lunedì 3 febbraio 2014

Nozioni di base sulla Indycar per chi non la segue

Avevo promesso molto tempo fa un topic in cui spiegare cos’è la Indycar a chi non l’ha mai seguita, perché sono stanca di sentire fanboy che fanno commenti sommari, magari facendo le stesse valutazioni che farebbero seguendo una gara di F1, cosa a mio avviso sbagliato dato che parliamo di serie abbastanza diverse l’una dall’altra.
Personalmente tutto quello che so lo so da “autodidatta”: non conosco nessuno (e per conosco intendo conoscere “dal vivo” e non tramite PC) che segua la Indycar e la mia cultura in materia me la sono fatta leggendo articoli su internet e soprattutto seguendo le gare. Capisco però che, per chi non conosce l’inglese e vede le gare in streaming in lingua inglese, capire seguendo le gare possa diventare difficile.
Questa piccola guida non vuole essere esaustiva, anche perché, che si tratti di Formula 1 o Indycar, di tecnica non ci capisco una cippa e mi “accontento” dello spettacolo o, in certi casi, della noia. ;-)

Il titolo più adatto a questa guida potrebbe essere COME SMENTIRE LE CONVINZIONI ERRATE SULLA INDYCAR. È proprio questo il modo in cui mi comporterò.

La Indycar è la serie più popolare negli Stati Uniti: FALSO.
Contrariamente a quanto si creda, i tassi di audience della Indycar sono calati a lungo nel tempo, anche se nell’ultimo decennio si è vista una crescita.
La Indycar non è una delle serie di automobilismo più seguite in America, in cui è molto più popolare la NASCAR. Molti appassionati di NASCAR, specie tifosi da bar, vedono gli appassionati di Indycar, così come gli appassionati di Formula 1, come degli “snob” che seguono serie meno popolari al solo scopo di differenziarsi dalla massa.

La Indycar è una serie simile alla NASCAR: FALSO.
Falso, o meglio falsissimo, in quanto la Indycar è una serie a ruote scoperte, mentre la NASCAR (acronimo di National Association of Stock Cars) include una serie piuttosto variegata di campionati di stock car (per intenderci: avete visto il cartone animato “Cars”? Saetta McQueen è la versione cartoon di una stock car), che però non include tutte le serie di stock car (ovvero: ci sono campionati di stock car che non fanno parte della NASCAR). Di fatto la caratteristica principale che accomuna la Indycar e le NASCAR è di essere serie americane.

Le vetture di Indycar sono simili a quelle di F1: FALSO.
La somiglianza è puramente estetica, perché dal punto di vista tecnico le differenze sono parecchie. Le vetture di Indycar sono più “indietro”, nel senso che, mentre la Formula 1 tende a privilegiare l’esaltazione della tecnologia, in Indycar questo non avviene: dal punto di vista tecnologico è un campionato più arretrato. In Indycar, inoltre, i telai sono uguali per tutti i team. Al momento attuale il costruttore è la Dallara.

La Indycar è una serie che gareggia soltanto negli Stati Uniti: FALSO.
La Indycar è un campionato americano, gareggia in prevalenza negli Stati Uniti, ma non solo. Nel campionato 2013 vi sono in maggioranza circuiti situati negli Stati Uniti, ma anche uno in Brasile e due in Canada. Non è comunque limitato a Nord e Sud-America: pochi anni fa la Indycar era presente anche in Giappone e, nel 2012, avrebbe dovuto essere in programma anche un circuito cinese, che però venne cancellato dal calendario.

La Indycar è una serie che gareggia soltanto su ovali: FALSO.
Un tempo la Indycar gareggiava prevalentemente su circuiti ovali, ma negli ultimi anni questi sono diminuiti ed è incrementato il numero di circuiti tradizionali o cittadini. Di fatto, la maggioranza dei gran premi avvengono su circuiti cittadini e gli ovali sono meno della metà.
L’assetto delle vetture, naturalmente, è molto diverso a seconda che corrano sugli ovali o sugli altri circuiti.

Indycar e Champ Car sono la stessa cosa: FALSO.
Sebbene questo non sia rilevante per comprendere l’andamento attuale del campionato, è opportuno trattare un po’ la storia della Indycar. In particolare direi di partire dagli anni ‘80/’90: a quell’epoca la principale serie americana a ruote scoperte era la CART (questa è la sigla dell’ente che gestiva il campionato), ma intorno alla metà degli anni ’90, a causa di controversie con i proprietari dell’Indianapolis Speedway, sul quale si svolge la celebre 500 miglia, vi fu una scissione tra CART e IRL (che sta per Indycar Racing League), in cui la CART era il campionato più importante, nonostante la gara più celebre, la 500 miglia di Indianapolis, appunto, fosse nella IRL (diciamo che erano due campionati alternativi). All’inizio degli anni ’00 la CART cambiò nome in Champ Car e, gradualmente, iniziò a dare sempre minore spazio agli ovali, mentre la IRL gareggiava prevalentemente sugli ovali. A partire dai primi anni ’00 la Champ Car perse gradualmente popolarità, mentre ne incrementava la IRL che in precedenza aveva subito invece un calo di popolarità. Diversi team lasciarono la Champ Car per passare alla IRL, che fallì e all’inizio del 2008 confluì nella IRL, diventando un’unica serie.

Indycar e Formula Indy sono la stessa cosa: VERO.
Nei paesi latini, la Indycar viene spesso denominata Formula Indy, nonostante non sia il suo nome ufficiale. Se vi capita di vedere le gare in streaming su qualche canale spagnolo o soprattutto brasiliano, vi capiterà spesso di sentirla definire in questo modo.

Le partenze funzionano nello stesso modo che in F1: FALSO.
Le partenze, in Indycar, sono lanciate, ovvero somigliano alla procedura con cui le vetture di F1 ripartono dopo l’uscita della safety-car. In realtà non è esattamente identica: mentre una ripartenza in F1 avviene per così dire in fila indiana, le vetture sono allineate invece come su una griglia di partenza (quindi ci sono due colonne di vetture - tre nel caso di Indianapolis).
È comunque da segnalare che in Indycar ci sono già state partenze da fermi. La prima volta fu al gran premio di Long Beach del 2008 (valido per il campionato di Indycar), che si disputò con il regolamento della Champ Car in quanto, prima della cancellazione di questa serie, era già stato fissato in calendario.
A Toronto nel 2013, nella Gara 2, c’è stata per la prima volta una partenza da fermi in una gara di Indycar vera e propria. Avrebbe dovuto esserci in Gara 1, ma a causa di una vettura rimasta ferma sulla griglia di partenza le vetture partirono dietro la pace-car.

L’ingresso della safety-car funziona nello stesso modo che in F1: FALSO.
La critica che certi fanboy pongono più spesso nei confronti della Indycar sono i frequenti ingressi della safety-car (che tra l’altro si chiama pace-car, nelle serie americane). Quei fanboy evidentemente non sanno che, mentre in F1 la safety-car è l’eccezione, in caso di incidente, ed entra in pista solo nei casi di vera necessità (dovrebbe, perlomeno), in Indycar, in caso di incidente o ritiro con vetture in pista ferme o che procedono lentamente, l’ingresso della pace-car è la regola: l’eccezione è che la pace-car non entri in pista, e talvolta succede nei circuiti tradizionali o cittadini in caso le vetture rimangano ferme in vie di fuga spaziose, dove non intralciano.
La neutralizzazione con ingresso della pace-car si chiama “full course caution” (che tradotto suona come “bandiere gialle su tutto il percorso”) e generalmente coincidono, non appena viene consentito l’ingresso nella pit-lane, con un ingresso in massa ai box. Chi rientra ai box in questo momento può riaccodarsi senza perdere un giro e la pace-car rimane in pista finché tutte le vetture non sono perfettamente allineate (il che richiede, in generale, molto meno tempo che in F1).

I doppiati hanno l’obbligo di facilitare il doppiaggio: FALSO.
I piloti che sono sul punto di essere doppiati, a condizione che possano mantenere la stessa velocità dei piloti a pieni giri, non hanno l’obbligo di cedere la strada ai piloti di testa ed è difficile che lo facciano perché, dal momento che, diversamente dalla F1, ai doppiati non viene permesso di sdoppiarsi quando la pace-car è in pista e che è molto probabile l’ingresso della pace-car nel corso della gara, se riescono a rimanere a pieni giri in questo caso possono riaccodarsi al gruppo rimanendo nello stesso giro del leader.
Questo è fondamentale perché, specie sugli ovali dove a ogni incidente l’ingresso della pace-car è d’obbligo, non esistendo, di fatto, vie di fuga, azzardando una strategia diversa dagli altri, i piloti che si trovano nelle ultime posizioni hanno molte più probabilità di riuscire a risalire tra i primi rispetto a quanto non ce ne siano in Formula 1.

Dato che i piloti di Indycar sono di livello inferiore rispetto a quelli di F1, i piloti di F1 che passano in Indycar hanno maggiori probabilità di vittoria: FALSO.
Formula 1 e Indycar sono due serie piuttosto diverse. Per un pilota di F1 che passa in Indycar, nei primi tempi, specie sugli ovali, la maggiore probabilità è quella di finire su per i muri. Di fatto, così come la maggior parte dei piloti di Indycar (o Champ Car) che passano in F1 spesso hanno un rendimento non particolarmente brillante, la cosa funziona spesso anche nel senso opposto, specie per gli ex piloti di F1 che rimangono in Indycar per un periodo breve, senza avere il tempo di adattarsi.
È inoltre da segnalare che non sempre la stampa dà una valutazione coerente di che cosa significhi buon rendimento: è il caso ad esempio di molte fonti italiane che definiscono deludenti i risultati ottenuti da Rubens Barrichello nella sua unica stagione in Indycar nel 2012, che è riuscito a completare la maggior parte delle gare, ha ottenuto come miglior risultato in gara un quarto posto su una vettura di medio livello, è stato il debuttante meglio piazzato alla Indy 500 e ha chiuso ottavo in classifica, un bilancio non brillantissimo ma sicuramente non disprezzabile.

Per tutta la stagione ci sono sempre gli stessi piloti e team: FALSO.
In Formula 1 ciascun team ha due piloti e, in generale, è molto probabile che i due piloti siano gli stessi per tutta la stagione, esclusi infortuni, squalifiche, rendimenti inaccettabili o questioni contrattuali con gli sponsor nei team minori.
In Indycar non funziona così. O meglio, ci sono team “principali” che hanno gli stessi piloti per tutta la stagione e team “minori” che cambiano piloti più volte nel corso della stagione, così come ci sono piloti che gareggiano solo sui circuiti tradizionali e cittadini e piloti che gareggiano solo sugli ovali.
Ci sono team che schierano tre vetture, team che ne schierano due, team che ne schierano una... ecc... e non è detto che ogni team abbia lo stesso numero di vetture per tutta la stagione. Specie negli appuntamenti importanti come Indianapolis, in cui peraltro prendono il via 33 vetture anziché le solite 24 o 25, ci sono team che hanno più vetture rispetto a quante ne hanno di solito.

Le vetture dello stesso team, hanno tutte gli stessi colori: FALSO.
Sebbene i team principali abbiano in genere vetture degli stessi colori, è molto più comune che i colori delle vetture siano diversi, in quanto dipendono dagli sponsor dei piloti.
Di conseguenza, specie nei team “minori” che cambiano piloti di frequente per via degli accordi con gli sponsor di tali piloti, a ogni cambiamento di pilota spesso corrisponde un cambiamento dei colori della vettura. Un pilota che gareggia, in momenti diversi della stagione, per diversi team con diversi sponsor, avrà probabilmente una vettura degli stessi colori pur non essendo più nello stesso team.
Talvolta, in particolari gran premi, anche le vetture che tradizionalmente hanno gli stessi colori possano avere una colorazione diversa.

Le numerazioni delle vetture funzionano come in Formula 1: FALSO.
I numeri sono scelti dai team e, seppure il numero 1 sia riservato al vincitore del titolo, è abbastanza raro che venga usato, perché in un contesto in cui i colori delle vetture e gli sponsor possono cambiare, il numero funziona come “riconoscimento”.
Prendete questa notizia con le pinze, ma mi risulta che, se un pilota vince il titolo con un team e poi cambia team, la possibilità di schierare eventualmente il numero 1 appartiene al team e non al pilota.



@ chi segue la Indycar da più tempo di me: se ho scritto qualche eresia, vi prego di correggermi.

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