venerdì 21 maggio 2021

Il Sussurro della Farfalla - Puntata n.17 (blog novel)

La puntata di oggi inizia con un flashback, per poi proseguire con un'ambientazione presente. Sia il passato sia il presente hanno in comune il tenpo di ambientazione: i giorni che - come nella nostra realtà - precedono il Gran Premio di Montecarlo.
Ritroviamo, andando avanti, Keira in un ruolo neanche troppo marginale l, mentre c'è una maggiore partecipazione anche per Alexandra e il dottor Parker. Detto questo non aggiungo altro, a parte augurarvi buona lettura.


Emma si sedette al posto di guida, chiuse la portiera e fece per allacciarsi la cintura di sicurezza. Ci ripensò: era giunto il momento di fare un altro tentativo, perciò decise di rifare a Keith la domanda alla quale suo marito non aveva voluto rispondere poco prima.
«Adesso potresti spiegarmi, per filo e per segno, cosa sta succedendo? Cosa vuole Patrick Herrmann da te?»
Si aspettava un altro rifiuto, ma Keith la sorprese in positivo.
«Mi dispiace se prima sono stato così brusco, quando ti ho detto che non volevo parlarne. Temevo che qualcuno potesse sentirci.»
Emma replicò: «Non c'era nessuno, non sarebbe successo.»
«Non si sa mai» insisté Keith. «Preferisco non correre rischi.»
«Ne stai già correndo» puntualizzò Emma. «Conosco bene Patrick. Non devi fidarti di lui, per nessuna ragione al mondo.»
«Non è stato Patrick a chiedermi di vederci, sono stato io a contattare lui.»
«Lo so, ma questo non c'entra. Te l'avevo detto, non avresti dovuto farlo. Non...»
Keith non la lasciò finire.
«Ho iniziato ad avere, negli ultimi tempi, il sospetto che Patrick avesse ragione sull'incidente di Emiliano. Ho provato anche a parlarne con Di Francesco...»
«Non avresti dovuto» obiettò Emma. «Di Francesco ti ha sempre messo su un piedistallo, non dovresti rischiare di incrinare i tuoi rapporti con lui.»
«Ho il diritto di chiedergli cosa sia successo.»
«Sì, certo, ma cerca di non metterlo troppo sotto pressione. Potrebbe essere controproducente anche per te. Ricordati che il signor Di Francesco è sempre stato dalla tua parte.»
Keith sospirò.
«Un giorno dovrai spiegarmi come mai hai un debole per lui.»
«Non ho un debole per il signor Di Francesco. Diciamo che è una delle poche persone che hanno sempre riconosciuto i miei meriti. Non ha mai osato affermare che io mi sia messa con te per fare carriera.»
«Questo basta per renderlo degno della tua ammirazione, nonostante tutto?»
«Questo basta per sapere che c'è almeno qualcuno che mi apprezza per le mie qualità e non per quale sia il mio cognome da sposata. Non è una cosa che succede tutti i giorni. Non sai quanto sia difficile essere considerata da tutti solo come tua moglie.»
«Mi dispiace che te lo facciano pesare» ammise Keith, con sincerità, «Ma non possiamo fare ruotare il mondo intero sul fatto che Di Francesco non sia come gli altri. Purtroppo credo che, con Diaz, la squadra abbia fatto un errore madornale... e la squadra la dirigeva e la dirige lui.»
«Capisco cosa vuoi dire, ma non è una buona ragione per riporre fiducia in uno come Patrick Herrmann» precisò Emma. «Perché ci tenevi così tanto a chiedergli spiegazioni a proposito di quello che è successo a Imola? Ritieni di potergli credere?»
«Sì.»
«Sei un illuso, Keith.»
«No, Emma, non sono un illuso. Quello che mi ha raccontato Patrick è plausibile... e soprattutto, in questo, siamo entrambi dalla stessa parte.»
Emma sbuffò.
«Patrick Herrmann non è affidabile! È uno stronzo!»
«Lo so benissimo che è uno stronzo e che non ci si può fidare di lui» ribatté Keith, «Ma stavolta devo farlo. A volte non importa chi siano le persone coinvolte, bisogna prendere una posizione comunque.»
«E, sentiamo, tu che posizione vorresti prendere?»
«Non lo so, questa storia mi è piovuta addosso da un giorno all'altro, ma qualcosa devo farlo...»
«Allearti con Patrick non è la scelta migliore.»
«Ti prego, Emma, se proprio non vuoi sostenermi, almeno stanne fuori.»
«Prima mi chiedi di fare da intermediaria con la ragazza di Patrick, poi di restarne fuori... Prendi una cavolo di decisione, Keith, non posso stare dietro ai tuoi sbalzi d'umore.»
«Sono io che ho chiesto a te di decidere cosa vuoi fare. Se non ti va bene passare a Selena Bernard eventuali messaggi, fai pure, ma dimmelo chiaramente.»
«Vorrei soltanto che non ci fossero messaggi» chiarì Emma. «Voltare le spalle a Di Francesco per stare a sentire Patrick non mi sembra una buona idea.»
«Di Francesco ha già voltato le spalle a me» precisò Keith. «Ti rendi conto che ha deciso di vendere il mondiale a mia insaputa?»
«Non parlerei propriamente di vendita.»
«Si tratta comunque di uno scambio, dal quale finirei per rimetterci.»
«Sei sicuro che, dando ascolto a Patrick Herrmann, le cose potrebbero davvero andare diversamente? Finora ha recitato la parte del santo, evitando di proposito di vincere a Imola, ma continuerà così?»
«Non so cosa farà Patrick, ma so cosa posso fare io.»
«No, non lo sai. Non c'è niente che tu possa fare.»
«Hai ragione, sembra non ci siano speranze... ma non intendo lasciare perdere. Voglio andarci a fondo, prima o poi. Tra pochi giorni sarà tutto finito. Allora, quando il mondiale sarà terminato, non avrò più niente da perdere. Potrò cercare di capire, potrò fare a Di Francesco le domande che mi passano per la testa adesso...»
Emma si prese la testa tra le mani.
«Insomma, sei proprio deciso a farti cacciare dalla Whisper, anche tu.»
«Io non mi sono scopato Kathy Di Francesco.»
«Herrmann sarebbe stato cacciato lo stesso.»
«È quello che pensa anche lui. È convinto che tutto sia partito dalle sue insinuazioni su Diaz, che Kathy sia stata solo una scusa.»
«Va bene, sarebbe stato cacciato via comunque, questo non lo nego, Patrick Herrmann non sa proprio più cosa inventarsi per dare alla sua vita sentimentale una connotazione meno negativa di quella che è.»
«Se pensi che ci sappia fare così poco con le donne, perché in passato sostenevi che fosse il grande amore della tua vita?»
«Perché ero un'idiota. Mi aveva plagiata, un po' come sta plagiando anche te, adesso.»
«No, ti sbagli, io non intendo affatto andarci a letto.»
«Non parlavo di questo, cretino. Ti sta comunque plagiando. Ti sta apparendo degno di fiducia, quando in realtà non lo è.»
Keith sospirò.
«L'ho capito, Emma, Patrick ti sta sulle palle. Non preoccuparti, sta sulle palle anche a me, ma nella vita non si può basare tutto sulle simpatie personali, ti pare?»
Emma annuì.
«Sì, lo so, ma non riesco a fare a meno di pensare che l'unico scopo di Patrick sia quello di fregare sia te sia il signor Di Francesco.»
«È un rischio che bisogna correre» rispose Keith, ostentando sicurezza. «Non sempre possiamo fare ciò che l'istinto ci suggerisce. Dobbiamo essere razionali, se non vogliamo andare incontro a fregature.»
«Il modo migliore per non andare incontro a fregature» replicò Emma, «è avere le idee ben chiare su chi ci rispetti abbastanza da mettersi a fare affari con noi.»
«Il rispetto è importante, ma rimane relativo» ribatté Keith. «Magari un giorno o l'altro capiterà anche a te: chi ti ha sempre screditata starà al tuo fianco, mentre chi ti portava su un piedistallo ti pugnalerà alle spalle.»
Emma fece un mezzo sorriso.
«Spero di no.»
«Anch'io lo spero» la rassicurò Keith, «Ma non si può mai essere davvero sicuri al cento per cento di niente.»

******

Oliver non avrebbe saputo quantificare il tempo trascorso seduto sul letto, con il telefono ancora in mano. Selena lo sorprese in quella posa, quando rientrò in camera con l'intento di prendere i propri effetti personali per poi andarsene.
Si accorse subito che qualcosa non andava e gli domandò: «Cos'è successo?»
Oliver alzò gli occhi.
«Ti prego, non tornare a casa» la supplicò. «È meglio che tu rimanga qui.»
Selena scosse la testa.
«Ne abbiamo già parlato. Tu stesso avevi detto che separarci, per il momento, era la soluzione migliore, che avevi delle cose da fare.»
«Sì, avevo molte idee, ma è cambiato tutto» replicò Oliver, con amarezza. «Dobbiamo ripensare completamente alla nostra strategia.»
«Perché, avevamo una strategia?»
«Dobbiamo ripensarci comunque.»
Selena lo guardò negli occhi.
«Si può sapere cos'è capitato? È cambiato qualcosa? E in che modo mi riguarda?»
«Emma Dupont è morta» le riferì Oliver. «La mia collega, quella di...»
«Sì, ho capito di chi si tratta» lo interruppe Selena. «Com'è accaduto?»
«Ero al telefono con il nostro capo, poco fa. Mi ha riferito che è stata uccisa stamattina. Stava uscendo di casa per andare a correre. Non è chiaro se l'assassino l'abbia sorpresa sulla porta di casa o se sia stata lei a farlo entrare.»
Selena spalancò gli occhi.
«Emma?! Uccisa?! E da chi?»
«Chi l'ha uccisa si è guardato bene dal lasciare un bigliettino con la firma» rispose Oliver. «Se il dottor Parker è Tommaso Di Francesco, ci sono buone probabilità che non sia stato Tommaso Di Francesco a farla fuori, dato che si trova qui a Milano. O almeno, è molto probabile che si trovi ancora qui a Milano.»
Selena lo ignorò.
«Il tuo capo ti ha detto qualcos'altro?»
«Solo che cercava di raccogliere informazioni, o più verosimilmente pettegolezzi. Al momento non si sa ancora molto.»
«È possibile, comunque, che Emma sia stata uccisa durante una rapina?»
«Tutto è possibile, ma ho la vaga impressione che non sia andata così. Emma sapeva troppe cose, a proposito della faccenda di Patrick e Keith.»
«Cosa sapeva esattamente?»
«Niente di pericoloso, in realtà. Solo, per un certo periodo, anni prima, aveva lavorato per Gigi Di Francesco e aveva un buon rapporto con lui. Diciamo che il team principal della Whisper la ammirava... e non era tanto frequente che ammirasse qualcuno. È molto probabile che a suo tempo si sia lasciato scappare qualche parola, con lei. Emma, però, non deve essersene mai resa conto. Ritengo molto probabile che non si rendesse nemmeno conto di sapere troppo.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Oh, merda.»
Oliver osservò: «È la prima volta che ti sento esprimerti così.»
«Scusami.»
«Non ti devi scusare. Immagino che tu sia molto sconvolta.»
«Diciamo di sì.»
«Se vuoi tornare a casa, ovviamente...» iniziò Oliver, per essere bruscamente interrotto.
«Hai ragione tu, è meglio non tornare a casa, per il momento.»
«Non vorrei che ti sentissi forzata da quello che ho detto, però.»
«No, figurati, non mi sento affatto forzata» replicò Selena, alzando gli occhi. «Penso sia più sicuro andare da qualche altra parte, anche se non so dove. Chi ha ucciso Emma potrebbe sapere che sono qui. Al giorno d'oggi è facilissimo venire a sapere dove sono le persone.»
«C'è qualcuno di cui pensi di poterti fidare ciecamente?»
«Di me stessa e di te.»
Oliver fece un sorriso.
«Mi fa piacere che tu mi includa nella lista.»
«So chi sei» borbottò Selena. «Temo di averlo sempre saputo.»
«Sì, sono un gran rompiscatole» azzardò Oliver, «Ma sono affidabile. È questo che vuoi dire, giusto?»
Selena negò.
«Voglio dire che sei Patrick, o qualcosa del genere. La sua reincarnazione, qualcosa di simile...»
«Immagino che, arrivato a questo punto, non abbia senso negare.»
«No, non ha senso. C'ero, nei tuoi sogni, e non erano davvero sogni.»
«Mi stai dicendo che ricordi tutto?»
«Sto dicendo che ricordo abbastanza da sapere quello che basta.»
Oliver le confidò: «Mi dispiace. Non avrei mai voluto che andasse così.»
«Non è un problema, per me» ribatté Selena. «Anzi, il fatto che tu sia Patrick dà un senso all'attrazione che ho sempre provato nei tuoi confronti, fin dal primo momento in cui ti ho visto.»
«Così mi lusinghi.»
«No, è la verità.»
Oliver obiettò: «Non sono sicuro che Patrick meriti tutta questa considerazione. Penso di essere diventato una persona molto migliore, in questa mia seconda vita. Non rimpiango nulla di chi ero. Vorrei tanto non essere mai stato Patrick Herrmann, o quantomeno non avere mai ricordato il mio passato.»
Selena puntualizzò: «Il passato non conta così tanto, anche se non facciamo altro che attribuirgli importanza. Guarda avanti, Oliver. Guarda avanti, non guardare indietro. Dobbiamo sforzarci di farlo entrambi.»
«Mi stai dicendo» dedusse Oliver, «Che la tua attrazione nei miei confronti è superata, che dobbiamo superare entrambi quello che abbiamo pensato di provare l'uno per l'altra?»
«Non sto dicendo niente di tutto ciò» replicò Selena. «La gente prende le relazioni sentimentali troppo sul serio, per quanto mi riguarda. Credo sia meglio vivere tutto come viene, invece di fare programmi in ogni singolo momento. Non lo so cosa ne sarà di noi tra una settimana, tra un mese, tra un anno... Non lo so ed è giusto così. Adesso abbiamo altro di cui occuparci. Pensi che Emma sia con Keith adesso?»
«Non lo so. Spero per loro di sì.»
«Quindi Keith potrebbe sapere chi ha ucciso Emma.»
«Già» confermò Oliver. «Keith potrebbe sapere chi ha ucciso Emma, in caso lei l'abbia raggiunto. Però non ha importanza. Anche in questa stanza c'è chi sa chi ha ucciso Emma.»
Selena aggrottò la fronte.
«Tu sai chi ha ucciso Emma?»
«No, ma è molto probabile che sia tu a saperlo» dichiarò Oliver. «Deve essere stata la stessa persona che ha tentato di fare del male a te.»
«Non puoi essenre certo. Quella persona, dopotutto, mi ha aggredito a Imola. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere ancora là.»
«Coprirlo non migliorerà certo la situazione.»
«Non lo sto coprendo.»
«Emma è morta» le ricordò Oliver. «Quella persona potrebbe averla uccisa e tu preferisci tacere. Va bene che per te avere dei segreti è lo standard, ma non ti pare di avere oltrepassato il limite, stavolta?»
«Non sto oltrepassando alcun limite» replicò Selena, con fermezza. «La persona che ha aggredito me non aveva alcun bisogno di uccidere Emma Dupont.»
«Come fai a saperlo?»
«Sono stata aggredita perché a Imola ho visto qualcuno che non dovevo vedere. A quel qualcuno, per non farsi vedere da Emma, sarebbe bastato evitare di andare a casa sua.»

******

Quando sentì bussare alla porta, Alexandra uscì e la richiuse alle proprie spalle. Aveva appuntamento con Edward Roberts, ma non intendeva farlo entrare in camera. L'amico di sua figlia la salutò con un sorriso: un sorriso che Alexandra avrebbe tanto desiderato far sparire dal suo volto.
Sapeva perché Roberts le aveva chiesto di vedersi e non si sorprese affatto quando glielo sentì dire esplicitamente.
«Sono venuto a salutarla. Stasera me ne vado. Non ha più senso che io stia qui.»
Alexandra gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Invece ne ha eccome. Non so se si rende conto di quello che è successo.»
«Sì, Selena è andata via» rispose Edward, «Me ne rendo conto perfettamente. Non abbiamo ragione di preoccuparci. Nonostante per tutta la giornata di ieri non abbia risposto al telefono, ieri sera si è fatta viva, spiegandoci perché ha lasciato la clinica.»
«E non ha senso che lei rimanga?» sbottò Alexandra. «Non capisce che è l'unico che, in qualche modo, può risolvere questa situazione?»
«Non c'è niente che io possa fare» insisté Edward. «Mi dispiace, signora Alexandra, ma la mia vita non può ruotare intorno alle decisioni di Selena. Ha lasciato la clinica perché non aveva più senso per lei rimanervi, tutto qui.»
«Mia figlia è da qualche parte insieme a Oliver Fischer» gli ricordò Alexandra. «Mi sta davvero dicendo che vuole andarsene senza fare niente per separarli? Mi sta davvero dicendo che ci sono cose più importanti nella sua vita?!»
«Non sto negando l'importanza che Selena ha e ha sempre avuto per me» precisò Edward. «Solo, se ha fatto quella scelta, io non sono nessuno per farla tornare indietro.»
«La supplico, si inventi qualcosa.»
«Non c'è niente che io possa inventare.»
«Possibile che non riesca a inventarsi una sola buona ragione per convincere Selena a lasciare perdere quel giornalista?» obiettò Alexandra. «Dovrebbe essere la sua priorità, a costo di ammazzare entrambi.»
Edward fece un sospiro.
«Signora, le ricordo che sta parlando di sua figlia.»
«Ha ragione, lo so, non voglio che accada niente di male a Selena e non dovrebbe volerlo nemmeno lei» rispose Alexandra, «Ma Oliver Fischer? Se quel tizio morisse, nessuno al mondo lo rimpiangerebbe.»
«Può darsi, ma credo che Fischer vivrà ancora a lungo. Le conviene rassegnarsi, non crede, signora Alexandra?»
Alexandra avvampò.
«Mai.»
«Cerchi di capire...»
Alexandra scosse la testa.
«No, cerchi di capire lei. Nessun altro può aiutarmi. Si inventi qualcosa. Metta in cattiva luce Oliver Fischer. Al giorno d'oggi è così semplice rovinare la vita di qualcuno, basta solo inventarsi qualcosa di credibile, anche senza poterlo provare. Racconti che ha commesso qualche grave scorrettezza professionale e lo faccia in tono credibile. Selena ha una dignità, non starebbe mai accanto a un uomo che tutti detestano.»
«Sua figlia meno influenzabile di quanto creda.»
«Ci provi comunque.»
«No, non è corretto, appunto perché c'è gente disposta a credere a qualsiasi cosa.»
Alexandra rise, sprezzante.
«Fischer in questo momento si trova in una stanza d'albergo insieme a Selena e lei si preoccupa di correttezza? Forse è per questo che non è mai riuscito a conquistare mia figlia. Non ha mai fatto niente per cercare di conquistarla.»
Edward replicò, con calma: «Non ho bisogno di fare nulla. So di averla già conquistata.»
«Allora perché Selena sta con Fischer, se lei l'ha conquistata? Me lo dica.»
«Tra me e Selena c'è sempre stato feeling, anche prima che Oliver Fischer entrasse nella sua vita.»
«Le pare una buona ragione per non fare niente?»
Edward annuì.
«C'è una sola persona che può stancarsi di Fischer e quella persona è Selena. Forzare le cose non servirà a niente. Almeno, quando sarà Selena a decidere di chiudere con Fischer, sarò sicuro che non tornerà indietro.»
Alexandra scosse la testa.
«Tutto ciò è assurdo.»
«No, non lo è per niente» ribatté Edward. «Quello che conta è il risultato finale. È un po' come durante la stagione: quello che conta, alla fine, è diventare campione del mondo. Riuscirci vincendo dieci gare o vincendone due non ha tutta questa differenza, una volta che la stagione finisce. Ha un valore puramente statistico.»
«Forse non capisce» replicò Alexandra. «Non possiamo permettere che Selena passi un giorno di più insieme a Oliver Fischer. Non mi interessa quanto sia orientato al lungo periodo, la costringa a lasciarlo, in un modo o nell'altro.»
«Signora Alexandra, forse non si rende conto che Selena non è una nostra proprietà» puntualizzò Edward. «È libera di fare quello che vuole, non possiamo costringerla a...»
Alexandra sbuffò, prima di interromperlo.
«Va bene. va bene, come vuole lei! Pensavo sarebbe stato l'uomo ideale per mia figlia, invece non vale niente, al pari di Fischer.»
«Quindi cosa farà, adesso?» ribatté Edward. «Si assicurerà di trovare qualcuno che possa separare Selena da me?»
«Non ce ne sarà bisogno: si sta già impegnando abbastanza anche da solo.»
Edward rimase fermo sulla propria posizione.
«Un giorno si accorgerà che avevo ragione.»
«Quel giorno sarà troppo tardi.»
«Non è mai troppo tardi.»
«Ogni secondo in cui Oliver Fischer continua a respirare la nostra stessa aria è troppo tardi» dichiarò Alexandra, in un ultimo disperato tentativo di portare Edward dalla propria parte. «Possibile che non si renda conto che dobbiamo fermarlo, a qualsiasi costo? Ci distruggerà tutti, uno dopo l'altro, se glielo permettiamo.»
Edward Roberts non la prese sul serio.
«Posso dirle una cosa, senza che si offenda, signora Alexandra?»
«Mi dica.»
«Sta sopravvalutando Oliver Fischer, e non di poco. È solo un giornalista e neanche troppo conosciuto. Lo sta considerando come se avesse il potere di fare qualsiasi cosa.»
«Mi creda, quell'uomo è pericoloso» replicò Alexandra. «L'ho avvertito fin dal primo momento, ho capito che allontanarlo da Selena era la cosa più importante da fare.»
«Mi stupisce che la vita privata di Selena la riguardi così tanto. Per quanti anni ha ignorato sua figlia?»
«Selena mi ignorava a sua volta.»
«Non voglio entrare nel merito delle responsabilità, non mi interessa stabilire di chi sia colpa» mise in chiaro Edward, «Ma mi sembra che adesso stia prendendo come un'ossessione quello che succede a Selena.»
«Selena è stata aggredita da un tizio che l'ha colpita alla testa con una bottiglia di vetro» gli ricordò Alexandra. «Non le pare una ragione sufficiente per interessarmi di quello che le succede?»
«Sì, certo...»
«E allora lo vede, che la pensiamo allo stesso modo?»
«Di cosa parla?»
«Parlo del fatto che per Selena andava tutto bene, prima che arrivasse Fischer. Non lo posso negare e non lo può negare nemmeno lei. Da quando quel tizio ha iniziato ad avere a che fare con lei, sono accaduti soltanto dei disastri... e potrebbe accadere qualcosa di addirittura peggiore. Dobbiamo fermarlo, in un modo o nell'altro.»
«Allora ingaggi un sicario che lo ammazzi» borbottò Edward, dando un'occhiata all'orologio. «Mi scusi, ma si sta facendo tardi. Credo di dovermene andare. Mi dispiace non esserle stato d'aiuto.»
«Oh, sì» ribatté Alexandra. «Lo è stato.»
Edward le fece un cenno di saluto e le voltò le spalle. Alexandra era pronta per guardarlo andare via, ma dopo pochi passi si fermò.
"Ha cambiato idea" si disse.
In realtà Edward Roberts non aveva affatto cambiato idea.
«Signora Alexandra, devo dirle un'altra cosa.»
«La ascolto.»
«Quando le ho suggerito di fare ammazzare Oliver Fischer, non parlavo sul serio.»
Alexandra rimase spiazzata per un attimo, ma riuscì a non dire né fare nulla di imbarazzante.
«Certo, non c'era bisogno di specificarlo.»
«Mi fa piacere. L'idea di essere in qualche modo complice di un delitto non mi alletta più di tanto.»
«È un vero peccato, però» ribatté Alexandra, in tono scherzoso. «La morte di Fischer risolverebbe davvero tutti i nostri problemi, sia i miei sia i suoi. Anzi, soprattutto i miei: dopotutto lei stesso ha detto di essere disposto ad aspettare che Selena si stanchi di lui.»
«Infatti è proprio così» confermò Edward. «Se in questo momento Selena si trova in un hotel insieme a Fischer, sarà senz'altro perché la ritiene la cosa giusta da fare in questo momento.»

******

Oliver si era accorto che Selena faceva il possibile per evitarlo, ma non glielo fece pesare né cercò di forzarla a parlare con lui. Doveva esserci una ragione ben precisa alla base della decisione di mantenere il riserbo più totale sui fatti di Imola, ragione che Oliver non riusciva a comprendere ma che doveva avere una grande importanza per Selena.
"Se non vuole dirmelo lei, scoprirò da solo cos'è successo."
Non sarebbe stato facile, senza avere alcun punto di partenza, ma Oliver aveva ancora qualche carta da giocare.
Prese il telefono e scrisse un messaggio, nella speranza che la persona che poteva aiutarlo gli rispondesse.
"Sono in Italia e ho bisogno di parlarti di persona. Quando possiamo vederci?"
Fu fortunato, la risposta non tardò ad arrivare.
"Dove sei?"
"A Milano, per motivi personali. Tu dove abiti esattamente?"
"Non troppo lontano da Faenza."
"Quando hai tempo per vedermi? Posso venire da te quando vuoi, orari dei treni permettendo."
"Anche domani."
"Okay, ti faccio sapere."
A quel punto non gli restava che chiedere un piccolo contributo a Selena: le domandò, infatti, se avesse una fotografia del dottor Parker.
Non le diede spiegazioni, che Selena chiese con prontezza.
«Cosa devi farci?»
«Mostrarla a una persona.»
«A chi?»
«A Keira Roberts. Se il dottor Parker quella sera era là, Keira potrebbe averlo visto. Non doveva essere tanto lontano da noi.»
«Non dire cazzate» replicò Selena. «Il dottor Parker non era a Imola, né è stato lui ad aggredirmi.»
«Ti credo sul fatto che non ti abbia aggredita, ma perché non avrebbe potuto essere là?»
«Perché, anche se ci fosse lui dietro all'aggressione, non avrebbe avuto bisogno di essere là.»
«Okay, ma una foto ce l'hai?»
«Una sola, ma si vede male. L'ha scattata mia madre insieme a me e a lui, quando ero in clinica, e me l'ha inviata. Non so nemmeno io perché l'ho tenuta.»
«Ti ringrazio per averlo fatto.»
Selena scosse la testa con noncuranza.
«Keira ti dirà che non ha mai visto Parker, ne sono certa.»
Oliver si fece mandare la foto, poi la inviò a Keira via e-mail. La sorella di Edward gli confermò quanto già pronosticato da Selena, ma lo informò di avere qualcosa da riferirgli, che poteva essere importante.
Si incontrarono l'indomani all'ora di pranzo. Keira si presentò all'appuntamento a bordo della propria automobile e invitò Oliver a salire.
«Non si sa mai» aggiunse. «Non vorrei che qualcuno sentisse qualche parola di troppo.»
Era un'idea saggia, quindi Oliver non se lo fece ripetere due volte.
«Non hai riconosciuto l'uomo della foto che ti ho mandato, ma hai detto di avermi qualcosa da dirmi» osservò, chiudendo la portiera. «Devo sospettare che quella foto sia la causa scatenante di questa tua decisione?»
«Sì e no» ammise Keira. «Molto probabilmente quello che sto per dirti non ha tutta questa importanza e non c'entra niente con quella fotografia, ma quella sera, in effetti, una cosa un po' strana è capitata.»
«Cosa?»
«Quando te ne sei andato, ho deciso di farmi un giro.»
«Questo non me l'avevi detto.»
«Ho deciso dopo... e poi, comunque, non c'era motivo di informarti. Sapevo che, in ogni caso, non mi avresti invitata a salire nella tua stanza.»
Oliver fece finta di non cogliere l'allusione.
«Hai incontrato qualcuno?»
«Sì, un uomo che avrà avuto sui sessant'anni. Era seduto su una panchina per strada. Non l'avevo nemmeno notato. Non so se gli sia caduta a terra una lattina vuota oppure se l'abbia gettata a terra lui stesso. Gli stavo passando accanto e mi sono accorta della sua presenza. Devo averlo guardato male, dato che si è alzato per raccoglierla e gettarla in un cestino, borbottando qualcosa sullo smaltimento della spazzatura. Non ricordo cosa gli ho detto, ma ha notato il mio accento. Mi ha chiesto se ero straniera e se ero lì per il gran premio. Quell'idea sembrava divertirlo, per qualche motivo. Sarà uno di quelli che non hanno idea del fatto che ci siano donne appassionate di automobilismo.»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Gli ho risposto che ero lì per il gran premio, appunto, ma che comunque vivo in Italia e lavoro per una squadra motoristica di un altro campionato. Ha fatto un'ipotesi che si è rivelata esatta su quale fosse quel team, dopodiché si è messo a parlare di come sia positivo che la Diamond Formula sia riuscita a diventare la massima serie di automobilismo a ruote scoperte. Non doveva essere un grande fan della Formula 1, si è lamentato del fatto che non ci sono "veri piloti" e che non è più rischiosa come un tempo, quindi ha perso parte del proprio fascino. Ha detto che sarebbe una serie molto più interessante se tutti i gran premi venissero disputati sotto al diluvio universale, e magari i team fossero obbligati a scendere in pista con assetto da asciutto. Sosteneva che solo così si vedrebbe la differenza tra i piloti.»
«Sì, la differenza tra i morti e i sopravvissuti» scappò detto a Oliver, che se ne pentì immediatamente. «Scusa, Keira, ma stavo pensando a una cosa accaduta in passato.»
«Qualcosa di importante?» azzardò Keira.
«Non per noi e non adesso» la rassicurò Oliver. «Solo, la mia prima intervista a un pilota di Diamond Formula, che vi gareggiava cinque anni fa, fu a uno che non concorderebbe con quanto affermato dal tizio che getta i rifiuti a terra. A proposito, cos'altro volevi dirmi?»
«Niente, in realtà» ammise Keira. «Non so perché, quando mi hai mostrato la foto di quel tizio, mi è venuto da pensare all'uomo che ho incontrato quella sera. Forse perché, comunque, non si è comportato in modo tanto normale. Di solito non ci si intrattiene in tarda serata per strada a parlare con una perfetta sconosciuta di quanto fosse bello il motorsport quando era più pericoloso di quello attuale. Sembrava convintissimo che la ragione per cui la gente di oggi sembra meno appassionata di quella di un tempo sia la mancanza di incidenti mortali.»
Oliver replicò: «Pensiero macabro, ma purtroppo quel tipo non ha tutti i torti, sugli appassionati di motori.»
«Già» convenne Keira. «Sai cos'è che mi ha portata a dargli importanza? Il fatto che Patrick Herrmann sia morto proprio nel modo da lui tanto glorificato e che quella sera stessa Selena sia stata assalita in un vicolo. Sono due fatti sicuramente scollegati, ma vi ho visto comunque una linea di fondo.»
Oliver rifletté.
«Sto iniziando a pensare a una cosa assurda, Keira.»
«Ovvero?»
«Ovvero che sia stato proprio quell'uomo a colpire Selena con la bottiglia.»
«Non è molto probabile, ma è pur sempre plausibile» confermò Keira, «Anche se non vedo per quale ragione avrebbe dovuto farlo.»
«Sto iniziando a vederla io» ribatté Oliver, «E ti assicuro che è un'idea talmente assurda da arrivare non solo a convincermi, ma anche a capire perché Selena sostenga di non potere lanciare accuse contro il colpevole. Fammi indovinare: il nostro amico della glorificazione del pericolo era completamente rasato, oppure per caso aveva la barba folta?»
Keira annuì.
«Sì, era calvo, con una barba grigia piuttosto marcata. Anche i baffi. Per caso lo conosci?»
«No» rispose Oliver. «Stavo pensando che, ad aggredire Selena, potrebbe essere stato un uomo con i capelli folti, che non ha mai portato la barba in vita sua. Però, da qualche tempo a questa parte, quest'uomo potrebbe vivere sotto falsa identità, quindi deve avere modificato il proprio aspetto quel tanto che basta per non essere riconosciuto a primo impatto, specie da chi non l'ha mai incontrato di persona.»
Keira si girò verso di lui.
«Non capisco.»
«Nemmeno io» ammise Oliver, «Ma presto tutti i pezzi andranno al posto giusto, ne sono sicuro.»

******

Alexandra rientrò nella stanza, consapevole di essere ancora allo stesso punto di partenza. Scosse la testa, guardando Tom, e lo informò: «Niente, Edward Roberts non vuole più fare niente per noi.»
Tom alzò le spalle, sprezzante.
«Roberts non è mai stato capace di fare nulla per aiutarci. Meglio così, almeno non ci sarà bisogno di dargli spiegazioni.»
Alexandra replicò: «Dovresti smetterla di comportarti come se avessimo qualcosa da nascondere. Dopotutto vogliamo solo allontanare Oliver Fischer da mia figlia, non mi sembra ci sia niente di male in tutto questo. Selena è troppo superiore a quel tizio, se non se ne rende conto da sola è bene che qualcuno le apra gli occhi.»
Tom fece una mezza risata.
«Dai, Alex, non ci credi nemmeno tu.»
Alexandra rimase in silenzio, spiazzata, per qualche istante. Infine di unì all'ilarità del compagno, facendo a sua volta una risatina.
«Sì, hai ragione, il fatto che non stiamo facendo niente di male è vero, ma non lo è la questione della superiorità di Selena. Mia figlia non valeva niente quando era una ragazzina e continua a non valere niente anche adesso che ha trentacinque anni. Se non fosse mia figlia e non potesse condividere delle informazioni infamanti con quel giornalista da quattro soldi, sarebbe proprio il tipo adatto per una come lei.»
«Vedo che la pensiamo allo stesso modo» ribatté Tom. «Hai ragione, tua figlia non vale nemmeno la metà di te... neanche un quarto, se vogliamo essere più precisi. Mi sorprende piuttosto che Fischer sia interessato a lei. Mi rendo conto che anche lui sia una nullità, ma è una nullità che ha comunque a che fare con tante donne più interessanti di Selena.»
Alexandra sbuffò.
«Evidentemente Selena fa il lavaggio del cervello a tutti gli uomini che incontra, altrimenti non si spiega che anche Edward sia cotto di lei.»
«Cotto ma non abbastanza da fare qualcosa per conquistarla.»
«Quell'uomo è troppo sicuro di sé. È talmente convinto che un giorno Selena si metterà insieme a lui, da fregarsene di quello che succede ora davanti ai suoi occhi.»
«Questo Roberts mi sembra una nullità al pari di Selena e di Fischer» azzardò Tom. «Avremmo dovuto lasciarlo fuori fin da subito, dato che non è stato utile nemmeno per un attimo.»
Alexandra sospirò.
«Quello che è fatto è fatto. Non possiamo sprecare il nostro tempo a chiederci cosa sarebbe stato se ci fossimo comportati diversamente. Quello che conta è continuare a fare qualcosa in futuro. Dobbiamo trovare un modo per far tornare Selena sui propri passi, per impedirle di compromettersi e di compromettermi.»
Tom osservò: «Non sono così sicuro che Selena voglia comprometterti.»
«Non la conosci fino in fondo.»
«Sì, invece, l'ho conosciuta. Si ritiene superiore a te, ma non oserebbe mai mettersi contro di te. Non l'ha fatto finora e non lo farà nemmeno in futuro. Non si inventerà con Fischer qualcosa che possa ledere la tua reputazione.»
Alexandra annuì.
«Sì, da questo punto di vista hai ragione, abbiamo ancora Selena tra le nostre mani, come è sempre stato nel corso di tutti questi anni, ma a poco a poco mi sembra stia iniziando a sentirsi più sicura. Non credo ci sia mai stato qualcuno con cui ha avuto un legame tanto stretto quanto con Fischer, dalla nascita di Thomas in poi. Cos'è cambiato? Cosa rappresenta Fischer per lei?»
«Attrazione, tutto qui.»
«Può darsi, ma non penso ci sia solo questo.»
«Comunque sia, levarci di torno Fischer facendo in modo che Selena si metta insieme a Edward Roberts non sarebbe un'idea così geniale, alla fine.»
«Perché dici questo, Tom?»
«Perché anche Edward Roberts sa qualcosa del tuo passato e Selena avrebbe potuto riferirgli dettagli che sarebbe meglio tenere segreti.»
Alexandra scosse la testa.
«Non è la stessa cosa.»
«Ne sei così sicura?»
«Sì, certo. Non ci sono ragioni per cui Roberts dovrebbe andare a riferire al grande pubblico fatti che riguardano me o Patrick Herrmann. Non ha niente da guadagnarci. Oliver Fischer, invece, pensa di sfruttare la storia di Herrmann per diventare una stella del giornalismo motoristico.»
«Su questo hai ragione» convenne Tom, «Ma in ogni caso non dovremmo stare così tranquilli, se Selena si mettesse insieme a Roberts. Che sia il caso di cercare di allontanarla anche da lui, una volta che l'avremo allontanata da Fischer?»
«Ti ricordo che non abbiamo un potere infinito su Selena» replicò Alexandra. «Anzi, per ora non abbiamo nemmeno il potere che ci basterebbe, su di lei. Siamo in una situazione da cui non sarà facile uscire...»
Tom la interruppe: «Lascia fare a me. Penso di potere convincere Fischer a uscire dalla sua vita.»
«Dubito che ce la farai.»
«Fidati. So giocare bene le mie carte.»
«Non sono sicura di volere sapere che carte intendi giocare in questa situazione.»
«Le migliori carte a mia disposizione.»
«No, non farlo» lo supplicò Alexandra. «Ci sono già stati abbastanza problemi.»
Tom ridacchiò.
«Suvvia, Alex, non smontare le mie idee sul nascere. Non sai nemmeno cos'ho in mente di fare.»
«Conosco i tuoi metodi» gli ricordò Alexandra, «E spesso non li trovo molto condivisibili.»
«Non dovresti fare la puritana proprio tu» obiettò Tom, «Ma, in ogni caso, ti assicuro che nessuno si farà male. O meglio, che nessuno se ne farà troppo.»
«Non mi fido.»
«Dovresti.»
«Ma se sei la persona più inaffidabile che io conosca, quando si tratta di questo!»
«Però ti sono stato accanto per tutti questi anni, senza mai cambiare idea. Qualcun altro l'ha mai fatto?»
Alexandra fece un sospiro.
«Sei stato accanto a me per tutti questi anni, ricordandomi ogni volta in cui ne avevi la possibilità che qualcun altro mi ha lasciata per quella nullità di mia figlia.»
«È per il tuo bene, se te lo ricordo, Alex. Ogni tanto ti lasci troppo andare, inizi ad avere una visione troppo rosea della vita. Invece devi ricordare quanto male ti hanno fatto Patrick Herrmann e Selena, devi ricordare che, se ti avvicini troppo a tua figlia, le tue ferite si riapriranno. Selena è il male, non dimenticarlo mai.»
Alexandra abbassò lo sguardo.
«Selena è il male, lo so.»
Tom la esortò: «Non inseguire il male, insegui ciò che può davvero farti bene, Alex. Insegui la felicità, come hai già fatto una volta. Non puoi dirmi che ti sei pentita di quello che hai fatto, Alex. Ti ha resa più viva.»
Alexandra sentì le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Non erano né lacrime di dolore né di amarezza, rappresentavano l'emozione più forte e pura della sua vita.
«Prima mi sentivo il nulla» fu costretta ad ammettere, «Dopo è cambiato tutto. Ho riscoperto quella che ero. Mi sono finalmente sentita una donna migliore.»

******

Oliver strizzò gli occhi. Il sole di quel giorno era troppo abbagliante e la temperatura iniziava a farsi decisamente più elevata che in occasione degli incontri precedenti. Solo una cosa non era cambiata, c'era ancora Keith Harrison ad aspettarlo.
Harrison gli corse incontro e gli rivelò, senza aggiungere null'altro: «Ho visto Emma. Le ho parlato, ma non mi ha sentito. Non può vedermi.»
Era chiaro che fosse al corrente della morte di sua moglie, quindi Oliver preferì non riferirgli alcun dettaglio. Rimase in silenzio, attendendo che Keith riprendesse a parlare, ma l'ex pilota non lo fece.
Fu Oliver, quindi, a domandargli: «Dov'è adesso?»
Keith abbassò lo sguardo.
«Non lo so. L'ho vista poco lontana, a un certo punto, poi è sparita.»
«Forse tornerà.»
«No, non tornerà, finché non sarà fatta luce su quello che le è successo.»
«Come puoi esserne certo?»
«Lo sento. Devi scoprire cosa le è accaduto.»
Oliver sospirò.
«Forse ti sfugge una cosa: le autorità competenti stanno indagando sul delitto. Io non posso fare niente.»
«Puoi fare molto, invece» replicò Keith. «Sono sicuro che sia stata uccisa perché sapeva qualcosa di troppo su di noi.»
«Da questo punto di vista si è fidata delle persone sbagliate.»
«Sì, ma è stato quindici anni fa.»
«Gli errori prima o poi si pagano.»
«Stai dicendo che mia moglie se l'è cercata?»
«No, sto solo dicendo che, se stava dalla parte di Gigi Di Francesco, correva pur sempre più pericoli che stando lontana da lui.»
«Gigi Di Francesco è morto da anni» puntualizzò Keith. «Non può più nuocere a nessuno.»
«Lo so, non c'è bisogno che me lo ricordi» ribatté Oliver. «Lo sappiamo bene: se ci sembra che chi sta agendo voglia tutelare gli affari di Di Francesco, deve avere una ragione ben precisa per tutelare gli affari di Di Francesco. Deve essere qualcuno che stava vicino a lui oppure che pensa come lui. Anche se...» Si interruppe. «Mi sembra palese, ormai, che bisogna cercare in quella direzione.»
«Appunto, chi si occupa delle indagini immagino non stia nemmeno lontanamente pensando a un incidente avvenuto in Diamond Formula quindici anni fa» precisò Keith. «Mi sembra abbastanza chiaro che seguiranno altre piste. Solo tu e Selena sapete che cosa può esserci dietro alla morte di Emma.»
Oliver mise in chiaro: «Non voglio che Selena corra dei rischi. Si è ritrovata in questa situazione per causa mia e ha già subito un'aggressione. Abbiamo deciso che si prenderà una vacanza da qualche parte, per qualche giorno, mentre io tornerò a casa. Non era questo che pensavamo inizialmente, ma ci abbiamo ragionato e abbiamo pensato di fare così.»
«Come hai fatto a convincerla?»
«Non le ho detto che penso di avere capito cosa nasconde.»
«Come hai fatto a capire cosa nasconde?»
«Ho parlato con Keira Roberts. Sono andato a trovarla a Faenza.»
«La sorella di Edward sa cos'è successo quella sera?»
«No, eppure mi ha raccontato qualcosa di molto utile.»
Keith volle sapere: «Di cosa si tratta? Chi ha aggredito Selena? Perché questa persona ha così a cuore che nessuno scopra chi è veramente Gigi Di Francesco?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Pensi davvero te lo possa riferire qui e adesso?»
Keith obiettò: «Perché non dovresti?»
Oliver chiarì: «Perché Selena ha perfettamente ragione, è una faccenda da "visionari". Nemmeno io credo fino in fondo a quello che sospetto, figuriamoci se puoi crederci tu.»
Keith gli ricordò: «Sono abituato ad accettare realtà che dall'altra parte non sapete affrontare. Non c'è niente che può apparirmi assurdo al punto tale da non crederti. Si tratta di chi ha ucciso Emma, ho il diritto di sapere.»
«Per il momento non c'è niente da sapere» insisté Oliver. «Selena non ha voluto dirmi nulla e tutto ciò che posso provare è che Keira Roberts ha parlato di motorsport con un uomo calvo con la barba, la sera in cui Selena è stata aggredita.»
«Hai detto che hai dei sospetti» ribatté Keith. «Per caso è stato quell'uomo calvo con la barba ad assalire Selena?»
«Può darsi.»
«Chi è? In che modo ha a che fare con noi?»
Oliver fece un sospiro.
«Te lo ripeto, Keith. Non so se quell'uomo c'entri qualcosa con l'aggressione, né se l'idea che mi sono fatto possa essere confermata. Lo ritengo, anzi, piuttosto improbabile, anche se spiegherebbe tutto quello che, in alternativa, è ancora inspiegabile.»
«In pratica» azzardò Keith, «Mi stai dicendo che in realtà non sai un cazzo, ma una storia improbabile a proposito di un uomo calvo con la barba potrebbe dare una spiegazione completamente assurda di per sé, ma che potrebbe dare una risposta logica alle domande che ci facciamo da tempo.»
Oliver glielo lasciò credere.
«Qualcosa del genere.»
«Quindi» ribadì Keith, «Non sai nulla e pensi di non potere fare nulla.»
«Non ho detto niente di tutto ciò» replicò Oliver. «È vero, non so nulla di certo, ma...»
«Ma hai deciso che non farai niente per indagare sulla morte di Emma» lo interruppe Keith, «Nonostante tu possa dare il tuo contributo.»
«Guarda che non gira tutto intorno a Emma. C'eravamo noi, prima di lei. C'è stata l'aggressione a Selena, sempre prima di Emma. Non è vero che non me ne frega niente di lei, ma chi l'ha ammazzata non stava agendo per la prima volta. Voglio arrivarci in fondo tanto quanto te - e ti ricordo che, diversamente da te che non fai altro che sparare sentenze, io corro ancora qualche rischio - ma non posso dimenticare tutto per lei, quando la sua stessa morte parte da quello che è successo prima.»
«Quindi vuoi andare a scavare fino ai tempi di Diaz? Non capisci che, finché non sarà fatta luce su questa storia, Emma non riuscirà a raggiungermi?»
«E tu non capisci che dall'altra parte c'è tanta gente a cui non importa un fico secco del tuo ricongiungimento con quella piattola di tua moglie?»
«Ti ricordo che lavoravi insieme a quella "piattola" e che, se non fosse stato per te, molto probabilmente nessuno si sarebbe messo in testa che sapeva troppe cose e che non poteva continuare a vivere.»
«Quindi» realizzò Oliver, «Secondo i tuoi standard Emma è morta per colpa mia, dopo che tu stesso non hai fatto altro che rompermi le palle perché dovevo ricordare e perché dovevo cercare di scoprire cos'era successo a noi.»
«Non ho detto questo» obiettò Keith, «Ma è innegabile che, se Emma fosse rimasta fuori da questa storia, difficilmente sarebbe stata ammazzata.»
«Ti ricordo che, se tu avessi avvertito Patrick Herrmann che la sua macchina era stata sabotata invece di cercare di salvare il mondo speronandolo, le cose sarebbero andate molto diversamente.»
«Non potevo. Non avevo la possibilità di...»
«Cazzate. Potevi farlo. Solo, non hai voluto farlo, perché non volevi esporti troppo. Innescando un incidente, Di Francesco avrebbe pensato, al massimo, che ti eri bevuto il cervello e che non valevi poi così tanto come pilota. Hai fatto quello che era più facile per te.»
«Ho chiesto a Emma di avvertire Selena.»
«Piantala di mettere in mezzo Emma. Sai benissimo quanto sia stata poco affidabile, eppure continui a nasconderti dietro di lei.»
Keith sbuffò.
«Va bene, hai ragione, abbiamo commesso degli errori, ma dovremmo guardare avanti... e davanti a noi c'è qualcuno che se ne va in giro ad ammazzare la gente così come se niente fosse. Pensaci. Vuoi davvero fare finta di niente?»
«Non ho mai detto di volere fare finta di niente» concluse Oliver. «Vorrei solo che tu non interferissi continuamente. Devo riflettere sulla mia idea, capire se davvero è solo una fantasia.»
«Mi sembrava avessi detto...» iniziò Keith.
Oliver non lo lasciò finire.
«È un'idea folle, lo ammetto, ma non posso non prenderla in considerazione. Se è vera, il nostro "uomo calvo" potrebbe avere in mente anche qualcos'altro, essere ancora pericoloso nell'immediato. Non posso fare finta di niente solo perché, per te, Emma deve essere la mia priorità. Un giorno la rivedrai, ne sono certo, ma devi avere pazienza. Ti assicuro che, da parte mia, farò tutto il possibile.»


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