[AZERBAIJAN]
Era domenica e mancavano ancora diverse ore al via del gran premio. Era stato preceduto da una lunga serie di gare sprint e alcuni argomenti di discussione non si erano ancora placati. C'erano stati diversi incidenti, complice anche la natura del tracciato cittadino di Baku, ma nessuno di essi riguardava i piloti che lottavano per il campionato. Era il penultimo appuntamento della stagione e Ryuji sapeva che le speranze del suo alter-ego Rosso Ventotto di vincere il campionato erano ormai molto ridotte. Non ci pensava più, come del resto non ci aveva mai pensato seriamente. Sapeva come funzionava la A+ Series: uno dei due piloti al volante di una monoposto rossa doveva arrivare vicino al risultato, ma senza ottenerlo. Di solito il pilota in questione era Ventisette, ma la sua stagione travagliata non l'aveva reso possibile.
In quel momento, in ogni caso, Rosso Ventisette non c'era ancora, Ryuji doveva accontentarsi di avere a che fare con Alysse. Qualcosa era cambiato nel loro rapporto da quando eranl venuti a scoprire le reciproche identità, e non certo in negativo.
La sua compagna di squadra non si era ancora accorta di lui: era impegnata a conversare con Hamster Gangster, altri pilota che Ryuji avrebbe ormai saputo identificare. Il rapper indossava abiti presentabili, quella volta, dal momento che non doveva esibirsi. La prassi avrebbe voluto vederlo rintanato da qualche parte senza farsi riconoscere, ma ultimamente i piloti avevano la tendenza a fregarsene della prassi, fintanto che non ricevevano reclami dall'alto.
Ryuji non sapeva se avvicinarsi. Non aveva molta confidenza con l'alter-ego di Arancione Otto, avendo rifiutato un invito di Tina Menezes a prendere parte a una serata con lei e i suoi amici dopo il Gran Premio di Spagna, ma ne aveva con Alysse. Si decise, si diresse verso di loro. La Mercier lo accolse con un sorriso e si rivolse al rapper, chiedendogli se lo conoscesse.
«Sì, conosco Watanabe» confermò Hamster Gangster. «Non sono un grande appassionato di Indycar, però, quindi non so molto di lui.» Si rivolse a Ryuji. «Tu hai vinto a Indianapolis qualche anno fa, vero?»
«Veramente no, quello era un mio connazionale» puntualizzò Ryuji. «Tra l'altro avrà almeno dieci anni in più di me e sarà dieci centimetri più basso.»
«Te l'ho detto, non seguo la Indycar.»
«Fai male, perché non esiste solo la A+ Series.»
«Me lo dice sempre anche Tina.» Hamster Gangster ridacchiò. «Secondo lei sono un ignorante patentato, quando si tratta cose che non riguardano la A+ Series. O, più genericamente, di cose che non mi riguardano nello specifico. Non mi sono nemmeno accorto di quando diventò Viola Cinque.»
Doveva sapere che erano tutti e tre a conoscenza di chi fosse l'alter-ego della Menezes, altrimenti non avrebbe mai fatto una simile osservazione.
«Non è così grave» obiettò Ryuji. «In fondo non dovremmo sapere chi sono i nostri colleghi.» Si guardò intorno. «E poi, va bene che non c'è nessuno, ma faresti meglio a parlare piano. Qualcuno potrebbe essere nascosto da qualche parte e sentirti.»
Hamster Gangster alzò le spalle, con una certa indifferenza.
«Mi fido degli altri piloti. Nessuno di noi minaccerebbe mai sul serio qualcuno di rivelare la sua identità.»
Alysse e Ryuji si scambiarono un'occhiata. Ryuji non disse nulla, ma in compenso ci pensò la sua amica.
«C'è chi l'ha fatto, forse Tina non te l'ha riferito.»
«Chi sarebbe questo stronzo?»
«Yannick Leroy.» Alysse pronunciò quel nome con voce tagliente, come se ci fosse qualcosa di più rispetto a quanto Ryuji già sapeva. «Argento Quattro, quel gran figlio di puttana.»
Ryuji avrebbe voluto chiederle come mai fosse così dura con il suo pseudo-fidanzato, ma ritenne non fosse il caso, davanti a Hamster Gangster. Quest'ultimo, frattanto, chiarì la questione di Viola Cinque.
«Non sarebbe stato così grave non riconoscere Tina, se non avessi già saputo che sotto il casco di Viola Cinque si nascondeva Axel. Siamo amici da molti anni, eravamo a conoscenza l'uno dell'identità dell'altro. Ebbene, quando Tina è stata messa al posto di Axel, e Axel è diventato Verde Quindici, non mi sono accorto di nulla. L'ho scoperto qui a Baku, qualche anno fa. Eravamo in lotta per la prima posizione, io e Viola Cinque. Era dietro di me. Poi è entrata la safety car, non ricordo perché. Ci siamo accodati e, per qualche assurdo motivo, Cinque mi ha affiancato e mi ha tirato una ruotata. Alla fine della gara ha addirittura affermato che me lo meritavo, perché avevo frenato davanti a lui di proposito.»
«Ricordo quella vostra polemica» osservò Alysse. «Un sacco di piloti improbabili hanno lottato per la vittoria, quel giorno, dopo che tu hai avuto problemi e Viola Cinque è stato penalizzato per la ruotata. Perfino Bianco Due sembrava un potenziale vincitore... ed era dai tempi in cui stava sistematicamente sulla strada di Rosso Ventisette - Santiago Fernandez, pare - che non vinceva una gara.»
«Phil Corujas, pare che fosse» mormorò Hamster Gangster. «Non era certo uno dei piloti più tosti che ci fossero in pista, ma per qualche motivo tentava di ostacolare in ogni modo possibile Fernandez - Ventisette, insomma. Tornando a noi, dopo quella ruotata ero convintissimo che fosse stato Frosch. Quella sera sono andato a cercarlo ovunque, nel paddock, e quando l'ho trovato gli ho tirato un cazzotto sul naso senza neanche dargli il tempo di pronunciare una parola. Oserei dire che è stata una delle peggiori figure di merda della mia vita. Axel ha insinuato che avessi bisogno di cure psichiatriche. È stata Tina, tempo dopo, a rivelarmi che Cinque era diventata lei, già da parecchio.»
Ryuji intervenne: «Vedo che voi veterani della A+ Series avete parecchi scheletri nell'armadio.»
Gli parve che Hamster Gangster non lo stesse ascoltando con grande attenzione, e infatti poco dopo si accorse che stava rivolgendo un cenno di saluto proprio alla Menezes. Si allontanò e si diresse incontro a Tina.
«Quella donna gli piace parecchio o sbaglio?» azzardò Ryuji, rivolgendosi ad Alysse.
«Non credo, in realtà» rispose Alysse. «Tina mi ha detto di essere fidanzata con Axel. Le ho chiesto se Hamster Gangster invece sia single. Sembrerebbe di sì, anche se Tina ha tacciato The Racing Prince di essere il suo amante.»
«The Racing Prince lo youtuber?»
«Sì, quello che secondo alcuni è il precedente Argento Quattro. Hamster Gangster comunque ha smentito, sostiene che lui e The Racing Prince sono solo grandi amici.»
«Farebbero una bella coppia insieme.»
«Da quello che ho capito io, Hamster Gangster è uno spirito libero. Vuole concentrarsi sulla sua carriera di pilota, non cercare l'anima gemella.»
Ryuji annuì.
«È ragionevole.»
«Già» convenne Alysse. «Le complicazioni sentimentali portano solo a problemi; un sacco di problemi, uno dopo l'altro. Ne so qualcosa.»
Ryuji ricordò la sua invettiva contro Leroy.
«Posso chiederti cos'è successo tra te e Yannick? Non penso che tu ce l'abbia così tanto con lui per via del nostro scontro.»
Alysse avvampò.
«Scusa se me ne sono andata con lui così come se niente fosse, quella sera, a Valencia.»
«È il tuo compagno, o qualcosa del genere» replicò Ryuji, «O almeno lo era. Non hai fatto niente di male.»
«Ci tenevo a lui e pensavo che anche lui ci tenesse a me» ammise Alysse. «Mi era chiaro che avesse sbagliato, però io non c'entravo niente. L'ho seguito, sono entrata con lui in...»
Si interruppe.
«Vi siete imboscati da qualche parte nel locale e avete fatto sesso là dentro?» esclamò Ryuji, non curandosi della propria invadenza. «Wow, è fantastico, credevo che cose simili succedessero solo nei film.»
Alysse abbassò lo sguardo.
«Sì, l'abbiamo fatto. E subito dopo mi ha detto che sa chi sono.»
«Ha scoperto che sei Rosso Ventisette?»
«Sì.»
«Non dalla Menezes o da Frosch, immagino.»
«Certo che no, Tina e Axel l'hanno sempre tenuto alla larga. Sanno che Argento Quattro è uno stronzo e che potrebbe rivelare le loro identità, se fosse utile al suo scopo. E pur non sapendo quale sia il suo scopo, Yannick mi ha fatto capire che mi avrebbe smascherata.»
Ryuji spalancò gli occhi.
«Ma perché?!»
«Non ne ho idea» rispose Alysse. «Mi ha fatto delle domande su mio marito, mi ha detto che, se gli avessi detto quello che voleva, non avrebbe detto a nessuno chi sono.»
«E tu?» volle sapere Ryuji. «Gli hai risposto?»
Alysse scosse la testa.
«Gli ho ricordato che anch'io so chi è lui. Gli ho fatto capire molto chiaramente che, se raccontasse che Rosso Ventisette sono io, il giorno stesso si troverebbe smascherato a sua volta. Abbiamo entrambi qualcosa da perdere, ma Yannick rischia molto più di me. Non sono certo io quella che potrebbe puntare a vincere un mondiale. Dopo l'ennesimo guasto, al Gran Premio di Spagna, sono ormai fuori dai giochi... e in ogni caso non ci sono mai stata dentro. L'idea di dovere rinunciare alla mia carriera non mi fa impazzire, ma è un'idea più sopportabile di quanto non lo sia per Yannick correre lo stesso rischio, proprio quando è vicino a realizzare il suo sogno. Il titolo è tutto per lui.»
Ryuji osservò: «I problemi tecnici che hai continuamente sono abbastanza sospetti. Sembri perseguitata dalla sfortuna, ma sappiamo bene che la sfortuna non esiste. O per meglio dire, non esiste nella A+ Series.»
Alysse gli rivelò: «Il CEO ce l'ha con me. Sa che ero la moglie di Alex, il suo assistente di qualche anno fa. Sono sicura che mio marito non abbia fatto quello che dicono. Non aveva alcuna ragione per togliersi la vita. Il CEO, invece, aveva molti motivi per volersi sbarazzare di lui.»
«Quell'uomo non ha etica, quando si tratta di gare e incidenti, questo lo sappiamo, ma sei davvero convinta che potrebbe arrivare a commettere un delitto?»
«Vorrei credere che non ne sia capace, ma non posso. So che c'è lui dietro la morte di Alex, non può essere andata diversamente. Deve avere capito che so, per questo sta cercando di ostacolarmi. Temo di essermi lasciata sfuggire, di tanto in tanto, di non credere alla versione ufficiale sul disastro di Monza, la voce deve essergli arrivata all'orecchio e deve avere intuito che penso che Alex sia stato ucciso perché non era capace di tenere la bocca tappata su quello che aveva fatto - la comparsa in un falso storico.»
«E Yannick? Come si incastra in tutto questo?»
«Non lo so.»
«Hai detto che non possono essere stati Tina e Axel a riferirgli che sei Rosso Ventisette, quindi deve essere stato qualcun altro. Cercava di estorcerti informazioni su tuo marito. Perché avrebbe dovuto? Ne avevate mai parlato?»
Alysse scosse la testa.
«Gli avevo detto di essere stata sposata, ma non gli avevo mai detto che fine avesse fatto Alex. A Yannick non sembrava importare, gli bastava sapere che fossi libera, perché non voleva complicazioni.»
Ryuji ipotizzò: «Potrebbe essere una spia del CEO. Quel gran figlio di buona donna potrebbe averlo ingaggiato per estorcerti informazioni e avergli detto chi sei.»
«No, non è possibile» obiettò Alysse. «Yannick è uno stronzo, ma non posso credere che lo sia fino a questo punto.»
«Venderebbe perfino sua madre per un mondiale» ribatté Ryuji. «Non ci sarebbe da stupirsi se avesse deciso di vendere te. Il CEO gli avrà promesso qualche genere di aiuto e Yannick avrà accettato di lavorare per lui.»
«È assurdo.»
«Era assurdo quando non sapevi che Yannick fosse Argento Quattro. Adesso che lo sai, dovresti accettare la realtà. È disposto a qualsiasi cosa, se si tratta di portare avanti i suoi interessi. Però non lo ammetterà mai, quindi non vale la pena di parlargli.»
Alysse aggrottò la fronte.
«Perché, stavi prendendo in considerazione l'idea di discuterne con lui?»
«Se ce l'avessi davanti, credo che non mi verrebbe voglia di parlare, ma solo di prenderlo a pugni» puntualizzò Ryuji. «Penso che Yannick mi farebbe a pezzi e non avrei la possibilità di cavarmela, contro di lui, quindi dobbiamo agire in modo diverso.»
«Dobbiamo agire?» ripeté Alysse, chiaramente senza capire.
«Eccome se dobbiamo agire.» Ryuji guardò l'orologio. «Appuntamento un'ora e mezza prima della gara nel motorhome di Rosso Ventotto, abbiamo un bel po' di cose da pianificare. Ci stai?»
«Non so cosa mi stai chiedendo.»
«Di vendicarti di quel bastardo e di farlo insieme a me.»
«Ne parleranno più tardi Ventisette e Ventotto» concluse Alysse. «Prima di accettare proposte, preferisco sapere di cosa si tratta.»
Ryuji annuì, prima di lasciarla da sola. Si allontanò, calandosi già nella mentalità di Rosso Ventotto. Era sempre stato un pilota pronto a tutto, ma leale, quantomeno con chi dimostrava di meritarsi lealtà. Argento Quattro non apparteneva a quella cerchia, Ventotto sentiva di non dovergli nulla.
L'avversario sarebbe partito secondo, sul lato sporco della griglia. L'ideale sarebbe stato strappargli la posizione al via - Ventotto partiva terzo - e da lì cercare di rallentarlo affinché Viola Cinque dalla pole position potesse scappare e fare il vuoto. Ventisette era quarto, in griglia. Dovevano focalizzarsi su di lui fin dalla partenza, trovare il modo di schiacciarlo a sandwich tra di loro e bloccarlo.
Quando più tardi espose il proprio piano a Rosso Ventisette, quest'ultimo gli domandò: «E dopo? La nostra gara consiste nell'aiutare Viola Cinque?»
«No, la nostra gara consiste nel mettere in atto un duello dal quale Argento Quattro non possa uscire in alcun modo vincente» spiegò Ventotto. «Userò ogni mezzo possibile per ostacolarlo e indurlo all'errore. Lo rallenterò abbastanza per permetterti di rimanergli negli scarichi, da dove dovrai metterlo sotto pressione. Se uscirà da solo, tanto meglio. Se non lo farà, mi farò affiancare e lo butterò fuori io stesso.»
Rosso Ventisette non gli sembrò convinto.
«Tu faresti tutto questo per me?»
«Non solo per te» replicò Rosso Ventotto, «Ma anche per me stesso. Credo di avere dimostrato sia di essere un pilota più forte di te sia di potere lottare per il mondiale. Il prossimo anno voglio ribaltare i pronostici, dimostrare che anche un pilota che guida una vettura rossa può diventare campione del mondo. Tu, ricordandoti di quello che ho fatto per te, mi aiuterai.»
«Mi stai chiedendo di diventare il tuo scudiero vita natural durante?»
«No, a meno che tu non pianifichi di morire entro maggio 2023. Mi basta un titolo, o almeno la possibilità di provarci senza che tu mi metta i bastoni tra le ruote. Non ti chiederò altro, comunque vada a finire: i nostri sforzi congiunti per il mio assalto al titolo, per una sola stagione. Dopo entrambi saremo liberi di lottare. Ci stai?»
Rosso Ventisette ridacchiò.
«Mi sembra un po' una truffa.»
«Ufficialmente sono ancora in lotta per il mondiale anche quest'anno» rimarcò Ventotto. «Per fare quello che ti ho detto, dovrò rinunciare alle mie possibilità di vittoria. È vero, è uno stronzo e mi ha aggredito senza motivo, a Valencia, minacciandomi di rivelare la mia identità, ma non è successo niente di irreparabile tra me e lui e non rinuncerei a giocarmela solo per questo. Lo faccio per te è questa è la mia condizione.»
«La accetto.»
«Guarda che poi non si torna indietro.»
«Non importa. Ti farò da numero due, la prossima stagione. Lo sai che cosa conta davvero, per me.»
Rosso Ventotto sapeva di potersi fidare. Per quanto la sua proposta potesse sembrare un colpo basso, era sinceramente convinto che Ventisette, proveniente dalle retrovie e ancora avvezzo al modo di gareggiare dei piloti dei bassifondi, non fosse pronto per lottare per il mondiale. Chiedergli di aiutarlo per una stagione non sarebbe stato umiliante, sarebbe inoltre stato disposto a ricambiare il favore, qualora se ne presentasse la necessità. Non voleva legare a sé Ventisette da un rapporto di sudditanza, ma solo coronare le proprie ambizioni con il suo aiuto.
Ciò che accadde durante la gara, indirettamente finì per legittimare ancora il loro patto: riuscirono a bloccare Argento Quattro tra di loro fin dal via, mentre Viola Cinque fuggiva. Verso metà gara, Ventotto fu costretto alla soluzione più estrema, che costò il ritiro sia suo sia di Quattro. Ventisette risalì al secondo posto che, inaspettatamente, divenne leadership quando il cambio di Cinque iniziò a dare segni di malfunzionamento. La vettura viola giunse fino al traguardo, ma perdendo diverse posizioni e portando a casa soltanto pochi punti. Alla luce di quel guasto, se Ventotto si fosse limitato a tenersi dietro Quattro, avrebbe potuto vincere la gara e rimanere in lotta per il campionato fino a Montecarlo, invece di ritrovarsi estromesso. Frattanto Rosso Ventisette tornava alla vittoria dopo Sepang, almeno ufficialmente, ma era la prima per quel Ventisette che quando si toglieva tuta e casco diveniva Alysse Mercier.
All'ultimo gran premio della stagione, Argento Quattro si sarebbe presentato con una manciata di punti di vantaggio nei confronti di Viola Cinque, mentre Rosso Ventotto avrebbe iniziato a sognare di essere a lottare con loro un anno più tardi.
[MONTECARLO]
Il Gran Premio di Montecarlo era uno dei più storici e, nonostante la A+ Series fosse ben disposta ad andare contro la propria storia, seguiva ancora il format tradizionale. La sola differenza rispetto al vecchio standard derivava anch'essa dalle tradizioni: al venerdì le vetture non scendevano in pista, lungo le anguste e tortuose stradine del Principato, pertanto le prove libere venivano anticipate al giovedì. Il fanbase non gradiva, sostenendo che fosse per qualche astrusa ragione ciò fosse un insulto ai tifosi. Quando sugli altri circuiti al giovedì veniva piazzata un gara sprint con reverse grid sembravano non avere alcuna avversione per le monoposto in pista, mentre se si svolgevano sessioni di prove libere a Montecarlo, improvvisamente il giovedì sembrava diventare ai loro occhi un giorno per tutta la cui durata nessuna vettura poteva uscire dal box.
Yannick aveva smesso da tempo di interrogarsi sul senso di certe convinzioni, del resto sapeva bene che non tutto doveva avere un senso. Gli piaceva il Gran Premio di Montecarlo, ma non avrebbe battuto ciglio se un giorno il CEO avesse deciso di cancellarlo. Del resto, pur di compiacerlo, si stava spingendo ben oltre quanto un tempo avesse pensato di potere fare. Aveva sempre optato per la convivenza civile, ma appunto, nulla che andasse oltre quel limite. Si era sempre attenuto alle regole senza mai cercare di fare troppa polemica contro la dirigenza, aspettandosi di essere trattato come tutti gli altri piloti; come uno destinato a vincere il campionato e non certo come uno qualsiasi, ma di essere comunque al livello di tutti gli altri.
Quando il CEO gli aveva proposto la loro sorta di collaborazione, Yannick si era ritrovato con le spalle al muro. Non sapeva come si sarebbe comportato dopo quel fine settimana. Si aspettava di vincere agevolmente il mondiale, nonostante quanto successo in Azerbaijan, ma non sapeva né se le promesse del CEO fossero da prendere sul serio, né se dopo sarebbe stato libero.
La sua rottura con Alysse era probabilmente definitiva, si era rassegnato. Ci aveva pensato e ripensato. Se in un primo momento era rimasto molto deluso di scoprire che la Mercier fosse in realtà uno dei suoi avversari, dall'altro si era reso conto che per Alysse lo shock doveva essere stato di eguale entità. Fino a poco prima nessuno dei due sapeva chi fosse l'altro e, anzi, Alysse non gli aveva mai mentito a proposito della poca stima che provava per Argento Quattro. Yannick le aveva rivelato di essere un pilota, Alysse aveva preferito non farlo, ma il comportamento della sua ex partner era stato in linea con quanto loro imposto dalla dirigenza. Non era colpa di nessuno se in pista erano avversari, né Rosso Ventisette era mai stato il più accanito dei rivali di Argento Quattro. Di fatto Alysse Mercier si era comportata con lui molto meglio di quanto Yannick non avesse fatto nei suoi confronti alleandosi con il CEO, doveva riconoscerlo.
Quando non si calava nella mentalità di Argento Quattro, arrivava perfino a comprendere come Ryuji Watanabe non avesse fatto nulla di illegittimo. Si era spacciato per un pilota ritirato dalle competizioni, invece che ammettere di essere un pilota di Indycar passato alla A+ Series, ma lo stesso Yannick non gli aveva rivelato di essere un pilota. In più Ryuji non aveva nulla a che vedere con le vicende di Alexandre Mercier e con l'accordo fatto con il CEO. Yannick avrebbe addirittura potuto arrivare a prendere in considerazione l'idea di chiedergli scusa per l'aggressione avvenuta nel bagno del locale di Valencia nel quale si era svolta la festa organizzata da Viola Cinque, per un probabile ritiro di cui molti parlavano, ma mai confermato ufficialmente dallo stesso pilota. Avrebbe potuto prenderla in considerazione, se solo Rosso Ventotto si fosse attenuto alle più basilari regole di decenza e fair play.
Non l'aveva fatto, a Baku l'aveva coinvolto in un duello che Argento Quattro avrebbe preferito di gran lunga evitare e, come se non bastasse, l'aveva speronato senza troppi complimenti buttandolo fuori pista e facendogli perdere punti preziosi. Certo, a conti fatti Quattro vi aveva guadagnato di più: se fosse arrivato secondo alle spalle di Cinque, il suo avversario avrebbe potuto arrivare a superarlo in classifica. I problemi al cambio della monoposto viola non erano stati casuali, Yannick ne era certo, erano un segno che il CEO gli stava dando, per ricordargli che avrebbe tenuto fede al proprio accordo. Questo, tuttavia, non assolveva Ventotto dalla propria responsabilità.
Yannick, frattanto, aveva spiegato all'uomo che aveva i loro destini tra le mani di non essere riuscito a fare molto per costringere Alysse a parlare, ma stranamente non era sembrato un problema. Il CEO lo stava spingendo a riavvicinarsi a lei, ma Yannick cercava di prendere tempo. Era sicuro di avergli fatto capire che voleva il mondiale a tutti i costi, poi avrebbe preso in considerazione l'idea di aiutarlo. Si aspettava una nuova convocazione, prima della conferenza stampa del mercoledì, che apriva l'evento, ma il tempo scorreva inesorabile. Quando fu certo che il CEO non avesse alcuna intenzione di incontrarlo quel giorno, Yannick si preparò per presenziare all'incontro con i media. Come potenziale campione del mondo era stato ovviamente convocato. Avrebbe dovuto sedersi accanto a Viola Cinque e sarebbero stati presenti anche Rosso Ventisette e Rosso Ventotto. In poche parole, stava per gettarsi nella fossa dei leoni, ma avrebbe dimostrato di potere ruggire più forte di loro.
Era ormai Argento Quattro, quando entrò in sala stampa e prese posto. Per fortuna Rosso Ventisette non era al suo fianco, c'era Viola Cinque in mezzo a loro. Dall'altro lato aveva Rosso Ventotto. La fortuna era dalla sua parte a trecentosessanta gradi, dal momento che le prime domande non furono minimamente imbarazzanti. Argento Quattro rispose quando interpellato, con la consapevolezza di potersela cavare evitando polemiche che potessero fargli perdere consensi in vista di un evento così importante. Sapeva di essere un pilota disprezzato da molti, ma al contempo aveva molti sostenitori, che spesso riempivano le tribune di grigio argento, sulle magliette e sui cappellini con il numero 4. Sembravano quasi ultrà, all'occorrenza, ma erano un prezzo da pagare per la popolarità... e non erano nemmeno l'elemento più costoso di tutti. Anzi, apparivano piuttosto "economici" al confronto con altre rinunce che Argento Quattro era disposto a fare.
Tutto si svolse per il meglio, almeno finché Rosso Ventotto non fu interpellato sull'incidente del gran premio precedente e non iniziò a dare una versione dei fatti piuttosto creativa dell'accaduto.
«Ero più veloce di Argento Quattro, non sarebbe mai riuscito a superarmi, nonostante mi fosse attaccato al retrotreno. Non so perché abbia pensato di potercela fare, ma si è trattato senz'altro di un suo errore di valutazione.»
«Non credo proprio» intervenne Argento Quattro, senza che gli fosse stata ufficialmente ceduta la parola. «Manovre del genere se ne vedono spesso, ma non da parte di piloti che lottano per il titolo o per le posizioni che contano nella A+ Series. Non so se tu abbia presente Ryuji Watanabe, l'ex pilota di Indycar, ma mi ricorda molto il modo in cui guidi e gli errori che commetti. Per caso sei imparentato con lui?»
Rosso Ventotto non diede il minimo segno di essere turbato, mentre replicava: «Ho sentito menzionare Ryuji Watanabe, ovviamente, ma non ho mai seguito il campionato di Indycar con un'attenzione tale da rendermi conto di come guidasse. Non posso né confermare né smentire che il mio stile di guida gli somigli, in ogni caso non lo prendo come un insulto.»
«Buon per te, ma non voleva essere un complimento.»
«Non importa... e, anzi, mi sembra poco rispettoso nei confronti di Watanabe discutere qui delle sue manovre.»
«Già, hai ragione. Il povero Watanabe magari è a casa che guarda la conferenza stampa e potrebbe sentirci.»
«Mi è giunta voce che in realtà Watanabe lavori per un giornale giapponese, adesso, che scriva sulla A+ Series. Può darsi che sia a Montecarlo, in questo fine settimana.»
Argento Quattro valutò se fosse opportuno ribattere, ma preferì non farlo. Aveva già ricordato a Rosso Ventotto di potere divulgare la sua identità da un momento all'altro. Rosso Ventisette e Viola Cinque non dissero nulla a proposito di Watanabe, era palese che fossero entrambi informati su chi si nascondesse sotto il casco di Ventotto.
Per fortuna arrivò una delle solite domande, che uno di loro si sentiva rivolgere ogni volta in cui aveva a che fare con i giornalisti.
«Viola Cinque, si parla sempre del tuo imminente ritiro, ma non ci hai ancora detto ufficialmente cosa farai.»
Argento Quattro si aspettava che, ancora una volta, Viola Cinque sostenesse che un suo ipotetico ritiro non potesse considerarsi tale, dato che il suo colore e il suo numero sarebbero stati assegnati a un altro pilota che ne avrebbe proseguito la storia. Fu spiazzato, invece, come la maggior parte delle persone all'ascolto, mentre il suo avversario affermava: «Sono consapevole che sia stato detto di tutto sul mio presunto ritiro, in questi ultimi mesi. C'è chi sostiene che dovrei appendere il casco al chiodo e far sì che a diventare Viola Cinque sia un pilota migliore di me. Alcuni dicono che Blu Ventuno si meriti una scuderia di primo livello e che se io mi togliessi di mezzo potrebbe finalmente dimostrarci tutto il suo talento. Per questa ragione sono stato tacciato di tenere più al mio sedile che al bene del motorsport. Sono convinto che la maggior parte di questi commenti siano frutto della mente di persone che non hanno la più pallida idea di che cosa mi passi per la testa. È vero, intendo smettere di correre alla fine della stagione, tra soli quattro giorni non sarò più un pilota della A+ Series e molto probabilmente non sarò più un pilota, in generale. Non lo faccio per il destino del fantomatico Viola Cinque, né perché mi auguro che Blu Ventuno prenda il mio posto. Lo faccio perché sento di avere già dato tutto quello che avevo da dare e, allo stesso tempo, anche la A+ Series mi ha già dato tutto. È giunto il momento di iniziare una nuova vita e ne ho già parlato con il CEO, si recente. Gli ho spiegato che il mio intento non è solo ritirarmi dalle competizioni, ma anche trasmettere qualcosa. Domenica, quando finirò la gara, il mio entourage pubblicherà un video, che ho già registrato, nel quale rivelerò la mia vera identità. So che questo sarà un punto di non ritorno e che, dopo averlo fatto, non avrò più alcuna possibilità di tornare indietro e di riavere un volante nella A+ Series, anche se dovessi cambiare idea. Non importa. Non voglio più nascondermi. Qualora dovessi decidere di riprendere a gareggiare, un giorno, lo farei in una categoria nella quale potrei usare il mio nome e il mio volto. Non me la sento più di essere Viola Cinque, di essere un colore e un numero senza un'identità. Non rinnego questi anni di successi - e anche di insuccessi, non posso negarlo - ma è giunto il momento di andare avanti e di iniziare un nuovo capitolo della mia vita, qualunque esso sia. Quando smetterò di essere Viola Cinque potrò finalmente vedere la A+ Series dalla mia prospettiva, invece che da quella del campionato.»
Finito il discorso, per qualche istante regnò il silenzio più assoluto. Fu proprio lo stesso Argento Quattro a romperlo.
«Sei davvero così convinto di potere vincere il mondiale?»
Viola Cinque si girò di scatto verso di lui.
«Quando l'avrei detto?»
«Beh, è ovvio che tu voglia ritirarti con un altro mondiale. Forse ti converrebbe aspettare, prima di rivelarti. Alla fine della stagione vorrai rimanere nella speranza di rifarti.»
«Forse stai confondendo me con te stesso. Il fatto che per te il titolo sia fondamentale non significa che lo sia anche per me. Comunque vada, non avrò rimpianti. Ho già vinto tanto e penso di potere ispirare di più una volta che mi sarò ritirato, piuttosto che continuando a gareggiare nella speranza di ottenere un altro campionato. So che batterti sarà difficile e lo accetto. E sai perché? Perché, diversamente da te, so riconoscere i meriti altrui. Sei un grande pilota. Il mio più grande rimpianto non sarà un'eventuale sconfitta contro di te, ma il non essere riuscito ad avere con te un rapporto sano. Ho avuto scontri molto duri con certi avversari, in passato, ma siamo sempre rimasti entro i limiti del rispetto reciproco. Purtroppo con te non è stato possibile. Hai sparato a zero contro di me fin dal primo giorno, cercando di denigrarmi a tutti i costi, quando non riuscivi a fare polemica a proposito di quello che succedeva in pista. Magari vincerai il mondiale e te lo meriterai, ma pensi davvero che valga la pena di perdere tutto, pur di arrivarci? Non avrai nessuno con cui festeggiare.»
Argento Quattro cercò di minimizzare.
«Nessuno di noi può festeggiare il mondiale insieme ai propri cari. O meglio, tu potrai farlo, ma a costo di chiudere con la A+ Series. Ciascuno di noi ha le proprie idee e le proprie ambizioni. Evidentemente abbiamo un modo diverso di pensare tutto qui.»
Viola Cinque obiettò: «La si può pensare in modo diverso, ma trattarsi comunque con rispetto. Con te non funziona così e sono pronto a ipotizzare che vada allo stesso modo anche nella tua vita privata.»
Argento Quattro decise di non replicare. Tutto ciò che desiderava era che quella conferenza stampa finisse. Per fortuna non dire niente funzionò. Le domande erano ormai esaurite e tutti e quattro i piloti poterono andarsene. I due in rosso lasciarono la sala, mentre Quattro si accorse che Viola Cinque lo fissava. Ormai nessuno poteva più sentirli, quindi gli domandò: «Hai paura di investire qualche gabbiano?»
Viola Cinque strabuzzò gli occhi.
«Come, prego?»
«So che sei Axel Frosch, quell'azzurro intenso non passa inosservato.»
Viola Cinque rise.
«Lo credi davvero? Allora vieni con me.»
«Dove?»
«Seguimi e non te ne pentirai.»
Argento Quattro lo seguì, notando con sorpresa che Viola Cinque si stava dirigendo verso i bagni.
Quando si fermarono, gli domandò: «Cos'è questa pagliacciata?»
«Nessuna pagliacciata, Yannick.» Quel nome lo fece rabbrividire, ma non ebbe il tempo di pensare alle implicazioni: Viola Cinque si stava slacciando la tuta. «Sei convinto che io sia Axel Frosch per il colore dei miei occhi? Ebbene, sarà un piacere smentirti.» Ormai si stava già spogliando, togliendo anche un'imbottitura che significava una cosa sola. La parte superiore del corpo di Cinque, coperto soltanto dalla maglia che indossava sotto la tuta, era caratterizzato dalla presenza del seno. «Dimmi, Yannick, secondo te Axel Frosch ha queste tette?»
Argento Quattro rimase in silenzio molto a lungo, per poi replicare, infine: «Cosa significa tutto questo?»
Viola Cinque rispose, con calma: «Significa che tu non hai la più pallida idea di chi io sia e che tra quattro giorni, comunque vada, entrerò per sempre nella storia perché sarò un simbolo delle donne nel motorsport. È molto probabile che tu vinca il mondiale, ma non sarai mai in grado di togliermi la gloria.»
[FINALE DI STAGIONE]
Era l'ultima domenica di maggio, il mondiale si apprestava a terminare, ma tutto stava andando storto. Il CEO non riusciva a capacitarsi di un simile guasto, mai accaduto nella storia della A+ Series. Rimpianse per un attimo i tempi della Formula 1: una volta sarebbe stato facile trovare una soluzione, se in una giornata di pioggia il semaforo fosse stato fuori uso. Aveva dovuto fermare il direttore di gara pochi minuti prima del via. Quel pazzo aveva optato per una partenza dietro la safety car, fregandosene della poca coerenza con le politiche della categoria.
Si era optato per gareggiare con gomme da asciutto nonostante la pioggia, al fine di dimostrare l'interesse per lo spettacolo e complicare la vita dei piloti, quindi uno start dietro la vettura di sicurezza doveva essere fuori discussione. Era necessario che le monoposto scattassero dalla griglia, che i piloti si prendessero rischi e che il pubblico fosse appagato da ciò che vedeva. Era la strada principale per i consensi e vi era una sola ragione per cui il Gran Premio di Montecarlo poteva partire in regime di safety car. Il CEO sperava che il guasto al semaforo venisse riparato in tempi ragionevoli, per non essere costretto ad ammettere una cocente sconfitta.
Purtroppo andò tutto molto male: l'intensità delle precipitazioni andava calando, rimandare ulteriormente la partenza poteva significare una gara asciutta. Quando Maelle Heidelberg cercò di trattenerlo, ricordandogli che c'era ancora tempo e potevano aspettare, replicò con fermezza: «È dall'inizio del mondiale che aspettiamo una gara bagnata, per vedere i piloti all'opera con le slick. Non possiamo rinunciarvi per colpa di un fottuto semaforo!»
«Lo so, ha ragione, ma il pubblico potrebbe non capire» obiettò Maelle. «Purtroppo, quando abbiamo poco tempo per pensare, rischiamo di prendere delle decisioni sbagliate.»
«Non sarà difficile farci perdonare delle decisioni sbagliate» puntualizzò il CEO. «Il direttore di gara sa che cosa deve fare: qualora il pubblico non apprezzi qualcosa, dovrà prendersi tutte le responsabilità e dimettersi. E poi, sottobanco, dovrà anche ringraziare per essere durato così a lungo. I suoi predecessori non sono stati altrettanto fortunati.»
«Quest'ultimo direttore di gara è un uomo molto fidato» gli ricordò Maelle. «Obbedisce ai suoi ordini senza battere ciglio. Speriamo che non gli tocchi di dimettersi, perché sarà difficile trovarne un altro leale e corretto quanto lui.»
«Lo ammetto, sarebbe una grossa perdita per noi» convenne il CEO, «Ma non penso che corriamo questo rischio. Il pubblico è solo una gran massa di capre senza cervello, sarà facile metterli a tacere. In più ci sarà molto altro di cui parlare. Oggi, nel tardo pomeriggio, scopriranno chi è Viola Cinque. Ho cercato di trattenere Tina Menezes, di convincerla a rimanere nell'anonimato, ma afferma che, in vista del ritiro, vuole rivelare la propria identità. Le ho fatto presente che questo avrebbe potuto comportare delle conseguenze, per lei, ma non le interessa. Non ha paura di perdere il titolo.»
«È molto sicura di sé.»
«Oh, no, affatto. Non voglio dire che abbia la certezza di vincere, quando piuttosto che l'idea della sconfitta non la spaventi. Per lei la cosa più importante è il ritiro dalla A+ Series, non le interessa ritirarsi con un titolo in più di quelli che ha già vinto.»
Maelle lo guardò negli occhi.
«Ha qualche intenzione specifica nei suoi confronti?»
Il CEO si ritrovò a sorridere.
«Rimanga qui a guardare la gara insieme a me e lo scoprirà.»
«Nemmeno una piccola anticipazione?»
«No, stavolta voglio sorprenderla.»
Maelle comprese che doveva esserci qualcosa di molto grosso in vista, ma si arrese: «Va bene, guarderò la gara con lei. Dopotutto sarà un gran premio destinato a essere ricordato molto a lungo.»
Aveva ragione, e ancora non sapeva quanto.
«Mi lasci comunicare al direttore di gara che tra venti minuti ci sarà la procedura di partenza, poi assisterà al più bello spettacolo della sua vita.» Il CEO ricordò quanto Maelle gli aveva riferito mesi prima e subito chiarì: «So che per lei si tratta di lavoro e che non guarda le gare per stupirsi, ma le assicuro che oggi si ricrederà. La storia della A+ Series sta per essere scritta, nel più poetico dei modi. Le chiedo di lasciarmi solo finché non arriverà il momento. Torni tra un quarto d'ora esatto.»
Maelle annuì e si diresse verso la porta. Meglio così, era più facile lavorare senza averla intorno, in quei momenti. C'erano le ultime faccende da definire, prima di mettere in scena il più grande spettacolo della storia del motorsport, che avrebbe permesso di chiudere la stagione con il massimo delle emozioni e probabilmente anche di depennare una volta per tutte dal mondiale di A+ Series quel Principato di Monaco tanto disprezzato dal pubblico di nuova generazione. Certo, quell'anno non ci sarebbe stata una gara noiosa e piatta, quindi qualcuno ne avrebbe invocato il ritorno, ma avrebbero avuto Miami e il suo porto finto pieno di yacht veri.
I minuti successivi furono piuttosto frenetici, ma tutto si incastrò alla perfezione. La partenza dietro la safety car sarebbe stata un male necessario, ma avrebbe anche permesso al poleman di mantenere la prima posizione senza dovere intervenire sulle monoposto dei suoi avversari. C'era solo da sperare che tutto il resto andasse liscio. Le vetture dalla seconda posizione in poi, ovviamente, non avrebbero avuto il massimo della potenza, per permettere a Viola Cinque di mantenere la testa della gara. Era necessario che i suoi rivali non arrivassero a ridosso del suo retrotreno, solo in quel modo avrebbe fatto una corsa controllata, mantenendosi entro certi limiti di rischio.
Maelle Heidelberg non rientrò dopo un quarto d'ora, bensì dopo venti minuti esatti. Il CEO non se ne lamentò, convinto che avesse voluto lasciarlo da solo fino all'ultimo. Quella donna era in grado di comprenderlo al volo, un po' come se avesse il potere di leggergli nella mente. Per fortuna non sempre ci riusciva, perché desiderava davvero stupirla.
Si sedette con lui di fronte al teleschermo, già concentrata sulla gara che di lì a pochi istanti sarebbe iniziata. La safety car si mosse e, con essa, il serpentone delle monoposto.
Maelle parve delusa, mentre domandava: «Tutto a posto per Viola Cinque?»
«Cosa si aspettava, che la sua macchina si spegnesse già al via?» obiettò il CEO. «Non nego che se lo sarebbe meritato, ma serve pathos. Se Viola Cinque si ritirasse adesso, ha idea di quanta gente spegnerebbe la televisione e andrebbe al centro commerciale con la certezza che Argento Quattro abbia vinto il mondiale?»
«Ha ragione, mi scusi, non ci avevo pensato.»
«Non è da lei non pensare a questo aspetto.»
«Gliel'ho detto, per me la A+ Series è lavoro. Se mi invita a guardare una gara per puro diletto, non riesco a rimanere concentrata sulle questioni che contano davvero.»
«Non si biasimi, Maelle. Se la prenda comoda, una volta tanto. Sia umana. Se l'ho convocata qui, è solo perché voglio provare a impressionarla, per una volta.» Il CEO mise le mani avanti. «Non si preoccupi, non voglio provarci con lei. Le ho già detto che il sesso non mi dà gli stessi brividi del controllo che ho sui piloti, ma soprattutto, se volessi un'avventura con una donna, non me la cercherei al lavoro.»
«Non l'ho mai pensato» lo rassicurò Maelle. «Seppure non comprenda la sua improvvisa volontà di condivisione, non mi ha nemmeno sfiorata un'idea simile.»
«Lei è un'assistente fidata, si merita due ore di pura emozione.» Il CEO indicò lo schermo. «Certo, quello che vede ora non sembra tanto entusiasmante, ma non si disperi. Del resto chi meglio di lei può pazientare e aspettare che accada qualcosa?»
«Il grande pubblico, però, non sa più pazientare.»
«C'è un mondiale ancora aperto, oggi attenderanno un po' di più.»
«Si aspettavano un incidente alla prima curva che assegnasse il mondiale così.»
Il CEO sbuffò.
«Questa gente non fa altro che ripetere di volere chiudere con il passato, ma allo stesso tempo strizza l'occhio al 1990. I tifosi non hanno un minimo di comprensione per le dinamiche della A+ Series odierna, nonostante non facciano altro che ciarlare a sproposito. Sono esseri profondamente irritanti.»
«Esseri profondamente irritanti, che però ci permettono di guadagnare un sacco di soldi.»
«Almeno qualche lato positivo dovevano pure averlo, per la legge dei grandi numeri.»
«Già.»
«Adesso, però, non parliamo più di loro. La safety car ha già spento le luci.»
«Per Viola Cinque sta arrivando la fine.»
Il CEO si voltò di scatto verso Maelle ed esclamò: «La prego, la smetta! Non mi imiti il tifoso da bar in un momento così solenne!»
Inaspettatamente, Maelle si lasciò andare a un attimo di ilarità.
«Non pensa che sarebbe stupendo se Rosso Ventisette e Giallo Sedici si lasciassero andare a un'emozionante lotta ruota contro ruota?»
«Per il secondo posto» scherzò il CEO, «Il tutto mentre Giallo Quindici vince, ma nessuno lo prende in considerazione. Sarebbe un bel remake di un certo duello del passato, ma questo è un finale di stagione, non un gran premio qualsiasi.»
«Devo tornare a suggerire un incidente al via tra i piloti che lottano per il mondiale, come ai tempi di Ademar Dos Santos? O magari lamentarmi del fatto che non abbiamo mai assistito a un vero duello tra lui e Mihail Silberblitz?»
«Conosce bene i nostri polli.»
«Le ricordo che facevo la social media manager ai tempi in cui i fanboy vintage ancora andavano per la maggiore. I nuovo fan discutono di scemenze senza paragoni. Si figuri che di recente ho visto un flame a proposito di Hamster Gangster e Axel Frosch: c'erano utenti che litigavano a proposito di chi vincerebbe più mondiali, se solo fossero piloti. Il bello è che non avevano la più pallida idea che siano davvero piloti. Era tutto un discorso campato in aria, un po' come se non volessero lasciarsi sfuggire l'occasione per fare polemica a tutti i cost-...» Maelle si interruppe. «Vedo che inizia a succedere qualcosa.»
«È solo un backmarker che si gira alla Sainte-Devote» minimizzò il CEO. «Chissà, magari i nostalgici di Corujas si saranno entusiasmati. Phil era bravo a finire in testacoda a Sainte-Devote!»
«E lei?» azzardò Maelle. «Per caso si sente particolarmente nostalgico oggi?»
«Dovrei?»
«Non che io sappia, ma si sta lasciando un po' andare: prima l'invito a guardare la gara insieme, poi i piloti vintage, poi quelli che correvano fino a qualche anno fa. Per caso vuole godersi gli ultimi minuti prima di un punto di non ritorno?»
Il CEO alzò le spalle, fingendo indifferenza.
«Non ci sono punti di non ritorno. Tutto va avanti, sempre e in ogni caso.»
«Non so cos'abbia in mente, ma la mia impressione è che oggi la storia della A+ Series cambierà per sempre e che stia iniziando a chiedersi se sia la cosa giusta» replicò Maelle. «Per caso ha paura di essersi spinto troppo oltre? Che dettare dall'alto in risultato di un mondiale proprio nel momento decisivo sia un po' troppo?»
Le parole della Heidelberg lo colpirono, ma il CEO sapeva di non potere tornare indietro. Ci aveva pensato, aveva riflettuto sulle implicazioni di ciò che stava per succedere... e quelle implicazioni gli piacevano. I piloti, per lui, non erano mai stati esseri umani, ma solo manichini da crash-test che potevano essere sacrificati in nome dello spettacolo, dei like e dei relativi introiti. Non dubitava che qualche appassionato di vecchia data, e magari anche qualcuno di quelli più recenti, potesse provare indignazione di fronte a un certo tipo di gestione, ma non aveva alcuna importanza. Se Tina Menezes aveva deciso quale finale dare alla propria carriera, tutto ciò che poteva fare era adeguarsi e diventare il burattinaio che avrebbe stroncato i suoi piani.
«Non si preoccupi per me, Maelle» suggerì all'assistente. «Gliel'ho già detto, si goda lo spettacolo, lei che ha pazienza. Le prometto che ne varrà la pena e che non dimenticherà mai il Gran Premio di Montecarlo 2022.»
Maelle Heidelberg parve convincersi. Tornò a seguire la gara in silenzio, tra qualche pitstop e qualche ritiro poco altisonante nelle retrovie. Viola Cinque, nel frattempo, sembrava dominare la gara, che proseguì senza intoppi, almeno finché una vettura nera non andò a schiantarsi violentemente a muro. Venne inquadrata squarciata e al CEO sfuggì un'imprecazione.
«Ti pareva che una giornata del genere non dovesse essere rovinata da un cretino incapace di guidare senza il traction control?»
A Maelle partì una risata.
«Allora vuole proprio farmi divertire a tutti i costi!»
«No, qui non c'entro niente» mise in chiaro il CEO. «Era nella stessa situazione di tutti gli altri, è finito fuori da solo. Oggi a nessuno interessa quello che fa un ragazzino, non avrei mai optato per un simile colpo di scena. È anche un grosso problema, perché con quel macello il direttore di gara non potrà fare altro che dare bandiera rossa. I tempi si allungheranno, sarà necessario pazientare ancora molto. Per non parlare del vantaggio abissale di Viola Cinque. Adesso si ripartirà come da zero, sarà tutto da rifare.»
C'era da pazientare, ma pazientarono. Quando la gara riprese, per lungo tempo l'attenzione fu tutta su eventi minori. Poi, all'improvviso, quando mancavano ormai una manciata di giri alla fine, accadde ciò che avrebbe dovuto coronare la gara, la stagione e anche la carriera di Tina Menezes. A Maelle sfuggì un urlo e il CEO seppe di averla sorpresa. Nemmeno uno sceneggiatore avrebbe potuto inventarsi un finale più bello e romantico per un campionato mondiale.
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Milly Sunshine