venerdì 3 gennaio 2014

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La prima volta che sentii il suo nome fu più di due decadi fa. Mio padre stava guardando il telegiornale e, in un servizio sulla Formula 1, venne inquadrata una vettura giallo-verde che conoscevo. Adoravo quella vettura, perché aveva un bel colore e perché l’ala anteriore aveva uno strano “becco” sollevato, anziché il classico musetto arrotondato. Era il 1992 e sapevo ben poco come funzionasse il campionato di Formula 1, sapevo solo che mi piaceva parecchio. Sono passati più di vent’anni e sono cambiate tante cose da allora, ma questa è rimasta invariata.

Ho alle spalle un’infanzia da sostenitrice della Benetton, anche se, in quei primi anni in cui seguii la Formula 1, non si può dire che capissi più di tanto come funzionava il campionato. Mi bastava guardare le gare e poco m’importava di chi fosse il vincitore.
Però la Benetton mi piaceva e, di fatto, fu forse per il suo bel colore che diventai una tifosa di Michael Schumacher, quando ancora era un pilota emergente. Non avrei mai immaginato, ovviamente, che diventasse un futuro campione del mondo. Anzi, non avevo nemmeno idea di cosa volesse dire diventare campione del mondo.

Degli anni alla Benetton ho solo ricordi confusi, risalenti all’epoca. Ero piccola. Rivedendo i gran premi di quell’epoca a volte mi veniva da pensare “questo me lo ricordo”, ma non so se sia andata davvero così.
Stranamente i ricordi dell’epoca giallo-verde sono di più di quelli dei due anni dei primi due titoli. Forse mi capitò meno spesso di vedere i gran premi...

Il primo ricordo di me come sostenitrice di Michael negli anni della Ferrari? Questa, devo ammetterlo, è abbastanza comica: era il 1997 e, il giorno dopo un gran premio che non avevo visto, a casa di mia nonna mi misi a disegnare una monoposto rossa.
Mia nonna, quando vide il disegno, mi fece notare che non era il momento migliore per mettersi a disegnare Ferrari. Eh, in effetti il giorno prima c’era stato il gran premio di Jerez.

Nel 1998 ricordo la mia apprensione per la gara finale. Avevo dieci anni e non guardavo i gran premi notturni o nelle prime ore del mattino. Suzuka arrivò mentre dormivo. Hakkinen vinse il titolo. Vinse anche quello successivo, ma Michael saltò la parte centrale della stagione. L’incidente al gran premio di Silverstone fu una sorta di “ossessione” per me, che tra l’altro in quell’epoca rasentavo un po’ i livelli della “fangirl da bar”. Il finale di stagione fu comunque intrigante. Preferisco evitare commenti in proposito, perché negli anni ho molto rivalutato Hakkinen, che all’epoca vedevo come “nemico della società” e che oggi invece stimo moltissimo come pilota e come persona.

Poi arrivò il 2000. Anche se non vidi il gran premio di Suzuka (sempre per la questione dei gran premi della notte o di prima mattina), ricordo la mia esplosione di felicità. Per la prima volta, da quando avevo scoperto cosa significasse la vittoria del titolo, Michael ne vinse uno.
Ho visto il gran premio del Giappone del 2000, che avevo scaricato già parecchio tempo fa. L’ho visto con la telecronaca di Mazzoni e Capelli. *-*

Dal 2001 in poi tutto è andato per il meglio, fino alla fine del 2004 (anche se, dal punto di vista dello spettacolo, forse sarebbe stato più esaltante se Hakkinen avesse continuato a gareggiare in F1 ancora per qualche anno). Tutto sommato non è andata male neanche dopo, anche se devo dire che, dal 2004 in poi, preferivo fare più attenzione al futuro della Formula 1 piuttosto che al presente-quasi passato. Ero convinta che Michael avrebbe optato per il ritiro, dopo il 2004 o dopo il 2005 e soprattutto per la prima volta iniziavo ad essere convinta che anche i piloti che in quel momento si trovavano lontani dai top-team ma che in futuro avrebbero potuto scrivere il proprio nome nella storia della Formula 1.
E poi, diciamocelo, finché la vittoria è la routine, ci può stare. Nel 2004, però, a diventare routine fu la vittoria con mezzo minuto di vantaggio sul secondo dopo intere gare trascorse in testa e a volte iniziavo a sperare in un diversivo.
Non da ultimo il fattore “passione per l’idolo d’infanzia” iniziava a diventare sempre di più “passione per la Formula 1 in generale”.

Il 2006 lo considerai per lungo tempo l’ultimo anno di Michael in Formula 1. In realtà non andò proprio così, ma devo ammettere che il suo ritorno, nel 2010, mi lasciò spiazzata. Non ci volli credere finché non venne data l’ufficialità. Mi dicevo che, se un pilota aveva scelto il ritiro, probabilmente desiderava davvero ritirarsi e tornare non aveva molto senso. Almeno, può darsi che mi dicessi questo.
Ormai molte cose sono cambiate, per me, e al giorno d’oggi posso capire la voglia di rimettersi in discussione. Molti ex piloti di Formula 1 hanno ripreso a gareggiare, anche se in altre serie.

Benetton, Ferrari, Mercedes... in fondo sono solo marchi, e sinceramente non ho mai giudicato un pilota per il colore della tuta che indossa.
Il mio parere non è mai cambiato, ma è cambiato qualcosa.

Come ho già detto, il motivo principale per cui avevo iniziato a sostenere Michael, a suo tempo, era il fatto che, quando ero piccola, mi piaceva la vettura che guidava. Tre lustri più tardi, per la prima volta, sarebbe stato il lato umano a colpirmi in un altro pilota, cosa che nel “cyborg” che vinceva tutto era sempre stata secondaria.
Tra il 2010 e il 2012, devo ammetterlo, ciò che più mi è piaciuto di MSC è stato che si è molto umanizzato diventando un po’ meno serio e un po’ meno cyborg. Il fatto che si sia spinto a prendere per i fondelli Stella Bruno nelle interviste la dice lunga! :D


Poi, domenica scorsa, è arrivata quella notizia che mai mi sarei aspettata.
Il cyborg/supereroe di un tempo si è rivelato fragile come tutti noi.
Non sappiamo quale sarà il suo futuro. C’è solo la speranza che quella 92^ vittoria che non è arrivata tra il 2010 e il 2012 possa arrivare ora.

AUGURI MICHAEL, in tutti i sensi.

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Milly Sunshine