Fischer negasse, si vedeva bene che Tina non lo lasciava indifferente, ma Dalila si sentiva sicura: poteva lasciarlo solo con la ragionevole probabilità che nessun'altra gli sbottonasse i pantaloni. Non che pretendesse l'esclusiva, non voleva certo un legame stabile con Oliver, ma la Menezes era proprio il tipo di persona della quale il giornalista avrebbe potuto innamorarsi e, se questo fosse accaduto, le avrebbe precluso la possibilità di essere almeno una delle tante.
Non aveva idea di cosa stesse facendo Fischer quel pomeriggio, era probabile che stesse scrivendo qualcuno dei suoi articoli destinati alla firma di altri e che non fosse affatto in compagnia femminile. Valutò la possibilità di telefonargli - o addirittura di mandargli un messaggio, anche se detestava i testi brevi l'aveva fatto, quando era stato necessario - ma optò per evitarlo. Oliver avrebbe potuto porle la fatidica domanda "dove sei?" e Dalila voleva impedire il realizzarsi di quello scenario.
Quando non era con Fischer - e quando non era impegnata sul campo, dato che nel fine settimana precedente aveva lavorato - non metteva certo da parte la loro indagine, se così la si poteva chiamare. Aveva voluto bene a Mirko De Rossi e spesso era finita nel suo letto; le importava relativamente della Menezes, ma non voleva che la morte del suo passato collega cadesse nel dimenticatoio e il suo assassino restasse impunito.
Non avrebbe permesso che succedesse, così come non avrebbe accantonato alcuna pista, finché non avesse avuto le prove che si trattava di una perdita di tempo.
Inseguire Baby Dumbaby apparteneva molto probabilmente a quest'ultima categoria di piste, ma prima sarebbe stato opportuno parlarle e accertarsi che fosse solo una ragazzina senza alcun ruolo nella faccenda. Aveva scoperto faticosamente, con l'aiuto dell'amica DJ Perla, che dietro a "Miss Vegas" c'era un certo Nicholas Piazzi. A quel punto era stata tutta una scalata verso l'alto, aveva trovato sua cugina Elena e l'aveva identificata come la potenziale trapper.
Dal momento che la giovane Piazzi apparteneva a quella categoria di persone che d'abitudine sbandierava ai quattro venti sui social media dove rintracciarla durante la giornata, convinta che il luogo di lavoro - o di volontariato, nel caso di Elena - non costituisse un'informazione riservata, non era stato difficile raggiungere il posto, si era trattato solo di fare parecchi chilometri.
Tutto ciò che Dalila doveva fare, una volta giunta sulla scena, era trovarla e parlare con lei. Quella era la parte più difficile e, ne era certa, entrare e mettersi ad andare in giro senza autorizzazione alcuna poteva non funzionare. Eppure, non vedendo altre alternative percorribili, scelse proprio quella strada.
Si stava aggirando senza meta dentro vecchi locali, trovando una sala adibita a mensa e poi, poco dopo, un'altra saletta con un armadio pieno di effetti personali dei ragazzi, quando udì una voce alle sue spalle.
«E lei chi è?»
Dalila, che in quel momento stava rovistando tra telefoni cellulari, alcuni dei quali con cover assolutamente inadatte a persone adulte, si girò lentamente, tenendo le mani in mostra.
«Non stavo rubando» mise in chiaro, rivolgendosi a una suora sulla cinquantina che la fissava con sguardo penetrante. «Mi sono persa.»
«Si è persa qui?»
«Posso spiegarle.»
«Spieghi, spieghi» la esortò la suora, che pareva piuttosto divertita. «La ascolto, e soprattutto, la domanda di poco fa è ancora valida: chi è e che cosa ci fa qui.»
Dalila sorrise e cercò di sfoderare un'aria da brava ragazza.
«Sono la madre di uno dei bambini.»
«Non mi ricordo di lei.»
«Non può certo ricordarsi di tutti.»
La suora obiettò: «Ho una buona memoria fotografica. Lei, tuttavia, non l'ho mai vista da queste parti. Inoltre, se anche fosse la madre di uno dei bambini - quale bambino? - perché è qui? Perché sta rovistando tra le cose degli animatori?»
«Non sto rubando» ribadì Dalila. «Come vede, non ho niente in mano. E non mi guardi a quel modo...»
«Non la sto guardando in nessun modo.»
«Sì, invece, e mi sembra di captare i suoi pensieri. Immagino che si stia scandalizzando perché non indosso la fede al dito. Siamo negli anni 2020 e ancora giudica il fatto che ci siano persone che mettono al mondo figli fuori dal sacro vincolo del matrimonio?»
«Non la sto guardando in nessun modo» insisté la suora, «E non mi deve rendere conto della sua vita privata. Comunque non mi stupisce che, negli anni 2020 o in qualunque altra epoca storica, nessuno abbia voluto sposarsi con lei!»
Dalila avvampò.
«Non dovrebbe permettersi di...»
L'altra la interruppe: «Senta, signorina, non so che cosa sia venuta a fare qui, ma nessuno le ha chiesto di raccontarmi i fatti suoi. Non solo lei me li sta sbattendo in faccia, ma mi sta anche accusando di giudicarla. E tutto per non rispondere alla mia domanda: chi è lei? Perché è qui? Chi è suo figlio, sempre ammesso che ne abbia uno?»
«La accuso di giudicarmi perché è quello che sta facendo» replicò Dalila. «Vi conosco, voi suore. Siete una massa di represse che trascorrono le proprie giornate a pregare e a parlare con Dio, pensando che vi ascolti.»
«In realtà, purtroppo, sto parlando con lei, e non mi sono mai illusa di essere ascoltata!» ribatté la suora. «Forza, signorina, mi spieghi che cosa desidera. E, dato che si è persa, mi segua, le faccio il piacere di accompagnarla all'uscita.»
Dalila sospirò.
«Lei non si arrende mai?»
«Non quando incontro gente senza un ruolo preciso che si mette a vaneggiare.»
«Perché? Nega forse di essere una repressa che non può sfogare i propri istinti? Indossando quella sacca e portandone un'altra in testa, non pensa di avere rinunciato alla sua identità?»
«Sì, a volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita, se non mi fossi fatta suora» ribatté l'altra. «Poi, quando mi rendo conto che potrei essere madre di una squinternata come lei, allora penso che fare un voto di castità sia stata la decisione migliore della mia vita. E adesso fuori, mi ha già fatto perdere abbastanza tempo!»
«No, aspetti!» la pregò Dalila. «Ha ragione, non sono qui per mio figlio. Non ho figli. Devo parlare con un'animatrice che si chiama Elena Piazzi.»
«Perché la cerca qui? Non può parlarle in un altro momento?»
«Si tratta di una questione di massima importanza. Devo vedere quella ragazza, subito.»
«Se va fuori, tra un'oretta la vedrà uscire.»
«Non posso aspettare un'ora. La prego, vada a chiamare quella ragazza!»
La suora sbuffò.
«È sempre così insistente?»
«Solo quando ho un risultato da ottenere» ribatté Dalila. «Posso parlarle?»
«Aspetti qui e, mi raccomando, non tocchi la roba dei ragazzi.»
«Le do l'impressione di volermi portare a casa un cellulare con la cover dei Pokemon, per caso?»
La suora non replicò. Si allontanò, lasciandola sola, e Dalila vi rimase finché una ragazzina non varcò la soglia, alcuni minuti più tardi.
«Suor Giuliana mi ha detto che voleva vedermi» esordì Elena Piazzi. «Chi è? Cosa vuole da me?»
«La suora mi ha fatto la stessa domanda» rispose Dalila. «Ci può stare che non ne avesse idea... ma tu?»
«Io?» obiettò Elena. «Mi dispiace, ma non la conosco.»
«Nemmeno io conosco te» mise in chiaro Dalila, «Ma ho sentito la tua musica, se così la si può chiamare. Sembravi più spinta, come Baby Dumbaby. Invece sei solo una bimbetta bigotta che pende dalle labbra delle suore.»
«Se mi preferisce come Baby Dumbaby, posso accontentarla» ribatté Elena. Poi, di colpo, si mise a canticchiare: «Di giorni così ne vivo a milioni - poi questa bad bitch viene e rompe i coglioni - non la conosco ma mi dà una gran noia - quindi le dico vattene troia.»
Dalila ridacchiò.
«Complimenti. Ti manca solo la parrucca e il trucco trash, poi sei di nuovo perfetta.»
«Baby Dumbaby le piace veramente?»
«No, mi fa cagare.»
«Allora non è qui per farsi un selfie con me, immagino» osservò Elena. «Pensa di dirmi cosa vuole, oppure me lo devo immaginare?»
«Tina Menezes» disse Dalila. «Hai mai sentito questo nome?»
«Sì.»
«Ti ho incastrata, finalmente!»
«Incastrata?» Elena la fissò con gli occhi spalancati. «Sta parlando di quella Tina Menezes, pilota della Pink Venus?»
«Ex pilota della Pink Venus» puntualizzò Dalila. «Proprio lei.»
«Mi ha incastrata perché le ho detto di sapere chi è?» obiettò Elena. «Guardi che è stata pure sulla prima pagina dei quotidiani sportivi, spodestando le notizie di calciomercato!»
Il discorso di "Baby Dumbaby" non faceva una piega, ma d'altronde non la facevano nemmeno quelli di Suor Giuliana, eppure Dalila era riuscita a tenerle testa. Poteva farlo anche con Elena Piazzi, alla luce del fatto che, fino a quel momento, tenere testa a qualcuno era stato un limitarsi a lanciare accuse basate sul nulla.
«Tu guardi video porno sul dark web?» le domandò, quindi.
«Tutte noi bimbette bigotte che pendiamo dalle labbra delle suore - mi ha definita così, se ben ricordo - non facciamo altro che guardare porno sul dark web» ribatté Elena. «La cosa la stupisce?»
«Non prendermi in giro, bimba» le intimò Dalila. «Lo sai che una persona è stata ammazzata, dopo che è uscita la tua canzone?»
Elena replicò: «Purtroppo non solo una. Quando non sono in giro per il dark web a guardare film porno, ogni tanto leggo le ultime notizie, mentre alla sera vedo il telegiornale.»
Dalila chiarì: «Parlo di una persona morta come conseguenza diretta della tua canzone.»
Pensava che Elena avrebbe negato, oppure si sarebbe indignata, eppure l'animatrice si limitò a domandare: «Mirko De Rossi, il giornalista?»
Dalila fissò la Piazzi a lungo, convinta di vederla vacillare, o almeno mostrare un minimo segno di insicurezza. La ragazza, invece, appariva sicura di sé, come se niente potesse scalfirla. Le domandò, quindi: «De Rossi è stato ucciso per via della canzone?»
«L'ha detto lei, non io» chiarì Elena. «L'ho incontrato una volta e mio cugino lo conosceva...»
«Tuo cugino» la interruppe Dalila, «Sarebbe Nicholas Piazzi?»
«Sì.»
«Che rapporto c'era tra lui e Mirko?»
«Si conoscevano.»
«Erano amici?»
«Non amici intimi, che io sappia» rispose Elena. «Avevano conoscenze comuni e a volte capitava che si incontrassero, ma in compagnia di altri. Non penso uscissero insieme loro due.»
«È stato Nicholas a farti cantare "Miss Vegas"?» volle sapere Dalila.
«Sì, me l'ha proposto Nicholas.»
«Cantavi già?»
«No, è successo per caso. Non l'ho mai presa come una cosa seria.»
«Vuoi diventare cantante?»
Elena scosse la testa con fermezza.
«No, certo che no, e la musica trap nemmeno mi piace. Nicholas mi ha pagata per farlo e avevo bisogno di soldi.»
«Wow, interessante» osservò Dalila. «Cosa ci devi fare con i soldi? Ti prego, dimmi che è qualcosa di scabroso, non potrei sopportare una risposta banale.»
«Mi servono per pagarmi una stanza, quando ricomincerà l'università» rispose Elena. «Mi dispiace deluderla.»
«Non fa niente, avrai altre occasioni per rifarti. Perché hai accettato di cantare una canzone così volgare?»
«Perché quello era il testo.»
«Chi l'ha scritto?»
«Nicholas stesso, o almeno così mi è parso di capire.»
«Di cosa parla, quel testo?»
«Di cazzate, in cui ogni tanto è infilato qualche "bro" o qualche "sis".»
Dalila fece un sorrisetto.
«Devo ammettere che sembri piuttosto sveglia, per essere una cantante trap che durante il giorno fa l'animatrice in un campo estivo. Non mi basta, però. Sai qual è il legame tra quel testo e Tina Menezes?»
«Niente di che» ribatté Elena. «Nicholas mi ha detto che parla di una pornostar con un nome tipo Menny.»
«Venus Manny. La conosci?»
«No.»
«Non personalmente, intendo. La segui come personaggio?»
«Diversamente da Tina Menezes, Venus Manny non è mai finita sulle prime pagine dei giornali sportivi. Forse su altri tipi di giornali sì, ma è difficile trovarli esposti in bella vista davanti alle edicole.»
«Quindi» concluse Dalila, «Non hai idea di che legame potesse esserci tra Mirko De Rossi e Tina Menezes?»
«Mi scusi, ma non capisco quale possa essere il legame.»
«De Rossi conosceva tuo cugino, che ha scritto un testo che faceva vagamente cenno a Tina Menezes. Anzi, diciamo pure che non vi faceva cenno solo vagamente.»
«Mio cugino mi ha spiegato che Venus Manny gli ha fatto venire in mente Tina Menezes e la Pink Venus per via del proprio nome d'arte» asserì Elena. «Non c'è altro. Nicholas ha messo frasi sconnesse a caso, passando dal dark web a un gran premio e a un incidente della Menezes capitato in una sessione, non saprei dire se di prove libere o di qualifiche. Il fatto che conoscesse De Rossi non ha niente a che vedere con tutto questo. Anzi, non capisco nemmeno perché la Menezes dovrebbe avere a che fare - seppure indirettamente, se ho ben capito - con il delitto.»
«Non te lo posso spiegare» rispose Dalila. «Grazie comunque per quello che mi hai riferito. E mi raccomando, studia, perché con quel look da bimba bigotta non hai alcuna possibilità di sfondare come trapper.»
«Non si preoccupi» replicò Elena. «Non ne ho alcuna intenzione. E comunque il mio look non ha niente che non va, anche le altre ragazze si vestono come me.»
«Vorrà dire che anche le altre sono bimbe bigotte.»
«Se ci preferisce trapper, posso insegnare anche alle altre a rappare.»
Dalila ridacchiò.
«No, grazie, non ce n'è bisogno. Per quanto riguarda me, penso sia ora di togliere il disturbo. Mi raccomando, saluta Suor Giuliana da parte mia.»
Elena abbassò lo sguardo.
«Suor Giuliana mi chiederà chi era e cosa voleva da me.»
«Dille la verità.»
«Non sa che sono Baby Dumbaby.»
«Spero per lei che non conosca la sua esistenza» borbottò Dalila. «Peccato, comunque, che non sappia che sei tu. Ti facevo più audace.»
Elena chiarì: «Non ho raccontato a nessuno di Baby Dumbaby. È stato un mio segreto. Nessuno l'ha scoperto, prima di lei. E, anche se potessi raccontare a Suor Giuliana perché è venuta a cercarmi, non la potrei comunque illuminare sulla sua identità: mi ha fatto un sacco di domande, ma non mi ha detto chi è e a quale titolo me le ha fatte.»
«Lavoravo con Mirko De Rossi, in passato.»
«È una giornalista anche lei?»
«No. Scatto foto. Nello specifico, scatto foto ad auto da corsa in movimento. De Rossi apprezzava i miei scatti, per i suoi articoli. Pagava bene, e poi andavamo d'accordo. Non eravamo solo colleghi, eravamo anche amici.»
«Mi dispiace per quello che gli è successo.»
«Anche a me.»
«Glielo ripeto, comunque: "Miss Vegas" non ha niente a che vedere con tutto questo. Era un testo che Nicholas ha scritto per scherzo, poi l'ha messo sopra a una base e ha visto che funzionava. Non vi sono video di Tina Menezes sul dark web...» Elena si interruppe, come se fosse pensierosa. A quel punto, di colpo, esclamò: «Ma sì, certo, come ho fatto a non capire?»
«Non so come tu abbia fatto» ribatté Dalila, «Ma ti assicuro che adesso sono io a non capire.»
«Anche Tina Menezes ha fatto dei video erotici, vero?» chiese Elena. «È per questo che pensava che De Rossi fosse stato ucciso per via della canzone? In tal caso, mi creda, è tutto un caso. Le assicuro che né io né Nicholas guardiamo quel genere di video.»
«Forse ti converrebbe parlare per te» ribatté Dalila. «Magari Nicholas ne sa qualcosa e...»
Elena la interruppe: «Le pare che, se Nicholas sapesse dell'esistenza di video erotici di Tina Menezes, ci scriverebbe su una canzone?»
«Con Venus Manny, però, l'ha fatto.»
«Tina Menezes guida auto da corsa, Venus Manny è un'attrice porno che ha diffuso di propria volontà certi video. Non mi pare esattamente la stessa cosa. Perché mai, se anche avesse visto materiale hard sulla Menezes, avrebbe dovuto scrivere quel testo?»
«Non lo so, ma mi piacerebbe parlarne con lui, di persona» ammise Dalila. «Pensi di potermi aiutare?»
«Aveva detto che se ne sarebbe andata» le ricordò Elena. «Non mi aveva fatto una simile richiesta, prima.»
«Sei stata tu a trattenermi, perché non sapevi cosa raccontare alla suora» rimarcò Dalila. «Hai voluto sapere chi fossi... e la curiosità non sempre dà frutti positivi.»
«Già, non mi ha ancora detto il suo nome.»
«E non te lo dirò.»
«Vorrà dire che cercherò qualche articolo di De Rossi e guarderò i credits delle forografie. Non mi sarà difficile risalire a lei.»
«Tanto vale che te lo dica, allora: Dalila Colombari.»
«Piacere di conoscerla.»
«Il piacere è tutto mio e, come ti ho detto, gradirei conoscere anche tuo cugino. Dove posso trovarlo?»
«Mio cugino ha delle pagine web e social su cui può rintracciarlo» rispose Elena. «Io non posso metterla in contatto con lui, ma può farlo la sua segretaria. Troverà facilmente un numero di telefono.»
«Non sarà quello privato, però.»
«Le pare che mi metta a dare numeri privati di parenti a perfette sconosciute?»
«Non siamo più sconosciute.»
«Non lo avrà. Non insista.»
Dalila si arrese: «Va bene. Me ne vado e, te lo assicuro, non vengo più a cercarti, a meno che non scopra che sei stata tu a uccidere Mirko. Però, te lo assicuro, questa ipotesi non mi convince. Come già detto, saluta Suor Giuliana da parte mia.»
Elena annuì.
«Non mancherò di farlo.»
Dalila sorrise con aria di approvazione, poi uscì. Cercò di fare in fretta, per evitare altri incontri. Solo quando fu lontana, diretta verso la propria automobile, rifletté su quanto le aveva detto Baby Dumbaby durante la loro conversazione.
La versione dei fatti della ragazza era credibile e, Dalila non ne dubitava, Elena Piazzi era fermamente convinta di ciò che aveva riferito. Se non era così, se Nicholas Piazzi era al corrente dell'esistenza di video per soli adulti nei quali Tina Menezes era attrice protagonista, doveva essersi guardato bene dal rivelarlo alla cugina acqua e sapone che aveva fatto travestire da icona trash.
Si sedette in macchina e si allacciò la cintura di sicurezza, ma invece di accendere il motore rimase ferma un attimo, nonostante facesse un caldo micidiale, e prese fuori lo smartphone. Avrebbe voluto chiamare Oliver Fischer, ma non era ancora il momento. Da un lato, per precauzione, certe rivelazioni le avrebbe fatte ben più volentieri dal telefono con la scheda non intestata a suo nome, dall'altro non riteneva opportuno mettere il giornalista al corrente degli ultimi dettagli. Oliver poteva continuare a inseguire le varie Amber Thompson e i vari Ryan Harvey di turno, per quanto la riguardava non gli avrebbe fatto prendere i meriti delle proprie scoperte.
Vide alcune notifiche, le erano arrivate delle e-mail. Non doveva essere niente di importante, ma tanto valeva dare un'occhiata. Per poco non fece un salto sul sedile, quando vide su quale sito era stato pubblicato un nuovo post.
Mirko De Rossi aveva un blog, sul quale metteva per diletto gli articoli che reputava "poco importanti", ovvero quelli per cui difficilmente avrebbe potuto trovare qualcuno disposto a pagare. In vita, l'aveva tenuto occasionalmente aggiornato. In passato, Dalila si era iscritta al blog, le arrivava via e-mail il link di ogni nuovo post.
Ricordò, subito dopo, che spesso Mirko programmava i post per pubblicarli in uno specifico momento futuro. Di solito preparava i testi con qualche giorno d'anticipo. Era plausibile, quindi, che avesse sbagliato a inserire la data, oppure che fosse l'anniversario di qualche avvenimento entrato nella storia dell'automobilismo e che l'anticipo fosse stato un periodo molto più lungo del solito.
Cliccò sul link, senza sapere che cosa stesse per vedere. Già il titolo la fece sobbalzare di nuovo: "rivelazioni biografiche di Tina Menezes - Ryan Harvey, la doppia faccia dell'uomo perfetto". Non prometteva nulla di buono.

[...] Fu questione di un attimo. Mi ritrovai schiacciata tra quell'uomo disgustoso e il muro, con un bicchiere rotto puntato alla gola.
«Mi sono stancato di te, puttana» disse Ryan Harvey, sprezzante. «Non fai altro che intrometterti nella vita mia e di Amber!»
Nonostante la minaccia della sua arma impropria, fui tentata di replicare.
Non feci in tempo, dal momento che la sua futura moglie intervenne: «Ryan, smettila! Io e te ce ne stavamo andando.»
Ryan la ignorò.
«Quelle come te le odio, Tina» proseguì. «Non sai fare altro che ficcare il naso negli affari delle persone che invidi.»
E così, dovevo invidiare uno come lui?
O addirittura dovevo invidiare Amber, che quell’idiota se lo stava per sposare?
Amber, da parte sua, lo fissava con occhi sbarrati.
«Ryan, vuoi abbassare quel bicchiere?»
«E tu, bambola del cazzo» obiettò Ryan, «Vuoi tacere e vuoi farti i cazzi tuoi, come ti chiedo da tutta la sera?»
Amber scattò verso di lui.
Gli afferrò il polso destro e glielo torse.
«Andiamo via!»
Ryan lasciò cadere il bicchiere.
Mi lasciò perdere e si concentrò su di lei.
«Devi smetterla di stare in mezzo! Mi pare di averti già detto che...»
Amber lo interruppe: «Sei tu che devi smetterla. Hai bevuto troppo, Ryan. È meglio che tu te ne vada.»
«Solo se verrai con me.»
Amber sbuffò.
«Perché, da solo non trovi la strada?»
«Perché la moglie deve seguire il marito» ribatté Ryan. «Ti sei per caso dimenticata dei voti matrimoniali che presto pronunceremo?»
«La moglie deve seguire il marito» replicò Amber, «A condizione che non si comporti come un perfetto idiota. Puntare bicchieri rotti alla gola della gente non mi pare il modo migliore per non dimostrarsi tale.» Si rivolse a me: «Mi dispiace per l’inconveniente, Tina.» Lanciò un’occhiataccia a lui. «Gliel’ho detto che non doveva bere così tanto ma, come al solito, non ha voluto starmi a sentire.»
Ryan mi fissò ed ebbi l’impressione che quella dell’alcool fosse una scusa. Quell’uomo non era ubriaco. Era completamente pazzo, forse, ma non era ubriaco.
«Non devi dispiacerti» puntualizzò, rivolgendosi ad Amber. «Ti sei dimenticata del casino che ha combinato questa stronza e di quello che ha detto su di te?»
«No, non me ne sono dimenticata, se ti può consolare» rispose Amber, «Ma non vedo che cosa c’entri tu.»
«Io c’entro, Amber, perché oltre a essere tuo marito, anche se tu te ne dimentichi, sono anche il tuo manager!»
Amber sbuffò.
«A parte che non mi sembra una buona ragione per puntare bicchieri rotti alla gola alla gente, non mi pare di avere mai dimenticato che tu sia mio marito. Certi discorsi non stanno né in cielo né in terra.» Gli voltò le spalle. «Se non ti dispiace, torno dentro.»
Ryan azzardò: «E se invece mi dispiacesse?»
Amber lo ignorò.
«La compagnia dei miei colleghi è molto più allettante della tua. Ci vediamo dopo e, se ne sei capace, non fare dei danni. E tu, Tina...» Voltò lo sguardo verso di me per un istante, «Se ti dovesse infastidire, non esitare a tirargli un calcio nei coglioni.»
«Non dire cazzate» la ammonì Ryan. «Questa testa di cazzo non lo farebbe mai.»
«Se fossi al posto tuo, cercherei di non metterla alla prova» gli suggerì Amber, prima di allontanarsi.
Guardandola andare via, Ryan borbottò tra i denti: «Che stronza.»
Aggrottai le sopracciglia.
«Non capisco. Parli di me o della tua futura consorte?»
«Parlo di Amber» rispose Ryan. «Devo essere stato un deficiente, se ho pensato che fidanzarmi con una come lei potesse essere un investimento positivo.»
«Ah, quindi la vostra storia d'amore perfetta altro non è che un investimento?» osservai. «Allora forse Amber è stata più deficiente di te.»
Ryan scosse la testa.
«No, quella stronza riesce sempre a fare quello che le pare.»
«Cosa vuoi dire?»
«Se ha voglia di starmi sentire, mi sta a sentire. Il problema è che non ne ha mai voglia, così come non ha voglia di scopare.» Ryan rise. «Credo che un giorno o l’altro mi costringerà a darle un sonnifero e ad aprirle le gambe a sua insaputa.»
Quella battuta mi parve tutt’altro che divertente.
«Scusami, ma non ho intenzione di perdere tutta la serata a parlare di nulla con te» lo informai, «Quindi credo che me ne tornerò di là. Senz’altro ci saranno persone più gradevoli di te... non credi?»
«Credo» replicò Ryan, «Che le persone gradevoli ti stiano alla larga.»
«Può darsi.»
«Rimarrai completamente sola. Non ti godrai la serata.»
«Forse io rimarrò da sola stasera» convenni, voltandogli le spalle, «Ma, prima o poi, tu resterai solo per tutto il resto dei tuoi giorni.»
Quando mi allontanai, trovai Veronica in un angolo.
Mi fece un cenno e io mi avvicinai a lei.
«Cosa stavi facendo?» mi domandò, secca.
Mi affrettai a rispondere: «Niente.»
Veronica scosse la testa.
«Ti ho vista litigare con Amber, poi lei è rientrata e tu sei rimasta là a discutere con suo Ryan. Per quanto tempo ancora vuoi continuare a...»
La interruppi: «Non hai capito un cazzo.»
Veronica aggrottò le sopracciglia.
«Ah, no? Allora spiegami cosa stavi combinando.»
«Prima di tutto non stavo litigando con Amber» chiarii. «Anzi, per la prima volta in tutta la mia vita credo di essermi sentita d’accordo con lei.»
«Ah, sì? E come mai questo miracolo?»
Trattenni a stento una risata.
«Stava mandando a quel paese quel coglione del suo futuro marito.»
«Deduco» osservò Veronica, «Che Ryan Harvey non ti stia particolarmente simpatico. E dire che io credevo che il tuo odio viscerale nei confronti di Amber derivasse dall’invidia per il bel marito che si è scelta.»
Finsi di sentirmi male, appoggiandomi alla parete.
«Posso vomitare?»
«Perché?» domandò Veronica. «È così sexy con quella sua aria da secchione, non lo puoi negare.»
Strabuzzai gli occhi.
«Tu sei fuori di testa!»
Veronica rise.
«Effettivamente è belloccio, ma non ha altre qualità.»
«Sarà anche belloccio come dici tu, ma mi fa venire il voltastomaco. »
«Lo sai, Tina, qual è il tuo problema?» ribatté Veronica. «Tu hai gusti troppo complicati in fatto di uomini.»
Gusti complicati solo perché disprezzavo gli individui disgustosi come Harvey? Avrei voluto dirglielo, ma non riusciva a capirmi. Non sapeva chi fosse davvero quel bastardo, né avevo modo per spiegarglielo. Mi sentivo sospesa in un limbo e non avevo idea di come uscire da quella situazione. [...]

«Menezes, che cazzo significa?»
La voce di Veronica Young, alle sue spalle, era fredda e tagliente. Tina non si era accorta di lei, non l'aveva sentita arrivare.
«Cosa succede?» le chiese, girandosi.
«Non so, perché non provi a raccontarmelo tu?» obiettò Veronica. «Sei stata tu, immagino, a riferire a Mirko De Rossi certe cose, prima che morisse. Sei tu la mente pensante, anche se deve essere stato lui il tuo ghostwriter.»
Tina non riuscì a comprendere cosa fosse accaduto.
«De Rossi? Ghostwriter? Di cosa parli?»
«Della cazzata che è appena uscita» rispose Veronica. «Da quando è morto, i curiosi che visitano il suo blog saranno aumentati a dismisura. Sai quanti l'avranno già letto? Eppure la parte che mi riguarda è falsa. Hai raccontato cose che non sono mai successe. Mi dispiace per quello che ti ha fatto Ryan - sempre ammesso che almeno il fatto che ti abbia minacciata con un bicchiere rotto sia vero - ma non avresti dovuto coinvolgermi! Io non c'ero, quando è successo. Mi hai messa nella scomoda posizione di dovere dire la mia. E sai cosa succederà? Che, se dirò di non saperne niente, verrò accusata di essere schierata a suo favore!»
«Bicchiere rotto?» ripeté Tina. «Quale bicchiere rotto? Davvero, Veronica, non ho idea di che cosa tu mi stia dicendo. Non c'entro niente, non so cosa sia stato pubblicato sul blog di De Rossi, ma io non gli ho raccontato niente.»
«Chi l'ha fatto, allora?»
«Non lo so.»
«Cosa gli hai detto di Harvey?» insisté Veronica. «Ripetimi tutto, per filo e per segno.»
«Ryan Harvey ha tentato di abusare di me» le confidò Tina. «È successo circa tre anni fa, la notte dopo il gran premio di Singapore. Non ho ricordi di quello che è è accaduto, perché deve avermi drogata, prima. So solo che mi ha accompagnata nella mia stanza e che mi sono svegliata con il vestito strappato. Non mi ha fatto niente, credo, ma è tornato da me, quando ho aperto gli occhi me lo sono ritrovata davanti.»
Veronica spalancò la bocca per lo stupore e fu solo solo dopo qualche istante di silenzio che esclamò: «Che cosa?!»
«È successo davvero, me lo ricordo perfettamente» confermò Tina. «O meglio, mi ricordo di lui prima e dopo.»
«Ma non hai alcun ricordo di lui che fa altro, oltre ad accompagnarti nella stanza ed essere lì al tuo risveglio, se ho ben capito» osservò Veronica.
«Se è un modo per dirmi che non mi credi...»
«Non ho detto che non ti credo. La trovo una storia strana e a tratti incomprensibile, ma qualcosa deve essere accaduto. Quello che non capisco è il ruolo di De Rossi. Cosa gli hai raccontato?»
«Niente» rispose Tina. «Mi sono tenuta tutto dentro per anni, perché avrei dovuto parlarne con Mirko? Non ne sapeva niente, non poteva averne idea.»
«Eppure» insisté Veronica, «Sul suo blog è uscito un tuo presunto post autobiografico in cui c'è questa storia assurda di Ryan Harvey che ti punta alla gola un bicchiere rotto a un festa.»
Tina ribadì: «Non so cosa sia questa storia, non ne ho idea.»
«Fattene venire una» le intimò Veronica, «Perché per ora esiste solo una versione italiana, ma stai sicura che, tempo un paio d'ore, inizieranno a fioccare traduzioni e non ci sarà niente che io possa fare affinché tutti possiamo uscirne in maniera rispettabile.»
«Tutti possiamo uscirne in maniera rispettabile.» Tina scosse la testa. «Certo, come no. Dobbiamo tutelare la reputazione del povero Ryan Harvey, giustamente. Quello che dici è rivoltante.»
«Mettiamo in chiaro una cosa, Menezes» replicò Veronica, con freddezza. «Io ci credo, che ti sia successo qualcosa, che qualcuno ti abbia drogata. Però non puoi pretendere che, se mi dici che pensi che possa essere stato Ryan Harvey, ma non hai né alcun ricordo preciso né alcuna prova contro di lui, io corra a sputargli addosso il mio disgusto. Mi sembra il minimo che io possa fare, prendere la cosa con le pinze.»
«Certo, proteggiamo i colpevoli e prendiamocela con le vittime.»
«Non me la prendo con le vittime, me la prendo con le teste di cazzo. Posso comprendere le tue ragioni, se non hai denunciato, né fatto nulla per approfondire cosa fosse successo davvero, né cercato testimoni. Però non puoi mettermi tra le mani la patata bollente, che mi causerà non pochi problemi, proprio mentre ho già in mano un'altra patata bollente che ti riguarda. Forse non ti è ancora chiaro, ma non appena il post uscito sul blog di De Rossi, oppure la storia che mi hai raccontato, sarà di dominio pubblico, ci sarà chi se la prenderà con me, perché non ho fatto niente e perché non ho una bacchetta magica con cui possa risolvere la situazione. Nessuno si fermerà un attimo a pensare: "Veronica Young si è ritrovata all'improvviso catapultata in questa vicenda, di cui non sapeva nulla fino a dieci secondi fa, e non posso pretendere che possa fare qualcosa di concreto".»
Tina insisté: «Avresti dovuto allontanare Harvey quando ti ho chiesto di farlo. Non mi hai mai presa sul serio.»
«Se vuoi essere presa sul serio» ribatté Veronica, «Ti consiglio di raccontare le cose, invece di tenerle per te e poi lamentarti che tutti sono crudeli perché non ti leggono nella mente e non ti capiscono. Non posso immaginarmi quello che ti passa per la testa, né sono capace di leggerti nel pensiero... e meno male, oserei dire!»
«Sei tu quella che si mescola con gli stupratori, non io.»
«Lo ripeto, sperando che la tua testa vuota sia in grado di comprendere un semplice concetto. Non ci vuole molto sforzo, secondo me sei capace anche tu, se provi ad applicarti. Ryan Harvey è fidanzato con Amber Thompson da anni. Ce l'ho intorno da quasi un anno, e neanche me ne frega niente di lui. Circa tre minuti fa mi hai riferito di quello che pensi che Ryan ti abbia fatto. Secondo te, stupida decerebrata, un anno fa avrei dovuto prevedere quello che mi hai raccontato adesso? Oppure dovrei tornare indietro nel tempo e cambiare la storia, cancellando Ryan Harvey da ogni evento in cui è stato presente?»
«Non ho detto che devi fare questo. Ho detto che devi fare qualcosa.»
«Non sono la supereroina che deve salvarti. Salvati da sola. Io ho una squadra da gestire, che nel giro di poche ore si troverà nella bufera. Fai quello che ti pare con Harvey. Denuncialo, se credi che abbia davvero fatto quello che dici, oppure parlane pubblicamente. Io non farò niente per trattenerti. Però non pretendere che, per occuparmi degli affari tuoi, metta da parte i miei.»
«Già, perché per te c'è solo il team.»
Veronica rise, sprezzante.
«Che sorpresa, il mio lavoro viene per me prima della tua vita privata e non mi annullo per te. Non sono la tua cara Claudia, vai a chiedere a lei cosa devi fare, ha sempre la soluzione giusta per tutto.»
Tina avrebbe voluto replicare, ma Veronica le voltò le spalle e si allontanò, lasciandola sola. Se poteva sforzarsi di comprendere le ragioni della Young, non riusciva a capacitarsi di come Ryan Harvey fosse stato in grado di fare il lavaggio del cervello a tutti. Possibile che fosse così bravo a interpretare la parte della persona perbene? Possibile che non avesse mai fatto con altre quello che aveva tentato di fare con lei?
Era certa di quello che affermava e non avrebbe cambiato idea: solo Harvey sapeva in che condizioni si trovasse quella sera, era stato lui ad accompagnarla nella stanza ed era stato sempre lui che si era ritrovata davanti quando era finalmente tornata in sé e si era risvegliata dopo ore e ore. Certo, le sfuggiva perché, dopo averla parzialmente denudata non fosse passato oltre, ma non era un dettaglio rilevante. Il fatto che si fosse fermato prima, non significava che non fosse marcio dentro, né lo rendeva meno degno di essere dipinto per quello che era.
Le venne in mente un'unica soluzione. Si guardò intorno, per accertarsi che non ci fosse nessuno a udirla. Si rese conto che non vi era alcuna garanzia che non accadesse, quindi si allontanò. Registrò un breve video, con lo smartphone, nel quale spiegò i fatti con esattezza.
«Come alcuni di voi già sapranno, è uscito un frammento della mia autobiografia sul sito di Mirko De Rossi, il giornalista italiano assassinato qualche tempo fa durante una rapina vicino a Milano. Vorrei informarvi che si tratta di un fake. Non ho idea di chi abbia scritto e pubblicato quel post, ma non è assolutamente vero che Ryan Harvey mi abbia minacciata con un bicchiere rotto durante una lite a una festa. La sua fidanzata Amber Thompson e la team principal della Pink Venus Veronica Young, ugualmente menzionate, non hanno mai assistito a quei fatti, in quanto non sono mai successi. Voglio tuttavia informarvi che Ryan Harvey, in ogni caso, non è il bravo ragazzo che finge di essere. Seppure non abbia mai fatto ciò che gli viene attribuito in quel post...» Si interruppe. Ripensò alle parole di Donato, che l'aveva esortata ad agire contro Harvey via social, se ce l'aveva con lui. Sarebbe stata davvero la soluzione migliore, dato che non vi erano altre spiegazioni agli eventi di quella notte a Singapore. «Sono molto combattuta, non so se rivelarvi quello che mi ha fatto, oppure continuare a tacere. So solo che non è giusto che possa andarsene in giro a testa alta, quando ha...» Si fermò un'altra volta. Oltre al momento in cui Ryan l'aveva accompagnata nella stanza e quello in cui aveva avvertito di nuovo la sua presenza c'era un altro ricordo che la tormentava. Non poteva andare avanti, non poteva rivelare tutto, non ancora. «Per il momento preferisco non dire nulla, ma tornerò da voi raccontandovi tutta la verità, non appena riuscirò a provarla.»
Fece terminare così la registrazione. Iniziò a pubblicarla su ciascuno dei social media ai quali era iscritta.
«Scusami, Manuel» mormorò, tra i denti.
Quello che le era successo quella notte, era stata la punizione del karma - o di qualunque cosa l'avesse provocata - per quello che aveva fatto a Serrano, non doveva dimenticarsene mai.
Claudia sbucò fuori all'improvviso, subito dietro di lei.
«Cosa succede, Tina?»
«Non ti avevo sentita» rispose Tina. «Ho fatto quello che dovevo fare.»
«Di cosa parli?»
«Ho pubblicato un video. Ho spiegato che Harvey è una pessima persona.»
Claudia scattò verso di lei e la abbracciò.
«Hai fatto bene.»
«Lo so.»
«Avresti dovuto farlo prima» le ricordò Claudia. «Te l'ho detto un sacco di volte. Sono felice che tu ce l'abbia fatta. Hai raccontato tutto?»
«Non tutto» replicò Tina, «Non posso raccontare una storia così grave senza prove.»
«Certo che puoi farlo» la smentì Claudia, sciogliendo il loro abbraccio. «Tutti devono sapere che individuo rivoltante è Harvey. Quello che ha fatto è terribile e avrebbe potuto fare anche di peggio.»
«Come lo dimostro?»
«Devi parlare, non dimostrarlo.»
Tina osservò: «Se funzionasse così, però, chiunque potrebbe raccontare qualsiasi cosa a proposito di chiunque e dovrebbe essere preso sul serio.»
Claudia sbuffò.
«Smettila di farti condizionare dalle cazzate che dice la Young! È stata lei, vero, che ti ha detto che ci vogliono prove per accusare qualcuno?»
Tina le riferì: «Le ho parlato di quello che è successo. Dice che non può fare niente, che non ha mai saputo niente fino ad adesso e non può fare miracoli.»
Claudia borbottò: «Quella stronza ha in mente solo il proprio interesse. Non devi starla a sentire. Tu non hai bisogno di prove per sapere che cosa ti ha fatto Harvey. Le prove servono in tribunale. Con la gente comune non servono. Anzi, sai cosa ti dico? Secondo me dovresti anche ingigantire la storia, per essere certa che ne esca definitivamente distrutto. E magari anche affermare che Amber Thompson sa tutto. Sarebbe un modo perfetto per sbarazzarti di lei.»
Tina spalancò gli occhi.
«Come puoi suggerirmi questo?»
«Quella gente ti mette i piedi in testa da anni» replicò Claudia, secca. «Non possono sempre averla vinta. Devono pagare per tutto quello che ti hanno fatto.»
«Non ti ho mai vista così decisa anche nei confronti di Amber.»
«Perché non mi ero mai fermata a pensare a quanto tu abbia sofferto per colpa del suo futuro marito. Rifletti, se vuole sposarselo, non può essere una persona migliore di lui. Devi vendicarti di loro e devi farlo al più presto.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Lo sai come la penso. È Manuel che si è vendicato.»
Claudia sospirò.
«Tina, lo sai che non ho niente contro le convinzioni religiose o legate al sovrannaturale, ma Manuel Serrano sta riposando in pace e non è certo stato lui a spingere Harvey a fare quello che ha fatto.»
«Non puoi capire, Claudia» mormorò Tina. «Una voce mi diceva che quello che avevo fatto a Manuel era inaccettabile e che me ne sarei pentita, è l'unica cosa che ricordo di quella notte. Non vorrei, ma quella voce mi tormenta ancora.»
«Presto sarà tutto finito» la rassicurò Claudia. «Harvey si pentirà di quello che ha fatto.»
Tina non ne era convinta, ma non replicò. Si allontanò da Claudia e cercò di pensare al futuro che la aspettava. Veronica aveva ragione, il post apparso sul blog di Mirko De Rossi era già stato tradotto e diffuso, mentre anche il video con le spiegazioni iniziava a collezionare un buon numero di visite e condivisioni.
La sua successiva conversazione con la Young non andò male come quella che avevano già avuto. Veronica non era molto soddisfatta, ovviamente, ma pensava che Tina avesse salvato il salvabile.
«Certo, qualcuno pensa che tu sia stata costretta a fare quel video» ammise Veronica, «Ma almeno si tratta di una ristretta minoranza. Una parte di loro starà ascoltando la tua voce al contrario, nella speranza di trovare qualche messaggio subliminale. Quello che non capisco è quali siano le tue intenzioni con Harvey.»
«Se ti può consolare» rispose Tina, «Nemmeno io so che intenzioni abbia tu, con lui.»
Veronica le lanciò un'occhiataccia, ma il suo tono fu comunque cordiale, mentre metteva in chiaro: «Ho parlato con Ryan e Amber. Ho spiegato loro che non posso permettermi uno scandalo, nessuno di noi può permetterselo. La sopravvivenza della Pink Venus è legata ai suoi pochi sponsor e, anche se solo uno di loro si tirasse indietro, sarebbe un bel casino. Penso di essermi spiegata bene: non voglio in alcun modo che il mio nome o quello della squadra siano associati con qualcosa di poco rispettabile. Ryan mi ha assicurato che darà le opportune spiegazioni, ma gli ho fatto presente che non mi interessano e, per il momento, non è persona gradita. Ho anche imposto ad Amber, se la situazione dovesse peggiorare, di troncare ogni rapporto con lui.»
«Le hai chiesto di licenziarlo e di lasciarlo?»
«Posso chiederle soltanto di non portarlo con sé in pubblico e di non far sapere che stanno ancora insieme. Se lo può ancora sposare, per quanto mi riguarda, ma è necessario che lo faccia in gran segreto e che non si faccia mai vedere insieme a lui.»
«Ha accettato?»
«Mi ha assicurato che tutto si chiarirà e che Ryan non ha nulla di cui preoccuparsi, ma non intende opporsi alla mia richiesta. Mi sembra il minimo.»
Tina azzardò: «E se, una volta che fingerà di averlo lasciato, fossi io a rivelare che stanno ancora insieme?»
La voce di Veronica si fece più tesa.
«Ho già abbastanza problemi, senza che ti metta di mezzo anche tu. Hai detto che è stato Ryan a drogarti, non certo Amber. Potrebbe essere lei stessa una vittima, non ci sono ragioni per cui dovresti prendertela con lei.»
«Amber sta insieme a Ryan, quindi non può essere tanto migliore di lui, ne abbiamo già parlato» ribatté Tina. «Chissà, magari quel bastardo le ha riferito quello che ha fatto e Amber lo considera un figo...»
«Continuo ad avere l'impressione che tu sia fuori strada.»
«E io continuo ad avere l'impressione che non te ne freghi un cazzo di avere a che fare con un criminale.»
«Se ne sei così convinta» obiettò Veronica, «Perché ti sei fermata? Perché ti sei limitata a dire che un giorno la verità su di lui verrà alla luce? Perché...» Si interruppe quando un cellulare iniziò a squillare. Era quello di Tina. «Rispondi pure. Ti ho già detto tutto quello che dovevo dirti.»
Si allontanò, lasciandola sola. Tina prese fuori il telefono e lesse il nome di Oliver Fischer sul display. Non lo vedeva da appena quattro giorni, ma le sembrava che fosse già passata una vita.
Lasciò che lo smartphone squillasse a lungo, prima di decidersi a rispondere. Le prime parole che Oliver le rivolse non la sorpresero.
«Dobbiamo parlare.»
«Perché?»
«Perché, se hai una verità da divulgare, ma ti servono delle prove, io posso aiutarti» disse Oliver. «Dobbiamo parlarne. Non dico necessariamente adesso, ma non puoi continuare a tacermi certi dettagli.»
«Devi scoprire chi c'è dietro al filmato di Monza, non certo quello che mi ha fatto Ryan» replicò Tina. «Sono due storie diverse e ti ho coinvolto in una sola di queste.»
«Non mi interessa se vuoi coinvolgermi in una sola» ribatté Oliver. «Lascia giudicare a me se sono due vicende separate. Vuoi il mio aiuto, lascia che ti aiuti.»
Tina sbuffò.
«Va bene, come vuoi tu. Però non posso parlare adesso. Ci sentiamo stasera, quando sarò in albergo.»
«Aspetto la tua chiamata» rispose Oliver. «Ci conto.»
«Va bene, ti lascio lavorare.» Le sembrò di udire una voce femminile, in sottofondo. «C'è qualcuno, con te?»
«Sì, sono con una persona» la informò Oliver. «Ti devo lasciare anch'io, ma aspetto la tua chiamata.»
Tina si irrigidì.
«È Dalila Colombari?»
«Ha importanza?»
In teoria non avrebbe dovuto averne, ma a Tina non piaceva la vicinanza tra Oliver e la fotografa. Sapeva che era un pensiero assurdo, ma l'idea che ci fosse qualcosa, tra quei due, non le andava giù per niente.
«Ti ho fatto una domanda. Sei con Dalila?»
Finalmente Fischer rispose: «No, non sono con Dalila.»
Sembrava sincero.
«Okay, a più tardi. Conto che tu voglia davvero aiutarti e non solo intrometterti nei fatti miei.»
Oliver borbottò: «Quali fatti tuoi? Quelli che mi hai sbattuto davanti al naso dopo avermi inseguito per strada? Il tutto, te lo ricordo, dopo esserti trasferita di proposito di fronte a casa mia.»
Aveva ragione, non poteva tacciarlo di essere un impiccione, non dopo tutto quello che aveva fatto per averlo al proprio fianco. Riattaccò, ripromettendosi di contattarlo di lì a qualche ora e preparandosi a mostrarsi cordiale e sorridente con le persone che Veronica Young le metteva intorno.
Nonostante il video uscito sui suoi canali social, riuscì a non essere travolta da onde che non avrebbe saputo gestire. Non accaddero fatti degni di rilievo, a parte una telefonata di Edward Roberts, che le capitò di udire, a tratti, per caso.
Il suo ex compagno di squadra parlava in tono concitato, chiedendo ripetutamente se tutto stesse procedendo secondo i piani. Dall'altro capo del telefono, Tina se ne stupì quando sentì Edward chiamarla per nome, c'era Selena. Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma sapeva di non potere fare domande, per evitare che ne venissero poste a lei su argomenti che avrebbe preferito evitare di discutere.
Con Oliver Fischer, tuttavia, non poteva esimersi. Lo chiamò quando rimase sola, stando seduta sul letto, e si lasciò andare a commenti che non avrebbe mai pensato di potere fare.
«Mi manchi, Oliver.»
«Sul serio?»
«Se ci fossi tu, saprei come cavarmela.»
«Non ne sono sicuro» obiettò Oliver. «L'idea che mi sono fatto di Claudia è che sia un po' come un cane da guardia. Sei sicura che mi permetterebbe di starti accanto?»
A Tina sfuggì un sorriso.
«L'hai inquadrata proprio bene, sai?»
«Forse si stava meglio quando non c'era.»
«È molto protettiva, vuole solo il meglio per me.»
«Avrei qualche chance di sembrare il meglio?»
«Non lo so, ma che importanza ha? In fondo, alla fine, le nostre strade si separeranno. Claudia, invece, ci sarà sempre per me.»
Oliver replicò: «Le nostre strade si separeranno solo se lo vorrai. Possiamo continuare a sentirci, anche a vederci, se vuoi.»
Quelle parole le riempirono il cuore di gioia, ma Tina sapeva di non avere tempo per la gioia.
«Ryan Harvey mi ha drogata per violentarmi, tre anni fa» rivelò a Fischer, «Anche se poi deve averci ripensato, dato che si è tirato indietro.»
«Che pezzo di merda!» sbottò Oliver. «Com'è successo?»
Il cuore di Tina perse un battito. Davvero le credeva? Gliene sarebbe stata grata per tutta la vita.
Gli raccontò i dettagli e fu, ancora una volta, piacevolmente sorpresa di constatare che Oliver non pretendeva da lei delle prove. Anzi, sembrava desideroso di aiutarla a procurarsene. La sua unica rimostranza fu a proposito del video che aveva pubblicato quel pomeriggio.
«L'hai messo in guardia e questo potrebbe ritorcersi contro di te» le fece notare, infatti, «Ma troveremo un altro modo. Quella storia di Mirko e del suo blog, invece? Ne sai qualcosa?»
Tina non ci aveva più pensato, dopo avere esposto la propria versione dei fatti, ma la domanda di Oliver aveva senso.
«No, Fischer, non ne so niente.»
«Qualcuno deve averlo scritto, quel post. Certo, potrebbe averlo fatto Mirko prima di morire, ma perché? Per caso gli avevi parlato di Harvey?»
«No, per niente» rispose Tina. «Non ho idea di come possa essergli passato anche solo per la testa di inventarsi un simile episodio.»
«Cercheremo di scoprire anche questo» la rassicurò Oliver. «Ho l'impressione che sia tutto un puzzle. Dobbiamo solo mettere i giusti tasselli al posto giusto. A quel punto, forse avremo un'immagine più chiara.»
«Lo spero» ammise Tina.
«Lo spero anch'io» convenne Oliver, «Non solo perché mi hai dato un compito da portare a termine, ma perché sto iniziando a volerti bene.»
Tina sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
«Non mi merito tutto questo.»
«No, certo. Non meritavi quello che ti ha fatto Harvey, così come non meritavi che qualcuno ti riprendesse mentre...»
Tina lo interruppe: «Non mi merito che tu mi voglia bene, è questo che intendevo.»
«Perché dici una cazzata simile?» obiettò Oliver. «Sei una persona meravigliosa.»
«No, non lo sono» insisté Tina, «E sto pagando per quello che ho fatto.»
«Non capisco cosa dici. Non hai fatto niente, tu. Non è colpa tua se Harvey...»
Tina si lasciò andare, si liberò del peso che portava dentro.
«Non parlo di Harvey, parlo di Manuel. La sera prima della gara ci siamo incontrati, io e lui. Sapevo che voleva lasciarmi, un po' lo temevo, ma sapevo che prima o poi sarebbe successo. Mi aspettavo una conversazione pacata, invece abbiamo litigato furiosamente. Mi ha detto che mi considerava morta, per quanto lo riguardava. Allora io gli ho risposto, testualmente: "io invece spero che tu possa morire presto". Poi me ne sono andata. Sono state le ultime parole che gli ho rivolto... e il giorno dopo è morto.»
«Oh.»
«Lo so, gli ho detto una cosa orribile.»
Oliver osservò: «Quindi è per questo che hai detto che Manuel Serrano vorrebbe vendicarsi di quello che hai fatto, se fosse ancora vivo?»
«Proprio così» confermò Tina, «E non è tutto. Quella notte, a Singapore, ho sentito una voce che mi diceva che avrei pagato per quello che gli avevo fatto. Manuel mi ha maledetta, sono le mie azioni la causa di tutto questo.»
«Cazzo, Tina, perché me ne parli solo adesso?» sbottò Oliver. «Forse avrei potuto aiutarti prima...»
«No, non è possibile» replicò Tina. «Non puoi fare niente per spezzare la maledizione.»
Oliver sospirò.
«In passato mi sono capitate vicende diciamo quantomeno paranormali, quindi non voglio dirti che non sia possibile. Però, te lo assicuro, le persone che avevamo vicine in vita, una volta che non ci sono più, non congiurano contro di noi per il semplice fatto che le abbiamo ferite o deluse. Sono certo, per le mie esperienze passate, che da qualche parte ci sia l'anima senziente di Manuel. Però non vuole farti del male. È da persone vive e vegete che ti devi guardare, ma non temere, presto tutto questo sarà finito.»
«Presto quanto?»
«Non lo so, ma spero il prima possibile. Tu, nel frattempo, non dire e non fare nulla di compromettente. Anzi, ti suggerirei di registrare un nuovo video, in cui spieghi che la questione tra te e Harvey è personale e che, per il momento, non intendi parlarne pubblicamente.»
«Mi stai dicendo che dovrei scusarmi?»
«No, affatto. Devi solo specificare che è una questione personale e dolorosa, in modo che la gente pensi piuttosto a un inciucio sentimentale finito male e non a un crimine.»
Tina obiettò: «Hai detto che mi credi. Perché dovrei fingere che nulla sia accaduto?»
Oliver puntualizzò: «Ogni cosa deve sistemarsi a suo tempo, alla fine i colpevoli pagheranno. Non possiamo permetterci di fare passi falsi.»
«Ma Amber se lo sposerà praticamente tra una settimana!» rimarcò Tina. «Ieri l'ho sentita che vaneggiava a proposito della loro luna di miele a Venezia e del fatto che, anche se sarà solo un weekend, non vede l'ora?»
«Luna di miele a Venezia?» ripeté Oliver. «Bene, molto bene.»
«Cosa significa?» volle sapere Tina.
Ancora una volta, Oliver la rassicurò: «Lascia fare a me, è tutto a posto.»


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