mercoledì 1 novembre 2023

Caro Felipe...

...quindici anni fa era un sabato sera di novembre, quei tempi in cui la Formula 1 era una noiahhhh mortalehhhh e non c'erano più i very uominy, ma che sarebbe stata glorificata quindici anni più tardi da quelli che all'epoca la criticavano. Tra una sessione e l'altra delle qualifiche giravano sulla Rai spot pubblicitari di un film che doveva uscire a breve, con una ragazza inespressiva e un vampiro fescion luminescente. Era un sabato sera e l'atmosfera era così intensa a Interlagos, quando ottenevi il miglior tempo nell'ultima sessione e tutto lasciava pensare a un destino già scritto: la vittoria della gara, nel giorno in cui un altro avrebbe vinto il mondiale.
Era un sabato sera di novembre e speravo accadesse qualcosa, perché tu eri il pilota che qualche anno prima aveva chissà come stregato il mio cuore di ragazzina. Non importava se avevo già vent'anni, non importava se c'era stato un tempo in cui venivi snobbato da tutti gli altri. Quel giorno ti esaltavano, poi pronti a voltarti le spalle solo qualche tempo più tardi, infine a rivalutarti quando faceva comodo farlo.

Il giorno dopo, qualcosa sarebbe accaduto, quando ormai non ci credevo più, quando sembrava tutto perduto. Era una domenica sera da trattenere il fiato, quel 2 novembre 2008, con le nuvole grigie che si affacciavano nel cielo sopra al circuito, per un ultimo quarto d'ora di follia.
Di colpo tutto si ribaltava e quel destino già scritto non era più scritto, poteva succedere qualsiasi cosa, come se tante schegge impazzite cercassero ciascuna di stravolgere la situazione a proprio piacimento.
Poi eccola, la bandiera a scacchi, che di solito viene vista come la fine di tutto, ma che quel giorno era solo l'inizio. Trentotto secondi con il fiato sospeso, trentotto secondi di attesa infinita, per scoprire se potevi ribaltare il tuo destino o se la storia che ti sembrava cucita addosso si sarebbe concretizzata, proprio come sembrava fino a poco prima.
Alla fine, ecco ogni scheggia tornare al proprio posto, ecco la vittoria, mentre il sogno del campionato sfumava in modo inesorabile. Era quella, la fine di un mondiale già di per sé pieno di colpi di scena.

Quella di quel 2 novembre sarebbe stata la tua ultima vittoria - e sarebbe stato folle pensarlo quella sera, quando per un attimo eri sembrato salire sul tetto del mondo. Ma un attimo è rapido e subito dopo era già il passato.
Se vinci sei un eroe, se perdi sei un problema, chi ti amava finisce a poco a poco per disprezzarti e pensare sia stato tu l'unica causa del risultato finale. Chi ti amava e continua ad amarti è a sua volta qualcuno da ridicolizzare, ma non mi è mai importato, quando portavo la tua foto come avatar è continuavi a rappresentare qualcosa per me.
Non era la tuta che indossavi a colpirmi, non lo era mai stata, ma c'era qualcosa in te che mi faceva sentire un attaccamento nei tuoi confronti che difficilmente avrei provato per altri piloti.
Ho atteso per anni e anni di rivederti un giorno tagliare il traguardo davanti a tutti, per un'ultima volta. Quel giorno non sarebbe mai arrivato, ma sarei stata dalla tua parte fino all'ultimo, ti avrei guardato vivere quelli che, sarebbero stati paradossalmente forse i tuoi giorni migliori.
Perché era questo che amavo di te: la tua capacità di reinventarti, di dimostrare a tutti che non eri come ti descrivevano quelli che ti deridevano e che semplicemente dovevi essere messo al posto giusto nel momento giusto.
Perché a me non importava se non avevi vinto il mondiale. Non sarebbe stato uno scandalo, se l'avessi vinto, ma nemmeno era uno scandalo - anzi, non lo era per niente - il fatto che non fosse successo.
E mi dispiace dirtelo, non è ancora uno scandalo, per niente. I titoli si vincono sul campo, indipendentemente da quello che fanno gli altri.

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