mercoledì 13 novembre 2024

MISS VEGAS - Capitolo 4 // Long fiction ambientata in un AU motoristico

Siamo arrivati al quarto capitolo, nel quale faranno la propria comparsa personaggi che già si erano visti in "Il Sussurro della Farfalla", ribadisco tuttavia che questa è una vicenda indipendente, quindi siamo in una botte di ferro. :-PPP

Buona lettura! *____*


CAPITOLO 4

In un mondo che si affidava sempre di più agli schermi dei cellulari per verificare che ora fosse, Tina aveva ancora l'abitudine di indossare l'orologio. Mancavano pochi minuti alle 21.00, orario in cui avrebbe avuto appuntamento con Veronica Young, e non sarebbe stata da sola.
«Allora, Fischer?» chiese a Oliver. «Sei pronto per raccontare a Veronica come ci siamo messi insieme?»
Oliver ribatté: «Non penso che la Young ci farà una domanda di questo genere.»
«Già, perché tu le hai detto che non stiamo davvero insieme.»
«Come se non fosse in grado di capirlo anche da sola...»
Tina puntualizzò: «Bisogna che ci credano gli altri, non Veronica. Quello che conta è che la copertura non salti. Stasera dovremmo essere a posto.»
Oliver volle sapere: «Chi ci sarà?»
«Veronica e qualcuno dei suoi collaboratori, credo» rispose Tina. «Nessuno che possa avere a che fare con il video, o almeno credo.»
«Se fosse per te, non ci sarebbe alcun colpevole, dietro al video.»
«Lo ammetto, la maggior parte delle persone che ho intorno solo del tutto insospettabili...»
Oliver la interruppe: «Va bene, come dici tu. Adesso, però, sbrighiamoci. Non voglio fare tardi. È la nostra prima serata insieme, deve iniziare tutto nel migliore dei modi.» Le strizzò un occhio. «Sei d'accordo, amore mio?»
Tina rise.
«Chiamavi "amore mio" Selena Roberts, quando stavate insieme?»
«Certo che no!» replicò Oliver. «E comunque preferisco non parlare del passato.»
«Hai ragione, scusami. Cercherò di non essere troppo pesante.»
Oliver borbottò, tra i denti: «Vorrei sperarlo. Devi interpretare la parte della mia fidanzata da due mesi, non di una coniuge divenuta insopportabile dopo quarant'anni di matrimonio!»
Tina sospirò.
«Sei sempre il solito esagerato! Non farmi pentire di averti ingaggiato.»
Oliver le ricordò: «Non mi hai ingaggiato. Ci siamo sentiti via social qualche mese fa, quando tu mi hai contattato perché ti facessi da ghost writer in un'ipotetica biografia. Poi, lo scorso maggio, quando ci siamo incontrati dal vivo è scattato qualcosa, tra di noi. Così ci siamo messi insieme, decidendo inizialmente di non rendere pubblica la nostra relazione.»
«Bravo, Fischer, hai imparato tutto alla perfezione!» si complimentò Tina.
Oliver le ricordò: «Veramente sono io, quello che si è inventato questa storia. Sei tu quella che deve impararla.»
Tina non replicò. Era ora di entrare nel pub - tipologia di locale che di per sé detestava: come la maggior parte dei miopi, la mancanza di luce incrementava i propri problemi di visione, pertanto riteneva del tutto inopportuna l'esistenza di luoghi in cui ci si ritrovava per bere al buio.
Aprì la porta, seguita da Oliver. Era presto, ma era solo mercoledì sera, non era inconsueto che la maggior parte della clientela fosse presente a quell'ora e non piuttosto più tardi. Si guardò intorno, cercando il tavolo di Veronica. Non avendo idea di quante persone cercare, né di chi fosse presente esattamente, il compito era più difficile, così come il non avere portato gli occhiali con sé. Le mancavano poco meno di due diottrie, quindi non aveva problemi a distinguere le persone a una certa distanza, ma vederci un po' di più le sarebbe senz'altro stato d'aiuto in quella circostanza.
Finalmente la identificò. Era seduta con un gruppo di persone ben più ampio di quanto avesse ipotizzato inizialmente: c'erano tre uomini e due donne con lei e, in quanto all'identità di una di queste ultime, non era certa che Oliver sarebbe stato molto soddisfatto di presenziare a quell'incontro tra membri della Pink Venus o presunti tali.
Indicò a Fischer il tavolo: «Dobbiamo andare da quella parte.»
Lo vide scrutare Veronica e le persone che la circondava. Temeva dicesse qualcosa, ma non accadde. Tina si diresse, quindi, verso la Young e i suoi invitati. Era seduta a un capo del tavolo rettangolare - molto probabilmente due tavoli più piccoli sistemati uno attaccato all'altro - con alla destra Amber Thompson e alla sinistra Edward Roberts.
Veronica Young, nata Veronica Vincent, era una donna italo-francese che aveva superato da pochi anni la soglia dei cinquanta. Figlia del titolare di una squadra della Diamond Formula delle origini, quando il padre era stato costretto a vendere il team era stata tacciata da molti da avere contratto un matrimonio d'interesse con Scott Young, il nuovo proprietario, che le aveva affidato quel ruolo dirigenziale al quale in gioventù aveva ambito. Dopo che l'intero campionato era caduto in disgrazia, Scott si era allontanato definitivamente dal mondo delle competizioni automobilistiche e Tina non aveva avuto modo di conoscerlo bene. Accanto a Veronica le faceva uno strano effetto: la sua aria da mancato agricoltore non lo faceva apparire adeguato a una donna fine ed elegante. Se il suo anno di nascita non fosse stato piazzato in bella vista sulle biografie ufficiali, Veronica avrebbe potuto sembrare più giovane dell'età che aveva, mentre il suo modo di vestire era sempre impeccabile. Le piaceva il blu elettrico e quella sera portava una camicia bianca a maniche corte con ricami proprio di quel colore. Nonostante la luce fioca, a Tina parve che anche il fermacapelli che legava la sua chioma nero corvino fosse dello stesso colore.
Scott era tutto il contrario di lei, ma c'era qualcosa, in loro come coppia, che li faceva apparire, per qualche verso, ben assortiti agli occhi di Tina, una coppia di gran lunga migliore della Thompson e di Harvey, il quale sedeva immancabilmente accanto alla futura moglie. Amber era indubbiamente una ragazza molto affascinante, non c'era da stupirsi che fossero in tanti a trovarla incantevole. Nonostante Tina desiderasse vederla come scialba e poco interessante, anche esteticamente aveva un'ottima presenza. Aveva capelli tinti di rosso acceso tagliati a caschetto e tendenzialmente vestiva di scuro - stesso colore che, per ironia della sorte, Tina prediligeva quando non si trattava di capi sportivi - quindi non c'era da stupirsi che anche quella sera il suo range passasse da nero al grigio scuro. Si faceva notare senza essere troppo appariscente, altra caratteristica che Tina apprezzava, e di fatto non c'era nulla che non andasse in lei.
"Nulla, a parte il suo futuro consorte."
Tina aveva avuto modo di conoscere Ryan - inglese esattamente come Amber - molti anni prima, quando entrambe gareggiavano negli Stati Uniti. Era stata una parentesi breve e all'epoca Harvey aveva poco meno di trent'anni. Non lavorava per Amber, ai tempi, ma era il giovane addetto stampa di una squadra che prendeva parte al campionato. Con Amber sembrava essere stato un colpo di fulmine. Tina, invece, per lui aveva iniziato a provare, a pelle, una profonda antipatia che non riusciva a spiegarsi. C'era qualcosa di lui, in apparenza tanto distinto e a modo, che glielo faceva apparire viscido e inaffidabile. Veronica se n'era accorta, negli ultimi tempi, e la tacciava di essere invidiosa del rapporto in apparenza meraviglioso tra i due componenti di quella coppia.
Non era così. Tina non provava né invidia né repulsione nei confronti delle coppie felici, e non aveva bisogno di sforzarsi per convincersene, le bastava alzare gli occhi su Edward Roberts - il suo compagno di squadra tre anni prima, quando aveva esordito alla Pink Venus - e sua moglie Selena, seduti dall'altra parte del tavolo. La signora Roberts, che doveva avere quarant'anni o poco più, ben portati - aveva meno l'aria da bambola di porcellana rispetto al solito, tutto merito dei capelli, lasciati al naturale invece che con i soliti riccioli artificiali. Portava un abito grigio, sul quale svettavano alcune sagome di strass, raffiguranti dei fiori.
Per un istante Tina si domandò come si sentisse Oliver nel rivedere la sua ex amata, ma Fischer le parve abbastanza impassibile, forse più preoccupato di apparire credibile, dato che il numero di persone che lo conoscevano presenti a quel tavolo erano di gran lunga superiori alle aspettative. Quel pensiero ebbe breve durata. A primo impatto non aveva fatto caso all'altro presente, un uomo con i capelli grigi, di almeno dieci, quindici o vent'anni più vecchio rispetto a tutti gli altri membri della tavolata.
Tina scostò la sedia a capotavola, di fronte a Veronica e alla sinistra di costui.
«Buonasera a tutti» esordì. «Non pensavo di essere in ritardo. Anzi, credo di essere arrivata all'orario giusto, quindi mi auguro che siate qui da poco.» Si rivolse alla Young. «Grazie per avermi invitata e grazie per avermi permesso di portare con me il mio fidanzato.» Avvampò, nel sentirsi addosso gli occhi di tutti. «Ebbene, ci sono cascata anch'io.» Ridacchiò, una risata più dovuta alla tensione che ad altro. «Veronica lo conosce già, così come alcuni di voi, per chi non avesse avuto questo onore ve lo presento: questo è Oliver e alcuni anni fa presentava servizi sulla Diamond Formula alla televisione.»
Tina prese posto e Fischer fece lo stesso, posizionandosi accanto alla sinistra di Tina, accanto a Ryan Harvey.
L'uomo con i capelli grigi osservò: «L'autore del libro su Patrick Herrmann uscito qualche anno fa.»
Oliver annuì.
«Esatto, sono proprio io.»
«Quello che poi lavorava insieme a Mirko De Rossi. Sentivo proprio ieri al telegiornale che è morto. All'inizio avevo pensato a un omonimo, poi hanno mostrato le foto e l'ho riconosciuto.»
Tina sospirò.
«Non sei proprio cambiato, eh?»
«Temo di no.»
«Di solito la gente si presenta, quantomeno prima di parlare di morti ammazzati, non ti pare?»
«Mi chiamo Donato Franzoni» lo sentì annunciare, a quelle parole. «Ho conosciuto Tina molto tempo fa, in Brasile. Ci vivevo, ai tempi. Io e Tina facevamo un sacco di battute in proposito.»
Oliver non capì.
«Su cosa?»
«Tina era brasiliana, ma viveva in Italia. Io sono italiano, ma vivevo in Brasile. Ero finito a Sao Paulo per amore, a un certo punto, e ci ho vissuto per vent'anni.»
A proposito di coppie felici, una di quelle che Tina non avrebbe invidiato, ma soltanto stimato, era quella composta da Donato e sua moglie Luz. Se li ricordava molto affiatati, almeno finché era durata, e aveva l'idea che lo sarebbero stati ancora, se la signora non fosse morta di cancro in giovane età.
«Non sapevo fossi tornato in Europa» ammise Tina. «Mi sorprende molto trovarti qui. I tuoi argomenti di conversazione, invece, non mi sorprendono affatto. Non cambierai mai!»
Donato accennò un sorriso.
«Tanto lo so che ti sto simpatico così come sono! Comunque no, non sono tornato stabilmente in Europa, però mi trovavo poco lontano e ho pensato di trascorrere un po' di tempo insieme a Veronica.» Si rivolse alla Young. «Non gliel'avevi detto, che ci conosciamo?»
Veronica non diede grosse spiegazioni, o per meglio dire non ne diede affatto. Era impegnata in una conversazione con Edward Roberts e dava segno di avere sentito a malapena le parole di Donato. Tina non se ne preoccupò particolarmente: doveva esserci di mezzo qualche faccenda legata agli sponsor, che sarebbe stato di una noia mortale approfondire.
Scambiò qualche battuta con la sua vecchia conoscenza, senza che venisse fuori alcun discorso degno di nota, poi si alzò con una scusa e di allontanò, sostenendo di dovere andare in bagno. Si augurava che Oliver avesse compreso come agire e il giornalista non la smentì. L'antibagno era unico, davanti alle due porte che conducevano alla toilette maschile e a quella femminile.
«Allora?» gli chiese Tina. «Cosa te ne pare?»
«Non mi aspettavo ci fosse così tanta gente, stasera» ammise Oliver. «Mi avevi detto che avremmo visto Veronica.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ammettilo, è stato un trauma rivedere Selena Roberts?»
Oliver scosse la testa.
«No, affatto.»
Tina obiettò: «Non ci credo che tu non abbia provato la benché minima sorpresa.»
«Mi hai chiesto se è stato un trauma» puntualizzò Oliver, «Non se ho provato almeno un minimo di stupore.»
«E l'hai provato?»
«Se non ho capito male, siamo qui perché avevi qualcosa da dirmi.»
Tina annuì.
«Lo so, hai ragione.»
«E quindi? Dimmi tutto.»
«Vorrei che ti mostrassi curioso nei loro confronti. È tutta gente che non conosci, a parte Veronica, Edward e sua moglie. Cerca di fare delle domande.»
Oliver le assicurò: «Era proprio mia intenzione, ma devo aspettare che venga il momento. Siamo arrivati da poco, non posso mettermi a fare interrogatori.»
Tina replicò: «Non ti ho chiesto di fare interrogatori. Mi piacerebbe semplicemente che togliessi qualche parola dalla bocca di Ryan Harvey e Amber Thompson.»
«Credi c'entrino loro?»
Tina abbassò lo sguardo.
«No.»
Oliver dedusse: «Sì, credi che c'entrino loro.»
Tina alzò gli occhi di scatto.
«L'hai detto tu, non io.»
«Non l'ho detto per caso» ribatté Oliver. «Se tu ti degnassi di essere esplicita fino in fondo...»
Tina mise in chiaro: «Non ho intenzione di metterti al corrente di vicende che non riguardano la storia del filmato, quindi è meglio che tu non insista. O almeno, è meglio che tu non lo faccia se vuoi avere delle risposte. È del video e dei messaggi che ti devi occupare, non di altro. Quindi fai delle domande e...»
Oliver lo interruppe: «Non siamo in un enigma della camera chiusa. Non posso mettermi a chiedere a tutti dove si trovavano lo scorso settembre e se caso ti hanno ripresa mentre facevi sesso con... con... con il tuo collega senza nome e senza identità.»
«Ti ho affidato un incarico.»
«E allora lascia che lo svolga come mi sembra opportuno.»
Tina gli ricordò: «Lavori per me, cerca di non dimenticarlo.»
Oliver la rassicurò: «Non lo dimentico. Adesso, però, lasciami tornare di là. Magari aspetta un attimo, prima di tornare. Cercherò di concludere qualcosa di utile, in tua assenza.»
Tina fece per replicare, ma non ne ebbe il tempo: Oliver se n'era già andato, senza lasciarle la possibilità di ribattere.

***

A Veronica non era sfuggito come Tina e Oliver si fossero allontanati letteralmente a mezzo minuto di distanza l'una dall'altro. Vide Fischer tornare da solo e farsi di colpo più loquace, quasi come se non avesse avuto altro desiderio di intrattenere un discorso con i futuri coniugi Harvey.
«Se ho capito bene» disse, rivolgendosi a Ryan, «Tu e Tina vi conoscete già da tempo.»
«Assolutamente sì» confermò Ryan. «Sono passati... non ricordo nemmeno quanti anni.» Era difficile distinguere con chiarezza le voci, nel locale affollato, ma Veronica si sforzò. Per fortuna, accanto a lei, Edward non le rivolse la parola in quei frangenti. «Voglio dire, io e Tina non siamo mai stati amici intimi, ma ci ho avuto parecchio a che fare. All'epoca lavoravo con...»
Oliver lo interruppe: «Jung, eri spesso accanto a Jung. Eri il suo addetto stampa o qualcosa del genere?»
Ryan accennò una risata.
«Jung, chi se lo dimentica più! In realtà ero l'addetto stampa della squadra, ma finivo sempre per stare dietro a Shin. Era un tipo simpatico, ma parlava sempre senza filtri.»
«Che fine ha fatto?»
«Si è ritirato dalle competizioni molto tempo fa.»
«Questo lo sospettavo fortemente, saranno almeno dieci anni che non sento parlare di lui. Ti chiedevo se sai cosa ne è stato di lui dopo.»
«L'ultima volta che ho sentito parlare di Jung, mi è stato riferito che è tornato in Australia e che fa l'agente immobiliare. Non ce lo vedo a vendere case, ma evidentemente aveva qualche talento nascosto. Non so se...»
Veronica non capì il resto della frase, ma udì perfettamente Amber mentre interveniva nella conversazione.
«Era divertente, Shin. Chissà, magari è proprio per quello che riesce a vendere.»
Oliver osservò: «Questo Shin Jung doveva essere un tipo memorabile. Purtroppo Tina non mi ha mai parlato di lui... ma del resto parliamo di altri argomenti.» Si rivolse ad Amber: «Tu e Tina, invece, vi conoscete da molto?»
«Qualche anno» rispose la Thompson. «In realtà non abbiamo mai avuto molto a che fare l'una con l'altra, anche se certa stampa di cattivo gusto ha voluto a tutti i costi inventarsi rivalità immaginarie tra di noi. Ma...» Si interruppe di colpo, un po' come se temesse di avere detto la cosa sbagliata. «Scusami, non intendo offendere l'intera categoria dei giornalisti.»
Oliver parve tutt'altro che infastidito.
«Non preoccuparti, sono d'accordo con te. Certi miei colleghi non hanno il senso della misura. Cavalcano il vento, sperando che possa trascinare le loro fantasie...» Abbassò lo sguardo. «Purtroppo, per il momento, sembrano avere ragione loro. Non c'è molto da fare, la tendenza è quella. Sembra di avere fare con una platea a cui non interessa più distinguere il vero dal falso, quello che conta è vendere storie a ogni costo.»
Amber spiazzò Veronica quando gli domandò, a bruciapelo: «Tu non vendi storie, invece?»
Passò qualche istante, prima che Oliver le desse una risposta.
«Penso che non sia giusto tarpare le ali a chi, essendo bravo con le parole, sceglie di utilizzare le proprie doti per dare sfogo alla propria fantasia. Tuttavia per questo esistono la fiabe, le novelle, i romanzi... Scrivere di fantasia è giusto, ma è altrettanto opportuno chiarire che si sta scrivendo di fantasia. Per chi sceglie di scrivere della realtà, valgono altre regole, che io cerco di seguire. Poi è legittimo esprimere pareri o fare speculazioni, ma senza nascondere la natura di pareri e speculazioni.»
«In pratica» dedusse Amber, «Stai affermando che, se sospettassi che tra me e Tina Menezes ci fosse quel disprezzo reciproco che in tanti dicono, non avresti problemi a parlarne apertamente, pur chiarendo che si tratta di un parere tuo.»
Oliver annuì.
«Sì, qualcosa del genere, direi.»
Veronica si alzò e andò a sedersi nel posto lasciato libero da Tina. Quando fu certa di avere l'attenzione di Oliver, gli domandò: «Non pensi che sia ora di smettere di ammorbare Amber e Ryan con le tue domande?»
Oliver guardò Veronica negli occhi.
«È stata Amber a farmi una domanda. Io le ho risposto.»
«Il giornalista ha ragione» convenne Donato. «Non mi aspettavo che Tina potesse frequentare una persona così interessante.»
Veronica scrutò Oliver con attenzione, ma non le parve di notare la benché minima esitazione in lui. Si limitò a chiedere: «Come mai questo pensiero? Tina aveva per caso l'abitudine di circondarsi di persone poco interessanti?»
Donato alzò le spalle, con indifferenza.
«Diciamo.»
Quel discorso suscitò l'interesse di Veronica, che ritenne opportuno intervenire.
«Per caso Tina ha degli scheletri nell'armadio? Non l'ho mai sentita parlare di partner passati o presenti.»
Donato chiarì: «Ha sempre detto che le relazioni non le interessavano, che aveva altro a cui pensare. Ai tempi, comunque, ha avuto una storia con Manuel Serrano.» Sembrava rivolgersi a Oliver nello specifico, mentre spiegava: «Era un pilota di Formula 3 brasiliana, il compagno di squadra ai tempi in cui...»
Annuendo, Oliver lo interruppe: «Sì, so chi era.»
Donato azzardò: «Tina le ha parlato di lui?»
Oliver puntualizzò: «Ciò di cui parliamo io e Tina non è un affare che riguarda nessuno, mi dispiace. Comunque ero già al corrente dell'esistenza di Serrano, quando ho conosciuto Tina, e anche da parecchio tempo. Era molto apprezzato, in Brasile.» Fece una breve pausa, infine aggiunse: «Tanto quanto Tina, se non di più.»
Donato convenne: «Era un pilota molto promettente e sapeva farsi amare. Purtroppo le cose sono finite male. A volte mi chiedo come sarebbe andata, ma è inutile piangere sul latte versato. Furono commessi degli errori, non si può tornare indietro.»
L'assenza di Tina, nel frattempo, proseguiva senza che qualcuno si facesse domande su dove fosse andata a finire. Amber e Ryan non stavano più prestando attenzione alle parole di Oliver, né davano segno di ascoltare Donato. La Thompson parlava con Edward e Selena, mentre Ryan restava in silenzio.
Incredibilmente fu proprio la "signora Roberts" la prima a porsi dei dubbi: «Dov'è la Menezes?» Si alzò. «Vado in bagno anch'io, magari ci incontriamo là.»
Veronica la guardò allontanarsi, poi tornò al proprio posto. Si sarebbe recata volentieri alla toilette, per convincere Tina a raccontarle cos'avesse in mente, ma già sarebbe stato difficile riuscire in quell'ardua impresa, figurarsi se avrebbe potuto parlarle in presenza di Selena Bernard.
Senza rivolgersi a nessuno nello specifico, borbottò: «Tina sarà andata a finire giù per il cesso.»
Edward si girò verso di lei.
«Sai com'è fatta.»
«Purtroppo.»
«Dai, non esagerare» disse Edward, in tono accomodante. «È un po' fuori dagli schemi, ma è proprio questo che amiamo di lei.»
Veronica abbassò la voce.
«Mi dispiace che abbia portato qui l'ex di tua moglie.»
Edward obiettò: «Perché dovrebbe dispiacerti? Hai detto per anni che Tina avrebbe dovuto trovarsi un fidanzato, adesso a quanto pare c'è riuscita.»
Veronica convenne: «Hai ragione. Mi sto mettendo troppi problemi.»

***

Tina sapeva di non potere più attendere oltre. Ormai, al tavolo, qualcuno doveva essersi insospettito per la sua prolungata assenza, il che di per sé era esilarante, considerando che non aveva nulla da nascondere, ma era semplicemente da sola nell'antibagno. Non rimase da sola molto a lungo, aveva appena formulato quel pensiero quando la porta si aprì e ne entrò una donna bionda, che indossava tacchi alti a sufficienza da essere quasi allo stesso livello di Tina, nonostante dovesse arrivare a malapena al metro e sessanta.
Non si era aspettata di trovarsi faccia a faccia con la moglie di Edward Roberts, ma ancora meno si aspettava che Selena non fosse lì - in apparenza - per recarsi in bagno, ma proprio perché la stava cercando. Quando Tina si fece da parte, perché si trovava esattamente a mezza via tra la porta d'ingresso e quella della toilette femminile, infatti, l'altra non accennò minimamente a recarsi in quella direzione, né tantomeno si avvicinò al lavandino o allo specchio dell'antibagno. Da un momento all'altro avrebbe detto qualcosa e Tina doveva ricordarsi di essere cauta, anche se Selena Bernard coniugata Roberts non era sicuramente un pericolo.
«È un piacere rivederti.»
Furono quelle parole, piuttosto banali, che Selena le rivolse, forse semplicemente l'inizio di una conversazione.
Tina fu molto neutra: «Nemmeno io mi aspettavo di vedere te. Non sapevo che, non solo avresti accompagnato Edward questo fine settimana, ma che addirittura saresti venuta qui con qualche giorno d'anticipo.»
Selena sorrise.
«Ne ho approfittato. Ella è in vacanza con la madre di Edward e grossi appuntamenti di lavoro non ne avevo, in questo periodo, quindi ho deciso di prendermi un paio di settimane di stop.»
«Oh, andrete da qualche parte, la prossima settimana, tu ed Edward?» le domandò Tina. «Dove, se posso chiedere?»
Selena scosse la testa.
«No, l'altra settimana di pausa è quella appena passata. Sono stata a Milano a trovare degli amici insieme a Edward.»
Milano? Ironia della sorte, Mirko De Rossi era stato assassinato proprio nell'hinterland milanese. Tina cercò di non scoppiare a ridere: il fatto che, tra i presenti quella sera, i coniugi Roberts fossero proprio i più vicini alla scena del crimine era davvero tragicomico. Doveva assolutamente cambiare discorso, altrimenti non sarebbe riuscita a mantenersi seria. In più, per quanto Selena le sembrasse una persona a modo, l'idea di accennare alla persona che avevano in comune la allettava moltissimo.
Decise di lasciarsi andare e affermò: «Se avessi saputo che ci saresti stata anche tu, non avrei portato Oliver Fischer.»
«Come mai?» si limitò a chiedere Selena.
«So che siete stati insieme, qualche anno fa.»
«È una storia che appartiene al passato, ormai. Sono felicemente sposata e, per quanto ne so, anche Oliver ha avuto altre relazioni, dopo di me - prima di te, intendo. A proposito, perché ti sei riferita a lui chiamandolo per nome e cognome? Non è esattamente quello che mi aspetto da una persona che parla del proprio compagno.»
Tina sussultò. Aveva commesso un piccolo errore, che quanto pareva non era passato inosservato a Selena. Cercò di correggere il tiro: «Mi è venuto spontaneo. È solo da pochi giorni che abbiamo ufficializzato di essere una coppia, prima quando parlavo di lui dovevo farlo in tono più formale e mi è venuto spontaneo continuare a farlo.»
«Quando dovevi parlare di lui» ripeté Selena. «Vuoi dire che ti capitava spesso? Magari in ambito professionale? Oliver scrive ancora? È da un sacco di tempo che non ho avuto modo di leggere qualche suo articolo.»
Tina le scoccò un'occhiataccia.
«Leggi gli articoli di Oliver?»
«Perché no?»
«Mi sembrava di avere capito che fosse una storia passata.»
«Oliver scrive molto bene e ha un'ottima capacità di analisi» replicò Selena. «Il fatto che sia il mio ex non significa che io non possa leggere i suoi articoli, ti pare?»
Tina le strizzò un occhio.
«Tuo marito cosa ne pensa?»
«Anche a lui piacciono gli articoli di Oliver» rispose Selena, in tono piatto e privo di emozioni.
Tina l'aveva sottovalutata: aveva di fronte una persona che non si lasciava intimidire e che non dava alcun segno di turbamento, anche di fronte a domande apparentemente invasive. Per quanto non provasse alcun interesse per il contenuto delle risposte - Selena Bernard poteva leggere quello che le pareva, per quanto la riguardava - queste si stavano rivelando molto interessanti per comprendere meglio la sua personalità.
Decise di continuare su quello stampo e osservò: «Quindi, se leggevi gli articoli di Oliver, le corse automobilistiche ti interessano davvero.»
«Mhm... sì» ribatté Selena, aggrottando la fronte. Era palese che non comprendesse la ragione per cui le venivano rivolte quelle parole. «È così sorprendente?»
«No, ma...»
«Ma ti sembra assurdo che possano interessarmi.»
«Beh, in realtà sì. Sembri più una wag che una vera appassionata di motori. Dopotutto da giovane stavi insieme a Patrick Herrmann.»
Selena osservò: «Lo trovi proprio interessante, il mio passato. Voglio dire, anche quello che non riguarda il tuo attuale fidanzato.»
Tina accennò una risata.
«Sono un po' impicciona, puoi dirlo.»
Fissandola con fermezza, Selena affermò: «Sì.»
«Io sono impicciona» ammise Tina, «Ma tu proprio non hai peli sulla lingua, eh?»
Selena affermò: «Di solito non sono così diretta. Però non sei il tipo di persona che si scandalizza per una risposta diretta.»
«Io non mi scandalizzo per le tue risposte e tu non ti scandalizzi se sono seduta al tuo stesso tavolo insieme al tuo ex» concluse Tina. «Mi sembra una situazione vantaggiosa per entrambe.» Fece per avviarsi verso la porta. «Credo sia meglio tornarci, al tavolo, altrimenti si chiederanno se sono stata rapita. Ci vediamo tra poco.»
Aveva già messo una mano sulla maniglia, quando Selena la trattenne.
«Aspetta un attimo.»
Tina si girò verso di lei.
«Ti ascolto.»
«Non so che cosa ti tu sia messa in testa» mise in chiaro Selena, «Ma sono felicemente sposata e ho una bambina meravigliosa di quattro anni. Non intendo mettere in discussione in alcun modo il mio presente, se capisci cosa intendo. Voglio bene a Oliver, ma per lui non provo altro che affetto e amicizia.»
«Mi stai dicendo che non intendi metterti tra noi?»
«Esatto.»
«Non te l'ho chiesto.»
«No, e non mi hai nemmeno accusata direttamente di volerlo fare» confermò Selena, «Ma il tuo modo di porti è stato ambiguo abbastanza da farmi pensare che fosse opportuna questa precisazione.»
Tina annuì.
«Hai ragione, lo ammetto, sono stata molto intrusiva.»
«Non importa» concluse Selena. «L'importante è che tu sappia come stanno le cose, per me.»
«Non c'è niente che devo sapere» la rassicurò Tina. «Per te Oliver appartiene al passato e per lui è la stessa cosa.»
«Meglio così, per tutti quanti. A proposito...» Selena parve esitare. «Vedendo a quello che ci siamo dette prima...»
Tina la interruppe: «Non ce n'è bisogno, davvero.»
Selena chiarì: «Quello che abbiamo detto sulla mia passione per l'automobilismo.»
«Oh.»
«Mi dispiace che tu sia stata tagliata fuori. Sei stata fondamentale per la storia della Pink Venus e, per quanto Nakamura e la Thompson siano due buoni piloti, tu avevi qualcosa di più.»
Tina obiettò: «Nakamura ha avuto una carriera molto più ricca di successi rispetto alla mia.»
«Sì, ma al giorno d'oggi è l'ombra di quello che era un tempo» obiettò Selena. «Vive dei suoi successi passati, invece tu eri il presente.»
«Ho trentotto anni» replicò Tina, «Ormai ho fatto il mio tempo. È giusto così.»
«È giusto per chi?»
«Per tutti, immagino.»
«Ma non per te» insisté Selena. «Non credo a chi si inventa dei film su di te e sulla Thompson, ma posso immaginare che non sia proprio soddisfacente, per te, essere stata rimpiazzata da lei.»
Tina replicò, con freddezza: «Non fa mai piacere essere rimpiazzati, ma non c'erano alternative possibili. Il fatto che mi abbiano sostituito con un'altra donna, tuttavia, non mi fa né caldo né freddo. Ho sempre saputo che il mio genere avrebbe focalizzato l'attenzione su di me e la Pink Venus ne avrebbe guadagnato in visibilità. Adesso succede la stessa cosa, ma con Amber al posto mio. Il tempo passa e le vecchie generazioni vengono messe da parte. È normale che succeda.»
«Tu, però, hai dato alla Pink Venus il suo primo punto, dopo la fusione tra i due campionati, ed è stata la prima volta non solo per la Pink Venus, ma anche, in generale, la prima tra le squadre arrivate dalla Diamond Formula.» Selena Roberts era un'autentica sorpresa. Tina non si aspettava di avere di fronte un'analista di campionati di automobilismo, e nemmeno la stessa Selena doveva avere pianificato di tenere quel discorso, da come fece un passo indietro. «Scusa, ho parlato troppo. Non spetta a me giudicare situazioni che non mi riguardano.»
«No, figurati, non preoccuparti, hai fatto delle considerazioni legittime.» Tina si sforzò di sorridere, mentre affermava: «Il mio primo punto per la Pink Venus è stato forse uno dei momenti migliori della mia carriera, anche di quelli che sono venuti dopo. Lo porterò sempre nel cuore.»

All’inizio fu come avere uno strato di nebbia davanti agli occhi. In un primo momento le parve una sensazione normale, poi si rese conto che di solito non vedeva così tanto male. Aveva una confusione micidiale nella mente, ma a poco a poco ogni tassello iniziò a tornare al proprio posto. Ricordò il proprio nome e ricordò la propria identità, ma non dove si trovava.
Ci volle qualche istante, ma finalmente Tina riuscì a vedere. Tutto il resto non cambiò. Aveva lo stomaco rivoltato, la testa le scoppiava e non c’era un solo centimetro del suo corpo che fosse in grado di muovere senza provare dolore.
Ne era sicura, doveva avere esagerato con l’alcool, anche se non le accadeva tanto spesso e non si era mai ritrovata in quello stato, sdraiata su un letto che non ricordava di avere mai raggiunto, sotto un lenzuolo che non ricordava di avere mai scostato.
Non era astemia, ma non beveva mai troppo, nemmeno nelle occasioni speciali. Per caso quella volta, perché era la più speciale di una vasta gamma di occasioni speciali, aveva deciso di fare un’eccezione?
A proposito, quello che era successo era la realtà, oppure era soltanto un sogno che, per la sua poca lucidità, le sembrava più verosimile di quanto non fosse?
Cercò di rammentare.
Cercò di trattenere i conati di vomito.
Una serie di immagini iniziarono ad affacciarsi nella sua mente: la Singapore Flyer - una delle ruote panoramiche più grandi del mondo - che svettava nel cielo, l'enorme incidente alla partenza schivato per un soffio, i micidiali muretti che avevano tratto in inganno molti piloti, le bandiere gialle, gli ingressi della safety car... e poi la fine, il traguardo, il suo ingegnere di gara che urlava via radio, mentre i colori dei fuochi d’artificio squarciavano il cielo notturno.
Era reale?
Era davvero stata una dei pochi che non si erano lasciati ingannare dai muretti? C’erano davvero soltanto nove vetture davanti a lei, nel momento in cui aveva tagliato il traguardo? Aveva davvero portato sul tetto del mondo i colori di una squadretta arrivata dalla Diamond Formula - campionato ottimo, a suo tempo, ma economicamente più povero - non aveva mai conquistato punti e che si accontentava della quindicesima posizione quando le cose andavano bene?
Sì, era accaduto, Tina lo sapeva.
Quella decima posizione significava tutto e, almeno in linea teorica, avrebbe dovuto trasformare quel giorno in uno dei momenti più importanti della sua vita.
Eppure c’era qualcosa che non andava.
C’era qualcosa che non andava, dentro di lei.
C’era qualcosa che non andava, dentro e fuori di lei.
Sentiva di essere arrivata troppo vicina allo stato di incoscienza, quella notte, e che poteva essere accaduto qualcosa di cui non aveva memoria.
Trattenne il vomito ancora una volta.
Doveva tirarsi fuori da quel letto e doveva raggiungere il bagno.
Doveva tirarsi fuori da quel letto, lo sapeva. Tutto sarebbe andato molto meglio, se solo ci fosse riuscita.
Scostò il lenzuolo e rabbrividì.
Abbassò lo sguardo sul vestito, strappato in più punti.
Gliel'aveva prestato la sua personal trainer e l'aveva pregata di restituirglielo in perfette condizioni, cosa che a quanto pareva non sarebbe accaduta. Gliene avrebbe comprato un altro, magari più costoso, almeno quello era un problema arginabile.
Cercò di tirarsi su, ma un violento capogiro la costrinse a desistere.
Fu in quel momento che udì una voce maschile.
«Stai bene?»
Non era sola.
Non era sola e, se fosse stata più lucida, si sarebbe accorta molto prima di una presenza in un angolo della stanza.
Avvampò.
Nessuno avrebbe dovuto vederla in quelle condizioni.
«Cos’è successo?»
«Niente» rispose l'uomo, con naturalezza. «Ieri notte mi sono avvicinato a te, perché ti dovevo parlare. Avevi bevuto troppo e ti sei sentita male, prima ancora che riuscissimo a scambiare due parole. Non ho potuto fare altro che portarti nella tua stanza, dove sei finalmente collassata su quel letto.»
Tina raggelò.
Non poteva essere accaduto davvero.
Non poteva avere bevuto fino a stare male.
«Perché mi hai portata qui proprio tu?» domandò. «E come mai sei ancora qui?»
«Sono tornato poco fa» fu la risposta che ricevette. «Ero preoccupato, specie dopo avere realizzato che, se eri crollata sul letto, allora non dovevi avere chiuso la porta a chiave. Volevo accertarmi che stessi bene e ti stessi riprendendo.»
«Grazie» mormorò Tina.
Lo vide avvicinarsi e finalmente riuscì ad abbinare un nome a quella presenza.
Ryan Harvey le chiese: «Hai bisogno d’aiuto?»
Tina scosse la testa.
«No, davvero. Non vorrei correre il rischio di vomitarti addosso.»
Ryan accennò un sorriso.
«Come vuoi. Comunque Jung non me l'aveva mai detto, che bevessi così tanto.»
Tina si sforzò di alzarsi in piedi, ricordando che aveva trascorso almeno l'inizio della serata insieme a Shin. Si trovava a Singapore, in quel periodo, e l'aveva chiamata tempo prima chiedendole di incontrarsi, durante il fine settimana di Marina Bay.
Aveva lasciato la festa organizzata dalla Pink Venus in onore del primo arrivo a punti e aveva incontrato il vecchio amico, ormai lontano dal mondo del motorsport. Non avevano trascorso insieme molto tempo, perché era ormai piena notte. Era sobria, quando era tornata insieme alla sua squadra, ne era certa.
Era sobria e lucida, ne era sicura così come lo era del fatto che tirarsi su dal letto, in quel momento, sarebbe stato molto difficile.
Non si sbagliava.
Fu difficile e devastante.
Ryan si avvicinò, sentenziando: «Ti serve aiuto.»
Tina trovò la forza di scuotere la testa e, quando lui fece un altro passo verso di lei, di urlare.
«Lasciami sola! Vattene!»
Non riuscì a capire se Ryan fosse scioccato o se se lo aspettasse. Si accorse solo che la fissava in un modo in cui non l’aveva mai guardata.
«Te lo ricordi, vero? Te lo ricordi quello che mi hai detto ieri sera?» le rammentò, senza abbassare gli occhi. «Ti sei messa a vaneggiare a proposito di Manuel Serrano, mi hai detto che...»
Pochi frammenti, a poco a poco, iniziarono ad essere leggermente più chiari.
Aveva bevuto pochissimo, alla festa, ma qualcuno doveva averle messo qualcosa nel bicchiere.
«Che cosa mi hai fatto?» sibilò, rivolgendosi a Ryan. «Che cos'è successo dopo?»
«Non ti ho fatto nulla» replicò Ryan, in tono sprezzante. «Non so che cosa tu abbia preso ieri sera, non ne ho la minima idea, ma ti assicuro che sembravi ubriaca fradicia. Non spettava certo a me portarti qui, ma l'ho fatto lo stesso. Adesso sono tornato per vedere come stai e tutto ciò che mi chiedi è che cosa ti ho fatto. La prossima volta ti lascerò da sola e me ne fregherò di te e dei tuoi discorsi su Serrano. Mi hai detto, letteralmente, che sentivi la sua presenza, che era vicino e che voleva vendicarsi.»
Non poteva averlo detto.
Ne era sicura al cento per cento, non l'aveva detto davvero.
Ciò di cui dubitava era il ruolo di Ryan, non credeva minimamente alla sua storiella.
Gli indicò l'abito strappato.
«Sei stato tu, vero? Hai tentato di violentarmi?»
Ryan la fissò con gli occhi strabuzzati, come se non riuscisse a capacitarsi delle parole che Tina stava pronunciando.
«Tu sei completamente fuori di testa!» la accusò infine. «Come puoi anche solo pensare che...» Non finì la frase. «Non riesco nemmeno a dirlo. Le tue accuse sono disgustose.»
«No, sei tu quello disgustoso... tu e quello che hai fatto.»
«Sei ancora sotto l'effetto di chissà quale schifezza hai preso» decretò Ryan. «Sai cosa ti dico? Non è un affare mio. Non me ne frega proprio niente di come stai, di come ti riprendi. È stato un errore venire qui, così come è stato un errore aiutarti ieri notte.»
Le voltò le spalle e se ne andò, senza aggiungere altro.
«Pagherai per quello che mi hai fatto» mormorò Tina, tra i denti, pur sapendo di non avere prove.
Giurò a se stessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa per distruggere Ryan, pur sapendo di non avere niente contro di lui. Era anche certa che, oltre a drogarla e a strapparle il vestito in più punti, Harvey non avesse fatto altro. Del resto, il fatto che, sotto all'abito rotto, la biancheria fosse intatta e pulita lasciava pensare che non si fosse spinto più in là. E poi non ne avrebbe avuto il coraggio, non perché non fosse un essere disgustoso, ma perché doveva appartenere a quella categoria di individui così subdola da non osare mai troppo, per avere la ragionevole certezza di poterne uscire impunita.
Quello che non poteva sapere, quel giorno, era che non sarebbe riuscita a raccogliere alcuna prova contro di lui, e nemmeno qualche indizio. Nel corso degli anni avrebbe finto che quello fosse un incidente concluso, per lei. Si sarebbe comportata con Ryan come se nulla fosse accaduto, come se anche le accuse che gli aveva rivolto fossero state il frutto della mancanza di lucidità.
Solo un unico dubbio, ogni tanto, si sarebbe affacciato nella sua mente, e sarebbe stato legato all'allusione di Ryan a Manuel Serrano. Perché aveva parlato di vendetta? Non poteva sapere cosa fosse accaduto tra di loro tanti anni prima. Non poteva sapere che Manuel avesse qualcosa di cui vendicarsi.

Quando Tina tornò a sedersi al tavolo, Oliver accanto a lei bisbigliò: «Dov'eri finita?»
Tra i vantaggi del fingersi una coppia, oltre al fungere da lasciapassare per chi faceva da accompagnatore, c'era sicuramente quello di potere borbottare o comunicare a bassa voce senza destare sospetti. Tina rispose: «Poi ti spiego.»
«Avrai molte cose da spiegarmi» borbottò Oliver.
«Anche tu a me» puntualizzò Tina.
Aveva parlato a voce troppo alta, anche se nel caos era difficile che qualcuno dei presenti potesse avere compreso le sue parole. Donato si mise a ridacchiare e commentò: «Alla fine sei diventata tutto quello che odiavi!»
Tina lo guardò storto.
«Cosa vuoi dire?»
«Un tempo detestavi le coppiette che, in pubblico, si mettevano a pomiciare fregandosene del fatto di essere in mezzo agli altri.»
«Infatti io e Oliver non stiamo pomiciando» puntualizzò Tina, «Stavamo solo parlando e, come vedi, adesso sto parlando con te. Per caso anche noi stiamo pomiciando?»
«No, per carità! Potresti essere mia figlia!»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ma per fortuna non lo sono!»
«Per fortuna mia» ribatté Donato. «Ho lavorato con te, Tina, e ne ho avuto abbastanza.»
«Non ero così terribile.»
«Sì che lo eri, e Dalma Hernandez non sapeva imporsi, ai tempi.»
Tina aggrottò le sopracciglia.
«Dalma non sa imporsi?»
«Non ho detto che non sappia imporsi adesso» precisò Donato. «Allora, però, è stata presa alla sprovvista. Suo zio ha avuto un infarto poche settimane prima dell'inizio della stagione e, invece di dovergli fare da assistente, si è ritrovata a dovere gestire la squadra da sola. Non è stata una passeggiata, per lei. Per fortuna c'ero io, accanto a lei. Altri ne avrebbero approfittato per cercare di prendere più potere, ma io ho sempre creduto in lei. Tutto è andato come doveva andare, sempre.»
Tina abbassò lo sguardo.
«No, non sempre.»
«Come dici?»
«No, niente, lascia perdere.»
Per fortuna, Donato non fece domande. Rimase in silenzio per diversi minuti e, a quel punto, annunciò che sarebbe uscito per fumare una sigaretta.
Tina lo rimproverò: «Non mi dire che fumi ancora!»
«Meno di una volta» precisò Donato, alzandosi.
Tina attese che sparisse dalla sua vista, prima di andare fuori a raggiungerlo. Franzoni non stava fumando, ma andava avanti e indietro come un'anima in pena. Non si accorse di lei, fintanto che non gli si parò davanti, cogliendolo di sorpresa.
«T-Tina?»
«Perché sei venuto fuori?»
Donato sembrò essere tornato in sé, mentre puntualizzava: «Potrei farti la stessa domanda.»
«Tu, però, hai parlato di venire a fumare un sigaretta. Non vedo sigarette.»
«E allora mettila diversamente: sono venuto a prendere una boccata d'aria. Ne avevo bisogno.»
«Bisogno di cosa? Di cancellarti dai ricordi quella grande cazzata che hai detto?»
«Quale cazzata?»
«Che è andato tutto bene.»
«Tra me, te e Dalma è...»
Tina interruppe quel discorso sul nascere: «Basta, dobbiamo smetterla di mentire a noi stessi. Quello che è successo non...»
Fu il turno di Donato Franzoni, nell'interromperla. Lo fece affermando: «È stato un incidente, solo un fottutissimo incidente. L'ho sempre saputo, che ti sei costruita una realtà alternativa, ma la verità è che è successo quello che doveva succedere.»
Tina sbottò: «Quello che doveva succedere? Ma le senti, le cazzate che dici?»
Donato sentenziò, dando un tono fin troppo fatalista a quel discorso, ma rendendolo di gran lunga più condivisibile: «Chi siamo noi, per andare contro al nostro destino? Non è possibile. Non possiamo controllare tutto, non c'era nulla che potessimo fare per impedirlo. Quando sei cappottata durante quel test di Indycar, dieci anni fa, per caso ti sei convinta che qualcuno avesse sbagliato?»
L'incidente di un decennio prima era un argomento di cui Tina parlava poco e che le persone intorno a lei tendevano a non menzionare quasi mai. Ciò che succedeva nei test era in genere considerato un accadimento di entità minore, nonostante quel botto fosse stato un autentico disastro.
Alla fine Tina ne era uscita senza invalidità permamenti, ma aveva sempre sentito che, dopo lo schianto e dopo l'intervento d'urgenza per salvarle la vita, qualcosa in lei era cambiato per sempre.
«Ero coinvolta solo io, quando mi sono ribaltata. Per quanto non sia mai stato chiarito cosa abbia provocato l'incidente e non sono mai stata convinta che si sia trattato di un errore mio, non me la sento di dare la colpa ad altri.»
«Anche Manuel era coinvolto da solo.»
«Manuel è uscito di strada per un guasto.»
«Sapeva che l'auto aveva dei problemi, che avrebbe dovuto rallentare e gestire, ma non l'ha fatto.»
Tina insisté: «Sai benissimo perché Manuel ha ha deciso di non rallentare. Aveva qualcosa da dimostrare.»
Donato obiettò: «Anche tu avevi qualcosa da dimostrare, quando hai avuto quell'incidente a Indianapolis. Però, alla fine, è successo e basta.»
«È successo, ma sono viva» replicò Tina. «Ho seriamente rischiato di non esserlo, ma sono ancora qui. Sono passati dieci anni.» Si passò una mano tra i capelli. «Tutto è ricominciato, per me.»
Donato allungò una mano e le sfiorò una ciocca.
«Non li hai più tagliati, dopo?»
«Non li avrei più tagliati, se fosse stato per me, ma ho dovuto fare dei ritocchi, perché le punte si spezzano e diventano indecenti» rispose Tina, «Ma mi è costato. Quando mi sono svegliata e ho scoperto che avevano dovuto rasarmi i capelli per operarmi, mi sono posta due obiettivi: il primo era quello di rimettermi in pista, non importava in quale categoria, il secondo quello di tornare come prima, anche dal punto di vista dell'aspetto. Ti confesso, nel periodo in cui erano cresciuti a sufficienza per portarli pettinati a cresta, ho pensato seriamente di continuare a portarli così, ma ho resistito alla tentazione. Forse ti sembrerà una cosa stupida...»
«No, non lo è, e devi smetterla di pensare che quello che fai sia stupido o sbagliato. Vivi la tua vita senza rimpianti, Tina, perché non si può tornare indietro, comunque sia andata. Sono passati tantissimi anni.»
«Dal mio incidente a Indianapolis?»
«Anche da Interlagos.»
«Ci provo ogni giorno, ad andare avanti, ma non posso dimenticare. Quello che è successo rimarrà sempre dentro di me, continuerò sempre a chiedermi che cosa abbia sbagliato.»
«Non hai sbagliato.»
«Sì, Tina, più di quanto tu creda.»
«Io ho detto a Dalma che avrei...»
Donato tagliò corto: «Ti sei comportata esattamente come mi sarei aspettato da te. Sei sempre stata decisa e determinata, non ti sei mai lasciata intimidire. Non l'hai fatto nemmeno quella volta, hai agito nel tuo interesse.»
«In modo squallido.»
«Non penso avessi altre possibilità di farla ragionare.»
Tina obiettò: «Avrei potuto farmi da parte, come mi veniva chiesto. Sarebbe stata la soluzione migliore per tutti. Se avessi saputo che non impormi avrebbe salvato la vita di Manuel, l'avrei fatto.»
Donato replicò: «È inutile piangere sul latte versato. Alla fine Dalma ha capito il tuo punto di vista e ha ammesso di essere d'accordo con te. Io, invece, non ho avuto bisogno di capire. Lo sapevo già, sapevo che saresti diventata qualcuno. Piacevi anche a Luz. Mi dispiace solo che non abbia potuto vederti tornare al volante dopo l'incidente, dieci anni fa, né che abbia visto quello che sei riuscita a ottenere con la Pink Venus.»
«Non devi dispiacerti per questo» mise in chiaro Tina. «Luz si è persa molto di più del vedermi arrivare decima in quel Gran Premio di Singapore.»
«Si è persa la gara di Las Vegas dell'anno scorso.»
Tina scosse la testa.
«Era solo una gara. Luz si è persa la possibilità di vivere una vita lunga e serena, di rimanere accanto a te...»
Donato abbassò lo sguardo.
«Ci hai idealizzati.»
«Eravate una bellissima coppia.»
«Eravamo una coppia in crisi, prima che Luz si ammalasse» ammise Donato. «Se non fosse accaduto nulla, forse avremmo finito o per lasciarci o per vivere infelici insieme per tutto il resto dei nostri giorni.»
«Vi volevate bene» insisté Tina. «A volte due persone che sono state felici insieme possono lasciarsi, ma questo non significa che tutto debba essere dimenticato.»
Donato alzò gli occhi.
«Ti riferisci a Fischer?»
Tina sussultò.
«Cosa vuoi dire?»
«Niente, so solo che è stato insieme a quella donna, la moglie di Edward.»
«La conosci?»
«No, l'ho incontrata stasera per la prima volta.»
«Io, stasera, per la prima volta, ci ho parlato a lungo.» Notando l'espressione interrogativa di Donato, Tina chiarì: «È successo prima, in bagno.»
Donato accennò un sorriso.
«Non so se chiederti cosa vi siete dette, o se averne paura.»
«Paura? E perché mai?»
«Senti ancora la sua presenza nella vita di Fischer?»
«In realtà no, non stavo parlando di qualcuno nello specifico, prima» rispose Tina. «E poi non è da me avere paura semplicemente perché una ex esiste. Se fosse una ex che ronza con insistenza intorno al mio fidanzato, magari qualche preoccupazione me la metterei, ma Selena ha un marito con il quale ha avuto una figlia e non pensa minimamente all'idea di tornare insieme a Fi-...» Stava per commettere lo stesso errore già fatto in precedenza, proprio in presenza della signora Roberts, ma si interruppe in tempo per correggersi: «A Oliver.» Dal momento che Donato non replicò, lo invitò, a quel punto: «Forza, torniamo dentro. Il tempo della sigaretta che non ti sei mai acceso è scaduto da un pezzo.»

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Milly Sunshine