Buona lettura!
Nonostante il proprio stato metafisico, Keith Harrison sembrava provare una passione smodata per le questioni umane. All'ennesima domanda sulla sua vita privata, Oliver alzò gli occhi al cielo e si arrese: «Sì, le cose sono cambiate, rispetto a qualche tempo fa, e sono felice che lo siano.»
Keith scosse la testa.
«Non riesco a credere che tu sia tale e quale a Patrick Herrmann.»
Oliver non condivideva quel pensiero.
«Non c'entro proprio niente, io, con Patrick Herrmann.»
Keith obiettò: «Su questo avrei qualche dubbio...»
«Non nel senso che intendi tu» puntualizzò Oliver. «Mi sento molto diverso da Patrick, è questo che intendevo dire. Certo, qualcosa in comune ce l'ho, ma non è colpa mia se Selena ha così tanto fascino. Anzi, se devo essere sincero la Selena di un tempo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di oggi. Non oso immaginare fino a che punto Patrick avrebbe potuto essere coinvolto da quella di oggi, se avesse avuto modo di conoscerla.»
«Quindi, in sintesi, nel periodo in cui sei stato lontano sei riuscito a fidanzarti con Selena Bernard» concluse Keith. «Di fatto ti sei concentrato soltanto su quello.»
«Non è andata affatto così» ribatté Oliver. «Per prima cosa, non oserei affermare che io e Selena ci siamo fidanzati. È una parola troppo grossa. Stiamo insieme, sì, e informarla che ero al corrente di tutto, una decina di giorni fa, è stato ciò che ha fatto scattare la molla...»
Keith lo interruppe: «Aspetta, mi stai dicendo che hai spiattellato in faccia a Selena i tuoi sospetti e che lei, per evitare che tu parlassi, ha deciso di...»
Oliver non lo lasciò terminare.
«Ma che cazzo dici?!»
«Sei tu che l'hai detto...»
«Come ti viene in mente di pensare che possa minacciare Selena di raccontare i fatti suoi se lei non ci sta?! Ovvio che non ho fatto niente del genere, nemmeno a Patrick Herrmann nei suoi momenti peggiori sarebbe venuta in testa un'idea così malata! Le ho solo detto che sapevo come stavano le cose, tutto qui. Ha cercato di evitare legami per evitare di dovere raccontare la verità a qualcuno, ma ormai io la sapevo già, quindi non aveva più bisogno di nascondermi niente. Non l'ho né minacciata né ricattata, e nemmeno mi è mai passato per la testa l'idea di farlo. Devi avere una pessima opinione di me.»
«Ti eri spiegato male, tutto qui.»
«Selena invece si è spiegata benissimo. Era palese che le piacessi e finalmente me l'ha confermato. Sto bene con lei e sono certo che lei stia bene con me, anche se non so fino a che punto potrà durare.»
«E come pensi di comportarti, per ora?»
«In modo normale.»
«Ovvero?»
«Ovvero frequentarla, uscire con lei, andarci a letto insieme... insomma, esattamente quello che abbiamo fatto negli ultimi giorni. Siamo una coppia normale.»
«Edward Roberts cosa ne pensa?»
«Non ne ho idea e non è affare mio. La prossima volta in cui lo vedrò, non gli parlerò di certo di Selena, visto che non programmo di incontrarlo se non per motivi professionali.»
«Sa che state insieme?»
Oliver sbuffò.
«Che cosa vuoi che ne sappia?! Non chiedo a Selena di rendermi conto per filo e per segno dei contatti che ha con Edward. Non sono così ossessivo.»
«Ricordati che Edward è un pilota della Dynasty.»
«Sì, lo so, ovviamente. Non mi sono dimenticato di tutto il resto, nonostante tu sia convinto che ho pensato solo a sistemare la mia vita privata. So che Edward Roberts ha a che fare con Veronica e Scott Young. E allora?»
«Potrebbe sapere qualcosa in più degli altri e tacere di proposito.»
«E questo che rilevanza avrebbe?»
«Selena è sua amica» gli ricordò Keith. «Non puoi essere certo al cento per cento che stia dalla tua parte invece che da quella di Veronica e Scott Young.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Stai diventando paranoico, Harrison.»
«No, non sono affatto paranoico» replicò Keith. «Te lo ricordi, vero, cos'è successo?»
«Sì, perfettamente.»
«E siamo d'accordo entrambi sul fatto che ci sia qualcosa di ancora oscuro...»
«Sì, Keith, sono d'accordo, non c'è bisogno che me lo chiedi di nuovo. Solo, se anche gli Young hanno nascosto qualcosa, dubito fortemente che Edward ne sappia qualcosa. Sono passati così tanti anni, in fondo... Ma soprattutto, se anche Edward avesse scoperto qualcosa di importante, cosa ti fa pensare che ne abbia parlato con Selena... e che Selena abbia pensato che insabbiare tutto sia una buona cosa?»
«Non conosco bene Selena» ribatté Keith, «Ma c'è una cosa, di lei, che so per certo: è figlia di Alexandra Bernard... e di solito le mele marce non cadono tanto lontano dall'albero.»
«Alexandra Bernard non è una mela marcia, è sempre stata soltanto una donna dal comportamento abbastanza anormale in campo sentimentale» replicò Oliver. «È ovvio che non abbia mai complottato contro nessuno e che si sia ritrovata soltanto vittima delle circostanze, in certi momenti. Voleva Patrick come toyboy, questo sì, ma mi sembra abbastanza scortese definirla come una mela marcia.»
«Io ho poca fiducia nei suoi confronti.»
«Anch'io.»
«Allora vedi che siamo d'accordo anche su questo?»
«No, non siamo affatto d'accordo, perché io distinguo la madre dalla figlia, mentre tu fai di tutta l'erba un fascio. Sono io quello che conosce Selena, non tu. Non puoi pretendere di giudicarla. Tutto quello che ha cercato di fare in tutti questi anni è stato vivere una vita normale.»
«Crescendo il figlio di sua madre.»
«Si chiama adozione. È un concetto così oscuro, secondo i tuoi standard?»
«Mi pare ovvio che non abbia adottato legalmente quel bambino.»
«La signora Alexandra l'ha condizionata molto pesantemente.»
«Allora lo vedi? Stiamo parlando di una mela marcia, non ci sono molti dubbi.»
«Va bene, Alexandra Bernard ha degli scheletri nell'armadio e anche parecchi» si arrese Oliver, «Ma questo armadio pieno di scheletri non c'entra un fico secco con la Diamond Formula. Vogliamo fare luce su quello che è successo a te e a Herrmann oppure dobbiamo preoccuparci di quello che ha fatto la signora Alexandra nella sua vita privata? Non mi sembra che quest'ultimo aspetto ci riguardi in qualche modo.»
«Se lo dici tu.»
«Ovvio, Keith. Se ho raccontato a Selena che sapevo tutto è stato solo perché sentivo che aveva bisogno di parlare con qualcuno dei suoi segreti.»
«E ti ha chiesto come facevi a sapere?»
«Il mio intuito si è preso dei meriti che non ha.»
«Insomma, non le hai detto chi sei veramente.»
Oliver rise.
«Ma dai, se anche avessi formulato quel pensiero, così mi sarei giocato ogni possibilità di avere un futuro con lei. Ti rendi conto che a noi che stiamo di là una storia del genere sembrerebbe assurda? Io stesso faccio fatica a credere a quel fatto. Fintanto che sono qui, in questa dimensione, riesco a capacitarmene, ma quando torno di là non sono per niente sicuro di esserne consapevole. E, se lo sono, mi dico "smettila di sognare di essere il tuo idolo e torna con i piedi per terra".»
«Non ti succede niente, quando sei di là, che ti porti a pensare che questa "storia", come la chiami tu, non sia del tutto una fantasia?»
Oliver sospirò, poi si sedette a terra.
«Ne succedono eccome, di cose. Prima di tutto, perché avrei dovuto sapere che Edward, a suo tempo, aveva promesso a Patrick che non avrebbe mai accettato un ingaggio da parte della Dynasty? Perché, a suo tempo, ce l'avevo con lui perché non aveva tenuto fede al proprio impegno? Sarebbe del tutto inspiegabile. Roberts mi ha accusato di essere un fanboy incallito di Herrmann e questo spiegherebbe perché non mi è andata giù la sua decisione di passare al team degli Young... ma come avrei potuto essere al corrente di che cosa Patrick gli avesse chiesto?»
Keith si accomodò alla sua sinistra.
«Lo vedi, quindi, che anche l'Oliver Fischer che si muove nella dimensione della realtà dei vivi ha in mano gli elementi sufficienti per fare due più due?»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Magari ci sono stati momenti in cui ci ha pensato, ma è abbastanza scontato finire per darsi una spiegazione più logica, in quelle circostanze.»
«Una spiegazione di che tipo?»
«Potrebbe pensare che sia proprio Roberts ad avere accennato a quella promessa, in qualche momento, oppure di avere sentito una voce in proposito e di non ricordarsi dove o quando. Di certo non penserebbe di possedere effettivamente i veri ricordi di Patrick Herrmann.»
«Io non lo chiamo proprio possedere i suoi ricordi...»
«Va bene, non c'è bisogno di approfondire questo fatto.»
«Invece secondo me ci sarebbe bisogno. Un giorno dovrai accettarlo. Vi ho visti, tu e quel ragazzino, su questa spiaggia. Cercavi di inseguirlo, di convincerlo a riprendersi la sua vita.»
«Tutto ciò è assurdo.»
«Lo dici perché ti hanno messo in testa l'idea che tu fossi davvero quel ragazzino.»
Oliver annuì.
«Me l'hai già spiegato più di una volta. Il vero Oliver Fischer ormai riposa in pace, nel vero senso della parola: non ha nemmeno bisogno di entrare nei sogni altrui e può godersi la serenità dell'altra dimensione. Ma allora, se lui è morto e io sono vivo, perché vivo nel suo corpo?»
«Probabilmente non eri pronto per andartene, ma il tuo corpo originale non poteva permetterti di sopravvivere. Non lo so, questo non te lo so spiegare. So solo che ne sono certo, tu non sei Oliver Fischer, sei Patrick Herrmann. Quando mi sei davanti, non vedo Oliver, vedo Patrick.»
Oliver si prese la testa tra le mani.
«Che cosa?!»
«Nello specifico, le vostre immagini si sovrappongono.»
«Tutto ciò è orribile!»
«Non così orribile. Non fraintendermi, sono convinto che il fascino di Patrick Herrmann fosse molto sopravvalutato, ma tutto sommato nella tua vita precedente eri un bell'uomo.»
«Keith, cazzo, non scherzare su queste cose!»
«Non sto scherzando. Perché credi che cadessero tutte ai tuoi piedi? Tante altre qualità, a parte l'aspetto fisico, non mi risulta che ne avessi.»
«Non sto parlando del suo aspetto, sto parlando del fatto che, a quanto pare, vedi lui in me.» Oliver si mise le mani tra i capelli. «È terribile. Ho vissuto per quindici anni la rispettabile vita di Oliver Fischer e questo non è bastato a cancellare il passato? Che altro devo fare?»
«Non penso ci sia qualcosa che devi fare» obiettò Keith. «Non capisco perché tu sia così disturbato dalla prospettiva di essere stato un altro in una vita precedente.»
«È facile per te pensarla così» replicò Oliver. «Non sei tu quello che sta vivendo una vita normale, che però non è la sua.»
«La vita di Oliver Fischer è diventata la tua. Se tu non avessi cercato così morbosamente la verità su Patrick Herrmann, probabilmente non avresti mai scoperto di essere lui.»
«Non l'avrei mai scoperto nemmeno se tu non mi avessi convocato al tuo cospetto in questi "sogni" assurdi» puntualizzò Oliver. «Perché l'hai fatto? Non potevi badare ai fatti tuoi come hai fatto per quasi quindici anni? Stavo così bene quando non avevo a che fare con te...»
«Dal primo momento in cui hai deciso di scoprire cosa ti fosse successo nella tua vita precedente» rispose Keith, «Mi è stato chiaro che avevi bisogno d'aiuto e non potevi cavartela da solo.»
«Invece me la cavo benissimo. Tu sei morto, in fondo, non puoi fare niente per aiutarmi concretamente. Tutto ciò che fai è lamentarti delle mie azioni e contestare le mie impressioni sulle persone.»
Keith ridacchiò.
«Beh, nella tua vita precedente eri una testa di cazzo, non puoi pretendere che tutto quello che fai adesso abbia senso. In ogni caso, se non mi fossi messo in contatto con te, tu non sapresti che sei stato Patrick Herrmann in passato e...»
Oliver lo interruppe: «E vivrei benissimo lo stesso.»
Keith precisò: «Avendo dentro di te i ricordi di Patrick ed essendone consapevole puoi arrivare più facilmente alla verità.»
«Patrick Herrmann non ha mai saputo che cosa gli fosse accaduto davvero, quindi non penso possa essermi tanto utile.»
«E, va beh, magari c'è altro della vita di Herrmann che può venirti in aiuto, anche in altre circostanze» azzardò Keith. «Per caso ti ricordi di avere nascosto dei soldi o degli oggetti preziosi da qualche parte, nella tua vita precedente? Magari potresti migliorare lo status economico di Oliver Fischer.»
«Patrick Herrmann non nascondeva soldi in giro» ribatté Oliver. «Non nascondeva oggetti preziosi in generale. A parte, forse...» Rise. «Beh, sì, qualcosa di prezioso, a un certo punto, l'ha nascosto, ma solo perché sperava di eludere la signora Alexandra.»
«Di cosa si tratta?»
«Di un anello di fidanzamento.»
«Per Alexandra Bernard?»
«No, idiota, per Selena!»
«E dove l'avrebbe nascosto?»
«Nella sua cantina, insomma, la cantina dell'appartamento dove abito ora. C'era un mattone che si spostava nel muro e gliel'ha messo dietro, trovandosi in difficoltà, dato che Alexandra l'aveva inseguito là dentro, se ben ricordo, proprio quando era tornato a casa con l'anello.»
«Qualcuno potrebbe averlo trovato?»
«Non saprei, magari gli inquilini che hanno abitato là in questi anni. Però non credo avessero dei motivi per mettersi a controllare se i mattoni del muro della cantina si spostassero, quindi magari l'anello è ancora là.»
«Potresti approfittarne.»
«Stai dicendo che dovrei regalarlo io a Selena?! Tutto ciò è assurdo.»
«Ti sto dicendo che potresti recuperarlo e venderlo.»
«Perché dovrei?»
«Per soldi, prima di tutto. Poi, magari, inizieresti anche a sentirti un po' più vicino a Patrick.»
«Mi sento già abbastanza vicino a lui, anche più del dovuto.»
Keith gli spiegò, con calma: «Quando io me ne vado e ti ritrovi di nuovo nel mondo dei vivi, sei convinto che la tua vicinanza con Herrmann dipenda dall'essere un suo fanboy sfegatato. Non accetti l'idea di essere lui. Magari, se tu cercassi di non rimuovere la faccenda dell'anello una volta in cui torni in quella dimensione, potresti scoprire che c'è ancora, venderlo... e allora, forse inizieresti davvero a comprendere chi sei. Dopotutto perché un fanboy di Herrmann dovrebbe essere al corrente dell'esistenza di un anello che Herrmann voleva regalare alla sua fidanzata?»
Oliver precisò: «Non posso controllare, quando sono qui, le azioni che svolgo nella vita reale.»
«Il tuo problema è solo che non lo accetti» insisté Keith. «Cerca di entrare nell'idea che oltre a Fischer c'è di più. Considerala una prova. Quello che vuoi, riesci a ricordarlo. Sei tu l'ostacolo a quello che non vuoi. Non penso sia così terribile, per te, accettare di essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann.»
«Patrick Herrmann era uno stronzo! Il mio idolo, questo sì, ma pur sempre uno stronzo.»
«Sì, Herrmann, eri uno stronzo.»
Oliver abbassò lo sguardo. Era la prima volta che Keith si rivolgeva a lui chiamandolo con il suo altro nome.
L'altro, nel frattempo, riprese: «Eri uno stronzo, ma non eri un criminale. Vivere la tua nuova vita da ragazzo modello non servirà a cancellare il passato. Io e te siamo morti perché qualcuno l'ha voluto, o meglio, perché qualcuno ha voluto che tu morissi. Gigi Di Francesco senz'altro, ma non è stato il solo. Scopri chi ha causato la nostra morte, me lo devi e lo devi a te stesso.»
******
Erano passate ormai alcune ore da quando Oliver si era svegliato dopo l'ennesimo sogno bizzarro nel quale si trovava insieme a Keith Harrison su una spiaggia all'ora del tramonto. La differenza principale rispetto alle altre occasioni stava nel fatto che stavolta non solo ricordava alla perfezione tutto, ma era anche poco convinto che si trattasse di un'assurdità. Per quanto essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann fosse un concetto a lui estraneo, avrebbe potuto in qualche modo spiegare dettagli altrimenti inspiegabili della sua esistenza.
Era stato tentato, quella mattina, di andare per prima cosa a verificare se il mattone non fissato alla parete di cui aveva parlato con Harrison in sogno - un probabile ricordo di Herrmann - corrispondesse all'effettiva verità, ma aveva rimandato fino a quel momento. Non se l'era sentita: se ciò che aveva riferito a Keith fosse esistito davvero, avrebbe avuto la conferma che anche tutto il resto poteva essere vero.
Aveva rimandato, ma non voleva rimandare più. Uscì, quindi, e iniziò a scendere le scale: se il portiere avesse sentito l'ascensore, si sarebbe sicuramente diretto nell'atrio per controllare chi stesse passando. Andò giù nella maniera più silenziosa possibile, sperando di eludere la sorveglianza di quell'impiccione. Ebbe fortuna: giunto nell'atrio si diresse in gran fretta verso il corridoio delle cantine, per non vanificare i propri sforzi.
La sua era l'ultima in fondo. Gli cadde la chiave e trattenne a stento un'imprecazione. La raccolse e aprì la porta in fretta, con il cuore che gli rimbalzava nel petto.
Era pronto. Avrebbe cercato l'anello di Patrick. Se l'avesse trovato, avrebbe senz'altro finito per immaginarlo al dito di Selena, ma sarebbe stato ridicolo. Oliver non era Patrick Herrmann, qualunque fosse la verità.
Scacciò quel pensiero e iniziò la ricerca, disturbato da un ricordo fin troppo vivido.
Patrick entrava nell'atrio. Sentiva due voci in lontananza: una era quella del portiere, l'altra quella di Alexandra.
Infilando una mano nella tasca della giacca si chiedeva come avrebbe reagito Alexandra se l'avesse sorpreso con quell'anello.
Presto avrebbe chiesto a Selena di sposarlo, allora la sua impresaria avrebbe dovuto mettersi il cuore in pace, ma non voleva anticipare i tempi.
«Devo andare, ho da fare, è urgente» si giustificava Alexandra, con il portiere.
Patrick sapeva che presto se la sarebbe trovata di fronte.
Doveva evitarla, eludere la sua sorveglianza morbosa. Era con quel pensiero in testa che si infilava nel corridoio delle cantine, ma sapeva che non sarebbe bastato. Alexandra doveva averlo visto, quindi l'avrebbe seguito anche lì. L'unica alternativa possibile era proseguire, raggiungere la sua cantina, nascondersi là dentro e sperare che quella donna diabolica decidesse di desistere.
Appena entrato all'interno della cantina, Patrick udiva il ticchettio dei tacchi di Alexandra Bernard. Aveva notato un mattone non ben fissato, qualche tempo prima. Qualcuno, in passato, doveva avere utilizzato un incavo del muro per nascondere qualcosa. Poteva fare lo stesso con l'anello che intendeva regalare a Selena.
Pensando che fosse una buona idea, spostava il mattone incriminato e metteva in quell'improbabile "cassaforte" il gioiello acquistato per la fidanzata, all'interno di un piccolo astuccio anonimo che contrastava molto con il valore dell'anello stesso.
Aveva appena sistemato tutto nel momento in cui Alexandra si infilava all'interno della cantina senza prima chiedere il permesso di entrare.
«Patrick, cosa ci fai qui?»
«Niente.»
«Come niente? Ti ho visto entrare qui di soppiatto.»
Scuotendo la testa, Patrick rideva di quell'accusa.
«Alex, questa è la mia cantina. Sono venuto qui a controllare una cosa, tutto qui.»
«Non mentire» insisteva Alexandra. «Tu mi nascondi qualcosa.»
«Ti pare? Sono solo entrato in cantina, perché devi vedere dei misteri dappertutto?»
«Perché fai di tutto per sfuggirmi.» Alexandra si avvicinava a lui. «Lo vuoi capire che io e te siamo fatti per stare insieme?»
«Alex, ti prego...»
«So che hai perso la testa per un'altra, ma tornerai da me, come è sempre successo. Io e te siamo una cosa sola.»
«Non ho mai sentito di essere una cosa sola con nessuna, tu non sei diversa dalle altre.»
«La sciacquetta per cui ti sei preso una cotta sì, invece?»
«Non voglio parlarne, Alex» tagliava corto Patrick, messo alle strette. «Stiamo perdendo tempo per nulla. Devo tornare su.»
«Vengo con te.»
«Io a casa mia e tu a casa tua.»
«No, devo parlarti di lavoro.»
«Le conosco, le tue questioni di lavoro.»
«Se capita l'occasione di un diversivo perché lasciarsela scappare? Tanto so che provi per me la stessa cosa che io provo per te.»
Oliver poteva quasi vederla, Alexandra che seguiva Patrick fuori dalla cantina, diretta verso l'appartamento dell'uomo dal quale era ossessionata.
Patrick non aveva più recuperato l'anello, con il probabile intento di farlo una volta che fosse venuto il momento di chiedere a Selena di diventare sua moglie, progetto stroncato dalla sua stessa morte, avvenuta poco tempo più tardi.
Il mattone non era mai stato sistemato, nel corso di quei quindici anni. Forse gli inquilini che si erano succeduti durante quei tre lustri non si erano mai accorti di nulla.
L'astuccio anonimo c'era ancora. Era sporco e se qualcuno l'avesse trovato non avrebbe certo ipotizzato, fino al momento di aprirlo, che potesse contenere qualcosa di prezioso. C'era anche l'anello, che Oliver fissò con gli occhi spalancati.
Doveva valere un sacco di soldi, l'unico grande dubbio era se potesse considerarlo una sua proprietà. L'aveva comprato Patrick Herrmann e, secondo le logiche di Keith Harrison, lui e Patrick Herrmann erano la stessa persona. Secondo le logiche della vita umana, tuttavia, erano due perfetti sconosciuti che non si erano mai incontrati.
"Questo non importa" decise Oliver.
Nessuno aveva mai cercato quell'anello, nei precedenti quindici anni, pertanto avrebbe potuto disporne nella maniera che riteneva più opportuna. Aveva anche un'idea su come procedere.
Si infilò tutto in tasca e uscì dalla cantina, sperando di potere tornare al quarto piano senza intromissioni. Il viaggio di ritorno fu meno fortunato di quello di andata: non appena uscì dal corridoio e si infilò nell'atrio, si ritrovò faccia a faccia con il portiere.
«Signor Fischer!»
«Buongiorno, tutto a posto?»
«Sì, certo.» Il portiere lo guardò con disapprovazione. «Perché me lo chiede?»
«Cercavo solo di essere gentile.»
«Evidentemente sa che ammiro molto la signora Bernard e cerca di fare bella figura.»
«Come, prego?»
«Crede che abbia gli occhi foderati di prosciutto, signor Fischer?»
«No, ma mi piacerebbe molto se li avesse.»
«Non mi prenda in giro, signor Fischer» replicò il portiere, con freddezza. «Mi sono accorto che sta succedendo qualcosa tra lei e la signora Bernard e non approvo affatto il modo in cui si è infilato nella sua vita senza una ragione.»
«Il fatto che lei non abbia una donna» ribatté Oliver, «Non implica che chiunque sia fatto per il celibato.»
«Non ho mai insinuato che lei sia fatto per il celibato, solo che non è fatto per stare con la signora Bernard.»
«Che cosa glielo fa pensare?»
«È troppo giovane, troppo inconcludente e di estrazione sociale troppo bassa per una donna come lei.»
«Perché non lo dice direttamente alla signora Bernard, invece di parlarne con me?»
«Non si preoccupi, ogni volta in cui la vedo cerco di metterla in guardia.»
Oliver sospirò.
«Avrei dovuto capirlo. Mi sorprende che lei abbia ancora un lavoro, se si comporta così con tutti i condomini.»
«Non mi comporto così con tutti. Mi limito a prendere a cuore i casi delle persone che hanno bisogno del mio aiuto.»
Oliver scosse la testa.
«Mi faccia il piacere! Selena non è un caso umano che ha il disperato bisogno di essere guidata... e anche se fosse, non avrebbe certo bisogno della guida di un portiere impiccione e invadente.»
«Lei mi offende, signor Fischer.»
«Se la verità la infastidisce, non so cosa farci. E ora, mi scusi, ma ho da fare.»
«Deve inventarsi qualche altra diavoleria per sedurre la signora Bernard?»
«No, devo guadagnarmi da vivere.»
«Ovvero lavorare?»
«No, uccidere dietro lauto compenso. Comunque non si preoccupi, non ho bisogno di inventarmi nulla per sedurre Selena. Le piaccio così come sono.»
«Povera donna. Evidentemente non ha mai superato il trauma della perdita del povero signor Herrmann.»
Oliver azzardò: «Patrick Herrmann era di suo gradimento, come partner di Selena?»
«Sì, era una brava persona» rispose il portiere. «Mi salutava sempre con educazione, quando mi vedeva, e...»
Oliver lo interruppe: «Anch'io l'ho salutata e tutto quello che ho ricevuto in cambio è stato l'accusa di averlo fatto per entrare nelle sue grazie. Herrmann doveva proprio essere nato sotto una buona stella, per avere la grazia della sua approvazione.»
Il portiere non colse l'ironia nelle sue parole - o finse di non coglierla.
«Ho sempre ammirato Patrick Herrmann e sono convinto che lui e la signora Selena Bernard sarebbero stati una coppia meravigliosa. La signora Alexandra Bernard, invece, non mi piaceva affatto. Non faceva altro che ronzare intorno al signor Herrmann e pareva evidente che avesse un debole per lui. L'idea che il signor Herrmann le preferisse la signora Bernard - la signorina Selena - la urtava parecchio.»
«Grazie per avermi illuminato sul suo passato, in cui era ovviamente un portiere discreto tanto quanto ora. Mi scusi se adesso sarò io a comportarmi in modo discreto, ma mi deve togliere una curiosità: aveva l'audacia di discutere di fatti privati con la signora Alexandra? Le ha mai detto esplicitamente che non era la donna giusta per Patrick Herrmann? Oppure ha suggerito a Herrmann di fare attenzione alla signora Bernard?»
«Non mi sarei mai permesso di parlare di certi argomenti con la signora Alexandra Bernard. Non l'avrebbe presa bene.»
«Lo immaginavo.» Oliver sorrise. «Adesso che mi ha illuminato, credo di potermene andare. Come le dicevo, diversamente da altri, non mi guadagno da vivere facendo chiacchiere. Devo salutarla, se non si sente offeso dal mio saluto.»
******
«L'ho fatto, Keith.»
Oliver non specificò cosa, ma l'altro comprese a cosa si riferisse.
«Hai trovato l'anello?»
«Non solo. L'ho anche venduto.»
«Di già?»
«Sì, non volevo lasciarmi scappare l'occasione» gli spiegò Oliver. «Patrick era pazzo. Non hai idea di quanto valesse quell'anello. Non avrò problemi economici per un bel po' di tempo, quindi potrò rimanere ad abitare nell'appartamento di Patrick Herrmann, nonostante l'affitto sia piuttosto caro.»
Keith volle sapere: «Non hai fatto uno dei tuoi soliti casini, per venderlo?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Per chi mi hai preso?»
«Per Patrick Herrmann.»
«Ti sarei grato se non me lo ricordassi ogni cinque minuti. E comunque non credo che Patrick vendesse gioielli a ricettatori o che si cacciasse in casini di questo tipo.»
«Come sei riuscito a vendere l'anello?»
«Mi sono ricordato che Emma ha un'amica sposata con un gioielliere. Le ho chiesto di fare da tramite. L'affare è andato in porto nel giro di poche ore.»
«Vedo che Emma è una donna dalle mille risorse.»
«Un po' rompipalle, dal punto di vista professionale, ma sa rendersi utile, quando è necessario.»
«Ora che hai recuperato l'anello e l'hai venduto, ti senti più Patrick Herrmann di prima oppure continui a sentirti Oliver Fischer?»
«Mi sento Oliver Fischer e sono ben felice di sentirmi Oliver Fischer. Comunque, anche quando sono dall'altra parte, mi sento consapevole del mio passato.»
«Dunque abbiamo fatto un passo avanti» concluse Keith. «Mi sembra positivo. Adesso è giunto il momento di guardare oltre.»
«Cosa suggerisci?»
«È arrivato il momento di occuparsi di Kathy Di Francesco.»
«Adesso» puntualizzò Oliver, «Si chiama Kathy Yves.»
«Ha commissionato un lavoro a Selena, giusto?»
«No, l'ha chiamata per dirle che ci ha ripensato e che per il momento non intende proprio farlo fare a nessuno, quel lavoro.»
«Interessante.»
«Io non ci vedo niente di interessante.»
«Sei stato a casa sua» gli ricordò Keith. «Potrebbe averti riconosciuto.»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Non può certo avermi riconosciuto come Patrick Herrmann.»
«Ma infatti non ipotizzavo che abbia riconosciuto Patrick Herrmann» rispose Keith. «Potrebbe averti riconosciuto come il tizio che sta scrivendo un libro su di lui. Mi sembra un'informazione abbastanza risaputa. Inoltre lavori per la televisione. Non mi sembra così assurdo che l'ex moglie di un ex team principal abbia visto la Diamond Formula alla TV, di recente. Magari si è insospettita. Potresti andare a farle visita.»
«A quale titolo?»
«In qualità di giornalista.»
«E poi?»
«Potresti chiederle se vuole dare il proprio contributo alla ricostruzione del passato di Patrick Herrmann.»
Oliver obiettò, con decisione: «Non credo proprio che lo farà.»
«Sarà comunque utile studiare la sua reazione» suggerì Keith. «Non dovresti lasciarti sfuggire una simile occasione.»
«Ci penserò.»
«Non pensarci troppo. Ci sono buone probabilità che quella donna sappia più cose di chiunque altro. Mi risulta che sia impossibile risalire a Di Francesco...»
«A meno che» lo interruppe Oliver, «Non ci pensi tu. È morto sei anni fa.»
«So che è morto, ma non siamo tutti qui come spiriti erranti» replicò Keith. «Ritengo molto probabile che Gigi Di Francesco sia stato destinato alla reincarnazione per dimostrare di essere una persona migliore.»
«Stai dicendo che mi sono reincarnato in Oliver Fischer per...» Oliver si interruppe. «Ero davvero una persona così di merda?»
«Le persone di merda, come le chiami tu, si reincarnano da zero, di solito, per quanto ne so» rispose Keith. «Tu sei finito nel corpo di quel ragazzino per caso, forse per risolvere il mistero della tua morte.»
«Non sono sicuro di sentirmi sollevato. Almeno Gigi Di Francesco potrebbe essersi reincarnato in qualcuno che non ha idea di essere Gigi Di Francesco.»
«Sicuramente è così. Tornando a noi, appurato che non c'è modo di parlare con Di Francesco, non ci resta che puntare alla sua ex moglie. Dopotutto non deve esserti così difficile avvicinarti a lei. In fondo una volta te la portavi a letto.»
«Era Patrick Herrmann a portarsela a letto» puntualizzò Oliver.
Keith obiettò: «Non dovresti essere così fiscale, su questa faccenda.»
«Proverò a non esserlo, così come proverò ad andare dalla signora Yves» si arrese Oliver. «Non posso prometterti risultati concreti, però.»
«Quello che conta non è il risultato finale, sono i tentativi fatti.»
«Riflessione molto da filosofo, stona un po' sentirla da te.»
Keith lo ignorò.
«Non coinvolgere Emma nella faccenda di Kathy Di Francesco.»
«Non vedo perché dovrei coinvolgerla» ammise Oliver. «Se non fosse stato necessario, non avrei chiesto il suo aiuto nemmeno per la vendita dell'anello.»
******
Ad aprire la porta fu una cameriera sulla trentina, che lo guardò con aria interrogativa, senza dire niente. Oliver comprese quindi che doveva essere lui il primo a parlare e le domandò: «Kathy Yves è in casa?»
«Sì, la signora c'è» confermò la cameriera, «Ma non aspetta nessuno.»
Oliver chiese, di conseguenza: «Può dirle che ho un urgente bisogno di vederla?»
«La signora è impegnata» ribadì la domestica. «Mi ha detto che non aspettava visite, pertanto nessuno ha bisogno di vederla con urgenza.»
Oliver accennò un sorriso.
«Forse, se lei provasse a dire alla signora chi sono, cambierebbe idea.»
«Ne dubito. Le suggerisco di telefonarle e di fissare un appuntamento.»
«La signora Yves è così gentile da rispondere di persona, oppure quell'appuntamento dovrò fissarlo con la sua segretaria?»
«La prego di andarsene» lo supplicò la cameriera. «Non posso perdere tutta la giornata a causa della sua insistenza. La signora...»
Oliver la interruppe: «Sì, la signora non può ricevermi, ma sono sicuro che cambierebbe idea, se le riferisse che mi ha conosciuto come l'assistente di Selena Bernard.»
«Selena Bernard la designer?»
«Esatto.»
«Credevo che la signora avesse deciso di non affidarle più alcun lavoro.»
«Adesso è lei che perde tempo, facendo supposizioni» ribatté Oliver. «Forza, vada a comunicarle che sono qui.»
La cameriera si arrese: «Farò un tentativo, ma non le assicuro niente.»
«Bene. Rimango qui ad aspettare.»
«Tornerò tra pochi minuti, ma non si faccia illusioni: molto probabilmente verrò a dirle di andarsene.»
La ragazza richiuse la porta, invece di farlo entrare e di farlo accomodare da qualche parte. La signora Yves doveva averla addestrata bene, il che era un vero peccato: a Oliver non sarebbe affatto dispiaciuto guardarsi un po' intorno, dentro casa Yves.
La domenstica tornò poco più tardi e, dopo avere aperto, gli disse proprio ciò che voleva sentirsi dire: «La signora la sta aspettando.»
Oliver entrò in casa la seguì, venendo accompagnato nello studio di Kathy Yves. L'ex moglie di Gigi Di Francesco era seduta alla propria scrivania e alzò a malapena lo sguardo.
«Ci lasci sola, Marianne» ordinò alla cameriera.
Quest'ultima se ne andò senza aggiungere una parola, chiudendo la porta della stanza alle proprie spalle.
Finalmente Kathy Yves alzò gli occhi.
«Dunque lei è l'assistente di Selena Bernard?»
Oliver sorrise.
«Più o meno.»
Kathy gli indicò una sedia di fronte alla scrivania.
«Si accomodi.»
Oliver fece ciò che gli veniva chiesto.
«Forse si chiederà cosa ci faccio qui.»
«Esatto, mi chiedo che cosa ci fa qui... e le converrà trovare una buona spiegazione, se non vuole che la faccia cacciare a calci nel fondoschiena.»
Oliver ridacchiò.
«Suvvia, signora Yves, le sue minacce non sono credibili. Non credo che la signorina Marianne riservi questo trattamento agli ospiti indesiderati.»
Kathy replicò, gelida: «La signorina Marianne non è l'unica persona alle mie dipendenze.»
«A questo, lo ammetto, non ci avevo pensato. Comunque le assicuro che non avrà alcuna ragione per farmi buttare fuori a calci.»
«Me lo auguro per lei. Cosa vuole? Mi sembrava di essere stata chiara con la signora Bernard, ho deciso di rimandare certi lavori, pertanto non mi servirò né di lei né di qualche suo concorrente. Se vuole rassicurarla, non ho affidato l'incarico che le avevo promesso al signor Vincent, il suo ex datore di lavoro, nonostante lo conosca personalmente.»
Era arrivato il momento di scoprire le carte e di svelarsi.
«Non sono qui per il lavoro che aveva sostenuto di voler commissionare a Selena Bernard» le confessò Oliver. «Se devo essere sincero, non sono nemmeno il suo assistente. Mi trovavo con lei, quel giorno. Ho insistito per accompagnarla e abbiamo inventato la scusa dell'assistente.»
«Invece» dedusse Kathy, «È semplicemente un amico o il fidanzato.»
«Qualcosa del genere.»
«Il che rende tutto ancora più strano» osservò Kathy. «Se è un amico o il fidanzato della signora Bernard, non ha ragione per precipitarsi a casa mia e insistere con la mia cameriera per farsi ricevere.»
«Invece ho tante buone ragioni. Mi chiamo Oliver Fischer, il mio nome le dice niente?»
«Ho sentito un nome simile da qualche parte, ma non ricordo dove.»
«Probabilmente alla televisione. Sono un giornalista e lavoro per la rete di...»
Kathy lo interruppe: «Non mi interessa per quale rete lavora. Non ho avuto l'onore di vederla presentare un telegiornale.»
«Non presento il telegiornale.»
«Se avessi un minimo interesse per il suo lavoro, le chiederei di cosa si occupa. Tuttavia l'unico mio interesse è la sua presenza non autorizzata a casa mia. Glielo chiedo di nuovo e la prego di rispondermi: cosa ci fa qui?»
Oliver puntualizzò: «La mia presenza è stata autorizzata da lei in persona. Le ricordo che la signorina Marianne mi ha accompagnato qui nel suo studio e l'ha fatto su sua richiesta.»
Kathy gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Cosa. Vuole. Da. Me?»
Oliver fece un sospiro.
«Bene, come desidera. Non la costringerò a schioccare le dita e a chiamare i suoi bodyguard per sbattermi fuori. È il mio lavoro la ragione per cui sono qui. Sono un inviato al seguito del mondiale di Formula Diamond.»
«Il mio interesse per le corse automobilistiche oscilla tra il nullo e l'inesistente» lo informò Kathy. «Anche qualora il suo ruolo giustificasse la sua intromissione a casa mia, non credo proprio di avere niente da dirle.»
«Un tempo, però, era sposata con un team principal» osservò Oliver. «Deve probabilmente al signor Di Francesco la sua fortuna e la possibilità di abitare in questa casa... che immagino non sia l'unica casa di sua proprietà.»
«Mi sta accusando di essere una mantenuta, per caso? Per quel poco che conosco il suo ambiente, un commento sessista potrebbe costarle molto caro.»
«Non ho fatto commenti sessisti. Ho solo osservato che la principale ragione della sua ricchezza è avere sposato un uomo molto ricco. Non penso questo di qualsiasi donna. La signora Alexandra Bernard, per esempio, che immagino abbia conosciuto, in passato, non diventò ricca per matrimonio.»
«Va bene, non mi faccia perdere tempo» replicò Kathy. «Sono stata sposata con Gigi Di Francesco, che aveva molti soldi e che ha contribuito alla mia fortuna. È forse un crimine non essere stata fin dalla nascita abbiente come la signora Alexandra Bernard, oppure come sua figlia, la designer Selena Bernard?»
Udendola pronunciare i nomi di Alexandra e di Selena, Oliver osservò: «Vedo che iniziamo a capirci, signora Yves.»
Kathy non fu d'accordo con la sua considerazione.
«A me, invece, non sembra affatto di capirla, e la assicuro che non la capiranno nemmeno i miei "bodyguard", se dovessi chiedere il loro intervento. Se vuole tornarsene a casa con tutte le ossa intatte, la prego di venire al dunque.»
«Va bene, non le farò perdere altro tempo» le concesse Oliver. «Ho un grande interesse per la Diamond Formula di inizio millennio. Sto scrivendo un libro in proposito e sto cercando di ottenere informazioni da parte di chi ha conosciuto i personaggi di cui intendo narrare la storia.»
«Quindi intende scrivere di mio marito?»
«In piccola parte. Il mio principale oggetto d'interesse è il pilota Patrick Herrmann.»
«Gareggiò per il team gestito da mio marito. Non fu facile per il povero Gigi lavorare con lui.»
«Già, Herrmann era convinto che la Whisper si fosse macchiata di negligenze che avevano condotto Emiliano Diaz alla morte. Immagino che il signor Di Francesco non apprezzasse affatto questo genere di insinuazioni.»
«Ci può scommettere.»
«In più, se non sbaglio, lei ebbe una relazione con Herrmann, ragione per cui suo marito le chiese il divorzio.»
Kathy scosse la testa.
«Non le permetto di infamarmi.»
«Suvvia, signora Yves, la sua relazione con Patrick Herrmann è di dominio pubblico, non è il momento di nascondersi.»
«Sarà anche di dominio pubblico» replicò Kathy, con freddezza, «Ma non le permetto di insinuare che sia stata quella la ragione della mia rottura con mio marito. Io e Gigi eravamo già separati, quando ebbi quella famosa relazione - di breve durata e di poche soddisfazioni - con Patrick Herrmann. Non ho molto da dire su di lui, non posso esserle d'aiuto. Inoltre, se permette un consiglio, il precipitarsi a casa della gente fingendo di essere chi non è non è un buon biglietto da visita. Eviti di comportarsi alla stessa maniera con altri potenziali "informatori", altrimenti dubito che riuscirà mai a scrivere il suo libro.»
«Le chiedo ancora scusa per il modo in cui mi sono comportato, ma sapevo che avrei suscitato la sua curiosità, se avessi fatto il nome di Selena Bernard.»
«Solo perché pensavo avesse a che vedere con quell'incarico.»
«A proposito, ha detto di conoscere il signor Vincent, il titolare dello studio per il quale lavorava Selena in passato. Come mai non si è rivolta a lui?»
«Non credo di doverle rendere conto dei miei contatti con i designer.»
«Certo che no, ma è curioso che, tra tante opzioni, abbia scelto proprio Selena Bernard. Ha ammesso lei stessa di sapere chi fosse, poco fa.»
«Non la seguo. La signora Bernard è una designer ammirata e rispettata. È questo che so di lei.»
«Ha accennato al fatto che sia figlia di Alexandra Bernard.»
«E quindi?»
«Quindi, se permette un mio giudizio in proposito, trovo molto strano che, avendo la presunta nececessità di un designer - dico presunta perché, fino a prova contraria, certi lavori di restyling ha deciso di non farli più, per sua stessa ammissione - si sia rivolta proprio a Selena Bernard, la figlia dell'ex impresaria di Patrick Herrmann, nonché ex fidanzata di Patrick Herrmann.»
«Evidentemente Patrick Herrmann conosceva le persone giuste.»
«È una spiegazione interessante, eppure non mi convince.»
«Non ho ragioni particolari per rivolgermi a persone che abbiano conosciuto, a suo tempo, Herrmann. Di conseguenza, siccome di Patrick non mi interessa più nulla, e già da molto tempo, non ho nemmeno intenzione di parlare di lui con un giornalista che vuole scrivere un libro sulla Diamond Formula di inizio millennio. Direi che possiamo salutarci, signor Fischer.»
«Io invece direi di no» insisté Oliver. «Signora, io non so in quali rapporti fosse con il suo ex marito...»
Kathy non lo lasciò finire.
«Non le permetto di fare altre insinuazioni sulla mia vita privata.»
Oliver non si arrese.
«Signora Yves, non ho fatto insinuazioni. Ho anzi ammesso la mia ignoranza in materia.»
«Se ne vada!»
«No, aspetti. La prego di concedermi soltanto un altro minuto. Vedrà che non sto per chiederle nulla che le sia di disturbo.»
Kathy non parve molto soddisfatta da quella prospettiva.
«La avverto, signor Fischer, è a un passo dal farsi sbattere fuori a calci nel culo.»
«E io la avverto che nella mia vita ho preso talmente tanti calci nel culo da non farmi spaventare da questa prospettiva» ribatté Oliver. «Voglio solo sapere qual è la sua idea - professionale, è ovvio - sull'operato del suo ex marito Gigi Di Francesco. Per essere più preciso, mi aspetto che lei possa dirmi qualcosa del tipo: "Patrick Herrmann era un megalomane e, sulla faccenda Diaz, era convinto dell'esistenza di negligenze che, in realtà, esistevano soltanto nella sua testa". Non le sto chiedendo di parlare male del suo ex marito. Non mi importa se ha un'opinione positiva o negativa di lui relativamente alla sfera privata. Le sto chiedendo un parere strettamente motoristico.»
«Le ho già detto di non provare alcun interesse per la Diamond Formula» ribadì Kathy. «Quando stavo con Gigi, la cosa non era molto diversa. L'aspetto più bello delle corse erano gli ospiti vip. Ho avuto modo di incontrare almeno un paio dei miei cantanti preferiti e ho visto da vicino un'attrice che ammiro moltissimo, anche se non sono riuscita né a parlarne né a chiederle una foto. Questo rappresentava per me la Diamond Formula. Non posso darle un parere motoristico, ma solo un parere umano: nonostante il mio matrimonio con Gigi sia naufragato, l'ho sempre ritenuto una persona a modo. Non sono sicura di potere dire lo stesso di Patrick Herrmann. Non posso dirle per certo che nella squadra nessuno sbagliò, con Diaz. Non mi stupirebbe se Gigi fosse stato al corrente di responsabilità di un numero ristretto di meccanici o di un singolo, ma avesse cercato di proteggere il loro operato. I meccanici della Diamond Formula sono umani. Fanno una vita massacrante, per mesi in giro per il mondo e lontani dalle loro famiglie, rimanendo sempre nell'ombra e non venendo mai considerati da nessuno, al di fuori del team. Purtroppo, a seconda del mestiere che facciamo, un errore può essere più o meno grave e ci sono più o meno possibilità di rimedio. Gigi non ha mai buttato fango su nessuno. È chiaro che era tormentato da quello che era accaduto a Diaz, ma non era da lui puntare il dito contro qualcuno. Patrick Herrmann, invece, con quella storia era entrato in fissa. Voleva un responsabile a tutti i costi, anche se si fosse trattato di rovinare la vita a uno dei meccanici che, quando vinceva, portava su un piedistallo, salvo poi dimenticarsene dopo cinque minuti, sminuendo il ruolo della scuderia nel suo successo. Non ho dubbi che Herrmann fosse più attratto dalla possibilità di rovinare la reputazione alla squadra, con cui ormai era in rotta, piuttosto che di vendicare in qualche modo la morte del suo ex compagno di squadra. Può scrivere questo, se vuole, nel suo libro: che Patrick Herrmann è sempre stato un menefreghista egocentrico e non faceva niente per niente. Era capace di rovinare la vita di chiunque gli stesse intorno e l'unica ragione per cui sono caduta tra le sue braccia era il mio terribile stato d'animo a seguito della separazione da mio marito. E ora, se non le dispiace, chiamo Marianne per accompagnarla alla porta.»
Oliver annuì.
«Va bene, adesso sono davvero pronto per andarmene. La ringrazio per avere accettato, a suo modo, di parlare con me, e per avermi concesso il lusso di essere scortato fuori dalla sua cameriera e non dai suoi presunti bodyguard.»
******
Kathy aprì il primo cassetto della scrivania, scostò un paio di agende e ne prese fuori una di cui faceva utilizzo di rado, quella dedicata ai numeri per le situazioni di emergenza. Trovò quello che le interessava, alzò il ricevitore e compose le cifre in sequenza, sperando di riuscire a in contatto con la persona che necessitava di sentire.
Fu fortunata: la persona con la quale doveva parlare rispose appena al quarto squillo. Non avendo tempo per i convenevoli, andò dritta al punto: «Sono Kathy Di Francesco. Ho appena ricevuto una visita da parte del giornalista Oliver Fischer. Lo conosci, Veronica?»
«Lo conosco» rispose la Young. «Solo, non capisco cosa volesse da te e soprattutto che cosa voglia tu da me.»
«Mi ha fatto un sacco di domande su Gigi e su Patrick Herrmann» chiarì Kathy. «Si è accontentato delle risposte che gli ho dato, ma la sua invadenza non mi è piaciuta affatto. Voglio che sistemi le cose.»
Veronica obiettò: «Non c'è molto che io possa fare. Eri tu la moglie di Gigi Di Francesco, no? È logico che si rivolga a te, se vuole ricostruire qualcosa che lo riguarda»
«Ricordati di quello che hai fatto, Veronica. Trova un modo per convincere quel giornalista del cazzo a badare ai fatti suoi, perché altrimenti è un casino per tutti. E indovina chi sarà la prima ad affondare?»
Veronica sbuffò talmente forte da essere udibile attraverso il telefono.
«Stai tranquilla, Kathy, con Oliver Fischer ci parlo io. Tu, nel frattempo, non preoccuparti: sei in una botte di ferro. Tu non hai mai avuto ruoli né in un team né nell'altro, ti limitavi a chiedere di posare insieme a te a celebrità varie a cui non importava niente delle gare che venivano invitati ad assistere. Sorridevi davanti alle macchine fotografiche e basta. Ero io ad avere la responsabilità di un team. Me la vedo io con Fischer.»
Kathy fece un sospiro di sollievo.
«Meno male. Grazie, Veronica. Se non ci fossi tu, non saprei cosa fare. Per fortuna che, quando ti chiamo, ti dai sempre da fare. D'altronde lo sai bene: o stai dalla mia parte, o trascino nella merda te, tuo marito e la vostra squadra. Dopotutto io cosa facevo? Niente, a parte chiacchierare con personaggi famosi e sorridere. Non ho niente di cui preoccuparmi, l'hai detto tu stessa.»
Riattaccò, senza aspettare una replica da parte di Veronica. Non voleva sentire la sua voce, quello che contava erano i fatti.
Nonostante il proprio stato metafisico, Keith Harrison sembrava provare una passione smodata per le questioni umane. All'ennesima domanda sulla sua vita privata, Oliver alzò gli occhi al cielo e si arrese: «Sì, le cose sono cambiate, rispetto a qualche tempo fa, e sono felice che lo siano.»
Keith scosse la testa.
«Non riesco a credere che tu sia tale e quale a Patrick Herrmann.»
Oliver non condivideva quel pensiero.
«Non c'entro proprio niente, io, con Patrick Herrmann.»
Keith obiettò: «Su questo avrei qualche dubbio...»
«Non nel senso che intendi tu» puntualizzò Oliver. «Mi sento molto diverso da Patrick, è questo che intendevo dire. Certo, qualcosa in comune ce l'ho, ma non è colpa mia se Selena ha così tanto fascino. Anzi, se devo essere sincero la Selena di un tempo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di oggi. Non oso immaginare fino a che punto Patrick avrebbe potuto essere coinvolto da quella di oggi, se avesse avuto modo di conoscerla.»
«Quindi, in sintesi, nel periodo in cui sei stato lontano sei riuscito a fidanzarti con Selena Bernard» concluse Keith. «Di fatto ti sei concentrato soltanto su quello.»
«Non è andata affatto così» ribatté Oliver. «Per prima cosa, non oserei affermare che io e Selena ci siamo fidanzati. È una parola troppo grossa. Stiamo insieme, sì, e informarla che ero al corrente di tutto, una decina di giorni fa, è stato ciò che ha fatto scattare la molla...»
Keith lo interruppe: «Aspetta, mi stai dicendo che hai spiattellato in faccia a Selena i tuoi sospetti e che lei, per evitare che tu parlassi, ha deciso di...»
Oliver non lo lasciò terminare.
«Ma che cazzo dici?!»
«Sei tu che l'hai detto...»
«Come ti viene in mente di pensare che possa minacciare Selena di raccontare i fatti suoi se lei non ci sta?! Ovvio che non ho fatto niente del genere, nemmeno a Patrick Herrmann nei suoi momenti peggiori sarebbe venuta in testa un'idea così malata! Le ho solo detto che sapevo come stavano le cose, tutto qui. Ha cercato di evitare legami per evitare di dovere raccontare la verità a qualcuno, ma ormai io la sapevo già, quindi non aveva più bisogno di nascondermi niente. Non l'ho né minacciata né ricattata, e nemmeno mi è mai passato per la testa l'idea di farlo. Devi avere una pessima opinione di me.»
«Ti eri spiegato male, tutto qui.»
«Selena invece si è spiegata benissimo. Era palese che le piacessi e finalmente me l'ha confermato. Sto bene con lei e sono certo che lei stia bene con me, anche se non so fino a che punto potrà durare.»
«E come pensi di comportarti, per ora?»
«In modo normale.»
«Ovvero?»
«Ovvero frequentarla, uscire con lei, andarci a letto insieme... insomma, esattamente quello che abbiamo fatto negli ultimi giorni. Siamo una coppia normale.»
«Edward Roberts cosa ne pensa?»
«Non ne ho idea e non è affare mio. La prossima volta in cui lo vedrò, non gli parlerò di certo di Selena, visto che non programmo di incontrarlo se non per motivi professionali.»
«Sa che state insieme?»
Oliver sbuffò.
«Che cosa vuoi che ne sappia?! Non chiedo a Selena di rendermi conto per filo e per segno dei contatti che ha con Edward. Non sono così ossessivo.»
«Ricordati che Edward è un pilota della Dynasty.»
«Sì, lo so, ovviamente. Non mi sono dimenticato di tutto il resto, nonostante tu sia convinto che ho pensato solo a sistemare la mia vita privata. So che Edward Roberts ha a che fare con Veronica e Scott Young. E allora?»
«Potrebbe sapere qualcosa in più degli altri e tacere di proposito.»
«E questo che rilevanza avrebbe?»
«Selena è sua amica» gli ricordò Keith. «Non puoi essere certo al cento per cento che stia dalla tua parte invece che da quella di Veronica e Scott Young.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Stai diventando paranoico, Harrison.»
«No, non sono affatto paranoico» replicò Keith. «Te lo ricordi, vero, cos'è successo?»
«Sì, perfettamente.»
«E siamo d'accordo entrambi sul fatto che ci sia qualcosa di ancora oscuro...»
«Sì, Keith, sono d'accordo, non c'è bisogno che me lo chiedi di nuovo. Solo, se anche gli Young hanno nascosto qualcosa, dubito fortemente che Edward ne sappia qualcosa. Sono passati così tanti anni, in fondo... Ma soprattutto, se anche Edward avesse scoperto qualcosa di importante, cosa ti fa pensare che ne abbia parlato con Selena... e che Selena abbia pensato che insabbiare tutto sia una buona cosa?»
«Non conosco bene Selena» ribatté Keith, «Ma c'è una cosa, di lei, che so per certo: è figlia di Alexandra Bernard... e di solito le mele marce non cadono tanto lontano dall'albero.»
«Alexandra Bernard non è una mela marcia, è sempre stata soltanto una donna dal comportamento abbastanza anormale in campo sentimentale» replicò Oliver. «È ovvio che non abbia mai complottato contro nessuno e che si sia ritrovata soltanto vittima delle circostanze, in certi momenti. Voleva Patrick come toyboy, questo sì, ma mi sembra abbastanza scortese definirla come una mela marcia.»
«Io ho poca fiducia nei suoi confronti.»
«Anch'io.»
«Allora vedi che siamo d'accordo anche su questo?»
«No, non siamo affatto d'accordo, perché io distinguo la madre dalla figlia, mentre tu fai di tutta l'erba un fascio. Sono io quello che conosce Selena, non tu. Non puoi pretendere di giudicarla. Tutto quello che ha cercato di fare in tutti questi anni è stato vivere una vita normale.»
«Crescendo il figlio di sua madre.»
«Si chiama adozione. È un concetto così oscuro, secondo i tuoi standard?»
«Mi pare ovvio che non abbia adottato legalmente quel bambino.»
«La signora Alexandra l'ha condizionata molto pesantemente.»
«Allora lo vedi? Stiamo parlando di una mela marcia, non ci sono molti dubbi.»
«Va bene, Alexandra Bernard ha degli scheletri nell'armadio e anche parecchi» si arrese Oliver, «Ma questo armadio pieno di scheletri non c'entra un fico secco con la Diamond Formula. Vogliamo fare luce su quello che è successo a te e a Herrmann oppure dobbiamo preoccuparci di quello che ha fatto la signora Alexandra nella sua vita privata? Non mi sembra che quest'ultimo aspetto ci riguardi in qualche modo.»
«Se lo dici tu.»
«Ovvio, Keith. Se ho raccontato a Selena che sapevo tutto è stato solo perché sentivo che aveva bisogno di parlare con qualcuno dei suoi segreti.»
«E ti ha chiesto come facevi a sapere?»
«Il mio intuito si è preso dei meriti che non ha.»
«Insomma, non le hai detto chi sei veramente.»
Oliver rise.
«Ma dai, se anche avessi formulato quel pensiero, così mi sarei giocato ogni possibilità di avere un futuro con lei. Ti rendi conto che a noi che stiamo di là una storia del genere sembrerebbe assurda? Io stesso faccio fatica a credere a quel fatto. Fintanto che sono qui, in questa dimensione, riesco a capacitarmene, ma quando torno di là non sono per niente sicuro di esserne consapevole. E, se lo sono, mi dico "smettila di sognare di essere il tuo idolo e torna con i piedi per terra".»
«Non ti succede niente, quando sei di là, che ti porti a pensare che questa "storia", come la chiami tu, non sia del tutto una fantasia?»
Oliver sospirò, poi si sedette a terra.
«Ne succedono eccome, di cose. Prima di tutto, perché avrei dovuto sapere che Edward, a suo tempo, aveva promesso a Patrick che non avrebbe mai accettato un ingaggio da parte della Dynasty? Perché, a suo tempo, ce l'avevo con lui perché non aveva tenuto fede al proprio impegno? Sarebbe del tutto inspiegabile. Roberts mi ha accusato di essere un fanboy incallito di Herrmann e questo spiegherebbe perché non mi è andata giù la sua decisione di passare al team degli Young... ma come avrei potuto essere al corrente di che cosa Patrick gli avesse chiesto?»
Keith si accomodò alla sua sinistra.
«Lo vedi, quindi, che anche l'Oliver Fischer che si muove nella dimensione della realtà dei vivi ha in mano gli elementi sufficienti per fare due più due?»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Magari ci sono stati momenti in cui ci ha pensato, ma è abbastanza scontato finire per darsi una spiegazione più logica, in quelle circostanze.»
«Una spiegazione di che tipo?»
«Potrebbe pensare che sia proprio Roberts ad avere accennato a quella promessa, in qualche momento, oppure di avere sentito una voce in proposito e di non ricordarsi dove o quando. Di certo non penserebbe di possedere effettivamente i veri ricordi di Patrick Herrmann.»
«Io non lo chiamo proprio possedere i suoi ricordi...»
«Va bene, non c'è bisogno di approfondire questo fatto.»
«Invece secondo me ci sarebbe bisogno. Un giorno dovrai accettarlo. Vi ho visti, tu e quel ragazzino, su questa spiaggia. Cercavi di inseguirlo, di convincerlo a riprendersi la sua vita.»
«Tutto ciò è assurdo.»
«Lo dici perché ti hanno messo in testa l'idea che tu fossi davvero quel ragazzino.»
Oliver annuì.
«Me l'hai già spiegato più di una volta. Il vero Oliver Fischer ormai riposa in pace, nel vero senso della parola: non ha nemmeno bisogno di entrare nei sogni altrui e può godersi la serenità dell'altra dimensione. Ma allora, se lui è morto e io sono vivo, perché vivo nel suo corpo?»
«Probabilmente non eri pronto per andartene, ma il tuo corpo originale non poteva permetterti di sopravvivere. Non lo so, questo non te lo so spiegare. So solo che ne sono certo, tu non sei Oliver Fischer, sei Patrick Herrmann. Quando mi sei davanti, non vedo Oliver, vedo Patrick.»
Oliver si prese la testa tra le mani.
«Che cosa?!»
«Nello specifico, le vostre immagini si sovrappongono.»
«Tutto ciò è orribile!»
«Non così orribile. Non fraintendermi, sono convinto che il fascino di Patrick Herrmann fosse molto sopravvalutato, ma tutto sommato nella tua vita precedente eri un bell'uomo.»
«Keith, cazzo, non scherzare su queste cose!»
«Non sto scherzando. Perché credi che cadessero tutte ai tuoi piedi? Tante altre qualità, a parte l'aspetto fisico, non mi risulta che ne avessi.»
«Non sto parlando del suo aspetto, sto parlando del fatto che, a quanto pare, vedi lui in me.» Oliver si mise le mani tra i capelli. «È terribile. Ho vissuto per quindici anni la rispettabile vita di Oliver Fischer e questo non è bastato a cancellare il passato? Che altro devo fare?»
«Non penso ci sia qualcosa che devi fare» obiettò Keith. «Non capisco perché tu sia così disturbato dalla prospettiva di essere stato un altro in una vita precedente.»
«È facile per te pensarla così» replicò Oliver. «Non sei tu quello che sta vivendo una vita normale, che però non è la sua.»
«La vita di Oliver Fischer è diventata la tua. Se tu non avessi cercato così morbosamente la verità su Patrick Herrmann, probabilmente non avresti mai scoperto di essere lui.»
«Non l'avrei mai scoperto nemmeno se tu non mi avessi convocato al tuo cospetto in questi "sogni" assurdi» puntualizzò Oliver. «Perché l'hai fatto? Non potevi badare ai fatti tuoi come hai fatto per quasi quindici anni? Stavo così bene quando non avevo a che fare con te...»
«Dal primo momento in cui hai deciso di scoprire cosa ti fosse successo nella tua vita precedente» rispose Keith, «Mi è stato chiaro che avevi bisogno d'aiuto e non potevi cavartela da solo.»
«Invece me la cavo benissimo. Tu sei morto, in fondo, non puoi fare niente per aiutarmi concretamente. Tutto ciò che fai è lamentarti delle mie azioni e contestare le mie impressioni sulle persone.»
Keith ridacchiò.
«Beh, nella tua vita precedente eri una testa di cazzo, non puoi pretendere che tutto quello che fai adesso abbia senso. In ogni caso, se non mi fossi messo in contatto con te, tu non sapresti che sei stato Patrick Herrmann in passato e...»
Oliver lo interruppe: «E vivrei benissimo lo stesso.»
Keith precisò: «Avendo dentro di te i ricordi di Patrick ed essendone consapevole puoi arrivare più facilmente alla verità.»
«Patrick Herrmann non ha mai saputo che cosa gli fosse accaduto davvero, quindi non penso possa essermi tanto utile.»
«E, va beh, magari c'è altro della vita di Herrmann che può venirti in aiuto, anche in altre circostanze» azzardò Keith. «Per caso ti ricordi di avere nascosto dei soldi o degli oggetti preziosi da qualche parte, nella tua vita precedente? Magari potresti migliorare lo status economico di Oliver Fischer.»
«Patrick Herrmann non nascondeva soldi in giro» ribatté Oliver. «Non nascondeva oggetti preziosi in generale. A parte, forse...» Rise. «Beh, sì, qualcosa di prezioso, a un certo punto, l'ha nascosto, ma solo perché sperava di eludere la signora Alexandra.»
«Di cosa si tratta?»
«Di un anello di fidanzamento.»
«Per Alexandra Bernard?»
«No, idiota, per Selena!»
«E dove l'avrebbe nascosto?»
«Nella sua cantina, insomma, la cantina dell'appartamento dove abito ora. C'era un mattone che si spostava nel muro e gliel'ha messo dietro, trovandosi in difficoltà, dato che Alexandra l'aveva inseguito là dentro, se ben ricordo, proprio quando era tornato a casa con l'anello.»
«Qualcuno potrebbe averlo trovato?»
«Non saprei, magari gli inquilini che hanno abitato là in questi anni. Però non credo avessero dei motivi per mettersi a controllare se i mattoni del muro della cantina si spostassero, quindi magari l'anello è ancora là.»
«Potresti approfittarne.»
«Stai dicendo che dovrei regalarlo io a Selena?! Tutto ciò è assurdo.»
«Ti sto dicendo che potresti recuperarlo e venderlo.»
«Perché dovrei?»
«Per soldi, prima di tutto. Poi, magari, inizieresti anche a sentirti un po' più vicino a Patrick.»
«Mi sento già abbastanza vicino a lui, anche più del dovuto.»
Keith gli spiegò, con calma: «Quando io me ne vado e ti ritrovi di nuovo nel mondo dei vivi, sei convinto che la tua vicinanza con Herrmann dipenda dall'essere un suo fanboy sfegatato. Non accetti l'idea di essere lui. Magari, se tu cercassi di non rimuovere la faccenda dell'anello una volta in cui torni in quella dimensione, potresti scoprire che c'è ancora, venderlo... e allora, forse inizieresti davvero a comprendere chi sei. Dopotutto perché un fanboy di Herrmann dovrebbe essere al corrente dell'esistenza di un anello che Herrmann voleva regalare alla sua fidanzata?»
Oliver precisò: «Non posso controllare, quando sono qui, le azioni che svolgo nella vita reale.»
«Il tuo problema è solo che non lo accetti» insisté Keith. «Cerca di entrare nell'idea che oltre a Fischer c'è di più. Considerala una prova. Quello che vuoi, riesci a ricordarlo. Sei tu l'ostacolo a quello che non vuoi. Non penso sia così terribile, per te, accettare di essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann.»
«Patrick Herrmann era uno stronzo! Il mio idolo, questo sì, ma pur sempre uno stronzo.»
«Sì, Herrmann, eri uno stronzo.»
Oliver abbassò lo sguardo. Era la prima volta che Keith si rivolgeva a lui chiamandolo con il suo altro nome.
L'altro, nel frattempo, riprese: «Eri uno stronzo, ma non eri un criminale. Vivere la tua nuova vita da ragazzo modello non servirà a cancellare il passato. Io e te siamo morti perché qualcuno l'ha voluto, o meglio, perché qualcuno ha voluto che tu morissi. Gigi Di Francesco senz'altro, ma non è stato il solo. Scopri chi ha causato la nostra morte, me lo devi e lo devi a te stesso.»
******
Erano passate ormai alcune ore da quando Oliver si era svegliato dopo l'ennesimo sogno bizzarro nel quale si trovava insieme a Keith Harrison su una spiaggia all'ora del tramonto. La differenza principale rispetto alle altre occasioni stava nel fatto che stavolta non solo ricordava alla perfezione tutto, ma era anche poco convinto che si trattasse di un'assurdità. Per quanto essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann fosse un concetto a lui estraneo, avrebbe potuto in qualche modo spiegare dettagli altrimenti inspiegabili della sua esistenza.
Era stato tentato, quella mattina, di andare per prima cosa a verificare se il mattone non fissato alla parete di cui aveva parlato con Harrison in sogno - un probabile ricordo di Herrmann - corrispondesse all'effettiva verità, ma aveva rimandato fino a quel momento. Non se l'era sentita: se ciò che aveva riferito a Keith fosse esistito davvero, avrebbe avuto la conferma che anche tutto il resto poteva essere vero.
Aveva rimandato, ma non voleva rimandare più. Uscì, quindi, e iniziò a scendere le scale: se il portiere avesse sentito l'ascensore, si sarebbe sicuramente diretto nell'atrio per controllare chi stesse passando. Andò giù nella maniera più silenziosa possibile, sperando di eludere la sorveglianza di quell'impiccione. Ebbe fortuna: giunto nell'atrio si diresse in gran fretta verso il corridoio delle cantine, per non vanificare i propri sforzi.
La sua era l'ultima in fondo. Gli cadde la chiave e trattenne a stento un'imprecazione. La raccolse e aprì la porta in fretta, con il cuore che gli rimbalzava nel petto.
Era pronto. Avrebbe cercato l'anello di Patrick. Se l'avesse trovato, avrebbe senz'altro finito per immaginarlo al dito di Selena, ma sarebbe stato ridicolo. Oliver non era Patrick Herrmann, qualunque fosse la verità.
Scacciò quel pensiero e iniziò la ricerca, disturbato da un ricordo fin troppo vivido.
Patrick entrava nell'atrio. Sentiva due voci in lontananza: una era quella del portiere, l'altra quella di Alexandra.
Infilando una mano nella tasca della giacca si chiedeva come avrebbe reagito Alexandra se l'avesse sorpreso con quell'anello.
Presto avrebbe chiesto a Selena di sposarlo, allora la sua impresaria avrebbe dovuto mettersi il cuore in pace, ma non voleva anticipare i tempi.
«Devo andare, ho da fare, è urgente» si giustificava Alexandra, con il portiere.
Patrick sapeva che presto se la sarebbe trovata di fronte.
Doveva evitarla, eludere la sua sorveglianza morbosa. Era con quel pensiero in testa che si infilava nel corridoio delle cantine, ma sapeva che non sarebbe bastato. Alexandra doveva averlo visto, quindi l'avrebbe seguito anche lì. L'unica alternativa possibile era proseguire, raggiungere la sua cantina, nascondersi là dentro e sperare che quella donna diabolica decidesse di desistere.
Appena entrato all'interno della cantina, Patrick udiva il ticchettio dei tacchi di Alexandra Bernard. Aveva notato un mattone non ben fissato, qualche tempo prima. Qualcuno, in passato, doveva avere utilizzato un incavo del muro per nascondere qualcosa. Poteva fare lo stesso con l'anello che intendeva regalare a Selena.
Pensando che fosse una buona idea, spostava il mattone incriminato e metteva in quell'improbabile "cassaforte" il gioiello acquistato per la fidanzata, all'interno di un piccolo astuccio anonimo che contrastava molto con il valore dell'anello stesso.
Aveva appena sistemato tutto nel momento in cui Alexandra si infilava all'interno della cantina senza prima chiedere il permesso di entrare.
«Patrick, cosa ci fai qui?»
«Niente.»
«Come niente? Ti ho visto entrare qui di soppiatto.»
Scuotendo la testa, Patrick rideva di quell'accusa.
«Alex, questa è la mia cantina. Sono venuto qui a controllare una cosa, tutto qui.»
«Non mentire» insisteva Alexandra. «Tu mi nascondi qualcosa.»
«Ti pare? Sono solo entrato in cantina, perché devi vedere dei misteri dappertutto?»
«Perché fai di tutto per sfuggirmi.» Alexandra si avvicinava a lui. «Lo vuoi capire che io e te siamo fatti per stare insieme?»
«Alex, ti prego...»
«So che hai perso la testa per un'altra, ma tornerai da me, come è sempre successo. Io e te siamo una cosa sola.»
«Non ho mai sentito di essere una cosa sola con nessuna, tu non sei diversa dalle altre.»
«La sciacquetta per cui ti sei preso una cotta sì, invece?»
«Non voglio parlarne, Alex» tagliava corto Patrick, messo alle strette. «Stiamo perdendo tempo per nulla. Devo tornare su.»
«Vengo con te.»
«Io a casa mia e tu a casa tua.»
«No, devo parlarti di lavoro.»
«Le conosco, le tue questioni di lavoro.»
«Se capita l'occasione di un diversivo perché lasciarsela scappare? Tanto so che provi per me la stessa cosa che io provo per te.»
Oliver poteva quasi vederla, Alexandra che seguiva Patrick fuori dalla cantina, diretta verso l'appartamento dell'uomo dal quale era ossessionata.
Patrick non aveva più recuperato l'anello, con il probabile intento di farlo una volta che fosse venuto il momento di chiedere a Selena di diventare sua moglie, progetto stroncato dalla sua stessa morte, avvenuta poco tempo più tardi.
Il mattone non era mai stato sistemato, nel corso di quei quindici anni. Forse gli inquilini che si erano succeduti durante quei tre lustri non si erano mai accorti di nulla.
L'astuccio anonimo c'era ancora. Era sporco e se qualcuno l'avesse trovato non avrebbe certo ipotizzato, fino al momento di aprirlo, che potesse contenere qualcosa di prezioso. C'era anche l'anello, che Oliver fissò con gli occhi spalancati.
Doveva valere un sacco di soldi, l'unico grande dubbio era se potesse considerarlo una sua proprietà. L'aveva comprato Patrick Herrmann e, secondo le logiche di Keith Harrison, lui e Patrick Herrmann erano la stessa persona. Secondo le logiche della vita umana, tuttavia, erano due perfetti sconosciuti che non si erano mai incontrati.
"Questo non importa" decise Oliver.
Nessuno aveva mai cercato quell'anello, nei precedenti quindici anni, pertanto avrebbe potuto disporne nella maniera che riteneva più opportuna. Aveva anche un'idea su come procedere.
Si infilò tutto in tasca e uscì dalla cantina, sperando di potere tornare al quarto piano senza intromissioni. Il viaggio di ritorno fu meno fortunato di quello di andata: non appena uscì dal corridoio e si infilò nell'atrio, si ritrovò faccia a faccia con il portiere.
«Signor Fischer!»
«Buongiorno, tutto a posto?»
«Sì, certo.» Il portiere lo guardò con disapprovazione. «Perché me lo chiede?»
«Cercavo solo di essere gentile.»
«Evidentemente sa che ammiro molto la signora Bernard e cerca di fare bella figura.»
«Come, prego?»
«Crede che abbia gli occhi foderati di prosciutto, signor Fischer?»
«No, ma mi piacerebbe molto se li avesse.»
«Non mi prenda in giro, signor Fischer» replicò il portiere, con freddezza. «Mi sono accorto che sta succedendo qualcosa tra lei e la signora Bernard e non approvo affatto il modo in cui si è infilato nella sua vita senza una ragione.»
«Il fatto che lei non abbia una donna» ribatté Oliver, «Non implica che chiunque sia fatto per il celibato.»
«Non ho mai insinuato che lei sia fatto per il celibato, solo che non è fatto per stare con la signora Bernard.»
«Che cosa glielo fa pensare?»
«È troppo giovane, troppo inconcludente e di estrazione sociale troppo bassa per una donna come lei.»
«Perché non lo dice direttamente alla signora Bernard, invece di parlarne con me?»
«Non si preoccupi, ogni volta in cui la vedo cerco di metterla in guardia.»
Oliver sospirò.
«Avrei dovuto capirlo. Mi sorprende che lei abbia ancora un lavoro, se si comporta così con tutti i condomini.»
«Non mi comporto così con tutti. Mi limito a prendere a cuore i casi delle persone che hanno bisogno del mio aiuto.»
Oliver scosse la testa.
«Mi faccia il piacere! Selena non è un caso umano che ha il disperato bisogno di essere guidata... e anche se fosse, non avrebbe certo bisogno della guida di un portiere impiccione e invadente.»
«Lei mi offende, signor Fischer.»
«Se la verità la infastidisce, non so cosa farci. E ora, mi scusi, ma ho da fare.»
«Deve inventarsi qualche altra diavoleria per sedurre la signora Bernard?»
«No, devo guadagnarmi da vivere.»
«Ovvero lavorare?»
«No, uccidere dietro lauto compenso. Comunque non si preoccupi, non ho bisogno di inventarmi nulla per sedurre Selena. Le piaccio così come sono.»
«Povera donna. Evidentemente non ha mai superato il trauma della perdita del povero signor Herrmann.»
Oliver azzardò: «Patrick Herrmann era di suo gradimento, come partner di Selena?»
«Sì, era una brava persona» rispose il portiere. «Mi salutava sempre con educazione, quando mi vedeva, e...»
Oliver lo interruppe: «Anch'io l'ho salutata e tutto quello che ho ricevuto in cambio è stato l'accusa di averlo fatto per entrare nelle sue grazie. Herrmann doveva proprio essere nato sotto una buona stella, per avere la grazia della sua approvazione.»
Il portiere non colse l'ironia nelle sue parole - o finse di non coglierla.
«Ho sempre ammirato Patrick Herrmann e sono convinto che lui e la signora Selena Bernard sarebbero stati una coppia meravigliosa. La signora Alexandra Bernard, invece, non mi piaceva affatto. Non faceva altro che ronzare intorno al signor Herrmann e pareva evidente che avesse un debole per lui. L'idea che il signor Herrmann le preferisse la signora Bernard - la signorina Selena - la urtava parecchio.»
«Grazie per avermi illuminato sul suo passato, in cui era ovviamente un portiere discreto tanto quanto ora. Mi scusi se adesso sarò io a comportarmi in modo discreto, ma mi deve togliere una curiosità: aveva l'audacia di discutere di fatti privati con la signora Alexandra? Le ha mai detto esplicitamente che non era la donna giusta per Patrick Herrmann? Oppure ha suggerito a Herrmann di fare attenzione alla signora Bernard?»
«Non mi sarei mai permesso di parlare di certi argomenti con la signora Alexandra Bernard. Non l'avrebbe presa bene.»
«Lo immaginavo.» Oliver sorrise. «Adesso che mi ha illuminato, credo di potermene andare. Come le dicevo, diversamente da altri, non mi guadagno da vivere facendo chiacchiere. Devo salutarla, se non si sente offeso dal mio saluto.»
******
«L'ho fatto, Keith.»
Oliver non specificò cosa, ma l'altro comprese a cosa si riferisse.
«Hai trovato l'anello?»
«Non solo. L'ho anche venduto.»
«Di già?»
«Sì, non volevo lasciarmi scappare l'occasione» gli spiegò Oliver. «Patrick era pazzo. Non hai idea di quanto valesse quell'anello. Non avrò problemi economici per un bel po' di tempo, quindi potrò rimanere ad abitare nell'appartamento di Patrick Herrmann, nonostante l'affitto sia piuttosto caro.»
Keith volle sapere: «Non hai fatto uno dei tuoi soliti casini, per venderlo?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Per chi mi hai preso?»
«Per Patrick Herrmann.»
«Ti sarei grato se non me lo ricordassi ogni cinque minuti. E comunque non credo che Patrick vendesse gioielli a ricettatori o che si cacciasse in casini di questo tipo.»
«Come sei riuscito a vendere l'anello?»
«Mi sono ricordato che Emma ha un'amica sposata con un gioielliere. Le ho chiesto di fare da tramite. L'affare è andato in porto nel giro di poche ore.»
«Vedo che Emma è una donna dalle mille risorse.»
«Un po' rompipalle, dal punto di vista professionale, ma sa rendersi utile, quando è necessario.»
«Ora che hai recuperato l'anello e l'hai venduto, ti senti più Patrick Herrmann di prima oppure continui a sentirti Oliver Fischer?»
«Mi sento Oliver Fischer e sono ben felice di sentirmi Oliver Fischer. Comunque, anche quando sono dall'altra parte, mi sento consapevole del mio passato.»
«Dunque abbiamo fatto un passo avanti» concluse Keith. «Mi sembra positivo. Adesso è giunto il momento di guardare oltre.»
«Cosa suggerisci?»
«È arrivato il momento di occuparsi di Kathy Di Francesco.»
«Adesso» puntualizzò Oliver, «Si chiama Kathy Yves.»
«Ha commissionato un lavoro a Selena, giusto?»
«No, l'ha chiamata per dirle che ci ha ripensato e che per il momento non intende proprio farlo fare a nessuno, quel lavoro.»
«Interessante.»
«Io non ci vedo niente di interessante.»
«Sei stato a casa sua» gli ricordò Keith. «Potrebbe averti riconosciuto.»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Non può certo avermi riconosciuto come Patrick Herrmann.»
«Ma infatti non ipotizzavo che abbia riconosciuto Patrick Herrmann» rispose Keith. «Potrebbe averti riconosciuto come il tizio che sta scrivendo un libro su di lui. Mi sembra un'informazione abbastanza risaputa. Inoltre lavori per la televisione. Non mi sembra così assurdo che l'ex moglie di un ex team principal abbia visto la Diamond Formula alla TV, di recente. Magari si è insospettita. Potresti andare a farle visita.»
«A quale titolo?»
«In qualità di giornalista.»
«E poi?»
«Potresti chiederle se vuole dare il proprio contributo alla ricostruzione del passato di Patrick Herrmann.»
Oliver obiettò, con decisione: «Non credo proprio che lo farà.»
«Sarà comunque utile studiare la sua reazione» suggerì Keith. «Non dovresti lasciarti sfuggire una simile occasione.»
«Ci penserò.»
«Non pensarci troppo. Ci sono buone probabilità che quella donna sappia più cose di chiunque altro. Mi risulta che sia impossibile risalire a Di Francesco...»
«A meno che» lo interruppe Oliver, «Non ci pensi tu. È morto sei anni fa.»
«So che è morto, ma non siamo tutti qui come spiriti erranti» replicò Keith. «Ritengo molto probabile che Gigi Di Francesco sia stato destinato alla reincarnazione per dimostrare di essere una persona migliore.»
«Stai dicendo che mi sono reincarnato in Oliver Fischer per...» Oliver si interruppe. «Ero davvero una persona così di merda?»
«Le persone di merda, come le chiami tu, si reincarnano da zero, di solito, per quanto ne so» rispose Keith. «Tu sei finito nel corpo di quel ragazzino per caso, forse per risolvere il mistero della tua morte.»
«Non sono sicuro di sentirmi sollevato. Almeno Gigi Di Francesco potrebbe essersi reincarnato in qualcuno che non ha idea di essere Gigi Di Francesco.»
«Sicuramente è così. Tornando a noi, appurato che non c'è modo di parlare con Di Francesco, non ci resta che puntare alla sua ex moglie. Dopotutto non deve esserti così difficile avvicinarti a lei. In fondo una volta te la portavi a letto.»
«Era Patrick Herrmann a portarsela a letto» puntualizzò Oliver.
Keith obiettò: «Non dovresti essere così fiscale, su questa faccenda.»
«Proverò a non esserlo, così come proverò ad andare dalla signora Yves» si arrese Oliver. «Non posso prometterti risultati concreti, però.»
«Quello che conta non è il risultato finale, sono i tentativi fatti.»
«Riflessione molto da filosofo, stona un po' sentirla da te.»
Keith lo ignorò.
«Non coinvolgere Emma nella faccenda di Kathy Di Francesco.»
«Non vedo perché dovrei coinvolgerla» ammise Oliver. «Se non fosse stato necessario, non avrei chiesto il suo aiuto nemmeno per la vendita dell'anello.»
******
Ad aprire la porta fu una cameriera sulla trentina, che lo guardò con aria interrogativa, senza dire niente. Oliver comprese quindi che doveva essere lui il primo a parlare e le domandò: «Kathy Yves è in casa?»
«Sì, la signora c'è» confermò la cameriera, «Ma non aspetta nessuno.»
Oliver chiese, di conseguenza: «Può dirle che ho un urgente bisogno di vederla?»
«La signora è impegnata» ribadì la domestica. «Mi ha detto che non aspettava visite, pertanto nessuno ha bisogno di vederla con urgenza.»
Oliver accennò un sorriso.
«Forse, se lei provasse a dire alla signora chi sono, cambierebbe idea.»
«Ne dubito. Le suggerisco di telefonarle e di fissare un appuntamento.»
«La signora Yves è così gentile da rispondere di persona, oppure quell'appuntamento dovrò fissarlo con la sua segretaria?»
«La prego di andarsene» lo supplicò la cameriera. «Non posso perdere tutta la giornata a causa della sua insistenza. La signora...»
Oliver la interruppe: «Sì, la signora non può ricevermi, ma sono sicuro che cambierebbe idea, se le riferisse che mi ha conosciuto come l'assistente di Selena Bernard.»
«Selena Bernard la designer?»
«Esatto.»
«Credevo che la signora avesse deciso di non affidarle più alcun lavoro.»
«Adesso è lei che perde tempo, facendo supposizioni» ribatté Oliver. «Forza, vada a comunicarle che sono qui.»
La cameriera si arrese: «Farò un tentativo, ma non le assicuro niente.»
«Bene. Rimango qui ad aspettare.»
«Tornerò tra pochi minuti, ma non si faccia illusioni: molto probabilmente verrò a dirle di andarsene.»
La ragazza richiuse la porta, invece di farlo entrare e di farlo accomodare da qualche parte. La signora Yves doveva averla addestrata bene, il che era un vero peccato: a Oliver non sarebbe affatto dispiaciuto guardarsi un po' intorno, dentro casa Yves.
La domenstica tornò poco più tardi e, dopo avere aperto, gli disse proprio ciò che voleva sentirsi dire: «La signora la sta aspettando.»
Oliver entrò in casa la seguì, venendo accompagnato nello studio di Kathy Yves. L'ex moglie di Gigi Di Francesco era seduta alla propria scrivania e alzò a malapena lo sguardo.
«Ci lasci sola, Marianne» ordinò alla cameriera.
Quest'ultima se ne andò senza aggiungere una parola, chiudendo la porta della stanza alle proprie spalle.
Finalmente Kathy Yves alzò gli occhi.
«Dunque lei è l'assistente di Selena Bernard?»
Oliver sorrise.
«Più o meno.»
Kathy gli indicò una sedia di fronte alla scrivania.
«Si accomodi.»
Oliver fece ciò che gli veniva chiesto.
«Forse si chiederà cosa ci faccio qui.»
«Esatto, mi chiedo che cosa ci fa qui... e le converrà trovare una buona spiegazione, se non vuole che la faccia cacciare a calci nel fondoschiena.»
Oliver ridacchiò.
«Suvvia, signora Yves, le sue minacce non sono credibili. Non credo che la signorina Marianne riservi questo trattamento agli ospiti indesiderati.»
Kathy replicò, gelida: «La signorina Marianne non è l'unica persona alle mie dipendenze.»
«A questo, lo ammetto, non ci avevo pensato. Comunque le assicuro che non avrà alcuna ragione per farmi buttare fuori a calci.»
«Me lo auguro per lei. Cosa vuole? Mi sembrava di essere stata chiara con la signora Bernard, ho deciso di rimandare certi lavori, pertanto non mi servirò né di lei né di qualche suo concorrente. Se vuole rassicurarla, non ho affidato l'incarico che le avevo promesso al signor Vincent, il suo ex datore di lavoro, nonostante lo conosca personalmente.»
Era arrivato il momento di scoprire le carte e di svelarsi.
«Non sono qui per il lavoro che aveva sostenuto di voler commissionare a Selena Bernard» le confessò Oliver. «Se devo essere sincero, non sono nemmeno il suo assistente. Mi trovavo con lei, quel giorno. Ho insistito per accompagnarla e abbiamo inventato la scusa dell'assistente.»
«Invece» dedusse Kathy, «È semplicemente un amico o il fidanzato.»
«Qualcosa del genere.»
«Il che rende tutto ancora più strano» osservò Kathy. «Se è un amico o il fidanzato della signora Bernard, non ha ragione per precipitarsi a casa mia e insistere con la mia cameriera per farsi ricevere.»
«Invece ho tante buone ragioni. Mi chiamo Oliver Fischer, il mio nome le dice niente?»
«Ho sentito un nome simile da qualche parte, ma non ricordo dove.»
«Probabilmente alla televisione. Sono un giornalista e lavoro per la rete di...»
Kathy lo interruppe: «Non mi interessa per quale rete lavora. Non ho avuto l'onore di vederla presentare un telegiornale.»
«Non presento il telegiornale.»
«Se avessi un minimo interesse per il suo lavoro, le chiederei di cosa si occupa. Tuttavia l'unico mio interesse è la sua presenza non autorizzata a casa mia. Glielo chiedo di nuovo e la prego di rispondermi: cosa ci fa qui?»
Oliver puntualizzò: «La mia presenza è stata autorizzata da lei in persona. Le ricordo che la signorina Marianne mi ha accompagnato qui nel suo studio e l'ha fatto su sua richiesta.»
Kathy gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Cosa. Vuole. Da. Me?»
Oliver fece un sospiro.
«Bene, come desidera. Non la costringerò a schioccare le dita e a chiamare i suoi bodyguard per sbattermi fuori. È il mio lavoro la ragione per cui sono qui. Sono un inviato al seguito del mondiale di Formula Diamond.»
«Il mio interesse per le corse automobilistiche oscilla tra il nullo e l'inesistente» lo informò Kathy. «Anche qualora il suo ruolo giustificasse la sua intromissione a casa mia, non credo proprio di avere niente da dirle.»
«Un tempo, però, era sposata con un team principal» osservò Oliver. «Deve probabilmente al signor Di Francesco la sua fortuna e la possibilità di abitare in questa casa... che immagino non sia l'unica casa di sua proprietà.»
«Mi sta accusando di essere una mantenuta, per caso? Per quel poco che conosco il suo ambiente, un commento sessista potrebbe costarle molto caro.»
«Non ho fatto commenti sessisti. Ho solo osservato che la principale ragione della sua ricchezza è avere sposato un uomo molto ricco. Non penso questo di qualsiasi donna. La signora Alexandra Bernard, per esempio, che immagino abbia conosciuto, in passato, non diventò ricca per matrimonio.»
«Va bene, non mi faccia perdere tempo» replicò Kathy. «Sono stata sposata con Gigi Di Francesco, che aveva molti soldi e che ha contribuito alla mia fortuna. È forse un crimine non essere stata fin dalla nascita abbiente come la signora Alexandra Bernard, oppure come sua figlia, la designer Selena Bernard?»
Udendola pronunciare i nomi di Alexandra e di Selena, Oliver osservò: «Vedo che iniziamo a capirci, signora Yves.»
Kathy non fu d'accordo con la sua considerazione.
«A me, invece, non sembra affatto di capirla, e la assicuro che non la capiranno nemmeno i miei "bodyguard", se dovessi chiedere il loro intervento. Se vuole tornarsene a casa con tutte le ossa intatte, la prego di venire al dunque.»
«Va bene, non le farò perdere altro tempo» le concesse Oliver. «Ho un grande interesse per la Diamond Formula di inizio millennio. Sto scrivendo un libro in proposito e sto cercando di ottenere informazioni da parte di chi ha conosciuto i personaggi di cui intendo narrare la storia.»
«Quindi intende scrivere di mio marito?»
«In piccola parte. Il mio principale oggetto d'interesse è il pilota Patrick Herrmann.»
«Gareggiò per il team gestito da mio marito. Non fu facile per il povero Gigi lavorare con lui.»
«Già, Herrmann era convinto che la Whisper si fosse macchiata di negligenze che avevano condotto Emiliano Diaz alla morte. Immagino che il signor Di Francesco non apprezzasse affatto questo genere di insinuazioni.»
«Ci può scommettere.»
«In più, se non sbaglio, lei ebbe una relazione con Herrmann, ragione per cui suo marito le chiese il divorzio.»
Kathy scosse la testa.
«Non le permetto di infamarmi.»
«Suvvia, signora Yves, la sua relazione con Patrick Herrmann è di dominio pubblico, non è il momento di nascondersi.»
«Sarà anche di dominio pubblico» replicò Kathy, con freddezza, «Ma non le permetto di insinuare che sia stata quella la ragione della mia rottura con mio marito. Io e Gigi eravamo già separati, quando ebbi quella famosa relazione - di breve durata e di poche soddisfazioni - con Patrick Herrmann. Non ho molto da dire su di lui, non posso esserle d'aiuto. Inoltre, se permette un consiglio, il precipitarsi a casa della gente fingendo di essere chi non è non è un buon biglietto da visita. Eviti di comportarsi alla stessa maniera con altri potenziali "informatori", altrimenti dubito che riuscirà mai a scrivere il suo libro.»
«Le chiedo ancora scusa per il modo in cui mi sono comportato, ma sapevo che avrei suscitato la sua curiosità, se avessi fatto il nome di Selena Bernard.»
«Solo perché pensavo avesse a che vedere con quell'incarico.»
«A proposito, ha detto di conoscere il signor Vincent, il titolare dello studio per il quale lavorava Selena in passato. Come mai non si è rivolta a lui?»
«Non credo di doverle rendere conto dei miei contatti con i designer.»
«Certo che no, ma è curioso che, tra tante opzioni, abbia scelto proprio Selena Bernard. Ha ammesso lei stessa di sapere chi fosse, poco fa.»
«Non la seguo. La signora Bernard è una designer ammirata e rispettata. È questo che so di lei.»
«Ha accennato al fatto che sia figlia di Alexandra Bernard.»
«E quindi?»
«Quindi, se permette un mio giudizio in proposito, trovo molto strano che, avendo la presunta nececessità di un designer - dico presunta perché, fino a prova contraria, certi lavori di restyling ha deciso di non farli più, per sua stessa ammissione - si sia rivolta proprio a Selena Bernard, la figlia dell'ex impresaria di Patrick Herrmann, nonché ex fidanzata di Patrick Herrmann.»
«Evidentemente Patrick Herrmann conosceva le persone giuste.»
«È una spiegazione interessante, eppure non mi convince.»
«Non ho ragioni particolari per rivolgermi a persone che abbiano conosciuto, a suo tempo, Herrmann. Di conseguenza, siccome di Patrick non mi interessa più nulla, e già da molto tempo, non ho nemmeno intenzione di parlare di lui con un giornalista che vuole scrivere un libro sulla Diamond Formula di inizio millennio. Direi che possiamo salutarci, signor Fischer.»
«Io invece direi di no» insisté Oliver. «Signora, io non so in quali rapporti fosse con il suo ex marito...»
Kathy non lo lasciò finire.
«Non le permetto di fare altre insinuazioni sulla mia vita privata.»
Oliver non si arrese.
«Signora Yves, non ho fatto insinuazioni. Ho anzi ammesso la mia ignoranza in materia.»
«Se ne vada!»
«No, aspetti. La prego di concedermi soltanto un altro minuto. Vedrà che non sto per chiederle nulla che le sia di disturbo.»
Kathy non parve molto soddisfatta da quella prospettiva.
«La avverto, signor Fischer, è a un passo dal farsi sbattere fuori a calci nel culo.»
«E io la avverto che nella mia vita ho preso talmente tanti calci nel culo da non farmi spaventare da questa prospettiva» ribatté Oliver. «Voglio solo sapere qual è la sua idea - professionale, è ovvio - sull'operato del suo ex marito Gigi Di Francesco. Per essere più preciso, mi aspetto che lei possa dirmi qualcosa del tipo: "Patrick Herrmann era un megalomane e, sulla faccenda Diaz, era convinto dell'esistenza di negligenze che, in realtà, esistevano soltanto nella sua testa". Non le sto chiedendo di parlare male del suo ex marito. Non mi importa se ha un'opinione positiva o negativa di lui relativamente alla sfera privata. Le sto chiedendo un parere strettamente motoristico.»
«Le ho già detto di non provare alcun interesse per la Diamond Formula» ribadì Kathy. «Quando stavo con Gigi, la cosa non era molto diversa. L'aspetto più bello delle corse erano gli ospiti vip. Ho avuto modo di incontrare almeno un paio dei miei cantanti preferiti e ho visto da vicino un'attrice che ammiro moltissimo, anche se non sono riuscita né a parlarne né a chiederle una foto. Questo rappresentava per me la Diamond Formula. Non posso darle un parere motoristico, ma solo un parere umano: nonostante il mio matrimonio con Gigi sia naufragato, l'ho sempre ritenuto una persona a modo. Non sono sicura di potere dire lo stesso di Patrick Herrmann. Non posso dirle per certo che nella squadra nessuno sbagliò, con Diaz. Non mi stupirebbe se Gigi fosse stato al corrente di responsabilità di un numero ristretto di meccanici o di un singolo, ma avesse cercato di proteggere il loro operato. I meccanici della Diamond Formula sono umani. Fanno una vita massacrante, per mesi in giro per il mondo e lontani dalle loro famiglie, rimanendo sempre nell'ombra e non venendo mai considerati da nessuno, al di fuori del team. Purtroppo, a seconda del mestiere che facciamo, un errore può essere più o meno grave e ci sono più o meno possibilità di rimedio. Gigi non ha mai buttato fango su nessuno. È chiaro che era tormentato da quello che era accaduto a Diaz, ma non era da lui puntare il dito contro qualcuno. Patrick Herrmann, invece, con quella storia era entrato in fissa. Voleva un responsabile a tutti i costi, anche se si fosse trattato di rovinare la vita a uno dei meccanici che, quando vinceva, portava su un piedistallo, salvo poi dimenticarsene dopo cinque minuti, sminuendo il ruolo della scuderia nel suo successo. Non ho dubbi che Herrmann fosse più attratto dalla possibilità di rovinare la reputazione alla squadra, con cui ormai era in rotta, piuttosto che di vendicare in qualche modo la morte del suo ex compagno di squadra. Può scrivere questo, se vuole, nel suo libro: che Patrick Herrmann è sempre stato un menefreghista egocentrico e non faceva niente per niente. Era capace di rovinare la vita di chiunque gli stesse intorno e l'unica ragione per cui sono caduta tra le sue braccia era il mio terribile stato d'animo a seguito della separazione da mio marito. E ora, se non le dispiace, chiamo Marianne per accompagnarla alla porta.»
Oliver annuì.
«Va bene, adesso sono davvero pronto per andarmene. La ringrazio per avere accettato, a suo modo, di parlare con me, e per avermi concesso il lusso di essere scortato fuori dalla sua cameriera e non dai suoi presunti bodyguard.»
******
Kathy aprì il primo cassetto della scrivania, scostò un paio di agende e ne prese fuori una di cui faceva utilizzo di rado, quella dedicata ai numeri per le situazioni di emergenza. Trovò quello che le interessava, alzò il ricevitore e compose le cifre in sequenza, sperando di riuscire a in contatto con la persona che necessitava di sentire.
Fu fortunata: la persona con la quale doveva parlare rispose appena al quarto squillo. Non avendo tempo per i convenevoli, andò dritta al punto: «Sono Kathy Di Francesco. Ho appena ricevuto una visita da parte del giornalista Oliver Fischer. Lo conosci, Veronica?»
«Lo conosco» rispose la Young. «Solo, non capisco cosa volesse da te e soprattutto che cosa voglia tu da me.»
«Mi ha fatto un sacco di domande su Gigi e su Patrick Herrmann» chiarì Kathy. «Si è accontentato delle risposte che gli ho dato, ma la sua invadenza non mi è piaciuta affatto. Voglio che sistemi le cose.»
Veronica obiettò: «Non c'è molto che io possa fare. Eri tu la moglie di Gigi Di Francesco, no? È logico che si rivolga a te, se vuole ricostruire qualcosa che lo riguarda»
«Ricordati di quello che hai fatto, Veronica. Trova un modo per convincere quel giornalista del cazzo a badare ai fatti suoi, perché altrimenti è un casino per tutti. E indovina chi sarà la prima ad affondare?»
Veronica sbuffò talmente forte da essere udibile attraverso il telefono.
«Stai tranquilla, Kathy, con Oliver Fischer ci parlo io. Tu, nel frattempo, non preoccuparti: sei in una botte di ferro. Tu non hai mai avuto ruoli né in un team né nell'altro, ti limitavi a chiedere di posare insieme a te a celebrità varie a cui non importava niente delle gare che venivano invitati ad assistere. Sorridevi davanti alle macchine fotografiche e basta. Ero io ad avere la responsabilità di un team. Me la vedo io con Fischer.»
Kathy fece un sospiro di sollievo.
«Meno male. Grazie, Veronica. Se non ci fossi tu, non saprei cosa fare. Per fortuna che, quando ti chiamo, ti dai sempre da fare. D'altronde lo sai bene: o stai dalla mia parte, o trascino nella merda te, tuo marito e la vostra squadra. Dopotutto io cosa facevo? Niente, a parte chiacchierare con personaggi famosi e sorridere. Non ho niente di cui preoccuparmi, l'hai detto tu stessa.»
Riattaccò, senza aspettare una replica da parte di Veronica. Non voleva sentire la sua voce, quello che contava erano i fatti.
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Milly Sunshine