Buona lettura a tutti!
[LA PROSPETTIVA DI TINA MENEZES]
Mi guardo intorno, cerco di capire cosa stia accadendo. So di essere a Montecarlo, so che oggi ho corso l'ultima gara della mia carriera. Dovrei essere in grado di descrivere passo dopo passo quello che è successo, ma faccio fatica a mettere insieme tutti i pezzi. Ricordo la mia decisione di rivelare al mondo chi si nasconde dentro alla tuta e al casco di Viola Cinque, potrei quasi recitarla a memoria.
Mi chiamo Tina Menezes, ho trentasette anni e da ragazzina ho gareggiato nella Formula 3 brasiliana. La mia carriera è naufragata per assenza di sponsor, almeno fino al giorno in cui, vari anni dopo, non ho ricevuto una chiamata importante. Ero stata selezionata per un test della terza divisione. Ho accettato. Il test è andato bene. Mi è stato offerto un volante e non mi era chiesto di portare sponsor personali.
Dopo una sola stagione in terza divisione, avendo ottenuto risultati di un certo spessore, sono stata promossa alla seconda. Vi ho gareggiato per due anni, lottando per il titolo nella seconda stagione, contro piloti che forse avevano qualche anno in meno di me, ma che improvvisamente non avevano più il vantaggio dell'età.
Sono arrivata in A+ Series dopo tre anni passati nelle formule minori, al volante di una vettura blu. I miei primi anni nella categoria erano gli anni dei primi titoli di Viola Cinque. Ha vinto due mondiali, prima che mi fosse offerto il suo volante. Non so perché la dirigenza abbia preso questa decisione, il precedente Cinque era un grande pilota e credo lo sia tuttora. Non ricordo come mi sia venuta l'idea delle lenti a contatto azzurre, so solo che ero un po' spaventata dall'idea di non reggere il confronto con il mio predecessore. Speravo che, almeno per qualche tempo, nessuno facesse caso al fatto che il pilota era cambiato. Incredibilmente, ha funzionato. Ha funzionato fin troppo bene: non è durata solo un po' di tempo, è durata per tutto il resto della mia carriera.
Ho vinto due mondiali, prima di essere spodestata, se così posso dire. Arancione Otto e il precedente Argento Quattro sono sempre stati piloti molto forti, sapevo che prima o poi sarebbe successo. Anche l'attuale Argento Quattro è un pilota molto forte, tanto che non so ancora come finirà, se sarò io a vincere oppure se sarà Quattro il campione del mondo della stagione 2021/22.
Indipendentemente dal risultato, so che sarà comunque una bella fine, perché sono convinta che sia il momento giusto per andare in pensione. Non so cosa farò dopo, se effettivamente continuerò a lavorare per la televisione brasiliana come ho fatto finora come copertura. Oppure potrei rimanere nella mia casa di Valencia - città nella quale vivo fin dai tempi della terza divisione - e ritirarmi a vita privata, sperando che il mio compagno Axel Frosch, attivista ambientale che ho conosciuto nel paddock, un giorno decida di raggiungermi. Non credo che lo farà. Il giardino di casa mia è troppo piccolo per allevarvi galline biologiche, dice. Non mi ha nemmeno chiesto se vorrei dei pennuti intorno a casa. Non so se sia un bene o un male, mi piace l'idea che quando viene da me si senta un po' come a casa sua.
Questo è tutto, o almeno è la parte della mia vita che posso raccontare. Axel non è solo un attivista ambientale, è anche un pilota. Ha perfino fatto qualche test in Formula 1, prima che venisse cancellata e sostituita dalla A+ Series. Ha dovuto cambiare cognome, per non essere riconosciuto, ma non gli pesa. Ci sono piloti che hanno dovuto affrontare sacrifici peggiori.
L'automobilismo ha fatto parte della mia vita per tantissimi anni, ma adesso che ne sono ormai fuori mi rendo conto di quanto la A+ Series abbia totalmente assoggettato noi piloti alle volontà del CEO. È un uomo sadico, come è sadica la donna che lavora con lui, Maelle Heidelberg. Sono compiaciuti, a ogni nostro incidente, perché pensano alle view, ai like e introiti. Non solo ne sono compiaciuti, ma li innescano di proposito. Non sappiamo più che cosa sia vero e cosa non lo sia.
All'improvviso, mentre penso a tutto questo, ritorno in me, o almeno credo: ricordo lo start in ritardo a causa di un malfunzionamento del semaforo dovuto alla pioggia, la partenza dietro la safety car, con le gomme da asciutto come da nuovo regolamento, poi una bandiera rossa, a metà gara, per un incidente. Ho visto una vettura nera in condizioni pietose, prima di rientrare nella pitlane. Non so cosa sia successo esattamente al pilota, nessuno lo sa, spero che stia bene. Dopo che i commissari di percorso hanno ripulito la pista, ci hanno mandati di nuovo sulla griglia di partenza. Il mio vantaggio era ormai completamente annullato, dovevo solo sperare di potere mantenere la testa della gara al restart e di andare avanti così fino alla fine: chiudere la gara davanti ad Argento Quattro per vincere il mondiale.
Ce l'ho fatta, di nuovo davanti a tutti, di nuovo lanciata verso il trionfo finale, con la certezza che comunque andata sarebbe stata la fine. Rammento qualche giro, di nuovo il gap che aumentava, tra me e Argento Quattro, ma poi i miei ricordi si interrompono. Cerco di capire, giro per la pitlane, in cui vedo gente trafelata che sembra vivere il proprio incubo personale.
Vedo un gruppo di miei colleghi radunati a confabulare. Ci sono Giallo Sedici, Bianco Zero, Turchese Ventisei e Arancione Sette che dibattono.
«È uscito di strada all'improvviso, non è chiaro se sia stato un guasto» afferma Bianco Zero. «Blu Ventidue gli era poco dietro, doppiato. Mi ha detto di avere visto l'incidente.»
«Devono averlo fatto apposta» replica Giallo Sedici. «Volevano sbarazzarsi di lui.»
«Non ha senso» obietta Turchese Ventisei. «Non ci sarà comunque, nella prossima stagione.»
Bianco Zero lo corregge: «Non ci sarebbe stato comunque.»
«Non dire cazzate» interviene Arancione Sette. «Non parlare di lui al passato.»
«E come dovrei parlarne?» sbotta Bianco Zero, a quel punto. «Non ci sono speranze, lo sappiamo.»
Quindi è questo che è successo? C'è stato un incidente, uno di quelli gravi? Qualcuno, tra i miei colleghi, sospetta che sia stato telecomandato dall'alto... e devo dire che non mi stupirebbe. Dalla dirigenza pasticciano in prima persona con motori e scatole del cambio, innescando ritiri dovuti a problemi tecnici che non si sarebbero verificati se qualcuno non avesse deciso di provocarli. In più ci sono le altre opzioni di disturbo, quelle che possono arrivare a farci uscire di pista in modo arbitrario, se ci lasciamo cogliere di sorpresa. So dell'esistenza di quella neanche più tanto nuova, la cui prima cavia è stato Nero Trentasei, molti mesi fa, e di colpo, ripensando a lui, mi rendo conto che deve essere uno tra lui e il suo compagno di squadra il pilota protagonista dello schianto. Dopotutto, quando è stata data bandiera rossa, la sagoma che ho visto era nera.
Mi dirigo d'istinto verso l'ingresso della pitlane. Quello delle monoposto nere è il primo box. Vedo un pilota in tuta e casco, entrambi neri, su cui svetta il numero 35. Dunque il protagonista dell'incidente è Nero Trentasei e in apparenza gira voce che sia o morto o gravemente ferito.
Mi sento raggelare a quell'idea. Lo conosco, anche quando non è in tuta e casco, è un piccolo fanboy di Axel e non fa altro che rincorrerlo. Ha vent'anni o poco più e non riesco a credere che per un ragazzino di quell'età possa essere finita. Nonostante tutto, nel box non trapela nulla di negativo, un po' come se tecnici e meccanici non fossero in apprensione per le condizioni di Trentasei. È per effetto della mancanza di personalità e di umanità che ci hanno messo dentro? Oppure ho sbagliato tutto? Me lo chiedo, cercando di passare in rassegna tutto ciò che ricordo della gara. È possibile che abbia visto male, che l'auto incidentata non fosse nera?
Non era né grigio argento né rossa, così come non era gialla, verde o arancione. Non era nemmeno blu, turchese o bianca, ne sono assolutamente certa. Se Trentacinque è vivo e in buone condizioni fisiche, il pilota che se la sta vedendo brutta deve essere Trentasei.
Faccio un cenno a un meccanico. Vorrei chiedergli qualcosa, accertarmi che non sia accaduto niente di troppo grave e che i miei colleghi siano troppo impressionabili. Non mi degna di uno sguardo e non so cosa pensare.
Mi allontano, mi metto alla ricerca di qualcuno che possa illuminarmi. Sento gente parlare della vittoria di Argento Quattro e di come abbia finalmente conquistato il titolo, "seppure in una giornata negativa per la storia delle competizioni a ruote scoperte". Quindi mi ha superata, oppure non ho finito la gara. Non comprendo perché mi sia così difficile ricordare, tutto quello che posso fare è tornare in giro e cercare di raccogliere voci di corridoio.
Trovo Blu Ventuno insieme a Verde Quattordici e Turchese Venticinque. Quattordici parla, gli altri si limitano ad ascoltarlo. Dice che non sa nulla, ma Venticinque insiste che nessuno, se non lui, può avere sentito qualche notizia.
«No, non so niente, e non sa ancora niente neanche Quindici» replica Verde Quattordici, con fermezza. «Non gli hanno detto nulla.»
«Cos'è successo?» chiedo. «Per caso Trentasei, l'amico di Quindici, si è fatto male nell'incidente?»
Non ottengo risposta, un po' come se l'intero mondo si fosse coalizzato per non prendermi in considerazione. Che sia una vendetta del CEO e di Maelle Heidelberg per avere rivelato la mia identità? Il video deve essere già stato diffuso, ho il dubbio di essere stata condannata alla damnatio memoriae. Temo che agli altri piloti sia stato impedito di parlare con me e che anche meccanici e tecnici vari si stiano adeguando, ma non avrebbe molto senso. Nessuno ha mai subito un simile trattamento, alcuni ex piloti della A+ Series, una volta rivelata la loro identità, sono stati addirittura visti nel paddock come semplici ospiti. In più abbiamo sempre cercato tutti, almeno nel nostro piccolo, di eludere qualche regola. Anche se fosse stato imposto di fingere che io non esista, ci sarebbe qualcuno mi parlerebbe comunque.
Blu Ventuno, per esempio, non credo starebbe lì imbambolato a fissare il nulla. Ci tiene a passare per il giovane ribelle, non è da lui sottostare alle imposizioni meno importanti. Parlare con un ex pilota che ha svelato la propria identità non è certo un'infrazione da radiazione dal campionato. Uno come Ventuno, poi, sembra destinato a diventare una punta di diamante. Non mi stupirebbe se gli dessero davvero il mio volante, come dicono in tanti, anche tra gli addetti ai lavori.
Invece non fa nulla, non dà segno di avermi vista, e sentenzia: «Dovrebbero selezionare meglio i piloti. Quelli che non sono in grado di stare in pista o che non ne sono più capaci come un tempo dovrebbero andarsene a casa prima che succeda qualcosa di grave.»
Verde Quattordici e Turchese Venticinque mormorano qualcosa, pare stiano protestando. Non hanno tutti i torti: se da un lato Ventuno ha ragione, quando dice che dovremmo essere in grado di gestire le opzioni di disturbo durante una gara, dall'altro soltanto la sua saccenza potrebbe portarlo a pronunciare una simile affermazione dopo un incidente. Non possiamo controllare tutto e anche lui lo sa bene.
Non so ancora cosa sia accaduto a Nero Trentasei, ma avrei voglia di dirne quattro a quel bimbominchia di Ventuno. Sarà anche un ottimo pilota, ma non deve commettere l'errore di iniziarsi a sentire al di sopra di tutto e di tutti. Una simile convinzione può essere fatale, oltre che controproducente. Eppure eccolo insistere: «Sto solo dicendo che non dovrebbero lasciare gareggiare chi rischia di mettere in pericolo se stesso e gli altri. Stavolta non è successo niente agli altri piloti, ma non può sempre andare bene.»
«Non stiamo parlando di un pilotino qualsiasi» replica Verde Quattordici. «Non puoi dire che non fosse in grado di guidare una monoposto.»
«Durante le gare può succedere di tutto» insiste Blu Ventuno. «Dobbiamo essere pronti e reattivi.»
Turchese Venticinque puntualizza: «Se lo volessero, potrebbero ammazzarci senza che nessuno se ne accorga. Anzi, il pubblico potrebbe esaltarsi per la nostra morte.»
«Il rischio ci sarà sempre, nel motorsport, non solo nella A+ Series.»
«Nella A+ Series esiste anche un rischio controllato dall'alto.»
Blu Ventuno scuote la testa, di fronte alla replica di Turchese Venticinque.
«Non capisci un cazzo.»
«No, sei tu che non capisci un cazzo, bimbominchia di merda» replica Venticinque.
«Ehi, calmatevi» li invita Verde Quattordici, ma i due non mi sembrano molto propensi a starlo a sentire.
Me ne vado proprio mentre entrambi intimano a Quattordici di restare fuori dalla loro discussione, tanto non ho niente da fare accanto a loro. Fingono di non vedermi, un po' come se non ci fossi, quindi non otterrò nulla. Forse dovrei trovare Axel, o qualcuno dei miei amici.
Mi dirigo verso il box della squadra in arancione, sperando di trovare Arancione Otto. Inaspettatamente lo trovo, ma già nei panni di Hamster Gangster. Stavolta, con gli occhi del mondo puntati su di lui, sfoggia una camicia piena di brillantini abbinata a un paio di pantaloni attillati di dubbio gusto. È circondato di persone, ma cerca di eluderle. Il suo sguardo smarrito mi conferma che sia accaduto qualcosa di grave e che vorrebbe essere ad anni luce di distanza.
Non so cosa fare. In qualche occasione è stato visto parlare con dei piloti. Quando è in veste di celebrità estranea al mondo del motorsport, dubito che debba seguire eventuali regole inventate ad hoc contro di me, ma d'altronde non sono nemmeno convinta che ci siano regole contro di me messe in atto a partire da oggi.
Sono confusa, molto più confusa di quanto vorrei. Il colpo di grazia, comunque, me lo dà un ragazzo biondo che, all'improvviso, raggiunge il mio amico rapper. Riconosco immediatamente Junior Silberblitz, il cui alter-ego è Nero Trentasei. È qui, è vivo e sta bene. Mentre discute con Hamster Gangster mi chiedo chi sia, allora, il pilota protagonista del grave incidente di cui tutti stanno parlando.
[TEST PRESTAGIONALI]
La stagione della A+ Series termina alla fine di maggio e ricomincia nel mese di settembre. Nel corso dell'estate vengono organizzate diverse sessioni di test collettivi, in genere su circuiti europei. La prima di questo summer break si svolge a Silverstone alla fine di giugno. Non dovrei essere qui, ormai ne sono fuori, ma mi aggiro per la pitlane guardando le vetture. Nessuna squadra ha ancora rivelato la nuova monoposto, utilizzano ancora tutte quella del mondiale 2021/22. Blu Ventuno ha preso il mio posto, diventando Viola Cinque. Riconoscerei il suo sguardo tra mille e non mi stupisce che stia in quella posizione. Nessun altro, meglio di lui, poteva tenere alta la reputazione del mio numero di gara. È molto diverso da me, così come da Axel, il mio predecessore, sia per carattere sia per stile di guida, ma ha tutte le carte in regola per sfondare. Avrebbe solo bisogno di qualcuno che gli desse una tirata di orecchie ogni tanto, ma le sue orecchie sono sempre sotto al casco.
Vedo i miei ex colleghi andarsene ancora in giro in tuta e casco, alcuni inseguiti da giornalisti desiderosi di sentire qualche parola da parte loro, prima di quelle ufficiali. Alcuni piloti saranno convocati per una conferenza stampa, pare a sorteggio, ma dubito fortemente che siano selezionati in modo casuale. Ne vedo alcuni che si avviano verso la sala stampa: ci sono Argento Quattro, Rosso Ventisette, Arancione Otto, Viola Sei e un pilota in tuta gialla, inizialmente non vedo se sia Quindici o Sedici. Li seguo - vedendo nel frattempo il numero 16 stampato sulla tuta di colui che ancora non avevo identificato - e mi infilo dentro la sala.
Non ho al collo alcun pass, ma nessuno sembra fare caso a me. Mi siedo in ultima fila, da sola, e vedo i piloti accomodarsi nelle loro posizioni. Le prime domande sono semplici formalità, passerà un po' prima di arrivare al sodo. Li ascolto, senza che dicano alcunché di interessante, almeno finché non vengono invitati a riflettere sul finale della stagione precedente e a condividere i loro pensieri in proposito.
Nessuno sembra tanto propenso a parlare, a parte Argento Quattro, che tuttavia non fa altro che pronunciare poche parole: «L'automobilismo è pericoloso. È necessario tenere sempre in considerazione la sicurezza, ma non tutto può essere controllato. Quando succedono disgrazie è ovvio chiedersi dove si sia sbagliato, ma non sempre c'è modo di intervenire. Si può solo sperare che non si ripeta più.»
Accanto a lui, Rosso Ventisette sembra a disagio. Lo osservo, mi viene da pensare che non sia la fantomatica disgrazia a metterlo in difficoltà, quanto piuttosto la presenza di Quattro o quello che ha detto. Sembra ci sia tensione tra di loro e mi sembra che Ventisette si allontani il più possibile, finendo per avvicinarsi a Giallo Sedici, che occupa la posizione centrale.
È proprio lui a prendere la parola dopo Quattro e non sembra avere la stessa sfacciataggine che ha quando non porta tuta e casco. So che quel pilota è Karl Percival, un tizio che più volte ha sminuito i risultati di Verde Quindici in presenza di Axel. Non ho mai capito se sapesse o meno di essere di fronte alla stessa persona, ma Axel non l'ha mai presa male. Ha detto che non gli dispiacerebbe avere un compagno di squadra come lui, in futuro, che sarebbe come una sorta di fratello minore svampito che dice cose strane.
«Certe tragedie ci mettono di fronte a una realtà a cui spesso tentiamo di fuggire» afferma Sedici. «Me lo sono chiesto, dopo il Gran Premio di Montecarlo, se valga la pena di mettere la mia vita in pericolo o se sarebbe più sensato lasciare perdere e cambiare vita. Il problema è che, per noi piloti, non è possibile cambiare vita. Anche quando pensiamo che la nostra carriera sia ormai finita, non ne siamo mai davvero convinti fino in fondo. È così che è andata, mi sono chiesto cosa volessi fare e mi sono risposto che non posso farci niente. Dobbiamo discutere di sicurezza, cercare di migliorare ancora la situazione, ma siamo piloti e lo restiamo, nonostante tutto, anche nei giorni in cui prima eravamo venti, poi all'improvviso ci ritroviamo in diciannove.»
Ne ho la conferma, qualcuno è morto. Seduto all'estremità, Viola Sei abbassa lo sguardo, mentre Arancione Otto, che si trova tra lui e Giallo Sedici, cerca di distogliere gli occhi dalle telecamere che lo inquadrano.
È Otto il pilota che prende la parola subito dopo Sedici e lo sento confermare: «Mi ritrovo nelle parole del mio collega. Quello che è successo a Montecarlo ha cambiato la mia vita, senza possibilità di ritorno, ma sono anch'io un pilota. Combatterò finché posso affinché non succeda più, ma resterò quello che sono. Penso che tutti siano d'accordo che, quando perdiamo un collega, il modo migliore in cui possiamo onorare la sua morte è continuando dritti per la nostra strada, con il suo ricordo sempre vivo.»
«Sono d'accordo» conviene Sei, senza alzare lo sguardo. «Nulla sarà mai più come prima, ma è importante non lasciare perdere i nostri sogni. Siamo tutti qui perché amiamo le corse. Sappiamo che il pericolo può essere dietro l'angolo in qualsiasi momento, ma finché abbiamo la convinzione di quello che facciamo, è giusto continuare a metterci al volante.»
L'unico che non ha ancora parlato è Rosso Ventisette. Si vede che preferirebbe rimanere in silenzio, ma viene esortato a dire la sua.
Si vede che è uno sforzo, quando afferma: «Noi piloti speriamo di non assistere mai a quello che è successo a Montecarlo, ma purtroppo ogni tanto torniamo alla realtà. Il lato che fa più male è che, per quanto speriamo che sia l'ultima volta, non ci sarà mai un'ultima volta. Prima o poi qualcuno morirà di nuovo. Può passare un mese, un anno, dieci anni... però non è mai l'ultima volta. Il prossimo potrebbe essere anche uno di noi, così come uno dei piloti di seconda o terza divisione che non è ancora vicino alla A+ Series quel tanto che basta per essere sicuro di arrivarci. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo per certo è che prima o poi accadrà di nuovo. Possiamo solo cercare di impegnarci affinché avvenga il più tardi possibile. Per molti anni il motorsport ha cercato di avviarsi in tale direzione. La Formula 1 degli anni '80 inoltrati era molto meno pericolosa di quella dei decenni precedenti. C'erano ancora molti problemi, che sono emersi negli anni '90, con nuovi incidenti mortali. Di nuovo, la Formula 1 si è messa all'opera per cercare di migliorare ulteriormente la sicurezza. Ce l'ha fatta, al punto da permettere a piloti che hanno avuto incidenti che potevano essere molto gravi o di uscirne con ferite lievi o di non avere danni permanenti. Anche la A+ Series va nella stessa direzione, ma la mia impressione - e mi scuso se qualcuno si offende per le mie parole - è che lo stia facendo nella maniera sbagliata. Da un lato mette in pratica ciò che si vede in altre categorie. Ci ritroviamo quindi con gli abitacoli più protetti - il tanto bistrattato halo ha salvato varie vite - e con più tutele, rispetto anche rispetto allo scorso decennio, ma in certe circostanze si tenta di fare inversione di tendenza.»
Sulla sedia accanto, Argento Quattro borbotta, forte abbastanza da farsi sentire: «Stronzate!»
È la molla che fa scattare Ventisette, che adesso parla in tono molto più sciolto.
«Tu dici che sono stronzate, ma non sei forse costretto anche tu a guidare con gomme da asciutto quando piove? Non ti ritrovi anche tu con le gomme fredde, da quando sono state abolite le termocoperte? Tutto questo viene fatto per una sola ragione: avere gare "più movimentate". E cosa significa avere gare più movimentate? Cercare di avere un maggior numero di incidenti. Non si tratta necessariamente di incidenti gravi, anzi, la maggior parte non lo sono, ma è innegabile che ci sia la volontà di innescare più incidenti, per catalizzare l'attenzione del grande pubblico.»
Adesso Argento Quattro si rivolge direttamente a Rosso Ventisette: «Se non te la senti di gareggiare, nessuno ti costringe a farlo. La A+ Series non è un posto per ragazze senza palle.»
Mi viene da pensare che Quattro finirà nella bufera e gli verrà contestato un linguaggio sessista per avere paragonato Ventisette a una donna senza attributi. Immagino che Ventisette, invece, stia tremando di paura: Argento Quattro le ha implicitamente fatto capire di potere rivelare da un momento all'altro chi sia davvero. Spero che Alysse Mercier, sotto quella tuta, riesca a ribattere.
Non mi delude: «Se pensi di offendermi dandomi della "ragazza" ti sbagli di grosso. Ci sono grandi piloti dell'uno e dell'altro genere, ma soprattutto ti ricordo che, come piloti, non abbiamo genere. Siamo numeri, nient'altro che numeri. A nessuno importa se io sia un uomo o una donna, o che cosa sia tu. Sei solo Argento Quattro, almeno finché qualcuno non farà il tuo nome pubblicamente, e allora sarai radiato e non potrai più essere Argento Quattro. Oppure, se ti va meglio, lo sarai finché il CEO o chi per lui non deciderà di assegnarti a un'altra vettura, a un altro numero e a un altro colore.»
«Lascia perdere il passaggio a un altro team, torniamo al discorso della radiazione. Vuoi forse dire che, siccome non sono d'accordo con te, potresti fare il mio nome? Ti ricordo che anch'io conosco il tuo.» Si gira a fissare Ventisette, come a sfidarlo, poi torna a concentrarsi sul microfono. «Bene, signori all'ascolto, Rosso Ventisette in realtà si chiama Al-...»
Viene interrotto da Ventisette, che gli rifila uno spintone che per poco non lo fa cadere dalla sedia.
«Non provarci, pezzo di merda» gli intima. «Se ti piace guidare sul bagnato con gomme da asciutto ed essere messo in pericolo, non puoi pretendere che anche gli altri siano d'accordo con te. O devo insinuare che, per qualche motivo, ti sia stato concesso un trattamento di favore? Che mentre tu devi preoccuparti solo della pioggia e delle gomme non in temperatura, gli altri piloti siano esposti a pericoli extra messi in atto di proposito? Cos'hai fatto per meritarti questo status? In che modo ti sei venduto?»
Mi aspetto di sentire Quattro ribattere, ma rimane in silenzio. Non so cosa pensare, potrebbe addirittura trattarsi di una tacita ammissione. Non mi stupirebbe che abbia fatto qualche favore al CEO e al suo entourage, guadagnandosi una posizione di privilegio. Per quanto non mi sia del tutto chiaro cosa sia accaduto a Montecarlo, penso che non abbia vinto il campionato solo per i propri meriti.
Ero in testa, poi, all'improvviso, me lo sono ritrovata sul gradino più alto del podio. Non intendo insinuare che chi vince dopo il ritiro altrui non abbia meritato, ma Argento Quattro è esattamente il tipo di pilota che prenderebbe una situazione del genere come il trionfo della giustizia divina e se ne vanterebbe.
«Non dici niente?» insiste Rosso Ventisette, sfidando apertamente il suo avversario. «Non mi aspettavo niente di diverso da te.»
«Non dico niente perché non ne vale la pena» replica Argento Quattro. «Le tue illazioni sono prive di senso. Chiaramente non sono soddisfatto di dovere guidare sotto la pioggia con gomme slick, se è questa la tua preoccupazione, ma fa parte del gioco.»
«Un gioco mortale.»
«Se non te la senti di guidare sotto la pioggia, nessuno ti obbliga... e comunque, per quanto piovesse, non è stata quella la causa dell'incidente.»
Adesso è Rosso Ventisette quello che non replica. Vedo Giallo Sedici cercare di rincuorarlo con una pacca su una spalla. Ventisette si gira per un attimo verso di lui, in segno di gratitudine.
La platea di giornalisti ha molte domande da fare. Si procede come se nulla fosse accaduto, come se Argento Quattro non fosse stato a un passo dal rivelare l'identità del suo rivale. I piloti vengono esortati a parlare delle loro speranze per il mondiale 2022/23, che inizierà tra due mesi e mezzo a Miami. È proprio il circuito cittadino che aprirà il prossimo campionato il successivo oggetto di discussione.
«Si vocifera che l'edizione del 2023 del Gran Premio di Montecarlo - confermata dopo molti rumour sulla sua potenziale cancellazione - sarà l'ultima della storia» osserva un giornalista. «Dal mondiale seguente dovrebbe tornare Las Vegas, mentre il Gran Premio di Miami andrebbe a sostituire quello del Principato alla fine della stagione. Pensate che questo possa migliorare la percezione della A+ Series da parte del pubblico e dimostrare che il campionato guarda molto al futuro e alla volontà dei fan di superare eventi ormai obsoleti e incongruenti con i valori della società contemporanea?»
Trattengo a stento le risate. Per "valori della società contemporanea" si intende palesemente dare il contentino alla tifoseria statunitense indignata di fronte al fatto che Montecarlo si radunino celebrità che sono ricche sfondate pur senza essere americane. I miei ex colleghi non danno molta corda al giornalista in questione: mentre Argento Quattro, in maniera del tutto neutrale, afferma che non gli interessa dove si vada a correre, ma soltanto vincere, Giallo Sedici inizia una curiosa invettiva sulla storia e sul fatto che Montecarlo meriti di rimanere nel calendario. Viola Sei e Arancione Otto sostengono di amare gli Stati Uniti, ma non sembrano così desiderosi che le gare sul suolo a stelle e strisce si moltiplichino come non mai. Rosso Ventisette non dà grosse soddisfazioni a chi ha posto la domanda, deve essere ancora sconvolto dalla sua polemica con Argento Quattro.
Tutto finisce all'improvviso, i cinque piloti vengono lasciati liberi di andarsene. Quattro sembra intenzionato a defilarsi, ma vedo Ventisette inseguirlo. Una volta lontani dai giornalisti, Ventisette lo afferra per un braccio, mentre mi avvicino. Voglio sentire quello che si dicono.
«Non devi permetterti. So che cos'hai fatto.»
«Non sai niente, perché non ho fatto niente.»
«Ti sei venduto al CEO.» Rosso Ventisette sembra fermo sulla propria posizione. «Ti rendi conto che l'hanno ammazzata per causa tua?»
«Non l'hanno ammazzata» replica Argento Quattro. «È stato un incidente, solo un fottuto incidente.»
«Ha deciso di rivelare la propria identità e l'hanno fatta fuori» insiste Rosso Ventisette. «Nel frattempo, il CEO ti ha consegnato il mondiale. Cos'hai fatto per lui?»
«Niente. Non ho fatto niente. Lasciami in pace, Alysse.»
Vedo Rosso Ventisette sussultare, quando Argento Quattro pronuncia quel nome e anch'io ho un sussulto. All'improvviso mi è tutto chiaro e i ricordi dell'incidente iniziano a riaffiorare.
«L'hanno ammazzata» ribadisce Rosso Ventisette, «Ed è anche colpa tua.»
«Non ho fatto nulla.»
«Forse non hai fatto nulla, ma ti stai piegando senza controbattere alla volontà del CEO e della Heidelberg. Fermati, prima che sia troppo tardi.»
Mi aspetto una replica, da parte di Argento Quattro, ma non dice niente. Si allontana, senza dire una parola. Rosso Ventisette non fa nulla per trattenerlo. Non so cosa fare, se seguire Quattro, oppure se avvicinarmi a Ventisette. Dopotutto sarebbe tutto inutile: non ho più mezzo di comunicare con loro.
[MIAMI]
È cambiato tutto, ma sto imparando a conviverci. Sono uno spirito errante, che sente di avere ancora qualcosa da fare. Mi ritrovo catapultata a Miami già da giorni, a guardare gare sprint ciascuna con regole diverse dalle altre. Non so nemmeno più quante ne abbiano fatte, ma il pubblico è entusiasta, sempre ammesso che si possa definire entusiasta una mandria di vip che ha come unico intento quello di mettersi in mostra.
Il campionato è stato aperto da un concerto di Hamster Gangster. Non è più Arancione Otto, adesso, è Argento Tre e fa coppia con Yannick Leroy. Il campione del mondo in carica ha mantenuto il proprio volante, mentre molti altri piloti hanno subito un grande turnover dopo i test estivi. Alysse Mercier non è più Rosso Ventisette, è tornata in nero, non è più Trentacinque come un tempo, ma Trentasei. Sembra tranquilla, quando la intravedo, come se il non essere più al centro dell'attenzione sia stato un toccasana per lei.
Axel è diventato Rosso Ventisette, ma ormai il pubblico non si ricorda quasi più di quel giorno di gloria in Malesia. Gli viene contestato un finale di stagione non troppo brillante, se non fosse per quella vittoria ottenuta più per incidenti e guasti altrui che per vero e proprio merito: è il paradosso del 27, essere la storia del proprio numero di gara invece che una storia personale. Ryuji Watanabe non sembra molto soddisfatto di avere perso Alysse, ma è sempre stato aperto alle sfide, quindi pare possa cavarsela, al fianco di Axel.
Blu Ventuno è stato promosso al posto mio, diventando ufficialmente Viola Cinque. Ricky, ovvero Sei, avrà le sue gatte da pelare, in questa stagione; quel ragazzino va molto più forte di me e l'ha già dimostrato più volte, in questa settimana, non solo nelle sprint, ma anche nella gara principale.
Il Gran Premio di Miami ha visto Argento Quattro leader per parecchi giri, poi costretto ad arrendersi a un guasto al motore. L'arrivo in volata tra il nuovo Viola Cinque e il nuovo Argento Tre è stato favorevole a Tre: il mio amico Hamster Gangster è riuscito a portare a casa la vittoria. Sembra felice, stasera, mentre prepara le valigie per tornarsene in Europa. Ci sarà un po' di tempo prima del Gran Premio del Giappone.
C'è Axel, insieme a Hamster Gangster, che lo distrae mentre cerca di concentrarsi su ciò che fatica a entrare nella valigia. Gli parla di una novità, inserita in questa stagione.
«A Suzuka l'impianto di illuminazione non è sufficiente per disputare un gran premio in notturna. È una follia, l'ennesima follia del CEO e della Heidelberg.»
Hamster Gangster non sembra molto convinto, ma il suo sguardo allegro ormai si è fatto cupo.
«Corriamo già a Singapore di notte... e a volte abbiamo corso con le luci artificiali anche in Bahrein.»
«Posti dove ci sono luci che illuminano la pista a giorno» precisa Axel. «Non mi fido più di loro, sono capaci di tutto.»
«Non lo fanno per eliminarci, se è questo che ti spaventa. Potrebbero farlo in qualsiasi momento, alla luce del sole, come è successo a Tina.» C'è amarezza, nella voce di Hamster Gangster. «Purtroppo non c'è niente che possiamo fare per provarlo. Le indagini volute dal CEO hanno avuto un risultato a suo dire inequivocabile. Però sappiamo bene che è assurdo, la macchina è partita per la propria strada all'improvviso ed è come implosa dopo un contatto lieve contro le barriere. Non è possibile un incidente del genere.»
Axel abbassa lo sguardo.
«Mi sento colpevole ogni fottuto giorno. Vorrei andarmene, eppure mi dico che non posso farlo. Devo restare qui, lo devo a Tina. Se la smettessi con la A+ Series, finirei per fare qualcosa di stupido.»
«Se tu lasciassi la A+ Series, la tua ex moglie tornerebbe sui suoi passi e prima o poi ti convincerebbe a tornare insieme. Hai paura che prima o poi accetteresti, vero?»
Axel alza gli occhi di colpo.
«Tra me e la mia ex è finita.»
«Lo so. Si era stancata di saperti sempre esposto al pericolo e nelle mani del CEO.»
«Sa che, se morissi nell'anonimato, verrei sepolto in una tomba anonima e nessuno le direbbe che non ci sono più. Non è questo che vorrebbe per suo marito e per il padre dei suoi figli. Quindi ha fatto tutto ciò che era in proprio potere: mi ha lasciato, sperando che ci ripensassi. Io, però, sono ancora qui. Mi dispiace che i miei bambini siano figli di un pilota di A+ Series, ma non posso farci niente. Sono quello che sono e Tina è l'unica donna che mi abbia mai accettato come tale. Non tornerò con la mia ex moglie. Resterò qui, in questo campionato maledetto, e cercherò di onorare la sua memoria.»
«Sono belle parole» ammette Hamster Gangster, «Ma forse dovresti davvero fare un passo indietro.»
Axel scuote la testa.
«No, non posso. Tu stesso non te ne vai.»
«Io non ho nessuno che mi aspetti, a casa. Tu hai tre figli, che non vedono l'ora di essere scarrozzati su un trattore tosaerba in giro per la tua fattoria, mentre tu li supplichi di non riferirlo alla loro madre.» Hamster Gangster lo fissa dritto negli occhi. «È davvero così importante guidare la vettura rossa?»
«È il mio sogno.»
«Quella vettura rossa non è la Ferrari di Silberblitz davanti a cui ti masturbavi da ragazzino sognando un giorno di emulare il tuo idolo.»
«Come sei volgare.»
«No, non sono affatto volgare. Svegliati, è solo una vettura come tante, ma è rossa. Non ti sta gettando addosso una storia piena di fascino, è solo una monoposto che, per puro caso, è stata dipinta con vernice rossa.»
«Non puoi capire» replica Axel. «Non posso lasciare proprio adesso, che sono a un passo dai miei sogni. Tina non l'avrebbe voluto.»
Infatti è proprio così, non voglio che rinunci solo perché sono morta. Certo, il mio incidente ha avuto una dinamica abbastanza preoccupante, ma noi piloti della A+ Series sappiamo a cosa andiamo incontro.
Li lascio soli, so che non ha senso spiare la loro conversazione. Sono qui per un motivo e non è sentirli dibattere dell'opportunità che Axel continui a gareggiare nonostante io non ci sia più. Mi ritrovo in un corridoio, devo essere al di là della porta della stanza nella quale si trovano il mio amico e il mio compagno. Sento che sto andando nella direzione giusta, quando di colpo mi trovo nella camera di Yannick Leroy.
Sta parlando al telefono, anzi, sta proprio urlando.
«Le dico che non posso fare niente! Alysse conosce la mia identità e non mi dirà mai una sola parola!»
Ha il vivavoce inserito, perché nel frattempo sta trafficando con un bicchiere e una bottiglia e lo smartphone è appoggiato sul tavolo. Posso sentire chiaramente la voce del CEO che replica: «Ormai ho aspettato anche troppo. Le ho fatto vincere un mondiale e non ho avuto in cambio quello che mi aveva promesso. Posso distruggerla, Leroy. Ha visto cos'è successo oggi.»
Yannick impreca, poi riattacca. Si è venduto in cambio del titolo, ma non può pagare quanto pattuito, qualcosa che ha a che vedere con Alysse.
Si porta il bicchiere alla bocca e dubito che il contenuto sia analcolico. Mi siedo di fronte a lui, vedendo che nella bottiglia manca una parte di contenuto abbastanza elevata. Lo osservo, mentre già si rende conto che l'alcool non farà nulla per dargli sollievo. Il CEO gli ha promesso di farlo diventare campione del mondo e l'ha fatto, ma non penso sia questa la ragione per cui sono morta. Sarebbe bastato che il motore esplodesse in una nuvola di fumo, per dare a Yannick ciò che gli aveva accordato. Mania di protagonismo, se posso spingermi a formulare un'ipotesi: il CEO voleva eliminarmi in ogni caso, non certo per rendere le cose più facili a Leroy, quanto per guadagnarvi in consensi, like e introiti. Non c'era nulla di più catalizzatore di attenzione che mandarmi a morte sotto gli occhi di tutti, mentre mi stavo giocando il mondiale, nell'ultimo gran premio della mia carriera.
Il telefono di Yannick resta muto. Sono convinta sia stato lui, poco fa, a contattare il CEO, non viceversa, deve essere per questo che nessuno lo sta richiamando. Adesso si versa un altro bicchiere e lancia un'occhiata fugace al cellulare. Sembra sul punto di prenderlo in mano, ma non lo fa. Riprende a bere e poi alza gli occhi su di me.
Non può vedermi, ma io vedo molto bene lui. Sembra solo la caricatura di un antieroe, ormai completamente allo sbando, senza più alcuna certezza.
«Perché l'hai fatto, Yannick?» mormoro. «Perché ti sei messo nelle mani di quello stronzo?»
Mi sembra che mi fissi, ma è solo una mia fantasia. Sta ancora bevendo. Non può né vedermi né sentirmi. O almeno è quello che penso. Mi rendo conto ben presto che l'alcool altera le sue percezioni.
«Tina?»
È la prima volta, da quando sono morta, che qualcuno dà segno di potere interagire con me. Mi viene il dubbio che fosse proprio questa la mia missione.
«Mi senti?»
«Sì.»
«E mi vedi?»
«S-sì. Un po'. Sei sfuocata.»
Non sembra spaventato, ma lo rassicuro: «Non posso farti niente.» Ridacchio. «Purtroppo. Vorrei tanto poterti afferrare per le palle e stringere con tutta la forza che ho in corpo. Però non ce l'ho più, un corpo. Chissà invece tu per quanto tempo ne avrai uno. Non te l'ha mai detto Alysse che con certe persone è meglio non averci a che fare?»
«A-Alysse?»
«Possibile che tu non sappia fare altro che balbettare? Di solito hai la lingua piuttosto sciolta e sembra che non ti spaventi niente. Vuoi forse farmi credere che avere davanti un fantasma ti mette in difficoltà? Non voglio farti del male, Yannick.»
«Lasciami in pace.»
«Stai tranquillo, quando ti avrò detto tutto me ne andrò e non mi vedrai più. Prima, però, dobbiamo fare quella chiacchierata che non abbiamo mai fatto quando ero ancora viva.»
«Cosa vuoi?»
«Innanzi tutto che ti rilassi. Eri così teso quando Alysse ti sbottonava i pantaloni?»
Per la prima volta da quando percepisce la mia presenza, Yannick sembra divertito.
«Vuoi sbottonarmi i pantaloni?»
«L'unica cosa che farei con il tuo membro è metterlo dentro un frullatore, quindi per tua fortuna non voglio sbottonarti i pantaloni... e nemmeno potrei. Però, dimmi, ti piaceva avere Alysse che trafficava con la cerniera dei tuoi pantaloni?»
«Beh, sì.»
«Se tu non avessi fatto quello che hai fatto, probabilmente adesso sarebbe qui e ti starebbe spogliando. Non saresti ubriaco e non staresti pensando che è stata tutta una fregatura. Ne valeva la pena? Se potessi tornare indietro, butteresti di nuovo via tutto per un campionato del mondo?»
Yannick abbassa lo sguardo.
«Non puoi giudicarmi.»
«Forse dovresti essere tu a giudicare te stesso» replico, fredda. «Magari, se ti rendessi conto della cazzata che hai fatto...»
Stavolta Yannick ritrova la sicurezza che ha sempre mostrato.
«Se mi rendessi conto della cazzata che ho fatto, cosa succederebbe? Sentiamo cosa faresti tu, al posto mio.»
«Cercherei di riallacciare i rapporti con Watanabe, specie considerato che è un amico di Alysse.»
«Non capisci proprio un cazzo, Tina. Se io e Ryuji tornassimo amici e cercasse di metterci una buona parola con Alysse, convincendola almeno a starmi a sentire, sarei comunque nella merda tanto quanto adesso. Il CEO vuole da me qualcosa che non posso dargli, non ho tempo per inseguire amici o fidanzate. Mi ha sabotato mentre ero in testa e potrebbe farlo tante altre volte.»
Gli strizzo un occhio.
«Pensa, ha sabotato anche me mentre ero in testa. È successo a Montecarlo, ma dopo non è più potuto succedere.»
«Non voglio mancarti di rispetto, Tina» puntualizza Yannick. «Non mi aveva detto che ti avrebbe ammazzata. Non ne avevo idea. Adesso, però, potrebbe farlo con me.»
«A maggior ragione dovresti scusarti con Watanabe. Almeno gli rimarrebbe un buon ricordo di te.»
«Fottiti.»
«Stavo scherzando. Cerca di essere meno suscettibile.»
«Cosa vuoi da me, Tina?»
«Non so, tu cosa volevi da me, quando hai fatto promesse che non potevi mantenere per convincere il CEO a farti vincere il mondiale? Eri davvero così convinto che, senza il suo prezioso aiuto, avresti perso?»
Yannick sospira.
«Credi davvero che sia stato io ad andarlo a cercare e a proporgli di farmi vincere il mondiale in cambio di qualche confidenza strappata ad Alysse?»
«Non so, magari puoi spiegarmi tu com'è andata» lo invito.
Me lo spiega.
«Il CEO mi ha fatto ritirare per un guasto al motore, poi mi ha chiesto se volevo evitare che succedesse di nuovo. Non solo, mi ha anche promesso il mondiale, in cambio del mio aiuto. Se avessi rifiutato, non mi avrebbe concesso la possibilità di cercare di vincere lealmente. Mi avrebbe mandato il motore in fumo ogni volta, impedendomi di ottenere risultati. O con lui o contro di lui, o vincere in modo telecomandato o essere sabotato affinché non vincessi. Sapeva i miei fatti privati. Aveva capito che Alysse non era solo una donna che mi portavo a letto, ma che valeva molto di più. Mi ha incastrato. Forse potevo tirarmi indietro, ma le conseguenze sarebbero state devastanti. Non l'ho fatto per "rubare" un mondiale, l'ho fatto per non essere derubato... o peggio, quindi faresti meglio a evitare di sparare sentenze. Non ti sei mai ritrovata messa con le spalle al muro. Ti ha fatta morire e basta, non ti ha mai chiesto di aiutarlo in cambio della tua presunta sopravvivenza. Non voglio dire che morire sia una cosa da niente, ma almeno non hai dovuto scegliere da che parte stare.»
«Ecco, appunto» confermo. «Io non ho dovuto scegliere. La storia della A+ Series è stato un continuo non avere scelta, per noi piloti. Con te, qualcosa è cambiato.»
«Avrei preferito che non accadesse.»
«Significa che il CEO non è più infallibile come una volta.»
«La mia scelta non era una vera scelta.»
«Però il CEO ti ha coinvolto. Fino a poco tempo fa non avrebbe cercato la complicità di un pilota. Con te l'ha fatto. Vuole dire che sente che potreste voltargli le spalle... e lo farete. So che lo farete.»
Yannick si lascia andare a un mezzo sorriso da ubriaco.
«Sei venuta qui per dirmi questo?»
«Sono qui per aprirti gli occhi che ti ostini a tenere chiusi» concludo. «Puoi farcela, Yannick. Tutti potete farcela. Potete uscirne fuori. Non dovete farlo per me, ma per voi stessi. Io sono morta, ma voi potete salvarvi. Promettimi che farai tutto quello che è in tuo potere per cavartela.»
Yannick mi fissa con sguardo assente.
Io insisto: «Promettimelo.»
«Non ti prometto che farò qualcosa» replica Yannick, «Ma cercherò di uscirne, in un modo o nell'altro.»
«Devi farcela» insisto. «Dovete farcela.»
Sono le ultime parole che pronuncio. Ormai ho esaurito il mio ruolo, è il tempo di passare oltre. Non so fino a che punto Yannick mi ascolterà, ma spero possa esserci una via d'uscita.
[LA PROSPETTIVA DI TINA MENEZES]
Mi guardo intorno, cerco di capire cosa stia accadendo. So di essere a Montecarlo, so che oggi ho corso l'ultima gara della mia carriera. Dovrei essere in grado di descrivere passo dopo passo quello che è successo, ma faccio fatica a mettere insieme tutti i pezzi. Ricordo la mia decisione di rivelare al mondo chi si nasconde dentro alla tuta e al casco di Viola Cinque, potrei quasi recitarla a memoria.
Mi chiamo Tina Menezes, ho trentasette anni e da ragazzina ho gareggiato nella Formula 3 brasiliana. La mia carriera è naufragata per assenza di sponsor, almeno fino al giorno in cui, vari anni dopo, non ho ricevuto una chiamata importante. Ero stata selezionata per un test della terza divisione. Ho accettato. Il test è andato bene. Mi è stato offerto un volante e non mi era chiesto di portare sponsor personali.
Dopo una sola stagione in terza divisione, avendo ottenuto risultati di un certo spessore, sono stata promossa alla seconda. Vi ho gareggiato per due anni, lottando per il titolo nella seconda stagione, contro piloti che forse avevano qualche anno in meno di me, ma che improvvisamente non avevano più il vantaggio dell'età.
Sono arrivata in A+ Series dopo tre anni passati nelle formule minori, al volante di una vettura blu. I miei primi anni nella categoria erano gli anni dei primi titoli di Viola Cinque. Ha vinto due mondiali, prima che mi fosse offerto il suo volante. Non so perché la dirigenza abbia preso questa decisione, il precedente Cinque era un grande pilota e credo lo sia tuttora. Non ricordo come mi sia venuta l'idea delle lenti a contatto azzurre, so solo che ero un po' spaventata dall'idea di non reggere il confronto con il mio predecessore. Speravo che, almeno per qualche tempo, nessuno facesse caso al fatto che il pilota era cambiato. Incredibilmente, ha funzionato. Ha funzionato fin troppo bene: non è durata solo un po' di tempo, è durata per tutto il resto della mia carriera.
Ho vinto due mondiali, prima di essere spodestata, se così posso dire. Arancione Otto e il precedente Argento Quattro sono sempre stati piloti molto forti, sapevo che prima o poi sarebbe successo. Anche l'attuale Argento Quattro è un pilota molto forte, tanto che non so ancora come finirà, se sarò io a vincere oppure se sarà Quattro il campione del mondo della stagione 2021/22.
Indipendentemente dal risultato, so che sarà comunque una bella fine, perché sono convinta che sia il momento giusto per andare in pensione. Non so cosa farò dopo, se effettivamente continuerò a lavorare per la televisione brasiliana come ho fatto finora come copertura. Oppure potrei rimanere nella mia casa di Valencia - città nella quale vivo fin dai tempi della terza divisione - e ritirarmi a vita privata, sperando che il mio compagno Axel Frosch, attivista ambientale che ho conosciuto nel paddock, un giorno decida di raggiungermi. Non credo che lo farà. Il giardino di casa mia è troppo piccolo per allevarvi galline biologiche, dice. Non mi ha nemmeno chiesto se vorrei dei pennuti intorno a casa. Non so se sia un bene o un male, mi piace l'idea che quando viene da me si senta un po' come a casa sua.
Questo è tutto, o almeno è la parte della mia vita che posso raccontare. Axel non è solo un attivista ambientale, è anche un pilota. Ha perfino fatto qualche test in Formula 1, prima che venisse cancellata e sostituita dalla A+ Series. Ha dovuto cambiare cognome, per non essere riconosciuto, ma non gli pesa. Ci sono piloti che hanno dovuto affrontare sacrifici peggiori.
L'automobilismo ha fatto parte della mia vita per tantissimi anni, ma adesso che ne sono ormai fuori mi rendo conto di quanto la A+ Series abbia totalmente assoggettato noi piloti alle volontà del CEO. È un uomo sadico, come è sadica la donna che lavora con lui, Maelle Heidelberg. Sono compiaciuti, a ogni nostro incidente, perché pensano alle view, ai like e introiti. Non solo ne sono compiaciuti, ma li innescano di proposito. Non sappiamo più che cosa sia vero e cosa non lo sia.
All'improvviso, mentre penso a tutto questo, ritorno in me, o almeno credo: ricordo lo start in ritardo a causa di un malfunzionamento del semaforo dovuto alla pioggia, la partenza dietro la safety car, con le gomme da asciutto come da nuovo regolamento, poi una bandiera rossa, a metà gara, per un incidente. Ho visto una vettura nera in condizioni pietose, prima di rientrare nella pitlane. Non so cosa sia successo esattamente al pilota, nessuno lo sa, spero che stia bene. Dopo che i commissari di percorso hanno ripulito la pista, ci hanno mandati di nuovo sulla griglia di partenza. Il mio vantaggio era ormai completamente annullato, dovevo solo sperare di potere mantenere la testa della gara al restart e di andare avanti così fino alla fine: chiudere la gara davanti ad Argento Quattro per vincere il mondiale.
Ce l'ho fatta, di nuovo davanti a tutti, di nuovo lanciata verso il trionfo finale, con la certezza che comunque andata sarebbe stata la fine. Rammento qualche giro, di nuovo il gap che aumentava, tra me e Argento Quattro, ma poi i miei ricordi si interrompono. Cerco di capire, giro per la pitlane, in cui vedo gente trafelata che sembra vivere il proprio incubo personale.
Vedo un gruppo di miei colleghi radunati a confabulare. Ci sono Giallo Sedici, Bianco Zero, Turchese Ventisei e Arancione Sette che dibattono.
«È uscito di strada all'improvviso, non è chiaro se sia stato un guasto» afferma Bianco Zero. «Blu Ventidue gli era poco dietro, doppiato. Mi ha detto di avere visto l'incidente.»
«Devono averlo fatto apposta» replica Giallo Sedici. «Volevano sbarazzarsi di lui.»
«Non ha senso» obietta Turchese Ventisei. «Non ci sarà comunque, nella prossima stagione.»
Bianco Zero lo corregge: «Non ci sarebbe stato comunque.»
«Non dire cazzate» interviene Arancione Sette. «Non parlare di lui al passato.»
«E come dovrei parlarne?» sbotta Bianco Zero, a quel punto. «Non ci sono speranze, lo sappiamo.»
Quindi è questo che è successo? C'è stato un incidente, uno di quelli gravi? Qualcuno, tra i miei colleghi, sospetta che sia stato telecomandato dall'alto... e devo dire che non mi stupirebbe. Dalla dirigenza pasticciano in prima persona con motori e scatole del cambio, innescando ritiri dovuti a problemi tecnici che non si sarebbero verificati se qualcuno non avesse deciso di provocarli. In più ci sono le altre opzioni di disturbo, quelle che possono arrivare a farci uscire di pista in modo arbitrario, se ci lasciamo cogliere di sorpresa. So dell'esistenza di quella neanche più tanto nuova, la cui prima cavia è stato Nero Trentasei, molti mesi fa, e di colpo, ripensando a lui, mi rendo conto che deve essere uno tra lui e il suo compagno di squadra il pilota protagonista dello schianto. Dopotutto, quando è stata data bandiera rossa, la sagoma che ho visto era nera.
Mi dirigo d'istinto verso l'ingresso della pitlane. Quello delle monoposto nere è il primo box. Vedo un pilota in tuta e casco, entrambi neri, su cui svetta il numero 35. Dunque il protagonista dell'incidente è Nero Trentasei e in apparenza gira voce che sia o morto o gravemente ferito.
Mi sento raggelare a quell'idea. Lo conosco, anche quando non è in tuta e casco, è un piccolo fanboy di Axel e non fa altro che rincorrerlo. Ha vent'anni o poco più e non riesco a credere che per un ragazzino di quell'età possa essere finita. Nonostante tutto, nel box non trapela nulla di negativo, un po' come se tecnici e meccanici non fossero in apprensione per le condizioni di Trentasei. È per effetto della mancanza di personalità e di umanità che ci hanno messo dentro? Oppure ho sbagliato tutto? Me lo chiedo, cercando di passare in rassegna tutto ciò che ricordo della gara. È possibile che abbia visto male, che l'auto incidentata non fosse nera?
Non era né grigio argento né rossa, così come non era gialla, verde o arancione. Non era nemmeno blu, turchese o bianca, ne sono assolutamente certa. Se Trentacinque è vivo e in buone condizioni fisiche, il pilota che se la sta vedendo brutta deve essere Trentasei.
Faccio un cenno a un meccanico. Vorrei chiedergli qualcosa, accertarmi che non sia accaduto niente di troppo grave e che i miei colleghi siano troppo impressionabili. Non mi degna di uno sguardo e non so cosa pensare.
Mi allontano, mi metto alla ricerca di qualcuno che possa illuminarmi. Sento gente parlare della vittoria di Argento Quattro e di come abbia finalmente conquistato il titolo, "seppure in una giornata negativa per la storia delle competizioni a ruote scoperte". Quindi mi ha superata, oppure non ho finito la gara. Non comprendo perché mi sia così difficile ricordare, tutto quello che posso fare è tornare in giro e cercare di raccogliere voci di corridoio.
Trovo Blu Ventuno insieme a Verde Quattordici e Turchese Venticinque. Quattordici parla, gli altri si limitano ad ascoltarlo. Dice che non sa nulla, ma Venticinque insiste che nessuno, se non lui, può avere sentito qualche notizia.
«No, non so niente, e non sa ancora niente neanche Quindici» replica Verde Quattordici, con fermezza. «Non gli hanno detto nulla.»
«Cos'è successo?» chiedo. «Per caso Trentasei, l'amico di Quindici, si è fatto male nell'incidente?»
Non ottengo risposta, un po' come se l'intero mondo si fosse coalizzato per non prendermi in considerazione. Che sia una vendetta del CEO e di Maelle Heidelberg per avere rivelato la mia identità? Il video deve essere già stato diffuso, ho il dubbio di essere stata condannata alla damnatio memoriae. Temo che agli altri piloti sia stato impedito di parlare con me e che anche meccanici e tecnici vari si stiano adeguando, ma non avrebbe molto senso. Nessuno ha mai subito un simile trattamento, alcuni ex piloti della A+ Series, una volta rivelata la loro identità, sono stati addirittura visti nel paddock come semplici ospiti. In più abbiamo sempre cercato tutti, almeno nel nostro piccolo, di eludere qualche regola. Anche se fosse stato imposto di fingere che io non esista, ci sarebbe qualcuno mi parlerebbe comunque.
Blu Ventuno, per esempio, non credo starebbe lì imbambolato a fissare il nulla. Ci tiene a passare per il giovane ribelle, non è da lui sottostare alle imposizioni meno importanti. Parlare con un ex pilota che ha svelato la propria identità non è certo un'infrazione da radiazione dal campionato. Uno come Ventuno, poi, sembra destinato a diventare una punta di diamante. Non mi stupirebbe se gli dessero davvero il mio volante, come dicono in tanti, anche tra gli addetti ai lavori.
Invece non fa nulla, non dà segno di avermi vista, e sentenzia: «Dovrebbero selezionare meglio i piloti. Quelli che non sono in grado di stare in pista o che non ne sono più capaci come un tempo dovrebbero andarsene a casa prima che succeda qualcosa di grave.»
Verde Quattordici e Turchese Venticinque mormorano qualcosa, pare stiano protestando. Non hanno tutti i torti: se da un lato Ventuno ha ragione, quando dice che dovremmo essere in grado di gestire le opzioni di disturbo durante una gara, dall'altro soltanto la sua saccenza potrebbe portarlo a pronunciare una simile affermazione dopo un incidente. Non possiamo controllare tutto e anche lui lo sa bene.
Non so ancora cosa sia accaduto a Nero Trentasei, ma avrei voglia di dirne quattro a quel bimbominchia di Ventuno. Sarà anche un ottimo pilota, ma non deve commettere l'errore di iniziarsi a sentire al di sopra di tutto e di tutti. Una simile convinzione può essere fatale, oltre che controproducente. Eppure eccolo insistere: «Sto solo dicendo che non dovrebbero lasciare gareggiare chi rischia di mettere in pericolo se stesso e gli altri. Stavolta non è successo niente agli altri piloti, ma non può sempre andare bene.»
«Non stiamo parlando di un pilotino qualsiasi» replica Verde Quattordici. «Non puoi dire che non fosse in grado di guidare una monoposto.»
«Durante le gare può succedere di tutto» insiste Blu Ventuno. «Dobbiamo essere pronti e reattivi.»
Turchese Venticinque puntualizza: «Se lo volessero, potrebbero ammazzarci senza che nessuno se ne accorga. Anzi, il pubblico potrebbe esaltarsi per la nostra morte.»
«Il rischio ci sarà sempre, nel motorsport, non solo nella A+ Series.»
«Nella A+ Series esiste anche un rischio controllato dall'alto.»
Blu Ventuno scuote la testa, di fronte alla replica di Turchese Venticinque.
«Non capisci un cazzo.»
«No, sei tu che non capisci un cazzo, bimbominchia di merda» replica Venticinque.
«Ehi, calmatevi» li invita Verde Quattordici, ma i due non mi sembrano molto propensi a starlo a sentire.
Me ne vado proprio mentre entrambi intimano a Quattordici di restare fuori dalla loro discussione, tanto non ho niente da fare accanto a loro. Fingono di non vedermi, un po' come se non ci fossi, quindi non otterrò nulla. Forse dovrei trovare Axel, o qualcuno dei miei amici.
Mi dirigo verso il box della squadra in arancione, sperando di trovare Arancione Otto. Inaspettatamente lo trovo, ma già nei panni di Hamster Gangster. Stavolta, con gli occhi del mondo puntati su di lui, sfoggia una camicia piena di brillantini abbinata a un paio di pantaloni attillati di dubbio gusto. È circondato di persone, ma cerca di eluderle. Il suo sguardo smarrito mi conferma che sia accaduto qualcosa di grave e che vorrebbe essere ad anni luce di distanza.
Non so cosa fare. In qualche occasione è stato visto parlare con dei piloti. Quando è in veste di celebrità estranea al mondo del motorsport, dubito che debba seguire eventuali regole inventate ad hoc contro di me, ma d'altronde non sono nemmeno convinta che ci siano regole contro di me messe in atto a partire da oggi.
Sono confusa, molto più confusa di quanto vorrei. Il colpo di grazia, comunque, me lo dà un ragazzo biondo che, all'improvviso, raggiunge il mio amico rapper. Riconosco immediatamente Junior Silberblitz, il cui alter-ego è Nero Trentasei. È qui, è vivo e sta bene. Mentre discute con Hamster Gangster mi chiedo chi sia, allora, il pilota protagonista del grave incidente di cui tutti stanno parlando.
[TEST PRESTAGIONALI]
La stagione della A+ Series termina alla fine di maggio e ricomincia nel mese di settembre. Nel corso dell'estate vengono organizzate diverse sessioni di test collettivi, in genere su circuiti europei. La prima di questo summer break si svolge a Silverstone alla fine di giugno. Non dovrei essere qui, ormai ne sono fuori, ma mi aggiro per la pitlane guardando le vetture. Nessuna squadra ha ancora rivelato la nuova monoposto, utilizzano ancora tutte quella del mondiale 2021/22. Blu Ventuno ha preso il mio posto, diventando Viola Cinque. Riconoscerei il suo sguardo tra mille e non mi stupisce che stia in quella posizione. Nessun altro, meglio di lui, poteva tenere alta la reputazione del mio numero di gara. È molto diverso da me, così come da Axel, il mio predecessore, sia per carattere sia per stile di guida, ma ha tutte le carte in regola per sfondare. Avrebbe solo bisogno di qualcuno che gli desse una tirata di orecchie ogni tanto, ma le sue orecchie sono sempre sotto al casco.
Vedo i miei ex colleghi andarsene ancora in giro in tuta e casco, alcuni inseguiti da giornalisti desiderosi di sentire qualche parola da parte loro, prima di quelle ufficiali. Alcuni piloti saranno convocati per una conferenza stampa, pare a sorteggio, ma dubito fortemente che siano selezionati in modo casuale. Ne vedo alcuni che si avviano verso la sala stampa: ci sono Argento Quattro, Rosso Ventisette, Arancione Otto, Viola Sei e un pilota in tuta gialla, inizialmente non vedo se sia Quindici o Sedici. Li seguo - vedendo nel frattempo il numero 16 stampato sulla tuta di colui che ancora non avevo identificato - e mi infilo dentro la sala.
Non ho al collo alcun pass, ma nessuno sembra fare caso a me. Mi siedo in ultima fila, da sola, e vedo i piloti accomodarsi nelle loro posizioni. Le prime domande sono semplici formalità, passerà un po' prima di arrivare al sodo. Li ascolto, senza che dicano alcunché di interessante, almeno finché non vengono invitati a riflettere sul finale della stagione precedente e a condividere i loro pensieri in proposito.
Nessuno sembra tanto propenso a parlare, a parte Argento Quattro, che tuttavia non fa altro che pronunciare poche parole: «L'automobilismo è pericoloso. È necessario tenere sempre in considerazione la sicurezza, ma non tutto può essere controllato. Quando succedono disgrazie è ovvio chiedersi dove si sia sbagliato, ma non sempre c'è modo di intervenire. Si può solo sperare che non si ripeta più.»
Accanto a lui, Rosso Ventisette sembra a disagio. Lo osservo, mi viene da pensare che non sia la fantomatica disgrazia a metterlo in difficoltà, quanto piuttosto la presenza di Quattro o quello che ha detto. Sembra ci sia tensione tra di loro e mi sembra che Ventisette si allontani il più possibile, finendo per avvicinarsi a Giallo Sedici, che occupa la posizione centrale.
È proprio lui a prendere la parola dopo Quattro e non sembra avere la stessa sfacciataggine che ha quando non porta tuta e casco. So che quel pilota è Karl Percival, un tizio che più volte ha sminuito i risultati di Verde Quindici in presenza di Axel. Non ho mai capito se sapesse o meno di essere di fronte alla stessa persona, ma Axel non l'ha mai presa male. Ha detto che non gli dispiacerebbe avere un compagno di squadra come lui, in futuro, che sarebbe come una sorta di fratello minore svampito che dice cose strane.
«Certe tragedie ci mettono di fronte a una realtà a cui spesso tentiamo di fuggire» afferma Sedici. «Me lo sono chiesto, dopo il Gran Premio di Montecarlo, se valga la pena di mettere la mia vita in pericolo o se sarebbe più sensato lasciare perdere e cambiare vita. Il problema è che, per noi piloti, non è possibile cambiare vita. Anche quando pensiamo che la nostra carriera sia ormai finita, non ne siamo mai davvero convinti fino in fondo. È così che è andata, mi sono chiesto cosa volessi fare e mi sono risposto che non posso farci niente. Dobbiamo discutere di sicurezza, cercare di migliorare ancora la situazione, ma siamo piloti e lo restiamo, nonostante tutto, anche nei giorni in cui prima eravamo venti, poi all'improvviso ci ritroviamo in diciannove.»
Ne ho la conferma, qualcuno è morto. Seduto all'estremità, Viola Sei abbassa lo sguardo, mentre Arancione Otto, che si trova tra lui e Giallo Sedici, cerca di distogliere gli occhi dalle telecamere che lo inquadrano.
È Otto il pilota che prende la parola subito dopo Sedici e lo sento confermare: «Mi ritrovo nelle parole del mio collega. Quello che è successo a Montecarlo ha cambiato la mia vita, senza possibilità di ritorno, ma sono anch'io un pilota. Combatterò finché posso affinché non succeda più, ma resterò quello che sono. Penso che tutti siano d'accordo che, quando perdiamo un collega, il modo migliore in cui possiamo onorare la sua morte è continuando dritti per la nostra strada, con il suo ricordo sempre vivo.»
«Sono d'accordo» conviene Sei, senza alzare lo sguardo. «Nulla sarà mai più come prima, ma è importante non lasciare perdere i nostri sogni. Siamo tutti qui perché amiamo le corse. Sappiamo che il pericolo può essere dietro l'angolo in qualsiasi momento, ma finché abbiamo la convinzione di quello che facciamo, è giusto continuare a metterci al volante.»
L'unico che non ha ancora parlato è Rosso Ventisette. Si vede che preferirebbe rimanere in silenzio, ma viene esortato a dire la sua.
Si vede che è uno sforzo, quando afferma: «Noi piloti speriamo di non assistere mai a quello che è successo a Montecarlo, ma purtroppo ogni tanto torniamo alla realtà. Il lato che fa più male è che, per quanto speriamo che sia l'ultima volta, non ci sarà mai un'ultima volta. Prima o poi qualcuno morirà di nuovo. Può passare un mese, un anno, dieci anni... però non è mai l'ultima volta. Il prossimo potrebbe essere anche uno di noi, così come uno dei piloti di seconda o terza divisione che non è ancora vicino alla A+ Series quel tanto che basta per essere sicuro di arrivarci. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo per certo è che prima o poi accadrà di nuovo. Possiamo solo cercare di impegnarci affinché avvenga il più tardi possibile. Per molti anni il motorsport ha cercato di avviarsi in tale direzione. La Formula 1 degli anni '80 inoltrati era molto meno pericolosa di quella dei decenni precedenti. C'erano ancora molti problemi, che sono emersi negli anni '90, con nuovi incidenti mortali. Di nuovo, la Formula 1 si è messa all'opera per cercare di migliorare ulteriormente la sicurezza. Ce l'ha fatta, al punto da permettere a piloti che hanno avuto incidenti che potevano essere molto gravi o di uscirne con ferite lievi o di non avere danni permanenti. Anche la A+ Series va nella stessa direzione, ma la mia impressione - e mi scuso se qualcuno si offende per le mie parole - è che lo stia facendo nella maniera sbagliata. Da un lato mette in pratica ciò che si vede in altre categorie. Ci ritroviamo quindi con gli abitacoli più protetti - il tanto bistrattato halo ha salvato varie vite - e con più tutele, rispetto anche rispetto allo scorso decennio, ma in certe circostanze si tenta di fare inversione di tendenza.»
Sulla sedia accanto, Argento Quattro borbotta, forte abbastanza da farsi sentire: «Stronzate!»
È la molla che fa scattare Ventisette, che adesso parla in tono molto più sciolto.
«Tu dici che sono stronzate, ma non sei forse costretto anche tu a guidare con gomme da asciutto quando piove? Non ti ritrovi anche tu con le gomme fredde, da quando sono state abolite le termocoperte? Tutto questo viene fatto per una sola ragione: avere gare "più movimentate". E cosa significa avere gare più movimentate? Cercare di avere un maggior numero di incidenti. Non si tratta necessariamente di incidenti gravi, anzi, la maggior parte non lo sono, ma è innegabile che ci sia la volontà di innescare più incidenti, per catalizzare l'attenzione del grande pubblico.»
Adesso Argento Quattro si rivolge direttamente a Rosso Ventisette: «Se non te la senti di gareggiare, nessuno ti costringe a farlo. La A+ Series non è un posto per ragazze senza palle.»
Mi viene da pensare che Quattro finirà nella bufera e gli verrà contestato un linguaggio sessista per avere paragonato Ventisette a una donna senza attributi. Immagino che Ventisette, invece, stia tremando di paura: Argento Quattro le ha implicitamente fatto capire di potere rivelare da un momento all'altro chi sia davvero. Spero che Alysse Mercier, sotto quella tuta, riesca a ribattere.
Non mi delude: «Se pensi di offendermi dandomi della "ragazza" ti sbagli di grosso. Ci sono grandi piloti dell'uno e dell'altro genere, ma soprattutto ti ricordo che, come piloti, non abbiamo genere. Siamo numeri, nient'altro che numeri. A nessuno importa se io sia un uomo o una donna, o che cosa sia tu. Sei solo Argento Quattro, almeno finché qualcuno non farà il tuo nome pubblicamente, e allora sarai radiato e non potrai più essere Argento Quattro. Oppure, se ti va meglio, lo sarai finché il CEO o chi per lui non deciderà di assegnarti a un'altra vettura, a un altro numero e a un altro colore.»
«Lascia perdere il passaggio a un altro team, torniamo al discorso della radiazione. Vuoi forse dire che, siccome non sono d'accordo con te, potresti fare il mio nome? Ti ricordo che anch'io conosco il tuo.» Si gira a fissare Ventisette, come a sfidarlo, poi torna a concentrarsi sul microfono. «Bene, signori all'ascolto, Rosso Ventisette in realtà si chiama Al-...»
Viene interrotto da Ventisette, che gli rifila uno spintone che per poco non lo fa cadere dalla sedia.
«Non provarci, pezzo di merda» gli intima. «Se ti piace guidare sul bagnato con gomme da asciutto ed essere messo in pericolo, non puoi pretendere che anche gli altri siano d'accordo con te. O devo insinuare che, per qualche motivo, ti sia stato concesso un trattamento di favore? Che mentre tu devi preoccuparti solo della pioggia e delle gomme non in temperatura, gli altri piloti siano esposti a pericoli extra messi in atto di proposito? Cos'hai fatto per meritarti questo status? In che modo ti sei venduto?»
Mi aspetto di sentire Quattro ribattere, ma rimane in silenzio. Non so cosa pensare, potrebbe addirittura trattarsi di una tacita ammissione. Non mi stupirebbe che abbia fatto qualche favore al CEO e al suo entourage, guadagnandosi una posizione di privilegio. Per quanto non mi sia del tutto chiaro cosa sia accaduto a Montecarlo, penso che non abbia vinto il campionato solo per i propri meriti.
Ero in testa, poi, all'improvviso, me lo sono ritrovata sul gradino più alto del podio. Non intendo insinuare che chi vince dopo il ritiro altrui non abbia meritato, ma Argento Quattro è esattamente il tipo di pilota che prenderebbe una situazione del genere come il trionfo della giustizia divina e se ne vanterebbe.
«Non dici niente?» insiste Rosso Ventisette, sfidando apertamente il suo avversario. «Non mi aspettavo niente di diverso da te.»
«Non dico niente perché non ne vale la pena» replica Argento Quattro. «Le tue illazioni sono prive di senso. Chiaramente non sono soddisfatto di dovere guidare sotto la pioggia con gomme slick, se è questa la tua preoccupazione, ma fa parte del gioco.»
«Un gioco mortale.»
«Se non te la senti di guidare sotto la pioggia, nessuno ti obbliga... e comunque, per quanto piovesse, non è stata quella la causa dell'incidente.»
Adesso è Rosso Ventisette quello che non replica. Vedo Giallo Sedici cercare di rincuorarlo con una pacca su una spalla. Ventisette si gira per un attimo verso di lui, in segno di gratitudine.
La platea di giornalisti ha molte domande da fare. Si procede come se nulla fosse accaduto, come se Argento Quattro non fosse stato a un passo dal rivelare l'identità del suo rivale. I piloti vengono esortati a parlare delle loro speranze per il mondiale 2022/23, che inizierà tra due mesi e mezzo a Miami. È proprio il circuito cittadino che aprirà il prossimo campionato il successivo oggetto di discussione.
«Si vocifera che l'edizione del 2023 del Gran Premio di Montecarlo - confermata dopo molti rumour sulla sua potenziale cancellazione - sarà l'ultima della storia» osserva un giornalista. «Dal mondiale seguente dovrebbe tornare Las Vegas, mentre il Gran Premio di Miami andrebbe a sostituire quello del Principato alla fine della stagione. Pensate che questo possa migliorare la percezione della A+ Series da parte del pubblico e dimostrare che il campionato guarda molto al futuro e alla volontà dei fan di superare eventi ormai obsoleti e incongruenti con i valori della società contemporanea?»
Trattengo a stento le risate. Per "valori della società contemporanea" si intende palesemente dare il contentino alla tifoseria statunitense indignata di fronte al fatto che Montecarlo si radunino celebrità che sono ricche sfondate pur senza essere americane. I miei ex colleghi non danno molta corda al giornalista in questione: mentre Argento Quattro, in maniera del tutto neutrale, afferma che non gli interessa dove si vada a correre, ma soltanto vincere, Giallo Sedici inizia una curiosa invettiva sulla storia e sul fatto che Montecarlo meriti di rimanere nel calendario. Viola Sei e Arancione Otto sostengono di amare gli Stati Uniti, ma non sembrano così desiderosi che le gare sul suolo a stelle e strisce si moltiplichino come non mai. Rosso Ventisette non dà grosse soddisfazioni a chi ha posto la domanda, deve essere ancora sconvolto dalla sua polemica con Argento Quattro.
Tutto finisce all'improvviso, i cinque piloti vengono lasciati liberi di andarsene. Quattro sembra intenzionato a defilarsi, ma vedo Ventisette inseguirlo. Una volta lontani dai giornalisti, Ventisette lo afferra per un braccio, mentre mi avvicino. Voglio sentire quello che si dicono.
«Non devi permetterti. So che cos'hai fatto.»
«Non sai niente, perché non ho fatto niente.»
«Ti sei venduto al CEO.» Rosso Ventisette sembra fermo sulla propria posizione. «Ti rendi conto che l'hanno ammazzata per causa tua?»
«Non l'hanno ammazzata» replica Argento Quattro. «È stato un incidente, solo un fottuto incidente.»
«Ha deciso di rivelare la propria identità e l'hanno fatta fuori» insiste Rosso Ventisette. «Nel frattempo, il CEO ti ha consegnato il mondiale. Cos'hai fatto per lui?»
«Niente. Non ho fatto niente. Lasciami in pace, Alysse.»
Vedo Rosso Ventisette sussultare, quando Argento Quattro pronuncia quel nome e anch'io ho un sussulto. All'improvviso mi è tutto chiaro e i ricordi dell'incidente iniziano a riaffiorare.
«L'hanno ammazzata» ribadisce Rosso Ventisette, «Ed è anche colpa tua.»
«Non ho fatto nulla.»
«Forse non hai fatto nulla, ma ti stai piegando senza controbattere alla volontà del CEO e della Heidelberg. Fermati, prima che sia troppo tardi.»
Mi aspetto una replica, da parte di Argento Quattro, ma non dice niente. Si allontana, senza dire una parola. Rosso Ventisette non fa nulla per trattenerlo. Non so cosa fare, se seguire Quattro, oppure se avvicinarmi a Ventisette. Dopotutto sarebbe tutto inutile: non ho più mezzo di comunicare con loro.
[MIAMI]
È cambiato tutto, ma sto imparando a conviverci. Sono uno spirito errante, che sente di avere ancora qualcosa da fare. Mi ritrovo catapultata a Miami già da giorni, a guardare gare sprint ciascuna con regole diverse dalle altre. Non so nemmeno più quante ne abbiano fatte, ma il pubblico è entusiasta, sempre ammesso che si possa definire entusiasta una mandria di vip che ha come unico intento quello di mettersi in mostra.
Il campionato è stato aperto da un concerto di Hamster Gangster. Non è più Arancione Otto, adesso, è Argento Tre e fa coppia con Yannick Leroy. Il campione del mondo in carica ha mantenuto il proprio volante, mentre molti altri piloti hanno subito un grande turnover dopo i test estivi. Alysse Mercier non è più Rosso Ventisette, è tornata in nero, non è più Trentacinque come un tempo, ma Trentasei. Sembra tranquilla, quando la intravedo, come se il non essere più al centro dell'attenzione sia stato un toccasana per lei.
Axel è diventato Rosso Ventisette, ma ormai il pubblico non si ricorda quasi più di quel giorno di gloria in Malesia. Gli viene contestato un finale di stagione non troppo brillante, se non fosse per quella vittoria ottenuta più per incidenti e guasti altrui che per vero e proprio merito: è il paradosso del 27, essere la storia del proprio numero di gara invece che una storia personale. Ryuji Watanabe non sembra molto soddisfatto di avere perso Alysse, ma è sempre stato aperto alle sfide, quindi pare possa cavarsela, al fianco di Axel.
Blu Ventuno è stato promosso al posto mio, diventando ufficialmente Viola Cinque. Ricky, ovvero Sei, avrà le sue gatte da pelare, in questa stagione; quel ragazzino va molto più forte di me e l'ha già dimostrato più volte, in questa settimana, non solo nelle sprint, ma anche nella gara principale.
Il Gran Premio di Miami ha visto Argento Quattro leader per parecchi giri, poi costretto ad arrendersi a un guasto al motore. L'arrivo in volata tra il nuovo Viola Cinque e il nuovo Argento Tre è stato favorevole a Tre: il mio amico Hamster Gangster è riuscito a portare a casa la vittoria. Sembra felice, stasera, mentre prepara le valigie per tornarsene in Europa. Ci sarà un po' di tempo prima del Gran Premio del Giappone.
C'è Axel, insieme a Hamster Gangster, che lo distrae mentre cerca di concentrarsi su ciò che fatica a entrare nella valigia. Gli parla di una novità, inserita in questa stagione.
«A Suzuka l'impianto di illuminazione non è sufficiente per disputare un gran premio in notturna. È una follia, l'ennesima follia del CEO e della Heidelberg.»
Hamster Gangster non sembra molto convinto, ma il suo sguardo allegro ormai si è fatto cupo.
«Corriamo già a Singapore di notte... e a volte abbiamo corso con le luci artificiali anche in Bahrein.»
«Posti dove ci sono luci che illuminano la pista a giorno» precisa Axel. «Non mi fido più di loro, sono capaci di tutto.»
«Non lo fanno per eliminarci, se è questo che ti spaventa. Potrebbero farlo in qualsiasi momento, alla luce del sole, come è successo a Tina.» C'è amarezza, nella voce di Hamster Gangster. «Purtroppo non c'è niente che possiamo fare per provarlo. Le indagini volute dal CEO hanno avuto un risultato a suo dire inequivocabile. Però sappiamo bene che è assurdo, la macchina è partita per la propria strada all'improvviso ed è come implosa dopo un contatto lieve contro le barriere. Non è possibile un incidente del genere.»
Axel abbassa lo sguardo.
«Mi sento colpevole ogni fottuto giorno. Vorrei andarmene, eppure mi dico che non posso farlo. Devo restare qui, lo devo a Tina. Se la smettessi con la A+ Series, finirei per fare qualcosa di stupido.»
«Se tu lasciassi la A+ Series, la tua ex moglie tornerebbe sui suoi passi e prima o poi ti convincerebbe a tornare insieme. Hai paura che prima o poi accetteresti, vero?»
Axel alza gli occhi di colpo.
«Tra me e la mia ex è finita.»
«Lo so. Si era stancata di saperti sempre esposto al pericolo e nelle mani del CEO.»
«Sa che, se morissi nell'anonimato, verrei sepolto in una tomba anonima e nessuno le direbbe che non ci sono più. Non è questo che vorrebbe per suo marito e per il padre dei suoi figli. Quindi ha fatto tutto ciò che era in proprio potere: mi ha lasciato, sperando che ci ripensassi. Io, però, sono ancora qui. Mi dispiace che i miei bambini siano figli di un pilota di A+ Series, ma non posso farci niente. Sono quello che sono e Tina è l'unica donna che mi abbia mai accettato come tale. Non tornerò con la mia ex moglie. Resterò qui, in questo campionato maledetto, e cercherò di onorare la sua memoria.»
«Sono belle parole» ammette Hamster Gangster, «Ma forse dovresti davvero fare un passo indietro.»
Axel scuote la testa.
«No, non posso. Tu stesso non te ne vai.»
«Io non ho nessuno che mi aspetti, a casa. Tu hai tre figli, che non vedono l'ora di essere scarrozzati su un trattore tosaerba in giro per la tua fattoria, mentre tu li supplichi di non riferirlo alla loro madre.» Hamster Gangster lo fissa dritto negli occhi. «È davvero così importante guidare la vettura rossa?»
«È il mio sogno.»
«Quella vettura rossa non è la Ferrari di Silberblitz davanti a cui ti masturbavi da ragazzino sognando un giorno di emulare il tuo idolo.»
«Come sei volgare.»
«No, non sono affatto volgare. Svegliati, è solo una vettura come tante, ma è rossa. Non ti sta gettando addosso una storia piena di fascino, è solo una monoposto che, per puro caso, è stata dipinta con vernice rossa.»
«Non puoi capire» replica Axel. «Non posso lasciare proprio adesso, che sono a un passo dai miei sogni. Tina non l'avrebbe voluto.»
Infatti è proprio così, non voglio che rinunci solo perché sono morta. Certo, il mio incidente ha avuto una dinamica abbastanza preoccupante, ma noi piloti della A+ Series sappiamo a cosa andiamo incontro.
Li lascio soli, so che non ha senso spiare la loro conversazione. Sono qui per un motivo e non è sentirli dibattere dell'opportunità che Axel continui a gareggiare nonostante io non ci sia più. Mi ritrovo in un corridoio, devo essere al di là della porta della stanza nella quale si trovano il mio amico e il mio compagno. Sento che sto andando nella direzione giusta, quando di colpo mi trovo nella camera di Yannick Leroy.
Sta parlando al telefono, anzi, sta proprio urlando.
«Le dico che non posso fare niente! Alysse conosce la mia identità e non mi dirà mai una sola parola!»
Ha il vivavoce inserito, perché nel frattempo sta trafficando con un bicchiere e una bottiglia e lo smartphone è appoggiato sul tavolo. Posso sentire chiaramente la voce del CEO che replica: «Ormai ho aspettato anche troppo. Le ho fatto vincere un mondiale e non ho avuto in cambio quello che mi aveva promesso. Posso distruggerla, Leroy. Ha visto cos'è successo oggi.»
Yannick impreca, poi riattacca. Si è venduto in cambio del titolo, ma non può pagare quanto pattuito, qualcosa che ha a che vedere con Alysse.
Si porta il bicchiere alla bocca e dubito che il contenuto sia analcolico. Mi siedo di fronte a lui, vedendo che nella bottiglia manca una parte di contenuto abbastanza elevata. Lo osservo, mentre già si rende conto che l'alcool non farà nulla per dargli sollievo. Il CEO gli ha promesso di farlo diventare campione del mondo e l'ha fatto, ma non penso sia questa la ragione per cui sono morta. Sarebbe bastato che il motore esplodesse in una nuvola di fumo, per dare a Yannick ciò che gli aveva accordato. Mania di protagonismo, se posso spingermi a formulare un'ipotesi: il CEO voleva eliminarmi in ogni caso, non certo per rendere le cose più facili a Leroy, quanto per guadagnarvi in consensi, like e introiti. Non c'era nulla di più catalizzatore di attenzione che mandarmi a morte sotto gli occhi di tutti, mentre mi stavo giocando il mondiale, nell'ultimo gran premio della mia carriera.
Il telefono di Yannick resta muto. Sono convinta sia stato lui, poco fa, a contattare il CEO, non viceversa, deve essere per questo che nessuno lo sta richiamando. Adesso si versa un altro bicchiere e lancia un'occhiata fugace al cellulare. Sembra sul punto di prenderlo in mano, ma non lo fa. Riprende a bere e poi alza gli occhi su di me.
Non può vedermi, ma io vedo molto bene lui. Sembra solo la caricatura di un antieroe, ormai completamente allo sbando, senza più alcuna certezza.
«Perché l'hai fatto, Yannick?» mormoro. «Perché ti sei messo nelle mani di quello stronzo?»
Mi sembra che mi fissi, ma è solo una mia fantasia. Sta ancora bevendo. Non può né vedermi né sentirmi. O almeno è quello che penso. Mi rendo conto ben presto che l'alcool altera le sue percezioni.
«Tina?»
È la prima volta, da quando sono morta, che qualcuno dà segno di potere interagire con me. Mi viene il dubbio che fosse proprio questa la mia missione.
«Mi senti?»
«Sì.»
«E mi vedi?»
«S-sì. Un po'. Sei sfuocata.»
Non sembra spaventato, ma lo rassicuro: «Non posso farti niente.» Ridacchio. «Purtroppo. Vorrei tanto poterti afferrare per le palle e stringere con tutta la forza che ho in corpo. Però non ce l'ho più, un corpo. Chissà invece tu per quanto tempo ne avrai uno. Non te l'ha mai detto Alysse che con certe persone è meglio non averci a che fare?»
«A-Alysse?»
«Possibile che tu non sappia fare altro che balbettare? Di solito hai la lingua piuttosto sciolta e sembra che non ti spaventi niente. Vuoi forse farmi credere che avere davanti un fantasma ti mette in difficoltà? Non voglio farti del male, Yannick.»
«Lasciami in pace.»
«Stai tranquillo, quando ti avrò detto tutto me ne andrò e non mi vedrai più. Prima, però, dobbiamo fare quella chiacchierata che non abbiamo mai fatto quando ero ancora viva.»
«Cosa vuoi?»
«Innanzi tutto che ti rilassi. Eri così teso quando Alysse ti sbottonava i pantaloni?»
Per la prima volta da quando percepisce la mia presenza, Yannick sembra divertito.
«Vuoi sbottonarmi i pantaloni?»
«L'unica cosa che farei con il tuo membro è metterlo dentro un frullatore, quindi per tua fortuna non voglio sbottonarti i pantaloni... e nemmeno potrei. Però, dimmi, ti piaceva avere Alysse che trafficava con la cerniera dei tuoi pantaloni?»
«Beh, sì.»
«Se tu non avessi fatto quello che hai fatto, probabilmente adesso sarebbe qui e ti starebbe spogliando. Non saresti ubriaco e non staresti pensando che è stata tutta una fregatura. Ne valeva la pena? Se potessi tornare indietro, butteresti di nuovo via tutto per un campionato del mondo?»
Yannick abbassa lo sguardo.
«Non puoi giudicarmi.»
«Forse dovresti essere tu a giudicare te stesso» replico, fredda. «Magari, se ti rendessi conto della cazzata che hai fatto...»
Stavolta Yannick ritrova la sicurezza che ha sempre mostrato.
«Se mi rendessi conto della cazzata che ho fatto, cosa succederebbe? Sentiamo cosa faresti tu, al posto mio.»
«Cercherei di riallacciare i rapporti con Watanabe, specie considerato che è un amico di Alysse.»
«Non capisci proprio un cazzo, Tina. Se io e Ryuji tornassimo amici e cercasse di metterci una buona parola con Alysse, convincendola almeno a starmi a sentire, sarei comunque nella merda tanto quanto adesso. Il CEO vuole da me qualcosa che non posso dargli, non ho tempo per inseguire amici o fidanzate. Mi ha sabotato mentre ero in testa e potrebbe farlo tante altre volte.»
Gli strizzo un occhio.
«Pensa, ha sabotato anche me mentre ero in testa. È successo a Montecarlo, ma dopo non è più potuto succedere.»
«Non voglio mancarti di rispetto, Tina» puntualizza Yannick. «Non mi aveva detto che ti avrebbe ammazzata. Non ne avevo idea. Adesso, però, potrebbe farlo con me.»
«A maggior ragione dovresti scusarti con Watanabe. Almeno gli rimarrebbe un buon ricordo di te.»
«Fottiti.»
«Stavo scherzando. Cerca di essere meno suscettibile.»
«Cosa vuoi da me, Tina?»
«Non so, tu cosa volevi da me, quando hai fatto promesse che non potevi mantenere per convincere il CEO a farti vincere il mondiale? Eri davvero così convinto che, senza il suo prezioso aiuto, avresti perso?»
Yannick sospira.
«Credi davvero che sia stato io ad andarlo a cercare e a proporgli di farmi vincere il mondiale in cambio di qualche confidenza strappata ad Alysse?»
«Non so, magari puoi spiegarmi tu com'è andata» lo invito.
Me lo spiega.
«Il CEO mi ha fatto ritirare per un guasto al motore, poi mi ha chiesto se volevo evitare che succedesse di nuovo. Non solo, mi ha anche promesso il mondiale, in cambio del mio aiuto. Se avessi rifiutato, non mi avrebbe concesso la possibilità di cercare di vincere lealmente. Mi avrebbe mandato il motore in fumo ogni volta, impedendomi di ottenere risultati. O con lui o contro di lui, o vincere in modo telecomandato o essere sabotato affinché non vincessi. Sapeva i miei fatti privati. Aveva capito che Alysse non era solo una donna che mi portavo a letto, ma che valeva molto di più. Mi ha incastrato. Forse potevo tirarmi indietro, ma le conseguenze sarebbero state devastanti. Non l'ho fatto per "rubare" un mondiale, l'ho fatto per non essere derubato... o peggio, quindi faresti meglio a evitare di sparare sentenze. Non ti sei mai ritrovata messa con le spalle al muro. Ti ha fatta morire e basta, non ti ha mai chiesto di aiutarlo in cambio della tua presunta sopravvivenza. Non voglio dire che morire sia una cosa da niente, ma almeno non hai dovuto scegliere da che parte stare.»
«Ecco, appunto» confermo. «Io non ho dovuto scegliere. La storia della A+ Series è stato un continuo non avere scelta, per noi piloti. Con te, qualcosa è cambiato.»
«Avrei preferito che non accadesse.»
«Significa che il CEO non è più infallibile come una volta.»
«La mia scelta non era una vera scelta.»
«Però il CEO ti ha coinvolto. Fino a poco tempo fa non avrebbe cercato la complicità di un pilota. Con te l'ha fatto. Vuole dire che sente che potreste voltargli le spalle... e lo farete. So che lo farete.»
Yannick si lascia andare a un mezzo sorriso da ubriaco.
«Sei venuta qui per dirmi questo?»
«Sono qui per aprirti gli occhi che ti ostini a tenere chiusi» concludo. «Puoi farcela, Yannick. Tutti potete farcela. Potete uscirne fuori. Non dovete farlo per me, ma per voi stessi. Io sono morta, ma voi potete salvarvi. Promettimi che farai tutto quello che è in tuo potere per cavartela.»
Yannick mi fissa con sguardo assente.
Io insisto: «Promettimelo.»
«Non ti prometto che farò qualcosa» replica Yannick, «Ma cercherò di uscirne, in un modo o nell'altro.»
«Devi farcela» insisto. «Dovete farcela.»
Sono le ultime parole che pronuncio. Ormai ho esaurito il mio ruolo, è il tempo di passare oltre. Non so fino a che punto Yannick mi ascolterà, ma spero possa esserci una via d'uscita.
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