mercoledì 29 novembre 2023

500 miglia di Indianapolis 1953, 1954, 1955: l'ascesa e la fine di Vukovich

Tutti commettiamo dei gravi errori nella vita. Ne ho fatto uno enorme e adesso sto rimediando. Potete rimediare anche voi, perché sto parlando di essere vissuti in una bolla in cui la Formula 1 vintage non si incrocia mai con la Indycar vintage, nemmeno quando la Indy 500 era parte di entrambi i campionati. So che Indianapolis c'entra poco e niente con la Formula 1 e che le storie di Indy non si incrociano per niente con quelle europee, ma ci sono filmati meravigliosi facilmente reperibili su Youtube e vi consiglio vivamente di vederli e di ampliare i vostri orizzonti. L'ultima edizione che ho narrato finora è quella del 1952, con la vittoria di Troy Ruttman, arrivata quando Bill Vukovich è stato costretto al ritiro a poche tornate dalla fine, dopo avere trascorso innumerevoli giri al comando. Oggi vi parlo della storia di Vukovich a Indianapolis dopo, andando quindi nel 1953, di cui ho visto una bella sintesi d'epoca... in cui a onore del vero viene rimosso il non proprio insignificante dettaglio di un incidente mortale in una sessione di prove, il pilota coinvolto Chet Miller, ufficialmente il primo pilota a morire in un evento valido per il mondiale di Formula 1.


La gara del 1953 inizia con 33 vetture che si accodano dietro la pace car, con un numero improponibile di non qualificati (oltre 80 entries) e un buon numero di piloti che hanno una concreta chance di guidare: è la Cinquecento Miglia più calda di sempre e una buona quantità di piloti vengono rimpiazzati in corso d'opera con shared drives.
Sembra che addirittura ben nove piloti finiscano in ospedale a causa di colpi di calore, tra cui Pat Flaerthy che, svenendo al volante per le alte temperature, finisce contro un muro riportando lievi ferite. Il caso peggiore, tuttavia, è quello di Carl Scarborough, che dopo circa un terzo di gara, al momento della sosta, si sente male e viene inquadrato mentre scende a fatica dalla vettura - sarà sostituito da Bob Scott che chiuderà la gara dodicesimo. Ricoverato in ospedale per ipertermia, Scarborough morirà alcune ore dopo. A seguito di questo evento, verranno imposte regole sulla ventilazione delle vetture a partire dalla stagione successiva.
Nel frattempo la gara viene dominata dal poleman Vukovich, che di fatto sembra non avere avversari in grado di infastidirlo. Effettua tre pitstop, due dei quali al di sotto del minuto di durata - quarantasette secondi il migliore, il top dei top per quei tempi. Va a vincere, davanti a una sfilza di Kurtis Kraft, stessa squadra per la quale gareggia lui stesso sulla vettura numero 14. Art Cross chiude secondo, mentre il terzo posto è condiviso da Sam Hanks e Duane Carter che l'ha sostituito in corso d'opera.


Nel 1954 - di cui ugualmente ho trovato un ottimo filmato su Youtube, Vukovich si qualifica solo diciannovesimo e la pole position va a Jack Grath, il quale è leader per circa un quarto di gara, nella sua prima parte. Tuttavia Grath e Vukovich non sono nella stessa pitstop window e il vincitore dell'edizione dell'anno precedente ne approfitta per portarsi in testa.
Un problema di Grath durante la sosta si rivela un duro colpo per le sue chance di vittoria e infatti eccolo ritrovarsi a terminare sul gradino più basso del podio, alle spalle di Jimmy Bryan, pilota della Kuzma, che ha leaderato qualche giro dopo l'ultima sosta di Vukovich e prima di fermarsi a propria volta.
Seppure meno dominante della precedente la vittoria di Bill - sempre al volante di una Kurtis Kraft numero 14, ma con una livrea chiara in questa stagione, mentre era sul nero nel 1953 - non passa certo inosservata, essendo peraltro la seconda vittoria consecutiva a Indianapolis... cose che non si vedono tutti i giorni. E potrebbero addirittura essere tre, se non fosse stato per il ritiro verso fine gara nel 1952.


Potrebbero essere quattro, perché in realtà, nel 1955 - edizione nei cui test è morto Manuel Ayulo - partito dalla quinta piazza, una volta uscito di scena il poleman Jerry Hoyt, si lancia ben presto all'inseguimento di McGrath, leader iniziale, superandolo dopo pochi giri e involandosi verso una leadership che sembra incontrastata proprio quando la vettura di McGrath, dalla quale usciva fumo sospetto, decide di dare forfait, con tanto di inquadrature del pilota che, sceso dalla monoposto ai box, tenta di ripararla lui stesso insieme ai meccanici.
Siamo a poco più di un terzo di gara e il vantaggio di Vukovich nei confronti del diretto inseguitore Bryan(?) è ampio abbastanza da far pensare a una nuova vittoria.
Non è così che deve andare, ma soprattutto non ha molto senso parlare di potenziale vittoria. Quando il doppiato Rodger Ward, a causa di un cedimento, sbatte e prende il volo, pur atterrando girato dalla parte giusta dopo un doppio cappottamento, Al Keller per evitarlo colpisce la vettura di John Boyd, che finisce sulla traiettoria di Vukovich. L'impatto fa cappottare Boyd, mentre anche la vettura di Vukovich prende il volo, oltrepassando le barriere e finendo in un parcheggio dove colpisce diversi veicoli prima di prendere fuoco.
Ed Elisian, che riesce a evitare di colpire altre vetture, sembra tenti di aiutare Vukovich a uscire dall'abitacolo, ma non c'è nulla da fare: Bill è morto sul colpo. Fortunatamente almeno gli altri piloti coinvolti non riportano ferite gravi. Due spettatori sono rimasti feriti, ma pare non gravemente.
Dopo sedici giri di bandiere gialle la gara riprende a pieno, con Bryan in testa, ma la vettura che dà problemi e lo costringe al ritiro dopo pochi giri. Bob Sweikert prende la testa della gara e la mantiene fino alla fine, conquistando la vittoria davanto a Tony Bettenhausen/ Paul Russo (shared drive) e Jimmy Davies, tutti su Kurtis Kraft.

Bill Vukovich aveva trentasei anni al momento della morte. Tecnicamente è stato il primo pilota a morire durante una *gara* valevole per il mondiale di Formula 1.
Suo figlio Bill II, all'epoca undicenne (e recentemente deceduto nel 2023 all'età di settantanove anni), è divenuto pilota negli anni '60 e ha gareggiato in USAC/CART tra il 1967 e il 1983, ottenendo una vittoria al Michigan International Speedway nel 1973. Anche il nipote Bill III ha gareggiato occasionalmente nella CART sul finire degli anni '80, prima della sua morte nel 1990 in un incidente di gara in un evento a ruote coperte. Aveva ventisette anni.


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Milly Sunshine