Inizierò da una questione che si ripete sistematicamente ogni volta in cui qualche pilota americano fa bene in Indycar o in cui qualche team di Formula 1 dice di non avere come massima priorità l'ingaggio di un pilota americano. Tralasciando il fatto che non sopporto il fatto che gli opinion leader d'oltreoceano vogliano vedere piloti di Indycar passare in Formula 1 solo ed esclusivamente quando questi possiedono un passaporto statunitense fregandosene bellamente dei piloti di Indycar di altre nazionalità, la domanda è questa: con tutti i piloti a stelle e strisce che fanno bene in Indycar, perché un team di Formula 1, magari la Haas, non ne ingaggia subito uno? Giusto, perché la Haas non ne ingaggia uno? Domanda che forse al giorno d'oggi ha anche più senso che in passato, ma siccome si ripropone dal 2016 non focalizziamoci troppo sul 2021.
Lasciamo un attimo questa domanda in sospeso e spostiamoci mentalmente a Indianapolis, per il gran premio di sabato sera. Venerdì, entrando distrattamente su Twitter, ho visto il risultato delle qualifiche quando erano proprio appena terminate. La pole se l'è accaparrata Grosjean, provocando una reazione che sembra avere messo d'accordo tutti nel mondo: chiunque si è dato alla pazza gioia, parlando di quanto fosse grandioso tutto ciò e di quanto fosse grandioso Grosjean. Anche Ericsson sembrava molto soddisfatto di vedere il suo best friend forever davanti a tutti, stando ai loro tweet di venerdì sera, invece di tirargli sportellate immaginarie per le strade di Baku. In genere questi momenti in cui tutti sono felici mi piacciono, anche se all'occorrenza è opportuno porsi qualche domanda, perché non mi pare fosse così apprezzato quando correva in Formula 1.
La gara di Grosjean è stata all'altezza delle qualifiche: è stato leader finché ha potuto, sabato sera (la nostra sera) ma la strategia l'ha relegato alle spalle di Veekay, appena ventenne, considerato dagli americani alla stregua di un Verstappino formato Indycar. Io preferisco il paragone Verstappen/ Herta, lo trovo più azzeccato, ma dopotutto non mi aspetto che gli opinion leader Made in USA sappiano con esattezza chi è Verstappen. Ad ogni modo Veekay ha visto la luce della vittoria, relegando Grosjean in una stabile seconda posizione che ha portato a casa davanti a, limitatamente alla top-ten, Palou, Newgarden, Rahal, Pagenaud (uscito indenne da un incidente al primo giro con Daly, unico ritirato), Rossi, McLaughlin ed Ericsson, una gara in cui si è rivisto in pista Montoya ma rivisto è un eufemismo (21°), in cui Chilton non c'era per problemi di ingresso negli States e in cui, finalmente, Johnson non si è impantanato nemmeno una volta.
Torniamo a noi, alla domanda iniziale. Ci si chiede perché la Haas non ingaggia un pilota americano di Indycar, ma forse non è quello che bisognerebbe chiedersi. I piloti che possono lottare per la vittoria in Indycar hanno davvero così tanto interesse a un passaggio in Formula 1 nella squadra americana, che fino a prova contraria è una delle ultime ruote del carro? Conosco la storia dei piloti di spessore che possono tirare fuori performance estrose da una vettura scadente, ma perché dovrebbero essere proprio quelli che in Indycar possono lottare per il podio? Lottare per il podio in Indycar è esattamente quello che fanno anche certi piloti franco-svizzeri che con la Haas arrancavano. Oltre a chiederci perché Herta non va alla Haas, bisognerebbe chiedere prima di tutto a Grosjean se tornerebbe indietro. Forse no, anche se in Formula 1 ci sono le bandiere blu e in Indycar no (Sato si è sdoppiato, beccandosi una mezza ruotata da Grosjean come "vendetta", uno dei momenti più alti della gara)... ma dopotutto in Formula 1 le bandiere blu non venivano esposte a gente che lo ostacolava, quanto piuttosto a lui stesso. Il sogno della Formula 1 è bello, ma è a suo modo ovvio che per chi ha una carriera già avviata in Indycar sia un sogno da tenere chiuso in un cassetto, ben nascosto, per cercare di dimenticarsene.
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