giovedì 27 maggio 2021

Il Sussurro della Farfalla - Puntata n.18 (blog novel)

Eravamo rimasti in sospeso qualche giorno fa: con il Gran Premio di Montecarlo e le sue gare di contorno, avevo messo da parte la pubblicazione della blog novel e del Gran Premio di Montecarlo fittizio che sta per svolgersi in questo universo, ma è giunto il momento di proseguire, con quello che di fatto è il terzultimo aggiornamento.
Non vi do anticipazioni, se non che sarà piuttosto ricco, che ci saranno molte  che bollono in pentola, che il mistero del passato verrà quasi interamente svelato e che presto ci occuperemo solo del GP di Montecarlo e dei misteri del presente.

Buona lettura. *-*


«Arrivederci, signore care» disse Gigi Di Francesco, con cordialità, nonostante la conversazione appena avuta con una delle donne in questione avesse avuto tutt'altro tono. «È stato un piacere, come sempre.»
Alexandra sapeva cosa doveva fare, quindi uscì dalla stanza in compagnia di Veronica. La team principal della Dynasty salutò Di Francesco con appena un cenno e Alexandra la imitò. Era fondamentale farle percepire la loro sintonia su tutto, nonostante le difficoltà.
Si allontanarono e solo allora Alexandra parlò.
«Mi dispiace.»
Veronica si fermò e si girò a guardarla.
«Che cosa?»
«Che Patrick si sia tirato indietro, ovviamente.»
«Avresti dovuto pensarci prima» obiettò Veronica. «Sei stata tu la prima a prendere accordi con Di Francesco e l'hai fatto a mia insaputa, facendomi poi convocare da sua moglie.»
«A proposito» osservò Alexandra, «Meno male che Kathy non c'era, oggi. Per fortuna siamo riusciti a discutere molto meglio di questioni lavorative.»
Veronica spalancò gli occhi.
«Discutere meglio?!»
«Beh, sì...»
«A me non pare. Gigi Di Francesco è un individuo squallido.»
Alexandra alzò gli occhi al cielo.
«Non fare la santa, Veronica. Sai bene anche tu che, a volte, bisogna scendere a compromessi, accettare di lavorare con persone che non ci piacciono.»
«Nel nostro caso, è stato totalmente inutile» obiettò Veronica. «Anzi, visto che Herrmann non ne vuole sapere, abbiamo rischiato di comprometterci per niente. In più adesso Di Francesco insiste per darci qualcosa che non possiamo più permetterci.»
«Se pensavi fosse un'idea così sbagliata» obiettò Alexandra, «Avresti dovuto bloccare tutto sul nascere. Invece no, non mi sembra che tu abbia mandato Kathy Di Francesco a quel paese, quando sei stata contattata.»
«Un grave errore, da parte mia.»
«Evidentemente non sei brava abbastanza per la posizione che occupi.»
Veronica la ignorò.
«Abbiamo sbagliato tutti. Forse Patrick è l'unico ad avere fatto la cosa giusta.»
«Non scherzare. Ha rinunciato a vincere il titolo per continuare a farsi delle fantasie a proposito di Emiliano Diaz e della Whisper.»
«Non ha rinunciato a vincere il titolo. Ha rinunciato a farselo regalare. Sono due cose diverse. Per una volta, ha dimostrato di avere un minimo di integrità.»
Alexandra ridacchiò.
«Non mi dire che hai cambiato idea su di lui.»
«Quale idea?»
«Pensavi fosse un buono a nulla.»
«Un buono a nulla non sarebbe sul punto di portarsi a casa il titolo.»
«Sai benissimo che il merito non è suo, ma della squadra.»
«Non direi che Patrick non abbia meriti. Mi sembra che sia l'unico pilota della squadra vicino al titolo...»
«Ci sono piloti molto migliori di lui.»
«Sei stata tu» le ricordò Veronica, «A imporlo alla squadra in cambio della sponsorizzazione. Non sarai tu ad avere cambiato idea?»
«No, non ho cambiato idea» la rassicurò Alexandra, facendo un sorriso per apparire più convincente. «Non so se continueremo a lavorare insieme, dopo la fine del campionato, ma non mi sono pentita di niente. Non mi pento mai di quello che faccio.»
«Mi fa piacere per te. Hai altro da dirmi?»
«Beh, sì, ma non è il momento.»
«A me pare che lo sia.»
«No, Veronica, mi sono dimenticata la borsa da Di Francesco» la informò Alexandra. «Non so dove avessi la testa, ma devo andare subito a recuperarla.»
«Va bene, allora ti lascio andare» confermò Veronica. «Evidentemente non hai niente di davvero prioritario da dirmi. Lo capisco, è normale che sia così.»
Alexandra tornò indietro con un sospiro di sollievo. Veronica non trovava nulla di strano nel sentire una perfezionista come lei che sosteneva di avere dimenticato i propri effetti personali.
"Non mi conosce per niente ed è meglio così."
Arrivata alla porta, si affrettò a bussare. Non ci fu bisogno di attendere molto, Gigi la stava aspettando.
«Scusami se ci ho messo tanto.»
«Figurati, Alex. Mi rendo conto che hai una parte da recitare, con Veronica.»
«Veronica, invece, non se ne renderà conto, te lo garantisco.»
«È più ingenua di quanto si creda, me ne sono accorto anch'io.»
Alexandra fece un sorriso.
«Meno male. A proposito, mi fai sedere o dobbiamo rimanere qui sulla porta ancora a lungo?»
Gigi annuì.
«Hai ragione, Alex, scusami. Entra pure.»
Richiuse la porta e la accompagnò al tavolo al quale erano stati seduti fino a poco prima insieme alla team principal della Dynasty.
Si accomodarono e Alexandra osservò: «È davvero incredibile come la legge del caso permetta il verificarsi degli avvenimenti più giusti.»
Gigi la guardò aggrottando la fronte.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che, se non avessi conosciuto tuo fratello e non si fosse preso una sbandata per me, adesso non saremmo qui a delineare il nostro piano d'azione.»
«Tommy si è preso molto più di una sbandata per te» ribatté Gigi. «Non l'ho mai visto così preso da una donna. Potrebbe fare qualunque cosa tu gli chieda... e lo sta già facendo, a dire la verità. Un tempo non si sarebbe compromesso con certe situazioni.»
«Non c'è nulla di compromettente» obiettò Alexandra. «Stiamo solo sistemando una situazione che perdura da troppo tempo senza arrivare mai a una soluzione.»
Gigi sospirò.
«Sei fantastica, Alexandra. Per te quello che stiamo facendo è solo una faccenda di routine.»
«Anche per te» gli ricordò Alexandra. «Tu ci sei già passato per una situazione del genere o sbaglio?»
Gigi abbassò lo sguardo.
«Non voglio sentire parlare di Emiliano Diaz. Ormai ne ho avuto abbastanza di lui. Maledetto il momento in cui è morto.»
«Invece stavolta la morte di qualcuno sarà una benedizione per tutti» replicò Alexandra, con calma. «Tra pochi giorni Patrick Herrmann sarà solo un ricordo lontano, per tutti.»
«Non sarà un ricordo lontano... e in realtà non potrà essere solo un ricordo.»
«Hai ragione, mi sono lasciata influenzare dalla mia situazione personale, non dalla tua. A volte dimentico che per te si tratta di un'esigenza, non della semplice volontà di vederlo morire.»
Gigi alzò gli occhi.
«A volte, invece, tu mi spaventi, Alex.»
«Hai paura che possa ammazzare anche tuo fratello, un giorno o l'altro?»
«No, Tommy non ti darà mai motivo di essere fatto fuori.»
«Vedo che su questo hai capito chi sono» osservò Alexandra. «Meglio così. Avevo paura che potessi travisare. Non voglio vedere morire Patrick Herrmann perché in qualche modo la morte altrui mi emoziona. Voglio vederlo morto perché lo odio.»
«Avrai quelo che vuoi, Alex. Dipende tutto da te. Io stesso sono nelle tue mani.»

******

Edward bussò alla porta e udì subito la voce di Veronica provenire dall'interno: «Sei tu, Roberts?»
«Sì, sono io» confermò Edward. «Mi fai entrare?»
La maniglia si abbassò e la porta si aprì.
«Vieni dentro.»
Edward seguì Veronica e andò a sedersi a un tavolo di fronte a lei. La guardò con attenzione. Il volto della team manager era cupo, ben più cupo che d'abitudine.
«È successo qualcosa?» chiese Edward.
«Non lo so» ammise Veronica. «Dimmelo tu. Dimmi cosa sta succedendo.»
Edward sospirò.
«Non lo so. Non so cosa stia succedendo.»
«Non sei riuscito a fare quello che ti ho chiesto, vero?»
«No.»
Veronica abbassò lo sguardo.
«Siamo nella merda, allora.»
«Non so se tu sia nella merda o meno» replicò Edward, «Ma inizio ad avere sempre più l'impressione che non dipenda da Oliver Fischer. Ci siamo fatti ingannare, Veronica. Anzi, ti sei fatta ingannare.»
Veronica scosse la testa.
«No, quel tizio è d'accordo con Kathy Yves, ne sono sicura.»
«Potrei fare crollare le tue certezze in pochi istanti, ma non sono sicuro che mi staresti a sentire» ribatté Edward, «Quindi credo sia meglio fare un piccolo passo indietro. Non posso aiutarti, se non mi spieghi per filo e per segno certi fatti risalenti al passato. Cos'è successo esattamente quindici anni fa?»
Veronica alzò le spalle.
«Non ha importanza.»
«Invece ne ha» insisté Edward. «Ti prego, Veronica, guardami negli occhi e dimmi cos'hai fatto... oppure cos'ha fatto tuo marito.»
Veronica tirò su la testa, ma continuò a eludere lo sguardo di Edward, mentre gli raccontava: «Ho dato ascolto alle persone sbagliate, a un certo punto. Che cosa sia successo dopo non lo so.»
«Chi erano quelle persone sbagliate?» volle sapere Edward. «Per caso c'entra qualcosa Alexandra Bernard in tutto questo?»
«Perché stiamo parlando di Alexandra Bernard?»
«Rispondimi, Veronica. Cos'avete fatto, prima di quel gran premio?»
«Alexandra Bernard ha proposto a Gigi Di Francesco il silenzio di Patrick a proposito di Diaz, a condizione di lasciargli vincere il mondiale. Questo è successo varie settimane prima della fine del campionato e Di Francesco era d'accordo.»
«Quindi» dedusse Edward, «A Imola ha fatto in modo che Keith Harrison arrivasse il più indietro possibile. Se Patrick fosse riuscito a vincere quella gara, avrebbe avuto un vantaggio non indifferente in classifica.»
«Esatto, Alexandra Bernard e Di Francesco si erano messi d'accordo bene... e Di Francesco, tramite la sua ex moglie Kathy, era riuscito a tirarmi in mezzo. Ormai non potevo più oppormi, né poteva farlo Scott. Quello che è successo a Imola, però, dimostra che qualcuno che si opponeva c'era.»
«Patrick, vero? L'ha fatto apposta a sbagliare, quella volta.»
«Sì, l'ha fatto apposta» confermò Veronica. «Non voleva né che il campionato fosse deciso a tavolino, né sentirsi costretto a tacere su Diaz.»
«E tu cos'hai fatto, a quel punto?»
«Mi sono infuriata per quello che aveva fatto e gli ho detto quello che pensavo di lui, ovvero che apprezzavo la sua onestà, ma che il suo comportamento poteva nuocere all'intera Dynasty. E poi... niente, non è accaduto altro. L'ho pregato di non fare altre cazzate al gran premio finale e di fare il possibile per battere Harrison fin dalle qualifiche. Se fosse stato sempre davanti, Keith non avrebbe avuto speranze a ogni modo. Avremmo vinto il mondiale, ma allo stesso tempo Di Francesco non avrebbe potuto sostenere di averci aiutati. Per fortuna Patrick ha dato il meglio di sé e ha battuto Harrison in qualifica. Su una pista come Montecarlo partire davanti era già gran parte dell'opera.»
«Poi, però, in gara hanno continuato a succedere cose strane» azzardò Edward. «Perché Keith è andato addosso a Patrick? Cosa voleva fare? Di sicuro non doveva finire così. È stato Di Francesco a ordinarglielo?»
«Solo Harrison potrebbe rispondere alla tua domanda, ma non lo farà mai» replicò Veronica. «Non so cosa intendesse fare, ma so che, dopo che l'ha fatto, è accaduto qualcosa di totalmente imprevisto.»
«La macchina di Patrick era stata sabotata, vero?»
«Mi stai chiedendo cosa so, oppure cosa penso?»
«Ti sto chiedendo se si è trattato di un sabotaggio.»
Finalmente Veronica guardò Edward negli occhi.
«No, non è stato un sabotaggio, o almeno, non ci sono io dietro.»
«Però è possibile che la monoposto di Patrick sia stata sabotata a tua insaputa?»
«In una situazione normale non lo riterrei possibile, però quella si è rivelata una situazione tutt'altro che normale. Se mi stai chiedendo se una persona di fiducia avrebbe potuto fare qualcosa a quell'auto senza essere né fermata né colta sul fatto, temo di sì.»
«Allora perché questo discorso esce adesso e non quindici anni fa?»
Veronica strabuzzò gli occhi.
«Mi stai davvero chiedendo perché quindici anni, nel momento peggiore della mia carriera, fa non ho lanciato accuse senza prove che mi avrebbero portata ad essere ridicolizzata?»
«Hai ragione, non c'è molto che tu potessi fare, senza sapere cosa fosse accaduto» fu costretto ad ammettere Edward, «Ma non mi spiego la ragione per cui tu non abbia mai detto niente nemmeno dopo.»
«Parlo quando è il caso di farlo» mise in chiaro Veronica. «Purtroppo non sono sempre stata legittimata a dire qualunque cosa mi passasse per la testa: a volte, per continuare ad avere il rispetto delle persone che mi stanno intorno, ho dovuto fingere di non avere dei sospetti.»
«Pensi che la persona che ha, per ipotesi, sabotato la macchina di Patrick» volle sapere Edward, «Possa essere Alexandra Bernard?»
Veronica impallidì.
«Cosa?!»
«Hai capito benissimo. Può essere stata Alexandra Bernard a sabotare Patrick?»
«Mi sembra che tu stia lavorando molto di fantasia, Edward» lo ammonì Veronica, «E questo non va bene.»
«Me ne sbatto di quello che non va bene» replicò Edward. «Ho avuto modo di parlare con quella donna e ha detto cose che mi hanno fatto agghiacciare. Il fatto che abbia avuto comunque qualche collaborazione sottobanco con Gigi Di Francesco mi lascia pensare che quei due potrebbero essersi davvero messi d'accordo per eliminare Patrick.»
«Non aveva motivo di farlo.»
«Le persone normali, di solito, non hanno motivo per uccidere qualcuno. Alexandra Bernard, però, non è una persona come le altre. Non saprei come spiegartelo, non...»
Veronica lo interruppe: «Ti sei spiegato benissimo, Edward. Quello che non capisco, però, è perché tu ti sia concentrato sulla madre di Selena, piuttosto che sul suo fidanzato. Mi pare che sia lui il nostro problema.»
«No, Veronica, non è Fischer il problema» la smentì Edward. «Il fatto che Alexandra Bernard volesse allontanare a tutti i costi Selena da lui mi lascia pensare che ci sia una ragione per cui quel giornalista la infastidisce... e deve essere il suo libro, un libro dal quale potrebbe emergere qualche verità scomoda anche su di lei.»

******

Tom imprecò, gettando il cordless sul tavolo. Per Alexandra non fu difficile comprendere cosa fosse accaduto.
«Il tuo piano è fallito, vero?»
Tom annuì.
«Sì, non ci sono possibilità di sbarazzarci di Fischer in modo "democratico".»
«Cos'hai fatto esattamente?» chiese Alexandra. «Voglio saperlo. Raccontami tutto per filo e per segno.»
«Ho degli agganci, lo sai. Kathy conosce un po' tutti, anche se non sta molto simpatica a nessuno. Le ho chiesto se poteva fare pressioni sul capo di Fischer, affinché quel giornalista da quattro soldi fosse licenziato. Non c'è stato verso, però.»
«Il suo licenziamento non ci sarebbe stato molto utile» obiettò Alexandra. «Va bene, non sarebbe più andato in TV e avrebbe avuto meno possibilità di andarsene liberamente in giro per il paddock, ma tutto ciò non gli serve per continuare la stesura del suo libro maledetto.»
«Avevo pensato che, senza un'entrata economica, fosse costretto a lasciare l'appartamento dove abita e trasferirsi in un posto meno costoso. In questo modo si sarebbe allontanato fisicamente da Selena.»
«E avrebbe continuato comunque a scrivere le sue porcherie.»
Tom sospirò.
«Alex, ti ricordo che eri tu quella che non voleva che qualcuno morisse. Allontanare Fischer dalla Diamond Formula era il modo migliore per far sì che non fosse necessario agire in un altro modo. Ti ricordo che là fuori c'è una persona che ha deciso di abbandonare ogni precauzione. Potrebbe fare qualsiasi cosa e noi non possiamo fare niente affinché si dia una controllata.»
Alexandra azzardò: «Forse, se tu non fossi andato a fare visita a Emma Dupont, non sarebbe accaduto nulla.»
«Se sono andato a trovare Emma Dupont» puntualizzò Tom, «Era proprio perché temevo che questa storia finisse nel sangue.»
«Beh, hai istigato il cane che dormiva.»
«Il "cane" non ha mai dormito fino in fondo.»
«Sì, ma non era mai arrivato a uccidere qualcuno, in questi anni, mi pare.»
«Purtroppo, a quanto pare, ha iniziato dalla persona sbagliata. Se si fosse sbarazzato proprio di Fischer non ci saremmo mai ritrovati in mezzo a questo caos... che poi, alla fine, caos... noi non ci finiremo, in mezzo al caos.»
Alexandra precisò: «Non ho bisogno di sentire queste rassicurazioni, da parte tua. So benissimo di non avere commesso niente di illegale... e non l'hai fatto nemmeno tu. Anche se qualcuno dovesse tirarci in mezzo - cosa che non accadrà, ne sono sicura - tutto quello che hai fatto è stato chiedere a Kathy di fare pressioni su un privato affinché licenziasse un suo dipendente, cosa che non si è nemmeno concretizzata. Se solo non ci fosse la possibilità che quel tizio scriva qualcosa di assurdo e che lo pubblichi, potremmo dormire sonni tranquilli.»
«Ti ammiro per quanto sai essere pragmatica, Alex» ammise Tom. «Altre persone, al posto tuo, non sarebbero in grado di dormire sonni tranquilli.»
«Lo so, ma è questo che ha sempre contribuito al mio successo» replicò Alexandra. «Se mi fossi lasciata trascinare dalle difficoltà, non sarei mai arrivata così in alto. Ho avuto il coraggio di osare, sempre. Credo che questa sia la caratteristica di tutti i vincenti.»
«In questo caso, non penso ci siano persone più vincenti di te» le assicurò Tom. «Hai sempre saputo gestire tutto nel migliore dei modi. Se tu avessi fatto tutto da sola, a suo tempo, sarebbe stato molto meglio. Eliminare Patrick Herrmann sarebbe stato soltanto un successo, invece che una fonte di preoccupazioni.»
«Arrivati a questo punto» azzardò Alexandra, «La soluzione migliore potrebbe essere levarci da ogni impiccio. Kathy non può fare niente per noi. Lasciamo che se la sbrighi lei con tu-sai-chi.»
Tom rise, con amarezza.
«Non riuscirà mai a convincerlo a starsene buono. Non adesso, che si è risvegliato dai suoi anni di sonno.»
Alexandra andò a cercare lo sguardo del proprio compagno.
«Dimmi una cosa, Tom.»
«Ti ascolto.»
«Ti sei mai pentito di avere firmato quel certificato?»
Tom lasciò trascorrere parecchio tempo, prima di darle una risposta. Infine le disse, in tono sincero: «No. Quella firma ci ha permesso di liberarci di lui, in un certo senso. Ce ne siamo allontanati e per noi è stato soltanto un bene.»

******

Veronica stava passando in rassegna tutti i momenti che ricordava di avere trascorso, quindici anni prima, insieme ad Alexandra Bernard. Non aveva mai pensato che potesse esserci lei dietro alla morte di Patrick Herrmann, avendo sempre creduto che fosse innamorata oppure ossessionata da lui, ma Edward era riuscito a convincerla a non scartare quell'ipotesi.
Era immersa in quelle riflessioni quando sentì il proprio cellulare che squillava. Ce l'aveva sul tavolo, quindi le bastò allungare una mano per notare che a chiamarla era un numero mai visto prima.
Era tentata di rifiutare la chiamata, ma decise di rispondere e portò il telefono all'orecchio.
«Sì?»
«Parlo con Veronica Young?»
«Sì, esatto, sono io. Lei, invece, chi è?»
«Sono Oliver Fischer.»
Veronica sussultò.
«Oliver Fischer, che piacere. Si può sapere cosa vuoi da me e chi ti ha dato il mio numero?»
«Il tuo numero me lo sono preso da solo tempo fa, sfogliando l'agenda del mio capo a sua insaputa» la informò Fischer. «So che non è il massimo della professionalità, ma ho pensato potesse servirmi.»
«Spero che un giorno il tuo capo capisca che persona sei e che ti sbatta in mezzo a una strada» replicò Veronica. «Non avevi il diritto di...»
Oliver Fischer la interruppe: «So benissimo che non ne avevo il diritto, ma non ho tempo per ascoltare prediche. Ho bisogno di parlarti con una certa urgenza.»
«Parlarmi?! Tu sei fuori di testa.»
«No, non sono fuori di testa, è una cosa molto importante. Si tratta dei fatti di quindici anni fa...»
«I fatti di quindici anni fa» ribatté Veronica, «Sono morti e sepolti. Esattamente come sarai tu prima o poi, se continui a stare sulla strada delle persone sbagliate.»
«Ecco, appunto, il rischio esiste ed è concreto.»
«Che qualcuno ti ammazzi? E perché vieni a dirlo a me?»
«Non sono solo io a correre dei rischi» puntualizzò Fischer. «Potremmo essere tutti nella merda, Veronica, e tu potresti contribuire a impedire che accada qualcosa di brutto.»
«Cose brutte ne sono già accadute, mi pare» replicò Veronica. «Ho sentito cos'è successo alla tua collega, la moglie di Keith Harrison. Se ne vanno sempre le persone migliori.»
«Già, le persone migliori se ne vanno e la probabilità che se ne vadano è direttamente proporzionale agli errori che hanno commesso in passato» insisté Fischer. «Dobbiamo incontrarci, Veronica. So che anche tu hai commesso degli errori, ma puoi ancora fare qualcosa, prima che sia troppo tardi.»
«Bada ai cazzi tuoi, Fischer.»
«Se no cosa fai, chiedi ai tuoi bodyguard di picchiarmi, come ha minacciato di fare Kathy Di Francesco?»
«Non ho bodyguard addetti a tale scopo, ma posso chiedere comunque a mio marito. Gli stai abbastanza sulle palle, non sono sicura che mi direbbe di no. Comunque, che cosa c'entra Kathy Di Francesco? Questo discorso mi interessa.»
«Bene, allora, credo di avere raggiunto il mio scopo» concluse Fischer. «Dimmi tu il posto e l'ora in cui possiamo vederci.»
«Mai» rispose Veronica, secca. «Ne ho abbastanza di te, Fischer.»
«Io, invece, ne ho abbastanza dei tuoi sotterfugi. So benissimo che a suo tempo hai cercato di comprare il mondiale, convincendo in cambio Patrick Herrmann a smetterla di cercare la verità su Emiliano Diaz.»
Veronica si irrigidì.
«Cazzate!»
«No, Veronica, non sono cazzate.»
«Tu non sai un cazzo di quello che è successo, andavi ancora alle elementari a quei tempi.»
«So molte più cose di quanto vorresti e temo di sapere chi ha ucciso Emma Dupont. Se è andata come credo, anche tu potresti essere in pericolo.»
«Dimmi il nome.»
«Va bene, però prima siediti.»
«Sono già seduta, e non penso che le illazioni di un buono a nulla potrebbero sconvolgermi fino a farmi cadere per lo shock.»
«Se ne sei convinta...»
«Avanti, tira fuori il nome.»
Quando Oliver rispose, l'unica reazione di Veronica fu scoppiare in una risata fragorosa.
«Buono a nulla e completamente fuori di testa» borbottò. «Piantala di drogarti, Fischer.»
«Non mi drogo» la rassicurò il giornalista, «E penso di sapere chi l'ha aiutato a fare quello che ha fatto.»
Veronica ribatté: «Scommetto che anche i suoi aiutanti saranno altrettanto improbabili.»
«Non saprei, giudica tu. Credo che il suo complice sia il compagno di Alexandra Bernard. È un medico ritirato dall'attività e si chiama Tommaso Di Francesco, anche se mente sulla propria identità con la figlia di Alexandra.»
Quelle parole furono spiazzanti.
«Interessante» fu costretta ad ammettere Veronica. «Ho cambiato idea, ti voglio incontrare il prima possibile. Dove abiti? Posso venire io da te.»

******

Il vecchio cellulare di Kathy squillò. Dentro c'era una carta sim intestata alla sua cameriera, attivata a sua insaputa utilizzando i suoi documenti. Solo una persona aveva quel numero, l'unica persona alla quale Kathy non permetteva di contattarla ai propri effettivi recapiti.
Non aveva la certezza che si trattasse del responsabile dell'assassinio di Emma Dupont, ma aveva forti sospetti in tal senso. L'idea di mandarlo a quel paese le balenò nella testa, ma non poteva. Gli doveva il proprio aiuto, non poteva abbandonarlo. Certo, sarebbe stato meglio non avere nulla a che fare con la Dupont - che pericolo poteva rappresentare, dopotutto? - ma ormai non si poteva tornare indietro.
Kathy portò il cellulare all'orecchio.
«Sei tu?»
«Sì, come stai?»
«Starò meglio quando sarà tutto finito.»
«Non finirà mai» obiettò il suo interlocutore. «Potrei riuscire a distruggere la Dynasty e, se dovessi uscirne ancora in piedi, potrei tentare di fare lo stesso con l'Albatros, ma non riuscirò mai a distruggere la Diamond Formula. Quel maledetto Fischer ha scombinato le carte in tavola. Senza di lui, sarebbe stato tutto molto più facile.»
«Eppure, se ci pensi, l'obiettivo di Fischer dovrebbe essere infangare il nome di Veronica e Scott Young. Avresti potuto lasciare fare a lui, sarebbe riuscito da solo, con un po' di fortuna, a fare crollare loro e tutta la loro squadra.»
«No, Fischer vuole scoprire solo ed esclusivamente cosa sia successo a Patrick Herrmann. Non gli interessa distruggere Veronica e Scott, né tantomeno distruggere un'intera categoria. Anzi, deve essere un fan incallito della Diamond Formula, immagino che il suo obiettivo sia, almeno idealmente, quello di rendere la Diamond Formula migliore, o almeno di farla apparire come tale.»
«Penso sia l'esatto pensiero di tanti appassionati.»
«Infatti. Gli appassionati non si rendono conto che è tutto business, per chi c'è dentro. Credono che chiunque sia ispirato dalla passione...»
«Beh, in parte è davvero così, proprio come la vedono loro.»
«Idealisti, stupidi idealisti. Non sanno quanto sia complicato soddisfarli per lasciare credere loro tutto quello che vogliono. Non sanno quanto sia stato difficile cercare di attrarre pubblico, almeno all'inizio. Non sanno quanto io stesso abbia dato il mio contributo, per poi essere messo alla porta quando non c'è stato più bisogno di me. Non sanno quanto tempo ho aspettato prima che arrivasse questo momento e quanto io abbia dovuto fare cose impensabili per potere portare a termine il piano che mi sono prefissato.»
Kathy fece un profondo respiro, prima di porgli la domanda fatale: «Sei stato tu a fare quello che hanno fatto a quella giornalista?»
Le giunse una risposta solo indiretta: «Quella giornalista non avrebbe dovuto dare ascolto a Oliver Fischer, né qualcun altro avrebbe dovuto mettersi in contatto con lei. Purtroppo collaborare con persone che non condividono i miei stessi interessi ha avuto i suoi effetti negativi, ma presto sarà tutto sistemato, da questo punto di vista.»
«Cosa vuoi fare?»
«Non sei riuscita a convincere il suo datore di lavoro a licenziarlo, come ti aveva chiesto Tommaso, il che non sarebbe servito a fermarlo, ma io ho intenzione di fare qualcosa che lo fermi davvero.»
«Ti prego, niente di troppo drastico. Non so fino a che punto tu possa permetterti un altro cadavere.»
«Nessun cadavere, te lo assicuro. Solo, deve incontrarsi con Veronica Young tra poco. Se succedesse qualcosa a Veronica e Fischer venisse accusato di averle fatto del male...»
Kathy lo interruppe: «Mi stai dicendo che Veronica deve morire? Avevi appena detto nessun cadavere.»
«No, niente di tutto ciò» la rassicurò il suo interlocutore. «Veronica Young deve vivere, per assistere alla distruzione della serie nella quale ha creduto insieme alla sua squadra.»
«A volte mi chiedo come sarebbero andate le cose se tu fossi stato meno ambizioso.»
«Ti dirò, me lo chiedo anch'io.»
«Un po' ti ammiro. Da parte mia, non sono mai riuscita a mettere dedizione in niente.»
«Mi fa piacere sentirmi dire che mi ammiri, ma sono convinto che non sia così. Sono certo che, in fondo al cuore, non ti spieghi perché io stia facendo tutto questo.»
Quelle parole erano piene di verità, ma Kathy non se la sentì di confermare.
«A volte non c'è bisogno di cercare spiegazioni» disse, invece. «Sai tu cosa sia giusto per te. Se il tuo obiettivo è far crollare la Diamond Formula, è giusto che tu dia tutto te stesso per quello in cui credi.»
Si salutarono poco dopo, come se nulla fosse accaduto, come se non avessero discusso anche di azioni criminali nella loro telefonata segreta.
Kathy spense il vecchio cellulare e lo infilò in un cassetto, chiedendosi come fossero arrivati fino a quel punto. Cercò di ricordare la Diamond Formula del passato, quella a cui non aveva mai prestato troppa attenzione perché più attratta da tutto ciò che le stava intorno.
Rievocò mentalmente i bei vecchi tempi, quelli in cui l'ormai defunto Gigi Di Francesco era stato il team manager della Whisper Motorsport, portato su un piedistallo dalla proprietà della scuderia, che lasciava nelle sue mani il potere decisionale più assoluto. Era cambiato tutto all'improvviso, pochi anni dopo la morte di Harrison e Herrmann. La proprietà aveva messo da parte Di Francesco e, nel giro di poco tempo, aveva messo da parte anche la squadra. Un team di successo era stato trasformato in una macchietta e, a distanza di anni e con un'ulteriore nuova proprietà, al volante delle sue monoposto si alternavano piloti di altre categorie che secondo l'opinione pubblica valevano qualcosa, anche se non appartenevano al mondo della Diamond Formula. Di lì a poco il mondo sarebbe impazzito nel vedere due campioni del mondo di Formula 1 al volante di due Whisper rosa confetto nel Gran Premio di Montecarlo.
Kathy scosse la testa, provando ammirazione per coloro che sui social network avrebbero scritto commenti riassumibili in "povero Gigi Di Francesco, si rivolterebbe nella tomba, se potesse vedere tutto questo".

******

Il portone d'ingresso era solo accostato, quindi Edward si infilò all'interno dello stabile senza esitare. Si guardò intorno, aspettandosi di essere bloccato, ma non fu così: il portiere non c'era, il che era una circostanza favorevole, altrimenti avrebbe dovuto spiegargli come mai si trovasse lì nonostante Selena Bernard non fosse a casa.
Si diresse verso l'ascensore, ma lo trovò occupato. Si spostò quindi in direzione delle scale e iniziò a salirle fino al quarto piano. Una rampa dopo l'altra si sentì ancora più fortunato nel non incontrare nessuno, ma l'imprevisto era dietro l'angolo. Era già arrivato in corrispondenza del terzo piano quando udì con chiarezza il ticchettio di un paio di tacchi.
Incrociò una donna che scendeva le scale e non era una donna qualsiasi. Si trattava di Veronica Young.
«Tu, qui?!» esclamarono entrambi, quasi all'unisono.
A Veronica sfuggì un mezzo sorriso, poi tornò seria e gli chiese: «Perché sei qui? Ho sentito dire che Selena è in vacanza.»
Edward annuì.
«Esatto, Selena non c'è. Ma tu, invece? Perché sei qui? Cercavi Selena?»
«No, sono venuta per parlare con Oliver Fischer.»
«Wow, interessante. Non pensavo avessi qualcosa di cui discutere con lui.»
«Tu, invece, non mi hai ancora detto cosa ci fai qui, Edward» puntualizzò Veronica. «Selena non c'è, stai andando anche tu da Fischer?»
«Già, a volte le cose sono esattamente come sembrano» confermò Edward. «Sto andando da Oliver.»
«Non sapevo ti stesse aspettando.»
«Infatti non sa che sono qui.»
«La faccenda si fa interessante. Posso chiederti cosa sei venuto a fare?»
«Gli devo parlare, con una certa urgenza. Quindi, se per te non è un problema, credo sia meglio salutarci qui.»
Veronica azzardò: «Non sono sicura che sia una buona idea.»
«Non ne sono sicuro nemmeno io» ammise Edward, «Ma temo di non potere fare diversamente.»
Veronica insisté: «Fischer sa troppe cose che non dovrebbe sapere. Credo faresti meglio a stargli lontano, per il tuo bene.»
Edward replicò: «Fischer saprà anche troppe cose, ma c'è qualcosa di cui non è al corrente. È di questo che devo parlargli e ti chiedo, per cortesia, di non trattenermi.»
Veronica sospirò.
«Va bene, io non ti trattengo, tu però cerca di fare attenzione.»
«Non penso che Fischer sia pericoloso.»
«Fischer no, ma una volta che gli avrai parlato, la tua vita potrebbe ritrovarsi improvvisamente in pericolo.»
«Ci penserò a tempo debito, allora. Ti saluto, Veronica.»
«Ti saluto anch'io, sperando di rivederti presto.»
«Ci rivedremo presto, stai tranquilla. Ho ancora tante cose da fare, tipo vincere un mondiale tra meno di una settimana.»
Veronica abbassò lo sguardo.
«Bei tempi, quando pensavo che il mondiale fosse tutto ciò che importava.»
Edward non le chiese delucidazioni a proposito di quelle parole borbottate a mezza voce, passò oltre e continuò a salire verso il quarto piano.
Si fermò un attimo di fronte alla porta di Oliver Fischer e si chiese se stesse facendo la cosa giusta, arrivando alla medesima conclusione che l'aveva portato all'interno di quel palazzo.
Bussò alla porta, sperando che il giornalista non fece storie. La sua fortuna, per quel giorno, non si era ancora esaurita.
«Cos'hai dimenticato di dirmi, Veronica?» chiese la voce di Oliver, dall'interno. Senza appurare chi ci fosse sul pianerottolo, aprì la porta di casa. Spalancò gli occhi, nel vedere Edward. «E tu che cazzo ci fai qui?»
«Mi fai entrare?»
«Solo se mi dai una buona ragione per farlo.»
«Ti devo parlare.»
«Un po' tardi per volere finalmente parlare con me, non trovi?»
«Credimi, hai fatto bene ad andartene quel giorno, alla clinica» puntualizzò Edward. «Non sarebbe stato saggio, per te, farti cogliere sul fatto dalla signora Alexandra o dal suo compagno.»
«Me ne sbatto di quello che pensa la signora Alexandra» replicò Oliver. «Vedi, alla fine sono riuscito a convincere Selena ad andarsene.»
«Non sono qui per parlare di quello che doveva o non doveva fare Selena» mise in chiaro Edward. «Mi fai entrare?»
Oliver si fece da parte.
«Vieni dentro.»
Richiuse la porta alle proprie spalle e condusse Edward nella stessa stanza in cui tempo prima avevano discusso dell'incidente di quindici anni prima.
«Posso sedermi?»
«Sì, certo.»
Edward si accomodò, riflettendo su quali parole utilizzare per introdurre l'argomento con Oliver.
L'altro doveva avere fretta di capire, dal momento che lo esortò: «Dimmi, ti ascolto. Sei venuto qui per questo, no?»
«Si tratta di Alexandra...» iniziò Edward.
«Il suo compagno non è chi dice di esserlo» azzardò Oliver, sedendosi a sua volta. «È questo che vuoi dirmi, vero?»
«No.»
«Strano, perché la sua presunta identità è comunque molto interessante.»
«Lo so, ne hai parlato con mia sorella.»
«Te l'ha detto lei?»
«Già.»
«Ed è per questo che sei qui?» volle sapere Oliver. «Perché Keira ti ha riferito qualcosa e vuoi saperne di più?»
«Keira mi ha riferito poco e niente, solo che sei stato da lei» rispose Edward, «Ma ti pregherei di non soffermarti su questo. Non sono qui né per Keira né per il dottor Parker. Come ti ho detto, sono qui per Alexandra Bernard. Sono convinto che sia stata lei a sabotare la vettura di Patrick.»
Oliver spalancò gli occhi.
«E come mai me lo dici adesso? Quando ne abbiamo parlato, tempo fa...»
«Quando ne abbiamo parlato, tempo fa, non avevo ancora avuto a che fare con la signora Alexandra» lo interruppe Edward. «Mi sono fatto questa idea in questi giorni, ripensando al modo in cui si è espressa quando ha cercato di convincermi che dovevo fare qualcosa per separare te e Selena.»
«Grazie per l'informazione» mormorò Oliver, a denti stretti. «Alexandra Bernard mi apprezza proprio tanto.»
«Quella donna si è messa a parlare di morti e ha lasciato intendere che sarebbe lieta di vedere morire la persona amata, se questa dovesse deluderla, in qualche modo... e sappiamo entrambi fino a che punto fosse delusa da Patrick.»
«Mi stai dicendo che Patrick sarebbe morto perché la sua impresaria ha deciso di sabotare la sua auto? Che il caso Diaz non c'entra niente?»
Edward scosse la testa.
«Non sto dicendo niente di tutto ciò. Quelle due storie si intrecciano, in qualche modo... dopotutto Alexandra Bernard aveva contatti con Gigi Di Francesco.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Questioni professionali.»
«Credimi, Oliver, quella donna avrebbe tranquillamente potuto ammazzarlo.»
«È assurdo.»
«No, non lo è» insisté Edward. «Non capisco. Perché ti sembra così impossibile? Dopotutto non conosci quella donna, non sai di cosa sia capace.»
«Hai ragione» ammise Oliver, in tono ben poco convinto. «Non so niente di lei, tutto è possibile.»
«A questo proposito, ti consiglio di stare attento» lo mise in guardia Edward. «Ho avuto l'impressione che Alexandra Bernard e il dottor Parker ce l'avessero con te perché stai scavando in quello che è successo veramente quindici anni fa. Cerca di non abbassare la guardia, perché potrebbero fare qualcosa per ostacolarti.»
«Lo so, devo stare attento» ribatté Oliver. «Lo so fin dal primo momento in cui qualcuno ha aggredito Selena. La conferma definitiva è arrivata quando Emma è stata assassinata barbaramente nella propria casa.»
«Che idea ti sei fatto?»
«È meglio che tu non lo sappia.»
Edward azzardò: «Hai parlato di questo con Veronica?»
«Posso chiederti cosa te lo fa pensare?» domandò Oliver. «Secondo te è questo di cui discutono un giornalista di motorsport e la team manager di una scuderia della Diamond Formula?»
«Di solito no» rispose Edward, «Ma Veronica ha fatto strane allusioni, quando l'ho incrociata per le scale.»
«Tu sei venuto qui per dirmi che devo fare attenzione ad Alexandra Bernard e al suo compagno» precisò Oliver, «Mentre Veronica è venuta da me perché io potessi dirle a chi deve fare attenzione lei. Non penso che tu sia direttamente coinvolto. Restane fuori, è meglio per te.»
«Stessa cosa che mi ha detto Veronica.»
«E non ti pare una buona ragione per starci a sentire?»
«No.»
Oliver rise.
«Vuoi proprio scavarti la fossa da solo, allora?»
«Non voglio scavare fosse, ma...» Edward si interruppe. «Cos'è stato?» Gli era parso di udire un urlo, provenire da qualche piano più sotto. «Hai sentito anche tu?»
Oliver non fece in tempo a rispondergli: un altro urlo lacerò la tranquillità di quel pomeriggio.
Oliver scattò in piedi.
«Vado a vedere cosa sta succedendo. Aspettami qui.»
Senza aggiungere altro, prese un mazzo di chiavi dal tavolino sul quale erano posate, poi si diresse verso la porta. Edward lo seguì senza esitare.
Le grida provenivano dal basso, verosimilmente dal pianoterra. Edward continuò a seguire Oliver fino all'atrio, poi lo vide imboccare un corridoio che verosimilmente conduceva ai garage o alle cantine.
«Cosa succede?!» esclamò qualcuno, alle spalle di Edward, facendolo voltare. Era il portiere, che subito balbettò, imbarazzato: «B-buonasera signor Roberts. Scusi se non l'ho salutata.»
«Non si preoccupi» rispose Edward. «Non so cosa sia successo, qualcuno stava urlando, si sentiva fin dal piano di sopra.»
«Da dove...» Il portiere si interruppe, evidentemente realizzando che non era il momento giusto per impicciarsi negli affari altrui. «Qualcuno sta ancora urlando.»
Edward si diresse verso il corridoio delle cantine, da cui continuavano a provenire le grida. Qualcuno, evidentemente chiuso all'interno, stava bussando freneticamente a una delle porte.
«Arrivo, apro subito» disse Oliver, trafficando con una chiave.
«Non ha cadaveri in cantina, forse» osservò il portiere, alle spalle di Edward, «Ma nella sua cantina ha di sicuro qualcosa da nascondere.»
Oliver si girò di scatto.
«Ho sentito quello che ha detto. Non mi faccia perdere tempo.»
Fece scattare la chiave nella serratura e la porta si aprì. A sorpresa ne uscì Veronica Young.
«Nasconde donne in cantina» osservò il portiere, «Donne palesemente non consenzienti. Povera signora Bernard, si è lasciata circuire da uno stupratore.»
«Vada a fare il suo lavoro» sbottò Oliver, «E la pianti di accusarmi di crimini che non ho commesso, se non vuole essere querelato.»
Il portiere si rivolse a Edward.
«Signor Roberts, ha visto anche lei, ha visto che Fischer ha rinchiuso una donna nella sua cantina.»
«Le assicuro che ciò non è possibile» replicò Edward. «Ho visto la suddetta donna scendere le scale e Oliver non può averla rinchiusa in cantina dopo quel momento, dato che c'ero io con lui.»
«Signor Roberts, la prego, non si lasci ingannare anche lei.»
«Nessuno sta ingannando nessuno» intervenne Veronica. «La smetta di fare insinuazioni, per favore. La persona che mi ha rinchiusa qui dentro voleva proprio questo.»
«La persona che l'ha rinchiusa lì dentro avrebbe dovuto avere le chiavi» puntualizzò il portiere.
«Chiavi di cui lei possiede una copia» precisò Oliver. «Siccome non ho l'abitudine di accusare le persone di crimini vari, non insinuerò che sia stato lei a rinchiudere la signora Young nella mia cantina, ma senz'altro ne deduco che abbia lasciato in giro le mie chiavi.» Si rivolse poi a Veronica: «Stai bene?»
La team manager della Dynasty annuì.
«Sì, tutto bene.»
«Vuoi salire un attimo da me?»
«Sì, grazie.»
«La prego, signora, non lo faccia» si intromise il portiere. «Quest'uomo è pericoloso.»
«Ci sarò io a vegliare sulla signora» ribatté Edward, sprezzante. «Non si preoccupi, non accadrà nulla di male.»
Tornarono nell'atrio e presero l'ascensore, finalmente libero, con palese delusione del portiere, che senz'altro sperava di riuscire a trattenerli.
Nessuno parlò finché non giunsero al quarto piano. Oliver aprì la porta e li fece entrare di nuovo in casa sua.
Richiudendo la porta alle proprie spalle, volle sapere da Veronica: «Cos'è successo?»
«Niente di che» rispose la team principal. «Scusate se vi ho fatto spaventare.»
«Ma tu stai bene?» le chiese Oliver.
«Sì, più o meno» rispose Veronica. «Sono stata colpita alla testa, ma...»
Oliver la interruppe: «Sei sicura di non avere bisogno di un medico?»
«Sicurissima, la botta non è stata molto forte» rispose Veronica, con fermezza. «Quando mi ha colpita mi sono gettata a terra, sperando che credesse che fossi svenuta. È andata proprio così.»
«Chi?» chiese Oliver.
«Chi...» ripeté Veronica. «Bellissima domanda, ma purtroppo non posso darti una risposta ben precisa. Quello che è certo è che ci teneva a chiudermi proprio dentro quella cantina.»
«Cantina che, casualmente, è la mia» osservò Oliver. «Sembra quasi che, chiunque ti abbia aggredita e sequestrata, volesse far cadere i sospetti su di me.»
«Forse ce l'avrebbe anche fatta, se tu non fossi stato in casa con Edward, visto che c'era qualcuno pronto a puntare il dito contro di te.»
«Già, il portiere è convinto che io sia un criminale e non penso cambierà mai idea» ammise Oliver. «Non fa niente, ormai ci sono abituato.» Fece un cenno a Veronica. «Vieni, siediti. Vuoi qualcosa da bere?»
Veronica lo seguì e andò a sedersi, ma rifiutò l'offerta.
«Quello che mi è successo oggi» dichiarò, «Mi fa pensiare che siamo tutti nella merda, chi più e chi meno.»
«Se tu fossi stata in grado di riconoscere il tuo aggressore...» iniziò Oliver.
Veronica lo interruppe: «Non ho detto che non l'ho riconosciuto, o almeno, non è andata propriamente così. Ho sentito la sua voce. Mi ha ricordato vagamente qualcuno... solo, quel qualcuno, in linea teorica, non poteva essere qui.»
Oliver annuì.
«Tutto regolare, allora.»
Edward guardò a turno prima Oliver e poi Veronica.
«Mi spiegate cosa sta succedendo?»
«Oliver, dato che sei tu il padrone di casa, potresti cortesemente accompagnare Edward alla porta?» suggerì Veronica. «È meglio non coinvolgerlo.»
«Peccato che io sia già coinvolto» puntualizzò Edward. «Per favore, spiegatemi cosa sta succedendo.»
Oliver si sedette accanto alla team principal.
«Obiettivamente Veronica non ha tutti i torti. Non so fino a che punto ti convenga essere messo al corrente di quello che sospettiamo... o che ormai sappiamo, se Veronica si decide e accetta l'idea di essere stata aggredita da quella persona.»
«Non mi interessa se sapere non è quello che mi conviene» insisté Edward. «Ogni cosa che faccio, finisco per avere a che fare con questa storia. Mi sarei anche un po' stancato di fare la parte della marionetta mentre tutti tirano i fili.»
«La responsabilità è tua» replicò Oliver. «Sei stato tu a fidarti di Alexandra Bernard e del suo compagno, prima di ravvederti all'improvviso e renderti conto che si tratta di gente pericolosa.»
«Ah, adesso ti sei convinto anche tu che Alexandra Bernard sia pericolosa?»
«No, parlo dell'uomo che le sta accanto.»
«Beh, ti assicuro che, tra i due, era lei quella che faceva discorsi da far accapponare la pelle.»
«Però non credo che...»
La protesta di Oliver venne stroncata sul nascere da Veronica.
«Temo che Alexandra Bernard abbia fatto qualcosa di terribile e che quello che sta succedendo adesso sia strettamente correlato a quello che ha fatto Alexandra, anche se forse adesso non c'entra più niente, lei.»
«Dubito che c'entri qualcosa, adesso» confermò Edward. «Tutto quello che ha in mente è allontanare Oliver da Selena... un po' come te.»
Oliver si rivolse a Veronica: «Di cosa sta parlando?»
«Di niente» rispose Veronica, a denti stretti. «Tanto prima o poi Selena ti pianterà in asso per mettersi insieme a Edward, questo è sicuro come la morte.»
«È molto probabile» fu costretto ad ammettere Oliver, «Però mi sembra poco elegante che ogni mio singolo conoscente si sia posto come obiettivo di vita quello di convincere Selena a lasciarmi per lui.»
«Volevo che Selena ti stesse lontana per non confidarti cose imbarazzanti sulla Dynasty» lo informò Veronica. «Ormai, comunque, è troppo tardi. Ci sono troppo dentro, per nascondermi. In un modo o nell'altro sai già dell'accordo tra la Whisper e la Dynasty. Alexandra lo chiamava, ispirata dalla nostra livrea dell'epoca, il sussurro della farfalla. E da quella farfalla che sussurrava, tutto è iniziato.»
«Era iniziato tutto prima» la smentì Oliver. «Anzi, se permetti, ti esporrei la mia ricostruzione dei fatti.»
«Ti ascolto.»
«Ti avverto, anzi, vi avverto, che ci sono cose che potreste non sapere e che potrebbero disturbarvi.»
Edward lo esortò: «Nessun disturbo.»
Oliver, allora, narrò: «Tutto iniziò quando la Diamond Formula non era ancora riconosciuta come la più importante serie a ruote scoperte al mondo. Il CEO di quei tempi, però, voleva renderla tale, facendo accadere qualcosa che colpisse l'immaginario collettivo al punto da far appassionare tanta gente alla serie. Così nacque un'idea: far ingaggiare una donna di successo in un team il cui direttore sportivo aveva espresso spesso posizioni misogine, la Whisper Motorsport. Ma non bastava, ci voleva più dramma: così si decise di sabotare la vettura di Emiliano Diaz, di provocare la sua morte. Solo una cosa non funzionò: Vanessa Molinari, intuendo la verità, decise di allontanarsi dalla Whisper e da Gigi Di Francesco.»
Veronica aggrottò la fronte.
«Non capisco. Vanessa Molinari? Diaz eliminato di proposito?»
Oliver la ignorò, proseguendo la propria ricostruzione: «Patrick Herrmann non aveva idea di questa storia, ma era convinto ci fosse qualcosa che non andava, nel suo incidente. Convinto che in realtà Herrmann sapesse, Di Francesco chiese alla sua ex moglie, con la quale era rimasto in rapporti di amicizia, di conquistarsi la sua fiducia, per tenerlo sotto controllo. Siccome Patrick non sapeva niente, Kathy non riuscì a scoprire niente. Di Francesco si rasserenò, almeno finché Herrmann sembrò destinato a non trovare un volante. Quando se lo ritrovò di nuovo in Diamond Formula, con le sue idee su Diaz prese in considerazione anche da gente che lo detestava, Di Francesco decise di fare qualcosa. Così - stando a quanto mi ha suggerito Edward, anche se io ho i miei dubbi, pur essendo convinto che Herrmann sia stato sabotato da qualcuno in combutta con Di Francesco - si alleò con Alexandra Bernard, il cui obiettivo era vendicarsi, dopo essere stata lasciata da Patrick. Di Francesco non voleva venderti il mondiale, Veronica. Voleva che tu ti fidassi di lui... e tu l'hai fatto, gli hai creduto, come tutti abbiamo creduto in lui quando, qualche anno fa, dopo essere uscito ormai da tempo dalla Diamond Formula, ha deciso di rimettersi in gioco.»
Edward fu scosso da un brivido.
«Di cosa parli?»
«Gigi Di Francesco è vivo» gli riferì Oliver. «Vive in Italia sotto falsa identità e con un look molto diverso da quello di un tempo, dopo che - posso immaginare - suo fratello, un medico, ha firmato il suo certificato di morte. Non so per certo quale sia il suo scopo, ma penso sia stato lui a tirare una bottigliata in testa a Selena, a uccidere Emma Dupont e, infine, a tentare di fare del male a Veronica.»
La team manager abbassò lo sguardo.
«Sì, sono convinta sia stato lui.»
«Ma... perché?!» domandò Edward, spalancando gli occhi. «Perché fingersi morto? Era un uomo non dico amato e apprezzato, ma quantomeno rispettato. Non c'erano accuse contro di lui...»
«Evidentemente tramava qualcosa» rispose Veronica, «Qualcosa che poteva fare solo in incognito. Di qualunque cosa si trattasse, deve essere arrivato il suo momento. Così, a intuito, mi viene il dubbio che ce l'abbia con me. Altrimenti non si spiega perché voglia silenziare a tutti i costi chi può sapere come sono andate le cose, ai tempi di Herrmann. Gigi Di Francesco vuole far ricadere tutte le responsabilità sulla Dynasty. In un modo o nell'altro vuole dipingermi come la colpevole dell'incidente in cui morirono Herrmann e Harrison quindici anni fa.»


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