La prima
volta che sentii il suo nome fu più di due decadi fa. Mio padre stava guardando
il telegiornale e, in un servizio sulla Formula 1, venne inquadrata una vettura
giallo-verde che conoscevo. Adoravo quella vettura, perché aveva un bel colore
e perché l’ala anteriore aveva uno strano “becco” sollevato, anziché il
classico musetto arrotondato. Era il 1992 e sapevo ben poco come funzionasse il
campionato di Formula 1, sapevo solo che mi piaceva parecchio. Sono passati più
di vent’anni e sono cambiate tante cose da allora, ma questa è rimasta
invariata.
Ho alle
spalle un’infanzia da sostenitrice della Benetton, anche se, in quei primi anni
in cui seguii la Formula 1, non si può dire che capissi più di tanto come
funzionava il campionato. Mi bastava guardare le gare e poco m’importava di chi
fosse il vincitore.
Però la
Benetton mi piaceva e, di fatto, fu forse per il suo bel colore che diventai una
tifosa di Michael Schumacher, quando ancora era un pilota emergente. Non avrei
mai immaginato, ovviamente, che diventasse un futuro campione del mondo. Anzi,
non avevo nemmeno idea di cosa volesse dire diventare campione del mondo.
Degli anni
alla Benetton ho solo ricordi confusi, risalenti all’epoca. Ero piccola. Rivedendo
i gran premi di quell’epoca a volte mi veniva da pensare “questo me lo ricordo”,
ma non so se sia andata davvero così.
Stranamente i
ricordi dell’epoca giallo-verde sono di più di quelli dei due anni dei primi
due titoli. Forse mi capitò meno spesso di vedere i gran premi...
Il primo
ricordo di me come sostenitrice di Michael negli anni della Ferrari? Questa,
devo ammetterlo, è abbastanza comica: era il 1997 e, il giorno dopo un gran premio
che non avevo visto, a casa di mia nonna mi misi a disegnare una monoposto
rossa.
Mia nonna,
quando vide il disegno, mi fece notare che non era il momento migliore per
mettersi a disegnare Ferrari. Eh, in effetti il giorno prima c’era stato il
gran premio di Jerez.
Nel 1998
ricordo la mia apprensione per la gara finale. Avevo dieci anni e non guardavo
i gran premi notturni o nelle prime ore del mattino. Suzuka arrivò mentre
dormivo. Hakkinen vinse il titolo. Vinse anche quello successivo, ma Michael
saltò la parte centrale della stagione. L’incidente al gran premio di
Silverstone fu una sorta di “ossessione” per me, che tra l’altro in quell’epoca
rasentavo un po’ i livelli della “fangirl da bar”. Il finale di stagione fu
comunque intrigante. Preferisco evitare commenti in proposito, perché negli
anni ho molto rivalutato Hakkinen, che all’epoca vedevo come “nemico della società”
e che oggi invece stimo moltissimo come pilota e come persona.
Poi arrivò
il 2000. Anche se non vidi il gran premio di Suzuka (sempre per la questione
dei gran premi della notte o di prima mattina), ricordo la mia esplosione di
felicità. Per la prima volta, da quando avevo scoperto cosa significasse la
vittoria del titolo, Michael ne vinse uno.
Ho visto il
gran premio del Giappone del 2000, che avevo scaricato già parecchio tempo fa. L’ho
visto con la telecronaca di Mazzoni e Capelli. *-*
Dal 2001 in
poi tutto è andato per il meglio, fino alla fine del 2004 (anche se, dal punto
di vista dello spettacolo, forse sarebbe stato più esaltante se Hakkinen avesse
continuato a gareggiare in F1 ancora per qualche anno). Tutto sommato non è
andata male neanche dopo, anche se devo dire che, dal 2004 in poi, preferivo
fare più attenzione al futuro della Formula 1 piuttosto che al presente-quasi
passato. Ero convinta che Michael avrebbe optato per il ritiro, dopo il 2004 o
dopo il 2005 e soprattutto per la prima volta iniziavo ad essere convinta che
anche i piloti che in quel momento si trovavano lontani dai top-team ma che in
futuro avrebbero potuto scrivere il proprio nome nella storia della Formula 1.
E poi,
diciamocelo, finché la vittoria è la routine, ci può stare. Nel 2004, però, a
diventare routine fu la vittoria con mezzo minuto di vantaggio sul secondo dopo
intere gare trascorse in testa e a volte iniziavo a sperare in un diversivo.
Non da
ultimo il fattore “passione per l’idolo d’infanzia” iniziava a diventare sempre
di più “passione per la Formula 1 in generale”.
Il 2006 lo
considerai per lungo tempo l’ultimo anno di Michael in Formula 1. In realtà non
andò proprio così, ma devo ammettere che il suo ritorno, nel 2010, mi lasciò
spiazzata. Non ci volli credere finché non venne data l’ufficialità. Mi dicevo
che, se un pilota aveva scelto il ritiro, probabilmente desiderava davvero
ritirarsi e tornare non aveva molto senso. Almeno, può darsi che mi dicessi
questo.
Ormai molte
cose sono cambiate, per me, e al giorno d’oggi posso capire la voglia di
rimettersi in discussione. Molti ex piloti di Formula 1 hanno ripreso a
gareggiare, anche se in altre serie.
Benetton,
Ferrari, Mercedes... in fondo sono solo marchi, e sinceramente non ho mai
giudicato un pilota per il colore della tuta che indossa.
Il mio
parere non è mai cambiato, ma è cambiato qualcosa.
Come ho già
detto, il motivo principale per cui avevo iniziato a sostenere Michael, a suo
tempo, era il fatto che, quando ero piccola, mi piaceva la vettura che guidava.
Tre lustri più tardi, per la prima volta, sarebbe stato il lato umano a
colpirmi in un altro pilota, cosa che nel “cyborg” che vinceva tutto era sempre
stata secondaria.
Tra il 2010
e il 2012, devo ammetterlo, ciò che più mi è piaciuto di MSC è stato che si è
molto umanizzato diventando un po’ meno serio e un po’ meno cyborg. Il fatto
che si sia spinto a prendere per i fondelli Stella Bruno nelle interviste la
dice lunga! :D
Poi,
domenica scorsa, è arrivata quella notizia che mai mi sarei aspettata.
Il cyborg/supereroe
di un tempo si è rivelato fragile come tutti noi.
Non sappiamo
quale sarà il suo futuro. C’è solo la speranza che quella 92^ vittoria che non
è arrivata tra il 2010 e il 2012 possa arrivare ora.
AUGURI
MICHAEL, in tutti i sensi.
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