Buona lettura. <3
Era un tardo pomeriggio come tanti, uno di quelli in cui dal mare si alzava un vento forte e il cielo si riempiva di nubi. Oliver si fermò e iniziò a guardarsi intorno. Avvertiva una presenza, vicino a lui, e sapeva che, prima o poi, avrebbe visto Keith Harrison.
L'attesa durò più del solito, tanto da fargli quasi perdere le speranze, ma l'ex pilota si palesò alle sue spalle.
«Bentornato, Patrick.»
Oliver sussultò, girandosi.
«Per favore, puoi smetterla di chiamarmi con quel nome?»
Keith fece un mezzo sorriso.
«Bentornato, Oliver, se preferisci. Come mai sei qui?»
«Non lo so» ammise Oliver. «È successa un'altra cosa strana. C'è un tassello che non entra nel puzzle.»
«Fosse solo uno.»
«No, questo è più importante di tutti gli altri. Hai mai sentito parlare di un certo dottor Parker?»
«No. Chi dovrebbe essere?»
«Sta insieme ad Alexandra Bernard e, da quel poco che sono riuscito a farmi raccontare da Selena, approva il comportamento insensato di quella donna.»
«E cosa c'entra con te?»
«Per ora niente, ma ha contattato Selena. Era irritata, ma quando sono riuscito a farla parlare un po', mi ha rivelato di non sapere perché Parker si sia messo in contatto con lei proprio adesso.»
Keith azzardò: «Forse dovresti chiedere informazioni su Parker alla stessa Selena. Ne sa di sicuro più di me.»
Oliver scosse la testa.
«No, sa solo che si chiama Thomas Parker.»
«Thomas, come suo figlio?»
«Sì, ma non l'ha chiamato Thomas in onore suo, se è quello a cui pensi.»
«Mi sarebbe sembrato strano, in effetti» convenne Keith. «Per il resto, davvero non sa altro?»
«Selena dice che dovrebbe essere un po' più vecchio della signora Alexandra, ma non saprebbe quantificare, con esattezza, quanti anni ci siano di differenza tra di loro. Dice cinque o poco più, il che vorrebbe dire che è sulla sessantina.»
«Nazionalità? Professione?»
«È sicuramente un medico, anche se sembra avere smesso di lavorare da molto tempo. Dopotutto la signora Alexandra non ha certo bisogno di soldi. Sulla nazionalità, Selena sa che Parker ha vissuto in Inghilterra, in passato, quindi ha sempre dato per scontato che sia inglese, come il nome può suggerire. Dice che non ha un accento molto marcato, un po' come se non fosse particolarmente radicato in un certo territorio. Abbiamo provato a fare un po' di ricerche, ma non siamo riusciti a trovare informazioni su alcun dottor Thomas Parker. Questo mi ha insospettito un po', al giorno d'oggi chi non ha profili vari sul web? Almeno a livello professionale, avremmo dovuto trovare qualche traccia.»
«Forse lo chiamano Thomas o si fa chiamare così, ma non è il suo vero nome.»
Oliver annuì.
«Ci ho pensato anch'io, ma mi è venuto il sospetto che anche Parker possa non essere il suo vero cognome.»
«Perché Selena dovrebbe conoscerlo con un nome falso?»
«È un tizio che ha fatto parte degli intrighi di Alexandra, prima che Alexandra decidesse di estromettere Selena dalla propria vita. Perché quell'uomo avrebbe dovuto utilizzare il suo vero nome, dopotutto? Sarebbe stato molto più sicuro presentarsi a Selena con un'altra identità.»
«E Alexandra Bernard, in tutto questo, che ruolo avrebbe?»
«Alexandra Bernard avrà sicuramente pensato che, non potendo fidarsi al cento per cento della figlia, era meglio assecondare questa scelta del "dottor Parker". Non l'avrà fatto con cattive intenzioni, immagino, ma dopotutto quante sono le cose che la signora Bernard ha fatto senza avere cattive intenzioni, ma si sono rivelate negative per qualcuno?»
«Troppe, sarebbe impossibile quantificarle.»
«Appunto. Quello che non capisco, tuttavia, è perché tutto questo interesse per questo fantomatico dottor Parker. Ha contattato Selena, hai detto, ma tu cosa c'entri in tutto questo?»
«Secondo questo Parker, Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta dal fatto che la figlia abbia a che fare proprio con me. Deve essere fissata con l'idea di rimuovere Patrick Herrmann dalla sua vita, al punto da pensare che chiunque dovrebbe dimenticarlo, anche dal punto di vista sportivo.»
«Quindi Alexandra Bernard ha chiesto al dottor Parker, o chiunque sia, di chiamare Selena e di pregarla di fare maggiore attenzione alle persone che frequenta» riassunse Keith. «È andata così?»
«Più o meno.»
Keith ridacchiò.
«Vedo che ti stai facendo apprezzare molto anche come Oliver Fischer.»
«Stavolta non ho fatto niente» precisò Oliver. «Non so nemmeno chi sia quel tipo, non l'ho mai incontrato in vita mia.»
«Sì, lo devo ammettere, stavolta non hai responsabilità» confermò Keith. «Rimane comunque molto strano che...»
Si interruppe all'improvviso.
«Che...?» lo esortò Oliver.
Keith non rispose. Stava fissando un punto alle spalle di Oliver.
Quest'ultimo, da parte sua, insisté: «Cosa sta succedendo?»
Keith finalmente parlò, ma non fu molto chiaro.
«C'è Selena nel tuo letto? Oppure tu sei nel suo?»
Oliver spalancò gli occhi.
«Come, prego?»
«Parlo dell'altra dimensione» gli spiegò Keith. «State dormendo nello stesso letto?»
«Beh, sì...»
«E non vi era mai capitato, ultimamente.»
«No, di solito quando siamo nello stesso letto non dormiamo. Poi Selena se ne va, o me ne vado io.»
«L'altra volta in cui l'abbiamo vista si era addormentata accanto a te, a casa tua» ricordò Keith. «Penso sia questo il problema, se così lo si può chiamare: la vostra vicinanza la porta a sua volta nella nostra dimensione.»
«Non capisco. Cosa vuoi dire?»
«C'è Selena, laggiù. Sta venendo verso di noi.»
«Non capisco, davvero.»
«Nemmeno io, ma quella è indubbiamente Selena.»
Oliver si girò a guardare nella direzione che gli indicava Keith.
«Cosa facciamo?» domandò, rivolto a Harrison.
«Non lo so» rispose l'altro. «Se è qui, ci sarà una ragione. Proviamo a metterci in contatto con lei.»
«No, sei pazzo?!»
«Non succederà niente di grave. Quando si sveglierà, crederà di avere sognato.»
«Però si ricorderà il sogno...»
«Forse.»
«Faremmo meglio ad andarcene» replicò Oliver.
«Dove?»
«Non lo so, non sarà così difficile nasconderci, fare in modo che non ci veda.»
«Invece temo che lo sia. L'unico modo in cui Selena può non vederci è non essere ancora pronta per vederci. Ormai è vicina. Dobbiamo solo aspettare.»
Oliver non poté fare a meno di fissarla, mentre camminava, diretta nella loro direzione. Stavolta non era la Selena Bernard di quindici anni prima, era proprio quella che, nell'altra dimensione, si era addormentata nel suo stesso letto.
Selena si fermò.
Oliver realizzò che i suoi occhi erano puntati proprio su di lui.
«Patrick?» Il tono di voce di Selena sembrava esitante. «Patrick, sei tu?»
Per Oliver venne naturale smentirla.
«No, non sono io. Sono Oliver Fischer.»
«Oliver Fischer» ripeté Selena. «No, tu non sei Oliver Fischer, tu sei Patrick. Hai i suoi stessi occhi.»
«I miei occhi saranno anche simili a quelli di Patrick, ma non sono lui» replicò Oliver, guadagnandosi una gomitata da parte di Keith Harrison. «E tu cosa vuoi?» sibilò, rivolto a quest'ultimo. «Solo perché sei fortunato e Selena non può vederti...»
Fu interrotto proprio da Selena, che lo smentì: «Lo vedo. Quello che non capisco è che cosa ci facciate voi qui... né chi sia tu in realtà.»
Era già un passo avanti e Oliver non intendeva lasciarselo sfuggire.
«Sono Oliver Fischer» insisté. «Mi vedi?»
«Sì che ti vedo.»
«Ma mi riconosci?»
Selena scosse la testa.
«In te c'è qualcosa di familiare, ma non riesco a collegarti a una persona ben precisa. Mi sembri Patrick e, sì, forse in te c'è qualcosa anche di Oliver Fischer. Cosa ci fai qui? Cosa ci fai su questa spiaggia con...» Si interruppe, probabilmente non sapendo con quale nome appellare Harrison. «Con lui?»
Oliver non aveva idea di cosa rispondere.
«Selena, comprendo quanto tu possa essere spaesata» si intromise Keith. «Non deve essere facile, per te, questa visita al mio mondo, ma ti assicuro che va tutto bene. Quando tornerai dall'altra parte, nella peggiore delle ipotesi, ti sembrerà di avere fatto un sogno strano. Non c'è niente di pericoloso. Non sono stato io a chiamarti qua. Deve essere colpa del tuo legame con Pat-... ehm, volevo dire, con Oliver.»
«Patrick?» ripeté Selena. «Oliver mi ha detto di avere i ricordi di Patrick, dentro di sé. Sono forse la stessa persona?»
Keith non rispose.
Oliver non ne fu molto sollevato: restare in silenzio non era troppo diverso dall'acconsentire, in quella situazione.
Selena si rivolse a Oliver: «Chi sei? Intendo davvero. Sei stato tu a portarmi qui con te?»
«No, non ho questo potere.»
«Per fortuna. Credo mi spaventerebbe sapere che puoi controllarmi.»
«Io non posso e non voglio controllarti» chiarì Oliver. «Anzi, vorrei che tu non fossi qui. Non è in questa dimensione che devi stare.»
«E tu?» volle sapere Selena. «Perché, invece, tu devi stare qui? Tu e...» Esitò, come se non volesse chiamare Keith per nome. «Tu e lui?»
«Ci sono ragioni ben precise per cui Oliver Fischer deve stare qui» rispose Keith. «Non devi preoccuparti. Te lo restituirò tutto intero, quando sarà ora.»
Selena prese a fissarlo, in silenzio. Infine, dopo quello che a Oliver parve un tempo interminabile, affermò: «Somigli a Keith Harrison.»
«Lo sono.»
Selena indietreggiò.
Keith la rassicurò: «Non sei all'interno di un film horror. Non posso farti del male e, anche se potessi, non avrei alcun motivo per fartene.»
«Tu sei... dovresti essere morto.»
«Sì, anche se preferisco non utilizzare quel termine.»
«Perché sei qui? Cosa vuoi da Oliver?»
«Lo sto aiutando.»
«Con il suo libro?»
«In un certo senso.»
«Mi aveva detto che pensava di avere dentro di sé i ricordi di Patrick, non che poteva mettersi in comunicazione con te» osservò Selena. «Perché mi ha mentito?»
«Non ti ha mentito» le assicurò Keith. «Anche lui ha poca consapevolezza di quello che fa quando è qui.»
Quella conversazione stava diventando sempre più assurda e insostenibile. Oliver cercò qualcosa di sensato da dire, ma non vi riuscì. Poi, di colpo, Selena scomparve.
Il non vederla più lo fece raggelare.
«Dov'è?!» esclamò. «Keith, che cazzo è successo?»
«Non è successo niente di grave» replicò Keith, calmo. «Penso si sia svegliata. Per lei il sogno è finito.»
«E per me? Quando finirà?»
«È meglio che non finisca. Stavamo parlando di quel fantomatico dottor Parker o sbaglio?»
«Sì, ma adesso non importa più» ribatté Oliver. «Cosa devo fare? Devo parlarle di quello che è successo?»
«No, a meno che tu non abbia l'abitudine di chiederle cosa sogna. Ti consiglio di non fare niente. Comportati come se nulla fosse accaduto... perché di fatto, è proprio così: nell'altra dimensione non è successo esattamente nulla.»
******
Oliver si svegliò di soprassalto, impiegando qualche istante per realizzare dove fosse. Si trovava nella stanza d'albergo dove alloggiava durante la sua trasferta lavorativa a Imola. Era la camera nella quale si era rifugiato insieme a Selena la sera precedente, dopo la loro passeggiata.
Aveva un ricordo abbastanza piacevole dei momenti che avevano trascorso insieme, ma non ricordava di averla salutata quando se ne andava. Selena non doveva essersene andata, o almeno, non mentre Oliver era sveglio. Non c'era più, nel letto accanto a lui non c'era nessuno.
Le memorie del sogno che aveva fatto - sempre se poteva definirlo sogno - riaffiorarono a poco a poco. Aveva incontrato Keith Harrison sulla spiaggia, per l'ennesima volta, ma Selena li aveva raggiunti e aveva parlato con loro.
Era andata davvero così? Selena era soltanto un'immagine onirica, oppure la sua presenza era stata reale? Purtroppo non avrebbe avuto modo di scoprirlo.
Accese la luce e guardò l'orologio da polso che aveva lasciato sul comodino. Erano passate da pochi minuti le quattro e mezza del mattino e, accanto all'orologio, c'era un biglietto. Oliver riconobbe subito la grafia chiara ed elegante di Selena.
"Grazie per la bella serata. Spero di vederti, domani, ma prima di incontrarti di nuovo allo stesso modo di ieri sera devo risolvere alcune questioni personali. Mi capita ancora troppo spesso di vivere nel passato e credo sia giusto chiudere con il passato, prima di vivere nel presente. Perché di questo ne sono certa: voglio vivere nel presente."
Oliver rabbrividì, non avrebbe saputo dire se a causa dell'umidità che penetrava nella stanza o per via di quelle parole. Alla luce della "disavventura" accaduta in sogno potevano avere un significato inquietante. Selena ricordava forse di averlo scambiato per Patrick Herrmann? Aveva il sospetto che fossero qualcosa di più di due persone diverse?
"No, è impossibile" cercò di rassicurarsi Oliver. "Se anche se ne ricordasse, non potrebbe cerco credere che sia vero. Nemmeno io riesco a convincermene fino in fondo."
Spense la luce e cercò di rimettersi a dormire. Non fu facile. Passò molto tempo a girarsi e rigirarsi nel letto, con il desiderio di prendere lo smartphone e fare una telefonata a Selena, nonostante l'orario. Riuscì a resistere, a non comportarsi in maniera improbabile o sospetta.
Quando tornò a svegliarsi, era molto più ottimista. Lo aspettava una nuova giornata, in cui sarebbe stato molto impegnato e non avrebbe avuto molto tempo per farsi dei film mentali a proposito di Selena, Keith Harrison e la spiaggia al tramonto. Di lì a un paio d'ore sarebbe addirittura arrivato a ritenere che gli stessi ricordi di Herrmann fossero qualcosa di molto lontano, per poi essere smentito subito dopo.
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Il discorso che Patrick aveva udito qualche tempo prima gli risuonava ancora in testa, mentre aspettava che la moglie del team principal si presentasse al loro appuntamento. Seppure il lieve gap di natura linguistica - il dialogo tra Gigi Di Francesco e Kathy si era svolto quasi interamente in italiano, lingua che Patrick comprendeva, ma non alla perfezione - era abbastanza convinto di quello che aveva sentito.
«Sai benissimo anche tu che dobbiamo agire in qualche modo. Herrmann ormai sa troppe cose.»
«Cosa vorresti fare? Sabotare pure lui?»
«Parla piano, Kathy! Vuoi che qualcuno ti senta?»
«Non c'è nessuno qui, e poi possiamo stare tranquilli, per ora. Hai fatto solo ciò che dovevi fare.»
«Lo so, lo so perfettamente e non avrei dovuto coinvolgerti. Ora che ci sei dentro, però, devi fare qualcosa anche tu.»
«Non sono portata per queste cose, Gigi. Non vorrai che inviti Herrmann a prendere un tè e che glielo corregga con l'arsenico. Certe cose succedono solo nei romanzi.»
«Che cazzo hai capito, Kathy? Non lo voglio certo ammazzare, voglio solo tenerlo sotto controllo. Non gli devi offrire un tè con l'arsenico. Però, magari, qualcosa glielo puoi offrire.»
«Di cosa parli?»
«È logico, no? C'è una cosa a cui Patrick Herrmann non può resistere e quella cosa è la figa. Sono sicuro che una donna potrebbe essere in grado di carpirgli quello che sa o quello che sospetta.»
«Mi stai chiedendo se ho un'amica da presentare a Herrmann? Una che sia disposta a portarselo a letto?»
«No. Te lo devi portare a letto tu.»
«Tu sei fuori di testa!»
«Non fare tanto la puritana, Kathy. Io e te non stiamo più insieme, ormai, va bene così.»
«No, non va affatto bene. Mi stai chiedendo di scopare uno dei tuoi piloti e di chiedergli se ha dei sospetti... non so se te ne rendi conto, non posso farlo.»
«Se Herrmann sospetta qualcosa che non deve sapere, sono nella merda. Se sono nella merda io, sei nella merda anche tu. Va bene, non hai fatto niente, tu, ma chi pensi che ti possa dare i soldi per fare la bella vita che conduci ora, se io cado in disgrazia? Non hai mai saputo fare niente, se non sorridere davanti alle telecamere e alle macchine fotografiche...»
«Hai sempre detto che, se era la vita che volevo fare, potevo contare su di te.»
«E potrai sempre contare su di me. Tra di noi le cose non hanno funzionato, ma lo sai che ti voglio bene. Sei la mia migliore amica e mi fido di te. In fondo non ti sto chiedendo di scopare con un cesso. Patrick Herrmann è un bell'uomo, perfino la moglie di Harrison non ha saputo resistergli.»
«Appunto, pensi che possa interessargli io quando può avere una come la moglie di Harrison?»
«Stai tranquillo, cercherò di fare qualcosa io per allontanarlo dalla moglie di Harrison. A quel punto devi intervenire tu. Non te lo chiederei, se non fosse necessario, ma c'è di mezzo il nostro futuro. Qualora Herrmann dovesse riuscire a trascinarmi nella merda, non penso che chi mi ha commissionato quel lavoro farebbe alcunché per difendermi. È così che funzionano le cose, purtroppo. Finché sei utile, tutti ti mettono su un piedistallo. Quando non lo sei più, ti lasciano affondare da solo. Il CEO non farà certo eccezione.»
Qualunque cosa Gigi Di Francesco avesse in testa, per il momento aveva funzionato. Qualche giorno prima, in modo del tutto inspiegabile, Emma aveva annunciato a Patrick di volersi prendere una pausa di riflessione, perché non era convinta di volere mettere definitivamente fine al proprio matrimonio.
Se non avesse mai udito in modo del tutto accidentale quella conversazione tra i coniugi Di Francesco, Patrick avrebbe tentato di riconquistarla, se non altro perché non gli piaceva l'idea di essere messo da parte, ma c'era una situazione ben più importante di cui occuparsi ed era quella che riguardava la signora Kathy.
Aveva qualche anno in più di lui, ma era una signora piacente. Le sue attenzioni lo lusingavano, seppure fossero frutto di una precisa strategia di suo marito o, a quanto pareva, del suo ex marito. Gigi e Kathy interpretavano ancora la parte della coppia felice, il che non doveva essere molto difficile se Gigi comunque la definiva la sua migliore amica, tanto che Patrick a volte si era chiesto se avesse male interpretato quel loro dialogo, ma gli eventi degli ultimi giorni avevano smentito la sua ipotesi.
Quando il campanello suonò, Patrick andò ad aprire la porta. Accolse Kathy Di Francesco con un sorriso.
«Finalmente sei arrivata.»
«Già, finalmente» ribatté Kathy. «Morivo dalla voglia di vedere casa tua.»
«Non c'è problema. Te la posso mostrare subito.»
«Grazie... magari cercando di non metterci troppo tempo.»
Patrick ridacchiò.
«Sei una donna che va subito al dunque, a quanto vedo.»
«In questo ci somigliamo» rispose Kathy. «Mi sembra che anche a te piaccia andare subito al dunque.»
«Diciamo che non mi piace perdere tempo. So che non sei venuta qui per vedere casa mia.»
Kathy rise.
«Sono così scontata?»
«No, le altre donne non fingono di essere interessate a vedere il mio appartamento, in questo sei unica.» Patrick la guardò negli occhi. «Perché sei qui? Voglio dire, mi pare evidente, ma perché in questo momento? Mi hai sempre ignorato, in questi anni...»
«In questi anni ho sempre voluto essere fedele a Gigi, seppure sospettando che mi tradisse» gli raccontò Kathy. «Ora i sospetti sono diventati prove. Non mi sento più in obbligo nei suoi confronti. Spero che anche per te sia così, che tu non ti senta obbligato nei confronti di Emma. Non fa altro che flirtare con Harrison, si capisce che vorrebbe tornarci insieme.»
Patrick alzò le spalle.
«Mhm... ti dirò, non mi importa molto di Emma.»
Si rese conto in quell'istante di quanto fosse vero. Era molto più sincera la sua affermazione sulla Dupont che quella di Kathy sul rapporto con Di Francesco. Che Gigi l'avesse tradita o meno, erano una coppia soltanto ufficialmente, ormai.
L'argomento Emma doveva interessarle, oppure far parte di un copione già preparato, dal momento che Kathy insisté: «Quella giornalista da quattro soldi non ha buon gusto in fatto di uomini. Non so come faccia a piacerle Keith. Già ha fatto la pazzia di sposarselo, adesso vuole farne anche un'altra non divorziando.»
Patrick sbuffò.
«Sei venuta qui per parlare di Keith e di Emma?»
«No, certo.»
«E allora non parliamone. Se anche non esistessero, nessuno sentirebbe la loro mancanza, o quantomeno non la sentirei io. E adesso, vogliamo vedere casa mia oppure restare qui a fare delle chiacchiere?»
«Guardiamoci casa tua» rispose Kathy, «Magari iniziando dalla stanza da letto.»
Tutto sommato fare sesso con Kathy non fu così male. Se non avesse scoperto nulla di utile, quantomeno gli sarebbe rimasto un buon ricordo di quella serata. Dopo ascoltò i suoi discorsi senza né capo né coda, sperando che la Di Francesco decidesse di esporsi.
Si era ormai convinto che non sarebbe accaduto, quando Kathy lo smentì. A quel punto si erano già rivestiti e la moglie del team principal sembrava sul punto di andarsene, quando di colpo si sedette sul bordo del letto.
«Posso chiederti una cosa, Patrick?» gli domandò.
Patrick annuì.
Kathy abbassò lo sguardo.
«C'è un pensiero che mi tormenta, a proposito di mio marito.»
«Temi che possa scoprire che sei qui?»
«No, figurati. Quello che pensa mio marito di me non mi interessa più... tanto, se anche dovesse decidere di lasciarmi, dovrebbe comunque versarmi un assegno di mantenimento molto allettante.»
«È successo qualcos'altro, tra di voi, che non mi hai detto? Qualcosa di spiacevole, oltre i suoi tradimenti?»
Kathy scosse la testa.
«No, parlo del suo lavoro.»
«Che cosa potrebbe mai turbarti, nel suo lavoro?»
«Quello che è successo a Diaz.»
«Non è qualcosa di cui debba preoccuparti tu» la rassicurò Patrick. «Purtroppo è accaduta una disgrazia e...»
Kathy alzò gli occhi di scatto.
«Una disgrazia, la chiami? Eppure sei tu il primo a dire che c'è del marcio.»
«Non ho mai detto esattamente questo» chiarì Patrick. «Sono certo che quello che è successo sia stata una disgrazia. Nessuno aveva interesse che accadesse qualcosa del genere. C'è stata di sicuro una negligenza da parte della squadra, ma non perché, volutamente, si siano esposti a un rischio maggiore del dovuto.»
«Pensi che Gigi stia nascondendo qualcosa?»
«Sì, certo. Per lui la squadra viene prima di tutto, o almeno quella parte della squadra che è ancora in vita. Piuttosto che mettere in cattiva luce certe persone che occupano posizioni di un certo rilievo preferisce fingere che sia stata tutta colpa di Emiliano.»
«Per te è così importante affermare che la colpa non sia del pilota?»
«Emiliano non merita di prendersi responsabilità che non ha» disse Patrick, con schiettezza. «Non mi piace l'idea che ci sia chi si sta parando il culo additandolo come la causa della sua stessa morte. Non posso fare a meno di chiedermelo: Di Francesco farebbe lo stesso anche con me?»
Kathy obiettò: «Sei il suo migliore pilota. Mio marito non farebbe mai nulla che possa metterti in pericolo. Dopo quello che è successo a Diaz, inoltre, la squadra sa di non potersi più permettere certe leggerezze.»
«Leggerezze, dici» ripeté Patrick. «Quindi lo sai anche tu?»
«Cosa?»
«Che qualcuno non ha lavorato bene, o quantomeno non bene abbastanza per evitare che accadesse una disgrazia.»
«No, io non so niente» si difese Kathy. «Io e Gigi non parliamo mai del suo lavoro. Non mi è mai interessato il suo lavoro.»
Patrick osservò: «Ecco finalmente la Kathy che ho sempre conosciuto.»
La moglie di Gigi Di Francesco lo ignorò.
«Gigi mi è sembrato molto teso, ultimamente. Quello che è successo a Diaz l'ha segnato profondamente, anche se tu credi non sia così.»
«Se davvero l'ha segnato così profondamente» replicò Patrick, «Potrebbe risparmiarsi la sua commedia.»
«Sai qual è il tuo problema, Patrick? Che vuoi vedere per forza le cose da una prospettiva peggiore di quella reale. Che senso avrebbe adesso puntare il dito contro questo o contro quell'altro? Si è una squadra sempre, anche nei momenti negativi. Bisogna andare avanti. So che è brutto a dirsi, ma il tuo non è il modo giusto di ricordare Emiliano Diaz. La tua insistenza potrebbe addirittura arrivare a infangare la sua reputazione.»
«Non vedo come.»
«In ogni caso non ti porterà molto lontano. Ti servirà solo a farti dei nemici.»
«Di nemici ne ho già abbastanza da potere sopportare l'idea di farmene degli altri.»
«Anche arrivando al punto di essere tu stesso quello che rema contro la squadra?»
«Io non remo contro nessuno. Non voglio infangare nessuno, voglio solo che Emiliano non venga infangato, tutto qui.»
Kathy fece un sospiro.
«Sarà difficile andare d'accordo con te.»
«Per chi?»
«Per me. Naturalmente spero di ricevere altri inviti, da te. È stata una bella serata, nonostante tutto, non vorrei che fosse l'unica.»
Si alzò in piedi e uscì dalla stanza. Patrick la seguì, seppure realizzando che Kathy non aveva bisogno di essere accompagnata alla porta. La guardò andare via, già sicuro che non sarebbe stato il loro unico incontro clandestino. Se Gigi Di Francesco si era scomodato di organizzare tutto quel teatrino, probabilmente garantendole in cambio un assegno di mantenimento molto più alto di quello a cui Kathy avrebbe avuto diritto, doveva esserci una ragione ben precisa. Fino a poco tempo prima Patrick avrebbe affermato con certezza che il team manager voleva soltanto coprire un errore del team, ma doveva esserci qualcosa di più: Di Francesco era sempre stato in grado di difendersi dalle accuse che Patrick gli aveva rivolto, non avrebbe avuto bisogno di fare altro.
Si incontrarono più volte, nelle settimane che vennero. Kathy si spinse più di una volta a parlare della morte di Emiliano Diaz, cercando di mettere a freno i sentimenti negativi di Patrick per quella vicenda. Non si espose, tuttavia, mai al punto di destare qualche sospetto concreto. Qualunque fosse il timore di Gigi Di Francesco, aveva istruito la sua consorte bene abbastanza da non far trapelare nulla.
Con il tempo, Patrick smise di considerare quella relazione come una necessità. Iniziò a convincersi che Kathy stesse diventando sincera nei suoi confronti. Quando Emma gli annunciò ufficialmente di essere tornata insieme a Keith Harrison, le riferì a cuore leggero di averla rimpiazzata.
«Non mi importa, ormai ho un'altra donna.»
«Ah, sì? E chi sarebbe?»
«Non posso dirtelo.»
«Tu che non ti vanti di una tua conquista? Non è possibile.»
Patrick azzardò: «Forse ti sei fatta un'idea sbagliata di me.»
«O forse pensi che io sia scema» ribatté Emma. «Credi davvero che non mi sia accorta che stai combinando qualcosa con la Di Francesco?»
Patrick mise in chiaro: «Non sono affari che ti riguardano.»
«Lo so bene che non sono affari miei» convenne Emma, «E non voglio nemmeno che lo diventino. Voglio solo chiederti se sei consapevole del casino che potrebbe uscirne fuori, se la vostra storia venisse alla luce.»
«So quello che faccio.»
«Permettimi di dubitarne.»
«Se la cosa ti infastidisce, avresti dovuto pensarci prima, invece di andare a riprenderti tuo marito.»
«Sono felice di essermi ripresa mio marito, non preoccuparti per me. Piuttosto, cerca di metterti delle preoccupazioni per te stesso. Farai una brutta fine, quando Di Francesco scoprirà che ti scopi sua moglie.»
******
La sprint race dell'evento di Imola vide Nakamura beffare i due contendenti al titolo, tagliando per primo il traguardo. Christine Strauss ed Edward Roberts si classificarono in seconda e terza posizione, guadagnando rispettivamente due e un punto, che abbassò ulteriormente il gap in classifica: l'austriaca, infatti, saliva a quota novantasette, una sola lunghezza di distacco dai novantotto del pilota inglese. Se anche il giorno successivo avessero occupato posizioni ravvicinate, c'era la possibilità di avere un finale piuttosto scoppiettante al Gran Premio di Montecarlo che avrebbe chiuso la stagione.
In altri momenti Oliver si sarebbe lasciato trascinare dall'entusiasmo, ma aveva questioni più importanti che gli passavano per la testa, durante quella giornata trascorsa ad attendere pazientemente che arrivasse la sera. Doveva parlare con Emma Dupont di una faccenda molto seria, ma non poteva farlo prima del termine dei loro impegni lavorativi. Conosceva la collega abbastanza da sospettare che non lo sarebbe stato a sentire. Sarebbe stato già abbastanza difficile tenere una certa conversazione con lei nel corso della serata, Oliver non voleva complicarsi ulteriormente la vita, anche se quell'attesa gli pesava.
Fortunatamente Emma non si oppose a incontrarsi dopo cena, a condizione che lo facessero all'aperto e non nella stanza d'albergo in cui l'aveva invitata. Così si trovarono all'esterno e Oliver era talmente preso dai propri pensieri che quasi non si accorse dell'arrivo della Dupont, costretta ad agitargli una mano davanti agli occhi con insistenza per attirare la sua attenzione.
«Sei ancora tra noi?»
«Sì, più o meno.»
«Perché mi hai fatta venire qui? Non fa molto caldo stasera.»
«Non ti ho chiesto io di raggiungermi qui» puntualizzò Oliver. «L'hai voluto tu. Per quanto mi riguarda, avremmo potuto vederci in camera.»
«No, grazie. Non ho l'abitudine di trovarmi da sola in una stanza d'albergo insieme a quelli della tua età.»
«Sei fuori strada, Emma. Ti sei fatta un'idea sbagliata.»
«Non mi sono fatta idee, in realtà. Ho preferito evitare che te ne facessi tu. Sbaglio o è successo qualcosa con la tua amica? Mi sembra che oggi abbia cercato di evitarti.»
Oliver sbuffò.
«Meno male che non ti sei fatta idee! Credi davvero che, se le cose tra me e Selena dovessero andare male, cercherei di consolarmi con te? Ti sbagli di grosso, ti devo parlare di tutt'altro.»
Emma alzò gli occhi al cielo.
«Oh, no!»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Per caso ti dispiace?»
«No, figurati, ma mi ero illusa che non volessi vedermi per discutere di Patrick Herrmann» replicò Emma. «Avrei dovuto aspettarmelo, sei letteralmente ossessionato da lui, ormai.»
«Sei libera di pensare che la mia sia un'ossessione» ribatté Oliver, «Ma voglio solo fare luce su quello che gli è accaduto, o meglio, su quello che è accaduto a lui e a tuo marito.»
«È stato un incidente, solo un terribile incidente.»
«Questa almeno è la versione ufficiale.»
«La versione ufficiale spesso è quella più vicina alla verità» puntualizzò Emma. «Se qualcuno avesse avuto davvero qualcosa da nascondere, sarebbe stato smascherato molto tempo fa, o quantomeno additato da qualcuno come responsabile di quella tragedia. Ti sei mai chiesto perché non sia successo?»
«Non è successo perché chi aveva il controllo della situazione ha giocato molto bene le proprie carte» rispose Oliver. «Comunque non importa quale sia il tuo pensiero in proposito. Non voglio farti delle domande sull'incidente o sul tuo rapporto con Patrick... o meglio, in un certo senso sì, c'è una cosa che devo chiederti, su come sia finita la vostra relazione...»
«Che palle, Oliver!» sbottò Emma. «Come te lo devo spiegare? Ho capito di amare ancora Keith, che non volevo buttare via tutto per una ridicola sbandata. Ho chiuso con Patrick e sono tornata insieme a mio marito. Non c'è niente di più di questo.»
«Eppure io conosco un'altra versione dei fatti» azzardò Oliver, sebbene fosse un modo esagerato di descrivere ciò che aveva ricordato.
«Chi ti ha parlato di me e di Patrick?»
«Questo non ha importanza.»
«Oh, sì che ne ha. Non mi piace per niente l'idea che ci sia gente che spettegola su di me, per giunta insieme ai miei colleghi. O hai letto delle cazzate in qualche gruppo social dove si parla delle wag del motorsport? Non fidarti delle scemenze che scrivono in quegli spazi.»
«Non seguo i profili delle fangirl innamorate delle mogli e delle fidanzate dei piloti» la rassicurò Oliver. «Non importa se e con chi abbia parlato di te, non è una cosa che ti riguardi.»
«Questo, se permetti, spetta a me deciderlo.»
«Hai ragione, ma mi sono solo espresso molto male. Non è esattamente che qualcuno mi abbia parlato di te.»
«Oliver, sto iniziando a rompermi le scatole» lo avvertì Emma. «Ho accettato di incontrarti perché pensavo dovessi dirmi qualcosa di importante, non per sentirti fare mezze allusioni al mio passato. Ti è così difficile accettare l'idea che io abbia avuto una storia con Patrick Herrmann e poi ci abbia ripensato?»
«È questo il punto» mise in chiaro Oliver. «Ci hai ripensato e mi hai detto che l'hai fatto perché amavi tuo marito. Ci sta. Però fino a poco tempo prima eri pronta a chiudere con lui, pur di stare con Patrick, quindi non ti doveva essere così tanto indifferente come lo descrivi adesso.»
«No, non mi era indifferente, ma a volte capita di commettere degli errori.»
«C'è stato qualcosa che ti ha convinta che si trattasse di un errore?»
Emma abbassò lo sguardo.
«Sì.»
«Puoi dirmi che cosa?»
«Non vedo perché dovrei.»
«Lo so, al momento ti può sembrare una cosa da niente, ma sono certo che non lo sia» insisté Oliver. «Penso che Gigi Di Francesco sia in qualche modo coinvolto nella tua rottura con Patrick.»
Emma scosse la testa.
«Oh, no, non è per niente così. Non ho mai parlato con Gigi Di Francesco della mia vita privata. A un certo punto Keith mi ha chiesto di riprovarci e io ho accettato, tutto qui.»
«Com'erano i tuoi rapporti con Keith prima di quel giorno?»
«Non c'erano rapporti. Da quando aveva scoperto che stavo con Patrick ci parlavamo a malapena.»
«Ritieni possibile che Gigi Di Francesco abbia in qualche modo cercato di convincere Keith a chiederti di tornare insieme?»
«Potrebbe essere, ma perché lo vuoi sapere? Che importanza ha?»
«Ha importanza. Ne ha tantissima. È l'ennesimo indizio sull'esistenza di un complotto. Considerato che quel complotto si è concluso con la morte sia di Patrick sia di Keith, è fondamentale per me raccogliere ogni indizio possibile.»
«È per questo che sei in crisi con Selena?»
«Non la chiamerei una vera e propria crisi. Ci frequentiamo da poco, dopotutto. Non c'è mai stato niente di davvero serio tra di noi.»
«Sì, me l'hai già detto, ma non ne sembravi molto convinto. Si capisce che ti piace molto e l'impressione che ho avuto è che per lei sia la stessa cosa.»
«Comunque no» ribadì Oliver, «Non è questa la ragione per cui ci sono stati dei problemi tra me e Selena. Anzi, se devo essere sincero, non posso nemmeno dire di avere dei problemi con lei. È una situazione strana, tutto qui.»
«Con te non c'è niente che non sia strano» replicò Emma. «A volte mi chiedo chi sei veramente.»
«Sono quello che vedi.»
«No, sento che c'è di più.»
«Un'altra fissata con l'idea che io abbia degli scheletri in cantina?»
Emma rise.
«No, non penso che tu abbia degli scheletri in cantina. Non mi sembri il tipo. Però qualcosa da nascondere ce l'hai di sicuro.»
Oliver alzò le spalle.
«Tutti abbiamo qualcosa da nascondere.»
«Tu un po' più degli altri, ma non è un male. L'essere così misterioso ti rende più affascinante.»
«Ci stai provando con me?»
«No, figurati, sei troppo giovane. Diciamo solo che mi ricordi qualcuno con cui sono stata insieme in passato.»
Oliver ridacchiò.
«Mi stai paragonando a Patrick Herrmann?»
Emma indietreggiò.
«Come hai fatto a capirlo?»
«Veramente scherzavo.»
«Io no. C'è qualcosa, in te, che mi ricorda lui, anche se non riesco a capire cosa. Dopotutto ti comporti in modo molto diverso e sei molto meno stronzo. Eppure, quando penso a te, mi torna sempre in mente Patrick.»
«L'idea di essere paragonato a un pilota per cui ho sempre nutrito molta stima mi lusinga, ma credo di non avere tante cose in comune con lui.»
«Lascia stare, era solo una riflessione. Dimenticala.»
«Okay, la dimenticherò, non preoccuparti.»
******
Qualcosa era cambiato, il vento non c'era più e doveva avere appena smesso di piovere. Dentro di sé, però, Oliver era sempre lo stesso di sempre e cercava le stesse risposte di sempre, pur senza la certezza che Keith Harrison potesse fornirgliele.
L'altro si guardò intorno, quando lo vide arrivare.
«Oggi Selena non dorme con te?»
«No.»
«Ne sei sicuro? Non apparirà di nuovo, come l'altra volta?»
«Selena se n'è andata nel corso della scorsa notte lasciandomi un biglietto» spiegò Oliver. «Mi è sembrato di capire che non se la senta di stare vicina a me in questo momento. Avrei voluto chiederle conferma, ma non sono riuscito a parlarle di persona oggi. Quindi stai tranquillo, Selena non ci sarà.»
«Per me non è un problema» chiarì Keith. «È una situazione che posso affrontare. Eri tu quello un po' sconvolto.»
Oliver tagliò corto: «Non voglio parlare di Selena.»
«Non so se esserne sollevato o se preoccuparmi.»
«Non sei obbligato a prendere una posizione. Ti devo chiedere una cosa su Emma.»
«Come sta?»
«Bene, ma ti ho detto che devo chiederti una cosa su Emma, non che potevi farmi delle domande su di lei. È una fortuna che io sia qui, perché parlarne con lei non è servito a molto.»
«Parlarle di cosa?»
«Di quando siete tornati insieme, dopo che lei aveva deciso di lasciare Patrick.»
«Perché gliel'hai chiesto?»
«Perché ho ricordato qualcosa. C'entra Kathy Di Francesco.»
«Con me ed Emma?»
«Non proprio. Ti racconterò io quello che è successo, tu mi confermerai solo se è vero: dopo avere scoperto che Emma ti aveva tradito con Patrick, non ne volevi più sapere di lei. Hai cercato in tutti i modi di non averci a che fare, se non quando eri costretto durante le interviste...»
Keith interruppe quella ricostruzione: «Diciamo pure che alcune sono riuscito a evitarle.»
Oliver lo ignorò.
«A un certo punto, tuttavia, hai deciso di fare un passo indietro. Hai capito che, se volevi avere la speranza di tornare insieme a lei, dovevi comportarti in un altro modo. Hai cercato di venirle incontro, le hai chiesto di vedervi e le hai espresso il desiderio di tornare insieme. Però non te ne sei convinto da solo. È stato Gigi Di Francesco a convincerti che la cosa giusta per te era tornare insieme a tua moglie.»
«Sì, obiettivamente parlando, almeno quella volta ha fatto una cosa utile» confermò Keith. «Mi ha fatto piacere che si preoccupasse così tanto per me.»
«Non si preoccupava per te.»
«Sì, invece. Lo so, in molte occasioni si è comportato da stronzo, ma in quella...»
Oliver lo interruppe: «Te lo ripeto, Harrison, a Gigi Di Francesco non importava un fico secco dei tuoi sentimenti. Gli serviva solo un modo per allontanare Emma e Patrick e ne avrebbe trovato un altro, se tu non avessi collaborato.»
«Tutto ciò non ha senso» obiettò Keith. «Perché Di Francesco avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che faceva Emma nella sua vita privata?»
«Non gli importava niente né di Emma né di te, infatti» precisò Oliver. «Gigi Di Francesco aveva bisogno che la sua ex moglie Kathy, con la quale ai tempi fingeva ancora di stare insieme, diventasse l'amante di Patrick. Ora, sicuramente Patrick era abbastanza sensibile al fascino femminile, ma Di Francesco voleva essere sicuro che non la snobbasse. Quindi ha deciso di togliere di mezzo Emma, perché Kathy potesse avere campo libero e potesse instaurare una relazione clandestina con Patrick. Non bastava che andassero a letto insieme solo una volta o due.»
«Perché non bastava? Se lo scopo di Di Francesco era solo quello di trovare un pretesto per cacciarti... ehm, per cacciare Patrick dalla squadra, a cosa gli serviva che ci fosse una relazione duratura tra lui e Kathy?»
«Ho ricordato una cosa, Keith» gli confidò Oliver. «Ho ricordato che Patrick sapeva tutto. Sapeva perfettamente che Kathy e Di Francesco erano d'accordo. Ha deciso di spontanea volontà di infilarsi in quella situazione e l'ha fatto per uno scopo, che non era certo quello di dare a Di Francesco un pretesto per buttarlo fuori dalla squadra.»
«Questo, però, non cambia il punto di partenza» replicò Keith. «Che importanza ha che Patrick lo sapesse? Lo scopo di Gigi doveva essere quello.»
Oliver scosse la testa.
«No, lo scopo di Gigi Di Francesco era che Kathy potesse scoprire se Patrick sapeva qualcosa di preciso sulla faccenda di Diaz. Finora siamo sempre partiti dal presupposto che quella che Patrick sbandierava ai quattro venti sull'incidente - una negligenza del team - fosse la verità. Di Francesco, però, era davvero preoccupato, se ha deciso che doveva essere tenuto sotto controllo. Patrick ha accettato quel controllo proprio per scoprire cosa ci fosse sotto.»
«E l'ha scoperto?»
«Se l'avesse scoperto, lo saprei anch'io. Ricordo solo che Kathy non sembrava molto tranquilla, quando parlava delle faccende che riguardavano suo marito, un po' come se sapesse a sua volta che c'era qualcosa di più. Quando Patrick ha perso il volante, deve essersi convinto che era meglio lasciare stare e non indagare più a fondo, concentrandosi su ciò che poteva essere facilmente sospettabile. Dopo l'ingaggio da parte della Dynasty, infatti, ha ripreso a parlare degli errori della Whisper che erano costati la vita a Diaz. Però credo che, arrivati a questo punto, sia meglio chiedercelo: siamo sicuri che si trattasse di un tragico errore? Che Emiliano Diaz sia morto perché qualcuno ha sbagliato e non perché qualcuno l'ha mandato deliberatamente a morire?»
Keith spalancò gli occhi.
«Che cazzo stai dicendo, Patrick?!»
«Ti ho già detto che preferisco essere chiamato Oliver.»
«Non me ne importa un cazzo di quale nome preferisci! Cos'è questa nuova storia? Se c'era una certezza, era che almeno l'incidente di Emiliano non fosse avvenuto in malafede.»
«Solo perché qualcosa viene considerato una certezza, non significa che sia esatto» sentenziò Oliver. «Abbiamo dato per scontato qualcosa che non lo era. Siamo partiti dalla... mhm... dalla nostra morte, se così la vogliamo chiamare. Pur essendo convinti che il punto di partenza fosse Diaz, abbiamo pensato che fosse solo una parte del tutto. Invece no, Emiliano era il fulcro di questa storia. Siamo stati fatti fuori perché qualcuno temeva fossimo al corrente di fatti che in realtà non sospettavamo nemmeno.»
«E Emiliano, perché sarebbe stato eliminato?»
«Ho un sospetto, ma è un'idea disgustosa. Preferisco non parlartene, per il momento.»
Era un tardo pomeriggio come tanti, uno di quelli in cui dal mare si alzava un vento forte e il cielo si riempiva di nubi. Oliver si fermò e iniziò a guardarsi intorno. Avvertiva una presenza, vicino a lui, e sapeva che, prima o poi, avrebbe visto Keith Harrison.
L'attesa durò più del solito, tanto da fargli quasi perdere le speranze, ma l'ex pilota si palesò alle sue spalle.
«Bentornato, Patrick.»
Oliver sussultò, girandosi.
«Per favore, puoi smetterla di chiamarmi con quel nome?»
Keith fece un mezzo sorriso.
«Bentornato, Oliver, se preferisci. Come mai sei qui?»
«Non lo so» ammise Oliver. «È successa un'altra cosa strana. C'è un tassello che non entra nel puzzle.»
«Fosse solo uno.»
«No, questo è più importante di tutti gli altri. Hai mai sentito parlare di un certo dottor Parker?»
«No. Chi dovrebbe essere?»
«Sta insieme ad Alexandra Bernard e, da quel poco che sono riuscito a farmi raccontare da Selena, approva il comportamento insensato di quella donna.»
«E cosa c'entra con te?»
«Per ora niente, ma ha contattato Selena. Era irritata, ma quando sono riuscito a farla parlare un po', mi ha rivelato di non sapere perché Parker si sia messo in contatto con lei proprio adesso.»
Keith azzardò: «Forse dovresti chiedere informazioni su Parker alla stessa Selena. Ne sa di sicuro più di me.»
Oliver scosse la testa.
«No, sa solo che si chiama Thomas Parker.»
«Thomas, come suo figlio?»
«Sì, ma non l'ha chiamato Thomas in onore suo, se è quello a cui pensi.»
«Mi sarebbe sembrato strano, in effetti» convenne Keith. «Per il resto, davvero non sa altro?»
«Selena dice che dovrebbe essere un po' più vecchio della signora Alexandra, ma non saprebbe quantificare, con esattezza, quanti anni ci siano di differenza tra di loro. Dice cinque o poco più, il che vorrebbe dire che è sulla sessantina.»
«Nazionalità? Professione?»
«È sicuramente un medico, anche se sembra avere smesso di lavorare da molto tempo. Dopotutto la signora Alexandra non ha certo bisogno di soldi. Sulla nazionalità, Selena sa che Parker ha vissuto in Inghilterra, in passato, quindi ha sempre dato per scontato che sia inglese, come il nome può suggerire. Dice che non ha un accento molto marcato, un po' come se non fosse particolarmente radicato in un certo territorio. Abbiamo provato a fare un po' di ricerche, ma non siamo riusciti a trovare informazioni su alcun dottor Thomas Parker. Questo mi ha insospettito un po', al giorno d'oggi chi non ha profili vari sul web? Almeno a livello professionale, avremmo dovuto trovare qualche traccia.»
«Forse lo chiamano Thomas o si fa chiamare così, ma non è il suo vero nome.»
Oliver annuì.
«Ci ho pensato anch'io, ma mi è venuto il sospetto che anche Parker possa non essere il suo vero cognome.»
«Perché Selena dovrebbe conoscerlo con un nome falso?»
«È un tizio che ha fatto parte degli intrighi di Alexandra, prima che Alexandra decidesse di estromettere Selena dalla propria vita. Perché quell'uomo avrebbe dovuto utilizzare il suo vero nome, dopotutto? Sarebbe stato molto più sicuro presentarsi a Selena con un'altra identità.»
«E Alexandra Bernard, in tutto questo, che ruolo avrebbe?»
«Alexandra Bernard avrà sicuramente pensato che, non potendo fidarsi al cento per cento della figlia, era meglio assecondare questa scelta del "dottor Parker". Non l'avrà fatto con cattive intenzioni, immagino, ma dopotutto quante sono le cose che la signora Bernard ha fatto senza avere cattive intenzioni, ma si sono rivelate negative per qualcuno?»
«Troppe, sarebbe impossibile quantificarle.»
«Appunto. Quello che non capisco, tuttavia, è perché tutto questo interesse per questo fantomatico dottor Parker. Ha contattato Selena, hai detto, ma tu cosa c'entri in tutto questo?»
«Secondo questo Parker, Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta dal fatto che la figlia abbia a che fare proprio con me. Deve essere fissata con l'idea di rimuovere Patrick Herrmann dalla sua vita, al punto da pensare che chiunque dovrebbe dimenticarlo, anche dal punto di vista sportivo.»
«Quindi Alexandra Bernard ha chiesto al dottor Parker, o chiunque sia, di chiamare Selena e di pregarla di fare maggiore attenzione alle persone che frequenta» riassunse Keith. «È andata così?»
«Più o meno.»
Keith ridacchiò.
«Vedo che ti stai facendo apprezzare molto anche come Oliver Fischer.»
«Stavolta non ho fatto niente» precisò Oliver. «Non so nemmeno chi sia quel tipo, non l'ho mai incontrato in vita mia.»
«Sì, lo devo ammettere, stavolta non hai responsabilità» confermò Keith. «Rimane comunque molto strano che...»
Si interruppe all'improvviso.
«Che...?» lo esortò Oliver.
Keith non rispose. Stava fissando un punto alle spalle di Oliver.
Quest'ultimo, da parte sua, insisté: «Cosa sta succedendo?»
Keith finalmente parlò, ma non fu molto chiaro.
«C'è Selena nel tuo letto? Oppure tu sei nel suo?»
Oliver spalancò gli occhi.
«Come, prego?»
«Parlo dell'altra dimensione» gli spiegò Keith. «State dormendo nello stesso letto?»
«Beh, sì...»
«E non vi era mai capitato, ultimamente.»
«No, di solito quando siamo nello stesso letto non dormiamo. Poi Selena se ne va, o me ne vado io.»
«L'altra volta in cui l'abbiamo vista si era addormentata accanto a te, a casa tua» ricordò Keith. «Penso sia questo il problema, se così lo si può chiamare: la vostra vicinanza la porta a sua volta nella nostra dimensione.»
«Non capisco. Cosa vuoi dire?»
«C'è Selena, laggiù. Sta venendo verso di noi.»
«Non capisco, davvero.»
«Nemmeno io, ma quella è indubbiamente Selena.»
Oliver si girò a guardare nella direzione che gli indicava Keith.
«Cosa facciamo?» domandò, rivolto a Harrison.
«Non lo so» rispose l'altro. «Se è qui, ci sarà una ragione. Proviamo a metterci in contatto con lei.»
«No, sei pazzo?!»
«Non succederà niente di grave. Quando si sveglierà, crederà di avere sognato.»
«Però si ricorderà il sogno...»
«Forse.»
«Faremmo meglio ad andarcene» replicò Oliver.
«Dove?»
«Non lo so, non sarà così difficile nasconderci, fare in modo che non ci veda.»
«Invece temo che lo sia. L'unico modo in cui Selena può non vederci è non essere ancora pronta per vederci. Ormai è vicina. Dobbiamo solo aspettare.»
Oliver non poté fare a meno di fissarla, mentre camminava, diretta nella loro direzione. Stavolta non era la Selena Bernard di quindici anni prima, era proprio quella che, nell'altra dimensione, si era addormentata nel suo stesso letto.
Selena si fermò.
Oliver realizzò che i suoi occhi erano puntati proprio su di lui.
«Patrick?» Il tono di voce di Selena sembrava esitante. «Patrick, sei tu?»
Per Oliver venne naturale smentirla.
«No, non sono io. Sono Oliver Fischer.»
«Oliver Fischer» ripeté Selena. «No, tu non sei Oliver Fischer, tu sei Patrick. Hai i suoi stessi occhi.»
«I miei occhi saranno anche simili a quelli di Patrick, ma non sono lui» replicò Oliver, guadagnandosi una gomitata da parte di Keith Harrison. «E tu cosa vuoi?» sibilò, rivolto a quest'ultimo. «Solo perché sei fortunato e Selena non può vederti...»
Fu interrotto proprio da Selena, che lo smentì: «Lo vedo. Quello che non capisco è che cosa ci facciate voi qui... né chi sia tu in realtà.»
Era già un passo avanti e Oliver non intendeva lasciarselo sfuggire.
«Sono Oliver Fischer» insisté. «Mi vedi?»
«Sì che ti vedo.»
«Ma mi riconosci?»
Selena scosse la testa.
«In te c'è qualcosa di familiare, ma non riesco a collegarti a una persona ben precisa. Mi sembri Patrick e, sì, forse in te c'è qualcosa anche di Oliver Fischer. Cosa ci fai qui? Cosa ci fai su questa spiaggia con...» Si interruppe, probabilmente non sapendo con quale nome appellare Harrison. «Con lui?»
Oliver non aveva idea di cosa rispondere.
«Selena, comprendo quanto tu possa essere spaesata» si intromise Keith. «Non deve essere facile, per te, questa visita al mio mondo, ma ti assicuro che va tutto bene. Quando tornerai dall'altra parte, nella peggiore delle ipotesi, ti sembrerà di avere fatto un sogno strano. Non c'è niente di pericoloso. Non sono stato io a chiamarti qua. Deve essere colpa del tuo legame con Pat-... ehm, volevo dire, con Oliver.»
«Patrick?» ripeté Selena. «Oliver mi ha detto di avere i ricordi di Patrick, dentro di sé. Sono forse la stessa persona?»
Keith non rispose.
Oliver non ne fu molto sollevato: restare in silenzio non era troppo diverso dall'acconsentire, in quella situazione.
Selena si rivolse a Oliver: «Chi sei? Intendo davvero. Sei stato tu a portarmi qui con te?»
«No, non ho questo potere.»
«Per fortuna. Credo mi spaventerebbe sapere che puoi controllarmi.»
«Io non posso e non voglio controllarti» chiarì Oliver. «Anzi, vorrei che tu non fossi qui. Non è in questa dimensione che devi stare.»
«E tu?» volle sapere Selena. «Perché, invece, tu devi stare qui? Tu e...» Esitò, come se non volesse chiamare Keith per nome. «Tu e lui?»
«Ci sono ragioni ben precise per cui Oliver Fischer deve stare qui» rispose Keith. «Non devi preoccuparti. Te lo restituirò tutto intero, quando sarà ora.»
Selena prese a fissarlo, in silenzio. Infine, dopo quello che a Oliver parve un tempo interminabile, affermò: «Somigli a Keith Harrison.»
«Lo sono.»
Selena indietreggiò.
Keith la rassicurò: «Non sei all'interno di un film horror. Non posso farti del male e, anche se potessi, non avrei alcun motivo per fartene.»
«Tu sei... dovresti essere morto.»
«Sì, anche se preferisco non utilizzare quel termine.»
«Perché sei qui? Cosa vuoi da Oliver?»
«Lo sto aiutando.»
«Con il suo libro?»
«In un certo senso.»
«Mi aveva detto che pensava di avere dentro di sé i ricordi di Patrick, non che poteva mettersi in comunicazione con te» osservò Selena. «Perché mi ha mentito?»
«Non ti ha mentito» le assicurò Keith. «Anche lui ha poca consapevolezza di quello che fa quando è qui.»
Quella conversazione stava diventando sempre più assurda e insostenibile. Oliver cercò qualcosa di sensato da dire, ma non vi riuscì. Poi, di colpo, Selena scomparve.
Il non vederla più lo fece raggelare.
«Dov'è?!» esclamò. «Keith, che cazzo è successo?»
«Non è successo niente di grave» replicò Keith, calmo. «Penso si sia svegliata. Per lei il sogno è finito.»
«E per me? Quando finirà?»
«È meglio che non finisca. Stavamo parlando di quel fantomatico dottor Parker o sbaglio?»
«Sì, ma adesso non importa più» ribatté Oliver. «Cosa devo fare? Devo parlarle di quello che è successo?»
«No, a meno che tu non abbia l'abitudine di chiederle cosa sogna. Ti consiglio di non fare niente. Comportati come se nulla fosse accaduto... perché di fatto, è proprio così: nell'altra dimensione non è successo esattamente nulla.»
******
Oliver si svegliò di soprassalto, impiegando qualche istante per realizzare dove fosse. Si trovava nella stanza d'albergo dove alloggiava durante la sua trasferta lavorativa a Imola. Era la camera nella quale si era rifugiato insieme a Selena la sera precedente, dopo la loro passeggiata.
Aveva un ricordo abbastanza piacevole dei momenti che avevano trascorso insieme, ma non ricordava di averla salutata quando se ne andava. Selena non doveva essersene andata, o almeno, non mentre Oliver era sveglio. Non c'era più, nel letto accanto a lui non c'era nessuno.
Le memorie del sogno che aveva fatto - sempre se poteva definirlo sogno - riaffiorarono a poco a poco. Aveva incontrato Keith Harrison sulla spiaggia, per l'ennesima volta, ma Selena li aveva raggiunti e aveva parlato con loro.
Era andata davvero così? Selena era soltanto un'immagine onirica, oppure la sua presenza era stata reale? Purtroppo non avrebbe avuto modo di scoprirlo.
Accese la luce e guardò l'orologio da polso che aveva lasciato sul comodino. Erano passate da pochi minuti le quattro e mezza del mattino e, accanto all'orologio, c'era un biglietto. Oliver riconobbe subito la grafia chiara ed elegante di Selena.
"Grazie per la bella serata. Spero di vederti, domani, ma prima di incontrarti di nuovo allo stesso modo di ieri sera devo risolvere alcune questioni personali. Mi capita ancora troppo spesso di vivere nel passato e credo sia giusto chiudere con il passato, prima di vivere nel presente. Perché di questo ne sono certa: voglio vivere nel presente."
Oliver rabbrividì, non avrebbe saputo dire se a causa dell'umidità che penetrava nella stanza o per via di quelle parole. Alla luce della "disavventura" accaduta in sogno potevano avere un significato inquietante. Selena ricordava forse di averlo scambiato per Patrick Herrmann? Aveva il sospetto che fossero qualcosa di più di due persone diverse?
"No, è impossibile" cercò di rassicurarsi Oliver. "Se anche se ne ricordasse, non potrebbe cerco credere che sia vero. Nemmeno io riesco a convincermene fino in fondo."
Spense la luce e cercò di rimettersi a dormire. Non fu facile. Passò molto tempo a girarsi e rigirarsi nel letto, con il desiderio di prendere lo smartphone e fare una telefonata a Selena, nonostante l'orario. Riuscì a resistere, a non comportarsi in maniera improbabile o sospetta.
Quando tornò a svegliarsi, era molto più ottimista. Lo aspettava una nuova giornata, in cui sarebbe stato molto impegnato e non avrebbe avuto molto tempo per farsi dei film mentali a proposito di Selena, Keith Harrison e la spiaggia al tramonto. Di lì a un paio d'ore sarebbe addirittura arrivato a ritenere che gli stessi ricordi di Herrmann fossero qualcosa di molto lontano, per poi essere smentito subito dopo.
******
Il discorso che Patrick aveva udito qualche tempo prima gli risuonava ancora in testa, mentre aspettava che la moglie del team principal si presentasse al loro appuntamento. Seppure il lieve gap di natura linguistica - il dialogo tra Gigi Di Francesco e Kathy si era svolto quasi interamente in italiano, lingua che Patrick comprendeva, ma non alla perfezione - era abbastanza convinto di quello che aveva sentito.
«Sai benissimo anche tu che dobbiamo agire in qualche modo. Herrmann ormai sa troppe cose.»
«Cosa vorresti fare? Sabotare pure lui?»
«Parla piano, Kathy! Vuoi che qualcuno ti senta?»
«Non c'è nessuno qui, e poi possiamo stare tranquilli, per ora. Hai fatto solo ciò che dovevi fare.»
«Lo so, lo so perfettamente e non avrei dovuto coinvolgerti. Ora che ci sei dentro, però, devi fare qualcosa anche tu.»
«Non sono portata per queste cose, Gigi. Non vorrai che inviti Herrmann a prendere un tè e che glielo corregga con l'arsenico. Certe cose succedono solo nei romanzi.»
«Che cazzo hai capito, Kathy? Non lo voglio certo ammazzare, voglio solo tenerlo sotto controllo. Non gli devi offrire un tè con l'arsenico. Però, magari, qualcosa glielo puoi offrire.»
«Di cosa parli?»
«È logico, no? C'è una cosa a cui Patrick Herrmann non può resistere e quella cosa è la figa. Sono sicuro che una donna potrebbe essere in grado di carpirgli quello che sa o quello che sospetta.»
«Mi stai chiedendo se ho un'amica da presentare a Herrmann? Una che sia disposta a portarselo a letto?»
«No. Te lo devi portare a letto tu.»
«Tu sei fuori di testa!»
«Non fare tanto la puritana, Kathy. Io e te non stiamo più insieme, ormai, va bene così.»
«No, non va affatto bene. Mi stai chiedendo di scopare uno dei tuoi piloti e di chiedergli se ha dei sospetti... non so se te ne rendi conto, non posso farlo.»
«Se Herrmann sospetta qualcosa che non deve sapere, sono nella merda. Se sono nella merda io, sei nella merda anche tu. Va bene, non hai fatto niente, tu, ma chi pensi che ti possa dare i soldi per fare la bella vita che conduci ora, se io cado in disgrazia? Non hai mai saputo fare niente, se non sorridere davanti alle telecamere e alle macchine fotografiche...»
«Hai sempre detto che, se era la vita che volevo fare, potevo contare su di te.»
«E potrai sempre contare su di me. Tra di noi le cose non hanno funzionato, ma lo sai che ti voglio bene. Sei la mia migliore amica e mi fido di te. In fondo non ti sto chiedendo di scopare con un cesso. Patrick Herrmann è un bell'uomo, perfino la moglie di Harrison non ha saputo resistergli.»
«Appunto, pensi che possa interessargli io quando può avere una come la moglie di Harrison?»
«Stai tranquillo, cercherò di fare qualcosa io per allontanarlo dalla moglie di Harrison. A quel punto devi intervenire tu. Non te lo chiederei, se non fosse necessario, ma c'è di mezzo il nostro futuro. Qualora Herrmann dovesse riuscire a trascinarmi nella merda, non penso che chi mi ha commissionato quel lavoro farebbe alcunché per difendermi. È così che funzionano le cose, purtroppo. Finché sei utile, tutti ti mettono su un piedistallo. Quando non lo sei più, ti lasciano affondare da solo. Il CEO non farà certo eccezione.»
Qualunque cosa Gigi Di Francesco avesse in testa, per il momento aveva funzionato. Qualche giorno prima, in modo del tutto inspiegabile, Emma aveva annunciato a Patrick di volersi prendere una pausa di riflessione, perché non era convinta di volere mettere definitivamente fine al proprio matrimonio.
Se non avesse mai udito in modo del tutto accidentale quella conversazione tra i coniugi Di Francesco, Patrick avrebbe tentato di riconquistarla, se non altro perché non gli piaceva l'idea di essere messo da parte, ma c'era una situazione ben più importante di cui occuparsi ed era quella che riguardava la signora Kathy.
Aveva qualche anno in più di lui, ma era una signora piacente. Le sue attenzioni lo lusingavano, seppure fossero frutto di una precisa strategia di suo marito o, a quanto pareva, del suo ex marito. Gigi e Kathy interpretavano ancora la parte della coppia felice, il che non doveva essere molto difficile se Gigi comunque la definiva la sua migliore amica, tanto che Patrick a volte si era chiesto se avesse male interpretato quel loro dialogo, ma gli eventi degli ultimi giorni avevano smentito la sua ipotesi.
Quando il campanello suonò, Patrick andò ad aprire la porta. Accolse Kathy Di Francesco con un sorriso.
«Finalmente sei arrivata.»
«Già, finalmente» ribatté Kathy. «Morivo dalla voglia di vedere casa tua.»
«Non c'è problema. Te la posso mostrare subito.»
«Grazie... magari cercando di non metterci troppo tempo.»
Patrick ridacchiò.
«Sei una donna che va subito al dunque, a quanto vedo.»
«In questo ci somigliamo» rispose Kathy. «Mi sembra che anche a te piaccia andare subito al dunque.»
«Diciamo che non mi piace perdere tempo. So che non sei venuta qui per vedere casa mia.»
Kathy rise.
«Sono così scontata?»
«No, le altre donne non fingono di essere interessate a vedere il mio appartamento, in questo sei unica.» Patrick la guardò negli occhi. «Perché sei qui? Voglio dire, mi pare evidente, ma perché in questo momento? Mi hai sempre ignorato, in questi anni...»
«In questi anni ho sempre voluto essere fedele a Gigi, seppure sospettando che mi tradisse» gli raccontò Kathy. «Ora i sospetti sono diventati prove. Non mi sento più in obbligo nei suoi confronti. Spero che anche per te sia così, che tu non ti senta obbligato nei confronti di Emma. Non fa altro che flirtare con Harrison, si capisce che vorrebbe tornarci insieme.»
Patrick alzò le spalle.
«Mhm... ti dirò, non mi importa molto di Emma.»
Si rese conto in quell'istante di quanto fosse vero. Era molto più sincera la sua affermazione sulla Dupont che quella di Kathy sul rapporto con Di Francesco. Che Gigi l'avesse tradita o meno, erano una coppia soltanto ufficialmente, ormai.
L'argomento Emma doveva interessarle, oppure far parte di un copione già preparato, dal momento che Kathy insisté: «Quella giornalista da quattro soldi non ha buon gusto in fatto di uomini. Non so come faccia a piacerle Keith. Già ha fatto la pazzia di sposarselo, adesso vuole farne anche un'altra non divorziando.»
Patrick sbuffò.
«Sei venuta qui per parlare di Keith e di Emma?»
«No, certo.»
«E allora non parliamone. Se anche non esistessero, nessuno sentirebbe la loro mancanza, o quantomeno non la sentirei io. E adesso, vogliamo vedere casa mia oppure restare qui a fare delle chiacchiere?»
«Guardiamoci casa tua» rispose Kathy, «Magari iniziando dalla stanza da letto.»
Tutto sommato fare sesso con Kathy non fu così male. Se non avesse scoperto nulla di utile, quantomeno gli sarebbe rimasto un buon ricordo di quella serata. Dopo ascoltò i suoi discorsi senza né capo né coda, sperando che la Di Francesco decidesse di esporsi.
Si era ormai convinto che non sarebbe accaduto, quando Kathy lo smentì. A quel punto si erano già rivestiti e la moglie del team principal sembrava sul punto di andarsene, quando di colpo si sedette sul bordo del letto.
«Posso chiederti una cosa, Patrick?» gli domandò.
Patrick annuì.
Kathy abbassò lo sguardo.
«C'è un pensiero che mi tormenta, a proposito di mio marito.»
«Temi che possa scoprire che sei qui?»
«No, figurati. Quello che pensa mio marito di me non mi interessa più... tanto, se anche dovesse decidere di lasciarmi, dovrebbe comunque versarmi un assegno di mantenimento molto allettante.»
«È successo qualcos'altro, tra di voi, che non mi hai detto? Qualcosa di spiacevole, oltre i suoi tradimenti?»
Kathy scosse la testa.
«No, parlo del suo lavoro.»
«Che cosa potrebbe mai turbarti, nel suo lavoro?»
«Quello che è successo a Diaz.»
«Non è qualcosa di cui debba preoccuparti tu» la rassicurò Patrick. «Purtroppo è accaduta una disgrazia e...»
Kathy alzò gli occhi di scatto.
«Una disgrazia, la chiami? Eppure sei tu il primo a dire che c'è del marcio.»
«Non ho mai detto esattamente questo» chiarì Patrick. «Sono certo che quello che è successo sia stata una disgrazia. Nessuno aveva interesse che accadesse qualcosa del genere. C'è stata di sicuro una negligenza da parte della squadra, ma non perché, volutamente, si siano esposti a un rischio maggiore del dovuto.»
«Pensi che Gigi stia nascondendo qualcosa?»
«Sì, certo. Per lui la squadra viene prima di tutto, o almeno quella parte della squadra che è ancora in vita. Piuttosto che mettere in cattiva luce certe persone che occupano posizioni di un certo rilievo preferisce fingere che sia stata tutta colpa di Emiliano.»
«Per te è così importante affermare che la colpa non sia del pilota?»
«Emiliano non merita di prendersi responsabilità che non ha» disse Patrick, con schiettezza. «Non mi piace l'idea che ci sia chi si sta parando il culo additandolo come la causa della sua stessa morte. Non posso fare a meno di chiedermelo: Di Francesco farebbe lo stesso anche con me?»
Kathy obiettò: «Sei il suo migliore pilota. Mio marito non farebbe mai nulla che possa metterti in pericolo. Dopo quello che è successo a Diaz, inoltre, la squadra sa di non potersi più permettere certe leggerezze.»
«Leggerezze, dici» ripeté Patrick. «Quindi lo sai anche tu?»
«Cosa?»
«Che qualcuno non ha lavorato bene, o quantomeno non bene abbastanza per evitare che accadesse una disgrazia.»
«No, io non so niente» si difese Kathy. «Io e Gigi non parliamo mai del suo lavoro. Non mi è mai interessato il suo lavoro.»
Patrick osservò: «Ecco finalmente la Kathy che ho sempre conosciuto.»
La moglie di Gigi Di Francesco lo ignorò.
«Gigi mi è sembrato molto teso, ultimamente. Quello che è successo a Diaz l'ha segnato profondamente, anche se tu credi non sia così.»
«Se davvero l'ha segnato così profondamente» replicò Patrick, «Potrebbe risparmiarsi la sua commedia.»
«Sai qual è il tuo problema, Patrick? Che vuoi vedere per forza le cose da una prospettiva peggiore di quella reale. Che senso avrebbe adesso puntare il dito contro questo o contro quell'altro? Si è una squadra sempre, anche nei momenti negativi. Bisogna andare avanti. So che è brutto a dirsi, ma il tuo non è il modo giusto di ricordare Emiliano Diaz. La tua insistenza potrebbe addirittura arrivare a infangare la sua reputazione.»
«Non vedo come.»
«In ogni caso non ti porterà molto lontano. Ti servirà solo a farti dei nemici.»
«Di nemici ne ho già abbastanza da potere sopportare l'idea di farmene degli altri.»
«Anche arrivando al punto di essere tu stesso quello che rema contro la squadra?»
«Io non remo contro nessuno. Non voglio infangare nessuno, voglio solo che Emiliano non venga infangato, tutto qui.»
Kathy fece un sospiro.
«Sarà difficile andare d'accordo con te.»
«Per chi?»
«Per me. Naturalmente spero di ricevere altri inviti, da te. È stata una bella serata, nonostante tutto, non vorrei che fosse l'unica.»
Si alzò in piedi e uscì dalla stanza. Patrick la seguì, seppure realizzando che Kathy non aveva bisogno di essere accompagnata alla porta. La guardò andare via, già sicuro che non sarebbe stato il loro unico incontro clandestino. Se Gigi Di Francesco si era scomodato di organizzare tutto quel teatrino, probabilmente garantendole in cambio un assegno di mantenimento molto più alto di quello a cui Kathy avrebbe avuto diritto, doveva esserci una ragione ben precisa. Fino a poco tempo prima Patrick avrebbe affermato con certezza che il team manager voleva soltanto coprire un errore del team, ma doveva esserci qualcosa di più: Di Francesco era sempre stato in grado di difendersi dalle accuse che Patrick gli aveva rivolto, non avrebbe avuto bisogno di fare altro.
Si incontrarono più volte, nelle settimane che vennero. Kathy si spinse più di una volta a parlare della morte di Emiliano Diaz, cercando di mettere a freno i sentimenti negativi di Patrick per quella vicenda. Non si espose, tuttavia, mai al punto di destare qualche sospetto concreto. Qualunque fosse il timore di Gigi Di Francesco, aveva istruito la sua consorte bene abbastanza da non far trapelare nulla.
Con il tempo, Patrick smise di considerare quella relazione come una necessità. Iniziò a convincersi che Kathy stesse diventando sincera nei suoi confronti. Quando Emma gli annunciò ufficialmente di essere tornata insieme a Keith Harrison, le riferì a cuore leggero di averla rimpiazzata.
«Non mi importa, ormai ho un'altra donna.»
«Ah, sì? E chi sarebbe?»
«Non posso dirtelo.»
«Tu che non ti vanti di una tua conquista? Non è possibile.»
Patrick azzardò: «Forse ti sei fatta un'idea sbagliata di me.»
«O forse pensi che io sia scema» ribatté Emma. «Credi davvero che non mi sia accorta che stai combinando qualcosa con la Di Francesco?»
Patrick mise in chiaro: «Non sono affari che ti riguardano.»
«Lo so bene che non sono affari miei» convenne Emma, «E non voglio nemmeno che lo diventino. Voglio solo chiederti se sei consapevole del casino che potrebbe uscirne fuori, se la vostra storia venisse alla luce.»
«So quello che faccio.»
«Permettimi di dubitarne.»
«Se la cosa ti infastidisce, avresti dovuto pensarci prima, invece di andare a riprenderti tuo marito.»
«Sono felice di essermi ripresa mio marito, non preoccuparti per me. Piuttosto, cerca di metterti delle preoccupazioni per te stesso. Farai una brutta fine, quando Di Francesco scoprirà che ti scopi sua moglie.»
******
La sprint race dell'evento di Imola vide Nakamura beffare i due contendenti al titolo, tagliando per primo il traguardo. Christine Strauss ed Edward Roberts si classificarono in seconda e terza posizione, guadagnando rispettivamente due e un punto, che abbassò ulteriormente il gap in classifica: l'austriaca, infatti, saliva a quota novantasette, una sola lunghezza di distacco dai novantotto del pilota inglese. Se anche il giorno successivo avessero occupato posizioni ravvicinate, c'era la possibilità di avere un finale piuttosto scoppiettante al Gran Premio di Montecarlo che avrebbe chiuso la stagione.
In altri momenti Oliver si sarebbe lasciato trascinare dall'entusiasmo, ma aveva questioni più importanti che gli passavano per la testa, durante quella giornata trascorsa ad attendere pazientemente che arrivasse la sera. Doveva parlare con Emma Dupont di una faccenda molto seria, ma non poteva farlo prima del termine dei loro impegni lavorativi. Conosceva la collega abbastanza da sospettare che non lo sarebbe stato a sentire. Sarebbe stato già abbastanza difficile tenere una certa conversazione con lei nel corso della serata, Oliver non voleva complicarsi ulteriormente la vita, anche se quell'attesa gli pesava.
Fortunatamente Emma non si oppose a incontrarsi dopo cena, a condizione che lo facessero all'aperto e non nella stanza d'albergo in cui l'aveva invitata. Così si trovarono all'esterno e Oliver era talmente preso dai propri pensieri che quasi non si accorse dell'arrivo della Dupont, costretta ad agitargli una mano davanti agli occhi con insistenza per attirare la sua attenzione.
«Sei ancora tra noi?»
«Sì, più o meno.»
«Perché mi hai fatta venire qui? Non fa molto caldo stasera.»
«Non ti ho chiesto io di raggiungermi qui» puntualizzò Oliver. «L'hai voluto tu. Per quanto mi riguarda, avremmo potuto vederci in camera.»
«No, grazie. Non ho l'abitudine di trovarmi da sola in una stanza d'albergo insieme a quelli della tua età.»
«Sei fuori strada, Emma. Ti sei fatta un'idea sbagliata.»
«Non mi sono fatta idee, in realtà. Ho preferito evitare che te ne facessi tu. Sbaglio o è successo qualcosa con la tua amica? Mi sembra che oggi abbia cercato di evitarti.»
Oliver sbuffò.
«Meno male che non ti sei fatta idee! Credi davvero che, se le cose tra me e Selena dovessero andare male, cercherei di consolarmi con te? Ti sbagli di grosso, ti devo parlare di tutt'altro.»
Emma alzò gli occhi al cielo.
«Oh, no!»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Per caso ti dispiace?»
«No, figurati, ma mi ero illusa che non volessi vedermi per discutere di Patrick Herrmann» replicò Emma. «Avrei dovuto aspettarmelo, sei letteralmente ossessionato da lui, ormai.»
«Sei libera di pensare che la mia sia un'ossessione» ribatté Oliver, «Ma voglio solo fare luce su quello che gli è accaduto, o meglio, su quello che è accaduto a lui e a tuo marito.»
«È stato un incidente, solo un terribile incidente.»
«Questa almeno è la versione ufficiale.»
«La versione ufficiale spesso è quella più vicina alla verità» puntualizzò Emma. «Se qualcuno avesse avuto davvero qualcosa da nascondere, sarebbe stato smascherato molto tempo fa, o quantomeno additato da qualcuno come responsabile di quella tragedia. Ti sei mai chiesto perché non sia successo?»
«Non è successo perché chi aveva il controllo della situazione ha giocato molto bene le proprie carte» rispose Oliver. «Comunque non importa quale sia il tuo pensiero in proposito. Non voglio farti delle domande sull'incidente o sul tuo rapporto con Patrick... o meglio, in un certo senso sì, c'è una cosa che devo chiederti, su come sia finita la vostra relazione...»
«Che palle, Oliver!» sbottò Emma. «Come te lo devo spiegare? Ho capito di amare ancora Keith, che non volevo buttare via tutto per una ridicola sbandata. Ho chiuso con Patrick e sono tornata insieme a mio marito. Non c'è niente di più di questo.»
«Eppure io conosco un'altra versione dei fatti» azzardò Oliver, sebbene fosse un modo esagerato di descrivere ciò che aveva ricordato.
«Chi ti ha parlato di me e di Patrick?»
«Questo non ha importanza.»
«Oh, sì che ne ha. Non mi piace per niente l'idea che ci sia gente che spettegola su di me, per giunta insieme ai miei colleghi. O hai letto delle cazzate in qualche gruppo social dove si parla delle wag del motorsport? Non fidarti delle scemenze che scrivono in quegli spazi.»
«Non seguo i profili delle fangirl innamorate delle mogli e delle fidanzate dei piloti» la rassicurò Oliver. «Non importa se e con chi abbia parlato di te, non è una cosa che ti riguardi.»
«Questo, se permetti, spetta a me deciderlo.»
«Hai ragione, ma mi sono solo espresso molto male. Non è esattamente che qualcuno mi abbia parlato di te.»
«Oliver, sto iniziando a rompermi le scatole» lo avvertì Emma. «Ho accettato di incontrarti perché pensavo dovessi dirmi qualcosa di importante, non per sentirti fare mezze allusioni al mio passato. Ti è così difficile accettare l'idea che io abbia avuto una storia con Patrick Herrmann e poi ci abbia ripensato?»
«È questo il punto» mise in chiaro Oliver. «Ci hai ripensato e mi hai detto che l'hai fatto perché amavi tuo marito. Ci sta. Però fino a poco tempo prima eri pronta a chiudere con lui, pur di stare con Patrick, quindi non ti doveva essere così tanto indifferente come lo descrivi adesso.»
«No, non mi era indifferente, ma a volte capita di commettere degli errori.»
«C'è stato qualcosa che ti ha convinta che si trattasse di un errore?»
Emma abbassò lo sguardo.
«Sì.»
«Puoi dirmi che cosa?»
«Non vedo perché dovrei.»
«Lo so, al momento ti può sembrare una cosa da niente, ma sono certo che non lo sia» insisté Oliver. «Penso che Gigi Di Francesco sia in qualche modo coinvolto nella tua rottura con Patrick.»
Emma scosse la testa.
«Oh, no, non è per niente così. Non ho mai parlato con Gigi Di Francesco della mia vita privata. A un certo punto Keith mi ha chiesto di riprovarci e io ho accettato, tutto qui.»
«Com'erano i tuoi rapporti con Keith prima di quel giorno?»
«Non c'erano rapporti. Da quando aveva scoperto che stavo con Patrick ci parlavamo a malapena.»
«Ritieni possibile che Gigi Di Francesco abbia in qualche modo cercato di convincere Keith a chiederti di tornare insieme?»
«Potrebbe essere, ma perché lo vuoi sapere? Che importanza ha?»
«Ha importanza. Ne ha tantissima. È l'ennesimo indizio sull'esistenza di un complotto. Considerato che quel complotto si è concluso con la morte sia di Patrick sia di Keith, è fondamentale per me raccogliere ogni indizio possibile.»
«È per questo che sei in crisi con Selena?»
«Non la chiamerei una vera e propria crisi. Ci frequentiamo da poco, dopotutto. Non c'è mai stato niente di davvero serio tra di noi.»
«Sì, me l'hai già detto, ma non ne sembravi molto convinto. Si capisce che ti piace molto e l'impressione che ho avuto è che per lei sia la stessa cosa.»
«Comunque no» ribadì Oliver, «Non è questa la ragione per cui ci sono stati dei problemi tra me e Selena. Anzi, se devo essere sincero, non posso nemmeno dire di avere dei problemi con lei. È una situazione strana, tutto qui.»
«Con te non c'è niente che non sia strano» replicò Emma. «A volte mi chiedo chi sei veramente.»
«Sono quello che vedi.»
«No, sento che c'è di più.»
«Un'altra fissata con l'idea che io abbia degli scheletri in cantina?»
Emma rise.
«No, non penso che tu abbia degli scheletri in cantina. Non mi sembri il tipo. Però qualcosa da nascondere ce l'hai di sicuro.»
Oliver alzò le spalle.
«Tutti abbiamo qualcosa da nascondere.»
«Tu un po' più degli altri, ma non è un male. L'essere così misterioso ti rende più affascinante.»
«Ci stai provando con me?»
«No, figurati, sei troppo giovane. Diciamo solo che mi ricordi qualcuno con cui sono stata insieme in passato.»
Oliver ridacchiò.
«Mi stai paragonando a Patrick Herrmann?»
Emma indietreggiò.
«Come hai fatto a capirlo?»
«Veramente scherzavo.»
«Io no. C'è qualcosa, in te, che mi ricorda lui, anche se non riesco a capire cosa. Dopotutto ti comporti in modo molto diverso e sei molto meno stronzo. Eppure, quando penso a te, mi torna sempre in mente Patrick.»
«L'idea di essere paragonato a un pilota per cui ho sempre nutrito molta stima mi lusinga, ma credo di non avere tante cose in comune con lui.»
«Lascia stare, era solo una riflessione. Dimenticala.»
«Okay, la dimenticherò, non preoccuparti.»
******
Qualcosa era cambiato, il vento non c'era più e doveva avere appena smesso di piovere. Dentro di sé, però, Oliver era sempre lo stesso di sempre e cercava le stesse risposte di sempre, pur senza la certezza che Keith Harrison potesse fornirgliele.
L'altro si guardò intorno, quando lo vide arrivare.
«Oggi Selena non dorme con te?»
«No.»
«Ne sei sicuro? Non apparirà di nuovo, come l'altra volta?»
«Selena se n'è andata nel corso della scorsa notte lasciandomi un biglietto» spiegò Oliver. «Mi è sembrato di capire che non se la senta di stare vicina a me in questo momento. Avrei voluto chiederle conferma, ma non sono riuscito a parlarle di persona oggi. Quindi stai tranquillo, Selena non ci sarà.»
«Per me non è un problema» chiarì Keith. «È una situazione che posso affrontare. Eri tu quello un po' sconvolto.»
Oliver tagliò corto: «Non voglio parlare di Selena.»
«Non so se esserne sollevato o se preoccuparmi.»
«Non sei obbligato a prendere una posizione. Ti devo chiedere una cosa su Emma.»
«Come sta?»
«Bene, ma ti ho detto che devo chiederti una cosa su Emma, non che potevi farmi delle domande su di lei. È una fortuna che io sia qui, perché parlarne con lei non è servito a molto.»
«Parlarle di cosa?»
«Di quando siete tornati insieme, dopo che lei aveva deciso di lasciare Patrick.»
«Perché gliel'hai chiesto?»
«Perché ho ricordato qualcosa. C'entra Kathy Di Francesco.»
«Con me ed Emma?»
«Non proprio. Ti racconterò io quello che è successo, tu mi confermerai solo se è vero: dopo avere scoperto che Emma ti aveva tradito con Patrick, non ne volevi più sapere di lei. Hai cercato in tutti i modi di non averci a che fare, se non quando eri costretto durante le interviste...»
Keith interruppe quella ricostruzione: «Diciamo pure che alcune sono riuscito a evitarle.»
Oliver lo ignorò.
«A un certo punto, tuttavia, hai deciso di fare un passo indietro. Hai capito che, se volevi avere la speranza di tornare insieme a lei, dovevi comportarti in un altro modo. Hai cercato di venirle incontro, le hai chiesto di vedervi e le hai espresso il desiderio di tornare insieme. Però non te ne sei convinto da solo. È stato Gigi Di Francesco a convincerti che la cosa giusta per te era tornare insieme a tua moglie.»
«Sì, obiettivamente parlando, almeno quella volta ha fatto una cosa utile» confermò Keith. «Mi ha fatto piacere che si preoccupasse così tanto per me.»
«Non si preoccupava per te.»
«Sì, invece. Lo so, in molte occasioni si è comportato da stronzo, ma in quella...»
Oliver lo interruppe: «Te lo ripeto, Harrison, a Gigi Di Francesco non importava un fico secco dei tuoi sentimenti. Gli serviva solo un modo per allontanare Emma e Patrick e ne avrebbe trovato un altro, se tu non avessi collaborato.»
«Tutto ciò non ha senso» obiettò Keith. «Perché Di Francesco avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che faceva Emma nella sua vita privata?»
«Non gli importava niente né di Emma né di te, infatti» precisò Oliver. «Gigi Di Francesco aveva bisogno che la sua ex moglie Kathy, con la quale ai tempi fingeva ancora di stare insieme, diventasse l'amante di Patrick. Ora, sicuramente Patrick era abbastanza sensibile al fascino femminile, ma Di Francesco voleva essere sicuro che non la snobbasse. Quindi ha deciso di togliere di mezzo Emma, perché Kathy potesse avere campo libero e potesse instaurare una relazione clandestina con Patrick. Non bastava che andassero a letto insieme solo una volta o due.»
«Perché non bastava? Se lo scopo di Di Francesco era solo quello di trovare un pretesto per cacciarti... ehm, per cacciare Patrick dalla squadra, a cosa gli serviva che ci fosse una relazione duratura tra lui e Kathy?»
«Ho ricordato una cosa, Keith» gli confidò Oliver. «Ho ricordato che Patrick sapeva tutto. Sapeva perfettamente che Kathy e Di Francesco erano d'accordo. Ha deciso di spontanea volontà di infilarsi in quella situazione e l'ha fatto per uno scopo, che non era certo quello di dare a Di Francesco un pretesto per buttarlo fuori dalla squadra.»
«Questo, però, non cambia il punto di partenza» replicò Keith. «Che importanza ha che Patrick lo sapesse? Lo scopo di Gigi doveva essere quello.»
Oliver scosse la testa.
«No, lo scopo di Gigi Di Francesco era che Kathy potesse scoprire se Patrick sapeva qualcosa di preciso sulla faccenda di Diaz. Finora siamo sempre partiti dal presupposto che quella che Patrick sbandierava ai quattro venti sull'incidente - una negligenza del team - fosse la verità. Di Francesco, però, era davvero preoccupato, se ha deciso che doveva essere tenuto sotto controllo. Patrick ha accettato quel controllo proprio per scoprire cosa ci fosse sotto.»
«E l'ha scoperto?»
«Se l'avesse scoperto, lo saprei anch'io. Ricordo solo che Kathy non sembrava molto tranquilla, quando parlava delle faccende che riguardavano suo marito, un po' come se sapesse a sua volta che c'era qualcosa di più. Quando Patrick ha perso il volante, deve essersi convinto che era meglio lasciare stare e non indagare più a fondo, concentrandosi su ciò che poteva essere facilmente sospettabile. Dopo l'ingaggio da parte della Dynasty, infatti, ha ripreso a parlare degli errori della Whisper che erano costati la vita a Diaz. Però credo che, arrivati a questo punto, sia meglio chiedercelo: siamo sicuri che si trattasse di un tragico errore? Che Emiliano Diaz sia morto perché qualcuno ha sbagliato e non perché qualcuno l'ha mandato deliberatamente a morire?»
Keith spalancò gli occhi.
«Che cazzo stai dicendo, Patrick?!»
«Ti ho già detto che preferisco essere chiamato Oliver.»
«Non me ne importa un cazzo di quale nome preferisci! Cos'è questa nuova storia? Se c'era una certezza, era che almeno l'incidente di Emiliano non fosse avvenuto in malafede.»
«Solo perché qualcosa viene considerato una certezza, non significa che sia esatto» sentenziò Oliver. «Abbiamo dato per scontato qualcosa che non lo era. Siamo partiti dalla... mhm... dalla nostra morte, se così la vogliamo chiamare. Pur essendo convinti che il punto di partenza fosse Diaz, abbiamo pensato che fosse solo una parte del tutto. Invece no, Emiliano era il fulcro di questa storia. Siamo stati fatti fuori perché qualcuno temeva fossimo al corrente di fatti che in realtà non sospettavamo nemmeno.»
«E Emiliano, perché sarebbe stato eliminato?»
«Ho un sospetto, ma è un'idea disgustosa. Preferisco non parlartene, per il momento.»
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